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Pragmatica Cognitiva, Appunti di Psicologia Generale

Riassunto di pragmatica cognitiva

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 16/05/2020

alerobe.pt
alerobe.pt 🇮🇹

4.2

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4 documenti

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Scarica Pragmatica Cognitiva e più Appunti in PDF di Psicologia Generale solo su Docsity! PRAGRAMTICA COGNITIVA – I meccanismi della comunicazione Claudia Bianchi Prologo Se conosciamo le parole, i loro significati e i loro modi di combinazione, sappiamo tutto quello che ci serve per capire e farci capire. La fiducia che utilizziamo riposa su questo modello di comunicazione assai ragionevole, chiamato modello del codice:la comunicazione consiste nella codifica e decodifica di messaggi. Già Locke affermava nella propria teoria del linguaggio che le parole stanno per idee (stati mentali dotati di contenuto come impressioni concrete, concetti astratti, immagini mentali). Le idee di un soggetto sono inaccessibili a ogni altro soggetto ma una persona può comunicare i propri pensieri usando suoni: il parlante codifica i pensieri in parole e le trasmette all’ascoltatore che le decodifica per ritrovare i pensieri. Un codice è un sistema che permette a due soggetto di comunicare stabilendo una corrispondenza tra messaggi interni (rappresentazioni mentali, concetti, pensieri) e segnali esterni ( parole o enunciati). Le parole permettono a un parlante di rendere accessibili i propri pensieri dato che le lingue naturali sono codici condivisi da parlante e ascoltatore. Il fallimento comunicativo si verifica se il parlante codifica in modo scorretto i propri pensieri (lapsus) o se rumori disturbano la trasmissione fisica del segnale o se parlante e ascoltatore non condividono (o non completamente) il codice utilizzato. Secondo il modello del codice la comprensione è la reazione automatica a un segnale poiché l’interpretazione non coinvolge alcuna creatività o processo inferenziale. Tuttavia la codifica di una frase non coincide sempre col pensiero del parlante che l’ha enunciata. Per es. “Homer e Marge si sono sposati e hanno avuto 3 figli” può anche significare che Homer si è sposato con Selma e Margie con il signor Burns e dal momento che la congiunzione è commutativa può anche essere che prima abbiano avuto tre figli e poi si siano sposati e che questi figli non li abbiano avuti insieme. Questo ragionamento è possibile farlo in base alle cose che sappiamo sull’italiano (origine linguistica). Ma se diciamo “Lisa e Marge si sono sposate e hanno avuto 3 figli” dobbiamo ricorrere all’origine enciclopedica (le cose che sappiamo sul mondo, sui matrimoni e sui figli). Sulla base di questi esempi è necessario dire che quando è coinvolta la comunicazione umana bisogna postulare processi inferenziali, cioè che, a partire da certe premesse, premettono di derivare certe conclusioni che quindi sono giustificate alla luce delle premesse. Un’inferenza è una sorta di ragionamento. Parto quindi dal presupposto che chi parla sta cercando di collaborare con me e mi darà dunque tutte le informazioni che mi servono nel modo più efficace. Quindi se i figli fossero stati 4, il parlante lo avrebbe detto; pertanto vuole che pensiamo che i figli siano non più di 3. Ormai da 50 anni, nella filosofia del linguaggio contemporanea convivono 2 modelli di comunicazione: modello tradizionale del codice e modello inferenziale, basato su un processo di attribuzione di intenzioni dove chi parla manifesta intenzioni e chi ascolta le riconosce. Ovviamente lo stato mentale di chi parla non lo percepiamo direttamente ma dal suo comportamento, tramite indizi linguistici e non, forniti dal parlante o desunti dal contesto. La prima formulazione del modello inferenziale la si deve a Grice. Egli opera due distinzioni importanti. In primo luogo, tra ciò che le parole significano, o vogliono dire, e ciò che un parlante P significa, o vuole dire, o dice, usando quelle parole. Raramente riflettiamo su questa distinzione, lo facciamo solo in caso di errori, ambiguità o lapsus. In secondo luogo, la distinzione tra ciò che P dice usando quelle parole e ciò che P, usando quelle parole, lascia intendere, o suggerisce, o comunica implicitamente. Per es. “Si prega di consumare cibi e bevande all’esterno del negozio” non invita a organizzare pic-nic fuori dal negozio ovviamente. Regolamenti e manuali, come anche la lista della spesa per esempio, non possono dire tutto, precisare tutto, prevedere tutto. Il resto lo aggiungiamo noi per via inferenziale, con naturalezza e facilità, rapidità, in modo automatico e del tutto inconsapevole. Naturalmente il processo inferenziale si può esporre al rischio di un fraintendimento nel caso le premesse non fossero realmente condivise. Così nel dialogo A: “seguirai il corso di pragmatica quest’anno?” B: “non hai sentito che lo tiene Claudia Bianchi?” B potrebbe voler comunicare che per nulla al mondo si lascerebbe sfuggire un corso di Claudia Bianchi, nota la bravura dell’insegnante. Oppure se le premesse non fossero queste, sarebbe il caso opposto. La pragmatica è lo studio dell’uso del linguaggio (studia il linguaggio in rapporto all’uso che ne fa il parlante) e la pragmatica cognitiva è il tentativo di costruire modelli di comunicazione compatibili con l’osservazione empirica e clinica e con dati sperimentali. La pragmatica cognitiva è una disciplina empirica che eredita metodi della psicologia cognitiva. Capitolo primo – L’eredità di Grice L’opera di questo filosofo e linguista britannico può essere situata all’origine del filone cognitivo in pragmatica. E’ da Grice in poi che la riflessione contemporanea eredita la distinzione netta fra fatti semantici e fatti che concernono la natura delle