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politiche dell'ambiente, Appunti di Diritto dell'ambiente

appunti del corso politiche dell'ambiente completi

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 06/05/2024

cate-basile
cate-basile 🇮🇹

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Scarica politiche dell'ambiente e più Appunti in PDF di Diritto dell'ambiente solo su Docsity! POLITICA DELL’AMBIENTE – 9 CFU PRESENTAZIONE CORSO Per esame: appunti, manuale Bagliani e Dansero ‘politiche per l’ambiente’, Giovannini ‘l’utopia sostenibile’ (all’esame si parte una domanda sul corso, appunti!). ECONOMIA DELLA CIAMBELLA: definisce lo spazio che permetterebbe alla popolazione di godere dei diritti sociali di base senza sfondare i limiti planetari >> country comparisons. Paesi che eccedono e non sono riusciti a garantire i bisogni sociali e paesi che riescono a garantirli, ma non rispettando i limiti ambientali Keith Raworth. Lei fa un’ipotesi, c’è un tetto oltre il quale non si può andare, ma per molti paesi il problema è avere i diritti di base, questo perché nella nostra società complessiva c’è il problema di avere diritti sociali e sostenibilità ambientali allo stesso modo. Idea di natura: Oltre l’idea di natura, noi non abitiamo l’ambiente, abitiamo il territorio, che ha già subito la mano dell’uomo. Tra i fondatori della scuola territorialista anni ’80 c’è Turco con ‘la teoria geografica della complessità. Non è una natura primigenia, ma antropizzata anche attraverso un punto di vista cognitivo in base a CHI la abita (svolta ontologica, in base alle culture, Descola). Ciò attraverso la territorializzazione, denominazione, reificazione (strade, vie…), strutturazione (organizzare il territorio es divisione stati) sia dal punto di vista fisico che culturale ambiente (ciò che sta intorno, definizione antropocentrica) che diventa territorio. Esempio: Lagos, zona di terra creata artificialmente per sopperire alla problematica di inondazioni, foresta MAU, completamente artificiale, gli attori diversi, quali sono i soggetti organizzati, che esprimono progettualità su un territorio, si confrontano (cooperando, avendo conflitti) e a Mau ad oggi i proprietari della foresta cooperano con organizzazioni che tutelano la foresta però escludendo popolazioni locali. POLITICA E POLITICHE Politica dell’ambiente, rapporti di forza in un contesto di appropriazione della natura. Importante pilastro è stata la conferenza a Parigi nel 2015 con gli obiettivi di contenimento. [Donne Puyo in Ecuador, dove ci sono importanti riverse petrolifere, protestano per la lotta alla povertà, per la questione ambientale, locale (e sociale indigena) e internazionale.] Le dinamiche degli attori: si parla in termini di interazioni conflittuali tra diversi attori, cioè finalità, strutture territoriali, risorse diverse a seconda della popolazione (materiali e non). LE DINAMICHE DEGLI ATTORI …. Vere slide Planetary boundaries, grafico, possibile domanda d’esame, descriverlo, chi , quando e poi spiegare. Il modello dei limiti (oltre i quali gli avvenimenti potrebbero entrare in gioco anelli di retroazione, ma questa retroazione fa da freno) planetari ha una matrice scientifica, ma ha fin da subito un obiettivo operativo sul provare a condizionare le politiche ambientali orientandole verso una prudenza che tiene conto dei limiti di cui spesso ci si dimentica. I ricercatori identificano 9 processi che regolano la stabilità di resilienza del pianeta. Se alteriamo anche solo uno di questi 9 processi rischiamo un collasso del sistema. [Stockholm resilience centre] I quali sono: -il cambiamento climatico -integrità della biosfera -cambiamento del sistema terra -acidificazione degli oceani (presenza nell’aria di particelle che causano malattie e può alterare il funzionamento complessivo come il sistema dei monsoni) -capacità di creare una natura nuova può portare ad una serie di crisi del sistema complessivo nell’assorbire entità -l’agricoltura ha introdotto nel sistema alta quantità di fertilizzanti azotati e fosforici - la quantità d’acqua disponibile nei fiumi torrenti e green water (ottenuta dal ciclo delle piante) -esaurimento dell’ozono atmosferico, unico successo politico dal punto di vista ambientale che dagli anni ’80 si è riuscito a calmare. Queste variabili cercano di identificare come e quando il sistema può andare in crisi con il variare di queste variabili. Un ragionamento culturale complessivo ci pone davanti all’idea che i cambiamenti che sono avvenuti ci portano a perdere la sicurezza in quanto non siamo sicuri, quindi dovremmo fermarci. Il concetto di limite è rischioso, potrebbe portarci in un’ottica in cui la natura condizionerebbe la società. In realtà vanno considerati in base alla società che vive in un determinato contesto. Si cerca come si è sempre fatto cercare di portare in là il limite che mi permette di gestire le situazioni. La questione è che ora, superare i limiti, mette in pericolo l’intero sistema del pianeta e della specie, in quanto la velocità degli avvenimenti è rapida. In un concetto di limite relativo e assoluto (quantità/qualità), fanno una scelta a livello quantitativo, per guidare le politiche in questione, spiccate. Manda quindi una visione qualitativa/distributiva. SISTEMA Insieme di parti organizzato, è più della somma delle diverse parti, è interconnesso in una struttura con regole e gerarchie, che produce una serie di comportamenti finalizzati in funzioni e scopi. Più un sistema è diverso, più risulta essere resiliente, al contrario un sistema multistrato sarà più in grado di far fronte a criticità. Renè Thon teoria delle catastrofi Le parti e il tutto: sub-sistemi e gerarchia input/output, fenomeni lineari e non, soglia e punti critici, in un sistema complesso, i fenomeni risultano essere NON lineari, cambiano le variabili e questo fenomeno è collegato a retroazioni (alla fine di un processo ho un prodotto che condiziona l’evoluzione del processo stesso): -positiva, quando la retroazione genera un ulteriore sviluppo del processo stesso, amplificazione (es più fa caldo più si scioglie il permafrost più si alzano i livelli del mare…) Si parla di "retroazione positiva" quando i risultati del sistema vanno ad amplificare il funzionamento del sistema stesso, che di conseguenza produrrà risultati maggiori che amplificheranno ulteriormente il funzionamento del sistema. I sistemi con retroazione positiva sono facilmente (ma non sempre) instabili e tipicamente portano il sistema a divergere. -negativa, l’esito del processo inibisce le cause, stabilità, omeostasi (più CO2 c’è in aria, più c’è una differenza di CO2 negli oceani che se la prendono, fino a che sarà troppa e quindi diventerà un problema), meccanismi di regolazione dettati dal susseguirsi degli eventi (equazione Lotka-Volterra dell’ecologia). Si parla di "retroazione negativa" (o "controreazione") quando i risultati del sistema vanno a smorzare il funzionamento del sistema stesso stabilizzandolo. I sistemi con retroazione negativa sono in genere stabili e tipicamente portano il sistema a convergere Una variazione minima può provocare situazioni di soglia (tipping points), fino ad un certo livello i cambiamenti vengono assorbiti, poi subiti. Il sistema ha un’inerzia, oltre il limite della soglia, si autoalimenta. Si deve cambiare il punto di vista nel guardare i fenomeni, alcuni processi sono irreversibili. GRANDE ACCELLERAZIONE Variabili che cambiavano, nel 1945, dopo il succedersi di eventi nella civiltà. L’uso dei combustibili nella seconda metà dell’800, l’inizio del capitalocene. Alcuni autori che hanno inquadrato il problema in anticipo sono Friedrich Ratzel con antropocene 1882, Ernst Friecrich 1904, Elisèe Reclus 1868 oggi l’uomo sta cambiando la natura, George Perkins Marsh 1864 che ha sottolineato la centralità dell’uomo nel rapporto con la natura evidenziando aspetti negativi ma anche una possibilità di riscatto, Jean Bruhnes 1910 il quale si riferiva a economie nomadi con l’economia di rapina’ cercando d applicarlo al pianeta (attingere a riserve che stanno fuori la società), Bogdanov 1919, lui pone impostazioni nella teoria. SVILUPPO, DALLE SUE ORIGINI Inserire tabella sviluppo! Dopo il ’45-‘70, “i 30 gloriosi”, con Truman, che mette in evidenza il significato di sviluppo che allora era corrisposto alla crescita economica, avanzamenti scientifici, progresso industriale. Prima transizione 1970-1980, crisi, prime conferenze Neoliberismo 1980-1991, aggiustamento dello sviluppo, ‘unione del carbone e dell’acciaio’ = a partire dagli anni ’70, c’è stata una grande crescita della produttività e produzione  Rivoluzione Verde ( J. Moore: cibo a buon mercato, cheap). United Nations Conference on the Human Environment Stoccolma, 1972 UNEP Ci si trova alla fine di una fase espansiva e la Svezia inizia a smuovere le Nazioni Unite per porre nell’agenda l’ambiente  ambiente umano. Da qui esce fuori  rischio che le conseguenze ambientali mettano in pericolo la società. !! No preoccupazione per l’ambiente o ecosistemi e biodiversità in senso stretto. Contesto geopolitico Dal POV politico si trattò di una conferenza controversa:  trovandoci nel mezzo della Guerra Fredda, il blocco socialista (capeggiato dall’URSSS) non partecipa ai lavori.  Il dibattito, nonostante dovesse essere legato all’ambiente, si mescola e viene influenzato da ragionamenti Nord-Sud e movimenti anticoloniali.  Guerra del Vietnam  Indocina. Alla fine della Conferenza si arriva alla pubblicazione di una Dichiarazione finale e un piano d’azione. Art. 1: Da qui traspare il tema dell’ambiente ma risalta il ruolo dell’uomo che ha il potere di plasmare a suo piacemento e per le sue necessità l’ambiente Art. 4: i problemi ambientali nei paesi sottosviluppati (ex. coloniali) sono causati dal sottosviluppo. !! Preoccupazione dei paesi in via di sviluppo  utilizzo dei fondi per lo sviluppo di questi stessi paesi per questioni di tipo ambientale. Art. 5: crescita naturale della popolazione presenta dei problemi per la conservazione dell’ambiente  influenza degli studiosi malthusiani. Principio 1: libertà  primo concetto sottolineato in questo principio. Idea che vada affermata la libertà dell’uomo e che la capacità e l’ingegno dell’uomo permetterà di trovare un equilibrio, attraverso l’utilizzo delle tecnologie. Le politiche ambientali in Europa 1972 – 80  Processo a cascata Unione Europa porta agli stati quello che era stato proposto dalle Unioni Unite.  1972  Vertice di Parigi. Anni in cui la comunità europea si sta allargando Qui, vengono poste le basi:  1973-82  I e II Programma di Azione Ambientale Principi-guida  Azione preventiva  rischi conosciuti e scientificamente provati. Interventi alla fonte.  Riparazione dei danni alla fonte  ripristino della situazione precedente il danno (ex. bonifiche).  “Chi inquina paga”  responsabilità. Non è possibile trasferire sulla società e condividere il danno. (esternalità e rischio rovesciamento del principio). (Nel 1992 viene aggiunto quello della precauzione) !! Ancora oggi questi principi sono alla base dell’azione della politica ambientale europea. Gli “incidenti” industriali Dal 1963, con la tragedia del Vajont, fino a qualche anno fa con quella di Beirut, nel 2020:  Rassicurazione nel considerarli incidenti  ma fanno ormai parte della nostra quotidianità.  Continuità  Episodi di storia, della nostra contemporaneità. ( collegamento con equazione IPAT: da considerare anche la popolazione, chi vive in quell’area). Continuità di eventi “straordinari”: Rischio = Probabilità x Vulnerabilità x Esposizione (= quanto valore c’è) La seconda metà degli anni ’70 e inizio anni ’80 è il momento in cui avvengono diversi incidenti importanti e vi è il primo tentativo da parte delle istituzioni di normare queste situazioni. Punto di partenza: Vajont (1963)  racconto di questa tragedia: natura matrigna incontrollabile… non vi sono attribuzioni di grandi responsabilità tranne da parte di alcuni intellettuali molto politicizzati. Non vi è un dibattito, questo incidente, anche se produce migliaia di morti non produce una conseguenza politica. Invece, nella seconda metà degli anni ’70 il clima è cambiato: UE e incidenti industriali  Seveso (1976)  Meda-Seveso. ICMESA, in questa impresa si producevano triclorofenolo (= prodotto molto presente nell’industria chimica, apportando vantaggi efficaci che però comporta una grande pericolosità dell’uomo), per la produzione di diserbanti. Incidente  fuga di diossina. ( L. Conti, Una lepre con la faccia di bambina, 1978) Il punto principale di questo incidente non è l’incedente in sé  ma quello che succede nei giorni successivi. Problema di informazione  manca la coscienza da parte dei produttori e dei cittadini dei potenziali rischi. !! costo socio-ambientale + tema così poco considerato che autorità e cittadini si trovano completamente impreparati (= punto centrale) Direttiva Seveso (1982, 1996, 2012) L’obiettivo principale di questa direttiva sottolinea la necessità di essere informati, di informare e di essere preparati in caso di incidente. Ogni impresa che viene ritenuta a rischio deve elaborare:  Identificazione dei siti di rischio  Inventario Nazionale degli Stabilimenti a Rischio di Incidente Rilevante.  Elaborazione di piani Coordinamento Controllo siti a rischio (ARPA) Informazione ai cittadini GLI STRUMENTI DELL’UE Quando si parla di iniziativa dell’UE dal POV delle politiche ambientali si parla di normative, regolamenti e direttive. UE  soggetto politico ibrido e ambiguo, in quanto è qualcosa che supera gli stati anche se non completamente. Delegate una serie di competenze all’UE ma con paletti e freni. UE, con il suo meccanismo sovranazionale, può spingere gli Stati a fare qualcosa, MA gli Stati rimangono i soggetti principali e unici con il potere finale di effettuare delle azioni a livello ambientale. !! Dialettica fra soggetto sovranazionale e Stati che rimangono titolari COME PROCEDE UE Regolamenti Attivo da subito e vale da subito. Presenta un carattere regolativo e normativo, descrive procedure. Ex. REACH Nel 2006 viene approvato questo regolamento che descrive come funziona l’ingresso di una produzione di materiali prodotti potenzialmente pericolosi dal POV chimico. Deve esistere un regolamento che vada a normare questi prodotti = REACH, Registration, Evaluation, Authorisation of Chemicals. Direttive Normative che fissano degli obiettivi. Vincolo sugli obiettivi, ma non sui mezzi e le forme (solo indicazioni su cosa si debba fare). Queste direttive sono recepite dagli Stati secondo le loro legislazioni. Ex. Direttiva Seveso (1982) Sul territorio italiano diventa direttiva solo nel 1988. !! In caso di mancata attuazione l’UE avvia una procedura di infrazione ( può riguardare tanti aspetti). Vi è una lettera di richiamo, se non si smuove da questa situazione di passa alla Corte di Giustizia e vengono previste delle sanzioni. ( GRAFICO sulle infrazioni e sanzione. Italia tra i primi posti). !! Disallineamento tra fenomeni e sanzioni  questioni ambientali con impatti internazionali ma con una gestione e sanzionamento nazionale. + raccomandazioni e pareri: ATTI NON VINCOLANTI Condizionamento della modalità di azione dei diversi decisori politici. QUADRO STORICO Anni ’80 – Neoliberismo Con gli anni ’80 cambia un ordine organizzativo e lo Stato che era il motore di molte politiche, diventa un problema, un vincolo, un rallentamento. Motore principale: mercato La società diventa meno rilevante a favore dell’individuo. Questo si porta dietro di una trasformazione dell’inquadramento della tematica ambientale. !! Forte accento sul comportamento degli individui. Questa stagione arriva fino alla fine degli anni ’90. Dopo 1991 globalizzazione grandi conferenze con produzione di documenti che sono diventati punti di partenza). nascita di Partiti Verdi 1989  The end of Nature (McKibben): porta a livello di dominio pubblico il tema del cambiamento climatico Politiche ambientali internazionali (1980-90) Internazionale Convenzione di Basilea (1989) Gestione internazionale della gestione dei rifiuti controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e del loro smaltimento preso in considerazione lo scarico di rifiuti pericolosi nei paesi in via di sviluppo. BASILEA: nel 1986 è il teatro di uno dei disastri ambientali europei. Incendio in un’industria farmaceutica. Accordi sull’ozono stratosferico (1985-87) IMPORTANTE perché dimostra come nel momento in cui la comunità internazionale si unisce, in un momento breve identifica il problema, identifica le soluzioni e risolve il problema. Anche in un contesto politico molto difficile ( anni finali della Guerra Fredda). Unione Europea allargamento con Grecia, Spagna e Portogallo Direttiva Seveso (1982) III Programma – Valutazione Impatto Ambientale (1983 – 1986) In questo terzo programma viene posta una questione  la valutazione di impatto ambientale, tradotta in una direttiva. Si tratta di uno strumento preventivo che gli stati si danno per valutare l’impatto ambientale di una determinata opera, in alcuni settori importanti (come le industrie). Valutazione Disegno di scenari (cosa potrebbe succedere, gli impatti di costruzioni ecc.) e ipotesi. Esiste anche l’opzione zero – non attuazione dell’opera – che da comunque conseguenze da considerare. Non si tratta di una delega ai tecnici, ma questi devono disegnare una serie di scenari, valutare tutto e questo deve essere portato ai cittadini che hanno un limite di tempo per entrare a conoscenza dei rischi e dei vari scenari, per poi riportarlo ai tecnici. !! Rimane una decisione politica, ma questa valutazione disegna un percorso obbligatorio di partecipazione anche della cittadinanza. Questa normativa è stata resa burocratica, informale e poco sostanziale  standardizzato, coinvolgimento della cittadinanza limitato… Atto Unico Europeo (1987) Inserimento dei principi-guida nel Trattatto ( porta a Trattato di Mastrich) Il “buco” dell’ozono (!! Diverso dal cambiamento climatico) Assottigliamento del buco dell’ozono e non traspira i raggi ultravioletti  conseguenze a livello di salute. Ozono (O3)  gas velenoso per noi. Svolge funzioni diverse a seconda della sfera atmosferica nel quale si trova. Deve stare in alto, nella stratosfera per fare da filtro per i raggi ultravioletti. !! Nell’arco di pochi anni si ha la convergenza tra comunità scientifica, politica e società civile. Scienza  iniziano ad uscire articoli che dimostrano la pericolosità del fenomeno che sta succedendo. 1985  articolo su Nature Concetto importante in quanto inquadra un periodo storico, quello in cui la comunità internazionale ha preso coscienza della tematica ambientale e del fatto che il problema ambientale ricade subito a una problematica sociale. Si tratta di un’arma a doppio taglio:  incoraggiamento alla protezione  considerazione della tematica ambientale per il proprio tornaconto  ragionamento antropocentrico  fino al mio interesse agisco. !! L’evoluzione di questo ragionamento sarà il pagamento per servizi ecosistemici  inserimento degli elementi ambientali (ex. foresta) all’interno di un circuito di mercato, basato sull’idea di utilità. Servizi ecosistemici: benefici derivanti dagli ecosistemi per l’umanità Quattro dimensioni: 1. Supporto: formazione del suolo, fotosintesi… 2. Regolazione: regolazione del clima, qualità dell’acqua… 3. Produzione: cibo, acqua, legna… 4. estetici e culturali: spirituali, ricreativi… Ecosistemi  per finalità scientifiche (di studio) e politiche si è sentita l’esigenza di guardare a una scala più ampia e quindi identificare unità più ampie che si distinguono tra loro. Una classificazione generale è quella dei:  Biomi  unità che lavorano su quale tipo di vegetazione c’è in quale clima (ex. 14 foreste)  Ecoregione  dagli anni ’70. Ex. 844 ecoregioni terrestri  poi riproposta da Karl Burkart nel 2020 che arriva a 185 bioregione  Bioregione  (WWF, 2020) contengono diverse ecoregioni. Il concetto di bioregione così come inquadrato oggi è diverso rispetto al bioregionalismo, che è un concetto politico. !! Le rappresentazioni geografiche sono legate a una certa intenzione, a una certa politica. QUADRO STORICO Rottura  modello di grande convergenza globale viene meno nei primi anni 2000. Fine di una fase di globalizzazione politica, dove vi era una fiducia di risoluzione dei problemi a scala globale. Questa idea viene meno per vari motivi  Negli anni ’90 vi era uno stato decisamente più forte degli altri (USA)  cambiamento. La Russia che inizialmente era in grande crisi, dipendente dagli USA, ora invece non è più così. La Cina negli anni ’90 gioca un ruolo marginale, ma negli anni aumenta la sua importanza fino a diventare un soggetto imprescindibile.  USA  cambio di strategia. Anni ’90: presidente Clinton. Con il 2001, si cambia strategia. Si ritirano da accordi internazionali importanti, non rettificano il Protocollo di Kyoto. !! Lo scenario si frammenta. Anche dal POV delle prospettive sulla tematica ambientale si frammenta, prima dal POV scientifico e poi politico. Nei primi anni 2000 vengono pubblicati dei libri che problematizzano l’idea prima dominante di una natura per tutti:  “Environmentalism of the Poor” (2002) – Martinez Alier  distribuzione diseguale delle problematiche e conseguenze ambientali. Il problema ambientale è mescolato al problema sociale e popolazioni indigene vivono in maniera diversa le problematiche ambientali rispetto alle popolazioni occidentali. L’idea di Natura, selvaggia ecc., rientra nell’idea dell’Occidente che aveva utilizzato questo concetto, questo “culto della wilderness”, come strumento  “Par-delà nature et culture” (2005) – Philippe Descola  quattro tipologie. Identifica quanto la realtà ed entità umana e non umana siano identificate come sfere distinte e ragiona sulla possibilità di interazione e comunicazione tra le varie sfere.  ideale dell’Occidente, in cui vi è una netta divisione; mentre, in altre parti del mondo, possibilmente vi è un incontro tra le varie sfere. La declinazione politica di questo ragionamento si ritrova nella: Dichiarazione di Cochabamba Conferencia Mundial de los Pueblos sobre el Cambio Climàtico y los Derechos de la Madre Tierra (2010)  Esplicitamente in polemica su quello che stava accadendo in quegli anni sulla questione ambientale. In questi anni era fallita la COP15 di Copenaghen (2009) !! Necessario un cambio di prospettiva “In un sistema interdipendente del quale noi esseri umani siamo una delle componenti non è possibile riconoscere diritti soltanto alla parte umana senza provocare uno squilibrio in tutto il sistema. Per garantire i diritti umani e ristabilire l’armonia con la natura è necessario riconoscere ed applicare effettivamente i diritti della Madre Terra.” Il debito ecologico Anni in cui si parla di debito (dal POV dello sviluppo?) i movimenti indigeni riuniti a Cochabamba rovesciano la prospettiva: occidente debito nei loro confronti  sfruttamento territorio, materie prime rilevate dalle loro terre, senza alcun tipo di ritorno se non di conseguenze. !! Estrazione materiale e non materiale  conoscenze indigene estratte senza compensazione. a) Esportazione di materie prime  costi di riproduzione; futura mancanza di disponibilità; costi di ripristino; corrispettivi per conoscenze b) Uso di spazi e servizi ambientali  costi non pagati di bonifica per impatto ambientale; costi non pagati di produzione di emissioni nocive (CFC; Co2) Critiche:  Riconoscibilità del debito  Monetizzazione della natura Gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) Evoluzione politica  si arriva al 2015 con un importante Summit a 20 anni da Rio.  2012  Rio de Janeiro: riflessione su uno scenario a lungo periodo. Viene elaborato un documento “The future we want”. Viene convocato il Summit dello Sviluppo Sostenibile – UN Sustainable Development Summit ATTENZIONE Settembre 2015  Summit, 17 obiettivi Dicembre 2015  Accordo di Parigi sul Clima. Per quanto riguarda gli obiettivi di sviluppo sostenibile: 1. Logica in cui la sostenibilità è trasversale, dappertutto. L’elemento ambientale viene quindi enfatizzato 2. Spostamento dai Paesi del Sud del Mondo come unici attori  coinvolgimento di tutti i paesi del pianeta: obiettivi globali. a) Nord e Sud globale: questione distributiva b) Ampliamento degli attori coinvolti Rischi:  frammentazione  approccio quantitativo  che da una parte ha una forza comunicativa enorme; ma dal POV del senso complessivo presenta rischi: statistica a scala nazionale ( no diversità interna) + dati molto inaffidabili nelle zone del Sud del Mondo in quanto i servizi statistici sono molto sottopagati. Inoltre, i dati statistici sono molto manipolabili. Questi obiettivi rappresentano quell’elemento intorno e attraverso il quale si stanno costruendo le varie politiche e con effetto a cascata stanno influenzando e guidando i vari governi. Divisione in parti: 1. Prima parte  problemi sociali 2. Seconda parte  sei obiettivi che qualificano il tipo di modello di società che si vuole avere. L’obiettivo 11 è una novità, in quanto non è un obiettivo tematico, ma geografico. 3. Terza parte  nucleo di problemi ambientali: clima, ecosistemi acquatici e terrestri 4. Quarta parte  due obiettivi finali politici: pace e cooperazione LE POLITICHE AMBIENTALI INTERNAZIONALI 2001 – 2015  Internazionale  accordo di Parigi sul clima + SDGs: gli Stati prima non considerati e “in via di sviluppo” vengono portati all’interno della discussione. Approccio diverso: nuova prospettiva che “provincializza” l’Europa e l’Occidente.  Unione Europea  fino all’uscita dell’UK nel 2020 sembra essere un soggetto forte. Allargamento a Est (2004 – 2013). Si dota di una “costituzione” nel 2007 con il Trattato di Lisbona. 2010  Europa 2020: entro il 2020 si impegnano a lavorare su tre questioni importanti. Pacchetto 20-20-20 (chiamato così) 1. riduzione delle emissioni di gas serra del 20% rispetto al 1990 2. 20% del fabbisogno di energia ricavato da fonti rinnovabili 3. aumento del 20% dell’efficienza energetica !! Obiettivi che andavano a superare gli obiettivi di Kyoto ( UE ancora sotto il protocollo) Dopodiché, vi sono i piani ambientali, ovvero strategie dell’UE per quanto riguarda l’ambiente:  2001-11  6° PAA “Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scelta.”  2013-20  7° PAA “Vivere bene entro i limiti del nostro pianeta.”  2022-2030  8° PAA; 2019: Green Deal Europeo. spostamento da un certo ottimismo, che si fonda sull’idea di sviluppo sostenibile, fino a un’attenzione e preoccupazione più alta. GREEN DEAL EUROPEO  gioca sul Green Deal americano, ma in termine green. Il mondo dell’ambiente deve essere considerato come un problema o limite, ma deve diventare il motore della nuova crescita dell’UE. Qui, vengono posti obiettivi ambiziosi dal POV delle emissioni, Farm to Fork… BIODIVERSITA’ Conservazione e gestione sostenibile dell’ambiente A Rio (’92) vengono affiancate per la prima volta questi due concetti:  Conservazione  Gestione = rottura della contrapposizione presente nel primo ambientalismo di chi voleva proteggere l’ambiente e chi voleva proteggere le popolazioni indigene. Il concetto di conservazione nasce per la prima volta in USA con un approccio di proteggere l’ambiente, i parchi naturali ecc. VS le popolazioni, i “selvaggi” che ci abitavano. Questo scontro esiste ancora oggi:  da una parte, le grandi ONG ambientaliste (ex. WWF; aree protette: oasi)  dall’altra, associazioni che inseriscono nel discorso anche le popolazioni indigene (ex. Survival International) Biodiversità Il concetto di biodiversità non esiste da sempre, è un modo per guardare e trattare le problematiche ambientali; diverso dalla logica della conservazione classica (= frenare, limitare per paura di perdere qualcosa). Il concetto di biodiversità invece è complementare a ciò e completa la conservazione, difende la diversità dell’ambiente. Anni ’80  inizio diffusione del termine  Conferenza 1986  Edward O. Wilson  1992 Summit di Rio Dopo gli anni ’70  emerso il discorso sistemico La biodiversità è importante in un’ottica sistemica  più un sistema è diverso, variegato, più è capace di resistere e rispondere agli shock esterni. BIODIVERSITA’ = varietà biologica che c’è in un determinato contesto. Ci sono varie scale in cui si può leggere il fenomeno: Biodiversità genetica: all’interno della specie io ho diverse varietà. Biodiversità di specie: specifica in un ambiente. Biodiversità degli ecosistemi: dà un’idea della complessità e varietà di un ecosistema. La biodiversità oggi non è distribuita in maniera uguale nel pianeta: luoghi in cui ve ne è di meno, altri dov’è custodita gran parte della biodiversità. Sono stati individuati 17 Stati definiti megadiversi, in quanto hanno un’alta quantità di endemismi (ex. foreste tropicali), ovvero specie che esistono solo lì. Dal POV politico questo è importante  fare attenzione, proteggere questi stati in cui si concentra maggiormente la biodiversità. Hotspot. Caratteristiche:  Complessità  Resilienza  Multistabilità = avere tanti punti di equilibrio. Perché difenderla?  Unità diretta: quando sparisce una specie vegetale o animale vi è un costo diretto sul sistema Terra  Servizi vitali  Valori: la scomparsa di una specie animale è solo una questione di utilità diretta all’interno dell’ecosistema o ( ecologia profonda) esiste un valore in sé, che ha quella specie indipendentemente dalle specie umane? Perdita biodiversità: BIODIVERSITÀ Conservazione e gestione sostenibile dell’ambiente nasce in principio come atteggiamento contro le popolazioni indigene in America per far sì che il territorio non venisse degradato e distrutto. Questo scontro esiste ancora oggi, il WWF ad esempio, crea oasi, chiuse, di preservazione, che la escludono dal resto. Ci sono poi altri gruppi ambientalisti sti che invece agiscono integrando gli ambienti in difesa delle comunità locali. La conservazione classica frena, limita per la paura di perdere qualcosa, il concetto di biodiversità invece, è complementare e pensa a livello di integrazione non di separazione. La biodiversità è importante in ottica SISTEMICA, perché il sistema più è integrato, più riesce a reagire a imput negativi esterni. Esiste un discorso di biodiversità genetica, tante specie, variegate e un tipo di biodiversità specifica, di un ambiente e infine, degli ecosistemi, complessità di un ecosistema. Non è collocata allo stesso livello nel mondo e dal punto di vista politico per proteggere la biodiversità sarà diverso tra l’Ecuador o l’Italia, a livello di concentrazione di biodiversità, hot-spot, come le foreste. Più un sistema ha biodiversità, più è multistabile. Dal ’50 al 2000 c’è stata un picco di forte perdita di biodiversità. L’abbondanza relativa è la maggioranza di una specie in un gruppo di specie, la ricchezza di specie cioè numero di specie presenti, uniformità di specie cioè distribuzione degli individui. Differenza indicatore e dato, un dato, diventa indicatore quando è associato ad un determinato fenomeno. Indicatori di pressione come la CO2, indicatori di risposta, come emissioni evitate in caso di politiche di mitigazione. L’indice è aggregazione dei due o più indicatori, selezione, standardizzazione, ponderazione, aggregazione, gli indicatori degli indici ambientali sono rappresentazioni dell’ambiente. Red list index È un indice di specie monitorate 1949-64, che indicano le varie pecie dalla situazione critica all’estinzione. Una modalità è valutare l’estinzione all’interno di un paese, si ha più perdita di biodiversità in un paese dove questa biodiversità è presente in quantità maggiori. Il WWF con il living planet index, in una certa zona, determina il numero di specie perse. Biodiversity intactness index, da un valore 1 supposta nel 1700 per poi vedere quanto siamo lontani da una condizione di massima integrità. L’ultima estinzione di massa è avvenuta 450 milioni di anni fa e recentemente le estinzioni sono molto più rapide rispetto allo scorso millennio e le cause sono i cambiamenti del clima, distruzione e frammentazione degli habitat, diffusione di specie invasive, sovrasfruttamento delle specie e l’inquinamento. PERDITA DI BIODIVERSITÀ L’ultima estinzione di massa c’è stata 450 milioni di anni fa: -Perdita habitat -Inquinamento -sovrasfruttamento -diffusione specie invasive -cambiamento climatico Millennium Ecosystem Assessment, grafico a. Hampatè, Qui mon commandant! fece un viaggio tra Mali e Burkina Faso e attraversandolo viaggiò verso Dorì, oggi zona arida e dove si è perso il controllo dello stato per prese di potere militare islamico, nel 1930 era zona inondata scrive, piena di piante acquatiche e fauna acquatica, appariva come un’oasi dentro questo contesto. L’Africa occidentale ha subito un cambiamento intenso dove c’è stata una forte trasformazione dal punto di vista coloniale, cambiamento di vegetazione, di microclima e quindi di habitat. La frammentazione degli habitat inoltre è una perdita qualitativa. La disciplina che sta a cavallo tra ecologia e geografia è la ecologia del paesaggio, che delinea l’interazione tra ecosistemi, non è solo paesaggio, dove serve un osservatore e interazione uomo-natura, ma è un discorso più neutro, contesto più ampio di patch (tessere), in una matrice, un contesto (ecomosaico). I confini sono stretti, la separazione dal contesto fa sì che si perda la diversità biologica. Diventano importanti le zone di confine (ecotomi), perché qui coesistono sistemi particolari. Dal punto di vista animale il pesce persico del Nilo, dal punto di vista di flora il giacinto d’acqua, Pontederia Crassipes. L’UNEP identifica le 100 specie più pericolose per la loro capacità di essere invasive. Anche la Prosopis Juliflora è stata una specie utilizzata dagli occidentali con agricoltura di piantagione espropriando i terreni ai locali. L’inquinamento inoltre è molto forte ed è causa di eutrofizzazione. I cambiamenti climatici, forte cause scatenanti di estinzioni. POLITICHE DI TUTELA DELLA BIODIVERSITÀ La conservazione delle specie: l’occupazione fisica, con le prime tensioni tra le autorità coloniali e i locali per trattare la vegetazione e la caccia, gli USA con Roosvelt, che cacciava, avevano l’idea che gli europei dovessero tutelare l’area per proteggerla dalle popolazioni indigene che vengono mandate fuori dalle aree protette e dai coloni che avevano un approccio estrattivo. Per la sostruzione della ferrovia da Mombasa tutta la zona è stata aggredita a livello di flora e fauna con piantagioni del tè ad esempio. E quindi 1900 convention for the preservation of wild animals, birds and fish in Africa, far sì che non si perdano le specie, iniziano ad essere perimetrate aree es Yellowstone park per delimitare le costruzioni. Questo approccio fa nascere queste tematiche e poi verso inizio anni ’70 l’approccio alle dinamiche ambientali cambia, Accordo Stoccolma… non si possono proteggere le specie se non si difendono gli habitat, tutela degli ecosistemi: - Convenzione 1971 sulle zone umide, di Ramsar, di importanza nazionale perché le aree umide erano un problema, andavano bonificate (zanzare, no coltivazione). Qui si entra in una diversa dinamica, le aree umide vanno tenute. - Unesco, 1968, proteggere determinati ecosistemi, conferenza a Parigi sulla biosfera, 1971, Man and Biosphere, riserve della biosfera (core, buffer, transition) creare zone di cuscinetto, buffer e di transizione (più antropizzata), da conservazione pura a equilibrio tra società e natura che coesistono. - Direttiva uccelli del ’79, protezione della bifauna, convenzione di Berna - Direttiva UE uccelli, ‘habitat’, prima causa di perdita di biodiversità CONVENZIONE DIVERSITÀ BIOLOGICA La convenzione sulla diversità biologica, quadro, avvenuta nel 1992 1. Conservazione (art. 8-9 che definiscono il tema della conservazione e uso sostenibile) 2. Uso sostenibile delle sue componenti (art. 10) 3. Equa divisione dei benefici (art. 15 biopirateria, alcuni soggetti privati avevano accesso fisico a determinati saperi che facevano propri e brevettavano sulla base del patrimonio genetico che era lì e andava normato l’accesso di condivisione dei benefici) es. pianta del neem Azadirachta Indica, poteri insettifughi e usata in ambito medico in India, alcune imprese occidentali ad un certo punto e selezionarono la proprietà facendone prodotti commerciali e attraverso bioprospezione si brevetta e si vende poi. Privatizzazione di qualcosa che è stato selezionato da comunità che hanno fatto ricerca per i propri scopi negli anni. I 3 obiettivi della convenzione ripercorrono gli obiettivi che 196 parti si occuparono a sostenere (USA non ratifica, Vaticano non firma). C’è equilibrio tra conservazione e utilizzazione delle risorse naturali, conservazione in situ Con l’articolo 10 usciamo da una logica di natura che dev’essere incontaminata ed entriamo in un’ottica di conservazione di natura e interazioni con le comunità locali, che diventano parte della cooperazione. Negli anni ’90 il rapporto stato-comunità locale sono gli anni della democratizzazione e anche le realtà non politicamente cooperative, entrano a far parte delle cause decisionali. Da questa convenzione usciranno poi due protocolli: -prot. Di Cartagena sulla biosicurezza 2000, non bisogna usare la mancanza di ricerche scientifiche per ritardare la presa d posizione e abbassare i rischi dell’uomo. organismi geneticamente modificati, primi esperimenti su batteri GM es. insulina (farmaci) e normative anni ’70. Esperimenti sulle piante anni’80 e commercializzazione, che è entrato in materia molto forte, es. pesce fluorescente o animali ogm per la ricerca medica. Anni ’90 piante che vengono alterate per ottenere 3 tipi di esiti, resistenza agli insetti (tabacco, cotone, BT da bacillus thuriginensis) a erbicidi come Roundup. UE direttiva 2001/18/CE Questo tipo di normativa produce due scenari opposti, c’è una produzione concentrata in 5 stati, USA, Brasile, Argentina, Canada, India e 4 prodotti, soia, mais, cotone, canola, quindi producendo una specie modificata e vincente, avrò un collasso della biodiversità. -protocollo di nagoya, 2010 COP10 della convenzione sulla diversità, ABS accesso alle risorse genetiche e equa condivisione dei benefici, con tema principale il tema del prior informed consent. Questo in casi come la biopirateria. Siamo in una fase storica in cui le comunità locali acquisiscono un ruolo, c’è meno ingerenza dello stato e nel dibattito degli anni ‘90/2000 si inizia a pensare diversamente, cambiano le proprietà intellettuali e si fa strada sempre di più la globalizzazione. Agreement on trade related aspects of intellectual property rights International treaty on plant genetic resources for food and agriculture, FAO, diritti degli agricoltori. 2010, 20 obiettivi di Aichi, Nagoya, piano strategico per la biodiversità 2011-2020. Questi obiettivi entrano tangenzialmente negli obiettivi del millennio che nel passaggio agli obiettivi di sviluppo sostenibile, il paesaggio acquisisce un ruolo più importante con attenzione agli ecosistemi (obiettivo 14, conservazione e uso sost degli oceani) e 15, proteggere e ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema terrestre. TARGET: 15.1 >--- 15.9 COP 15 (CINA CANADA, 2022) SULLA BIODIVERSITA’ Kunming-Montreal Global biodiversity framework: 4 obiettivi generali e 23 target, -T 2, recupero ecosistemi degradati del 30% entro 2030 -T 3, 30 % aree marine e terrestri protette entro il 2030 (30x30) G. A, T. 4: fermare l’estinzione entro il 2050 T 19: 30 miliardi $/anno dei paesi ricchi per la tutela della biodiversità nei PVS. Aree protette: secondo gli obiettivi, tot aree protette, 13, 4 milioni km2 (1990) -> 20,5 milioni (2015) -> 34,1 milioni (2016). mentre la terra è ben definita dal punto di vista politico, negli oceani ci sono 2 tipi di strutture, dalla convenzione del 1982, entrata poi nel ’84, gli oceani prevedono le zone ZEE, a 200 miglia dalle aree costiere e qui gli stati hanno diritto esclusivo in quello che sta dentro, petrolio, pesci… le aree oltre i confini giuridici nazionali, dove le normative sono molto più fluidi, oltre le 200 miglia, dove la comunità può agire liberamente. Trattato sull’alto mare, il quale rappresenta il 50% della superficie terrestre, quadro legislativo per tutelare le risorse generiche, è stato appena raggiunto dall’ONU. L’obiettivo è proteggere il 30% degli oceani entro il 2030. Si tratta di un accordo molto importante perché fino ad ora l’alto mare è stata “terra di nessuno”. Ora finalmente questo tesoro così prezioso per il pianeta e gli ecosistemi può essere tutelato. Sabato 4 marzo i Paesi membri dell’ONU hanno siglato l’accordo internazionale per la tutela dell’alto mare. Genocidio delle popolazioni indigene da parte di Bolzonaro, è stato dichiarato da Lula, che è stato sostituito. CLASSIFICAZIONE IUCN Trattati sulle aree protette, classificazione della IUCN, che lavora a stretto contatto con le Nazioni Unite e che monitorano l’indice di perdita di biodiversità. Un punto importante è il carattere sistemico del processo di cui si parla, nel quale giocano un ruolo retroattivo i feedback loop, la risposta ad un imput può essere positivo, o essere negativo dove il ciclo di stabilizza perché di delineamenti. Inoltre, i ragionamenti di flussi, quelli che oggi sono in entrata e in uscita e stock, quelli che dobbiamo stoccare in qualche modo; inoltre, l’inerzia che hanno i sistemi, effetti distributivi che alcuni sistemi pagheranno più o meno e infine evoluzione non lineare. IPCC: LEGGERE E SISTEMATIZZARE LE RICERCHE SUL CLIMA. Non mette insieme solo i risultati prodotti dai ricercatori, ma semplifica il quadro in modo tale da agevolare la situazione per i governi traduce in CO2 i dati. Il grafico ci fa vedere che c’è un cambiamento che non si era mai visto dopo nell’olocene e tutto ciò è avvenuto in un tempo inedito, nell’800 era un momento tendenzialmente freddo, dal ‘900 si è iniziato a riscaldare e poi ha preso velocità. Questi cicli di retroazione si portano dietro un’inerzia e anche quando vorremo tirare il freno i fenomeni innescati andranno ancora avanti. Il cambiamento climatico da una prospettiva geografica Esiste un bilancio radioattivo della terra, tra dis-equilibrio e forzanti radioattivi, cioè qualcosa che rispetto all’andamento del pianeta terra dal 1750 che è cambiato in Watt. Ci sono due categorie: - Forzanti esogeni, variazioni minime nell’orbita che influenzano quanta energia arriva - Forzanti endogeni, Elementi che influenzano l’energia in uscita e modificano il pianeta terra, gas serra, emissioni di aerosol (polveri inquinanti/eruzioni), cambiamenti dell’uso del suolo dall’albedo Oggi il 90% delle emissioni è dato dai combustibili fossili, inoltre anche il tema del metano è rilevante che ultimamente è uno dei fattori più rilevanti e che si affacciano anche sull’aspetto politico che permette allevamenti intensivi e che producono la maggior parte di metano esistente. Co2, metano e rappresentazione sono i punti cruciali. Modello vasca da bagno, flussi in entrata e in uscita e stock. Parte del problema è quanta CO2 c’è in atmosfera (quanta acqua c’è nella vasca). Circa 1/3 della CO2 è assorbita dalle piante e gli oceani anche di più. La IPCC prova a formulare delle ipotesi a seconda di quanto possiamo aprire il rubinetto, ci sono scenari più positivi. Ciclo del carbonio Gran parte del carbonio che c’è in atmosfera è nella litosfera, nelle piante e negli oceani, aree di stoccaggio e serbatoi veloci es aree umide come torbiere o permafrost e fossili. I flussi, atmosfera/idrosfera, assorbimento 28% di emissioni antropogeniche dal 1750. Il carbonio in atmosfera che finisce in idrosfera causa l’assorbimento da parte delle alghe come pompa biologica (proliferazione di alghe) e la pompa carbonatica, organismi marini, emissione CO2. Il carbonio dall’atmosfera alla litosfera avviene per estrazione di combustibili, vulcani/degradazione materiali rocce carbonatiche e assorbimento. Dall’atmosfera alla biosfera, che assorbe il 30% attraverso la fotosintesi (fertilizzazione da aumento di CO2, respirazione e decomposizione/combustione. Retroazioni positive cioè fenomeni che si autoalimentano, irreversibili e veloci e tipping points, un esempio è la calotta glaciale della Groenlandia (causato da abbassamento quota, alghe, batteri, acque marine, acqua di fusione. MERCATI DEL CARBONIO possibilità di scambiare, vendere, permessi di emissione. Flessibilità vs ostacolo a crescita economica. È uno degli assi portanti della strategia complessiva che da Kyoto in avanti UN si sono dati. UE, soggetto che più di tutti è impegnato per riduzione emissioni, ha fatto di questo tema uno dei suoi punti di forza. Ha creato il sistema di scambio di emissioni di carbonio più strutturato, di maggiore valore. Ma mercato carbonio molto articolato e eterogeneo. La prima distinzione che è possibile fare è fra due grandi categorie, mercato obbligatorio e volontario. Obbligatorio: strutture, progetti, finanziamenti, che hanno a che fare con obiettivi nero su bianco di stati, che danno luogo a strutture, organizzazione, forme, mercato artificiale, regolato da certe istituzioni. UE riduzione emissioni di certo livello, fissati obiettivi, organizzate strutture che possano funzionare. È il mercato obbligatorio. Esempio, CDM, Italia impegno a ridurre di tot, Kyoto prevede che uno possa conteggiare anche progetti finanziati in Cina, e quindi siamo in mercato obbligatorio. Altro, UE io ho obiettivo complessivo di riduzione emissioni, obbligo con legge determinate industrie che producono molte emissioni, a contenere loro emissioni, do autorizzazioni a emettere ad ogni impresa, a ciascuno impresa quanto può emettere, e insieme mercato finanziario dove permessi si possono vendere, e comprare. Valore dei permessi ad emettere CO2 varia a seconda di quanta richiesta. Se economie in crisi, industrie vanno piano, permessi non servono, costano poco. Quando economia cresce, tutti ne hanno bisogno, diventano più cari. È l’ETS UE. Prodotti certificati, come CER per CDM, usati per assolvere obblighi, o ho permessi ad emettere e gli scambio su mercato finanziario. Volontario, riguarda soggetti che sono imprese o individui, che scelgono volontariamente di compensare le proprie emissioni con progetti che sono certificati. MERCATO OBBLIGATORIO dato di partenza è che CDM, con le sue criticità, difficoltà di garantire addizionalità, concentramento in pochi paesi e tipi di progetti, affronta crisi nel 2012 perché così tanti CER prodotti da progetti di CDM che i crediti non valgono più niente, prezzo crolla. Perché? C’era stato un eccesso di progetti, troppi realizzati o davano diritto a troppi crediti carbonio. Perde di senso intera operazione, posso compensare emissioni eccessive a costo bassissimo. E tema non risolto di fondo di sorta di doppio conteggio emissioni CDM, parco solare in Cina finanziato da Italia, Italia CER per compensare emissioni, e da altra parte Cina conta come progetto positivo per produrre energia solare e non petrolio, stesso progetto contato due volte. Crisi CDM, si porta dietro ridefinizione del sistema, che poi risulta dall’art 6 di Parigi. Per questo articolo non solo paesi ricchi che finanziano progetti in paesi poveri per produrre crediti, grande mercato internazionale che indipendentemente da dove prodotto progetto si ottengono i crediti che possono essere scambiati. Parigi poi in anni successivi si cerca di codificare nuovo sistema, ancora non concluso, fase di transizione in cui sono ancora validi i crediti prodotti dal CDM, che funziona ancora anche se meno. Da 2026 se non ci saranno future proroghe dovrebbe entrare in vigore nuovo regolamento. Tema legato agli standard volontari, società che agiscono in mercato volontario, che certificano crediti, che in futuro dovrebbero essere coinvolte in mercato obbligatorio, dovrebbe essere sfumata la distinzione, obiettivo a lungo termine è non avere distinzione. EMISSION TRADING SYSTEM UE, UE decide di fare lotta al CC uno dei punti forti di strategia crescita, fino da 2003 (Kyoto non in vigore, ma UE si muove in anticipo), direttiva emission trading che crea sistema di scambio emissioni a livello europeo, sorta di borsa, mercato finanziario, legato solo a emissioni. Emissioni tagliate da dove costa di meno, e progressiva riduzione cap. Classico meccanismo cap and trade, fissata soglia e sotto soglia scambi. Ue considera questa questione non solo un limite, ma potenzialità di sviluppo, spinta green economy con questo meccanismo finanziario. Logica non tanto sacrificio, problema e soluzione, ma trasformare problema in crescita economia. Teoria, poi criticità in funzionamento. Sistema che ad oggi è di gran lunga il principale mercato di emissioni di carbonio di scala globale. Altri più piccoli in California, in Australia etc. Ma Ue più grande, strutturato, da più tempo, e anche con tempo di aggiustamenti. UE assegna ad ogni impresa dei diritti di emissione, che poi controlla l’anno successivo. Se di meno, possono essere venduti permessi su mercato finanziario, se di più devono essere compensati su mercato finanziario. Come individuati soggetti coinvolti? Valutazione sui singoli impianti, ogni impianto diritto di emissione (non società). Prima categoria avviata da inizio, 1) gli impianti fissi (elettricità e riscaldamento, alta intensità energetica), tipo petrolio, siderurgico, cementifici, legname, carta, chimico. 2) In ultimi anni aviazione civile, perché grande fonte di emissioni, ad ogni società assegnati tot diritti di emissione, dentro lo spazio europeo. Ministero ambiente italiano, in schema EU ETS, logica autorizzazione a emettere gas serra, annuali. 1000 e oltre impianti. Tipo Enel, centrale termo elettrica. Complicazioni, prima fase eccessivi permessi con quei criteri, porta a problema dei prezzi, molto bassi, 2007 valore praticamente zero. Troppi permessi, dati con troppa facilità, UE passa a fasi successive del sistema, in cui non più validi crediti prodotti precedentemente, valore zero. Poi nuova fase aumento del prezzo, nuovi crediti, 2008 si rialza. Poi si riabbassa subito, crisi 2008, imprese calo di produzione, avanzano crediti, tanta offerta poca domanda, prezzo scende. Aggiustamenti che cercano di risolvere questione, ma fino a 2017 situazione non funziona, per 12 anni, prezzi bassi, crediti che valgono pochissimo, non incentivo a emettere poco, a contenere emissioni, per costo sforare è molto basso. Poi fase miglioramento economico e riduzione dei permessi, UE crea scarsità di permessi che permette a prezzo di tornare in alto. Poi 2020, picco calo (non bisogno di crediti). Subito dopo, marzo 2020 fino a oggi enorme crescita del prezzo, fino a 100 euro. Teoricamente imprese fortemente incentivate a emettere poco, perché compensare costa. Perché? Dinamiche economiche di crescita certi settori, ma in parte iniziativa UE che cambia alcune regole. In prima fase quote assegnate gratuitamente sulla base di emissioni prodotte in passato. Limite segnato a quel valore, grandfathering, sovrastimando i diritti di emissione, non portava a riduzione, manica larga, crea surplus di quote e crisi. E se uno avanzava crediti da anno precedente se li poteva tenere, poi intervento UE che limita possibilità di conservare crediti da un anno all’altro. E oggi permessi non gratuiti come all’inizio ma segnati all’asta. Fase pilota 05-07, fase 08-12, prime riforme 13-20, e nuova fase 21-30 che sembra oggi funzionare di più, porta il prezzo in alto. Ente di controllo: dichiarazione singolo impianto. Controlli non così difficile, centrale si sa quanta elettricità prodotta, si stima quante emissioni ha portato. Controllo non appare critico. Numero alto di impianti ma non enorme (1000). È il piano di monitoraggio e comunicazione emissioni. UE e CC, UE aveva obiettivo nel 2002 di riduzione dell’8% delle emissioni, raggiunto obiettivo, anche per crisi economica. 2009 con UE molto forte e impegnata, si elabora pacchetto clima e energia, o Europa 20 20 20, obiettivi al 2020 di riduzione del 20% dei gas serra, 20% energia da fonti rinnovabili e miglioramento del 20% nell’efficienza energetica (stesso prodotto, minor uso energia): è disaccoppiamento, crescita economica ma non crescita proporzionale di consumo energia, aumento del pil ma riduzione dei consumi energetici. Tempi che accelerano, obiettivi più ambiziosi e ravvicinati. 2014 quadro per 2030, riduzione emissioni del 40% (sempre rispetto a 1990), quota rinnovabili 32% e efficienza energetica al 32%), e obiettivi per 2050, riduzione 80/95% emissioni, 100% da fonti rinnovabili, 50% di efficienza energetica. 2019 altro documento fondamentale, EUROPEAN GREEN DEAL, documento che è il principale e più ambizioso documento politico di società, economia e ambiente, obiettivi ancora più ambiziosi, emissioni zero entro 2050, dimezzarle per 2030 (50% non più 40%). 2050 neutralità climatica, emissioni nette (abbatto e compenso), energia rinnovabili 40% entro 2030 e efficienza energetica del 36-39%. Vuole diventare punto di riferimento per GREEN ECONOMY, economia ad alta intensità di tecnologia e capitali, che porti impatto ambientale soprattutto su CC pari virtualmente a zero. “Nuova strategia di crescita (mai messo in discussione) mirata a trasformare l’UE in una società giusta e prospera, dotata di un’economia moderna (tecnologia), efficiente (punto chiave) sotto il profilo delle risorse e competitiva (modo con cui entra sul mercato dove altri hanno più vantaggi, come risorse etc) che nel 2050 non genererà emissioni nette di gas a effetto serra e in cui la crescita economica sarà dissociata (disaccoppiamento) dall’uso delle risorse”. Poi distinti settori con indicazioni specifiche, clima, energia, industria, agro-alimentare (farm to fork piano per ridisegnare in senso di maggior sostenibilità sistema agro alimentare), efficienza, inquinamento, biodiversità, mobilità. Risultati, 1990 4 mld di tonnellate (Europa non ancora a 27 paesi, ma per fare comparazione uso dati), riduzione limitata fino a crisi 2008 che attiva calo importante, 2012 attorno a 3,2 mld di emissioni di CO2, Kyoto raggiunto. 2020 calo per Covid, obiettivo 20% raggiunto, si passa a 2,5 mld. Aumento dopo per rientro crisi e guerra Ucraina. Prospettiva futura, diminuzione 2030 non semplice ma abbastanza in linea con calo ultimi anni, possibile ma ambizioso, tutto da costruire. Problema, UE conta come proporzione minima delle emissioni totali. Successo sarebbe segnale positivo, strada possibile (ma esternalizza emissioni), ma risultati raggiungibili, ma incide in maniera minima su emissioni complessive pianeta. MERCATO VOLONTARIO sta crescendo molto in ultimi anni accanto all’obbligatorio, individui e imprese che scelgono per marketing o scelta etica di compensare emissioni di gas serra con progetti realizzati in varie parti del pianeta. Insieme di crediti certificati ufficialmente nel 2021 era di 2 mld di dollari, 4 volte il valore del 2020, mercato che sale di valore al pari di quello europeo. Diventa più normale per imprese poter dichiarare di essere avviati o di essere neutrali dal punto di vista del carbonio, emissioni compensate da progetti di assorbimento (energia, gestione dei rifiuti, riforestazione e gestione delle foreste). Dei 2 mld di valore di crediti volontari prodotti nel 2021 più di metà riguardano riforestazione, e ¼ le energie rinnovabili. Diventa chiave chi certifica i crediti, ci deve essere ente in grado di verificare, certificare, e dare valore riconosciuto da tutti. Se riforestazione vale diverso per ciascuno, crediti non scambiabili. Occorrono degli standard comuni. Per dare un valore ai progetti di assorbimento di CO2, si usa il punto di partenza (BASELINE, cosa stava succedendo in quell’ettaro di terreno), l’ADDIZIONALITÀ (quanto assorbimento di CO2 rispetto a evoluzione naturale del terreno ha prodotto l’azione che ho fatto: campo incolto tot assorbimento CO2, io taglio e piano 5 mila eucalipti, conto quanta CO2 in più assorbono eucalipti rispetto a campo incolto), e le emissioni prodotte dal progetto (LEAKAGE, camion che porta piante, taglio campo incolto, etc). Diverse società hanno diverse metodologie, creano diversi standard. Le principali società di certificazione sono due, VERRA che occupa quasi tutto il mercato, organizzazione creata nel 2005 che produce crediti VCS (verified carbon standard), verifica 80% crediti del 2021. Altra GOLD STANDARD, prodotti GS VER, creata da WWF e Helio int, occupa 15% del mercato. Altre società meno rilevanti. Tendenzialmente questi crediti sono pensati per il mercato volontario. Non toglie che qualche sistema di mercato obbligatorio, piccoli sistemi mercati obbligatori adottano certificazione di queste società per loro mercato. Obiettivo di lungo periodo dell’art 6 Parigi è creare un unico grande mercato, con standard validi a livello globale, in cui integrare mondo crediti volontari. CONTROVERSIE: stiamo affidando a società private elemento chiave di certificazione dei crediti di carbonio. Una società privata ha i suoi criteri privati di valutazione, analisi delle performance. Non è pubblico, non soggetto a controllo pubblico. Criticità, ultima uscita pochi mesi fa, analisi di ricercatori, articoli in stampa internazionale (link): 94% dei crediti che Verra ha certificato e sono serviti a imprese a dire che sono a impatto zero, non corrispondono a reale riduzione delle emissioni. Perché? Sovrastima della deforestazione, se disegno scenario iniziale molto preoccupante, creo baseline artificialmente molto critica, intervento di rallentamento di deforestazione ha creato grande vantaggio, e ha prodotto molti crediti, per sovrastima progetto. Ricercatore hanno analizzato tutti i progetti, i crediti non corrispondono a reale riduzione emissioni. Impresa che dice che è a impatto zero, ha emesso tot gas e ha comprato i crediti, ma essi non corrispondono a reale riduzione emissioni. Meccanismi molto difficili da verificare, anche per ricercatore, 100 pagine che fanno calcoli, difficili da leggere. Creato sistema molto complesso e articolato, si pensa di credere di andare verso soluzione positiva senza fare passi reali. E tempo ci manca. Aumento richieste anche da settori che non sono strettamente legati (tema moda, Gucci, ma anche Disney), non hanno direttamente a che fare con emissioni, ma poter spendere idea che business a impatto zero è strategico. Tema non financial reporting [direttiva UE che impone documenti annuali a imprese su temi non solo finanziari, come ambientali], tentativo UE che si inquadra nel ragionamento di mondo dell’impresa di maggior qualità, che investe non solo questione ambientale ma anche sociale, diritti lavoratori qui e lungo tutta la filiera, cresce in importanza, ma rimane a livello di dichiarazione, non ha dato luogo a sistema di crediti strutturato (ancora più difficile sarebbe, crediti mancato sfruttamento lavoratori), reporting, ma passo in avanti, relazionare tema a proprie attività, importante ma meno sviluppato di mercato del carbonio, dove c’è pure sistema obbligatorio. Grande crescita crediti carbonio, non su tutte le imprese uguali, opinione pubblica sensibile alle tematiche, ma non in modo clamoroso, non è che grandi imprese responsabili di gravi danni su lavoratori abbia cambiato consumi (fast fashion). Battaglia di molte organizzazioni ambientaliste europee per portare a questa direttiva, prima pietra su discorso che va costruito (questione sociale). CRITICITÀ DELL’APPROCCIO ECONOMICO: - Addizionalità, funziona in teoria, ma molto aleatorio, difficile calcolo. Emissioni per produzione (principio territoriale, inventari di emissioni) e per consumo (impronta di carbonio, Global Carbon Project: territoriali, consumi, export) GreenhouseGas (GHG) Protocol (World Research Institute): Emissioni dirette (Scope 1); indirette legate a consumo di energia elettrica (Scope 2); indirette legate a tutto il processo produttivo (Scope 3) → politiche: intervenire sulla produzione (tecnologica) / intervenire sui consumi DOPO KYOTO I fondi per il clima: - Green climate funnd, che risulta più importante come impegni presi e si divide in due categorie, fase iniziale, raccolta iniziale e poi primo periodo di finanziamenti, 10 miliardi di dollari di impegno iniziale, poi altri 10 per fase, principali donatori: UE, USA, UK, Giappone. - I fondi per la mitigazione come climate technology fund, investimenti in settori come energetico, trasporti, efficienza PAS - I fondi per l’adattamento (global enviromental facility)./ Adaptation Fund (creato nel 2001, funzionamento attraverso quote dei progetti del Clean Development Mechanism, poi anche altri progetti, più contributi volontari, Totale dei fondi cumulati circa 1,2 miliardi $. Bali 2007 (COP 13): Bali Road Map (emissioni a lungo termine; → Reducing emissions from deforestation in developing countries → REDD) Copenaghen 2009 (COP15): fallimento accordo Conflitto tra accordi vincolanti (UE) e iniziative volontarie (paesi emergenti) Cancun 2010 (COP16): REDD+ (+ conservation / sustainable management of forests) e Green Climate Fund Doha 2012 (COP 18): prolungamento di Kyoto 2013-20 (ma non tutti hanno sottoscritto) ACCORDO DI PARIGI Obiettivi di sviluppo sostenibile Obiettivo 13: Combattere il cambiamento climatico e i suoi effetti 13.1: Rafforzare la resilienza e la capacità di adattamento 13.2: Integrare le misure contro il cambiamento climatico nelle politiche nelle strategie nazionali Obiettivo 14.3: Minimizzare e gestire gli impatti dell’acidificazione degli oceani Dopo il protocollo, l’elemento decisivo è l’accordo raggiunto a Parigi nel 2016 COP21. Mantenere il riscaldamento ben al di sotto dei 2 gradi, ma facendo sforzi per mantenersi entro 1,5 gradi. Questo è un accordo che sostituisce quello di Kyoto, funziona con la clausola che dev’essere firmato almeno da 55 paesi con 55% di emissioni. Nel 2016 però Trump farà uscire gli USA dall’accordo. L’accordo mette un accento più forte sui processi di adattamento LOSS AND DAMAGE. Art. 3 e 4 sono i più importanti in quanto cambiano l’approccio rispetto a quello di Kyoto, tutti gli stati devono impegnarsi, se Kyoto dava degli obiettivi generali, la novità qui sono i contributi determinati a livello nazionale (i BRICs vogliono impegnarsi per conto loro nelle decisioni. L’art. 4 dice che ogni anno, i paesi devono sottoscrivere una relazione rispetto agli obiettivi che si è prefissato. Anche l’art. 6 è importante: crisi dei prezzi CER, emettere emissioni cmprand certificati a costo bassissimo (crediti del CDM), questo porterà alla crisi del CDM e secondo l’art. 6 non sono più solo paesi ricchi che finanziano quelli poveri, ma dovrebbe esserci un grande mercato internazionale dove i produco crediti di emissioni che possono essere scambiati. Il periodo è di transizione il CDM funziona ancora anche se meno, dal 2026 però dovrebbe entrare in vigore il nuovo regolamento. Un tema è legato a degli standard volontari, società che certificano i crediti e che in un futuro dovrebbero centrare con livello obbligatorio, creando un grande meccanismo più unificato. L’art. 7 introduce in maniera esplicita il tema dell’adattamento e l’8 è importante perché introduce un tema delle perdite e i danni , lost and damage, il riconoscimento che il cambiamento porta danni e perdite che vanno in qualche modo risolte. Glasgow COP26 i risultati: applicazione dell’accordo di Parigi, il punto più importante è stato l’uso del carbone e i finanziamenti per i combustibili fossili, emissioni 0 entro 2015. Questo è stato poi impossibile con la crisi data dall’inizio della guerra in Ucraina. L’accordo sulle foreste è stato di grande importanza inoltre. I mercati del carbonio: il mercato del carbonio è molto eterogeneo, la prima distinzione è riguardo il mercato obbligatorio, regolato da istituzioni per raggiungere obiettivi definiti formalmente, può coinvolgere soggetti statali o privati (climate development mechanism) e si producono certificati che vengono scambiati come un prodotto finanziario. Poi c’è il mercato volontario, imprese e individui che volontariamente scelgono di compensare le emissioni di GHG attraverso progetti certificati. L’UE da 2023 crea una direttiva sullo scambio di emissioni a livello europeo, borsa di mercato dedicato alle emissioni. COP 27, Sharm el Sheikh (2022) Cambiamento dello scenario → contenimento ambizioni Antonio Guterres (Segretario generale NU): «I testi approvati sono un compromesso. Riflettono gli interessi, le condizioni, le contraddizioni e lo stato della volontà politica nel mondo di oggi. Compiono passi importanti ma, purtroppo, non bastano a superare alcune profonde contraddizioni» Risultato più rilevante: creazione di un Comitato di Transizione per la realizzazione di un Fondo «Loss and Damage» Dal CDM all’Art. 6 dell’accordo di Parigi Crisi dei prezzi CER (crediti CDM) nel 2012 (quasi a zero) Rischi di doppio conteggio → crisi CDM Art.6 dell’accordo di Parigi: Non più solo paesi Annex I → tentativo di creazione di un mercato internazionale → accordi bilaterali, multilaterali (6.2) o internazionali (6.4) Fase di transizione in cui si possono usare CERs per le NDC, dal 2026 valido solo nuovo regolamento Standard volontari (es. Verra e Gold) entrano nel sistema obbligatorio, ma devono adeguarsi al sistema art. 6 EU EMISSION TRADING Direttiva emissioni trading 2003, poi recepita da stati settori coperti. Problema prezzi: revisioni successive. Questo ha causato assegnazioni di quote di emissione, gratuita sulla base delle emissioni storiche, surplus di quote, crisi, asta. Il sistema di emissione europee è la questione più avanzata di privatizzazione dei crediti. L’UE aderendo a Kyoto aveva un obiettivo, ridurre dell’8% rispetto al 1990, le emissioni, questo si raggiunge nel 2012. Nel 2009 l’UE elabora il pacchetto 20 20 20, clima e energia: -riduzione 20% gas serra rispetto al 1990 -20% energia rinnovabile -20% in più di efficienza energetica Quadro per il 2030 (2014): riduzione delle emissioni del 40%, quota di fonti rinnovabili al 32%, efficienza energetica al 32,5% Obiettivi per il 2050: -80/95% delle emissioni; 100% fonti a zero emissioni di carbonio; 50% efficienza energetica Con lo scadere di Kyoto, nel 2014 elabora un piano per il 2030 (l’arco temporale è sempre più ravvicinato) e la riduzione è del 40%. Infine, per il 2050 -95% delle emissioni e 100% fonti rinnovabili. European green deal del 2019 Vengono affermati obiettivi ancora più ambiziosi come neutralità climatica entro 2050 e -55% entro il 2030, rinnovabile 40%, questo per arrivare alla green economy e portare un impatto ambientale a 0 con efficienza economica in atto e in competizione nel mercato globale. Questa economia porterà la crescita economica in modo dissociato dall’uso di risorse. C’è il piano farm to fork per ridisegnare con maggior sostenibilità il sistema agroalimentare europeo. I mercati del carbonio Mercato obbligatorio (compliance) e volontario Mercato obbligatorio: regolato da istituzioni per raggiungere obiettivi definiti formalmente. Può coinvolgere soggetti statali (es. CDM) o privati (ETS UE). Si producono dei certificati (p.es. CER) che vengono scambiati come un prodotto finanziario. Mercato volontario: imprese o individui che volontariamente scelgono di compensare le proprie emissioni di GHG attraverso progetti certificati. Nel 2021 avevano un valore di circa 2 miliardi di $, 4x il valore del 2020. I settori principali sono la riforestazione (1,3 miliardi) e le energie rinnovabii (0,5 miliardi) (Ecosystem Marketplace) COS’È UNA FORESTA? Diversi parametri qualitativi e quantitativi, definizione politica problematica. FAO, si occupa di monitorare le foreste, punto di riferimento per politiche. Definizione FAO netta e controversa, disegna uno scenario: “Area forestata è quando superficie di almeno 0,5 ettari con alberi alti almeno 5 metri e una canopy cover (copertura che vedo dall’alto della chioma dell’albero) di almeno il 10%”. Non è tanto, basta poco per avere foresta. Sovrastima le foreste, dati di foreste comprendono anche aree di questo tipo. Soglia al 10 o al 30% cambia moltissimo. Dati fondamentali, ma non sono il vangelo, da come classifico il problema viene diversa lettura della realtà. Secondo questa definizione superficie totale complessiva sono 4 mld di ettari, ovvero 30,8% della superficie totale. Dunque c’è 0,5 ettaro di foresta per ciascuno. DEFORESTAZIONE conversione foresta ad altro uso o riduzione a lungo termine della copertura forestale sotto il 10%. SDG 15.1.1 percentuale di area coperta da foreste. È passa da 1990 32% a 31% in 2020. 1% è rilevante (= superficie Messico), ma il trend non sembra in drastico calo. Ma il calo complessivo è dato da dinamiche diversificate dal punto di vista geografico e qualitativo, perse foreste di un certo tipo in certe parti del pianeta, e guadagnate foreste di altro tipo in altre aree. LIMITI PLANETARI, è uno degli indicatori fuori dallo safe space. Valore di sicurezza sarebbe del 75% rispetto alla situazione originaria (75% media di valori diversi, ci sono più foreste più importante per ecosistemi come tropicali e boreali, meno importante temperate). Siamo al 62%. Valore originale è stima di copertura forestale senza impatto antropico, visto a seconda di ecosistema cosa significa. 100% situazione di massimo potenziale forestale globale. PS Alcune specie non considerate foreste ma agricoltura, come piante da frutto (bananeto non è foresta), mentre alberi di natale sono foresta. Distribuzione foreste non regolare. 3 grandi categorie (FAO 4, anche subtropicale, ma minoritaria): area tropicale, una parte boreale (soprattutto a nord) e parte foreste temperate. Sono soggetti a fenomeni diversi. Link a GRAFICO whittaker biome system, sintetizza biomi: y precipitazioni, x T media. In maniera generale (no ragionamento su altitudine), creati serie scenari a partire da T e precipitazioni. Alte T e alte p, foresta pluviale tropicali, senza p deserto tropicale, Taiga e boreale con certe precipitazioni e freddo etc. 1. TROPICALI, 45% totale foreste (1,8 mld ettari), comprende ecosistemi anche molto diversi, da foreste pluviali tropicali (6% totale circa, > 50% di biodiversità), foreste tropicali secche (alberi si diradano, perse foglie in stagione secca, fino a ecosistemi di savana, che sono praterie area tropicali senza alberi in partenza, oggi savane di prateria, savane arbustive e savane alberate in 10%), foreste subtropicali (11% oltre il 45% delle tropicali, altra categoria per FAO, foreste diverse, da più umide come sud est asiatico, a più asciutte come mediterranee). Pluviali, importantissime, e la perdita lì è tanta, luogo dove i fenomeni hanno rilievo maggiore. Deforestazione insiste su area molto importante per biodiversità e sopravvivenza ecosistemi. 2. TEMPERATE, 16% totale. 3 grandi aree, USA, Europa centrale e Asia orientale. La superficie è ridotta perché area con maggior deforestazione in passato. Oggi area che recupera superficie forestale, per abbandono e riforestazione (es; Cina). Recuperata foresta rispetto a passato dove persa molta e in contesto che è meno rilevante rispetto al tropicale. 3. FORESTE BOREALI, 27%, sono soprattutto taiga (11%), conifere sottoposte a escursione termica stagionale molto forte. Deforestazione per legname e per incendi. Foresta diversa per condizioni temperatura, biodiversità molto più bassa di tropicale. Rilevante per superficie e meno per biodiversità, poche specie di alberi, conifere che resistono in condizioni più estreme (p basse e T vicine allo zero). Tundra non ecosistema forestale, ma può in aree di transizioni dar luogo a ecosistemi con specie arboree come salici, betulle etc. Foreste non uguali e non stessi processi deforestazione, e foreste si concentrano in alcune zone e alcuni paesi. Russia da sola 20% foreste (per lo più boreali), Brasile 12% (foresta tropicale). Canada, Cina etc. Pochi paesi coprono il 50% delle foreste complessive. Significativo politicamente, se questi paesi fuori da ragionamento politico, accordo su foreste inutile. Bene dell’umanità, limite planetario, concentrato in mano pochissimi stati, dà a questi stati grande potere in negoziazione. Deforestazione, passaggio copertura forestale sotto il 10%. Fenomeno diverso, meno definito ma comunque importante è il degrado forestale, foresta che pur non scendendo sotto il 10% (rimane foresta) perde valore e complessità. Foresta primaria, per incendio, legname, avanzamento agricoltura, perdita qualità della foresta. FAO DEGRADAZIONE perdita complessità ecosistemi ambientali, perdita di produttività biologica e economica. Vanno esaminati i trend collegati alla salute dell’ecosistema e alla frammentazione. RIFORESTAZIONE ristabilimento della foresta dopo passaggio sotto il 10%, ritorno sopra. AFFORESTAZIONE, foresta piantata in luogo in cui non c’è foresta da tempo (quanto? Un po’ arbitrario). Attività commerciale di taglio e piantagione per FAO non è deforestazione, anche quando taglio e scendo sotto il 10%, perché taglio temporaneo, è attività silvicoltura, mi aspetto che venga ripiantato. Riforestazione, raramente cerca di riprodurre ecosistema naturale, di solito monoculture, più facili e veloci. GRAFICO FAO, asse x 4 momenti che corrispondono a periodi raccolta dati FAO (ogni 5 anni assessment), media di quanti mln di ettari di foresta sono stati persi e guadagnati in quel periodo in media all’’anno. Misura per come dire i flussi. Foreste non dato unico, da una parte aumentano e dall’altra diminuiscono, vedo equilibrio o disequilibrio. 90-2000 forte deficit, -16 + 8, 00-10, -15 + 10 (aumenta riforestazione e deforestazione stabile). 10-15 +7 e -12, rallento entrambe. 15-20 + 5 e -10 diminuite ancora entrambe, totale -5. Dati da dichiarazione stati e controllo satellitare forse. Ovvio che non sono dati qualitativi, non dico quale foresta e da dove. Foresta tropicale persa non è come foresta eucalipti in Cina. Molti obiettivi sono di tipo quantitativo, di ragionamento netto (+ e -) mettendo in stessa scatola cose molto diverse. Anche se arrivassimo a zero netto il problema non sarebbe risolto (meglio per CO2 ma anche lì non uguale). Riduzione, azzeramento netto del problema, è tema interessante, visto qui e sul clima, emissioni nette zero, compenso con assorbimenti ma abbiamo visto le criticità. GRAFICO, cambiamento netto superficie forestale distribuito a livello geografico, da 1990 a 2020. Somma algebrica tra perso e recuperato in Sud America e Africa (dove foreste tropicali) è nettamente negativo. Calo importante in Sud America tra 2010 e 2020 (cambio politico, socialismo 21°, da primi anni 2000, vedo effetti in decennio successivo, saldatura con movimenti indigeni. Tasso di deforestazione sotto Lula molto diminuito, ripreso con Bolsonaro che ne ha fatto politicamente una battaglia, foresta nostra, più lungimirante di questi programmi. L’addizionalità è alla base (quanta CO2 viene assorbita) e se nei programmi del CDM è più facile per capire quanto di positivo viene apportato con il progetto, con i REDD, l’addizionalità si misura per il futuro. I fondi REDD+ (climate fund update) presenta diversi enti al suo interno: -central african forest initiative -congo basin forest -amazon fun/ forest carbon partnership facility/ forest investment program -la banca Mondiale -UN-REDD con finanziatori ad essa legati come la FAO, UNEP E UNDP i quali portano a galla il problema principale dei diritti -global forest finance pledge che è un accordo che si è raggiunto a Glasgow con la COP26. Questi sono tutte politiche a livello pubblico, per quanto riguarda invece il settore privato, il quale è rilevante perché presenta imprese disposte a dare i fondi maggiori, un esempio potrebbe essere: forest deceleration on forest, la quale si pone di mettere assieme il pubblico e il privato. La Cargill è un esempio di impresa responsabile della deforestazione in America Latina, ma, pur non essendo diretta responsabile, è il suo modello che rende necessario avere che crea adattamenti sbagliati in agricoltura. Un esempio di ruolo nel settore privato è IDH, un’azienda danese per il commercio sostenibile. Vengono coinvolte le imprese che operano in aree fragili e mettono metà dei soldi, l’altra metà spetta invece alla partnership pubblica, quindi, le tasse dei cittadini danesi; la IDH ha elaborato il programma ISLA il quale concretamente si è tradotto in Kenya con un programma nella foresta MAU dove si trovano le coltivazioni di tè della Unilever. Isla Kenya ha stanziato 3,7 milioni metà da pubblici e metà da privati che, mettendo insieme alcuni enti per la cooperazione allo sviluppo e ONG si propongono di proteggere una parte di foresta un po’ per l’immagine dell’azienda stessa (che il più delle volte tende a sfociare nel greenwashing forzato) e un po’ perché le loro piantagioni dipendono dalla foresta. Questo prevede l’irrigidimento delle protezioni dell’area che puntano a fermare le pressioni sulla foresta, bloccare l’accesso ai contadini con barriere elettrificate. Chi finanzia questi progetti sono il 50% delle imprese private e io restante 50% pubbliche che si concludono sempre in interesse privato. La polarizzazione tra difesa per i cittadini e difesa della foresta non ha senso e non troverà mai un comune accordo. Lo schema di ISLA si configura come accordo di pagamenti per i servizi ecosistemici quali produzione risorse, aspetti estetici culturali, regolazione del clima e così via e dello sviluppo sostenibile. Questi vanno quantificate e venduti, un esempio lo abbiamo in Tanzania nei monti Ulugur dai quali nascono fiumi che alimentano le città, viene chiesto di pagare per questi servizi. Un altro esempio è quello di Macròn che in Francia paga gli agricoltori per far si che producano biologico e ciò non è stato attuato. Oltre ai progetti di tutela ci sono anche quelli di riforestazione del REDD, implementazione ‘one bililon trees’ o forestaMI a Milano con l’obiettivo di piantare 3 milioni di alberi entro il 2030. Le criticità di questi discorsi sono la gestione e lo spazio per queste tipo di iniziative e il futuro che possono avere. I limiti dell’approccio economico: ciò che appare evidentemente problematico nella gestione e tutto il resto è il fatto che sono strategie che prevedono una misurazione difficoltosa dell’impatto reale, difficoltà nel dare valore economico ai servizi ecosistemici costi di implementazione, difficoltà per il contesto politico e istituzionale. Green grabbing, appropriamento della terra con il fine di sviluppo sostenibile, Il green grabbing è la crescita dell’appropriazione della terra e delle risorse delle popolazioni locali in nome dei biocarburanti verdi, degli schemi di compensazione del carbonio, degli sforzi di conservazione e delle iniziative di eco-turismo, che stanno espropriando e allontanando le persone dalla loro terra e aumentando la povertà, secondo questo nuovo rapporto. pagamenti per i servizi ecosistemici accordi volontari tra un fornitore e acquirente per uno specifico servizio ecosistemico. LE POLITICHE DEL SETTORE DEL LEGNAME, questo causa deforestazione e va considerato a livello politico. 10 anni dopo Rio emerge FLEGT con l’UE dove si prova ad affrontare un problema con lo sviluppo green e questa si compone di due elementi essenziali: -regolamento legno, 2010, cioè in vigore dopo esser stato approvato (si usa per regole generali), che dice che in tutta l’unione non può entrare legname che provenga da certi paesi. -voluntary partneship agreement sono gli accordi dei paesi che vincolano l’entrata di legname nell’UE con extra UE, Ghana, R D Congo, Camerun, Honduras, Indonesia, R Centrafricana, Liberia, Vietnam, protezionismo normativo, un prodotto non può essere normalizzato se non faccio sì che venga controllato. Non è più solo voler garantire che il legname sia estratto con metodi sostenibili, ma l’impresa che vende il prodotto non ha causato la deforestazione. L’UE sta introducendo norme di regolamento per i prodotti che entrano nell’Unione in modo che non entrano quelli con un impatto elevato. Fase storica in cui negli anni ’90 si sarebbe entrati in una dimensione globale e invece oggi impattano solo parzialmente sul totale. Il privato, dall’opposizione alla collaborazione tra organizzazioni ambientaliste e imprese del settore del legname. La forest stewartdship council, (FSC 1993) che mette un’etichetta sul legname prodotto in maniera sostenibile, tracciabilità, nel 2023 abbiamo 160 milioni di certificati. Ciò ci garantisce che deterinate condizioni minime siano state soddisfatte (l’uso di pesticidi ridotti è usato dove non c’è alternativa ma quelli più pericolosi è eliminato). L’approccio è quello di voler adottare una politica migliorativa che incoraggi le imprese, ma essendo di matrice occidentale subisce una serie di conseguenze politiche. LA GRANDE ACCELERAZIONE: Dal ’45 in avanti il processo di accelerazione che negli ultimi 30 anni si è intensificato con i paesi emergenti. L’antropocene, fase in cui l’umanità è stata in grado di trasformare le relazioni società natura in maniera radicale. Riversare tutto in questa logica può diventare fuorviante, ci sono state quindi altre denominazioni come il capitalocene, che considera il fatto che il sistema capitalista ha prodotto ciò che oggi noi vediamo, ha prodotto anche cognitivamente. Plantationcene utilizza un’ottica più geografica (h. Psing…) che sostengono che è la produzione su larga scala che ha causato conseguenze e quindi banalizzato gli ecosistemi a fini produttivi. Infine, oltre la dimensione produttiva c’è anche quella dello scarto, di una società che selezione ciò che funziona a ciò che non è funzionale al sistema, ‘wasteocene’. Posizionarsi in questo dibattito è molto soggettivo, non va sempre effettua una scelta, antropocene definisce una fase storica in maniera più generica. Il discorso del tempo nel dare tempistiche alla crisi, i REDD ad esempio sono gia stati elaborati e ancora non hanno prodotto un cambiamento fattuale. Le politiche sono un equilibrio tra ciò che avviene nel pubblico e ciò che invece avviene nel privato. Le politiche ambientali che implementiamo si portano dietro modelli di sviluppo diversi: -l’idea di continuare come abbiamo fatto fino ad ora ‘business as usual’ -crescita ma disaccoppiamento, efficienza ‘green economy’ (il green deal è ciò, crescere economicamente puntando su economie avanzate). -natura e società, l’idea del limite di crescita economica in un contesto di risorse che sono finite. Svolta ontologica, l’ontologia occidentale è cosa c’è di esistente, pensante che non è lo stesso di altri gruppi sociali. Società-natura, il capitalismo ha avuto bisogno della separazione tra queste due per implementarsi, non riusciremo a superarlo se no supereremo la frattura che richiede di concepirci in maniera diversa. Share agency, con altri soggetti che hanno la possibilità di condizionarci e noi di condizionare loro. Siamo condizionati dalle azioni comuni anche indirette. Un modello di società si porterà dietro politiche socio-ambientali, ad esempio la scelta di adottare una carbon tax, può funzionare, ma ci sono conseguenze sociali, l’effetto può essere distorsivo, può impattare più fortemente le famiglie più deboli, vanno attuate politiche che bilanciano. L’ecologia politica è una scienza che studia in conflitti ecologici su cui come le risorse si distribuiscono in maniera poco omogenea nel mondo. APPROFONDIMENTO CRITICA VOLONTARIATO PER CREDITI DI CARBONIO Le compensazioni di carbonio delle foreste approvate dal principale certificatore mondiale e utilizzate da Disney, Shell, Gucci e altre grandi aziende sono in gran parte prive di valore e potrebbero peggiorare il riscaldamento globale, secondo una nuova indagine. La ricerca su Verra, lo standard di carbonio leader a livello mondiale per il mercato in rapida crescita delle compensazioni volontarie da 2 miliardi di dollari (£ 1,6 miliardi) , ha rilevato che, sulla base dell'analisi di una percentuale significativa dei progetti, oltre il 90% dei loro crediti di compensazione della foresta pluviale - tra i più comunemente utilizzati dalle aziende – sono probabilmente “crediti fantasma” e non rappresentano vere e proprie riduzioni di carbonio. L'analisi solleva interrogativi sui crediti acquistati da una serie di aziende di fama internazionale - alcune di loro hanno etichettato i loro prodotti "carbon neutral" o hanno detto ai loro consumatori che possono volare, comprare vestiti nuovi o mangiare determinati alimenti senza peggiorare la crisi climatica . Ma sono stati ripetutamente sollevati dubbi sulla loro reale efficacia. L'indagine durata nove mesi è stata condotta dal Guardian, dal settimanale tedesco Die Zeit e da SourceMaterial , un'organizzazione di giornalismo investigativo senza scopo di lucro. Si basa su una nuova analisi di studi scientifici sugli schemi della foresta pluviale di Verra. Ha anche attinto a dozzine di interviste e rapporti sul campo con scienziati, addetti ai lavori e comunità indigene. I risultati - che sono stati fortemente contestati da Verra - potrebbero porre seri interrogativi alle aziende che dipendono dalle compensazioni come parte delle loro strategie net zero. Verra, che ha sede a Washington DC, gestisce una serie di importanti standard ambientali per l'azione per il clima e lo sviluppo sostenibile, incluso il suo standard di carbonio verificato (VCS) che ha emesso più di 1 miliardo di crediti di carbonio. Approva i tre quarti di tutte le compensazioni volontarie. Il suo programma di protezione della foresta pluviale costituisce il 40% dei crediti che approva ed è stato lanciato prima dell'accordo di Parigi con l'obiettivo di generare entrate per proteggere gli ecosistemi. Verra sostiene che le conclusioni raggiunte dagli studi non sono corrette e mette in dubbio la loro metodologia. E sottolineano che il loro lavoro dal 2009 ha consentito di incanalare miliardi di dollari per il lavoro vitale di conservazione delle foreste. L'inchiesta ha rilevato che:  Solo una manciata di progetti per la foresta pluviale di Verra ha mostrato prove di riduzioni della deforestazione, secondo due studi, con ulteriori analisi che indicano che il 94% dei crediti non ha avuto alcun beneficio per il clima.  La minaccia per le foreste era stata sopravvalutata in media di circa il 400% per i progetti Verra, secondo l'analisi di uno studio dell'Università di Cambridge del 2022.  Gucci, Salesforce, BHP, Shell , easyJet, Leon e la band Pearl Jam sono tra le dozzine di aziende e organizzazioni che hanno acquistato compensazioni della foresta pluviale approvate da Verra per le rivendicazioni ambientali.  Le questioni relative ai diritti umani costituiscono una seria preoccupazione in almeno uno dei progetti di compensazione. The Guardian ha visitato un progetto di punta in Perù e ha mostrato video che secondo i residenti mostravano le loro case abbattute con motoseghe e corde dalle guardie del parco e dalla polizia. Hanno parlato di sgomberi forzati e di tensioni con le autorità del parco. L'ANALISI: "È DELUDENTE E SPAVENTOSO" Per valutare i crediti, un team di giornalisti ha analizzato i risultati di tre studi scientifici che hanno utilizzato immagini satellitari per verificare i risultati di una serie di progetti di compensazione forestale, noti come schemi Redd+ . Sebbene numerosi studi abbiano esaminato gli offset, questi sono gli unici tre noti per aver tentato di applicare metodi scientifici rigorosi per misurare la deforestazione evitata. Le organizzazioni che creano e gestiscono questi progetti producono le proprie previsioni su quanta deforestazione fermeranno, utilizzando le regole di Verra. Le previsioni vengono valutate da una terza parte approvata da Verra e, se accettate, vengono utilizzate per generare i crediti che le aziende possono acquistare e utilizzare per compensare le proprie emissioni di carbonio. Erin Sills, coautore del gruppo internazionale e professore alla North Carolina State University, ha affermato che i risultati sono stati “deludenti e spaventosi”. È stata una dei numerosi ricercatori che hanno affermato che erano necessari cambiamenti urgenti per finanziare la conservazione della foresta pluviale. “Vorrei scoprire che la conservazione delle foreste, che preserva la biodiversità ei servizi ecosistemici locali, ha anche un impatto realmente efficace sulla riduzione del cambiamento climatico. In caso contrario, è spaventoso, perché è un po' meno la speranza di ridurre il cambiamento climatico". David Coomes, professore di ecologia forestale all'Università di Cambridge, autore senior di uno studio sulla deforestazione evitata nei primi cinque anni di 40 programmi Verra, faceva parte del gruppo di ricercatori di Cambridge. Ha esaminato i risultati del Guardian e ha detto che c'era un grande divario tra la quantità di deforestazione stimata dal suo team che i progetti stavano evitando e ciò che lo standard sul carbonio stava approvando. “Si può tranquillamente affermare che ci sono forti discrepanze tra ciò che stiamo calcolando e ciò che esiste nei loro database, e questo è motivo di preoccupazione e ulteriori indagini. Penso che a lungo termine, ciò che vogliamo è un insieme di metodi consensuali da applicare a tutti i siti", ha affermato. Julia Jones, coautrice e professoressa alla Bangor University, ha affermato che il mondo si trova a un bivio quando si tratta di proteggere le foreste tropicali e deve correggere urgentemente il sistema per misurare le riduzioni delle emissioni se si vuole aumentare i mercati del carbonio. "Non è davvero scienza missilistica", ha detto. “Siamo in un punto assolutamente critico per il futuro delle foreste tropicali. Se non impariamo dai fallimenti dell'ultimo decennio o giù di lì, allora c'è un rischio molto grande che investitori, privati e altri si allontanino da qualsiasi tipo di disponibilità a pagare per evitare la deforestazione tropicale e sarebbe un disastro. "Come qualcuno che si trova al di fuori del tipo di taglio e spinta del selvaggio west che sono i mercati del carbonio, ho bisogno di credere che possa essere fatto funzionare perché sono necessari soldi per finanziare le riduzioni delle emissioni dalla conservazione delle foreste". Yadvinder Singh Malhi, professore di scienze degli ecosistemi all'Università di Oxford e ricercatore senior di Jackson all'Oriel College di Oxford, che non è stato coinvolto nello studio, ha detto che due dei suoi dottorandi hanno svolto l'analisi senza individuare alcun errore. “Questo lavoro evidenzia la sfida principale con la realizzazione dei benefici della mitigazione dei cambiamenti climatici da Redd+. La sfida non riguarda la misurazione degli stock di carbonio; si tratta di prevedere in modo affidabile il futuro, cosa sarebbe successo in assenza dell'attività di Redd+. E scrutare nel futuro è un'arte oscura e disordinata in un mondo di società, politica ed economia complesse. Il rapporto mostra che queste previsioni future sono state eccessivamente pessimistiche in termini di tassi di deforestazione di base, e quindi hanno ampiamente sopravvalutato i loro benefici climatici Redd+. Molti di questi progetti possono aver portato molti benefici in termini di capacità di conservazione della biodiversità e comunità locali, ma gli impatti sul cambiamento climatico su cui si basano sono purtroppo molto più deboli di quanto sperato. Vorrei che fosse diversamente, ma questo rapporto è piuttosto avvincente. Shell ha detto al Guardian che l'utilizzo dei crediti era "in linea con la nostra filosofia di evitare, ridurre e solo successivamente mitigare le emissioni". Gucci, Pearl Jam, BHP e Salesforce non hanno commentato, mentre Lavazza ha dichiarato di aver acquistato crediti certificati da Verra, “un'organizzazione di certificazione leader a livello mondiale”, nell'ambito dell'“impegno serio, concreto e diligente dell'azienda di prodotti per il caffè per ridurre” il suo impronta ecologica. Prevede di esaminare più da vicino il progetto. La catena di fast food Leon non acquista più compensazioni di carbonio da uno dei progetti negli studi, come parte della sua missione per massimizzare il suo impatto positivo. EasyJet si è allontanata dalla compensazione delle emissioni di carbonio per concentrare il suo lavoro net zero su progetti come "finanziamenti per lo sviluppo di una nuova tecnologia aeronautica a zero emissioni di carbonio". Barbara Haya, la direttrice del Berkeley Carbon Trading Project, ha condotto ricerche sui crediti di carbonio per 20 anni, sperando di trovare un modo per far funzionare il sistema. Ha detto: “Le implicazioni di questa analisi sono enormi. Le aziende utilizzano i crediti per rivendicare la riduzione delle emissioni quando la maggior parte di questi crediti non rappresenta affatto riduzioni delle emissioni. “I crediti per la protezione della foresta pluviale sono il tipo più comune sul mercato al momento. E sta esplodendo, quindi questi risultati contano davvero. Ma questi problemi non si limitano solo a questo tipo di credito. Questi problemi esistono con quasi ogni tipo di credito.
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