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Guide e consigli
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Portfolio Pedagogia Speciale, Schemi e mappe concettuali di Pedagogia

Portfolio finale del corso di Pedagogia Speciale, che comprende la raccolta delle attività svolte durante il semestre 2021/2022 con la relativa riflessione e teoria annessa.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2021/2022

In vendita dal 20/12/2022

fedefisi
fedefisi 🇮🇹

4.6

(15)

8 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Portfolio Pedagogia Speciale e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Pedagogia solo su Docsity! Il mio portfolio Mi chiamo Federica Cirafisi, ho ventidue anni e vivo a Sciacca, una città sul mare in provincia di Agrigento. Attualmente frequento il terzo anno della facoltà di Scienze della Formazione Primaria all’Università degli Studi di Palermo. La mia vita scolastica, a partire dalla scuola dell’infanzia, passando per quella primaria e arrivando alle scuole medie, è sempre stata serena, entusiasmante e piacevole. Il mio desiderio di imparare è stato egregiamente stimolato da bravi insegnanti, preparati, appassionanti e coinvolgenti. Non appena ho intrapreso il percorso liceale (Liceo Classico) qualcosa è cambiato, frutto di una scelta e di consigli sbagliati e di insegnanti più concentrati ad impartire nozioni che ad attenzionare la nostra persona, la nostra unicità. È così che ho scelto questa facoltà. Perché ho capito che insegnante non voglio diventare e quale maestra invece voglio essere. Empatica, attenta, interessata e interessante, stimolante, gentile, paziente, che sappia ascoltare. Educare è bello perché non si limita a trasmettere nozioni su nozioni, ma tocca il cuore di chi educa e di chi viene educato, con percorsi diversi, ma con l’unico obiettivo: elevare la propria umanità. Mi racconto La pedagogia speciale non è una diramazione, una ramificazione della pedagogia generale. Il rapporto che le lega indissolubilmente può essere definito di identità/alterità. Come la pedagogia, trae origine e fondamento dalla necessità di rispondere ai vari aspetti e bisogni dell’educabilità umana e pone l’educazione, nella sua peculiarità e complessità, al centro del proprio pensiero. Cosa ho imparato... Partendo dal presupposto che ogni individuo che contribuisce a mettere in atto un rapporto educativo è considerato portatore di diversità (cioè di modalità proprie che lo differenziano dagli altri), è necessario pensare che le diversità che entrano in gioco in una situazione in cui opera la pedagogia speciale siano di tipo particolare. Una particolarità che richiede una attenzione che, storicamente, non sempre c’è stata e che la pedagogia speciale ha assunto l’impegno di richiamare. La pedagogia speciale rappresenta un modo di essere della scienza dell’educazione la cui vocazione è di rendere l’atto educativo che si realizza nelle relazioni umane un potente agente di capacitazione, di emancipazione, di autodeterminazione e di autorealizzazione a servizio di e per una società inclusiva. La pedagogia speciale in quanto pedagogia inclusiva è pensata per tutti e rivolta a tutti, nessuno escluso. Superati gli interessi unidirezionali per le classificazioni e le categorizzazioni, attualmente concentra la sua ricerca sulla realtà educativa nella sua globalità per verificare come questa possa arricchirsi in modo da rendersi capace di formulare risposte educative valide per tutti. La pedagogia speciale è chiamata a promuovere e organizzare il cambiamento, vigilando sul suo compiersi, con la responsabilità di comprenderlo e di indirizzarlo senza farsi spiazzare dal segno dei tempi che regressivamente incoraggia tendenze sempre più individualistiche. Da una visione centrata sui problemi ad una visione centrata sulle soluzioni Da una visione centrata sull’individuo ad una visione centrata sul contesto Da una visione centrata sui deficit ad una visione centrata sulle risorse La Pedagogia speciale si fonda sul principio secondo cui la diversità del soggetto non costituisce uno scarto rispetto alla normalità, ma costituisce un potenziale positivo da valorizzare. Il fine ultimo che la pedagogia speciale si prefigge e persegue è quello di contribuire a realizzare una società civile, in cui viene sostenuta una cultura della differenza e dell’inclusione sociale, che agisce contro una cultura dell’esclusione sociale, riconoscendo le differenti identità e offrendo alla persona in situazione problematica una partecipazione attiva ai processi della vita. Quando e dove si usa? Cos'è emerso... & INDEX PEr L'INCLUSIONE Quest’attività ha fatto riemergere in me una serie sentimenti spiacevoli legati a personali episodi di esclusione scolastica, situazioni che mi hanno fatta soffrire, che mi hanno portata a sentirmi diversa, sbagliata e che hanno minato la mia autostima; al contempo ha indotto in me una riflessione sulla superficialità con cui vengono trascurate e ignorate le innumerevoli modalità attraverso cui la partecipazione per qualsiasi studente può essere ostacolata o migliorata. Il pensiero inclusivo ha come obiettivo la creazione di una “nuova cultura”, aperta, accogliente e democratica, in grado di valorizzare le peculiarità e le differenze, concepite come ricchezza da condividere. Grazie alla valorizzazione della diversità, ogni persona trova un terreno fertile per esprimere i propri e speciali “talenti”, contro ogni forma di discriminazione. Il pensiero inclusivo non ragiona in termini individualistici, ma apre il suo respiro alla pluralità, all’eterogeneità, alla complessità. Ragiona in termini di dialogo, incontro, accoglienza, prendendo le distanze da concetti quali tolleranza e accettazione e mette al centro il concetto di persona e del suo sviluppo. Pensare in “modo inclusivo” significa comprendere che gli altri e il sé non sono che molteplici manifestazioni di un’umanità di pari diritti e pari dignità. Cosa ho imparato... Il sentimento di accoglienza, generato grazie ad atteggiamenti volti a comprendere l’altro e a farlo sentire riconosciuto e parte di un gruppo, favorisce la costruzione di un ambiente inclusivo dove ogni bisogno viene accolto e ogni differenza si trasforma in potenzialità. Se un alunno percepisce che l’insegnante ed i suoi compagni sono pronti ad ascoltarlo, ad amarlo e ad accoglierlo, inizierà a percepire il contesto scolastico come un ambiente colmo di significato, vivendolo serenamente. Sentirsi accolti e rispettati nel posto in cui ci si trova, genera sentimenti di serenità e di positività, e trasformerà gli ostacoli in sfide per mettersi alla prova, all’interno di un ambiente dove non ci si sente giudicati ma compresi, un ambiente al quale ci si sente di appartenere. La classe deve essere accogliente e sicura, come lo può essere la propria casa, dove ognuno ha la possibilità di essere se stesso, di sentirsi gratificato e soprattutto di non sentirsi giudicato. L’educazione inclusiva mira a garantire la partecipazione nell’ambiente di apprendimento di tutti gli alunni con le loro singolari peculiarità e si configura come un processo di trasformazione della scuola volto ad eliminare l’esclusione sociale, per favorire, invece, relazioni di collaborazione tra tutte le componenti della comunità educativa. L’obiettivo dell’educazione inclusiva è la trasformazione dei sistemi educativi e delle culture, nonché delle pratiche educative e dell’organizzazione delle scuole al fine di soddisfare le diverse esigenze educative degli studenti, in modo che l’apprendimento e la piena partecipazione di ogni bambino possano essere garantiti e raggiunti. Nell’incontro con l’altro, l’insegnante deve mostrarsi in grado di assumere uno sguardo che sappia andare oltre le constatazioni di fatto, per abbracciare una varietà infinita di possibilità di essere. È necessario che l’attenzione sia focalizzata non solo sul singolo “caso” e i suoi limiti, ma sulle potenzialità e sul contesto nella sua complessità. Il “pensare inclusivo” del docente non guarda all’educazione dell’altro come risposta alla diversità dell’alunno, che viene “incluso”, ma, al contrario, struttura un modello di progettazione educativa che caratterizza i contesti e soprattutto che riguarda tutte le alterità. Gli insegnanti lavorano per offrire agli studenti pari opportunità educative. Non è sufficiente prendere atto delle reali capacità e supportare il funzionamento degli alunni con difficoltà, ma è fondamentale, oltre a questo, organizzare e organizzarsi affinché venga garantita a tutti la possibilità di espansione delle loro opportunità di poter essere e poter fare, quindi desiderare per tutti gli alunni la conquista di un’esistenza il più possibile dignitosa, apprezzabile e fiorente. La sfida cui è chiamata a rispondere la scuola non è quella di far sì che gli studenti “speciali” si adattino meglio ai soliti compiti ed alle attività scolastiche; piuttosto la sfida dell’istruzione è quella di garantire che a tutti gli alunni siano garantiti i loro diritti. Gli studenti hanno il diritto di ricevere stimoli che li mettano in condizione di usare bene la loro mente e scoprire la gioia di potersi spingere oltre. Hanno il diritto a un’istruzione che obblighi l’insegnante a cambiare strategia quando non si verifica nessun progresso. Fino a quando la sfida non sarà vinta, le scuole rischiano di premiare i “fortunati” o coloro che sono già “bravi”, lasciando fuori tutti gli altri. Progettare Qualsiasi progettazione deve iniziare con una profonda comprensione di ciò che ogni studente già sa e può fare, avendo la preoccupazione di valorizzare e arricchire l’apprendimento di tutti gli studenti, a prescindere di quale sia il loro punto di partenza. Sapere “dove” si trova ogni alunno rispetto agli obiettivi che si vogliono raggiungere è fondamentale per scoprire i punti di forza e di debolezza di ogni studente, per verificare i progressi compiuti e per stabilire obiettivi sfidanti ma realistici. Nella predisposizione di una progettazione, per ogni alunno si deve tener conto delle differenze per pianificare interventi specifici adatti ad ognuno. Progettare richiede la consapevolezza della specificità che caratterizza ogni singolo contesto classe e dell’eterogeneità in esso presente, al fine di fornire esperienze di apprendimento interessanti e adeguatamente stimolanti per ogni alunno. Chi È L'iNsEGNANEE iNCLUsiv0? e in Quali sono le caratteristiche che contraddistinguono un docente automaticamente inclusivo? Quali competenze deve possedere un docente inclusivo? Un docente inclusivo: È in grado di valorizzare le capacità di ogni singolo alunno; È in grado di creare e mantenere un clima classe sereno e vivibile per ciascun componente; Deve far sentire partecipi gli alunni in egual modo; Favorisce la collaborazione e il rispetto tra le persone del gruppo-classe; Organizza dei piani di apprendimento personalizzati e diversificati alle esigenze di ognuno. La mia riflessione... Profilo dei Docenti Inclusivi Nel delineare il profilo del docente inclusivo, l’Agenzia Europea per i Bisogni Educativi Speciali e l’Istruzione Esclusiva ha indicato i seguenti quattro valori essenziali dell’insegnamento e dell’apprendimento: 1. Valutare la diversità degli alunni, intesa come risorsa: la differenza tra gli alunni è una ricchezza; 2. Sostenere gli alunni nel pieno raggiungimento del personale massimo potenziale: i docenti devono coltivare alte aspettative sul successo scolastico degli studenti; 3. Lavorare con gli altri: assumere la collaborazione ed il lavoro di gruppo come approcci essenziali per tutti i docenti; 4. Aggiornamento professionale personale continuo: l’insegnamento è un’attività di apprendimento e i docenti hanno la responsabilità del proprio apprendimento permanente per tutto l’arco della vita. Cosa ho imparato... Profilo positivo dell'alunno interno Cosa ho prodotto... Caratteristiche "necessarie" ATTENTO COMPARTECIPE Caratteristiche "importanti" CURIOSO COMUNICATIVO SINCERO Caratteristiche "preferibili" INTUITIVO FANTASIOSO FLESSIBILE Profilo negativo dell'alunno interno Cosa ho prodotto... Caratteristiche "inaccettabili" AGGRESSIVO OFFENSIVO Caratteristiche "molto negative" SLEALE BULLO IRRIVERENTE Caratteristiche "negative ma tollerabili" IRREQUIETO SACCENTE DISOBBEDIENTE Quest’attività mi ha indotto a riflettere su quanto sia facile e immediato definire, qualificare le persone in modo approssimativo e superficiale. La categorizzazione è un meccanismo “necessario” nel momento in cui ci si confronta con una nuova realtà. È spontaneo per un insegnante che per la prima volta incontra un nuovo gruppo classe nutrire delle aspettative e formarsi una prima impressione, inconsapevole, che potrà influenzare i successivi giudizi e il suo comportamento. Gli insegnanti esercitano un potere che spesso va oltre la loro percezione e possono influenzare le convinzioni di efficacia e la percezione che gli alunni hanno di sé: secondo la teoria dell’apprendimento riflesso ciò che un soggetto percepisce di come gli altri lo giudicano, entra a far parte della sua concezione di sé. Un ruolo molto delicato nelle dinamiche del pregiudizio è rivestito dalle aspettative che gli insegnanti, in modo implicito ed inconsapevole, nutrono nei confronti degli alunni, in quanto esse possono avere delle ripercussioni su questi ultimi in termini di equità, intesa come uguaglianza delle opportunità educative. Aspettative dell'insegnante Le aspettative riguardo alle capacità degli alunni influenzano l’atteggiamento di accettazione o di rifiuto dell’insegnante nei confronti di quegli alunni. L’atteggiamento dell’insegnante nei confronti dell’alunno incide profondamente sul tipo di interazione, finendo per esercitare una forte influenza sui risultati di apprendimento (indipendentemente dalle reali capacità): gli alunni che manifestano stili di comportamento maggiormente in consonanza con le aspettative degli insegnanti, hanno maggiore probabilità di attenzione positiva e, dunque, di successo e viceversa. La fiducia in sé degli studenti nella loro abilità di apprendere è influenzata dalle aspettative degli insegnanti. Poiché gli insegnanti non possono non avere aspettative, allora devono renderle stimolanti, appropriate e verificabili, in modo tale che tutti gli alunni abbiano una esperienza significativa di apprendimento, consapevoli che obiettivo della scuola è aiutare tutti gli studenti a superare il proprio potenziale. Per questa ragione se un alunno percepisce che il docente si aspetta poco da lui, svilupperà degli atteggiamenti e dei comportamenti che porteranno a confermare le basse aspettative dell’insegnante. Viceversa, aspettative positive chiaramente comunicate e manifestate alla classe, promuovono negli alunni un elevato senso di efficacia, fiducia nelle loro potenzialità, motivazione allo studio e alla partecipazione, senso di responsabilità. Empatia L’empatia è un’abilità necessaria per ogni insegnante che voglia promuovere un ambiente di apprendimento positivo. L’empatia dell’insegnante fa riferimento alla capacità di assumere la prospettiva di uno studente, caratterizza il modo in cui un docente lavora per comprendere a fondo le situazioni personali e sociali dei suoi alunni, per prendersi cura e farsi carico delle loro emozioni e per rispondere in modo compassionevole, senza perdere di vista il loro apprendimento. Dialogare con i propri alunni, porre domande non invadenti, guidarli verso una modalità di risoluzione dei problemi, hanno come obiettivo quello di sviluppare una serie di passaggi che lo studente intraprenderà per eliminare, o almeno tenere sotto controllo il problema. È importante che l’insegnante e l’alunno siano sicuri di aver compreso il problema che ha generato il comportamento negativo e che ci sia l’opportunità di esplorare quel problema e valutare una potenziale soluzione. Questo approccio aiuta gli alunni a comprendere meglio se stessi, a sviluppare le competenze necessarie per una continua crescita come persone come e studenti, a generare e mantenere un clima di fiducia. Il concetto di empatia si collega alla capacità dell’insegnante di mettersi nei panni dei propri alunni e di vedere la loro prospettiva di apprendimento. Gli insegnanti devono capire e assumere il punto di vista degli studenti se vogliono riuscire a “entrare” nel loro processo di apprendimento, per capire quale sia il feedback ottimale da fornire per farlo progredire. Gli insegnanti empatici contribuiscono all’autoefficacia dei loro alunni e alla loro motivazione ad apprendere, rafforzano in loro il senso di appartenenza alla scuola, migliorano le loro relazioni con il team docente e i compagni di classe e aumentano la loro fiducia nel clima scolastico. Gestire la classe presenta un universo complesso in cui ambiti diversi si intersecano e si muovono in parallelo: l’ambito relazionale, l’ambito organizzativo, l’ambito del coinvolgimento didattico. Gestire la classe vuol dire guidarla nel modo più opportuno possibile per creare e mantenere un ambiente favorevole all’insegnamento e all’apprendimento. Il concetto di guida rimanda al concetto di leadership, che implica una didattica coinvolgente, si fonda sull’autentico rispetto per ciascun alunno, prevede uno spazio sia per le esigenze del singolo che per quelle del gruppo. Gestire la classe non significa tenerla immobile e in silenzio ma condurre, indicare un cammino, portare a termine, sostenere. Quello dell’insegnante “leader” è un ruolo fondamentale per la classe che ha bisogno di una vera e propria guida, che osservi il singolo all’interno del gruppo e allo stesso tempo le dinamiche dell’intero insieme: nel sistema classe tutto è collegato, dunque interventi sul singolo possono influenzare l’intero sistema della classe. Per gestire una classe è importante conoscerla, percepire l’unicità di chi ne fa parte, a partire dalle singole caratteristiche legate alla postura, alle espressioni del volto, scavando e ricercando l’individualità di ognuno. Solo a quel punto l’insegnante potrà essere in grado di preparare un ambiente adeguato che rispetti le singole esigenze degli alunni. Conoscere e considerare i vissuti degli alunni sono tasselli molto importanti per l’insegnante, poiché gli permettono di accedere alle loro esperienze e contribuiscono a costruire l’identità che egli attribuisce loro, oltre che ad esprimere il loro valore. Riflettere sui vissuti degli alunni consente al docente di avvicinarsi a loro con delicatezza per non ferirli, evitando un approccio eccessivamente invadente su contenuti possibilmente delicati o frustranti. Gli alunni hanno bisogno di figure di riferimento stabili, costantemente presenti e consapevoli del proprio ruolo fondamentale all’interno del processo di apprendimento e di crescita. Occorre che l’educatore veda la classe come un corpo unico che si muove in maniera armoniosa grazie al contributo di tutte le piccole o grandi parti che lo compongono. ARRIVATI ANA CO) et MNM NV N. Ile) zen pesi | DESIDERABILI, PRODUTTIVI IN NES AN al] Ae I SIL SERA SITA LUNGA POSSONO DIVENTARE UNA PRIGIONE E ORIGINE Pa DI Suaizeanizi FACCIO SCHIFO URE cone VTISTICO aa dr: a "RE QVERE, PERZONE FALZE-> dl Gu sufi ARR ER VERO ALI Ri € 2A ECCESSIVA SoCIALITA FANNO LA Perché educare i bambini al concetto di neurodiversità? Chi non corrisponde al canone di “normalità” universalmente accettato, è “sbagliato”. Canone che però non rappresenta ciò che è giusto, bello o al quale conformarsi. Ma è semplicemente ciò che viene riscontrato più di frequente. La società non è stata educata al diverso e le persone relegate ai margini. O peggio se ne parla in termini di specialità o bontà. E allora dei legittimi bisogni, diventano: “bisogni speciali”. Parlare delle differenze di tutti è importante per cominciare a conoscersi e costruire ponti per capirsi a vicenda, imparando ognuno un po’ del linguaggio dell’altro, per concludere che non esiste una maggioranza e una minoranza di persone diverse da essa, ma che il mondo è fatto da un'infinità di differenze con le quali imparare a confrontarsi in maniera costruttiva. “Ma le persone non hanno bisogni speciali, hanno bisogni umani. Perché tutte le persone al mondo sono diverse, quindi la diversità è normale, la diversità è umana! Ed è proprio per questo che dovremmo cominciare a ragionarne in termini nuovi”. L’Erba cattiva racconta le storie di ragazzi difficili che poi tanto difficili non sono, hanno bisogno di attenzioni. Ad aprire il film c’è una citazione di Hugo: “Non vi sono né cattive erbe né cattivi uomini: vi sono soltanto cattivi coltivatori”. Hugo ci ricorda qualcosa di molto semplice: gli educatori devono amare i più piccoli come fiori e piante da coltivare con cura. Sono solo gli adulti, quando cattivi coltivatori ed educatori, i responsabili delle “mauvaises herbes”, le cattive erbe. L'erba cattiva
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