interazioni umane, come la distinzione tra dire e implicare, esplicito e implicito, semantica e pragmatica. Scopo generale di Grice è caratterizzare ciò che un espressione E significa, ciò che un parlante P dice esplicitamente usando l’espressione E in una certa occasione, ciò che un parlante P lascia intendere implicitamente usando l’espressione E in quella certa occasione. L’intento dei filosofi del linguaggio ordinario è portare il linguaggio comune, di tutti i giorni, al centro dell’analisi filosofica giacché alcune soluzioni e alcuni problemi filosofici rivelano un uso scorretto del linguaggio. Austin e Strawson negano che la semantica possa essere espressa dalla logica. I significati delle particelle logiche non catturano i significati delle loro controparti nel linguaggio natuale. Per es. “E’ andato a letto e si è tolto i pantaloni” nella forma p q con la congiunzione commutativa equivale a dire q p ma non vanno intuitivamente così le cose perché un conto è togliersi i pantaloni e poi andare a letto, è un conto è andare a letto e poi togliersi i pantaloni. Analisi simile per l’enunciato “Se il mare è salato allora il quadrato ha quattro lati”. Sarebbe p  q che dal punto di vista logico è accettabile e vero dal momento che il conseguente q è vero. Come è noto, il condizionale materiale sarebbe falso solo se l’antecedente fosse vero e il conseguente falso. In questo caso, accettare l’antecedente costituisce una buona ragione per accettare il conseguente. Tale analisi si estende ad altri termini carichi di implicazioni filosofiche come “sembrare”, “credere” e “sapere”. Per es . “x mi sembra rosso” è corretto solo se chi parla sa o crede che x non possa essere rosso o pensa che qualcuno potrebbe dubitare o negare che x sia rosso. Invece, negli esempi “So che questa è una mano” e “sono certo di essere sveglio ora”, Malcolm vede usi scorretti dei verbi “sapere” e “essere certo” che sarebbero utilizzati in modo corretto solo se ci fossero dubbi su ciò che P afferma di sapere o di cui afferma di essere certo. La posizione di Grice è che sia necessario distinguere elementi dell’uso del linguaggio dovuti al significato ed elementi dovuti a fattori dell’interazione comunicativa. Quindi un enunciato come “Lisa e Marge si sono sposate e hanno avuto 3 figli” è inappropriato nel contesto specificato ma per questo non significa che sia falso ma piuttosto inappropriato perchè riconducibile a principi generali del discorso e del comportamento razionale. Deve essere considerato vero ma fuorviante. Dunque, nella battaglia tra filosofi del linguaggio ideale (sostenitori di una semantica formale che si occupano degli aspetti strutturali e composizionali del linguaggio) e filosofi del linguaggio ordinario (teorici dell’uso), Grice si propone di riconciliare i due campi. Si rivela cruciale la distinzione tra conseguenza logica e implicatura, fra il significato delle particelle logiche e ciò che viene lasciato intendere dall’uso di quelle particelle senza far parte del loro significato letterale. Più in generale è la distinzione tra il significato dell’espressione e il significato del parlante. Grice però spiega che i sensi non devono essere moltiplicati più del necessario,attraverso lo spirito del Rasoio di Occam modificato: principio regolativo che ci chiede di non supporre che un’espressione abbia un senso ulteriore laddove è possibile postulare una soluzione più economica. Per es “Claudia alzò il sopracciglio e lo studente incominciò a tremare” . La congiunzione commutativa tratta un’implicatura generata dalla supposizione che P si esprime non solo in modo ordinato ma anche pertinente. La relazione casuale tra gli eventi non fa parte del significato di “e”. Una frase per Grice è un oggetto astratto con proprietà fonologiche, morfologiche,sintattiche e semantiche. L’enunciato è un oggetto concreto, localizzato nello spazio e nel tempo, usato in uno scambio comunicativo effettivo. Esso eredita le proprietà linguistiche della frase ma acquisisce ulteriori proprietà per il fatto di essere proferito in un dato contesto in cui P si rivolge a D. Nella comunicazione sono quindi coinvolte proprietà linguistiche e non. Nucleo della teoria griceana è mostrare come esse interagiscono. Nel farlo Grice utilizza 3 teorie : significato come intenzione (la comprensione verbale non consiste nella decodifica di segnali in messaggi ma è una forma di attribuzione di uno stato mentale al parlante), Principio di Cooperazione e massime conversazionali (il destinatario si aspetta che l’enunciato soddisfi certi standard, sia cioè sincero, pertinente,chiaro e informativo) e implicatura (è necessario distinguere ciò che il parlante dice esplicitamente e ciò che il parlante implica o veicola implicitamente). L’opera di Grice viene tradizionalmente divisa in teoria del significato e teoria dell’implicatura. Prima eredità: significato come intenzione. La comunicazione è espressione e riconoscimento di intenzioni secondo il modello inferenziale; significa leggere la mente del nostro interlocutore. L’enunciato non è un semplice segnale (codifica del messaggio) ma un indizio (significato del parlante). E’ la riduzione di un progetto semantico a un progetto psicologico. Se Homer chiede a Lisa “ Ti piacciono i libri di Virginia Woolf?” e Lisa risponde “Alcuni” significa che a Lisa piacciono alcuni libri scritti da V.W ma implica che a Lisa non piacciono tutti i libri scritti da V.W. Grice propone la distinzione tra significato naturale e non naturale. Per es. nell’enunciato “Quelle macchie significano morbillo”, se il bambino ha effettivamente quelle macchie allora è vero, e significare naturalmente è un verbo fattivo. Il significato di un’espressione può anche essere analizzato in termini di regolarità delle intenzioni di P in occasioni date: l’espressione E significa p se e solo se i parlanti significano p con E. Strawson in particolare spiega la relazione tra uso e convenzione: P può usare x per comunicare y a D servendosi di mezzi non convenzionali e così la volta successiva avrà un successo maggiore perché lentamente si afferma l’abitudine di usare x per comunicare y. Funziona perché è stata intendendo che Lisa è intelligente. È un caso di litote. In tutti questi casi la massima di qualità viene violata intenzionalmente e la supermassima rimane operativa.  Quantità : “Le donne sono donne” il potere informativo è nullo e la violazione spinge D a inferire proposizioni addizionali più informative intendendo che le donne sono essere superiori o sensibili o irrazionali o fragili o imprevedibili. Viola la prima massima. Per la seconda massima di Quantità, gli esempi di sfruttamento sono spesso difficilmente distinguibili da esempi di sfruttamento di modo. “E’ la moglie di mio padre” dà troppe informazioni, è una perifrasi che lascia intendere a D che è la seconda moglie del padre di P.  Relazione : Homer: “cosa regaliamo a Lisa per Natale?” – Marge: “Le hanno rubato il cellulare” . Homer trarrà l’implicatura che il cellulare potrebbe essere un buon regalo per Lisa  Modo : - “Vai alla porta, gira la maniglia in senso orario finchè possibile, poi tira verso di te” rispetto a “Apri la porta” lascia intendere a D che l’operazione richiede particolare cautela. C’è eccesso di parole e di contenuto, non è breve. “Homer si è messo a letto, ha fatto la doccia ed è tornato a casa” viola l’aspettativa che i parlanti si esprimano in modo ordinato ma basta immaginare che Homer abbia una relazione extraconiugale e D ne inferirà che i fatti si sono svolti nell’ordine suggerito. Tradizionalmente si suole distinguere due categorie di implicature: da sfruttamento, come abbiamo già detto, e standard, con le quali D integra, amplia o arricchisce ciò che è detto nel momento in cui P stia osservando le massime. Anche se la distinzione non è del tutto convincente. Per es. “Carlo ha due lauree” implicherebbe che P crede che sia vero e che ha prove adeguate per asserirlo. Ma potrebbe dire qualcosa come “Carlo ha due lauree, ma non ci credo”. Alla luce di queste osservazioni è più corretto parlare di un continuum fra la nozione di implicatura standard e sfruttamento, e non fare uso della distinzione. L’esigenza della distinzione nasce nella teoria griceana dalla differenza tra dire e fare mostra di dire (“make as if to say”). Se dico “Homer è un elefante” non dico che sia propriamente un elefante ma faccio mostra di dirlo. Critici del programma griceano, come Bach, negano l’utilità di questa distinzione: quando P parla non fa finta di dire ma dice realmente qualcosa ne lascia intendere un’altra. Come vengono derivate le implicature? Il parlante dice p e implica conversazionalmente q se 1- D presuppone che P si conformi alle massime e al PdC 2- D deve supporre che il parlante pensi q, per rendere coerente 1 3- P pensa (e si aspetta che D pensi che lui pensa) che D sia in grado in inferire o cogliere intuitivamente che P pensi q. Quindi D parte dal riconoscimento convenzionale del significato dell’enunciato di P (espressioni indicali, disambiguazioni di espressioni omonime o polisemiche) e dalle informazioni presenti nel contesto linguistico (scambi avvenuti in precedenza, l’argomento generale della conversazione), extralinguistico (ambiente fisico in cui si svolge lo scambio fra i due interlocutori) e nella conoscenza di sfondo. Il calcolo inferenziale ha suscitato più di una perplessità: per esempio, era stata mossa un obiezione da Evans e McDowell secondo cui Grice postulerebbe un insieme di intenzioni che è improbabile o impossibile che i parlanti abbiano concretamente (“superuomini idealmente razionali”). E anche Sbisà accentua il carattere normativo delle implicature rispetto alla loro dimensione psicologica: sarebbero dei sensi aggiuntivi o correttivi resi disponibili dal testo; non si tratta di un enunciato creduto dal parlante ma di un enunciato che dovrebbe essere accettato dal parlante. Ciò significa che anche nel riconoscimento degli impliciti ci si può sbagliare e a cadere nell’errore può essere sia P che D. Ma questo a parere di Claudia Bianchi non fa parte del progetto griceano perché ammettere che P si possa sbagliare non fa parte delle intenzioni comunicative del soggetto. Sostiene però che devono contare come implicature le proposizioni intese da P e non riconosciute da D: in questo caso siamo di fronte all’insuccesso comunicativo. Tipi di implicature Implicature convenzionali Sono proposizioni addizionali associate in modo stabile in ogni contesto a determinate espressioni, come “ma”, “quindi”, “persino”,”non ancora”. Se dico “Lisa è bella ma intelligente” ha la stessa condizione di verità di “Lisa è bella e intelligente”. Sono due enunciati p e q veri se e solo se Lisa ha le proprietà di essere bella e intelligente. L’espressione “ma” ci suggerisce in più che c’è un contrasto tra bellezza e intelligenza. Questo ci permette di riassumere alcuni caratteri delle implica ture convenzionali: 1) sono distaccabili e possono così avere lo stesso contenuto proposizionale (o condizione di verità). 2) Non sono cancellabili: non è possibile bloccare l’implicatura. Se dico “Lisa è bella ma intelligente, e non c’è contrasto fra bellezza e intelligenza” dà origine a un enunciato contraddittorio. 3) Vengono generate in tutti i contesti: non richiedono particolari informazioni di sfondo. Se dico “Paolo è italiano ma onesto” implico che generalmente gli italiano non sono onesti, che fa parte delle nostre conoscenze condivise. Ma se dico “Hans è tedesco ma onesto”, l’implicatura è analoga malgrado non faccia parte delle nostre conoscenze condivise. 4) Non sono calcolabili: sono colte intuitivamente da D. 5) Non sono parte del significato delle espressioni: non modificano le condizioni di verità dell’enunciato a cui sono associate (non vero-condizionali). Anche se l’implicatura di “Hans è tedesco ma onesto” è intuitivamente falsa, la nostra intuizione è che sia vero. La nozione di implicatura convenzionale è messa in discussione. Affermiamo, per esempio, che “Hans è tedesco ma onesto” sia vero poiché comunque è effettivamente sia tedesco che onesto. Intuitivamente l’enunciato ci sembrerebbe falso perché fa parte delle nostre conoscenze condivise sapere che generalmente i tedeschi non è vero che non siano onesti. Bach sostiene che questo vada contro il principio fondamentale della semantica tradizionale in base al quale a ogni enunciato corrisponde una e una sola proposizione. Implicature conversazionali particolarizzate Necessitano di un contesto particolare per essere generate da P e riconosciute da D. Gianni De Michelis: “Hai mai pensato di iscriverti al partito socialista?” – “Massimo Cacciari: “ No grazie, sono ricco di famiglia” . “sono ricco di famiglia” sembra violare la massima di relazione ma l’implicatura conversazionale è che chi si iscrive al partito socialista lo fa per arricchirsi ed è fondata sul ruolo cruciale dell’informazione contestuale (in particolare enciclopedica). Infatti nulla del significato convenzionale ci permette di inferire alcunché ma chi non sapesse molto dell’Italia di quei tempi potrebbe faticare a riconoscere l’implicatura. Le implica ture conversazionali particolarizzate hanno alcuni caratteri: 1) non sono parte del significato delle espressioni: non modificano le condizioni di verità dell’enunciato. 2) Non sono veicolate da ciò che è detto ma dall’atto di dirlo:è P che implica conversazionalmente una proposizione, non la frase 3) Non sono distaccabili: questo perché sono generate dal contenuto semantico e non dalla forma dell’espressione linguistica scelta. Dire “La mia famiglia non ha problemi di denaro” e dire “la mia famiglia ha fatto fortuna in Borsa” avrebbe avuto le stesse condizioni di verità. E dire “Francesca ha ucciso Paolo” o “Francesca ha assassinato Paolo” implicano tutte e due logicamente che Paolo è morto. 4) Sono cancellabili, esplicitamente o contestualmente. Homer “Cucini tu sta sera?” – Marge: “Sono stanca. Però cucinare mi aiuterebbe a rilassarmi” 5) Sono calcolabili. Anche se Grice non nasconde che esse possano essere colte intuitivamente. Perché D deriva proprio quell’implicatura e non un’altra? Si tratta di overgeneration: dicendo “ Sono ricco di famiglia” si può anche intendere che tutti i socialsti fanno politica in modo discutibile o che tutti i socialisti sono ladri. Questo perché le implica ture conversazionali 6) Possono non essere completamente determinate. 7) Vengono generate sono in contesti particolari. Implicature conversazionali generalizzate Dipendono dalla generalità delle circostanze, sono sostanzialmente indipendenti dai dettagli del particolare contesto conversazionale. “A ha un appuntamento con una donna stasera” lascia intendere che la donna non sia sua madre, sua sorella, sua moglie o una cara amica. Dal momento che P non è stato più specifico ne inferiamo che non era in condizioni di esserlo e che “UN x” era l’informazione più informativa che P potesse produrre, rispetto a “L’x” o “IL SUO x” . L’implicatura generalizzata è cancellabile. La cancellatura può essere esplicita: “A ha un appuntamento con una donna sta sera: sua moglie” . Oppure contestuale: “Il gatto è sotto le coperte o nell’armadio” così dicendo implico che generalmente non so in quale dei due luoghi sia il gatto (altrimenti lo avrei detto rispettando la massima di Quantità), ma se stiamo facendo un indovinello, o una caccia al tesoro, la derivazione dell’implicatura viene bloccata. Le implicature generalizzate costituiscono per Grice il fenomeno più interessante dal punto di vista filosofico: è possibile spiegare le differenze fra costanti logiche e loro controparti nel linguaggio naturale. È convinzione dei filosofi del linguaggio ordinario come Strawson che in un enunciato come “E’ andato a letto e si è tolto i pantaloni” la successione temporale dei due eventi faccia parte del significato di “e”. Oppure in “Se Lisa va alla festa, Bart resterà a casa” l’antecedente ha qualcosa a che fare con il conseguente, accettare l’antecedente costituisce una buona ragione per accettare il conseguente. Per Grice è cruciale tenere distinte conseguenze logiche e implicature. In “Mia moglie è a Londra o a Oxford” P non sa se la moglie è a Londra e non sa se la moglie è a Oxford: sono due implicature generalizzate generate dall’aspettativa che P rispetti la massima di Quantità. Grice critica anche l’idea del concetto di ambiguità degli effetti comunicativi. La particella logica “e” avrebbe tre significati convenzionali: congiunzione logica, sequenza temporale e relazione causale. Grice a questa moltiplicazione dei sensi oppone il principio esposto del Rasoio di Occam modificato : i sensi non devono essere moltiplicati più del necessario. Le implicature conversazionali generalizzate hanno alcuni caratteri, quindi: 1) non sono generate in tutti i contesti: se qualcuno chiede “come mai Marge è così felice?” - “Marge si è sposata e ha avuto un bambino” , l’ordine temporale dei due eventi appare del tutto irrilevante. 2) Sono cancellabili senza contraddizioni contestualmente o esplicitamente: “Marge si è sposata e ha avuto un bambino a non so in che ordine si sono prodotti i due eventi” 3) L’implicatura della sequenza temporale viene generata anche in assenza dell’espressione “e”, se c’è un segno di interpunzione. 4) L’ambiguità di “e” perde ogni plausibilità quando le vengono associati dei sensi in modo contro-intuitivo. “Homer era in cucina e preparava la torta” si interpreta generalmente che Homer era in cucina e lì ha preparato la torta. Implicature scalari Derivano dall’aspettativa del rispetto da parte di P della prima massima di Quantità. Un’implicatura viene detta scalare quando le espressioni “tutti, la maggior parte, molti, alcuni, pochi” ,per esempio, sono poste su una sorta di scala. Levinson ha formulato la ricostruzione dei passi inferenziali che conducono D a derivare un’implicatura scalare : se P dice 1. “Alcuni politici sono onesti” 2. Esiste l’espressione “Tutti i politici sono onesti” che è più informativa. 3. Le due espressioni sono brevi alo stesso modo 4. Se, pur sapendo che valeva “Tutti i politici sono onesti”, P avesse enunciato “Alcuni politici sono onesti”, avrebbe violato la massima di Quantità 5. Quindi P deve volere che D inferisca: che P sa che “Tutti i politici sono onesti” non vale; o almeno che P non sa se “Tutti i politici sono onesti” vale. Esemplificando 1. P ha detto che p 2. esiste un espressione q più informativa di p 3. q è breve quanto p (per assicurare il rispetto della massima di Modo) 4. se, pur sapendo che valeva q, P avesse enunciato p, avrebbe violato l massima di quantità 5. quindi P deve volere che D inferisca: che P sa che q non vale (K ¬q) (interpretazione forte); o che P non sa se q valga (¬K q) (interpretazione debole). Proferendo “Homer ha 3 figli” P non dice ma lascia intendere che Homer ha esattamente tre figli. La scala quindi è costruita da < n, 5, 4, 3, 2, 1>. Implica conversazionalmente che Homer non ha 4 figli, anche se nel caso ne avesse 4 sarebbe comunque vero. Ma è un’implicatura scalare generata dall’aspettativa del rispetto della massima di Quantità, ed è dimostrato dal fatto che - è cancellabile: “Homer ha tre figli, e forse anche 4” - non sorge in tutti i contesti : se leggiamo il regolamento delle FS “Lo sconto per famiglie numerose viene accordato alle famiglie con tre figli” l’implicatura che i figli debbano essere esattamente tre viene bloccata contestualmente: una famiglia con 4 figli avrà certamente diritto allo sconto. Sono implicature scalari anche quelle generate dagli aspetti addizionali del significato di “sembrare” : “x mi sembra rosso” implica conversazionalmente la negazione di “x è rosso”. Oppure “Credo che p” implica conversazionalmente la negazione di “So che p”. Sono implicature scalari anche quelle dette enciclopediche: se Marge “Hai finito di dipingere la casa?” – Homer “Ho finito di dipingere la cucina”, Marge è legittimata dalle proprie conoscenze enciclopediche circa la casa a inferire che Homer non ha finito di dipingere le altre stanze. Quindi, l’interesse delle implicature scalari risiede nel fatto D deve derivarle non tanto a partire da ciò che P ha detto, ma a partire da ciò che non ha detto ma avrebbe potuto dire. atti linguistici indiretti ed eufemismi : “Puoi passarmi il sale” non è una domanda sulle capacità motorie di D ma in modo più informativo è una richiesta indiretta. E’ anche all’origine di interpretazioni di litoti ed eufemismi come “passare a miglior vita” e al rafforzamento di enunciati negati come “Non credo che venga” (secondo la lettura più forte “Credo che non venga”). Conditional perfection. Fallacie o strategie interpretative? La CP è la tendenza dei parlanti a perfezionare un condizionale, cioè interpretare un condizionale come se fosse il bicondizionale corrispondente. Per es. “Se lavi i piatti ti do 5 euro” è come dire “Se e solo se lavi i piatti ti do 5 euro” ma l’inferenza non sarebbe logicamente legittima e neanche generalizzabile. Lo dimostra “Se sei a Roma sei in Italia” che ovviamente non invita a generare “Se non sei a Roma non sei in Italia” e quindi neanche “Se e solo se sei a Roma sei in Italia”. Quindi ci sono tre strategie possibili per il trattamento di CP: a) ambiguità lessicale del connettivo “se”: avrebbe due interpretazioni del linguaggio naturale: interpretazione condizionale (se) e interpretazione bicondizionale (se e solo se) b) fattori puramente extralinguistici, enciclopedici e antropologici. Secondo Geis e Zwicky se proferiamo “Dopo un pasto abbondante, siamo caduti in un sonno profondo” sembra che l’evento precedente venga letto come causa di quello conseguente anche se la connessione causale può non sorgere, come in “Dopo un pasto abbondante, siamo andati al cinema”. Anche secondo Boer e Lycan, la presenza di un condizionale non è condizione necessaria e sufficiente alla generazione dell’inferenza CP. Secondo loro la spiegazione è di natura non linguistica ma antropologica: le inferenze sono il risultato di osservazioni induttive su come vanno tipicamente le cose in una certa società o comunità. Affermazioni di questo tipo vanno contro la teoria griceana sulle letture temporali e causali della congiunzione. Se proferisco “Abbiamo consumato un pasto abbondante e siamo caduti in un sonno profondo” la congiunzione viene interpretata come “e dopo”: tali letture per Grice sono GCI, sistematiche ma cancellabili quindi. c) arricchimento pragmatico. È la strategia che scelgono i neo-griceani. CP è però innescata da espressioni determinate, un fenomeno la cui generazione avviene di default e viene bloccata solo in contesti particolari. Anche i neo-griceani sostengono il legame fra CP e le fallacie logiche. Già per Aristotele il punto cruciale è il passaggio dal considerare una condizione come sufficiente a ritenerla necessaria. Per es. da “Se piove allora la strada è bagnata” a “Se la strada è bagnata allora piove”. La pioggia è una condizione sufficiente perché la strada sia bagnata ma non necessaria perché potrebbe essere bagnata per altri motivi. La motivazione di CP è che p accompagna spesso q NEL NOSTRO MONDO: di solito le strade sono sempre bagnate perché ha piovuto. Il ragionamento è logicamente fallace. Si tratta comunque di un passo razionale in un’induzione pratica. Contro Geis, Zwicky, Boer e Lycan, si schiera Horn: la spiegazione di CP e le fallacie sta nei termini del rispetto del principio R. Nel caso delle implicature scalari, l’affermazione più debole genera l’implicatura che nega l’affermazione più forte: se P proferisce “Alcuni studenti hanno passato l’esame” è perché non può affermare che tutti gli studenti lo hanno passato. L’implicatura scalare è generata dall’aspettativa del rispetto del principio Q. CP è generata invece dal rispetto del principio di R: l’asserzione più debole (se) genera l’affermazione dell’asserzione più forte (se e solo se). Ducrot sottolinea la necessità dei due principi complementari Q e R e propone una legge di esaustività, che svolge il ruolo di Q: esige che P dia le informazioni più forti che possiede e questo spinge D a interpretare ogni affermazione come se ci fosse solo quello da dire. Ci sono alcuni tipi ci condizionali il cui comportamento particolare è stato sottolineato per la prima volta da Austin. Per es. “Ci sono dei biscotti nella credenza, se vuoi” non genera l’inferenza “Non ci sono dei biscotti nella credenza, se non ne vuoi”: l’antecedente non è una condizione sufficiente per il conseguente. Capitolo terzo – La teoria della pertinenza Nasce negli anni 80 da una collaborazione tra Sperber e Wilson che forniscono una prospettiva più innovativa e completa sulla natura della comunicazione. I metodi adottati sono quelli della psicologia cognitiva. I teorici della pertinenza riconoscono esplicitamente il loro debito nei confronti di Grice: la comprensione è un processo di riconoscimento delle intenzioni comunicative del parlante (processo inferenziale) e il destinatario viene guidato nel processo di comprensione da certe aspettative sull’enunciato proferito dal parlante. Gli aspetti comuni, che poi hanno articolazioni diverse, riguardano: - l’estensione del modello inferenziale: Grice postula la sua necessità solo per la comunicazione implicita mentre per RT serve anche a livello esplicito e deve essere integrato grazie a processi pragmatici (posizione contestualista) - aspettativa che orientano i processi interpretativi: ciò che guida D per RT sono non aspettative di collaborazione e di razionalità ma di pertinenza (la formulazione di tale principio costituisce una rottura netta con il progetto di Grice). - natura dei processi inferenziali: i processi interpretativi sono per RT automatici, non riflessivi, non consapevoli. La visione generale della cognizione umana è che ci sia qualcosa che ci motiva a rivolgere l’attenzione a tale fonte di informazione, a elaborare certi input e non altri. Carattere essenziale della cognizione umana p la ricerca della pertinenza: quegli stimoli che permettono agli essere umani di apportare modifiche significative alla loro rappresentazione del mondo. Non possiamo percepire direttamente gli stati mentali di un soggetto ma possiamo inferirli dal suo comportamento. Gli esseri umani sono sistemi cognitivi in grado di costruire ed elaborare rappresentazioni di oggetti e cose. Si tratta di stati mentali che motivano azioni. La capacità di metarappresentazione è alla base della psicologia ingenua o del senso comune. Sperber afferma che siamo psicologi spontanei: possediamo una rappresentazione interna della nostra mente e di quella degli altri, siamo in grado di leggere la mente degli altri attraverso la teoria della mente, rispetto alla quale si riconoscono due posizioni: la teoria della simulazione e teoria della teoria. In base alla prima, predire il comportamento degli altri significa mettersi nei panni dell’agente il cui comportamento è da simulare. In base alla seconda, le competenze psicologiche consistono nel possesso e nell’uso di una teoria: ogni essere umano dispone di un corpus di conoscenze specifiche, funzionali all’attribuzione di stati mentali a se stesso e agli altri. E’ il prodotto di un processo di maturazione e non di apprendimento. Se ad esempio vedo Lisa uscire di casa, guardare il cielo, rientrare in casa e uscirne con un ombrello, interpreterò il suo comportamento non come semplici movimenti corporei ma come mosso da credenze, timori e desideri: Lisa teme che pioverà, non desidera bagnarsi e crede che un ombrello la riparerà dalla pioggia. La capacità di metarappresentazione è un processo metapsicologico di costruzione di ipotesi sulla base di un intenzione del parlante in quanto è presente l’evidenza di un particolare comportamento in una situazione particolare. Identificare intenzioni L’esempio di Sperber è che se vediamo S che scocca una freccia e uccide un cervo ne inferiamo che S avesse l’intenzione di uccidere il cervo. Ma sarebbe troppo semplice e soggetto ad errori perché se vedessimo S scoccare una freccia e colpire un suo compagno di caccia, e non il cervo, ne dovremmo inferire che S avesse l’intenzione di uccidere il compagno. Quello che deve essere considerato allora non è tanto l’effetto effettivamente prodotto da S ma l’effetto che S avrebbe potuto considerare desiderabile in quelle circostanze. Abbiamo dunque la capacità di riconoscere gli stati mentali degli altri e grazie a questa capacità possiamo modificare gli stati mentali degli altri. Questa modifica può avvenire in modo linguistico o meno: - Caso 0: S non ha intenzioni informative ma D acquisisce informazioni comunque. Tormentato dal mal di denti, Bart tiene una ano sulla guancia: Marge, non vista, lo vede e giunge a crede che Bart ha mal di denti. E’ un comportamento informativo non intenzionale. - Caso 1: S ha un intenzione informativa. Supponiamo che Bart sia consapevole che Marge lo vede e voglia agire sullo stato mentale di Marge spingendola a credere che lui abbia mal di denti. Bart si porta la mano alla guancia dolorante con aria dolorante. (metarappresentazione di 1° livello) - Caso 2: D riconosce che S ha un’intenzione informativa. Marge si rende conto che Bart si è portato una mano alla guancia con aria dolorante intenzionalmente e riconosce che Bart vuole che lei creda che abbia mal di denti. Si aprono allora due possibilità: se Marge pensa che Bart sia sincero, crederà che ha mal di denti, se Marge pensa che Bart non sia sincero, non crederà che ha mal di denti. In questo caso sia per RT che per Grice, Bart non sta ancora comunicando perché non manifesta apertamente la propria intenzione informativa. (meta rappresentazione di 2° livello) - Caso 3: avere un’intenzione comunicativa. Bart si porta una mano alla guancia con aria dolorante e si assicura non solo del fatto che Marge lo veda, ma anche del fatto che Marge vede che lui la vede. ( meta rappresentazione di 3° livello). Attribuire a qualcuno un’intenzione comunicativa significa intrattenere una meta rappresentazione di 4° livello. Quindi la cognizione umana presenta tre tratti caratteristici: - possibilità di monitorare una vasta gamma di stimoli - disponibilità permanente di una sconfinata mole di dati immagazzinati - capacità di concentrare l’elaborazione solo su una quantità limitata di informazione, relativamente a un determinato istante. Il collo di bottiglia attenzionale ipotizza che nel corso dell’evoluzione, il nostro sistema abbia sviluppato dei meccanismi di gestione in modo da stabilire le priorità del flusso dell’informazione: un sistema efficiente deve essere in grado di selezionare, nell’ambiente e nella memoria, l’informazione degna di essere oggetto di elaborazione attentiva, assai costosa in termini cognitivi. Cosa rende l’informazione degna di attenzione? Principio cognitivo di pertinenza I processi cognitivi umani tendono a massimizzare la pertinenza. La pertinenza è una proprietà degli input cognitivi. Un input (sia uno stimolo esterno come proferimenti o azioni ,o sia una rappresentazione interna di pensieri, ricordi, conclusioni, inferenze) è pertinente quando qualcosa si lega all’informazione di sfondo posseduta da S per generare conclusioni atte a migliorare la conoscenza in possesso di S e la sua capacità di agire con successo. Così ci permette di migliorare la nostra conoscenza sul mondo. Sperber e Wilson affermano che un effetto cognitivo positivo è quello che consente a S di apportare modifiche tendenzialmente vere alla sua rappresentazione del mondo. Dal momento che sono molti gli input pertinenti in competizione fra loro per la nostra attenzione, sarà ritenuto pertinente l’input più pertinente rispetto agli altri stimoli. In generale, l’efficienza cognitiva è data dal giusto equilibrio tra costi e benefici. Ogni elaborazione di uno stimolo prevede un costo cognitivo (tempo, percezione, recupero di informazioni in memoria, inferenze); il costo si giustifica con gli effetti cognitivi. Maggiore sono gli effetti cognitivi, maggiore sarà la pertinenza. Maggiori sono i costi dell’elaborazione, minore sarà la pertinenza. Supponiamo che Homer chieda a Marge l’orario di partenza del treno per Springfield, e che Marge risponda con uno di questi enunciati: - “Il treno parte dopo le 15” - “Il treno parte alle 15.24” - “Il treno parte 36 minuti prima delle 16” I tre enunciati sono tutti veri in termini di effetti cognitivi ma il primo ha meno effetti rispetto al secondo e il terzo è più costoso da elaborare rispetto al secondo. Quindi, non si deve credere che la risposta più precisa sia necessariamente la più pertinente. Un’analisi di costi ed effetti permette di fare un’obiezione al quadro griceano: esso fornirebbe solo una descrizione dei fenomeni di implicatura e non una spiegazione. E’ però possibile trovare anche delle critiche mosse a RT: 1- sembra concentrarsi solo sugli effetti informativi o cognitivi, senza considerare altri tipi di benefici, sociali per esempio o in termini di cortesia che sono cruciali nelle nostre interazioni comunicative. Alla domanda “Ceni con me stasera?” rispondere “No” oppure “ Oggi è il compleanno di mia sorella” sono due cose diverse: l’ultima propone uno sforzo addizionale che però viene compensato dall’effetto aggiuntivo di grande valore sociale che va a preservare la relazione tra i due interlocutori, minacciata da un rifiuto non motivato. 2- C’è difficoltà a misurare la pertinenza degli stimoli che si caratterizzano in termini comparativi 3- Sembra ci sia un solo modo di soddisfare il principio di pertinenza (Levison e Bach) Molti dei tentativi volti a influenzare gli altri sono espliciti ( anche uno sguardo per esempio). La comunicazione manifesta richiede cioè l’uso di uno stimolo ostensivo che innesca delle aspettative che guidino D verso P. Secondo RT, tutta la comunicazione intenzionale umana è ostensivo inferenziale. In questo RT, come detto, riprende la distinzione griceana fra due livelli di intenzione : a) intenzione informativa : sono a una festa e lascio intenzionalmente il mio bicchiere vuoto in bella vista sul tavolo per informarti del fatto che vorrei altro vino. b) Intenzione comunicativa: sollevo il mio bicchiere vuoto e lo indico per comunicarti che vorrei altro vino. Uno stimolo non estensivo è quando vedi il mio bicchiere vuoto e ne concludi che potrei volere altro vino; ma se lo indico, voglio altro vino. Naturalmente la comunicazione non verbale presenta dei limiti: è piuttosto vaga e si espone al rischio di essere fraintesa ( indico il mio bicchiere per comunicarti che vorrei altro vino e invece tu pensi che voglia complimentarmi per i nuovi bicchieri che hai comprato). La comunicazione verbale perciò permette una comunicazione infinitamente più ricca, esplicita e sfumata e suscita maggiori aspettative in D. Principio comunicativo di pertinenza Ogni proferimento e ogni atto di comunicazione ostensivo – inferenziale comunica l’assunzione della propria pertinenza ottimale. In un comportamento comunicativo, D assume che sia lo stimolo più pertinente fra quelli che P avrebbe potuto produrre. I due principi comunque sono descrittivi e non normativi; si tratta di principi generali sufficienti a guidare P e D nella comunicazione e interpretazione, senza che sia necessario postulare un principio di collaborazione o massime conversazionali. La differenza è che Grice vede gli interlocutori impegnati in un’attività razionale di collaborazione. D è così guidato nella comprensione da una assunzione di pertinenza ottimale in base alla quale l’enunciato è sufficientemente pertinente da meritare di essere elaborato da D e l’enunciato è il più pertinente tra quelli che P avrebbe potuto fornire. La procedura da seguire sarà ovviamente quella del minimo sforzo, in due passi: 1 – sottoporre a verifica le ipotesi interpretative (disambiguazioni, risoluzioni referenziali, implicature, e cosi via) in ordine crescente e di accessibilità. E’ interesse di P fornire un enunciato massimamente pertinente e comprensibile e il I bambini affetti da autismo sembrano ignorare che le persone posseggono una vita mentale e possono intrattenere credenze diverse dalle proprie. Ci sono bambini autistici che non superano il test di 1° ordine e altri che lo superano ma non superano poi quello di 2° ordine. Quindi riescono a interpretare le metafore ma hanno gravi difficoltà nell’interpretazione dell’ironia. Capitolo quarto – I confini della pragmatica Tirando le fila, possiamo dire che i due modelli comunicativi principali, del codice e inferenziale, si distinguono principalmente per la diversa concezione della semantica e della pragmatica. Nel modello del codice la distinzione coincide con quella fra dire e implicare, fra implicito ed esplicito. Nella prospettiva pertinentista, la distinzione è tra decodifica e inferenza. A Tal proposito ci sono quattro posizioni teoriche. 1. Minimalismo Tutti gli effetti del contesto extralinguistico sulle condizioni di verità di una frase devono essere riconducibili a elementi sintattici della frase. Distingue tre livelli di senso. Prendendo la frase “Homer ha la febbre gialla” avremo : 1) significato convenzionale : schema proposizionale: x ha la febbre gialla. Col processo di saturazione si passa a 2) proposizione espressa: contenuto semantico o proposizione minimale: Homer ha la febbre gialla. Si passa ai processi pragmatici e generazione di implicature con 3) senso implicito: Homer non si diverte. Livello considerato dalla pragmatica. La proposizione “Piove” per i minimalisti è completa, vera se e solo se fuori piove, anche se comporta una violazione della massima di Quantità: è proprio questa violazione manifesta a spingere D a derivare l’implicatura conversazionale secondo cui piove nel luogo rilevante per P e D. 2. Indicalismo Gli enunciati del linguaggio naturale hanno condizioni di verità fisse e determinate: l’apporto del contesto è solo per casi di indicalità intesa però in senso lato: ogni dipendenza da contesto deve essere ricondotta alla presenza di un indicale (dimostrativo, pronome,ecc) e occupato da una variabile nascosta (covert, hidden). Per es. in “Piove” c’è un indicale nascosto che è il luogo a cui si riferisce il parlante. Stanley è il principale esponente di tale teoria. 3. Prospettiva sincretica E’ una posizione intermedia (syncret view) tra letteralismo e contestualismo. Dal primo trae la nozione di “ciò che è detto”, dal secondo trae l’idea che certi arricchimenti non debbano essere messi sullo stesso piano delle implicature conversazionali. Questo livello intermedio comprende tutte le implicature standard, tipicamente generate dall’uso di una certa espressione: implicature scalari, lettura temporale della congiunzione, interpretazioni stereotipiche. Questa teoria prevede 4 livelli di senso. Prendiamo l’enunciato “E’ francese!” 1) significato convenzionale: x è francese. Si applica poi la saturazione per avere 2) proposizione minimale: ciò che è detto in senso semantico: Martine è francese. Si deriva poi l’implicatura generalizzata e l’interpretazione standard per 3) proposizione massimale: ciò che è detto in senso pragmatico: Martine è una francese stereotipica. Si deriva poi l’implicatura particolarizzata che porta a 4) senso implicito: a Maritine piace mangiare bene. La visione proposta da Bach è ancora più complessa. Il livello 2 viene chiamato processo di completamento delle espressioni contestuali a cui segue il processo di espansione che è invece facoltativo in espressioni come per es. “Non morirai” (detto da una madre al figlioletto che piange per un taglio superficiale). Per Bach queste proposizioni espanse non sono né implicature né esplicature ma impliciture, in quanto sono cancellabili senza contraddizione, come in “Non morirai” (detto dalla dea Teti al figlio immortale Achille). Bach rifiuta l’idea che le impliciture facciano parte del contenuto esplicito e rifiuta la nozione di esplicatura perché le inferenze pragmatiche che portano alla sua individuazione sono cancellabili. Nella teoria di Bach si devono individuare 5 livelli di senso. Per es. per l’enunciato “Si sono sposati troppo giovani” : 1) significato convenzionale: x e y si sono sposati troppo giovani. Si applica la saturazione per poter ottenere 2) senso meno che minimale: ciò che è detto: Homer e Marge si sono sposati troppo giovani. Si applica il processo di completamento per ottenere 3) senso minimale: ciò che è detto: Homer e Marge si sono sposati troppo giovani rispetto agli standard di Springfield. Si applica poi il processo di espansione per ottenere 4) senso massimale o implicitura: Homer e Marge si sono sposati l’uno all’altra troppo giovani rispetto agli standard di Springfield. Si derivano infine le implicature particolarizzate con 5) senso implicito: il matrimonio di Homer e Marge è in crisi. 5. