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politica economica Nicola Acocella, Dispense di Politica Economica

politica economica

Tipologia: Dispense

2015/2016
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Caricato il 26/01/2016

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Scarica politica economica Nicola Acocella e più Dispense in PDF di Politica Economica solo su Docsity! Capitolo 1 Introduzione La Politica Economica analizza il comportamento degli operatori pubblici e si occupa di tre livelli di analisi: - Livello delle scelte correnti: riguarda il processo sulla base del quale l’ente pubblico perviene alle proprie scelte - Livello delle scelte istituzionali: riguarda le ragioni dell’esistenza dell’ente pubblico - Livello delle scelte sociali: riguarda l’individuazione degli obiettivi socialmente desiderabili. Obiettivi: piena occupazione, stabilità dei prezzi equa distribuzione del reddito pareggio Bp e tutela ambiente. Capitolo 2 I fallimenti microeconomici I fallimenti microeconomici del mercato Il genere dei problemi è come diverse istituzioni economiche (procedure di interazione fra individui sul piano economico; stato e mercato) consentono di meglio soddisfare i principi e gli obiettivi verso i quali dovrebbe tendere la società. Come e in quali condizioni i risultati economici che possono essere conseguiti attraverso l’azione del mercato o dello stato garantiscano il rispetto dei principi di efficienza e di equità. Efficienza ed equità Se analizziamo gli aspetti costituzionali delle istituzioni economiche, due sono le norme di interazione sociale: il Mercato e lo Stato Le istituzioni sociali possono essere valutate sulla base del criterio di efficienza e di equità. Adam Smith convinto assertore delle virtù del mercato (concorrenziale). Il concetto della “mano invisibile” esprime la capacità del mercato di garantire che scelte economiche compiute da ognuno in vista del perseguimento di interessi e soddisfazioni personali avessero esiti benefici dal punto di vista dell’intera società (l’uomo mira soltanto al guadagno proprio ed è guidato da una mano invisibile a promuovere un fine che non rappresentava alcuna parte delle sue intenzioni). Smith non precise né il significato di “bene pubblico” né il particolare tipo di mercato che assicurerebbe il perseguimento del “bene pubblico” stesso. I concetti di efficienza sono molti ma si distinguono : 1. Efficienza allocativa (paretiana). - efficienza statica ( efficienza statica (considerata in un dato momento ) 2. Efficienza X. - efficienza statica ( efficienza statica (considerata in un dato momento ) 3. Efficienza dinamica. Efficienza allocativa (paretiana). (giudizio di valore; carattere soggettivo su ciò che dovrebbe essere Giudizi di merito: sono affermazioni su ciò che è.) un insieme di persone migliora la propria soddisfazione passando dalla situazione A a quella B, se alcuni stanno meglio in B che in A e nessuno sta peggio in B che in A. E’ un giudizio di valore poiché prima di accettarla qualcuno potrebbe chiedersi chi sono le persone avvantaggiate (coloro che inizialmente erano ricchi o poveri?) e di quanto si sono avvantaggiati gli uni (ad es. i poveri) e quanto gli altri (ad es. i ricchi) ma è comunque molto importante nella scienza economica perché corrisponde a un concetto di efficienza: la possibilità di ottenere più di qualcosa senza dover meno di qualcos’altro con disponibilità date (in termini di soddisfazione degli individui) Dal concetto paretiano può derivarsi quello di ottimo paretiano (efficienza allocativa): una situazione A è ottima in senso paretiano se comunque ci si sposti da essa non è possibile migliorare la soddisfazione di qualcuno senza peggiorare la soddisfazione di almeno un altro membro della collettività. L’ottimo paretiano richiede: situazioni effettive di mercato viene violata la condizione di uguaglianza fra prezzo e costo marginale, che realizza l’equilibrio delle imprese in concorrenza perfetta e che per il 1° teorema dell’economia del benessere, quando siano soddisfatte le altre condizioni richieste dal teorema stesso, assicura l’ottimo paretiano.Situazione di monopolio riconducibile alla natura dei rendimenti di scala: se questi sono crescenti nel tratto rilevante la curva di domanda si ha monopolio naturale: infatti la minimizzazione dei costi medi crescenti per la quantità richiesta dal mercato si ottiene quando esista una sola impresa. La presenza di più imprese in un regime di costi decrescenti darebbe luogo a instabilità (per il peso sulla produzione dato dagli alti CF che una sola azienda minimizza due imprese produrranno a costi più elevati di una sola impresa cd subadditività es. ferrovie autostrade).Dalla microeconomia il prezzo è quello in corrispondenza del quale il costo marginale e uguale al ricavo marginale. Ma se il monopolista adottasse un prezzo pari al costo marginale esso soffrirebbe una perdita essendo il costo unitario sempre superiore a quello marginale (per la presenza degli alti costi fissi es. costruire una ferrovia per far passare un solo treno). Per evitare la perdita si aggiungerebbe al prezzo pari al costo marginale (che soddisfarebbe le condizione di efficienza paretiana) un onere in somma fissa a carico di tutti i consumatori del bene. Gli N consumatori sopporterebbero un onere pari a 1/N del costo fisso. Stimati inizialmente il numero minimo di consumatori si farà pagare a costoro il costo fisso. Coperto il costo fisso con gli oneri posti a carico dei primi N consumatori, gli ulteriori consumatori non ne sosteranno il peso. A queste condizioni nessuno dei consumatori domanderà inizialmente il bene dovendo pagare la quota di costo fisso in aggiunta. Ognuno tenderà a “fare il furbo” comportandosi da opportunista (free rider). Il problema del free riding potrebbe essere evitato se l’impresa potesse praticare una discriminazione dei prezzi il che richiede: a) La disponibilità delle informazioni necessarie a far pagare ad ogni consumatore il suo prezzo di riserva determinato dall’elasticità della domanda rispetto al prezzo per ogni singolo sulla base di preferenza, reddito ecc. b) L’impossibilità per i consumatori di rivendere la merce sui mercati secondari In conclusione al monopolista naturale non è possibile praticare un prezzo pari al costo marginale. (fallirebbe!) L’esistenza di costi decrescenti porta al “fallimento” del mercato, impedendo di soddisfare le condizioni che assicurano l’ottimo paretiano. Se le economie di scala non sono tanto estese da portare al monopolio può esserci l’oligopolio. Gli operatori fisseranno i loro prezzi o le quantità prodotte tenendo conto delle reazioni degli altri operatori alle proprie decisioni e assumeranno comportamenti di tipo strategico (si prendono in considerazione le alternative altrui tendendo anche ad influenzarle) con la conseguenza che non tutti i possibili equilibri saranno efficienti in senso paretiano. L’intervento pubblico può alleviare il fallimento del mercato essenzialmente attraverso forme di regolamentazione (legislazione antimonopolistica,controllo dei prezzi) o la costituzione di imprese pubbliche. L’esistenza di economie di scala è la più importante causa di fallimento del mercato ma ci sono risultati analoghi a quelli di concorrenza perfetta anche in situazione di monopolio (Baumol,Panzer) Il risultato è vincolato alla contendibilità dei mercati, alla possibilità che nuove imprese entrino liberamente e senza costi sul mercato e ne fuoriescano sempre liberamente e senza costi (mercati contendibili). La tattica del hit and run è resa possibile dalla completa libertà di entrata e uscita.(Le imprese entrano portano ad abbassare il prezzo alle concorrenti e potranno per evitare una possibile guerra dei prezzi uscire liberamente e senza costi dopo aver realizzato un extra- efficienza statica ( profitto netto) Quindi la contendibilità deriva dall’assenza assoluta di costi di entrata e uscita, (tra l’altro l’impresa presente sul mercato dovrebbe reagire con notevole ritardo cosa irrealistica nella realtà) mentre nella realtà tali costi esistono (costi di addestramento, progettazione etc. cd sunk costs). L’efficienza che è possibile conseguire nei mercati contendibili è diversa da quella paretiana: in regime di costi decrescenti il prezzo applicato da un’impresa privata che non voglia subire perdite dovrebbe essere pari al costo medio e non al costo marginale creando così distorsioni nell’allocazione delle risorse. (il prezzo sarò comunque sempre > del cm) Anche se la contendibilità dei mercati non assicura efficienza in senso paretiano è opportuno che l’ente pubblico si proponga l’obiettivo di ridurre gli ostacoli all’entrata e all’uscita dal mercato particolarmente quelli di carattere legale come le norme che prevedono la concessione di licenza autorizzazioni ecc. per l’esercizio di un attività. Il 1° teorema dell’economia del benessere postula l’esistenza di mercati completi, ma nella realtà può esservi incompletezza dei mercati in relazione: 1. All’esistenza di esternalità. 2. All’esistenza di beni pubblici. 3. All’assenza di taluni mercati a pronti o a termine, a causa di costi di transizione ed asimmetria informativa in ambiente incerto. L’Esternalità è l’inesistenza di un corrispettivo a fronte del vantaggio o del danno procurati da un operatore ad altri e ciò configura proprio l’assenza di un mercato (vantaggi o danni prodotti dall’azione di un operatore su un altro operatore per i quali il primo non riceve o paga un compenso al secondo.) Le esternalità sono relazioni fra operatori non mediate da un rapporto di scambio e per le quali, non esiste un mercato. Ciò è dovuto: 1. Inesistenza di diritti di proprietà individuali su alcuni beni che risultano di proprietà comune (sfruttamento dei beni in maniera eccessiva acqua aria ecc.). 2. Esistenza di attività di produzione o consumo congiunto: nel momento in cui un operatore compie un’attività di produzione o di consumo, egli determina il sorgere di un bene (o di un male)per altri operatori (es. inquinamento acustico se tengo alta la radio o atmosferico con il gas delle automobili). Considerando il caso delle esternalità di consumo ogni operatore dovrebbe tener conto di tutti gli effetti delle sue scelte, sia degli effetti sul suo livello di soddisfazione sia di quelli sul livello di soddisfazione degli altri e nella scelta del suo paniere di consumo A dovrebbe considerare anche l’esternalità causata a B.. Un efficiente allocazione del consumo in presenza di esternalità negative richiede per il soggetto che causa esternalità negative il SMS fra i beni sia superiore al rapporto fra i prezzi e il SMT. Considerando le esternalità di produzione, queste sono causa di divergenza fra costi privati e costi sociali, ovvero fra prodotto marginale privato e prodotto marginale sociale. In presenza di economie esterne il costo marginale privato è maggiore di quello sociale. Le industrie che causano esternalità negative producono più di quanto sia socialmente ottimale. L’intervento pubblico può rimuovere la divergenza fra costo privato e sociale, rendendo interno il costo o il vantaggio procurato dall’operatore al resto della collettività. Si può far ricorso a imposte pigouviane a carico dei creatori di diseconomie esterne; o introduzione di una regolamentazione che ne vieti la creazione. Le esternalità e il teorema di Coase: l’esistenza di un danno o di un vantaggio non pagati e l’identità dei soggetti che li procurano dipendono da come vengono assegnati i diritti di proprietà. Secondo Coase il problema da risolvere è la scelta delle istituzioni e dei criteri di assegnazione dei diritti di proprietà. Coase enuncia queste 2 proposizioni: 1. Se sono soddisfatte le condizioni (assegnazione diritti di proprietà e assenza costi di transazione che sono i costi necessari per l’organizzazione dei mercati ricerca dei prezzi quotati delle merci disponibili ecc.), gli operatori interessati dall’esistenza di esternalità possono raggiungere accordi mutuamente vantaggiosi senza intervento del governo; se la posizione che massimizza la ricchezza sociale è unica, gli operatori raggiungeranno quella posizione. (Occorre inoltre la presenza di un’autorità esterna agli operatori che assicuri l’esecuzione dei contratti e l’esistenza di una merce liberamente trasferibile che agisca da numerario). 2. In presenza di costi di transazione la possibilità di raggiungere la posizione più efficiente attraverso il mercato può dipendere dall’assegnazione dei diritti di proprietà (la posizione più efficiente non è necessariamente l’unica possibile). La possibilità di raggiungere l’allocazione delle risorse più efficiente per la società è condizionata dall’assegnazione dei diritti di proprietà. Pertanto nell’attribuzione dei diritti di proprietà (ruolo molto importante perché dall’attribuzione dei diritti di proprietà dipende la distribuzione finale della ricchezza) l’intervento pubblico dovrebbe considerare gli aspetti di efficienza ed equità L’importanza dell’analisi di Coase è l’aver sottolineato che l’analisi pigouviana delle esternalità si muove in un contesto istituzionale senza porsi il problema che una diversa assegnazione dei diritti di proprietà potrebbe avere un impatto positivo sull’efficienza. Critiche al Teorema di Coase: - efficienza statica ( Possibilità che gli individui non assumano atteggiamenti reciproci cooperativi (ciò non è vero in quanto Coase non ritiene che si possa fare a meno dello stato il quale ha anche il compito di garantire la tutela della persona) - efficienza statica ( E’ vero che l’assegnazione dei diritti di proprietà condiziona l’efficienza ma questo non implica che le istituzioni prevalse siano quelle più efficienti e dato che l’assegnazione dei diritti di proprietà ha effetti anche sulla distribuzione del reddito lo stato deve considerare sia efficienza che equità - efficienza statica ( La presenza di esternalità fa sorgere difficoltà analitiche sull’esistenza stessa del mercato in quanto crea discontinuità delle funzioni di offerta dei beni Beni pubblici Nei mercati concorrenziali i beni scambiati mostrano rivalità nell’uso (per il produttore e per il consumatore) nel senso che l’uso di un bene da parte di un operatore ne riduce la disponibilità per altri operatori. Nella realtà vi sono beni non rivali, tale che l’aumento del consumo da parte di un soggetto non riduce la disponibilità per il consumo di un altro, essi sono detti beni pubblici (difesa nazionale, illuminazione strade etc.) in più chi li produce causa un vantaggio non soltanto a se stesso ma anche agli altri che possono usufruirne liberamente (il costo non varia per l’utilizzo da parte di un individuo addizionale il costo marginale è 0. (es. armatore che costruisce un faro per proteggere le sue navi). N.B. Ogni bene economico causa esternalità è che a volte la misura di essa è infinitesima e quindi trascurabile (es. il colore dell’auto del mio vicino mi crea ammirazione o invidia) Un bene pubblico è un bene per il quale i costi di produzione sono soltanto fissi (es. del faro i costi di costruzione e di esercizio rimangono invariati al variare della quantità prodotta (inteso come servizio recato ai naviganti caso di economie di scala). L’esistenza di costi fissi e la decrescenza dei costi medi portano al fallimento del mercato creando un incentivo per una soluzione cooperativa: se A sostenesse il costo fisso per la produzione di un bene pubblico, ne trarrebbero vantaggio sia A che B e a B non si potrebbe far pagare se non il costo marginale pari a zero così A realizzerebbe una perdita ovvero si farebbe carico di tutto il costo riducendo la convenienza a produrlo in linea generale quindi ognuno tenderà a fare il parassita in attesa che altri decida di produrre il bene pubblico. Per alcuni beni pubblici non è possibile escludere dal consumo nessun operatore (es. difesa pubblica o il faro) per altri (es. segnali televisivi) ciò è possibile ma comporta il sostenimento di costi addizionali; Poiché la decisione di produrre un bene da parte di un operatore privato dipende dall’esistenza di un profitto atteso non negativo la non escludibilità riducendolo rende meno conveniente la produzione da parte dell’operatore privato anzi ognuno agirà da parassita tentando di utilizzare il bene che altri abbiano interesse a produrre. Le due proprietà dei beni pubblici (non rivalità e non escludibilità) forniscono perciò la ragion d’essere dell’intervento da parte di enti pubblici, per produrli o per stimolarne la produzione da parte di altri o per regolamentarne l’uso al fine di evitare la cosiddetta tragedia delle proprietà comuni (commons).(ovvero eccessivo sfruttamento di proprietà comuni come l’aria l’acqua ecc.) La condizione di efficienza generale nell’allocazione delle risorse in presenza di beni pubblici è che la somma dei SMS dei vari soggetti sia uguale al SMT. Guardando il dilemma del prigioniero (dilemma del prigioniero esemplifica la situazione in cui due o più imprese, pur avendo convenienza ad accordarsi, per incrementare o mantenere la propria quota di mercato I bisogni meritori sono i bisogni che si vogliono tutelare e i beni dei quali si vuole salvaguardare il consumo. L’atteggiamento di sostituirsi alle scelte di un individuo (paternalismo) trova espressione in molteplici azioni pubbliche in particolare regolamentazione nei campi: - efficienza statica ( Antinfortunistici (imposizione di caschi, cinture) - efficienza statica ( Sanitari (divieto di consumare stupefacenti) - efficienza statica ( Dell’istruzione (obbligo di frequentare la scuola fino a 16 anni) - efficienza statica ( Artistici (obbligo di conservazione del patrimonio artistico) Il paternalismo si basa su due considerazioni - efficienza statica ( i le persone non dispongono di informazioni rilevanti per le loro scelte o se le hanno sono distorte da pubblicità o altri condizionamenti esterni - efficienza statica ( il loro processo decisionale non rispetta gli usuali canoni della razionalità L’equilibrio walrasiano di concorrenza è quella situazione nella quale esiste un vettore di prezzi tale che su tutti i mercati l’eccesso di domanda è nullo. L’esistenza di tale equilibrio è assicurata se le funzioni di utilità hanno le caratteristiche ipotizzate e non sussistono rendimenti crescenti di scala che porterebbero alla riduzione del costo medio totale di lungo periodo ciò impedirebbe la presenza di una molteplicità di imprese in quanto ognuna troverebbe conveniente accrescere la propria dimensione fino a saturare il mercato (il vettore dei prezzi porta la domanda e l’offerta all’ equilibrio: le imprese massimizzano il profitto i consumatori l’utilità e non vi è eccesso di domanda positivo o negativo) Schumpeter L’attività innovativa è massima proprio nei regimi di mercato monopolistico nei quali lo stimolo all’innovazione è offerto dalla prospettiva di appropriabilità dei frutti di essa. Una simile prospettiva sarebbe assente nei regimi concorrenziali nei quali l’impresa che si accingesse ad innovare sarebbe immediatamente imitata dalle altre e non godrebbe di extraprofitti. E sono proprio tali extraprofitti che vengono percepiti nel monopolio che danno luogo all’attività innovativa. Si può conclusivamente affermare che i regimi non concorrenziali sono paretianamente inefficienti, ma possono risultare efficienti nel senso che potrebbero minimizzare il costo unitario di produzione in condizioni di rendimenti crescenti di scala, oppure essi potrebbero in talune circostanze stimolare le attività innovative e quindi l’efficienza dinamica. La posizione di Schmpeter è stata oggetto di rilievi critici ad ogni modo essa mostra come diversi criteri di ottimalità possano portare a conclusioni diverse circa l’auspicabilità dei vari regimi di mercato. Capitolo 3 I fallimenti del mercato: aspetti macroeconomici della realtà I fallimenti macroeconomici Fallimenti macroeconomici sono connessi con l’instabilità delle economie di mercato capitalistiche La disoccupazione, l’inflazione, squilibri nella bilancia dei pagamenti e sottosviluppo possono essere considerati fallimenti macroeconomici del mercato(per esempio se tutti i mercati fossero in equilibrio lo sarebbe anche il mercato dell’occupazione,la disoccupazione perciò sarebbe sempre di tipo volontario) la teoria che soggiace a quest’assunto è che gli aspetti strutturali dei mercati capitalistici impediscono a quest’ultimi di funzionare nel modo e con i risultati previsti dalla teoria dell’equilibrio economico generale (abbandono dell’ottica microeconomica dei singoli mercati e considerazione invece delle relazioni tra grandezze aggregate) essi sono fallimento per due ragioni: a) sono fallimenti perché denotano inefficienze e/o iniquità come in sede microeconomica b) sono fallimenti macroeconomici in quanto la teoria che meglio li spiega è quella macroeconomica. La disoccupazione Disoccupazione involontaria La Disoccupazione involontaria sorge quando vi sono lavoratori – potenziali – disposti ad occuparsi al saggio di salario – reale – vigente o anche a uno leggermente inferiore, ma la domanda di lavoro è insufficiente per occuparli (Keynes) Disoccupazione volontaria = il lavoratore non accetta un salario pari alla produttività marginale del suo lavoro. Disoccupazione frizionale = dovuta ad attriti errori di calcolo mutamenti imprevisti che causano squilibri temporanei tra domanda e offerta di lavoro . (breve periodo) ricerca tra un lavoro e l’altro n.b. le statistiche attuali non sono in grado di distinguere i vari tipi di disoccupazione. La perdita di efficienza nella disoccupazione involontaria è statica e dinamica. Dal punto di vista statico, in quanto sarebbe possibile migliorare la posizione di alcuni individui (i disoccupati stessi) senza peggiorare quella di altri; dal punto di vista dinamico la condizione di disoccupato comporta generalmente il depauperamento delle qualità professionali, che incide, a livello personale, sulle possibilità di reimpiego e, in generale, sul valore del capitale umano della collettività; Oltre a causare una perdita di efficienza, la disoccupazione accresce l’ineguaglianza nella distribuzione del reddito. Le conseguenze economiche e sociali della disoccupazione possono essere temperate sul piano personale da interventi pubblici di redistribuzione del reddito che consentano: il pagamento di indennità di disoccupazione, l’integrazione dei guadagni o la garanzia di pagamento di un salario minimo. L’indennità di disoccupazione è di misura e durata variabili. La misura è minore in Italia, più consistente in altri paesi (ad es. in Danimarca il 90% dell’ultima retribuzione per un periodo massimo di 5 anni) In nessun paese è stato introdotto finora un sistema di reddito minimo o dividendo sociale. In Italia esiste peraltro l’Istituto della Cassa Integrazione Guadagni introdotto nel 1945 per integrare il salario dei lavoratori che vengono occupati a orario ridotto per effetto di una flessione della domanda o per ristrutturazioni e riorganizzazioni. L’esistenza di indennità di disoccupazione o integrazione dei guadagni ove esse siano di misura consistente facilita i licenziamenti o le sospensioni dal lavoro riducendo il costo per i lavoratori interessati e per le stesse imprese che, pur sostenendo parte del costo stesso, si trovano però di fronte a ridotte resistenze da parte dei lavoratori. Alcuni economisti sono contrari all’indennità di disoccupazione per il disincentivo all’offerta di lavoro che ne scaturirebbe, tuttavia è la durata massima dell’indennità e non il suo importo relativo ad avere effetto sull’offerta di lavoro. Comunque indennità di disoccupazione e integrazione di guadagni, come qualsiasi trasferimento costituiscono sempre un costo economico per la società nel suo complesso, questo costo si aggiunge ai costi non economici della disoccupazione che possono essere ricondotti alla frustrazione, l’emarginazione l’aumento della criminalità nonché la maggior soggezione e ricattabilità dei lavoratori rispetto al datore di lavoro. L’esistenza di tutti questi costi può spiegare l’impegno a perseguire la piena occupazione che fu assunto nel dopoguerra dai governi di molti paesi ad economia di mercato anche sotto l’influsso delle soluzioni suggerite dalla teoria keynesiana. E’ raggiungibile e desiderabile la piena occupazione? 1. Non è realistico pensare di occupare il 100% della Popolazione (una disoccupazione frizionale è normale data l’imperfezione nel funzionamento dei mercati) 2. La piena occupazione ha effetti negativi sulla produttività (la disoccupazione è fattore di disciplina per i lavoratori: la concorrenza dei disoccupati sui lavoratori fà aumentare l’impegno nell’attività produttiva) L’inflazione Questo termine indica di norma un aumento sostenuto del livello generale dei prezzi e quindi la perdita di valore della moneta (assenza di stabilità monetaria interna). Le tipologie di inflazione sono numerose e si distinguono: D al punto di vista delle cause immediate: o inflazione da domanda: deriva dalla pressione della domanda che tende ad espandersi al di la dell’offerta disponibile in prossimità della piena occupazione delle risorse fisiche e umane (la domanda globale supera le capacità del sistema) es. periodi bellici l’intera produzione è indirizzata agli armamenti più che all’offerta di normale impiego e c’è piena occupazione per il richiamo alle armi. o inflazione da offerta: si verifica per effetto di shock di varia natura (calamità guerre che riducono la capacità produttiva quindi l’offerta) o inflazione da costi: consiste nel trasferimento sui prezzi dell’aumento dei costi dell’impresa (i prezzi dei fattori produttivi aumentano e si ripercuotono sui prezzi dei beni) o inflazione da profitti: connessa con l’aumento del margine di profitto reso possibile dall’esistenza di forme di mercato diverse dalla concorrenza perfetta. Un buon modo di analizzare gli effetti sui prezzi è offerto dal principio del costo pieno [Principio del costo pieno: tale principio suggerisce che il processo di formazione del prezzo avvenga aggiungendo ai costi variabili o diretti una percentuale di ricarico sui costi o margine di profitto (mark- efficienza statica (up) lordo tale da coprire l’incidenza media unitaria dei costi fissi e assicurare un margine netto di profitto] o inflazione finanziaria e creditizia: sono forme di inflazione da domanda, innescate rispettivamente da crescita della spesa pubblica finanziata in deficit in condizioni di prossimità al pieno impiego o da eccessiva creazione di credito da parte del sistema bancario o inflazione importata: pressione della domanda da parte di un paese estero: ciò causa un aumento delle esportazioni che porta perciò ad un cospicuo afflusso di capitali dall’estero che fa aumentare la base monetaria stimolando così la domanda interna. oppure in presenza di un aumento dei prezzi di merci (es. materie prime) importate La distinzione tra i vari tipi di inflazione, non va enfatizzata, in quanto possono presentarsi con frequenza situazioni nelle quali le varie cause si combinano. D al punto di vista del ritmo di aumento dei prezzi: o inflazione strisciante: quando risulta molto contenuta (2- efficienza statica (3% annuo) o moderata: se la crescita è minore del 10% annuo o galoppante: quando i prezzi aumentano a tassi annui di due o persino 3 cifre o iperinflazione: se il tasso è almeno dell’ordine di grandezza del 300% annuo (La moneta cessa di essere un intermediario non è più possibile attribuirle un valore) In un economia monetaria l’acquisizione dei redditi è separata dalla decisione di spendere a differenza di ciò che avviene nel mondo classico (caratterizzato in sostanza da un economia del baratto) nel quale risparmio e investimento sono coincidenti per Keynes invece il risparmio è funzione del reddito mentre l’investimento è in funzione del tasso di interesse. Quindi le decisioni di ’investimento sono rappresentate sulla base delle aspettative nel futuro ovvero in base alla valutazione dell’efficienza marginale del capitale (ovvero l’investimento dipende dal tasso di interesse dato il saggio atteso di profitto) e all’animal spirits degli imprenditori.(se gli imprenditori non hanno aspettative ottimistiche sul rendimento futuro dell’investimento essi non investiranno i profitti realizzati e la domanda globale tenderà a cadere. Sempre secondo Keynes in un economia monetaria vi è instabilità del valore patrimoniale della ricchezza finanziaria ciò induce gli individui a rifuggire dall’impiegare la ricchezza in un dato momento preferendo mantenersi “liquidi” in attesa di una miglior profittabilità futura; in questo ambito il tasso di interesse è la ricompensa per l’abbandono della liquidità per un certo periodo di tempo ed è quindi il prezzo che equilibra domanda ed offerta di moneta Per tutte queste ragioni la domanda globale e l’occupazione sono instabili e lontane dall’ipotesi di pieno impiego. Nel pensiero di Keynes come è noto l’intervento pubblico sotto forma di politica monetaria e soprattutto politica fiscale è l’unica forza capace di riportare queste variabili a livello di piena occupazione. Soluzione di Keynes in occasione della II guerra mondiale: Razionare i consumi privati proibendo alcune forme di impiego del risparmio (es. acquisto beni durevoli) incanalando il risparmio verso depositi bancari utilizzati per sottoscrivere titoli di debito pubblico emessi a basso tasso di interesse per ridurre il costo del finanziamento (cd circuito dei capitali) Il modello IS- efficienza statica (LM di Keynes è ancora lo strumento che meglio spiega il funzionamento di un economia nel breve periodo nonché i vari strumenti di politica economica (nb solo la trappola della liquidità ovvero un caso particolare fa si che con questo modello non si raggiunga una posizione di piena occupazione) Strumenti per combattere l’Inflazione; Politica fiscale = Si aumenta la pressione fiscale o si riduce la spesa pubblica provocando una contrazione della domanda Politica monetaria = Contrazione dell’offerta di moneta e di conseguenza degli Investimenti e del reddito disponibile Politica dei redditi= Blocco dei prezzi e dei salari (deciso dal governo) e patto sociale (accordi di categoria) Curva di Phillips mette in evidenza rapporto tra disoccupazione e inflazione e mostra che al crescere della disoccupazione l’inflazione tende a diminuire, mentre quando ci si avvicina alla piena occupazione i salari aumentano molto velocemente e questo porta ad un aumento dei prezzi e quindi all’inflazione. Secondo Phillips quindi, una piena occupazione si può avere solo a prezzo di un’alta inflazione oppure la riduzione dell’inflazione si può avere solo a prezzo di un aumento della disoccupazione Approccio monetarista: 3. Ipotesi del tasso naturale di disoccupazione (Corrisponde ad un livello di disoccupazione che viene considerato fisiologico per uno stato normale dell'economia. in corrispondenza del salario di equilibrio nel mercato del lavoro vi sarà sempre un certo livello di occupazione che è di tipo volontario e/o frizionale. Questo livello di disoccupazione è noto come tasso naturale di disoccupazione) 4. Fiducia nella stabilità intrinseca del mercato 5. Considerare la moneta come una delle possibili forme di attività patrimoniale 6. Considerare nelle scelte del consumatore non il reddito attuale ma quello permanente (quello che si prevede conseguire nel corso della vita) Equazione del mark up p= (w/π) (1+g) p prezzo w costo unitario del lavoro π produttività media del lavoro g ) (1+g) p prezzo w costo unitario del lavoro π) (1+g) p prezzo w costo unitario del lavoro π produttività media del lavoro g produttività media del lavoro g margine lordo di profitto La disoccupazione naturale e le limitazioni dell’intervento pubblico secondo Friedman A differenza di Keynes Friedman e i monetaristi concepiscono il mercato come intrinsecamente stabile essi non negano l’instabilità ma l’attribuiscono all’azione pubblica piuttosto che al comportamento del settore privato. (ad es. spiegano la depressione del 29 come imputabile alla preoccupazione della federal reserve per la speculazione di borsa che ha portato ad una stretta monetaria) Friedman sostiene che le variazioni dell’offerta di moneta sono le principali determinanti della crescita del reddito nominale: gli effetti della politica monetaria sul reddito sono di norma temporanei e associati ad inflazione più precisamente Friedman sostiene che la politica monetaria non può controllare né il tasso di interesse del mercato ne il tasso di disoccupazione corrente mantenendoli al di sotto dei valori del tasso di interesse naturale e del saggio di disoccupazione naturale. Tasso di interesse naturale= prezzo di equilibrio tra domanda di capitale (investimenti) e offerta di capitale (risparmio) Tasso di disoccupazione naturale= il numero di posti disponibili di lavoro è in relazione di equilibrio con il numero di lavoratori disoccupati (essendovi equilibrio il salario rimane costante) Quindi un aumento di moneta porta a una riduzione del tasso di interesse ad un aumento della domanda di beni quindi ad un aumento della produzione e al tempo stesso un aumento dell’occupazione reso possibile da un accrescimento della domanda e offerta di lavoro ,ma…come è possibile se un aumento di domanda lavoro avviene solo se si riduce il salario reale e l’offerta di lavoro si ha solo se si aumenta il salario reale? Due sono i motivi: 3. Le aspettative degli individui sono adattive (ovvero riviste in ciascun periodo in proporzione allo scarto del periodo precedente e ai valori attesi) 4. I vari operatori hanno diversi tempi di reazione alle informazioni scaturenti dalla realtà (le imprese sono più consapevoli dei lavoratori dell’aumento dei prezzi se si attendono una flessione del salario reale aumenteranno gli investimenti e la domanda di lavoro); i lavoratori al contrario vedendosi aumentare il salario nominale e non potendo valutare bene l’andamento dei prezzi offriranno lavoro . Quest’ “illusione” è temporanea e nel lungo periodo il tasso di disoccupazione aumenterà fino a raggiungere il livello naturale corrispondentemente il tasso di interesse di mercato aumenterà per effetto dell’aumento dei prezzi fino a coincidere di nuovo con il tasso di interesse naturale Esaminiamo in particolare l’andamento del tasso di disoccupazione di mercato utilizzando il concetto di curva di Phillips “aumentata delle aspettative” Secondo Friedman la curva di Phillips può difficilmente rimanere stabile nel tempo. Le ragioni per cui la curva tende a spostarsi secondo Friedman stà nel fatto che i lavoratori non sono interessati al salario nominale ma a quello reale (ovvero se vogliono un aumento del 5% del salario reale si accontenteranno di un aumento del salario nominale solo se prevedono un aumento dei prezzi nullo) e la curva di Phillips non incorpora che l’aumento atteso dei prezzi sia nullo. Curva di Phillips derivata: La spiegazione si basava sull’esistenza di aspettative da parte degli agenti economici (in questo caso non solo le persone ma anche le imprese) e sulla distinzione tra breve periodo e lungo periodo. Nel breve periodo la curva di Phillips descritta da Phelps e Friedman era simile a quella individuata dall’economista inglese; il contributo principale è l’inserimento delle aspettative degli individui nella sua descrizione. Se ci si aspetta un’inflazione al 2% ma la politica monetaria fa crescere il livello dei prezzi in misura maggiore (aumentando la base monetaria), l’effetto immediato è una diminuzione del tasso di interesse reale e dei salari reali che spingeranno le imprese ad assumere e investire in misura maggiore causando un boom per l’economia. La disoccupazione così diminuirà. Il periodo successivo gli individui, avendo osservato quello che è successo, si aspetteranno una inflazione maggiore. A questo punto le autorità di politica monetaria possono aumentare la base monetaria in misura ancora maggiore e “imbrogliare” nuovamente gli individui, garantendo un nuovo boom (e facendo aumentare l’inflazione attuale e l’inflazione attesa per il periodo successivo) oppure riflettere nelle loro scelte le aspettative degli individui. In questo secondo caso gli effetti espansionistici della misura del periodo precedente vengono completamente riassorbiti: i salari reali, il tasso di interesse reale e la disoccupazione tornano ai livelli pre-aumento della base monetaria e l’unico effetto rimasto sarà un livello dei prezzi più alto.Le autorità di politica economica non possono pensare di “imbrogliare” gli agenti economici per sempre. Il messaggio più importante dell’analisi di Phelps e Friedman è che nel lungo periodo la politica monetaria non ha alcun effetto sulle variabili reali (ovvero tasso di interesse, i salari reali e la disoccupazione) ma si traduce solamente in un aumento dei prezzi. Nel lungo periodo l’inflazione reale è uguale a quella attesa e la disoccupazione è determinata dalle condizioni del mercato del lavoro e non dalla politica monetaria. Dal paradigma keynesiano a quello neoclassico Phelps e Friedman non ebbero vita facile nel convincere i loro colleghi economisti delle loro conclusioni. In questo ambito si inserisce la famosa polemica tra monetaristi, di cui Friedman e Phelps facevano parte, e keynesiani, tra i quali ricordiamo Tobin e il nostro Modigliani. Le conclusioni di Phelps e Friedman raccolsero lentamente il consenso della maggioranza degli economisti e, quello che più conta, dei policy makers contribuendo alla sconfitta dell’inflazione nelle economie occidentali. Non fu il solo risultato. L’idea di Phelps circa l’adattamento degli individui alle scelte di politica economica in parte anticipa la fondamentale rivoluzione della teoria macroeconomica che stava per nascere dalle parti dell’Università di Chicago, guidata da alcuni allievi di Friedman. Considerazioni finali secondo i monetaristi:  La politica monetaria è efficace solo nel breve periodo nel lungo periodo genera un inflazione inizialmente inattesa dai lavoratori e quindi la possibilità di un tasso di disoccupazione minore di quello naturale quindi solo una crescente inflazione può garantire un tasso di disoccupazione minore di quello naturale.  Nel lungo periodo la curva di Phillips è verticale ossia per qualunque tasso di inflazione la disoccupazione resta al tasso naturale non vi è un trade-off (ossia sostituibilità) tra disoccupazione e inflazione se non nel breve periodo. Da qui nasce la regola semplice di Friedman la variazione della quantità di moneta deve essere pari alla variazione media della sua domanda I modelli insider-outsider tendono ad attribuire l’alta disoccupazione all’elevato saggio di salario richiesto dai lavoratori occupati. Questi lavoratori possono chiedere un salario più elevato di quello che potrebbero chiedere i lavoratori non occupati per due ragioni: 1. vi sono costi di assunzione e di addestramento nonché di licenziamento che segmentano il mercato del lavoro 2. gli insider possono compiere attività di mutua cooperazione e di disturbo degli outsider che venissero impiegati per sostituire gli insider eventualmente licenziati Le conseguenze di questo modello: esso implica che vi sia scarso avvicendamento di lavoratori: sia gli occupati che i disoccupati tendono a rimanere tali e vi è limitato passaggio di lavoratori da un gruppo all’altro. Se i lavoratori occupati si comportano come ipotizzato i disoccupati di lunga durata in pratica non sono concorrenti effettivi degli occupati. 4) L’individuazione di complementarietà strategiche Le ipotesi teoriche fondate sull’esistenza di complementarità strategiche in mercati imperfetti sono numerose. Esse sottolineano l’esistenza di una sorta di esternalità positive reciproche fra le decisioni dei vari operatori: l’uno tende a fare ciò che fa l’altro aumenta o riduce la sua produzione se l’altro fa lo stesso. VI SONO COMPLEMENTARITA’ STRATEGICHE QUANDO UN’AZIONE E’ CONVENIENTE PER CHI LA COMPIE SOLTANTO SE ANCHE ALTRI SIMULTANEAMENTE SEGUONO LO STESSO COMPORTAMENTO. AD ESEMPIO: UN’IMPRESA POTREBBE TROVARE NON CONVENIENTE ESPANDERSI DA SOLA, MA SE MOLTE IMPRESE SI ESPANDONO OGNUNA POTREBBE TRARRE VANTAGGIO DAL FATTO CHE CON L’ESPANSIONE DELLE ALTRE CRESCE IL MERCATO PER I PROPRI PRODOTTI. QUINDI IN ASSENZA DI COORDINAMENTO NESSUNA IMPRESA VUOLE ESPANDERSI E PUO’ AVERSI DISOCCUPAZIONE. Per concludere: A keynes si deve la visione capitalistica più idonea a spiegare i fallimenti del mercato macroeconomici e l’esigenza di un intervento pubblico atto a mitigarli se non ad eliminarli Ai monetaristi si attribuisce il merito di aver chiarito alcuni meccanismi che contribuiscono a spiegare l’inflazione e le aspettative future su di essa. La crescita e lo sviluppo La crescita consiste nell’aumento del reddito e della ricchezza materiale di un paese. Lo sviluppo è un concetto più generale che comprende quello di crescita ma in aggiunta considera altre cause di mutamento economico e sociale. Si ha sviluppo se si assiste a un miglioramento delle condizioni di vita. Non sempre la crescita implica lo sviluppo e viceversa. Ci sono differenze significative fra crescita economica e sviluppo economico. Il termine “crescita economica” si riferisce all’aumento (o crescita) di un indicatore specifico quale il reddito nazionale reale, il prodotto interno lordo, o il reddito pro-capite. Il reddito o prodotto nazionale è espresso comunemente in termini di una misura del valore aggiunto del prodotto aggregato dell’economia (interna) denominata prodotto interno lordo (P.I.L.). Quando il P.I.L. di una nazione aumenta si ha quella che gli economisti chiamano crescita economica. Il termine “sviluppo economico”, d’altra parte, implica molto più. Si riferisce tipicamente ai miglioramenti in una varietà di indicatori quali i tassi di alfabetizzazione, la speranza di vita ed i tassi di povertà. Il P.I.L. è una misura specifica di benessere economico che non considera le funzioni importanti quali tempo libero, qualità ambientale, la libertà, o la giustizia sociale. La crescita (economica) di un qualunque indicatore specifico non è una condizione sufficiente di sviluppo economico. La misurazione dell’indicatore di sviluppo umano (ISU) si basa su tre elementi essenziali della vita umana: - la longevità che viene indicata dalla speranza di vita alla nascita - la conoscenza che viene indicata dall’alfabetizzazione degli adulti e dalla media degli anni di scolarità - gli standard di vita sostanzialmente indicati dal reddito pro capite in dollari In una prospettiva dinamica che è quella sottostante ai concetti di crescita e sviluppo i problemi di occupazione risultano particolarmente insidiosi,non basta mantenere invariato il livello del reddito effettivo per continuare ad assicurare la piena occupazione. Il reddito di piena occupazione è un “traguardo mobile” questo il concetto di reddito (o prodotto potenziale) introdotto da Okun Legge di Okun In termini dinamici il reddito di piena occupazione è un traguardo mobile: Il prodotto potenziale è quello che è possibile ottenere in un periodo di tempo con il pieno utilizzo delle risorse fisiche e umane. Pieno = funzionamento del sistema senza tensioni o strozzature che implica ad es. in un certo tempo una disoccupazione frizionale pari ad un tot percentuale La variabilità nel tempo del reddito potenziale è evidente se si considera che mutano il limite fisiologico della piena occupazione (la popolazione e la produttività tendono di norma a crescere nel tempo) nonché le forze di lavoro e la produttività media del lavoro ovvero: Y = π . N . FL . P N = numero degli occupati π = produttività media del lavoro - efficienza statica (- efficienza statica ( - efficienza statica (- efficienza statica ( FL = forza lavoro P = Popolazione FL P Y = Prodotto La “legge” di Okun può enunciarsi quindi nei termini seguenti: il reddito deve aumentare in misura superiore alla crescita della produttività e della popolazione (corrispondente alla tendenza di lungo periodo di crescita del reddito) affinché si abbia una riduzione della disoccupazione In realtà la Legge di Okun è una regola empirica che mette in relazione le variazioni del tasso di disoccupazione e le variazioni del PIL reale. La legge afferma che affinché il tasso di disoccupazione si riduca di un punto percentuale, occorre un aumento del 3% del PIL reale. Sulla scorta di successive analisi tale rapporto è stato corretto in 2- efficienza statica (2,5% di aumento del PIL per 1 punto di riduzione della disoccupazione Gli squilibri della Bilancia dei Pagamenti La Bilancia dei Pagamenti BdP è il documento contabile nel quale si registrano le transazioni economiche che hanno luogo in un determinato periodo di tempo fra residenti di un paese e non residenti e dalle quali scaturiscono di norma esborsi e introiti di valute estere. I conti che compongono la BdP sono: conto corrente, conto capitale e conto finanziario; Il conto corrente rileva i movimenti di beni (merci e servizi), oltre che i trasferimenti unilaterali (ad es. doni ai PVS); le transazioni di sole merci danno luogo alla bilancia commerciale le altre sono le “partite” invisibili. Il conto capitale comprende le operazioni commerciali e i trasferimenti relativi ad attività di investimento (ad es. cessioni ed acquisizioni di attività intangibili quali i brevetti e i diritti d’autore) Il saldo del cc e del cp è detto Saldo dei movimenti di beni Il conto finanziario comprende i movimenti di capitale a breve, medio e lungo termine possono essere distinti in: investimenti diretti; investimenti di portafoglio; derivati; altri investimenti; variazione delle riserve ufficiali;) I conti con l'estero di un paese vengono esposti in un documento denominato bilancia dei pagamenti. Questa consiste in un prospetto contabile nel quale sono registrate sistematicamente tutte le transazioni economiche intercorse durante un certo periodo di tempo (un mese, un anno) tra i residenti di un paese (persone fisiche e giuridiche) e i residenti (analoghe controparti) del resto del mondo. Le registrazioni sono tenute secondo il metodo della partita doppia: le entrate devono eguagliare le uscite. Il saldo rappresenta il risultato attivo o passivo della bilancia dei pagamenti. Le parti o conti che compongono la bilancia dei pagamenti sono tre: Partite correnti In questo conto sono innanzitutto registrate, all'attivo, le esportazioni di merci e, al passivo, le importazioni: queste voci costituiscono la bilancia commerciale. Questa viene di solito distinta dalla cosiddetta bilancia delle partite invisibili , che comprende le transazioni relative ai servizi e ai trasferimenti unilaterali. Tra i servizi vanno annoverati i noli e le assicurazioni concernenti il trasporto delle merci, le spese dei turisti stranieri in Italia (attivo) e dei turisti italiani all'estero (passivo); i redditi derivanti dall'impiego di fattori produttivi italiani all'estero e stranieri in Italia. Tra i trasferimenti unilaterali ricordiamo le rimesse degli emigrati e i trasferimenti pubblici (quali contributi, doni e pagamenti di danni di guerra). Movimenti di capitale In questo conto sono registrate in attivo le entrate di capitale nel paese (investimenti esteri diretti, investimenti di portafoglio relativi all'acquisto di titoli, prestiti dell'estero all'Italia); nel passivo le uscite di capitale dal paese, tra le quali vanno comprese oltre alle voci indicate nell'attivo anche le rimesse di banconote italiane dall'estero che possono riguardare fughe clandestine di capitali. Si tratta di movimenti di capitali che riguardano attività finanziarie autonome nei rapporti con l'estero, le quali avvengono spontaneamente senza l'intervento delle autorità monetarie centrali. Movimenti monetari Questo conto ha essenzialmente il significato di saldo contabile della bilancia dei pagamenti. In particolare vengono iscritti i cosiddetti prestiti o movimenti compensativi che sono decisi dalle autorità monetarie al fine di compensare eventuali squilibri delle transazioni e di neutralizzare le conseguenze sul tasso di cambio della moneta nazionale. Queste operazioni, che danno luogo al saldo dei regolamenti ufficiali, comportano un aumento delle riserve valutarie (se la bilancia è in attivo) oppure diminuzione delle riserve ufficiali (se la bilancia è in deficit). Si faccia attenzione a non confondere la bilancia commerciale, che si riferisce solamente alle importazioni e alle esportazioni, con la bilancia globale dei pagamenti che comprende tutte le operazioni con l'estero aventi natura economica. Qualche chiarimento è indispensabile per quanto riguarda la voce errori ed omissioni che interessa tutti i conti della bilancia dei pagamenti e serve a farla quadrare. L'inserimento di questa voce si giustifica con il fatto che è improbabile che il totale delle registrazioni in attivo (che determinano incassi di valuta estera) sia perfettamente uguale al totale delle registrazioni al passivo (che invece danno luogo ad uscita di valuta). Anche se concettualmente attivo e passivo dovrebbero bilanciare, può verificarsi che le banche incorrano in errori e imprecisioni in ordine alla data delle operazioni, ai tassi di cambio, alla natura delle partite considerate. Alcune omissioni generalmente si riferiscono alla fuga clandestina di capitali all'estero. Saldo ed equilibrio della bilancia dei pagamenti Quando si prende in considerazione, sempre dal punto di vista economico, l'andamento della bilancia dei pagamenti si fa di solito riferimento ai saldi ritenuti più significativi. Ad esempio, quello della bilancia commerciale, in quanto i movimenti di merci costituiscono spesso la voce più importante della bilancia dei pagamenti. L'importanza del concetto di equilibrio (e di squilibrio) della bilancia dei pagamenti dipende ovviamente da quale saldo viene preso in considerazione. Se si vuole colmare un disavanzo della bilancia commerciale bisognerà ricorrere a misure che limitino le importazioni mediante contingentamenti, dazi o altre barriere all'entrata. Se si vuole invece frenare l'uscita di capitali bisognerà fare ricorso a misure di carattere valutario e a un severo controllo del mercato dei cambi. Il saldo globale della bilancia dei pagamenti è uguale al saldo dei movimenti monetari. Si intendono per movimenti monetari le variazioni dei crediti e dei debiti verso l'estero delle aziende di credito ( banche ordinarie ) e della Banca d'Italia. Capitolo 4 La teoria normativa della politica economica La teoria normativa della politica economica riguarda ciò che i responsabili della politica economica dovrebbero fare agendo razionalmente, al fine di supplire alle carenze del mercato; Gli aspetti trascurati da questa teoria normativa i) il sistema economico non è composto di operatori largamente indistinti e omogenei tra loro come ipotizzato, in quanto essi possono essere dotati di potere economico e politico differenziato; ii) i responsabili delle decisioni di politica non sono anonimi, come assunto da tale teoria, in quanto anch’essi sono portatori di interessi differenziati, compresi quelli propri; La programmazione Programmare significa adottare decisioni coordinate e coerenti di politica economica. Nel campo dell’azione pubblica ciò implica non procedere ad interventi slegati gli uni agli dagli altri, ma considerare per ogni problema il complesso delle finalità di politica (obiettivi) e l’insieme delle azioni possibili (strumenti). Si tratta di una una “leva” (variabile) di cui dispongono i responsabili della politica economica per raggiungere uno o più obiettivi; I tradizionali obiettivi macroeconomici sono: piena occupazione, stabilità dei prezzi, miglioramento della bilancia dei pagamenti, tasso di sviluppo del reddito. La necessità di interventi coordinati deriva da almeno tre ordini di considerazioni: 6. Scelta dello strumento adatto per ogni obiettivo considerando l’efficacia relativa di ognuno e il tempo richiesto perché ognuno esplichi i suoi effetti. l’esistenza di più strumenti per raggiungere i vari obiettivi richiede di soppesare la qualità di tali strumenti 7. Non esistono problemi di politica separabili uno dall’altro, per risolvere un problema si farà uso di uno strumento che avrà effetto anche su altre questioni, non necessariamente nel senso desiderato. (es. una politica di valuta forte riduce l’inflazione importata ma deprime anche la crescita) l’interdipendenza tra i vari strumenti e i vari obiettivi suggerisce di procedere per una soluzione simultanea dei problemi di politica economica 8. I problemi di politica hanno natura intertemporale. La soluzione di un problema la presente è legata alla soluzione dello stesso problema in periodi successivi. la “coerenza temporale” è necessaria per riflettere adeguatamente la natura intertemporale delle scelte di politica economica;I Elementi costitutivi del programma Gli elementi costitutivi di un programma sono gli obiettivi, gli strumenti e il modello di analisi. L’obiettivo è un traguardo di politica economica che possiamo normalmente misurare in termini di una grandezza come ad esempio il reddito. Lo strumento è la leva di cui dispongono i responsabili delle decisioni di politica economica – policy makers – per raggiungere un obiettivo . (es. diminuzione dell’inflazione) Modello di analisi è un modello matematico che descrive il funzionamento del sistema economico a livello aggregato o disaggregato e varia a seconda della scuola di pensiero alla quale si ispiri l’economista. (cd ruolo dell’analisi economica) Gli obiettivi di politica economica Gli obiettivi di politica economica che i policy makers si propongono di raggiungere possono essere coerenti fra loro (stessa manovra porta al raggiungimento di vari obiettivi simultaneamente) o sostituti l’uno dell’altro (la manovra che implica il raggiungimento di un obiettivo rende più difficile il raggiungimento di un altro obiettivo; trade- efficienza statica (off). Ci sono quattro modi di esprimere gli obiettivi: a. Metodo degli obiettivi fissi b. Metodo delle priorità c. Metodo degli obiettivi flessibili con saggio marginale di sostituzione SMS variabile d. Metodo degli obiettivi flessibili con saggio marginale di sostituzione SMS costante Metodo degli obiettivi fissi La regola aurea di Tinbergen si colloca all’interno del metodo degli obiettivi fissi (attribuire valori prefissati alle variabili che costituiscono gli obiettivi di politica economica) in tal caso, secondo tale regola, la soluzione di un problema di politica economica richiede la disponibilità di un numero di strumenti almeno pari al numero degli obiettivi (altrimenti il politico dovrà decidere se ridurre il valore di uno dei suoi obiettivi o tentare di spostare verso l’alto la curva di trasformazione) Metodo delle priorità Se non si conosce l’esatta posizione della curva di trasformazione può risultare conveniente fissare prioritariamente il livello di un obiettivo (gli altri si “adegueranno”) Es. due aree geografiche si fissa prioritariamente il livello di reddito nell’area arretrata Metodo degli obiettivi flessibili con S.M.S. variabile L’impostazione di un problema di politica economica in termini di obiettivi flessibili è del tutto equivalente a quella del problema del consumatore nota dalla microeconomia. Il consumatore invece di fissare in termini rigidi le quantità di beni e servizi di cui vuole dotarsi indica in termini flessibili i suoi obiettivi esprimendo le sue preferenze. La rappresentazione di tali preferenze si effettua attraverso una mappa di curve di indifferenza sociale. Egli confronta questa mappa con il vincolo di bilancio determinando cos’ le sue scelte nel punto di tangenza, ossia le quantità di beni e servizi che deve procurarsi per essere soddisfatto nella misura massima possibile. Il responsabile di tale politica indicherà con l’ausilio di un economista una mappa di curve di indifferenza che rifletta i desideri della collettività – funzione del benessere sociale - efficienza statica ( FBS. Confronterà questa mappa con una curva di trasformazione pervenendo così alla scelta degli obiettivi. Ove gli argomenti della FBS non fossero dei beni ma dei mali la rappresentazione grafica delle curve di indifferenza cambierebbe. Invece di una funzione del benessere da massimizzare avremo una funzione di perdita – loss function – da minimizzare. Sia nel caso dei beni che dei mali gli argomenti della FBS costituiscono gli obiettivi di politica economica ovvero quei valori che dato il vincolo rendono massimo il benessere sociale (approccio ottimizzante) Questo potrebbe far pensare che l’approccio ottimizzante sia superiore a quello degli obiettivi fissi ma ciò vale se: 6. Vi è perfetta controllabilità dell’attività dei policy makers 7. Perfetta certezza circa la posizione e l’andamento della curva di trasformazione Nella realtà entrambe le condizioni non sono soddisfatte ciò comporta che i responsabili dell’azione pubblica non rispettino gli impegni pre- efficienza statica (elettorali (ossia il aggiungimento degli obiettivi fissi) che tenderà ad essere attribuito a spostamenti della curva di trasformazione (peggioramente della congiuntura internazionale negligenza del governo precedente ecc. Metodo degli obiettivi flessibili con S.M.S. costante Questo caso corrisponde ad una funzione del benessere sociale resa lineare negli argomenti – ossia gli obiettivi – e con S.M.S. costante. Ricordiamo in questo contesto l’indice di malessere di Okun a=b=1 ovvero il “malessere” è la somma del tasso di disoccupazione e di Inflazione Secondo Okun se l’inflazione era al 10% e la disoccupazione era al 6%, non si guadagnava molto aumentando l’inflazione all’11% e facendo scendere il tasso di disoccupazione al 5%; le due quantita’, sommate nel suo “tasso della miseria“ erano comunque al 16%. La veridicità dell’ipotesi di Okun è posta in dubbio in quanto l’uguaglianza dei pesi attribuiti ai due mali può non avere rilevanza in quanto diverse sono le preferenze e le condotte dei Policy Makers anche se questo indice è tutt’oggi utilizzato per comparare nel tempo e nello spazio l’evoluzione della situazione economica di un paese Questo indicatore è stato oggetto di varie critiche: 1. l’indice di malessere indica preferenze che possono non essere condivise in quanto disoccupazione e inflazione vengono messe sullo stesso piano dando loro lo stesso peso (ovvero un punto percentuale in più di disoccupazione vale come l’incremento dell’1% dei prezzi) 2. una conseguenza dell’osservazione precedente è che la diminuzione del benessere causata da un punto in più di disoccupazione è sempre compensata da una diminuzione di un punto dell’inflazione e viceversa, qualunque sia la situazione di partenza. Ciò può essere espresso appunto dicendo che il S.M.S. è costante (uguale a 1)ma questo è difficilmente accettabile (es. se la disoccupazione è del 3% e l’inflazione del 20% si può essere disposti ad accettare un 1% in più di disoccupazione per ridurre l’inflazione ma se la disoccupazione è all’8% e l’inflazione al 6% si è disposti ad accettare un punto percentuale in più di disoccupazione soltanto se l’inflazione cade in misura più drastica poniamo 4 punti percentuali) Gli strumenti di politica economica Una variabile può essere definita come variabile strumentale, ossia come strumento di politica se sono soddisfatte le seguenti tre condizioni: 1. I policy makers possono controllarla ovvero decidere quale valore essa debba assumere – controllabilità dello strumento 2. La variabile così fissata ha influenza su altre variabili che assumono il ruolo di obiettivi – efficienza dello strumento – 3. La variabile deve poter essere distinta da altri strumenti in termini di diverso grado di controllabilità e soprattutto di efficacia: due strumenti che abbiano la stessa efficacia su tutti gli obiettivi non sono in realtà due strumenti separati, ma costituiscono un unico strumento – separabilità o indipendenza degli strumenti. Ad esempio la spesa pubblica è una variabile strumentale in quanto influenza il livello di numerosi obiettivi il reddito l’occupazione la BP ecc. Lo strumento appare come una variabile che ha l’unico compito di influenzarne un’altra che è quella rilevante per le preferenze del policy maker. Difficoltà possono sorgere dall’esistenza di vincoli all’uso di uno strumento, ovvero quando la costituzione le norme o la consuetudine regolano il comportamento del governo e della banca centrale di un paese prevedendo l’impossibilità di far ricorso ad alcuni strumenti o combinazioni di strumenti. (es. imposizione del pareggio di bilancio o il divieto del finanziamento in deficit) N.B. La funzione di preferenza dei politici può essere considerata facente parte delle equazioni di comportamento. Essa può includere numerosi obiettivi, tra i quali possiamo scegliere i tradizionali obiettivi macroeconomici: 1) livello del reddito, espresso, ad esempio, dal suo valore in termini monetari, Y, o dal tasso di aumento rispetto all'anno precedente, ΔY/Y; 2) situazione dell'occupazione, misurata, ad esempio, in termini del tasso di disoccupazione u ; 3) andamento dei prezzi, quale può risultare dal tasso di variazione rispetto all'anno precedente, ΔP/P; 4) situazione della bilancia dei pagamenti, indicata dal tasso di variazione delle riserve valutarie nel periodo considerato, ΔA/A (in genere, un anno). Variabili esogene e variabili endogene Le variabili incluse nel modello in forma strutturale si distinguono: - variabili esogene, che sono quelle variabili che determinano altre variabili, ma non ne sono influenzate (es. c) ; appartengono a questa categoria di variabili i dati e gli strumenti. - variabili endogene sono quelle che possono anche determinare il valore di qualche variabile ma il cui valore dipende comunque da altre variabili (es. C). Fanno parte delle variabili endogene gli obiettivi e le variabili irrilevanti. Variabile esogena Variabile di un modello economico che influenza il modello stesso ma non subisce l'effetto delle relazioni descritte in esso. Ad esempio, nel modello che determina il livello di equilibrio del reddito nazionale, un aumento delle esportazioni porta ad un incremento della domanda aggregata (v.) e del livello del reddito nazionale (v.); il volume delle esportazioni, però, non è determinato dal livello del reddito nazionale ma dalla propensione all'importazione degli altri paesi. Variabile endogena Variabile di un modello economico che influenza le altre variabili del modello e che a sua volta è influenzata da queste ultime. Ad esempio, nella determinazione del livello di equilibrio del reddito nazionale (v.) un aumento delle spese per consumi provoca un incremento della domanda aggregata (v.) e un innalzamento del livello del reddito nazionale (v.). Ma l'aumento del reddito nazionale causa, per effetto di un incremento degli investimenti, un ulteriore aumento delle spese per consumi. Il modello in forma ridotta La soluzione di un problema di politica economica richiede che dalla forma strutturale si passi alla forma ridotta e poi alla forma invertita. Il modello in forma ridotta si ottiene a partire da quello in forma strutturale, eliminando per sostituzione le variabili irrilevanti ed esprimendo ogni variabile endogena residua (ossia, ogni obiettivo) in termini di sole variabili esogene; le equazioni della forma ridotta saranno, pertanto, tante quante sono gli obiettivi; La forma ridotta dell’esempio fatto in precedenza sarà: 1 1 N = - efficienza statica (- efficienza statica ( . - efficienza statica (- efficienza statica (- efficienza statica (- efficienza statica (- efficienza statica (- efficienza statica ( . A π) (1+g) p prezzo w costo unitario del lavoro π produttività media del lavoro g (1- efficienza statica (c) la forma ridotta (o inversa) invece si ottiene esprimendo gli strumenti in funzione degli obiettivi; Se il numero di strumenti è almeno pari al numero degli obiettivi il sistema è determinato. Se il numero degli strumenti è superiore al numero degli obiettivi il sistema è sottodeterminato ossia esistono molteplici soluzioni o non ne esiste nessuna. Se il numero degli strumenti è inferiore al numero degli obiettivi il sistema è sovradeterminato e quindi non esiste alcuna soluzione. Se gli strumenti superano gli obiettivi (ipotesi di obiettivi fissi) vi sono per esempio m obiettivi e n strumenti con m <n, si dice che vi sono n-m gradi di libertà, che consentono al policy maker (attraverso l’applicazione della forma ridotta inversa) la scelta degli m strumenti da utilizzare per raggiungere lo stesso numero di obiettivi sempre che sia soddisfatta la regola aurea (n° degli strumenti almeno pari al numero degli obiettivi) Se invece sono gli obiettivi a superare, come numero, gli strumenti, si hanno le seguenti possibilità: 4. lasciar cadere gli obiettivi considerati non prioritari; 5. ricercare nuovi strumenti; 6. impostare il problema di politica economica in termini di obiettivi flessibili e non più fissi. Capitolo 5 – I fallimenti del “non mercato”: elementi per una teoria “positiva” della politica economica. La teoria normativa della politica economica è una “teoria dell’interesse pubblico” e non si pone il problema del grado di realismo delle ipotesi sulle quali essa si basa o del comportamento delle autorità pubbliche che ne discende. La teoria normativa della politica economica ipotizza l’esistenza di un operatore che si faccia carico degli interessi dei singoli soggetti economici, riflettendo in una funzione del benessere sociale la “volontà del popolo”. Ma questa impostazione trascura il fatto che 9. il sistema economico non è composto di operatori indistinti 10. i responsabili delle decisioni di politica non sono anonimi. La teoria normativa assume l’esistenza di individui quasi anonimi caratterizzati da specifiche preferenze e diverse dotazioni iniziali. L’azione pubblica tende a migliorare l’efficienza e la distribuzione riflettendo un’idea di “pubblico interesse” sostenuta dalla considerazione di individui indistinti. Gli individui suggeriscono le preferenze ai responsabili della politica economica i quali le recepiscono nella FBS. Ma il popolo non è un’entità composta di individui più o meno indistinti; questi possono essere aggregati in classi o gruppi, aventi caratteristiche comuni. Fra le caratteristiche di queste classi vi è quella del loro diverso potere, espresso nei rapporti economici reciproci e nell’influenza che essi possono esercitare sulla formazione della FBS. La macroeconomia keynesiana ha introdotto differenze sistematiche nelle posizioni dei vari individui, tali da configurare l’esistenza di diverse classi (salariati,capitalisti,risparmiatori) e l’inflazione è caratteristica della competitività tra questi gruppi ogni volta che si voglia accrescere il proprio reddito a scapito delle altre classi- efficienza statica ( La teoria dei gruppi di interesse o teoria della cattura , riconosce l’esistenza di gruppi di individui con interessi comuni e vede il governo in larga misura come un riflesso della pressione di tali gruppi. secondo tale teoria, nella società sono esistenti vari gruppi di individui, con interessi (e/o valori) comuni, la cui iniziativa si riflette sulle scelte del governo, quindi dei responsabili della politica economica. In campo economico, la teoria che ha fatto proprio tale approccio è la scuola delle scelte pubbliche (Public choice), di ispirazione liberista, legata ai nomi di Buchanan, Becker, Stigler e altri; L’influenza sui pubblici poteri è esercitata con il voto, le relazioni personali, le campagne di opinione, la corruzione, le promesse di alti futuri incarichi a politici e burocrati. Sono emersi nel ruolo di operatori sociali le figure dei capitalisti e dei lavoratori come istituzioni intese a rappresentarli (sindacati, partiti). Anche le figure dei consumatori, lavoratori e imprese sono portatrici di interessi più o meno differenziati e tendenti a sollecitare interventi pubblici a loro favore anche attraverso specifici organismi. Ogni gruppo può desiderare di indirizzare l’azione dell’ente pubblico in numerose circostanze: 7. Negli atteggiamenti più generali (politiche espansive o restrittive etc.) 8. Negli atteggiamenti più specifici che prevedono l’uso di interventi direttamente selettivi (diverse aliquote fiscali etc). I modi attraverso i quali i gruppi esercitano la loro influenza sui pubblici poteri sono anch’essi numerosi e includono: il voto, le relazioni personali, le campagne d’opinione, promessa a politici di lucrose future occupazioni. I problemi di delega: gli obiettivi delle autorità di politica economica e il ciclo politico economico. L’identità dei policy makers è completamente trascurata nella teoria classica della politica economica. Essi non hanno identità e non viene riconosciuta la loro natura di agenti degli individui che essi dovrebbero rappresentare. Per sottolineare il carattere anonimo delle persone alle quali nella teoria classica viene attribuito il compito di formulare i traguardi e di compiere i passi concreti dell’azione pubblica si è parlato finora genericamente di responsabili dell’azione pubblica o di policy makers o di pubblici poteri. Questo indistinto soggetto pubblico è costituito da due categorie di persone, i politici e i burocrati. La letteratura economica individua 3 punti rilevanti per l’analisi dell’importanza relativa del rischio morale nelle istituzioni pubbliche e private: 5. Misurabilità degli obiettivi. Non è vero che il controllo degli organi esecutivi nell’organizzazione privata sia più agevole perché il risultato (profitto) è più facilmente rilevabile; gli indicatori di successo dell’azione pubblica sono variegati, (grado di alfabetizzazione,durata della vita media ecc) Inoltre la molteplicità degli obiettivi pubblici implica difficoltà di controllo anche se tutti gli obiettivi fossero misurabili. 6. Estensione e natura delle situazioni nelle quali si presentano problemi di agenzia. Nel caso pubblico sono normali situazioni nelle quali si presentano molteplici rapporti di agenzia (fra elettorato, politici e burocrati etc…) e spesso vi sono rapporti di delega e simultanei, come quando i politici sono sensibili a molteplici gruppi di interesse. 7. Effetto delle istituzioni complementari nella soluzione dei problemi di agenzia. Si asserisce che i problemi di incentivo con i managers privati possono essere risolti più agevolmente in quanto sottoposti al controllo dei proprietari e alla disciplina del mercato che può portare l’impresa al fallimento o alla sostituzione dei manager stessi. Ma un efficace controllo dei managers privati dipende dalle istituzioni concepite a livello pubblico. ( es in materia di diritto delle società e dei gruppi). In sintesi il rischio morale è un problema comune alle strutture di governo pubbliche e private. L’esistenza di regole (istituzioni) può certamente limitare l’arbitrio dei politici e dei burocrati (es. norme di costituzione fiscale possono porre limiti al deficit di bilancio pubblico). Lo stato federale L’attribuzione a separati soggetti di alcune funzioni di politica economica può avere giustificazioni in termini di efficienza L’efficienza allocativa richiede che il governo centrale fornisca i primi tipi di beni (difesa, ricerca) e che le strutture di governo territorialmente decentrate forniscano gli altri beni (es. istruzione o sanità). A questa forma di Stato si dà il nome di Stato federale e il federalismo fiscale è la sua giustificazione economica. L’efficienza economica della forma di stato federalista (Tiebout) argomenta che se le persone possono liberamente muoversi sul territorio dello Stato, esse possono decidere di risiedere nella circoscrizione che offre loro il pacchetto preferito di imposte, servizi e regolamentazioni. Ogni circoscrizione che fornisca servizi inefficienti perderà parte della popolazione e delle imposte relative, quindi sarà indotta a migliorare i servizi. Il federalismo può risolvere alcuni dei problemi di azzardo morale nell’azione pubblica in quanto l’esistenza di governi locali facilita il controllo da parte dei governanti aumentando il grado di informazione.In più i cittadini delle diverse circoscrizioni potrebbero confrontare i risultati ottenuti dai governi di ognuna e regolarsi così di conseguenza dando vita ad una sorta di yardstick competition (concorrenza per comparazione) ovvero se la provincia X ha risultati migliori della Y il cittadino della Y sarà in grado di confermare o sostituire gli amministratori stessi. Una critica al federalismo è che potrebbe instaurarsi una vera e propria concorrenza al ribasso che respingerebbe i più poveri in più il funzionamento richiederebbe alcune condizioni: perfetta informazione delle politiche adottate in ogni circoscrizione, assenza di limiti alla mobilità delle persone,assenza di collusione fra circoscrizioni inefficienti… A partire dalla metà degli anni 190 vi è stato un acceso dibattito sull’opportunità di modificare la costituzione dello stato in senso federalista: dopo un fallito tentativo nel ’97- efficienza statica (98 è stata attuata una riforma che accentua il decentramento di funzioni dello stato agli enti substatali (regioni,provincie,città metropolitane,comuni). Le autorità indipendenti Le Autorità Amministrative indipendenti (AAI) o Autority sono istituzioni che pur essendo parte della Pubblica Amministrazione presentano caratteristiche specifiche e margini di autonomia decisamente più elevati di quelli tradizionalmente attribuiti agli organi amministrativi. Lo sviluppo delle AAI è in linea generale da porsi in relazione alle tendenze favorevoli ad un ridimensionamento ed a ogni caso ad una riqualificazione della presenza pubblica nell’economia, configurandosi come un processo di esternalizzazione ed al tempo stesso di decentramento dell’apparato pubblico tradizionale. Nel quadro del processo di privatizzazione, una parte delle funzioni che erano svolte direttamente dallo stato centrale è ora svolta dal mercato sotto la vigilanza di una pluralità di organismi pubblici che nel caso delle AAI sono dotati di un elevato grado di autonomia dal governo centrale. Si individuano normalmente tre gruppi di AAI che svolgono compiti diversi: 1. Un primo gruppo di organismi, le autorità garanti hanno come obiettivo principale la tutela di interessi di rilievo costituzionale. I loro poteri sono di natura quasi giurisdizionale. (es. garante della privacy) 2. Un secondo tipo di autorità svolge funzioni di vigilanza (Consob, Banca d’Italia) anche in questo caso gli interessi tutelati presentano rilievo costituzionale. Entrambe queste due prime tipologie possono essere ricompresse in una unica quella degli organismi di controllo. 3. Un terzo gruppo, cioè le autorità di regolamentazione del quale fanno parte quegli organismi creati per favorire il processo di liberalizzazione e di privatizzazione dei servizi pubblici che determinano le tariffe definiscono condizioni di accesso ai mercati standard qualitativi di sicurezza (es. autorità per l’energia e il gas) Le AAI sono idonee a garantire elevati livelli di efficienza e di flessibilità amministrativa per l’elevato contenuto di professionalità che le caratterizza. Anche se vi sono dei rischi ovvero che le AAI potrebbero comunque divenire luoghi di mediazione e contrattazione di decisioni assoggettate al potere politico (cosa che con la loro costituzione si voleva evitare) perciò in questa prospettiva vi è una tendenza a ri- efficienza statica (assimilare le AAI al resto della pubblica amministrazione. 2. La legislazione antimonopolistica la legislazione antimonopolistica tende a modificare la struttura e il funzionamento dei mercati allo scopo di conseguire le seguenti finalità: 10. tutelare la libertà economica, consentendo il dispiegamento della libera iniziativa, anche attraverso l’attività di piccole imprese; 11. limitare il potere economico e politico derivante dalle forti concentrazioni economiche, pregiudizievole al buon esercizio della democrazia in tutti i suoi aspetti; 12. accrescere l’efficienza allocativa; L’inefficenza allocativa dipenda da: o accordi e attese restrittive della concorrenza o abuso di posizione dominante o concentrazione delle risorse economiche in poche imprese per effetto di una loro crescita esterna tale da avere effetto negativo sulla concorrenza effettiva e/o potenziale. Quindi La legislazione antimonopolistica prescrive regole di comportamento per le imprese e/o sanziona i comportamenti e le situazioni che realizzano condizioni monopolistiche oppure ne rappresentino lo sfruttamento. L’elemento rilevante ai fini della normativa antimonopolistica è l’illiceità dello strumento con il quale si ottiene la posizione dominante cd abuso di posizione dominante (ovvero capacità di praticare prezzi superiori al cm) per es. l’erezione di barriere all’entrata o l’illiceità dell’uso quando si è acquisita tal posizione es. l’imposizione di contratti vincolati che sono quei contratti che vincolano la vendita di un prodotto alla vendita di un altro. Talvolta si obietta che le imprese monopolistiche sono in grado di ottenere miglioramenti nell’efficienza innovativa ma devono essere tali da superare la perdita di efficienza allocativa; l’argomento non è sufficiente ad escludere la necessità di una legislazione antimonopolistica ma può rafforzare la tesi dell’opportunità di una valutazione caso per caso Normalmente l’individuazione in concreto dei casi di violazione della legislazione antimonopolistica è affidata ad organi quasi- efficienza statica (giurisdizionali organizzati in autorità indipendenti dal potere esecutivo. Il controllo dei prezzi è una forma di regolamentazione (e quindi una misura di controlo diretto) con essa si fissano livelli di prezzo massimi o minimi a seconda delle finalità. Se l’obiettivo è garantire un reddito a chi offra un bene o un servizio si applicherà un prezzo minimo (si utilizza particolarmente in campo agricolo) Per obiettivi di politica antimonopolistica si fisserà invece un prezzo massimo (ciò può avere anche finalità antiinflazionistiche) il controllo dei prezzi è una forma di regolamentazione (e, quindi, una misura di controllo diretto) con la quale si fissano i livelli di prezzo massimo e minimo, a seconda delle finalità. Il controllo diretto dei prezzi può attuarsi attraverso la fissazione di un: a. margine di profitto massimo b. tasso di rendimento massimo sul capitale c. prezzo massimo a. La determinazione di una percentuale massima di profitti sui costi unitari dovrebbe imporre un limite al prezzo e quindi, allo sfruttamento del potere di mercato. Tuttavia l’autorità che sovrintende alla regolamentazione, non controllando il costo unitario, non può controllare in realtà il prezzo. b. Con la fissazione di un limite al tasso di rendimento sul capitale investito, si tende ad assicurare l’efficienza allocativa anche se l’impresa tenderà a scegliere attività ad alta intensità di capitale che le consentiranno un maggior volume di profitti invece di adottare le tecniche che assicurano l’efficienza produttiva. c. La fissazione di un prezzo massimo Con una simile forma di fissazione dei prezzi si vuole indurre l’impresa a rispettare l’efficienza allocativa anche se l’impresa può sempre alterare i costi per indurre l’autorità di regolamentazione a ridurre il tetto stabilito al prezzo massimo La regolamentazione dei prezzi, in quanto misura di controllo diretto, è potenzialmente molto efficace. Lo è senz’altro nel breve periodo in situazioni di emergenza, se esiste un apparato amministrativo efficiente capace di garantirne l’applicazione. Nel più lungo periodo la sua efficacia è strettamente legata alla possibilità di risolvere alcuni problemi di informazione. ovvero il comportamento dell’impresa deve essere limitato dal controllo dei prezzi ma essa deve anche poter rimanere sul mercato nel lungo periodo; l’impresa deve coprire tutti i costi e assicurarsi un tasso di profitto minimo sufficiente a garantire la permanenza e lo sviluppo; quindi vi è la trappola del rischio che le imprese godano di profitti eccessivi dotandosi di eccessivo capitale dall’altro il pericolo che un basso tasso di rendimento futuro scoraggi l’investimento; per questi rischi l’istituto regolatore dovrebbe essere a conoscenza dei costi di produzione ma recepire quest’informazione non sempre è agevole poiché anche se l’autorità ha accesso alla contabilità dell’impresa essa potrebbe alterarne i contenuti. Se più imprese operano sul mercato potranno essere confrontati i costi di ognuna da qui nasce l’espressione concorrenza per comparazione (yardstick competition), tale espressione si riferisce alla politica di controllo dei prezzi, posta di fronte alla difficoltà costituita dalla presenza di asimmetrie informative fra ente regolatore e imprese operanti sul mercato. Nel caso della presenza di due imprese A e B, ad esempio, le informazioni ottenute sull’andamento dei costi delle due imprese possono essere utilizzate per adottare in modo efficiente il primo metodo, con la fissazione del profitto massimo dell’impresa A, partendo dei costi dell’impresa B e viceversa per l’impresa B con i costi dell’impresa A. L’impresa pubblica è uno strumento di controllo diretto tradizionalmente considerato efficace per una molteplicità di obiettivi specifici (occupazione generale, sviluppo ecc.) e per una maggior coerenza delle scelte aziendali con gli obiettivi pubblici (es. impegno a promuovere le esportazioni , contenimento dell’inflazione, comportamenti aziendali non imitativi di quelli delle imprese private). In primis bisogna sgombrare il campo da un equivoco ovvero quello di giudicare inefficiente l’impresa pubblica per il solo fatto che sostenga delle perdite, si pensa he l’esistenza di perdite crei distorsioni nell’allocazione delle risorse; in realtà l’intervento pubblico sostenendo le perdite rende possibile l’allocazione delle risorse che il mercato non riesce a garantire (i privati disertano i campi meno redditizi). Varie inefficienze imputate all’impresa pubblica: 9. Carenza manageriale (I dirigenti hanno scarsi incentivi) 10. Non vi è garanzia di sana gestione per la dipendenza dal potere politico 11. L’appesantimento dei costi dovuti ai punti precedenti si riversa sulla fiscalità generale e quindi sui cittadini 12. Non essendo sottoposta al vincolo di bilancio ciò mina la sua efficienza interna 13. La molteplicità dei fini assegnati crea oneri impropri non contabilizzati rendendo poco trasparente e controllabile la gestione 14. L’impresa pubblica tende da un lato a non innovare dall’altro ad effettuare eccessivi investimenti. La relativa maggior efficienza dell’impresa privata rispetto a quella pubblica è spesso un mito che non regge alla prova dei fatti. Confronti basati sui risultati di gestione risultano unilaterali in quanto il profitto è una variabile irrilevante o comunque secondaria per l’impresa pubblica; confronti sui costi sono anch’essi unilaterali per ragioni simili. In ogni caso dall’analisi comparata non emergono conclusioni univoche; talvolta è confermata l’idea prevalente dell’inefficenza gestionale dell’impresa pubblica a volte non risultano differenze significative come per gli ospedali pubblici e privati negli USA a volte ancora vi è una prevalenza del pubblico sul privato ad es. la sicurezza sociale erogata dalle compagnie private ha un costo 3 volte superiore. In molte circostanze le critiche rivolte alle imprese pubbliche variano in relazione a specificità storiche e geografiche ad es. l’impresa pubblica ha funzionato male dagli anni 70 ad oggi in Italia ma ha avuto risultati accettabili in molti altri paesi. La non chiara superiorità dell’impresa privata rispetto a quella pubblica ha dato origine all’impresa mista o a partecipazione statale che ha avuto in Italia ampio spazio negli anni 90. Le sue decisioni sono soggette alal giurisdizione amministrativa ma è previsto il solo grado di giudizio del consilgio di Stato. IL CONTROLLO DEI PREZZI E L’IMPRESA PUBBLICA La disciplina pubblica dei prezzi in Italia nacque nell’ottobre del ‘44 Furono istituiti il CIP (comitato interministerialedei prezzi) a livello nazionale e il CPP (comitato provinciale dei prezzi) a livello locale. A questi organi furono affidati compiti ampi il CIP aveva l’onere di fissare i prezzi di qualsiasi merce ma l’asimmetria informativa portò ad abolire questa forma di regolamentazione e furono previste due sole categorie di beni (beni amministrati di cui il cip segnalava i prezzi massimi e beni sorvegliati di cui le imprese avevano un semplice obbligo di informazione e di specificazione delle cause degli aumenti intervenuti) Dal gennaio del 94 il CIP è stato soppresso e le sue competenze sono passate al CIPE (Comitati interministeriale per la programmazione economica) Il CIPE ha abolito la categoria dei beni sorvegliati e i prezzi di quest’ultimi sono stati liberalizzati: invece i prezzi di alcuni beni amministrati si sono liberalizzati semplicemente con il passaggio alla categoria di quelli sorvegliati (fino a quando è stata in essere) per una presunta “maggior concorrenzialità” che nel frattempo si era venuta a creare nei mercati (cosa tra l’altro difficile da sostenere…ad esempio nel ’94 con la liberalizzazione del prezzo del pane le autorità hanno inviato alle associazioni di categoria una “raccomandazione” a non porre in atto pratiche anticoncorrenziali) Alcuni prezzi sono fissati dalle Autorità di regolamentazione settoriali con il metodo metodo del price cap statico o dinamico (es.: tariffe elettriche, postali, di trasporto ferroviario; pedaggi autostradali, canone RAI, prezzi dei gas); alcuni prezzi, come nel caos di servizi telefonici) sono sorvegliati, in quanto esistono per le imprese degli obblighi di informazione nei confronti dell’Autorità di settore. L’impresa pubblica ha svolto concretamente il ruolo di strumento di politica antimonopolistica in numerose occasioni (ad esempio negli anni 50 e 60 ridusse il potere delle grandi compagnie pertolifere internazionali cd sette sorelle). Nei decenni più recenti il ruolo attivo dell’impresa pubblica si è progressivamente affievolito e sono aumentati i casi nei quali quest’impresa ha assunto comportamenti di tipo collusivo o di tipo imitativo delle imprese private con comportamenti “monopolistici”. La liberalizzazione e la privatizzazione non ha finora modificato in modo sensibile tali comportamenti e in qualche caso li ha anche accentuati (es. in alcuni casi la liberalizzazione forzata di certi settori ha comportato da un lato aUmenti di costo (per la perdita di economie di scala) e dall’altro la formazione di monopoli locali con conseguente effetto negativo sui prezzi Le politiche in presenza di esternalità La presenza di esternalità genera una disuguaglianza fra costo (o prodotto) privato e sociale, se si tratta di esternalità di produzione o fra utilità marginale privata e sociale, nel caso di esternalità di consumo. Simili divergenze possono essere rimosse con l’interiorizzazione del costo o il vantaggio procurato da un operatore alla collettività. Le politiche pubbliche tendenti ad accrescere l’efficienza allocativa in presenza di esternalità comprendono: 1. La tassazione – sussidiazione – delle attività da cui scaturiscono le diseconomie – economie – esterne 2. L’incentivazione volta ad eliminare le diseconomie esterne 3. L’introduzione di diritti negoziabili alla creazione di diseconomie esterne 4. La regolamentazione 1. La tassazione Se un’attività di produzione cerca diseconomie – economie – esterne, la differenza fra costo marginale privato e costo marginale sociale può essere rimossa con l’introduzione di un’imposta positiva – negativa. Queste imposte sono dette pigouviane. Così aggiungendo al costo marginale privato (originario) un’imposta pari al valore dell’esternalità, si otterrebbe un nuovo e più elevato costo marginale privato, pari al costo marginale sociale, e si indurrebbe l’impresa a compiere le sue scelte in termini di quest’ultima grandezza. 2. I sussidi Si ha quando un impresa utilizza tecniche produttive meno inquinanti grazie all’ausilio di un sussidio ; si ridurranno le diseconomie sterne però la produzione risulterà sempre eccessiva di quella socialmente desiderabile perché l’impresa si vedrà ridurre i costi di produzione per effetto del sussidio 3. I diritti negoziabili alla creazione di diseconomie Questa soluzione è stata introdotta nel corso degli anni Ottanta in relazione ai problemi di inquinamento e prevede che si predetermini il livello della diseconomie esterna “ottimale” che siano assegnati, attraverso vendite all’asta, diritti o permessi a inquinare fino al limite indicato. Un effetto della creazione dei diritti ad inquinare può essere quello di incentivare le innovazioni tecnologiche tendenti a ridurre le diseconomie esterne in quanto la creazione di quest’ultime risulta onerosa. La negoziazione ha migliori effetti sul livello dell’inquinamento in quanto esso viene prefissato (ovvero viene prefissata la quantità da produrre poi il mercato fisserà il prezzo) mentre nel caso della tassazione le imprese hanno invece libertà sulla scelta delle quantità da produrre. Vantaggio comune ai diritti negoziali e alla tassazionee non ai sussidi è quello di rappresentare una fonte di entrata per l’ente pubblico 3. La regolamentazione Una soluzione alternativa all’introduzione di imposte sarebbe data dalla regolamentazione, con la quale si impone uno standard di produzione massima di diseconomie esterne o minima di economie esterne. Un vantaggio delle imposte e dell’emissione dei diritti è che le imprese saranno incentivate a ridurre l’inquinamento per abbattere i costi mentre nel caso della regolamentazione essa verte solo su coloro che non rispettano gli standard previsti. Per le imprese la regolamentazione è meno onerosa dell’imposta in quanto quest’ultima colpisce anche coloro che adottino materiali e dispositivi poco inquinanti. Nel nostro paese si è fatto largamente uso della regolamentazione ai fini della tutela dell’ambiente. Sono peraltro in uso anche varie forme di incentivi per abbattere l’inquinamento. Il Protocollo di Kyoto è un trattato adottato dalla comunità internazionale nel 1997 ed entrato in vigore nel 2005 L'obiettivo è quello di rallentare il riscaldamento globale. Prevedendo un sistema di diritti negoziabili all’inquinamento per il contenimento delle emissioni inquinanti .Prende il nome dalla località giapponese, Kyoto, dove si è tenuto questo storico incontro. IL FINANZIAMENTO E LA PRODUZIONE DI BENI PUBBLICI Il problema della fornitura di un bene pubblico è triplice e concerne: 14. La determinazione del livello del bene pubblico socialmente efficiente I metodi utilizzati ricorrono a dati sia di mercato (es. aria pulita e spese per viaggi in cui si respiri aria meno inquinata) che non tramite interviste ed esperimenti; ovviamente questi metodi non sono dotati di precisione scientifica ma possono essere ragionevolmente approssimative dell’esigenza di scegliere il livello ottimale del bene pubblico. 15. Il suo finanziamento I privati sono restii a finanziare un bene pubblico optando per un comportamento da free- efficienza statica (rider 16. La produzione effettiva del bene in questione Che potrebbe anche essere ad opera di privati magari perché più efficiente Capitolo 9 Le politiche commerciali: liberalismo e protezionismo La politica commerciale Si definisce politica commerciale l’insieme delle misure concernenti il commercio con l’estero di un paese. Essa può avere un orientamento liberista (tendente a non introdurre ostacoli alle esportazioni e alle importazioni) o protezionista (tendente a difendere la produzione interna dalla concorrenza estera) Si ha un miglioramento delle ragioni di scambio quando i prodotti ceduti all’estero hanno un incremento percentuale dei prezzi maggiore (o un decremento minore) rispetto a quello dei prezzi dei prodotti acquistati all’estero. Ciò equivale a dire che si può ottenere un'unità di ogni bene e servizio importato con una minore quantità di beni e servizi esportati Viceversa per un peggioramento delle ragioni di scambio Le ragioni di scambio possono variare per combinazioni che coinvolgono i seguenti eventi: 1) perché variano i prezzi esteri; 2) perché variano i prezzi interni; 3) perché varia il tasso di cambio 4) perché in modo non proporzionale variano contemporaneamente 1), 2) e 3). un’inflazione interna inferiore all'aumento del prezzo del ad. Esempio petrolio (bene che importiamo e che non ha sostituti diretti) comporta un peggioramento delle ragioni di scambio; (il prezzo del petrolio aumenta i prezzi dei nostri prodotti no) viceversa se l'inflazione interna é maggiore di quella estera. Effetto simile ha la variazione del cambio. Una rivalutazione porta, ad esempio, a diminuzioni dei prezzi delle merci importate espressi in valuta interna quindi porta al miglioramento delle ragioni di scambio Autarchia= chiudere l’ecnomia nazionale rispetto al resto del mondo. Dazi all'importazione Dazi doganali (v.) sulle merci che entrano nei confini dello Stato. Questi dazi sono quelli che hanno il maggior campo di applicazione anche se oggi si vanno via via restringendo in relazione alle politiche commerciali portate avanti dai paesi più progrediti, improntate ad una più ampia libertà nei traffici commerciali Dazi d'esportazione Dazi doganali (v.) sulle merci che varcano i confini dello Stato produttore. Oggi i dazi d'esportazione hanno perso molta della loro importanza ed hanno carattere di eccezionalità. Principio del liberalismo fù quello dei costi comparati, elaborato da Ricardo, secondo il quale, nel caso di due paesi aventi diversa abilità relativa nella produzione di due beni, possono proficuamente specializzarsi secondo il criterio del costo comparativamente minore e acquisire il bene non prodotto attraverso lo scambio con l’altro paese; fondamento scientifico del liberismo = Il fondamento scientifico del liberismo sta sostanzialmente nei vantaggi della specializzazione a livello internazionale; Paradosso Ricardiano = Può convenire far arrivare dall’estero merci anche se si producono internamente a minor costo di modo da riservare le proprie risorse ad altre produzioni nelle quali si gode di una superiorità produttiva quindi è sufficiente che il paese sia relativamente più efficiente. Ci si specializza nel bene di cui si gode il più elevato vantaggio comparato. Le limitazioni riguardano la natura statica dell’analisi, la mancata considerazione delle condizioni di offerta e l’ipotesi di piena occupazione; Le argomentazioni a favore del protezionismo si basano su queste limitazioni. Ricardo e l’abolizione del dazio sul grano: nel caso di Ricardo, occorre ricordare, appunto, la controversia sorta per l'eliminazione del dazio sul grano, emblema del protezionismo britannico a favore dei latifondisti. La posizione di Ricardo, favorevole all’eliminazione (ottenuta con le Corn Laws nel 1846), teneva conto del ruolo propulsivo, svolto dagli imprenditori nel processo di sviluppo industriale della Gran Bretagna. Essi erano, infatti, ritenuti da Ricardo investitori di quasi tutti i profitti, che potevano essere aumentati, consentendo agli imprenditori loro di pagare salari monetari più bassi. Ciò poteva avvenire se il grano, elemento essenziale dell’alimentazione dei lavoratori e delle loro famiglie (salario di sussistenza), fosse stato importato a prezzi più bassi dagli altri paesi senza pagare il dazio, che proteggeva la più costosa produzione granaria britannica; Bisogna però ricordare che Ricardo affermò inoltre che per la generazione presente imposte straordinarie e debito pubblico sono la stessa cosa perché nel primo caso la collettività sopporta la spesa al momento nel secondo caso il governo dovrà aumentare nel futuro le imposte per pagare gli interessi del debito. Vantaggi del Liberalismo Vantaggi che derivano da un migliore impiego di risorse date e già precedentemente occupate; vantaggi che derivano dalla possibilità di impiegare risorse che in condizioni di economia chiusa non lo sarebbero; vantaggi derivanti da una maggiore produttività e dalla formazione di nuove risorse. in presenza di rendimenti crescenti di scala, l'ampliamento della domanda in seguito all'apertura dei mercati può consentire un impiego più efficiente delle risorse; se si rimuove l'ipotesi della non trasferibilità dei fattori produttivi, è possibile aumentare le performance di un paese promuovendo l'immigrazione di lavoratori da altri paesi e l'afflusso di capitali dei paesi importatori per la costruzione delle infrastrutture necessarie all'esportazione dei prodotti agricoli Orientamento protezionista Chiarisca perché si possa attribuire a Smith lo spunto per sostenere il protezionismo con argomentazioni non economiche; al riguardo è significativa la frase di Smith, secondo il quale “la difesa è più importante dell’opulenza”; il che può giustificare, ad esempio, la protezione di qualche settore di un sistema economico, anche quando tale scelta possa non risultare profittevole da un punto di vista strettamente economico; Vantaggi del protezionismo Questo sistema, secondo alcuni avrebbe degli aspetti positivi come: 17. evitare l'uscita dal paese di valuta pregiata; 18. aumento dell'esportazione e diminuita dipendenza dalla produzione estera; 19. protezione dei settori industriali nascenti per impedirne il soffocamento da economie estere più progredite (tesi condivisa anche dai liberoscambisti come John Stuart Mill) 20. favorire la nascita di nuovi settori produttivi prima trascurati o mal utilizzati con conseguente aumento dell'occupazione; 21. indipendenza economica in alcuni settori produttivi dello stato che, tutelati e stimolati, progredirebbero nella ricerca di perfezionamenti tecnici industriali. La politica protezionistica tende ad incrementare le esportazioni e a ridurre le importazioni. Il fondamento di tale politica sta nella constatazione che il libero mercato può portare ad una distribuzione sperequata dei vantaggi dello scambio. Essa si avvale di numerosi strumenti di protezione: -tariffaria che consiste nell’introduzione di dazi alle importazioni ossia di imposte indirette che colpiscono le importazioni facendo perciò aumentare il costo delle merci importate. Trattandosi di imposte sono fonte di entrate fiscali ma raramente viene loro attribuita questa finalità (dazi fiscali) più spesso essi hanno finalità protettive (dazi protettivi). Insieme dei dazi = Tariffa doganale non tariffaria - efficienza statica ( contingenti Restrizioni quantitative stabilite da un paese all'importazione di un determinato bene. I contingentamenti si esercitano soprattutto attraverso la concessione, da parte dello Stato che li ha decisi, di licenze di importazione fino al raggiungimento del quantitativo stabilito. Le limitazioni volontarie alle esportazioni, che sono contingentamenti introdotti direttamente dal paese esportatore, in genere come risultato di una trattativa complessiva con il paese importatore. L'adozione dei contingentamenti all'importazione è vietata tra i paesi della CE - efficienza statica ( limitazioni varie (ad. Es. imposizione di un deposito previo all’importazione in un conto infruttifero presso la banca centrale di una somma pari al valore della merce importata è stato adottato negli anni 70 in italia per un periodo limitato.) - efficienza statica ( regolamentazioni in apparenza dirette ad altre finalità (igiene, difesa ambientale) ma che si risolvono in intralci ritardi ecc. - efficienza statica ( limitazioni in materia di appalti - efficienza statica ( Sussidi alle esportazioni Il dazio all’importazione colpisce il prezzo il contingentamento colpisce la quantità Un'altra forma di politica economica commerciale è il requisito di contenuto nazionale minimo della produzione esso prevede che un bene possa essere venduto nel paese solo se ha un contenuto minimo in termini fisici o di valore di produzione locale. Si tratta di una limitazione spesso introdotta dai paesi in via di sviluppo per accrescere la quota di valore aggiunto locale anziché importare le componenti destinate al solo assemblaggio (cd fabbriche cacciavite) si stimola la produzione locale di qualche componente EFFETTI DELLA PROTEZIONE TARIFFARIA E NON TARIFFARIA Dazio all’importazione = Provoca un aumento del prezzo che riduce il consumo interno (lato consumo) e aumenta l’offerta interna (lato produzione) ciò farà diminuire le importazioni; le imposte aumenteranno in misura pari al dazio moltiplicato per la quantità prodotta e i consumatori pagheranno un maggior prezzo ai produttori nazionali e il dazio allo stato Contingentamento = Gli effetti economici di un contingentamento sono del tutto simili a quelli di un dazio all'importazione (aumento del prezzo interno del bene) con la differenza che, mentre il dazio viene incassato dallo Stato, il contingentamento va a beneficio dei detentori della licenza di importazione. Ciò non è strano se si pensa che lo Stato può con la vendita all'asta delle licenze introitare un ammontare di moneta pari a quello prodotto da un dazio. Sussidi = Possono essere di varia natura (es. riduzioni del tasso di interesse, copertura assicurativa gratuita, condizioni di favore contro i rischi di cambio ecc.) si traducono in un integrazione dei profitti (in quanto vi è l’incremento dato dal sussidio) gli effetti sui prezzi sono simmetrici a quelli dei dazi in quanto i produttori non saranno disposti a vendere internamente ad un prezzo minore del ricavato ottenuto esternamente aumentato del sussidio quindi cadrà la domanda interna . In più se il paese che introduce il sussidio è grande il prezzo mondiale del bene sussidiato si ridurrà per effetto dell’aumentata offerta sul mercato internazionale; Capitolo 10 I calcoli di convenienza sociale e l’analisi benefici-costi I calcoli di convenienza nei progetti di intervento privati e pubblici Un progetto pubblico può essere definito come una variazione dell’offerta netta di beni e servizi determinata dall’attività pubblica. Il soggetto pubblico preposto all’attività in questione, nello scegliere fra soluzioni alternative, terrà conto dei benefici e dei costi di ognuna e scarterà quelle meno convenienti, per certi versi in modo simile a un soggetto privato. L’imprenditore privato che voglia scegliere il progetto investimento per lui più conveniente prepara un preventivo economico che gli servirà di base per la scelta. Le fasi sono: - individuazione precisa delle alternative - precisazione delle conseguenze di ogni alternativa - omogeneizzazione dei costi e ricavi temporale - valutazione dei costi e dei ricavi - efficienza statica ( attualizzazione dei suddetti costi e ricavi - somma algebrica dei costi e dei ricavi attualizzati e determinazione del tasso di rendimento atteso. Lo Stato può procedere in modo simile per valutare la convenienza dei vari progetti alternativi di spesa e di azione. Il calcolo economico pubblico si differenzia dal calcolo finanziario privatistico. Ciò in quanto, mentre un’impresa privata considera soltanto le conseguenze in termini monetari - efficienza statica ( analisi finanziaria – lo Stato in aggiunta considera anche tutte le conseguenze dirette e indirette del progetto – analisi economica – includendo in particolare tra le conseguenze indirette le esternalità generate dal progetto stesso. Per sottolineare la diversità invece che di costi e ricavi si parlerà di benefici e costi e alla valutazione di convenienza pubblica si attribuisce la denominazione di analisi benefici-costi (ABC) La scelta del progetto più conveniente può avere luogo sulla base: 29. Del valore attuale netto (VAN ASSOLUTO o RELATIVO) dei benefici e dei costi 30. Del tasso interno di rendimento (TIR) che è quel tasso che eguaglia la somma dei benefici attualizzati alla somma dei costi attualizzati L'operatore pubblico debba scegliere fra opzioni diverse quella che assicuri l'allocazione delle risorse più efficiente, ovvero quella che comporti il maggior aumento del benessere sociale. A differenza dell'imprenditore privato, l'operatore pubblico dovrà dunque considerare anche gli impatti esternie gli effetti tangibili ed intangibili del suo intervento. Tali impatti, opportunamente vagliati ed espressi in valore monetario, costituiscono i benefici (sociali) ed i costi (sociali) di un progetto; ma, poiché essi non si produrranno tutti contemporaneamente, occorrerà attualizzarli così da renderne possibile la comparazione. LA VALUTAZIONE: ASPETTI PRELIMINARI INDIVIDUARE E CALCOLARE PER OGNI PERIODO DI TEMPO I RILEVANTI BENEFICI E COSTI. ATTUALIZZARE (RIFERIRE CIOE’ ALLO STESSO PERIODO) COSTI E BENEFICI PREVISTI IN PERIODI DIVERSI VALORE ATTUALE NETTO (VAN) ASSOLUTO PER CIASCUN PROGETTO SI CALCOLA LA DIFFERENZA TRA IL VALORE ATTUALE DEI BENEFICI E DEI COSTI. E’ AMMISSIBILE OGNI PROGETTO CHE ABBIA UN VAN POSITIVO E’ DA PREFERIRE IL PROGETTO CON IL VAN PIU’ ELEVATO (VALE, A RIGORE, SOLO RISPETTO A PROGETTI ALTERNATIVI – SE NON SI TRATTA DI PROGETTI ALTERNATIVI OCCORRE UN CONFRONTO SULLA BASE DELLA FBS). VALORE ATTUALE NETTO (VAN) RELATIVO IL CRITERIO DEL VAN ASSOLUTO NON TIENE CONTO DEL FATTO CHE IL VAN DIPENDE DALLA “GRANDEZZA” DEI PROGETTI. CON IL VAN RELATIVO SE NE TIENE CONTO RAPPORTANDO IL VAN ASSOLUTO AL COSTO DEL PROGETTO. VALGONO GLI STESSI CRITERI VISTI CON IL VAN ASSOLUTO. SI NOTI CHE: SE UN PROGETTO E’ AMMISSIBILE CON IL VAN ASSOLUTO LO E’ ANCHE CON QUELLO RELATIVO E VICEVERSA; LA GRADUATORIA DEI PROGETTI AMMISSIBILI SARA’ DIVERSA NEI DUE CASI. CON ENTRAMBI I CRITERI SE IL TASSO DI INTERESSE VARIA LA GRADUATORIA DEI PROGETTI PUO’ VARIARE. TASSO INTERNO DI RENDIMENTO (TIR) CON QUESTO METODO L’INCOGNITA E’ IL TASSO DI SCONTO CHE EGUAGLIA I BENEFICI ATTUALIZZATI AI COSTI ATTUALIZZATI, IL PROGETTO E’ AMMISSIBILE SE IL SUO TIR ECCEDE IL TASSO DI SCONTO “SOCIALE” TRA QUELLI AMMISSIBILI E’ PREFERIBILE IL PROGETTO CON IL TIR PIU’ ELEVATO N.B. Il tasso di sconto sociale che per il momento possiamo supporlo pari al tasso di interesse di mercato ma la scelta del tasso di sconto è essenziale per la valutazione dei progetti. Tuttavia, il tasso d'interesse di mercato risulta un indicatore adeguato solo se il mercato dei capitali opera in condizioni di concorrenza perfetta e senza esternalità D'altra parte, il calcolo di un tasso sociale di sconto incontra numerose difficoltà, sia pratiche che teoriche; questo criterio appare il più conveniente poiché non richiede un tasso di sconto per attualizzare benefici e costi tuttavia possono sorgere vari problemi per citarne uno il fatto che esistono una molteplicità di TIR per ogni progetto che, se più elevati del tasso di sconto sociale, sarebbero tutti parimente ammissibili. L’ente pubblico deve valutare gli effetti positivi e negativi di un progetto in termini di precisazione degli effetti e valutazione di tali effetti ovvero variazione della domanda o dell’offerta di beni indotte direttamente dal progetto in esame es la costruzione di una metropolitana comporta sia lavoro e acquisti di cemento per le aziende ecc. che l’effetto indiretto di una congestione del traffico in più cosa di cui non si avvale il calcolo privato occorre considerare i benefici arrecati all’ambiente per il minor inquinamento e questo è un costo intangibile non avente valore di mercato ma di importante valutazione in un ambito di calcolo sociale. La scelta del numerario per valutare i benefici e i costi è variabile invece della moneta nazionale si potrebbe utilizzare moneta estera o beni di consumo e investimento ad es. se un paese in via di sviluppo ha scarsità di valuta estera può avere convenienza a valutare i benefici in termini di valuta estera ad es. il dollaro. Per quanto riguarda il criterio per la valutazione degli effetti del progetto per la società sarà vantaggioso destinare ad un progetto una parte delle risorse disponibili se i benefici che essa prevede di derivare siano superiori ad usi alternativi delle risorse stesse (ciò è misurabile dal costo opportunità di queste risorse) ovvero si misura la disponibilità a pagare dei beneficiari del progetto stesso potremmo per questo far uso dei prezzi di mercato ma essi non costituiscono una misura appropriata in quanto: 31. Alcuni mercati sono distorti dal monopolio da contingentamenti ecc. 32. La distribuzione del reddito può indurre effetti discorsivi sulle valutazioni individualie pertanto anche sui prezzi dei beni 33. La necessità di utilizzare i prezzi ombra si ha quando i prezzi di mercato non riflettono i valori sociali. Il prezzo ombra può essere definito come l’aumento nel valore della funzione obiettivo della società derivante dall’aumento di una unità della spesa in un dato progetto. I prezzi ombra corrispondono a prezzi che prevarebbero in un’economia in cui tutti i mercati fossero perfettamente concorrenziali. Per calcolare i prezzi ombra i prezzi di mercato dovrebbero essere “depurati” dall’extra- efficienza statica (profitto, dalle conseguenze di altri fallimenti del mercato dalle imposte e dai sussidi. 11 Gli schemi di analisi macroeconomica in un’economia aperta Gli strumenti di politica macroeconomica sono: - politica monetaria - politica fiscale - politica dei prezzi e dei redditi - politica del cambio I modelli macroeconomici di tipo keynesiano sembrano tutt’ora quelli capaci di offrire spiegazioni più soddisfacenti della realtà Bilancia dei pagamenti, mercato valutario e tasso di cambio Le transazioni economiche registrate nella Bilancia dei Pagamenti comportano esborsi e introiti di valute estere. - i residenti che devono effettuare pagamenti all’estero fanno domanda di valuta - i residenti che ricevono pagamenti in valuta estera fanno offerta di valuta La domanda di valuta è formulata dagli importatori , i quali devono pagare in moneta estera le merci acquistate; l’offerta è invece regolata dagli esportatori, i quali devono convertire in moneta nazionale la valuta estera ricevuta in pagamento delle merci vendute. Altri operatori nel mercato dei cambi sono gli speculatori con l'intenzione di procedere ad una successiva vendita (acquisto) ove il motivo principale di tale azione è l'aspettativa di un guadagno derivante da una variazione del prezzo e non il guadagno derivante dall'uso o trasformazione o spostamento tra mercati diversi di tale attività e le autorità monetarie che possono intervenire sia acquistando che vendendo valuta estera in modo che il tasso di cambio della propria valuta sia quanto più possibile vicino al tasso di equilibrio (regime di cambi fissi) Ne scaturisce un mercato di valuta estera, detto mercato dei cambi, che esprime un prezzo detto Tasso di cambio nominale bilaterale . Il cambio nominale bilaterale è dunque il prezzo di una moneta in termini di un'altra moneta Da non confondere con il Tasso di cambio reale. che considera anche il diverso livello generale dei prezzi che viene misurato in termine di indici all’ingrosso o di prezzi alla produzione. Esempio: Tasso di cambio nominale bilaterale euro/dollaro 1,15 [per 1 € mi danno 1,15 $ quindi ad esempio 1000$ mi costano 869€ (1000/1,15 = 869)] Supponiamo che debba acquistare arance che costino ognuna 1€ in Italia e 2$ in America; con 869 € comprerei 869 arance in Italia mentre con i miei 1000$ (che ho pagato 869€) in America prenderei solo 500 arance. la conclusione è che il cambio nominale sembra favorevole a chi vive in Italia, ma il cambio reale (quello che veramente interessa all'agente economico) risulta sfavorevole. Vi sono due modi per esprimere questo prezzo: 11. si ha la quotazione incerto per certo quando la piazza quotatrice esprime i prezzi della moneta locale riferendoli ad un ammontare fisso di valuta estera che viene tenuto sottinteso (certo il dollaro e incerto l’euro) “L’euro è scambiato a 1,15” 12. si ha la quotazione certo per incerto quando la piazza quotatrice esprime le quantità delle valute estere riferendole ad un ammontare fisso di moneta locale che viene tenuto sottinteso. Questa è la quotazione adottata per l’euro. (certo l’euro e incerto il dollaro) “Il dollaro è scambiato a 1,15” Per esempio se si afferma che sono necessari 1.2300 usd per avere un euro o se si afferma che sono necessari 0.8130 euro per avere un usd si sta dicendo la stessa cosa. (1/1.2300=0.8130). La moneta al numeratore sarà la moneta certa, quella al denominatore, la cui quantità varia al variare del prezzo, sarà la moneta incerta. La scelta di esprimere il rapporto di cambio in un modo o nell’altro è solo convenzionale. Calcolo tasso di cambio reale Il prezzo dei beni nazionali espresso nella moneta nazionale (euro) p moltiplicato per il tasso di cambio e (ovvero il prezzo dei beni nazionali espresso in $) - il prezzo della merce estera pw espresso in $. A tale indicatore si da il nome di tasso di cambio reale bilaterale er : er = (p * e)/ pw La variazione del tasso di cambio reale bilaterale è: Er = e + (p - pw) il termine tra parentesi è detto inflazione relativa Un aumento del tasso di cambio indicherà un aumento del valore dell’euro rispetto a quello del dollaro – apprezzamento – (Se mi davano 1,15$ se davo un euro ora mi danno 1,20$) Una diminuzione del cambio indica un - deprezzamento - dell’euro (Se mi davano 1,15$ se davo un euro ora mi danno 1,10$) LA DINAMICA DEI CAMBI PERO’ SI RIFLETTE SULLA COMPETITIVITA’: Deprezzamento del cambio; Nei casi di svalutazione o deprezzamento, l'effetto immediato è che per i cittadini del nostro Paese diventerà più costoso acquistare un'unità di valuta estera, mentre per i cittadini di Paesi stranieri risulterà più a buon mercato acquistare la moneta del nostro Paese. I prodotti interni diventano quindi meno costosi, rispetto alla produzione straniera. Concludendo, il prodotto interno di un Paese la cui moneta si svaluta (o si deprezza) diviene maggiormente competitivo, in termini di prezzo, sui mercati internazionali. Apprezzamento del cambio Al contrario, il prodotto di un Paese la cui moneta si rivaluta (o apprezza) risulterà, sui mercati internazionali meno competitivo. Il cambio si determina sul mercato delle valute il quale riflette l’andamento della bilancia dei pagamenti La contabilità della bilancia dei pagamenti si basa sulla semplice regola secondo cui ogni transazione che comporta un pagamento da parte del paese è una voce in uscita. Le importazioni di automobili, l'uso di mezzi di navigazione stranieri, l'acquisto di terra in Spagna, o l'apertura di un deposito in una banca di Ginevra sono, perciò, tutte voci in uscita. Voci in entrata sarebbero, invece, vendite all'estero di beni da parte del paese, pagamenti per la concessione da parte del paese di licenze per l'uso di tecnologia, pensioni ricevute dall'estero da parte di residenti, oppure acquisti esteri di azioni di imprese nazionali. La bilancia dei pagamenti è in disavanzo, quando la somma dei conti corrente e capitale è negativa, gli italiani devono pagare un ammontare di valuta estera maggiore di quella che ricevono. La bilancia dei pagamenti è in avanzo, i residenti all'estero hanno bisogno di euro con cui pagare l'eccesso dei pagamenti all'Italia sulle entrate derivanti da vendite all'Italia.. 13. enunci le condizioni che devono essere soddisfatte affinché una svalutazione del cambio migliori il saldo delle partite correnti; Condizione di Marshall-Lerner: affinché una svalutazione (o deprezzamento) del tasso di cambio migliori l'esito delle Partite Correnti (esportazioni nette), le importazioni e le esportazioni devono essere sufficientemente reattive al tasso di cambio. In particolare, se si parte da una situazione di pareggio dei conti con l'estero, una svalutazione conduce ad un miglioramento dell'esito delle Partite Correnti se e solo se la somma delle elasticità in valore assoluto delle importazioni e delle esportazioni è maggiore di 1: εm+εx >1;m+εm+εx >1;x >1; Condizione di Marshall-Lerner Condizione secondo la quale affinché una svalutazione della moneta nazionale determini un miglioramento della bilancia dei pagamenti e altresì del tasso di copertura degli scambi, è necessario e sufficiente che le esportazioni e le importazioni siano sensibili al tasso di cambio Questa condizione stabilisce che, affinché una svalutazione di una valuta abbia un impatto positivo sulla bilancia commerciale, la somma in valore assoluto delle elasticità dei beni esportati e importati (rispetto al spieghi che cosa si intende per efficacia della manovra del cambio L’efficacia implica che le variazioni del cambio (indotta dall’azione pubblica) abbiano effetto su qualche variabile, specificamente sul livello del reddito e/o sulle grandezze incluse nella bilancia dei pagamenti, principalmente sulle partite correnti; Si distinguono due principali regimi di cambio: - il sistema a cambi fissi, con il quale il riaggiustamento della bilancia dei pagamenti è effettuato a carico delle riserve valutarie, cioè quando il saldo tra entrata e uscita di valuta altera il corso dei cambi, la banca centrale interviene spendendo le sue riserve valutarie e riportando il tasso di cambio al livello desiderato ovvero intorno ad un valore detto tasso centrale. Quando parità o tasso centrale aumentano si parla di rivalutazione della moneta nazionale. Quando parità o tasso centrale diminuiscono si parla di svalutazione della moneta nazionale. RISERVE (valutarie o auree) Sono gli stock, o quantità in deposito, di valute e di titoli di stato in valute diverse dalla propria detenute da una banca centrale per poter operare sui mercati internazionali, a protezione del valore della propria moneta - il sistema a cambi fluttuanti, che prevede il riaggiustamento della bilancia dei pagamenti a carico del corso dei cambi che può variare liberamente. In un regime di cambi flessibili l’intervento delle autorità monetarie può contenere le fluttuazioni del cambio – fluttuazione sporca o amministrata ovvero le banche centrali acquistano e vendono valute estere nel tentativo di influenzare i tassi di cambio. - efficienza statica (il zone obiettivo è un regime intermedio Il tasso di cambio viene lasciato fluttuare liberamente all’interno di una banda costruita attorno ad una parit`a centrale (che in genere `e fissa). L’intervento delle autorit`a monetarie avviene solamente ai margini della banda; tanto maggiore (minore) `e l’ampiezza della banda tanto pi`u questo regime Il modello Mundell – Fleming Deriva dai lavori di Mundell e Fleming e supera l’ipotesi iniziale Keynesiana di un sistema economico chiuso e generalizza l’apparato analitico IL – LM introducendo: a. come ulteriore componente positiva della domanda globale le esportazioni nette, ossia le esportazioni al netto delle importazioni X – M b. un ulteriore mercato,quello relativo ai pagamenti con l’estero, in aggiunta al mercato dei beni e della moneta. Limitazioni al modello Mundell- efficienza statica (Fleming: 22. L’ipotesi dei prezzi dati ((questo perché essi non sono controllabili dai policy makers del paese considerato pw yw iw o lo sono in parte Ee) 23. Riferimento a flussi e non a stocks 24. Considerazione del solo equilibrio complessivo 25. Ignoranza delle aspettative di variazione dei tassi di cambio Tutte queste limitazioni possono essere rimosse con difficoltà Capitolo 12 Gli obiettivi macroeconomici e la politica monetaria Al fine di comprendere ragioni e natura dell’instabilità di un sistema capitalistico è assolutamente necessario introdurre i caratteri di un’economia monetaria. Questa è una economia nella quale le transazioni sono regolate con lo scambio di un particolare bene, denominato moneta e non di tutti gli altri beni – economia di baratto. La moneta assolve al ruolo di mezzo di pagamento o intermediario degli scambi, unità di conto (o numerario o misura dei valori) e riserva di valore. Uno stesso bene può essere unità di conto e non mezzo di pagamento (es. contabilità tenuta in dollari e mezzo di pagamento l’euro). La moneta ha un carattere essenzialmente fiduciario (ovvero una volta che su un determinato strumento si sia accentrata la fiducia degli operatori esso viene accettato ed è ad esso cui si fa riferimento per stipulare i contratti). Vi è stata un evoluzione nel tempo dei mezzi che hanno assolto al ruolo di moneta a partire dalla moneta merce (bestiame, conchiglie..) passando per la moneta metallica fino alla moneta cartacea (banconote) e quella bancaria. I “partecipanti alla produzione” ricevono una quantità di moneta che conferisce loro un potere di acquisto dei beni prodotti, le unità produttive che realizzano surplus di risparmio sull’investimento – tipicamente le famiglie – possono prestare quest’eccedenza alle unità in deficit – tipicamente le imprese e gli enti pubblici. Ciò può avvenire attraverso crediti diretti: prestiti, obbligazioni… realizzati per il tramite di intermediari finanziari. I crediti diretti sono scambiati sui mercati finanziari: - mercati primari: mercati dei titoli all’emissione - mercati secondari: mercati dei titoli già in essere - efficienza statica ( derivati: mercati il cui valore è legato da precise relazioni a quello di altri titoli I sistemi finanziari nei quali prevalgono i crediti diretti, sono detti mercatocentrici. Quelli nei quali prevalgono gli intermediari finanziari sono detti creditocentrici. Solitamente vi è divergenza nella scadenza desiderata del prestito il creditore tende ad abbreviarla per ridurre il rischio di insolvenza che aumenta al crescere della scadenza, al debitore di contro conviene allungarla fino a renderla pari al tempo nel quale l’investimento darà i frutti sperati. Questa divergenza può risolversi con un aumento del tasso di interesse che incorpora un premio per il rischio connesso con la scadenza più lunga (soluzione molto onerosa) o con l’impiego di intermediari finaziari che consentono di abbassare il costo del credito per tre motivi: 41. Esistenza di economie di scala (riduzione dei costi di gestione derivanti dalla specializzazione e dall’esistenza di informazioni sul rischio ex ante delle imprese in relazione ai loro progetti di investimento nonché al rischio ex post connesso con l’utilizzo effettivo dei prestiti concessi) 42. Possibilità di trasformazione qualitativa (poiché non tutti i datori di fondi ne richiedono la restituzione alla scadenza prefissata gli intermediari potranno prestarli a una scadenza più lunga mantenendo una riserva precauzionale) 43. Diversificazione dei rischi (per ragioni connesse alla dimensione le unità in surplus potrebbero prestare che a pochi prenditori ciò accresce il rischio di insolvenza ciò le indurebbe a domandare un più elevato tasso di interesse. L’esistenza degli if consente di formare un pool di disponibilità individuali anche limitate e di diversificare così gli impieghi riducendo il rischio complessivo e il tasso di interesse) L’insieme degli intermediari finanziari, delle attività(passività) e dei relativi mercati costituisce la struttura finanziaria di un’economia, n.b. Dal ’36 in Italia vi è la separazione fra crediti a breve a medio e lungo termine caratteristica delle banche di tipo inglese Si possono individuare due tipi di moneta e corrispondentemente due tipi di intermediari finanziari capaci di crearli: - biglietti di banca: creati dagli istituti di emissione costituiscono la moneta avente corso legale. - depositi: creati dalle banche In aggiunta ai depositi negli anni più recenti sono state create dalle banche o dal tesoro, nuove passività che hanno assunto anch’esse rilievo per il loro elevato grado di liquidità e che si possono far rientrare nel concetto di moneta (certificati di deposito bancari, buoni del tesoro ecc.) Attualmente si distinguono nell’unione monetaria europea tre aggregati monetari: - M1 o moneta in senso stretto, che include circolante e depositi a vista - M2 aggregato monetario intermedio che comprende oltre M1 depositi con scadenza fino a 2 anni o con preavviso fino a 3 mesi - M3 o moneta in senso ampio che include oltre M2 operazioni pronti contro termine (vendita di titoli a pronti e riacquisto a termine degli stessi) e titoli di debito fino a 2 anni emessi da istituzioni finanziarie monetarie (banca centrale europea) LA BANCA CENTRALE E LA BASE MONETARIA Tra le funzioni della Banca Centrale figurano la prestazione di ultima istanza (caso in cui le banche non possano far fronte al ritiro improvviso dei depositi) la regolamentazione della condotta stessa delle banche nonché l’introduzione di controlli tendenti ad assicurarne il rispetto delle regole sempre al fine di garantire la stabilità del sistema finanziario. (molto importante questa funzione in quanto le banche ritenendosi “protette” dalla banca centrale potrebbero compiere operazioni eccessivamente rischiose) N.B.La funzione di regolamentazione dell’attività delle banche include, la fissazione di un obbligo, di mantenere a fronte dei depositi una riserva obbligatoria in aggiunta a quella di carattere libero. . 13. Base monetaria = Moneta legale e altre attività finanziarie trasformabili rapidamente e senza costi in moneta legale . Alternativamente, la B.M. può essere definita come l’insieme delle attività finanziarie che il sistema bancario può costituire come riserva presso la Banca Centrale a fronte dei propri depositi La base monetaria, com’è noto, è data dalla moneta legale o circolante, più le riserve delle banche presso la banca centrale L'offerta di moneta, intesa come quantità di moneta esistente in un determinato momento nel sistema economico, è pari alla moneta legale in circolazione (il circolante) più i depositi nelle banche, mentre la base monetaria, come si è detto, è pari al circolante più le riserve depositate dalle banche presso la banca centrale (ed altri eventuali depositi presso la stessa); il rapporto tra offerta di moneta e base monetaria prende il nome di moltiplicatore monetario Nell'ipotesi, puramente teorica, che il pubblico depositi tutta la moneta presso le banche e queste impieghino interamente le somme così raccolte per effettuare prestiti, tolto il necessario per costituire le riserve obbligatorie presso la banca centrale, il moltiplicatore monetario è pari all'inverso del coefficiente di riserva obbligatoria, ossia della quota della raccolta che le banche sono obbligate a depositare presso la banca centrale. Poiché però il pubblico non deposita tutto il circolante presso le banche che non impiegano tutta la raccolta, l'ammontare effettivo dei depositi è inferiore al valore massimo teorico, calcolato in base al moltiplicatore teorico e sarà tanto più inferiore ad esso quanto più basso è il costo-opportunità di detenere liquidità da parte del pubblico e delle banche, a sua volta correlato ai tassi d'interesse. Si possono distinguere dei canali di creazione di base monetaria, che definiscono una funzione di “offerta” da parte delle autorità monetarie, e dei canali di assorbimento della stessa da parte del sistema economico (“domanda” di base monetaria). Contabilmente, poiché la base monetaria costituisce una passività per la banca centrale, si può immaginare che essa rifletta le poste nella sezione “avere” (al netto del capitale) del suo stato patrimoniale. A fronte di queste passività, esisteranno delle attività nella sezione opposta, costituite principalmente dai crediti della banca centrale verso il settore privato e verso il resto del mondo. Ls = [(1 + h)/(h + j)] BM In cui (1 + h)/(h + j) costituisce il moltiplicatore della moneta che è tanto più elevato quanto minori sono h e j. Il valore del moltiplicatore dei depositi: 1/(h + j) è quello massimo possibile, ossia si tratta di un moltiplicatore potenziale e non necessariamente di un moltiplicatore effettivo xchè non tutto il denaro forma depositi Moltiplicatore dei depositi Capacità delle banche di favorire, nel momento in cui concedono prestiti, l'aumento dei depositi e creare in questo modo nuova moneta bancaria (v.). L'idea centrale che sta alla base del concetto di moltiplicatore dei depositi è data dal fatto che gli accreditati dalla banca utilizzano i prestiti, per la maggior parte, a mezzo di assegni bancari e coloro a cui gli assegni sono dati in pagamento spesso se ne servono senza tramutarli in biglietti (versandoli sul proprio conto in banca o girandoli a terzi). Per ogni prestito accordato ai clienti, quindi, si creerà un nuovo deposito presso le banche e queste ultime utilizzeranno i fondi così ottenuti per concedere nuovi crediti (e ad ogni passaggio una quota sarà accantonata a riserva) Quando il pubblico detiene una quota dei depositi bancari in circolante, il sistema bancario perde parte delle proprie riserve. Questo fattore limita l’attività di prestito da parte delle banche. Maggiore è la quota del circolante all’interno della base monetaria, minori sono le riserve a disposizione del sistema bancario e più piccolo è il moltiplicatore 13. Il moltiplicatore della moneta è il coefficiente per il quale si deve moltiplicare la B.M. iniziale per ottenere l’ammontare complessivo dei mezzi di pagamento creati dalle banche Possiamo perciò concludere che un aumento della moneta legale dalla Banca centrale (v.) o, meglio, un aumento della base monetaria (v.), comporta un aumento della moneta bancaria di gran lunga superiore: esso, infatti, sarà pari all'incremento di moneta legale per il moltiplicatore dei depositi. CONTROLLO DELL’OFFERTA DI MONETA La quantità di moneta è una variabile endogena in quanto dipenda dalla BM, dal rapporto tra circolante e depositi e dal coefficiente di riserva Affinché le autorità monetarie possano controllare l’offerta di moneta (ovvero viene contratta o espansa secondo le circostanze ) esse devono incidere su una di queste variabili. Quelle che sembrano poter essere più facilmente controllate nel breve periodo sono: 1. la base monetaria 2. il coefficiente o aliquota della riserva obbligatoria La BM è controllabile) se i policy makers ne controllano almeno un canale di formazione. La quantità di monta dipende dalla BM dal rapporto tra circolante e depositi dal coefficiente di riserva. 14. Il canale estero in regime di cambi fissi non è direttamente controllabile se non attraverso misure di controllo diretto come vincoli amministrativi ai movimenti di merci o di capitali 15. il canale del finanziamento al tesoro è controllabile solo se la banca centrale non è obbligata a sottoscrivere il titoli del debito pubblico non collocati sul mercato secondario o, più in generale, a finanziare il tesoro (la soppressione di tale obbligo è il cosiddetto divorzio tra banca centrale e tesoro, avvenuto in Italia nel 1981); 26. il canale delle operazioni di mercato aperto è agevolmente controllabile in quanto frutto di autonome decisioni rappresenta uno strumento molto flessibile di politica economica, ampiamente utilizzato dalle banche centrali (ovviamente si procederà in modo da evitare crisi di fiducia tali da intaccare la solidità della struttura finanziaria). 27. il canale del rifinanziamento alle banche è solo in parte controllabile, attraverso i tassi richiesti quando si colloca come prestatore di ultima istanza e quando concede anticipazioni e risconti ( il tasso ufficiale di sconto), poiché gli effetti che si possono in tal modo ottenere dipendono anche dalle reazioni delle banche (anche se le autorità abbassano i tassi le banche possono non far ricorso alla BC se già dispongono di liquidità a causa di una contenuta domanda di credito mentre al contrario il suo operato ha sempre un potere espansivo in quanto può sempre decidere di aumentare i tassi in modo da ridurre la creazione di BM quindi difficilmente controllabile se si vuole imprimere un impulso espansivo. Tasso ufficiale di sconto Tasso che la banca centrale applica alle operazioni di rifinanziamento (risconto) delle banche. Di regola è il tasso più basso del mercato del credito e serve come punto d'orientamento per tutti gli altri tassi. La variazione del TUS comporta una variazione nella convenienza a ricorrere al rifinanziamento presso la Banca centrale e di conseguenza incide sulla quantità di denaro di cui le banche possono disporre per concedere a loro volta credito alla clientela. Anche se la sua importanza, ai fini del controllo del credito, si è ridotta, la manovra del TUS resta pur sempre rilevante, in quanto segnala le tendenze di politica monetaria (v.) delle autorità preposte alla sua variazione. Un suo aumento, infatti, comporta un aumento del costo del denaro (v.) e frena il credito; una sua diminuzione riduce, invece, il costo del denaro e favorisce l'espansione del credito. La controllabilità di almeno un canale di formazione dovrebbe assicurare la controllabilità complessiva questo non è assicurato se i canali non controllati sono soggetti a troppi disturbi. N.B. La domanda di moneta è data dalla somma della domanda di moneta per scopi transattivi precauzionali (dipendenti dal reddito) e speculativi (dipendenti dal saggio di interesse) le prime due non variano nel breve periodo xchè influenzate dal reddito che è di norma costante quindi ogni aumento dell’offerta di moneta dovrà essere assorbito dal movente speculativo cosa possibile solo se l’interesse è basso (xchè i speculatori si attendono un aumento del saggio di interesse e quindi preferiscono detenere moneta.)  Influenza delle aspettative La moneta tenuta a tale scopo costituisce una riserva di valore come quella tenuta per motivo precauzionale. Ma è una riserva destinata a servire ad uno scopo diverso: si tratta infatti di moneta liquida che il detentore intende usare per realizzare guadagni di carattere speculativo. Il meccanismo della speculazione consiste in generale nell'acquistare qualcosa ad un dato prezzo per rivenderla ad un prezzo maggiore. La speculazione sarà effettuata sui titoli che verranno acquistati quando il loro prezzo è basso e rivenduti quando il prezzo è più alto. Il prezzo o quotazione dei titoli è tuttavia collegato al loro rendimento e cioè al tasso di interesse che assicurano Prezzo dei titoli basso (interesse alto)  si comprano titoli non si conserva moneta (si spera aumentino) Prezzo dei titoli alto (interesse basso) - efficienza statica ( si vedono titoli si conserva moneta (ho speculato l’avevo comprato ad un prezzo basso) Per i monetaristi = Una politica monetaria crea solo un aumento dei prezzi poiché il sistema economico è sempre in equilibrio Per Keynes = Più moneta, più offerta di titolii, il tasso si abbassa, si stimolano gli investimenti, e grazie al moltiplicatore si avrà un reddito più alto. Se si cade nella trappola della liquidità (livelli n cui il tasso di interesse è talmente basso che la domanda a scopi speculativi diventa illimitata) si ricorrerà alla politica fiscale. (aumento della spesa pubblica) Il controllo della base monetaria non garantisce il controllo dell’offerta di moneta; quest’ultimo si avrebbe soltanto se il moltiplicatore dei depositi fosse costante, ossia se j (rapporta tra la base monetaria posseduta dalle banche per costituire le riserve obbligatorie e libere e i depositi raccolti) e h (rapporto del pubblico tra il circolante che detiene e i depositi in suo possesso) fossero dati, ma sono variabili per 2 ragioni: 1. Sia j che h sono sensibili ai tassi di interesse sui crediti e sui depositi, che rappresentano il costo - efficienza statica ( opportunità, per la banca e per il pubblico, della detenzione di base monetaria. Sono influenzati anche dalle aspettative sui tassi di interesse futuri e risulteranno più elevati in presenza di attese di maggiori tassi di interesse futuri che inducono il pubblico e le banche ad aumentare la liquidità. Il tasso praticato dalle banche centrali per ll risconto delle cambiali o per le anticipazioni è molto importante in funzione del ricorso o meno al credito di ultima istanza in quanto più è alto il tasso per le banche più lo sara per i clienti delle banhce! La manovra del tasso di sconto puo non servire xchè non sempre le banche ricorroo alla bc molto più importante è la funzione di “annuncio” in quanto orienta gli operatori del settore. 2. j è determinato anche dalla domanda di credito, visto che il meccanismo di moltiplicazione dei depositi richiede che all’offerta di credito della banca corrisponda una pari domanda da parte del pubblico. se la domanda di credito fa difetto, il meccanismo di creazione dei depositi funziona solo in parte e la banca si ritrova con un j effettivo superiore a quello desiderato. IL CONTROLLO TRAMITE IL COEFFICIENTE DI RISERVA OBBLIGATORIA Il coefficiente della riserva obbligatoria è una grandezza controllabile in quanto oggetto di apposita regolamentazione . L’efficacia appare maggiore in fase restrittiva che in fase espansiva: nel primo caso il moltiplicatore effettivo dei depositi si avvicina molto probabilmente a quello potenziale mentre nel secondo caso tende a essere più basso in presenza di insufficiente domanda di crediti. Aumentando il coefficiente di riserva obbligatoria e con un volume di depositi dato, la base monetaria delle banche aumenta sotto forma di riserva obbligatoria. . In poche parole più aumenta la riserva obbligatoria più basso è il moltiplicatore dei depositi! Se non si dispone di riserve libere, le banche non possono ridurre il volume dei crediti e lo stesso volume dei depositi. Da ciò deriva una contrazione della massa di base monetaria da depositare a riserva obbligatoria che compenserà l’effetto dell’aumento del coefficiente.(manovra restrittiva efficace) Le banche posso o però decidere di rinunciare a profitti di breve periodo pur di non abbassare il volume dei crediti verso la loro clientela “migliore” a questo punto a regolazione dei depositi può essere conseguita solo con strumenti di controllo diretto, quali il massimale degli impieghi, con questo provvedimento le banche sono obbligate a mantenere la crescita della consistenza dei crediti entro certi valori La politica monetaria condivide con gli altri strumenti di politica gli stessi possibili obiettivi: stabilità monetaria interna ed esterna, occupazione e sviluppo. Almeno nel breve periodo si possono creare problemi di sostituibilità fra obiettivi: ovvero la stabilità monetaria interna (contenimento della crescita dei prezzi) e stabilità monetaria esterna (pareggio della BP e stabilità del cambio) il perseguimento di uno di essi preclude la possibilità di raggiungerne un altro o rende più difficile il suo ottenimento. La sostituibilità implica la necessità di scegliere e ogni scelta comporta qualche sacrificio. Una scelta razionale richiede che siano precisati la funzione di preferenza dei policy makers e il valore dei pesi assegnati a ogni obiettivo o il loro ordine di priorità. Sono pochi i casi in cui l’organo che sovraintende alla politica fiscale ha anche la responsabilità della politica monetaria dando direttive alla Banca centrale, più di frequente alle Banche centrali viene affidata una completa e autonoma responsabilità di decidere le linee di politica monetaria, scegliendo l’obiettivo da perseguire (indipendenza politica) o gli strumenti necessari per conseguirlo (indipendenza economica). In Italia la Banca d’Italia gode di un assoluta autonomia dagli organi di Stato e dal Tesoro per assicurarne la democraticità il governatore è nominato e revocato dal Presidente del Consiglio previa delibera del consiglio dei Ministri e sentito il parere del Consiglio superiore della Banca D’Italia dura in carica sei anni e il mandato può essere rinnovato una sola volta (attualmente è Mario Draghi) Con il governo della moneta si può raggiungere lo sviluppo di lungo periodo: rilevanza per lo scarso grado di controllo e per la mancata connessione con l’obiettivo finale dovuta nel caso in cui l’obiettivo finale fosse la BC all’accentuata mobilità di capitali nel caso invece che l’obiettivo fosse il reddito all’affievolita dipendenza degli investimenti dal credito bancario) La scelta di uno o dell’altro obiettivo intermedio dipende da numerose circostanze. È legata a tre ordini di problemi: a. controllabilità dell’aggregato ipotizzato come obiettivo intermedio b. stabilità delle funzioni di comportamento c. legami tra obiettivi intermedi e finali L’indicazione di obiettivi intermedi corrisponde alla formulazione di schemi di intervento a due stadi, ciò implica il preseguimento degli obiettivi finali attraverso il conseguimento in via immediata degli obiettivi intermedi Alcuni adottano schemi di intervento ad uno stadio che consiste nell’annunciare e perseguire direttamente l’obiettivo finale generalmente consistente nella stabilità monetaria (inflativo targeting)anche se vi sono problematiche relative al ritardo e all’incertezza negli effetti OBIETTIVI OPERATIVI – COLLOCATI TRA STRUMENTI E OBIETTIVI INTERMEDI (esempio: tassi di interesse a breve) Sono variabili utilizzate dalla BC quasi senza ritardo e direttamente influenzate dall’uso degli strumenti. L’efficacia della politica monetaria ha una dimensione quantitativa e una temporale. Riguardo a quella temporale condivide con gli strumenti discrezionali il ritardo di osservazione ma ha un diverso ritardo amministrativo e negli effetti. Il ritardo amministrativo è molto più breve di quello di altre misure che richiedono mediazione politica (es.politica fiscale); Il ritardo negli effetti della politica monetaria può essere lungo e variabile (complessità dei processi di sostituzione e di riaggiustamento dei portafogli delle banche e degli altri operatori.) In ogni caso la politica monetaria si presta male a un dosaggio raffinato (fine tuning) e richiede interventi consistenti per essere efficace particolarmente ove i mercati finanziari manchino di spessore e ampiezza. Politica monetaria espansiva. E’ attuata quando si vuole rilanciare l’economia. I passaggi sono i seguenti: 1) acquisto di titoli in borsa; 2) aumento della BM; 3) aumento dello stock di Moneta nel sistema, per effetto del moltiplicatore monetario; 4) diminuzione del tasso d’interesse; 5) conseguente aumento degli investimenti delle imprese in beni capitali; 6) aumento del reddito, dell’occupazione, ma forse anche dei prezzi (inflazione). Politica monetaria restrittiva. E’ attuata in genere quando si vuole raffreddare l’economia per paura di spinte inflazionistiche. Le fasi sono le seguenti: 1) vendita di titoli nel mercato aperto; 2) diminuzione della BM; 3) diminuzione dell’offerta di Moneta nel sistema, ad opera del moltiplicatore monetario; 4) aumento del tasso d’interesse; 5) conseguente diminuzione degli investimenti; 6) diminuzione del PIL (produzione), dell’occupazione e (forse) dell’inflazione. . Il moltiplicatore indica la variazione dell’offerta di moneta dovuta a una variazione di 1 euro di base monetaria Inoltre l’efficacia quantitativa dell’azione monetaria è diversa a seconda che sia usata in senso restrittivo o espansivo (asimmetria degli effetti). È maggiore nel caso restrittivo per varie ragioni: 14. Il moltiplicatore effettivo dei depositi è più elevato con riferimento a una riduzione della base monetaria. (- efficienza statica ( riserve + depositi) 15. L’esistenza di un pavimento (floor) al tasso di interesse nominale, il tasso di interesse non può assumere valore negativo, mentre non vi è limite all’aumento del tasso di interesse a seguito di una manovra restrittiva. 16. Una manovra restrittiva non causa aumenti del tasso di interesse sui crediti bancari ma riduzione dell’offerta di credito a clienti che vengono razionati.In fase espansiva invece anche sevaumenta l’offerta può non esserci domanda. La manovra monetaria ha risultati asimmetrici: riduce senz’altro l’offerta di credito in fase restrittiva; fa aumentare l’offerta in fase espansiva ma non necessariamente a questo corrisponde una pari domanda. 11. Progressiva Se l’imposta è progressiva l’aliquota MEDIA non è più costante ma è funzione crescente del reddito del contribuente. Se vi sono mutamenti della spesa autonoma (è la componente della domanda di beni che non dipende dal livello del reddito )che tendono a variare solo il numero dei percettori di reddito, rimanendo invariato il reddito pro capite, l’aliquota media non varierà. Al contrario, variazioni della spesa autonoma che si riflettono anche in variazioni del reddito pro capite tendono a far variare l’aliquota media t; quindi il moltiplicatore aumenterà o si ridurrà al ridursi o all’aumentare della spesa autonoma. Ne discende che l’imposizione progressiva costituisce un caso di stabilizzatore automatico: gli effetti sul reddito reale di oscillazioni nei valori delle componenti autonome della domanda aggregata vengono “smorzati” da variazioni in senso contrario del moltiplicatore dovute a variazioni dell’aliquota media, in presenza di imposizione progressiva. LE ALIQUOTE PROGRESSIVE FUNGONO DA STABILIZZATORE AUTOMATICO. QUANDO L’ECONOMIA SI ESPANDE, CRESCE L’ALIQUOTA MEDIA, CADE IL MOLTIPLICATORE, L’ECONOMIA SI STABILIZZA (E VICEVERSA) L’effetto stabilizzatore è amplificato con la considerazione dei movimenti di prezzo; l’aumento dell’imposizione in termini reali che deriva dalla compresenza di aumento dei prezzi e progressività della aliquote viene detto drenaggio fiscale Pag.432 ipotizziamo l'esistenza di un ciclo economico di tipo “classico”. Si ipotizzi per semplicità, una situazione iniziale di piena occupazione. Un aumento dellla domanda porterà a un incremento di prezzi e per questa via a parità di altre circostanze (distribuzione del reddito) a un aumento del prelievo fiscale maggiore dell'auemento dei prezzi. Supponiamo che il reddito pro- efficienza statica (capite rimanga invariato in termini reali. Poiché le aliquote progressive di imposta sono fissate in relazione al reddito monetario che per ipotesi è cresciuto, l'aliquota media d'imposta sarà più elevata. Il reddito disponibile in termini reali sarà ridotto e partanto il consumo diminuirà e la domanda globale sarà frenata. L'aumento delle imposizione in termini reali che deriva dalla compresenza di un aumento dei prezzi e progressività delle aliquote viene detto drenaggio fiscale. Drenaggio fiscale Aumento della pressione tributaria sui redditi monetari per effetto dell'inflazione pur in assenza di incrementi di aliquote. Esempio di drenaggio fiscale Supponiamo che a seguito di un'inflazione del 5%, il reddito di un lavoratore dipendente aumenti anch'esso del 5%, passando da 2 milioni al mese a 2 milioni e 100.000 lire; sul piano pratico, l'aumento del reddito compensa quello dei prezzi e quindi il reddito effettivo è rimasto costante; ma se il passaggio da 2 milioni a 2 milioni e 100.000 fa scattare l'aliquota, a motivo del passaggio di scaglione, questo individuo dovrà pagare più tributi pur non avendo in effetti accresciuto la propria capacità contributiva. Dal fatto che le imposte dirette siano spesso progressive (lo è l’Irpef) potrebbe desumersi che al loro aumento corrisponda un’incisiva azione perequativa (alias rendere uguale, pareggiare, distribuire equamente) della distribuzione personale del reddito. In realtà questo non è avvenuto per il manifestarsi di: Erosione = Corrisponde all’esenzione totale o parziale di taluni redditi dall’imposta essa mira a finalità di politica industriale,regionale o sociale (sviluppo di determinati rami produttivi,sostegno di redditi nei confronti di ceti sociali poco abbienti ecc.) Elusione = Possibilità di organizzare e gestire i propri affari nell’ambito delle norme tributarie esistenti (senza contravvenire ad esse come nel caso dell’evasione) in modo da rendere minimo o evitare del tutto il carico fiscale (es. attraverso le bare fiscali consistenti nell’acquisizione di comodo di imprese in perdita o attraverso la manovra dei prezzi di trasferimento (se la casa madre di un gruppo vende un semilavorato ad una sua consociata estera localizzata in un paese dove l’imposta è più bassa tenderà ad applicare un prezzo basso al trasferimento in questione in modo da ridurre i suoi profitti (tassati con un aliquota più alta) e aumentare quelli della consociata (tassati con un aliquota più bassa) minimizzando così il carico fiscale.) La spesa può essere finanziata attraverso tributi (pareggio del bilancio) o in deficit (emissione di titoli del debito pubblico a parità di BM, o creazione di base monetaria). FINANZIAMENTO DELLA SPESA (1) PAREGGIO DEL BILANCIO Se la spesa è totalmente finanziata da tributi, allora il bilancio è in pareggio Se il finanziamento avviene attraverso le imposte, l’aumento della spesa pubblica ha comunque effetti espansivi, in quanto agisce direttamente sul reddito nazionale; l’aumento di 1 euro della spesa pubblica comporta un pari aumento del reddito, l’aumento di 1 euro di imposte comporta una riduzione di c. Poiché c è minore di 1 vi è un aumento netto del reddito. Quindi il moltiplicatore della spesa è maggiore di quello dei tributi: Se si ipotizza una variazione della spesa pubblica e dell’imposizione ne deriva Dunque un aumento di spesa pubblica pari a 1 euro finanziato da un pari incremento delle imposte accresce il reddito di 1 euro (teorema del bilancio in pareggio o di Haavelmo); indica la possibilità di conseguire un qualsivoglia obiettivo di reddito con un livello di spesa pubblica pari a quello del reddito e con la pubblicizzazione dell’intera economia (l’aumento di domanda viene tutto dal settore pubblico) (n.b. vi sono giudizi di valore contrari) (2) FINANZIAMENTO IN DEFICIT Se le entrate tributarie non coprono interamente la spesa, allora il bilancio è in deficit e sorge il problema del finanziamento del deficit I meccanismi di finanziamento del deficit sono essenzialmente due (e possono essere usati disgiuntamente o congiuntamente: 1 – Finanziamento del deficit attraverso l’emissione di nuova base monetaria attraverso il canale del tesoro (politica monetaria accomodante); 2 – Finanziamento del deficit attraverso l’emissione di titoli negoziabili da collocare nel mercato finanziario primario (indebitamento). Le modalità di finanziamento in deficit hanno effetti diversi: (3) FINANZIAMENTO CON BASE MONETARIA Il finanziamento con BM ha indubbi vantaggi - efficienza statica ( Un costo praticamente nullo (i semplici costi di stampa); è a “costo zero” se il Tesoro ha potere di emissione monetaria (l’unica spesa è quella per la stampa dei biglietti); cd signoraggio lo stato gode di una sorta di entrata occulta pari alla differenza tra onere del finanziamento con base monetaria e tasso di interesse che dovrebbe sborsare se ricorresse al mercato finanziario. Tale differenziale è noto come signoraggio..) ed è a costi particolarmente bassi se vige l’obbligo per la BC di consentire scoperti illimitati sul c/c di Tesoreria, com’era in Italia fino al 1981 44. Nel lungo periodo però il finanziamento con base monetaria ha deleteri effetti inflazionistici Una politica monetaria che assicuri l’invarianza del tasso di interesse è detta accomodante. Se l’aumento della base monetaria genera inflazione, allora lo stato genera anche una sorta di tassa da inflazione che si realizza nel caso in cui l’inflazione non essendo prevista non si trasformi in aumento del tasso di interesse. Se la politica monetaria “accompagna” la politica fiscale essa è detta accomodante. In presenza di una politica monetaria accomodante la politica fiscale esplica appieno i suoi effetti. I I policy makers dovranno scegliere fra più elevati livelli di reddito e di occupazione associati a inflazione o a livelli di reddito e di occupazioni minori ai quali corrisponderebbe maggior stabilità monetaria. Comunque possono far abbassare la curva di trasformazione (u e π) con politiche di qualificazione professionale; politiche di mobilità e politiche di sviluppo della produttività e della produzione in alcuni settori. (4) FINANZIAMENTO CON INDEBITAMENTO Ovvero con l’emissione di titoli pubblici Secondo Keynes la spesa pubblica finanziata mediante l'emissione di carta moneta aveva solo l'effetto di generare effetti inflazionistici. L'economista era invece convinto che la spesa pubblica finanziata attraverso prestiti pubblici (deficit spending) avrebbe generato reddito senza distruggere risorse, semplicemente convertendo i risparmi in investimenti. In alternativa, la spesa pubblica avrebbe potuto essere finanziata facendo ricorso al sistema della tassazione: un'imposta progressiva sui redditi avrebbe potuto, per esempio, ridistribuire risorse a favore delle classi più disagiate, caratterizzate da una più alta propensione al consumo In termini dello schema IS-LM Nel modello IS-LM, l'aumento della spesa pubblica non è efficace quanto si potrebbe pensare in base al solo moltiplicatore, a causa della presenza del tasso d'interesse e della moneta. Infatti, man mano che il reddito cresce, per adeguarsi alla domanda aggregata e portare in equilibrio il mercato della moneta aumenta il tasso d'interesse. Ma se cresce il tasso d'interesse, la domanda aggregata diminuisce, perché calano gli investimenti; destinato ad esplodere e, pertanto, non è sostenibile. Si tratta della situazione creatasi in Italia alla fine degli anni Ottanta. Tra gli anni 80 e 90 il tasso di interesse reale è stato superiore al tasso di crescita del reddito per varie ragioni: I CCT fruttavano un saggio di interesse reale in media al 7% mentre il PIL era al 2,5%, questo per:  la stretta monetaria iniziata alla fine degli anni 70 in USA ha fatto aumentare i tassi di interesse mondiali.  Divorzio Banca centrale e Tesoro che portò l’adozione di politiche monetarie restrittive portando un aumento del tasso di interesse reale a livelli superiori. P.S. La diminuzione del finanziamento monetario del Tesoro ha comportato una crescita ulteriore del debito. La riduzione del rapporto fra debito e PIL (rientro) si ottiene con l’uso di strumenti capaci di influenzarne i fattori dai quali dipende la dinamica del rapporto. f) Politiche di sviluppo del reddito. Lo stimolo del reddito va affidato a un riorientamento della spesa pubblica e dei tributi che accentui l’efficienza della spesa pubblica e abbia effetti di stimolo per l’attività economica privata. Inoltre si può usare una politica monetaria espansiva, una politica di deprezzamento del cambio, una politica di moderazione salariale. g) Politiche riguardanti il saldo primario. L’accrescimento del saldo primario (T- Cg - Trc - Ig – Trk è B senza INT) è un obiettivo della manovra che porta alla riduzione del rapporto B/PIL, si agisce dal lato della spesa primaria Cg +Ig+ Trc + Trk e delle entrate. La riduzione della spesa è una azione possibile ma si rischia di non avere miglioramenti sostanziali nella qualità dei servizi pubblici che si traduce in una perdita del benessere dei cittadini. Una riorganizzazione del sistema tributario e un migliore funzionamento dell’apparato amministrativo, che hanno portato più di recente ad una riduzione dell’elusione e dell’evasione. La privatizzazione di imprese pubbliche contribuisce a ridurre il fabbisogno finanziario netto. h) Politiche del saggio di interesse. L’abbassamento del tasso di interesse reale sul debito pubblico può contribuire a ridurre il rapporto fra debito e PIL. Si agisce con una politica di gestione del debito pubblico che si proponga di ridurre il costo reale del debito agendo sulle condizioni alle quali viene emesso il debito stesso o sul funzionamento del mercato secondario dei titoli di Stato. Sono state adottate soluzioni tendenti a facilitare l’assorbimento di forme di obbligazioni, con l’introduzioni di strumenti di controllo diretto: obbligo di destinare una quota dell’incremento dei depositi all’acquisto di obbligazioni (vincolo di portafoglio) o prestito forzoso che garantisce l’assorbimento di quantità del debito pubblico. Altre soluzioni per abbassare il tasso di interesse reale sono connesse con i mercati finanziari mondiali per risolvere questa questione due sono le possibilità: d) Ridurre la mobilità dei capitali ad esempio con l’introduzione di vincoli ai movimenti di capitale o di un imposta sugli impieghi di capitale come suggerito da Tobin (Tassa di Tobin) e) Rafforzare la stabilità del cambio rispetto agli altri maggiori paesi europei e di indurre negli operatori aspettative conformi Capitolo 14 La politica dei redditi e dei prezzi L’obiettivo della politica dei redditi è di evitare l’aumento del livello generale dei prezzi, attraverso qualche genere di controllo delle variabili distributive, essenzialmente del salario e/o del margine di profitto. Il salario costituisce un reddito per i lavoratori ed un costo per le imprese; la politica dei redditi si propone in concreto di contenere l’aumento del salario in modo da tenere basso il costo del lavoro - efficienza statica (più in generale i costi- efficienza statica (e ridurre così la possibilità di un aumento dei prezzi. Le politiche dei redditi si distinguono in dirigistiche, di mercato, istituzionali. Le politiche dirigistiche: sono quelle che impongono ai salariati e/o ai capitalisti un determinato comportamento nella variazione del salario o del margine di profitto: ad es. il blocco dei salari. Queste sono vere e proprie misure di controllo diretto. Le politiche dei redditi di mercato consistono nella fissazione da parte dell’ente pubblico non di regole di comportamento, ma di un sistema di incentivi e/o disincentivi per orientare in senso antinflazionistico le scelte autonome dei percettori di reddito – ad esempio accordo tra le parti sociali che assicuri l’invarianza dei prezzi è premiato con la concessione di sgravi fiscali. Le politiche istituzionali: sono quelle che tendono a trasformare in senso cooperativo le relazioni industriali ossia le relazioni tra capitalisti e lavoratori in materia di salario e trattamenti normativi mediante un insieme di istituzioni appropriate, ad esempio il patto sociale I punti essenziali dell’accordo realizzato in Italia nel 1993 Il passaggio da tre a quattro anni della durata della contrattazione nazionale, per la parte normativa, e da tre a due anni, per la parte retributiva; b) la contrattazione aziendale riservata a materie e istituti diversi da quelli retributivi regolati dal contratto nazionale; c) il diritto dei lavoratori a “un elemento provvisorio di retribuzione”, dopo tre mesi dalla scadenza di un contratto, di cui tarda il rinnovo; d) la previsione di due sessioni annuali di politica dei redditi: la prima, da tenere prima della presentazione del Documento di programmazione economica e finanziaria, quindi in maggio-giugno, nella quale governo e parti sociali cercano di definire alcuni obiettivi comuni; la seconda in settembre, prima della definizione della legge finanziaria Capitolo 15 Le politiche per l’equilibrio della bilancia dei pagamenti. La bilancia dei pagamenti è composta da 3 conti: conto corrente, conto capitale e il conto finanziario. Le variabili fondamentali per l'equilibrio della bilancia, sono: — i prezzi dei beni, i tassi di cambio ed il reddito nazionale per quanto riguarda il conto corrente; — il differenziale fra saggi d'interesse interni ed esterni e le variazioni attese del cambio per quanto riguarda il conto capitale. 45. Il conto corrente e capitale si riferiscono a esportazioni e importazioni di beni, merci e servizi. Le importazioni dipendono dal livello della domanda (fattori di domanda) M =mY. La propensione a importare dipende da fattori strutturali e da fattori di competitività (qualità e/o prezzo). Basandosi sui fattori di prezzo, dato il tasso di cambio la propensione ad importare aumenta se aumenterà p, diminuirà se aumenta pw. Dati i prezzi la propensione si riduce al ridursi di e. quindi M=m (p pw e )Y. Le esportazioni sono le importazioni del paese straniero X=Mw=mw (p pw e )Yw Utilizzando le due equazioni si esprime il saldo dei movimenti di beni in termini reali: PC=X-M=f(p pw e Y w). Quindi il saldo dipende da fattori di competitività e da fattori di domanda. 46. Il conto finanziario al netto della variazione delle riserve ufficiali, esprime i movimenti di capitale non imputabili all’autorità monetaria. Essi dipendono dai differenziali nei tassi di interesse a lungo termine e a breve, da attese di movimenti nel corso del cambio. Ipotizzando che i tassi a lunga siano legati ai tassi a breve, il saldo dei movimenti di capitale MK dipenderà dai saggi di interesse nei due paesi e dalle variazioni attese nel cambio: MK = g (i iw Ee) Le variazioni delle riserve ufficiali è pari alla somma dei saldi del conto corrente e del conto capitale (saldo Bilancia dei pagamenti). BP= PC + MK. Il saldo della bilancia dei pagamenti dipende dal saldo del conto corrente e del conto capitale che varia in funzione di fattori di competitività di prezzo, del tasso di cambio reale e dai fattori di domanda. Inoltre dipende dal saldo dei movimenti di capitale che dipende dal differenziale di interesse e dalla variazione attesa del cambio. Il saldo algebrico tra i vari blocchi della bilancia dei pagamenti corrisponde alle variazioni delle riserve ufficiali: se la bilancia è in attivo (le entrate sono maggiori delle uscite) il paese considerato acquisirà valute estere; se la bilancia dei pagamenti è in passivo (le entrate sono inferiori alle uscite) le autorità monetarie del paese dovranno cedere riserve in modo da finanziare il deficit. L’equilibrio della bilancia dei pagamenti si ha quando la somma dei saldi dei movimenti di beni e dei movimenti di capitale è nulla. Si ha avanzo quando le riserve ufficiali aumentano e viceversa. La posizione di avanzo è migliore rispetto a quella di disavanzo ma non può essere considerata conveniente perché comporta disavanzi per altri paesi e pressioni inflazionistiche all’interno (avanzo nella BP è fonte di creazione di base monetaria). L’obiettivo dell’equilibrio della bilancia dei pagamenti si pone nel lungo periodo (pareggio); nel breve può variare a seconda delle contingenze: riduzione di disavanzo o di avanzo. Quali sono le grandezze che determinano il tasso di cambio flessibile (i fondamentali)? 1) Situazione della bilancia dei pagamenti. Deficit persistente della BOP determina un esborso di valuta, che indebolisce la commerciale misurato in valuta estera. Un calo modesto delle importazioni e un aumento modesto delle esportazioni non sono sufficienti a compensare i minori incassi di valuta estera ottenuti dalle esportazioni. Occorre un po di tempo perché l effetto iniziale venga superato e la bilancia commerciale migliori. E facile comprendere intuitivamente il significato delle condizioni Marshall-Lerner. La svalutazione migliora i conti con l estero se, e solo se, la variazione delle quantità di beni importati ed esportati compensa la riduzione degli incassi di valuta estera che si verifica se le quantità esportate ed importate restano invariate. Affinché le manovre sul cambio siano efficaci è necessario (ma non basta!) che esse abbiano effetti sulle grandezze iscritte nella BP, con particolare riferimento alle PC. Esprimiamo in termini monetari ed in valuta estera il saldo delle PC: PCm pxeqx pm*qm Pcm = Saldo dei movimenti di beni espresso in moneta estera Px = prezzo dei beni esportati in moneta del paese di provenienza (moneta nazionale) e qx quantità Pm= prezzo dei beni importati in moneta del paese di provenienza (moneta estera)e qm quantità Considerando una situazione iniziale di pareggio (PCm=0) si arriva a px e/pm X qx/qm =1. Una riduzione di e farà aumentare qx e contrarre qm (effetto reale) ma ridurrà il prezzo delle merci del paese considerato relativamente a quello delle merci del Resto del mondo, ossia peggiorerà la ragione dello scambio, RS=px e/pm , in quanto è diminuito e mentre per ipotesi px e pm sono rimasti costanti. Se le quantità non reagissero al deprezzamento (elasticità della domanda estera rispetto al prezzo delle merci del paese considerato fosse pari a 0) l’onere del miglioramento dei movimenti di beni ricadrebbe sul denominatore e qm dovrebbe ridursi in misura superiore alla riduzione di e, ossia l’elasticità delle importazioni dovrebbe essere superiore all’unità (εm>1 ) affinché migliori il saldo m>1 ) affinché migliori il saldo dei movimenti di beni. Se le quantità importate fossero rigide rispetto a variazioni del cambio ( m=0), l’onere da bilanciare la riduzione di e ricadrebbe tutto su qx che dovrebbe crescere in misura superiore (εm>1 ) affinché migliori il saldo x>1 ). Se si ammette l’elasticità positiva sia delle esportazioni che delle importazioni la condizione per il miglioramento del saldo dei movimenti di beni a seguito di svalutazione è εm>1 ) affinché migliori il saldo m+εm>1 ) affinché migliori il saldo x>1 (condizione di Marshall- efficienza statica (Learner per effic. deprezz.). Si è supposto: 21. px e pm siano dati. 22. inesistenza di limiti all’offerta dei beni da esportare. 23. adeguamento istantaneo delle quantità. 24. assenza di effetti sulle attese di variazione future del cambio. 18. l’ipotesi che px e pm siano dati esprime l’idea che i prezzi dei beni commerciati siano costanti nelle monete nazionali e che al variare del cambio varino corrispondentemente i prezzi sui mercati esteri. Una riduzione del cambio abbasserebbe i prezzi in dollari delle merci europee nella stessa misura del cambio e aumenterebbe il prezzo in euro delle merci estere. La svalutazione dell’euro sarà trasferita sui prezzi in moneta estera delle merci esportate e sui prezzi in euro delle merci importate. È possibile che il trasferimento (pass- efficienza statica ( through) non sia completo. Se un bene costasse 80€ (100$) e l’euro si svalutasse, l’impresa deve decidere in che misura la svalutazione dovrà trasferirsi sul prezzo in $. Se mantenesse 100$ non si trasferisce niente su tale prezzo e accrescerebbe solo il prezzo in euro. L’impresa è guidata dagli obiettivi aziendali. Tanto è maggiore il trasferimento tanto minore sarà il ricavo unitario in euro e tanto minore sarà il profitto unitario, ma un più elevato trasferimento farà aumentare la domanda estera tanto più quanto maggiore ne è l’elasticità (con economie di scala e trasferimento completo è possibile avere profitti). La misura del trasferimento è tanto più elevata quanto maggiori sono le economie di scala e quanto minori sono l’elasticità della domanda estera e il livello della domanda interna ed estera, in singoli settori e nell’intera economia. 19. affinché possa essere soddisfatta la maggiore domanda derivante dalla svalutazione, l’offerta deve essere elastica in tutti i settori rilevanti. Un’elevata elasticità dell’offerta, a livello globale e non in singoli mercati, presuppone il non pieno impiego delle risorse fisiche e di lavoro. Se l’offerta può non adeguarsi in modo sufficiente all’incremento della domanda rende inefficace la svalutazione. Una riduzione del tasso di cambio comporta un incremento di domanda che si traduce nella crescita di tutti i prezzi. In condizioni di inflazione di domanda la manovra del tasso di cambio sarà inefficace. Svalutare la moneta non rimedia il deficit dei conti con l’estero, anzi accrescerebbe la pressione della domanda interna accentuando l’inflazione (se dipende da domanda si innescherebbe un circolo vizioso: inflazione- efficienza statica (svalutazione- efficienza statica (inflazione). 20. La reazione delle quantità esportate e importate alla mutata competitività si manifesta con ritardo con una svalutazione, laddove peggiora la ragione di scambio, per la riduzione del cambio che fa ridurre il prezzo in dollari delle esportazioni (px e qx<pm qm). Solo dopo qualche tempo gli effetti positivi sulle quantità si faranno sentire e potranno più che compensare gli effetti negativi sulla ragione di scambio (effetto j). 21. la manovra del tasso di cambio è efficace solo in alcune situazioni: la svalutazione è adatta a una situazione di perdita di competitività, dovuta a costi e margini di profitto superiori a quelli esteri. La svalutazione non è adatta a fronteggiare un deficit dovuto a movimenti di capitale. Capitolo 16 Le istituzioni pubbliche internazionali: sistemi monetari e regimi di cambio Per sistema monetario si intende l’insieme di regole che disciplinano gli aspetti monetari del funzionamento di un singolo sistema economico e/o delle relazioni di questo con altri sistemi economici. Un sistema monetario deve contenere norme che: 47. definiscano l’unità monetaria utilizzata in un sistema economico, strumento che assume potere liberatorio legale ed è anche unità di conto; 48. regolino l’emissione della moneta; 49. definiscano i rapporti con le monete estere in termini di valore, circolazione e convertibilità. Il sistema aureo Gold standard Sistema monetario internazionale adottato in regime monometallico dal 1870 fino alla prima guerra mondiale che prevedeva uno stretto legame tra la quantità di moneta in circolazione e le riserve auree detenute dalla banca centrale. Il valore dell’unità monetaria può essere riferito a quello di una merce, in particolare di un metallo prezioso. presupposti del sistema aureo (gold standard) sono che: 32. nel paese che adotti questo sistema circolano biglietti emessi dalla Banca centrale aventi potere liberatorio. 33. viene definito il contenuto dell’unità monetaria del paese in termini di oro (un $ contiene un grammo d’oro). 34. la Banca centrale mantiene una riserva di oro in rapporto alla quantità di moneta emessa. 35. l’oro può essere liberamente importato o esportato. In tale sistema ogni moneta aveva una parità metallica fissa; il valore della moneta corrispondeva, cioè, ad una determinata quantità di oro (v.) stabilita dalle autorità monetarie. La moneta cartacea in circolazione era convertibile, in qualunque momento, in oro, per cui si rendeva necessaria la corrispondenza tra la quantità di biglietti di banca in circolazione e le riserve di oro possedute dalla banca centrale. Con questo sistema di cambi, ancorato alla quantità di oro, il meccanismo di aggiustamento automatico dei cambi era assicurato dallo scostamento entro i punti dell'oro (parità monetaria); dunque esso risultava essere un regime a cambi fissi. In regime di gold standard (v.erano i valori limite del tasso di cambio (v.) di una moneta al di sopra e al di sotto dei quali era conveniente esportare o importare merci con pagamento in oro (v.) e non con divise (v.). Tali limiti erano segnati dalle corrispondenti spese di assicurazione e di spedizione dell'oro. Poiché in regime di gold standard non vi era alcuna restrizione al commercio internazionale dell'oro e il valore di una moneta era direttamente collegato alle riserve di oro detenute, attraverso l'invio ed il ricevimento dell'oro si aveva un automatico riaggiustamento del tasso di cambio. In particolare: — nel paese che inviava oro, la moneta nazionale risultava svalutata per cui era conveniente, per importatori stranieri, acquistare merci in quel paese con conseguente invio di oro, il che riportava in equilibrio il cambio; — nel paese che riceveva oro, la moneta risultava rivalutata per cui le esportazioni di quel paese subivano un rallentamento. Le importazioni, viceversa, erano più convenienti per cui vi era un deflusso di oro che riportava il cambio in pareggio. Supponiamo che corra l'anno 1898: siamo, dunque, in regime di gold standard; ammettiamo che le parità auree della lira e della sterlina siano le seguenti: — 1 lira = 0,020 grammi d'oro; Qual è l'aspetto positivo di questo meccanismo? Lo squilibrio delle bilance dei pagamenti si poteva correggere con un meccanismo di pagamenti multilaterale e non tramite l'uso di politiche restrittive. A questo fine si crearono due organismi: Fondo Monetario Internazionale (entrato in funzione o Washington nel 1946) Banca Internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (Banca Mondiale) Per difendere il tasso di cambio rispetto al dollaro, ogni Paese doveva intervenire sul mercato con l'acquisto o la vendita di valuta estera per impedire che il cambio varcasse i limiti prefissati. Vende dollari (attingendo alle proprie riserve valutare) se il tasso di cambio del dollaro rispetto alla valuta nazionale è aumentato; Acquista dollari se il tasso di cambio del dollaro rispetto alla valuta nazionale è diminuito. Ma se il paese esauriva le proprie riserve valutarie, come si doveva comportare? Il Fondo Monetario Internazionale metteva a disposizione del Paese che si trovava in momentanea difficoltà le proprie riserve. Come? Ogni paese si impegnava a versare al Fondo Monetario Internazionale dei contributi proporzionali alla sua quota di commercio estero rispetto al commercio mondiale. Queste quote dovevano essere versate in parte in oro in parte in moneta nazionale. In questo modo si costituiva un fondo, al quale i paesi aderenti potevano attingere in prestito per far fronte a squilibri temporanei della propria bilancia dei pagamenti. Il prestito allo Stato doveva avvenire rispettando determinate condizioni. Il paese inoltre si impegnava a sottoscrivere una lettera d'intenti con cui si impegnava nei confronti del Fondo Monetario a riequilibrare i propri conti con l'estero, indicando le principali misure di politica economica da adottare per risolvere i propri problemi economici sia interni che internazionali. A questa lettera d'intenti facevano poi seguito le visite degli esperti del Fondo che davano consigli su come migliorare i rapporti valutari con l'estero. Ma il sistema opera alquanto contraddittoriamente. Infatti, per rifornirsi, il sistema ha bisogno del deficit di conto corrente del paese più importante (o comunque di uscita di capitali da questo paese). Alla lunga, sia i debiti privati – soprattutto a breve scadenza – che possono essere ritirati e convertiti in altre valute, sia i debiti ufficiali (le riserve in dollari degli altri paesi che sono debiti ufficiali degli USA) finiscono per indebolire la fiducia nella stabilità della valuta chiave. Ciò è noto come dilemma di Triffin: nella misura in cui il sistema internazionale opera con una valuta nazionale mina la stabilità di quella valuta, perché non possono che accumularsi averi di non residenti e riserve denominate in essa che sono debiti del paese che la emette Alla fine degli anni Sessanta, quindi i paesi che partecipavano all'accordo cominciarono a presentare livelli di inflazione molto diversi: i prezzi statunitensi salivano determinando una perdita di competitività, mentre paesi come il Giappone e soprattutto la Germania, al contrario, registravano un attivo dai loro scambi con l'estero accumulando dollari. La speculazione a favore del marco e contro il dollaro contribuì ad aumentare il flusso di capitali in uscita dagli Stati Uniti il che, insieme alle spese sostenute dal governo americano per finanziare la guerra in Vietnam e agli investimenti in Europa da parte delle imprese americane, determinò deficit di bilancio pubblico e della bilancia dei pagamenti sempre più grandi. Ciò diffuse una profonda sfiducia nel dollaro cosicché molte banche centrali cercarono a più riprese di convertire i dollari in loro possesso in oro. Di fronte a questa situazione insostenibile per la moneta americana, nell'agosto 1971 l'allora Presidente degli Stati Uniti, Richard Nixon, dichiarò l'inconvertibilità del dollaro in oro, decretando ufficialmente la fine del sistema a cambi fissi, di fatto già avvenuta negli anni immediatamente precedenti. 26. Il regime a cambi fluttuanti Come per qualsiasi prezzo, le variazioni del cambio dovrebbero essere in grado di assicurare il riequilibrio del mercato delle valute estere: se la domanda di valute estere eccede l’offerta, il cambio sale (prezzo del $ in lire), contenendo la domanda ed espandendo l’offerta (inconvenienti: fluttuazione sporca). Una ragione positiva dei cambi fluttuanti è che la fissità dei cambi favorisce l’attività degli speculatori. Infatti quando la modifica della parità è probabile la fissità del cambio si traduce in premio agli speculatori che possono procurarsi la valuta desiderata a un prezzo fisso e indipendente dagli acquisti fatti. Solo la libera fluttuazione consente alla lira di deprezzarsi parallelamente all’operare della speculazione, in misura sufficiente a non rendere la speculazione stessa profittevole. Ma mentre il cambio si deprezza per effetto degli acquisti speculativi, la previsione iniziale del cambio futuro varia, il cambio previsto a una certa data futura è influenzato dal cambio attuale e dai suoi movimenti. La flessibilità ha svantaggi in termini di incertezza sul prezzo delle valute estere, il che può ostacolare gli scambi di merci e i movimenti di capitale a medio e lungo termine.
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