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Pragmatica cognitiva, Dispense di Linguistica Generale

Riassunto dettagliato del manuale "Pragmatica cognitiva", a cura di Claudia Bianchi, Laterza editore. Esame di Linguistica generale, programma monografico sulla pragmatica.

Tipologia: Dispense

2023/2024

In vendita dal 24/06/2024

Filologiamoderna
Filologiamoderna 🇮🇹

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Scarica Pragmatica cognitiva e più Dispense in PDF di Linguistica Generale solo su Docsity! Pragmatica cognitiva Capitolo primo. L’eredità di Grice Logica e linguaggio ordinario: una rivoluzione filosofica? Le teorie del filosofo e linguista britannico Herbert Paul Grice (1913-1988) costituiscono un riferimento imprescindibile non solo per la riflessione in filosofia del linguaggio, ma anche in filosofia della mente, linguistica, analisi del discorso, semiotica, scienze cognitive. Scopo generale dell’opera griceana è caratterizzare compiutamente  ciò che un’espressione E significa;  ciò che un parlante P dice esplicitamente usando l’espressione E in una certa occasione;  ciò che un parlante P lascia intendere implicitamente usando l’espressione E in quella occasione. Tale caratterizzazione fa di Grice uno dei maggiori esponenti della filosofia del linguaggio ordinario. I filosofi del linguaggio ordinario Intento comune ai filosofi del linguaggio ordinario è quello di portare il linguaggio comune al centro dell’analisi filosofica. Austin e Strawson, in particolare, negano che la semantica delle espressioni del linguaggio naturale possa essere espressa dalla logica. Grice Grice afferma che è necessario distinguere elementi dell’uso del linguaggio dovuti al significato ed elementi dovuti a fattori dell’intenzione comunicativa. Il compito centrale della semantica è caratterizzare in modo sistematico le nostre intuizioni su verità, falsità, significato, contraddizione, implicazione: certe distinzioni si rivelano allora indispensabili strumenti di analisi filosofica. Nella «battaglia omerica» fra i sostenitori di una semantica formale (filosofi del linguaggio ideale), che si occupano degli aspetti strutturali e composizionali del linguaggio, e teorici dell’uso (filosofi del linguaggio ordinario), Grice si propone di riconciliare i due campi. Errore comune dei due campi è l’idea che strumenti formali e loro controparti nel linguaggio naturale divergano in significato: formalisti e non formalisti considerano parte del significato di enunciato del linguaggio naturale quelli che sono solo impliciti veicolati dall’uso di quegli enunciati. Si rivelerà allora di cruciale interesse filosofico la distinzione fra conseguenza logica e implicatura – fra ciò che fa parte del significato delle particelle logiche e ciò che viene lasciato intendere implicitamente dall’uso di quelle particelle senza far parte del loro significato letterale. Più in generale, la distinzione fra significato dell’espressione e significato del parlante permette a Grice di spiegare come significati linguistici semplici e schematici (e univoci) possano essere usati in contesto per comunicare significati del parlante ricchi e complessi, senza postulare ambiguità e moltiplicazioni di sensi controintuitive. È lo spirito del Rasoio di Occam modificato. ALESSANDRO CR 1 I lasciti di Grice La riflessione contemporanea sul linguaggio trae da Grice tre idee guida, che si coagulano attorno a tre nuclei concettuali: 1. significato come intenzione. La comprensione verbale non consiste nella decodifica di segnali in messaggi, ma è una forma di attribuzione di uno stato mentale al parlante: la comunicazione è espressione e riconoscimento di intenzioni; 2. principio di Cooperazione e massime conversazionali. Per poter inferire il significato del parlante (sulla base della decodifica dell’enunciato e di fattori contestuali) il destinatario viene guidato dall’aspettativa che l’enunciato soddisfi certi standard – sia cioè informativo, sincero, pertinente e chiaro; 3. implicatura. È necessario distinguere, all’interno del significato globale che un parlante comunica, ciò che il parlante dice esplicitamente e ciò che il parlante implica, o veicola implicitamente. Prima eredità: significato come intenzione. Leggere la mente Verso un modello inferenziale Con una metafora efficace, comunicare significa leggere la mente del nostro interlocutore. Gli stati mentali di un soggetto non possono essere semplicemente percepiti o decodificati, ma devono essere inferiti dal comportamento del soggetto e da informazioni di sfondo. In un modello inferenziale come quello proposto da Grice, un enunciato è un indizio («evidence») fornito intenzionalmente del messaggio che P vuole comunicare (il significato del parlante). Comprendere significa inferire il significato del parlante da quell’indizio. Naturalmente un enunciato è un indizio codificato linguisticamente e la comprensione necessita anche di un elemento di decodifica: ma Grice sottolinea che l’uso convenzionale che serve a P a manifestare le proprie intenzioni e non a codificarle. 1. Significato dell’espressione: il significato che l’espressione E ha convenzionalmente; 2. Significato del parlante: il significato con cui il parlante usa l’espressione E. A sua volta il significato del parlante si distingue in: a. ciò che è detto da P con un uso di E; b. ciò che è implicato da P con un uso di E. Immaginiamo che Homer chieda a Lisa: «Ti piacciono i libri di Virginia Woolf?», e che Lisa risponda «Alcuni». Il significato dell’espressione coincide con quello del quantificatore esistenziale della logica; il significato del parlante – ciò che Lisa comunica – è assai più ricco: A LISA PIACCIONO ALCUNI LIBRI SCRITTI DA VIRGINIA WOOLF MA NON TUTTI. Tale significato comunicato può essere distinto in ciò che è detto esplicitamente da Lisa e ciò che viene veicolato solo implicitamente:  A LISA PIACCIONO ALCUNI LIBRI SCRITTI DA VIRGINIA WOOLF;  A LISA NON PIACCIONO TUTTI I LIBRI SCRITTI DA VIRGINIA WOOLF. ALESSANDRO CR 2 Principio di Cooperazione e massime conversazionali La conversazione è, secondo Grice, una particolare attività di collaborazione, retta da un Principio di Cooperazione. P e D condividono, almeno parzialmente, uno scopo minimale, stabilito all’inizio o negoziato durante lo scambio. Per inferire il significato del parlante, sulla base della decodifica dell’enunciato e di fattori contestuali, il destinatario viene allora guidato da certe aspettative sul comportamento del parlante. Il principio si declina in quattro gruppi di massime: Quantità, Qualità; Relazione e Modo. Le massime di Quantità rispecchiano l’aspettativa che il nostro interlocutore sia ragionevolmente informativo: 1. dà un contributo tanto informativo quanto richiesto; 2. non dare un contributo più informativo di quanto non richiesto. Le massime di Qualità rispecchiano l’aspettativa che il nostro interlocutore sia sincero e giustificato nelle proprie affermazioni; comprendono una supermassima: «Cerca di dare un contributo che sia vero», e le due sottomassime: 1. non dire ciò che credi essere falso; 2. non dire ciò per cui non hai prove adeguate. La massima di Relazione rispecchia l’aspettativa che il nostro interlocutore sia pertinente: «Sii pertinente». La massima di Modo rispecchia l’aspettativa che il nostro interlocutore sia chiaro: «Sii perspicuo»: 1. evita l’oscurità d’espressione; 2. evita l’ambiguità; 3. sii breve (evita la prolissità non necessaria); 4. sii ordinato nell’esposizione; 5. esprimiti in modo da facilitare la risposta appropriata. Le massime non sono tutte sullo stesso piano: Grice privilegia le massime di Qualità, e in particolare la prima: «È ovvio che osservare alcune di queste massime è questione meno pressante che osservarne certe altre; un uomo che si sia espresso con indebita prolissità è in genere esposto a critiche meno aspre di un uomo che abbia detto qualcosa che ritiene falso… le altre massime entrano in azione soltanto in base all’assunto che questa massima della Qualità sia soddisfatta», e ancora: «Informazioni false non sono un tipo inferiore di informazioni: semplicemente non sono informazioni». Che fare con le massime? A differenza di ciò che accade per le regole sintattiche o semantiche, le massime pragmatiche hanno l’interessante caratteristica di funzionare altrettanto bene quando sono violate e quando sono osservate. 1. Un parlante può innanzitutto conformarsi al Principio di Cooperazione e alle massime: sono i casi in cui P è sincero, giustificato, informativo, pertinente, e si esprime in modo ALESSANDRO CR 5 appropriato, senza lungaggini o oscurità Mi chiedete quanti anni ho e rispondo (20) Ho quarantacinque anni. 2. Oppure P può violare una massima: può intenzionalmente dire meno di quanto necessario, o dire qualcosa di non pertinente, o esprimersi in modo volutamente disordinato o oscuro, celando però la propria intenzione. Alla stessa domanda rispondo (sono piuttosto giovanile e non temo di essere smascherata) (21) Ho trentasette anni. 3. Un parlante può anche uscire dal raggio d’azione di una massima, dichiarando la propria intenzione di sospendere la collaborazione in modo esplicito («No comment») o in modo implicito. 4. Spesso può succedere che due massime entrino in conflitto, e P deve scegliere di violarne una per non violarne un’altra: la violazione riguarderà in genere la Quantità allo scopo di preservare la Qualità (P dà meno informazioni di quanto necessario, per non dare informazioni false o per le quali non ha sufficiente giustificazione). 5. Il caso più interessante è quello in cui un parlante «si burla» o sfrutta una massima: anche questi sono casi di violazione, ma di violazioni palese, aperta e manifesta, che inducono il destinatario ad avanzare ipotesi che riconducano a comportamento collaborativo una mossa conversazionale apparentemente non in consonanza con le massime. In caso di violazione manifesta si ha uno «sfruttamento» delle massime che permette di ottenere effetti comunicativi particolari. Mi incontrate mentre esco da un cinema in cui proiettano Madagascar e commentare (24) Claudia ha cinque anni → sono giovanile, ma non così giovanile, e pertanto proferendo (24) state lasciando intendere qualcosa di diverso, ad esempio che ho dei gusti infantili. Terza eredità: esplicito e implicito. Implicature Esplicito e implicito Punto di partenza imprescindibile è la distinzione fra dire e implicare: secondo Grice, nelle nostre interazioni verbali, spesso comunichiamo molto più di quanto non diciamo letteralmente o esplicitamente. Grice chiama implicature conversazionali le proposizioni che, in contesti particolari, possono essere comunicate usando un enunciato, senza essere esplicitamente dette – senza essere parte del significato letterale dell’enunciato. Supponiamo che Marge telefoni a Homer, in vacanza in una località esotica, e gli chieda se si sta divertendo; e supponiamo che Homer risponda: (25) Ho la febbre gialla e l’albergo è pieno di cimici. Il livello esplicito, la proposizione espressa dal parlante con un uso di un enunciato, ciò che è detto dall’enunciato, è per Grice in relazione stretta con il significato convenzionale delle espressioni utilizzate. Ne differisce solo per due aspetti: è necessario fornire un valore alle espressioni indicali e dimostrative; ed è necessario selezionare un solo o una sola interpretazione per frasi strutturalmente ambigue o espressioni omonime. Nel contesto descritto, (25) esprime dunque la proposizione HOMER HA LA FEBBRE GIALLA E L’ALBERGO È PIENO DI INSETTI. Usando (25) in quel contesto, Homer sembra violare la massima di Relazione (la sua non è una risposta alla domanda di Marge). Per poter ricondurre (25) a comportamento collaborativo (sotto l’assunzione che Homer sia razionale), Marge deve allora supporre che Homer voglia comunicare qualcosa di ALESSANDRO CR 6 più, e che pertanto lasci intendere implicitamente la proposizione HOMER NON SI STA DIVERTENDO. Tradizionalmente si suole distinguere due categorie di implicature:  implicature standard, con le quali D integra, amplia o arricchisce ciò che è detto: sono le implicature che sorgono nell’ipotesi che P stia osservando le massime;  implicature da sfruttamento, con le quali D modifica o corregge ciò che è detto: sono le implicature che sorgono nell’ipotesi che P stia violando apertamente le massime. Calcolo delle implicature Come vengono derivate le implicature? Il parlante dice p e implica conversazionalmente q se: 1. il destinatario presume che il parlante si conformi alle massime e al Principio di Cooperazione; 2. per rendere coerente 1 con il fatto che il parlante ha detto p, il destinatario deve supporre che il parlante pensi q; 3. il parlante pensa (e si aspetta che il destinatario pensi che lui pensa) che il destinatario sia in grado di inferire o cogliere intuitivamente 2. Per calcolare un’implicatura, dunque, D parte dal riconoscimento del significato convenzionale dell’enunciato proferito da P e dalle informazioni presenti nel contesto linguistico, extralinguistico e nella conoscenza di sfondo. A questi dati si aggiungono due elementi cruciali: a) l’ipotesi che il parlante si conformi al Principio di Cooperazione e alle massime; b) il fatto (o supposto tale) che significato convenzionale e informazioni contestuali sono accessibili a P e D e che entrambi sanno che è così. Tipi di implicature Grice distingue due tipi di implicature:  implicature convenzionali Secondo Grice, se P proferisce (50) Egli è un inglese; quindi è coraggioso → dice di qualcuno che è inglese e che è coraggioso. Il contenuto di (50) è equivalente a (50’) Egli è un inglese; egli è coraggioso → e lascia intendere che c’è una correlazione fra essere inglese ed essere coraggioso. La correlazione è pertanto non una parte del contenuto vero-condizionale di (50), ma è un’implicatura convenzionale. Questo tipo di implicature sono preposizioni addizionali comunicate da un enunciato che non dipendono da particolari circostanze d’uso dell’enunciato, ma sono associate in modo stabile a determinate espressioni, come «ma», «quindi», «persino», «non ancora». Alcuni caratteri delle implicature convenzionali: 1. sono distaccabili: lo stesso contenuto proposizionale può essere espresso in modo da rimuovere l’inferenza; 2. non sono cancellabili: non è cioè possibile bloccare la generazione dell’implicatura, né contestualmente, né esplicitamente; ALESSANDRO CR 7 rendere conto di enunciati come (84) Homer era in cucina e preparava la torta → interpretato come HOMER ERA IN CUCINA E [LÌ] PREPARAVA LA TORTA. Fra le implicature generalizzate è possibile circoscrivere il gruppo di inferenze di particolare interesse: le implicature scalari – derivate dall’aspettativa del rispetto da parte di P della prima massima di Quantità. Proferendo l’enunciato (88) Alcuni politici sono onesti → chi parla implicitamente la proposizione (89) Non tutti i politici sono onesti: D può riconoscere l’implicatura fondandosi sull’aspettativa che P sia tanto informativo quanto richiesto. ALESSANDRO CR 10 Capitolo secondo. Dopo Grice: una mappa Dopo Grice: neo-griceani e post-griceani La distinzione fra esplicito e implicito è stata messa in discussione in vario modo, già negli anni Settanta, da continuatori più o meno fedeli del programma di ricerca di Grice come Stephen Levinson, Laurence Horn e Jay Atlas – spesso riuniti sotto il nome di neo-griceani. Più recentemente obiezioni radicali al progetto griceano sono venute dal variegato campo dei post- griceani: teorici della pertinenza (Dan Sperber, Deirdre Wilson e Robyn Carston), contestualisti (François Récanati), quasi-contestualisti (Kent Bach). Il dissenso avviene sostanzialmente su due punti: A. Distinzione fra esplicito e implicito. Rispetto a Grice, i neogriceani accentuano l’interesse sugli aspetti convenzionali del linguaggio, nel tentativo di combinare il punto di vista inferenziale sulla comunicazione di derivazione griceana con una visione del linguaggio influenzata dalla semantica formale e dalla grammatica generativa. B. Principio di Cooperazione e massime conversazionali. I principi proposti dai neo-griceani a revisione delle massime griceane (che Grice stesso vedeva aperte a complementi e miglioramenti) sono visti in forte continuità con la teoria originaria di Grice; ben diverso l’atteggiamento della teoria della pertinenza, che vede nella formulazione del principio di pertinenza una rottura netta con il progetto griceano. Grice: esplicito e implicito Punto di partenza imprescindibile resta la distinzione griceana fra dire e implicare: secondo Grice, nelle nostre interazioni verbali spesso comunichiamo implicitamente molto più di quanto non diciamo letteralmente o esplicitamente. A livello esplicito Grice postula processi inferenziali solo per i. Assegnare riferimenti alle espressioni indicali; ii. Eliminare eventuali ambiguità. È la posizione che oggi prende il nome di letteralismo. Per certi autori post-griceani, e per la teoria della pertinenza in particolare, il livello esplicito è largamente sotto-determinato dal significato codificato linguisticamente e deve essere integrato grazie a processi inferenziali: è la posizione del contestualismo. Semantica tradizionale: letteralismo Secondo la tesi letteralista, per poter valutare una frase dobbiamo assegnarle un contenuto semantico determinato (condizioni di verità letterali): in questa operazione l’apporto del contesto è limitato ai casi di indicalità in senso lato ed eventualmente di ambiguità. Questo significa che tutti gli effetti del contesto extralinguistico sulle condizioni di verità di una frase devono essere riconducibili a elementi sintattici della frase, presenti nella sua forma logica: tali effetti sono a loro volta governati e regimentati da convenzioni linguistiche. ALESSANDRO CR 11 Processi semantici Il solo processo che i letteralisti ammettono per la determinazione del contenuto esplicito di un enunciato è il processo di saturazione. Si tratta del processo innescato dalla presenza di particolari espressioni: indicali («io», «qui»), dimostrativi («questo»), pronomi («lui», «lei»), ruoli d’argomento dei predicati, tempi verbali. (1’) Ho la febbre gialla; (7) Bart ha visto il libro di Lisa; (8) Massimo è troppo giovane; (9) Romano ha finito; (10) Silvio è pronto. La saturazione consente di determinare il riferimento delle espressioni indicali e dimostrative come «io» in (1’), il riferimento di particolari costruzioni, come quella possessiva in (7), ecc. Il processo è obbligatorio, cioè indispensabile allo scopo di ottenere una proposizione completa e valutabile. Prima del processo di saturazione, gli enunciati (1’) e (7)-(10) sono infatti incompleti, non esprimono proposizioni ma schemi di proposizioni: X HA LA FEBBRE GIALLA; ecc. Processi pragmatici Ogni altra forma di arricchimento del contenuto di una frase è opera di processi inferenziali, che però vanno a costruire un ulteriore livello di senso, non più semantico ma pragmatico: il senso implicito. I processi pragmatici (arricchimento libero, transfert, implicature conversazionali) che generano tale livello di senso prendono come input una proposizione completa e valutabile e forniscono come output una diversa proposizione. Livelli di senso Riassumendo, la prospettiva letteralista individua tre livelli di senso: 1. significato convenzionale; 2. proposizione espressa; 3. senso implicito. Neo-griceani I neo-griceani condividono con Grice l’idea che la comprensione sia parzialmente inferenziale, ma ritengono che la teoria debba essere rivista in due direzioni: A. Grice limita il ruolo delle inferenze sostanzialmente alla comunicazione implicita; questi autori pensano invece che inferenze di tipo pragmatico siano necessarie anche per determinare il livello esplicito della comunicazione; B. le massime conversazionali sono inadeguate dal punto di vista descritto ed esplicativo – dal momento che non hanno modo di bloccare una sovra-generazione di implicature, anche ALESSANDRO CR 12 Grice e il modello inferenziale La teoria della pertinenza (Relevance Theory, RT) nasce negli anni Ottanta dalla collaborazione fra Dan Sperber e Deirdre Wilson. I metodi adottati sono quelli della psicologia cognitiva: accanto ad argomentazioni di carattere filosofico o linguistico, troviamo il tentativo di modellizzare i processi comunicativi a partire da evidenze sperimentali, studi di deficit cognitivi e comunicativi (come l’autismo) e ipotesi e speculazioni di psicologia evoluzionistica. I teorici della pertinenza riconoscono esplicitamente il loro debito nei confronti di Grice – sintetizzabile in due idee chiave: A. la comprensione è un processo di riconoscimento delle intenzioni comunicative del parlante – processo che viene attuato per via inferenziale; B. il destinatario viene guidato nel processo di comprensione da certe aspettative sull’enunciato proferito dal parlante. Per RT come per Grice, dunque, la comunicazione è produzione e interpretazione di indizi o evidenze (evidences). Un soggetto produce un indizio (anche non linguistico, come nel caso di gesti o espressioni intenzionali del viso) del senso che intende comunicare, e mette l’interlocutore nelle condizioni di inferire tale senso a partire da quell’indizio, dalle informazioni rese disponibili dal contesto e da certe cruciali aspettative sul comportamento degli agenti razionali. Un enunciato non è nulla di più di un indizio complesso del senso inteso dal parlante (e non una sua codifica). A. Estensione del modello inferenziale. Se facciamo astrazione dai casi di indicalità e ambiguità, Grice postula la necessità di processi inferenziale sostanzialmente solo per la comunicazione implicita (le implicature conversaizonali); per RT, invece, anche il livello esplicito è largamente sotto-determinato dal significato codificato linguisticamente e deve essere integrato grazie a processi pragmatici (è la posizione contestualista). B. Aspettative che orientano i processi interpretativi. Le aspettative che guidano D nell’interpretazione di un enunciato sono per RT non aspettative di collaborazione e di razionalità, ma di pertinenza: la formulazione del principio di pertinenza costituisce una rottura netta con il progetto di Grice. C. Natura dei processi inferenziali. I processi interpretativi sono per RT processi inferenziali automatici, non riflessivi, non consapevoli, che operano a livello subpersonale. RT prende in altre parole le mosse da una visione generale della cognizione umana, di ciò che ci motiva a rivolgere l’attenzione a certe fonti di informazione, a elaborare certi input e non altri: carattere essenziale della cognizione umana sarebbe la ricerca della pertinenza – la ricerca ciò di quegli stimoli che permettono agli esseri umani di apportare modifiche significative alla loro rappresentazione del mondo. In questa prospettiva la comunicazione linguistica è la fonte di informazione più ricca e completa. ALESSANDRO CR 15 Le aspettative che orientano i processi interpretativi (B.): la pertinenza Pertinenza e cognizione Gli esseri umani sono sistemi cognitivi in grado di costruire ed elaborare rappresentazioni di oggetti e di stati di cose. Sono però in grando anche di costruire rappresentazioni delle rappresentazioni dei loro simili. La comprensione inferenziale è resa possibile proprio dalla capacità degli esseri umani di rappresentarsi le rappresentazioni altrui, di attribuire cioè ai loro simili credenze, desideri, speranze, paure, convinzioni: stati mentali che ne motivano le azioni. La capacità di metarappresentazione è alla base della psicologia ingenua o del senso comune. Per i teorici della pertinenza la comunicazione è un effetto secondario della capacità di metarappresentazione. Il processo interpretativo è un processo metapsicologico di costruzione e valutazione di ipotesi sul voler dire del parlante (un’intenzione) sulla base dell’evidenza che il parlante ha fornito a questo scopo (un comportamento particolare in una situazione particolare). La capacità di metarappresentazione comporta un notevole vantaggio evolutivo: concettualizzare i movimenti corporei di un soggetto come realizzazione di intenzioni è assai economico, in quanto ci permette generalizzazioni esplicative e previsioni sul comportamento del soggetto. Ma come identifichiamo le intenzioni di un soggetto? Grazie alla capacità di riconoscere gli stati mentali degli altri possiamo modificare gli stati mentali degli altri: I. avere un’intenzione informativa significa intrattenere una metarappresentazione di 1° livello (Bart vuole che Marge creda p); II. riconoscere che qualcuno ha un’intenzione informativa significa intrattenere una metarappresentazione di 2° livello (Marge riconosce che Bart vuole che lei creda p); III. avere un’intenzione comunicativa significa intrattenere una metarappresentazione di 3° livello (Bart vuole che Marge riconosca che lui vuole che lei creda p); IV. attribuire a qualcuno un’intenzione comunicativa significa intrattenere una metarappresentazione di 4° livello (Marge riconosce che Bart vuole che lei riconosca che lui vuole che lei creda p). La cognizione umana presenta tre tratti caratteristici: 1. la possibilità di monitorare una vasta gamma di stimoli; 2. la disponibilità permanente di una sconfinata mole di dati immagazzinati; 3. la capacità di concentrare l’elaborazione solo su una quantità limitata di informazione, relativamente a un determinato istante. Ne risulta un vero e proprio collo di bottiglia attenzionale: solo una frazione dell’informazione ambientale tenuta sotto controllo dall’organismo può essere oggetto di elaborazione attenzionale, e solo una frazione dell’informazione presente in memoria può essere di volta in volta richiamata ed elaborata. La ricerca della pertinenza è un carattere essenziale della cognizione umana. È questo il senso del Principio cognitivo di pertinenza: i processi cognitivi umani tendono a massimizzare la pertinenza. La pertinenza è una proprietà degli input dei processi cognitivi, siano essi stimoli esterni ALESSANDRO CR 16 (proferimenti o azioni) o rappresentazioni interne (pensieri, ricordi, conclusioni). Un input è pertinente per un individuo S quando si lega all’informazione di sfondo posseduta da S per generare conclusioni atte a migliorare la conoscenza in possesso di S e la sua capacità di agire con successo. In sostanza un input è pertinente quando permette a S di modificare la sua rappresentazione del mondo, cioè di acquisire nuove credenze, di rafforzare credenze disponibili, rivederle, riorganizzarle o abbandonarle. In sintesi, un input è pertinente quando la sua elaborazione da parte di S produce effetti cognitivi positivi. Dal momento che sono molti gli input pertinenti in competizione fra loro per la nostra attenzione, la pertinenza si configura come proprietà continua e non discreta, sostanzialmente una questione di grado: sarà ritenuto pertinente l’input più pertinente rispetto agli altri stimoli. In generale l’efficienza cognitiva è il conseguimento del miglior equilibrio tra costi e benefici. Ogni elaborazione di uno stimolo ha infatti un costo cognitivi (in termini di tempo, percezione, recupero di informazioni in memoria, attivazione di processi inferenziali); il costo si giustifica con gli effetti cognitivi ottenuti (modifiche della rappresentazione del mondo di S). Maggiori sono gli effetti cognitivi, maggiore sarà la pertinenza; maggiori sono i costi di elaborazione, minore sarà la pertinenza. Supponiamo che Homer chieda a Marge l’orario di partenza del treno per Springfield, e che Marge risponda con uno dei seguenti enunciati: (1) il treno parte dopo le 15; (2) il treno parte alle 15.24; (3) il treno parte 36 minuti prima delle 16. I tre enunciati sono tutti pertinenti per Homer in termini di effetti cognitivi, ma (1) ha meno effetti rispetto a (2), e (3) è più costoso da elaborare rispetto a (2). Pertinenza e comunicazione Massimizzare la pertinenza significa usare nel modo più efficiente le risorse disponibili e allocarle agli input più promettenti. Il nostro sistema cognitivo, come risultato di una costante pressione selettiva, si è sviluppato in modo tale che: i) i nostri meccanismi percettivi tendono automaticamente a cogliere gli stimoli potenzialmente pertinenti; ii) i nostri meccanismi di recupero delle informazioni immagazzinate in memoria tendono automaticamente ad attivare assunzioni potenzialmente pertinenti; iii) i nostri meccanismi inferenziali tendono automaticamente a elaborare gli stimoli nel modo più produttivo. È quanto affermato nel Principio cognitivo di pertinenza. Si è detto che la tendenza a massimizzare la pertinenza ci consente non solo di predire gli stati mentali degli altri ma anche di modificarli o manipolarli, proprio perché siamo in grado di prevedere a quali informazioni gli altri dedicheranno attenzione e risorse cognitive. Dal momento che sappiamo che il nostro interlocutore identificherà gli stimoli più pertinenti nel suo ambiente e li elaborerà in modo da massimizzare la pertinenza, siamo in misura di produrre uno stimolo che attirerà la sua attenzione, provocherà il recupero di assunti contestuali e lo indirizzerà verso le conclusioni da noi intese. Molti dei tentativi volti a influenzare gli altri sono espliciti – come quando stabiliamo un contatto con il nostro interlocutore guardandolo direttamente negli occhi. La comunicazione manifesta richiede cioè l’uso di uno stimolo ostensivo, che innesca aspettative di pertinenza che le azioni ALESSANDRO CR 17 svolge un ruolo determinante nella loro derivazione. Lo stesso enunciato permette a un parlante di generare implicature diverse in contesti diversi: un esempio efficace sono le tautologie (11) Le donne sono donne (12) La guerra è guerra che, in situazioni comunicative appropriate, possono essere usate indifferentemente da misogini o femministe, pacifisti o guerrafondai. La violazione ostentata della prima massima di Quantità invita D a inferire proposizioni addizionali più informative – proposizioni comunicate implicitamente da P che varino al variare dei contesti di proferimento (ad esempio, per (12), IN GUERRA TUTTO È PERMESSO, oppure OGNI GUERRA È UNA TRAGEDIA, e così via). A parità di contesto fisico e linguistico, la varietà di proposizioni che è possibile veicolare implicitamente dipenderà dalle diverse premesse appartenenti all’informazione enciclopedica. Va da sé che è però del tutto implausibile che P e D condivano integralmente la conoscenza enciclopedica formata dall’immensa quantità di informazioni sul mondo che possediamo – siano esse conoscenze scientifiche, pregiudizi tramandati all’interno di una comunità, credenze acquisite tramite esperienze individuali o testimonianze di altri. Seconda obiezione. La nozione stessa di contesto condiviso («P e D condividono l’assunzione q») deve essere messa in discussione. Essa ammette infatti due letture:  In una lettura debole, P e D condividono l’assunzione q se P crede q e D crede q;  In una lettura forte, P e D condividono l’assunzione q se P crede q, D crede q, P crede che D crede q, D crede che P crede q, P crede che D crede che P crede q, e via di seguito. In altre parole, la proposizione veicolata da P con un uso in contesto di (12) dipende dalle informazioni che P suppone D condivida con lui. Così interpretata, la nozione di contesto condiviso perde ogni plausibilità dal punto di vista psicologico, e Sperber e Wilson ne concludono che deve essere abbandonata: non è necessario ipotizzare che P e D condividano alcuna assunzione contestuale prima del proferimento di E. P si aspetta piuttosto, del tutto ragionevolmente, che D sia in grado di recuperare l’informazione necessaria al momento del proferimento di E: si parlerà non di condivisione, ma di attivazione o di recupero di ipotesi – in sostanza di un contesto condiviso. Terza obiezione. La critica più radicale alla teoria griceana si concentra però sulla tesi letteralista sottesa alla teoria. I processi inferenziali coinvolti nella comprensione linguistica – ad esempio nella derivazione di un’implicatura conversazionale – prendono in input un insieme di premesse e forniscono in output una o più conclusioni garantite o giustificate a partire dalle premesse: a differenza di una derivazione logica, si tratta di un processo non dimostrativo, dunque a rischio di fallimento. Si è detto che, in una prospettiva griceana, un processo inferenziale sembra garantito o giustificato solo se P e D condividono le premesse dell’inferenza – e si sono sollevate critiche a questa concezione sottolineando l’implausibilità di una condivisione delle conoscenze enciclopediche. La critica di RT riguarda allo stesso modo anche la plausibilità della condivisione di un’altra premessa della derivazione: i significati lessicali. È possibile condividere integralmente i significati lessicali, così come previsto dal modello del codice? Si noti che i teorici della pertinenza non negano che, da un punto di vista formale, i linguaggi umani siano codici, cioè sistemi di corrispondenze tra forme linguistiche e significati lessicali – e codici assai ricchi rispetto ai codici ALESSANDRO CR 20 animali. Si tratta però di codici estremamente difettosi. Se la comunicazione dovesse avvenire via codifica e decodifica, ogni segnale del codice dovrebbe veicolare lo stesso significato in ogni occasione: ambiguità e polisemia, indeterminatezza referenziale, ellissi, significati impliciti, differenze lessicali o grammaticali – sarebbero un serio ostacolo alla comunicazione. Nella prospettiva di RT se ne conclude allora che la comunicazione avviene per via inferenziale. Esplicature e implicature Il compito generale di derivazione del significato del parlante può essere scomposto in tre sottocompiti, che mettono in atto tutti e tre processi inferenziali non dimostrativi: a. costruzione di ipotesi sul contenuto esplicito (esplicatura) attraverso processi di decodifica, disambiguazione, determinazione dei riferimenti e arricchimento che sviluppano la forma logica codificata linguisticamente; b. costruzioni di ipotesi sulle assunzioni contestuali intese (premesse implicitate); c. costruzione di ipotesi sulle implicazioni contestuali intese (conclusioni implicitate). D è guidato da un’assunzione generale di pertinenza ottimale e da specifiche aspettative sugli effetti cognitivi che P intende ottenere in quel particolare contesto (le conclusioni implicitate): a partire da un effetto cognitivo atteso, D può risalire a un contesto a un contenuto esplicito che potrebbero garantire tale effetto attraverso una backwards inference, un processo di inferenza dalle conclusioni alle premesse, o di aggiustamento reciproco fra esplicature e implicature. La decodifica del contenuto aiuta a identificare le implicature che rendono l’enunciato pertinente; a loro volta premesse e conclusioni derivate permettono di «riaggiustare» il contenuto esplicito in modo da massimizzare la pertinenza dell’enunciato. Tale processo si stabilizza quando esplicature e implicature insieme confermano le aspettative di pertinenza di D. Vediamo un esempio. Alessandra, Francesca e Alessandro stanno cenando e la loro vicina (e pessima cuoca) Claudia passa a salutare. Alessandra le chiede se vuole restare a cena con loro; Claudia risponde: «No grazie» e aggiunge (14) Ho cenato. La tavola mostra i passi inferenziali attraverso i quali Alessandra giunge a interpretare (14): a sinistra compaiono le ipotesi interpretative di Alessandra e a destra la base che supporta ciascun passo: ALESSANDRO CR 21 (a) Claudia ha detto ad Alessandra «Ho cenato». Decodifica dell’enunciato di Claudia. (b) L’enunciato di Claudia ha pertinenza ottimale per Alessandra. Aspettativa suscitata dal riconoscimento dell’enunciato di Claudia come atto di comunicazione, e accettazione della pertinenza ottimale che veicola automaticamente. (c) L’enunciato di Claudia sarà pertinente se fornisce ad Alessandra una ragione del rifiuto del suo invito a cena. Aspettativa suscitata da (b) insieme al fatto che tale spiegazione sarebbe la più pertinente in questo momento per Alessandra. (d) Il fatto di aver già cenato una certa sera è una buona ragione per rifiutare un invito a cena quella stessa sera. Prima ipotesi che viene in mente ad Alessandra, che, insieme ad altre premesse appropriate, può soddisfare l’aspettativa (c). Interpretazione accettata come premessa implicita dell’enunciato di Claudia. (e) Claudia ha cenato questa sera. Prima interpretazione arricchita dell’enunciato di Claudia com’è stato decodificato in (a) che viene in mente ad Alessandra e che, combinato con (d), porta alla soddisfazione di (c). Interpretazione accettata come contenuto esplicito dell’enunciato di Claudia. (f) Claudia rifiuta l’invito a cena perché ha già cenato questa sera. Inferita da (d) ed (e) in quanto soddisfa (c). Accettata come conclusione implicita dell’enunciato di Claudia. (g) Claudia potrebbe accettare un invito un’altra sera. Inferito da (f) e da informazione di sfondo. Una delle possibili implicature deboli dell’enunciato di Claudia che, assieme a (f), soddisfa l’aspettativa (b). Concetti ad hoc: pragmatica lessicale Nella prospettiva pertinentista, l’interpretazione lessicale comporta la costruzione, a partire dai concetti codificati, di concetti ad hoc o concetti occasionali. Nella prospettiva di RT, un concetto codificato linguisticamente è solo un indizio per derivare l’interpretazione intesa – tramite la costruzione di un concetto ad hoc. Tale costruzione è basata sulle informazioni immediatamente accessibili a partire dall’entrata lessicale associata al concetto codificato e vincolata dalle aspettative di pertinenza D. La costruzione dei concetti ad hoc avviene grazie a due processi complementari: - narrowing (il processo di restrizione lessicale) → (29) A molti filosofi piace bere viene generalmente interpretato come A MOLTI FILOSOFI PIACE BERE BEVANDE ALCOLICHE: il concetto lessicale BERE (INGERIRE LIQUIDI) deve essere rispetto a BERE* (INGERIRE BEVANDE ALCOLICHE). - broadening (o loosening – il processo di ampliamento o estensione lessicale) → (32) Questo tavolo è rettangolare ALESSANDRO CR 22 interessante. Lo è molto meno come resoconto realistico, dal punto di vista psicologico, dei processi mentali effettivamente coinvolti nella comprensione». Secondo l’ipotesi modularista, la mente è costituita da una varietà di meccanismi cognitivi (moduli) specifici per dominio o per compito. Un modulo è un dispositivo della mente / cervello dotato di input specifici e limitati; autonomo; caratterizzato da funzionamento obbligatorio e rapidità di risposta; soggetto a danni selettivi e a precise tappe di sviluppo. La correlazione fra teoria della mente e capacità comunicative ha ricevuto interessanti conferme dallo studio dell’autismo. Secondo Fodor i sistemi cognitivi sono di due tipi: i sistemi di input, modulari, e i sistemi centrali, non modulari. Nella versione più recente di RT si è affermata una visione quasi integralmente modulare della mente, che non distingue fra sistemi centrali non modulari e sistemi di input periferici e modulari: è quella che viene definita modularità massiva. Nella prospettiva evoluzionistica che ora RT predilige, un modulo è definito non tato dalle proprietà fodoriane, quanto dalla presenza di meccanismi dedicati – tipicamente adattamenti biologici a regolarità presenti in certi domini: quello della lettura della mente sarebbe un modulo in questo senso meno restrittivo. Anche all’interno della prospettiva massivamente modulare, tuttavia, le opinioni sono variegate: si evidenziano in particolare due posizioni. Per studiosi lontani da RT (Bloom e Tomasello, fra gli altri), il modulo della psicologia ingenua sarebbe l’esito della pressione selettiva creata dalla necessità di gestire complesse relazioni sociali: la capacità di interpretare in termini psicologici i comportamenti altrui conferisce agli individui un vantaggio adattivo rispetto al resto della comunità; solo in seguito tale capacità viene utilizzata a fini comunicativi. L’attribuzione di stati mentali richiesti per la comprensione verbale, infatti, viene generata automaticamente da meccanismi più generali che si applicano a tutto il dominio dell’azione intenzionale; la comprensione ha luogo tramite applicazione del generico modulo di lettura della mente al fine di identificare il significato inteso dal parlante (una visione che RT definisce «neo-griceana»). Per RT, invece, è necessario postulare un meccanismo dedicato al dominio degli stimoli comunicativi: la comprensione comporta un sotto-modulo del modulo di lettura della mente, che applica automaticamente una procedura basata sulla pertinenza e opera su stimoli ostensivi, con particolare attenzione agli enunciati. È la tendenza degli esseri umani a massimizzare la pertinenza a fornire la giustificazione per l’esistenza di una procedura di comprensione interamente dedicata alla comunicazione. Il Principio comunicativo di pertinenza descrive una regolarità specifica per il dominio comunicativo: solo gli atti di comunicazione suscitano legittime aspettative di pertinenza ottimale. Sperber e Wilson muovo sostanzialmente due obiezioni all’idea di un unico modulo dedicato all’interpretazione del comportamento e del comportamento comunicativo. i. In primo luogo, l’attribuzione di intenzioni non comunicative è facilitata dal numero ridotto di azioni che un agente può compiere in un dato momento; quando qualcuno mette una mano in un cassetto, c’è un insieme relativamente ristretto di oggetti che può ragionevolmente avere l’intenzione di afferrare – e questo facilita il compito dell’osservatore che deve leggere un’intenzione dietro quell’azione. Dal momento che c’è una grande distanza fra significato dell’espressione e significato del parlante, è invece ALESSANDRO CR 25 praticamente illimitato il numero di significati che un parlante può ragionevolmente avere l’intenzione di comunicare in una data situazione: si pensi solo all’infinità di implicature che P può comunicare con lo stesso enunciato, al variare del contesto di proferimento. ii. In secondo luogo, nel comune esercizio della facoltà metapsicologica è generalmente sufficiente un solo livello di metarappresentazione (Sally crede che la palla sia nella cesta), mentre la comprensione inferenziale richiede più livelli. ALESSANDRO CR 26
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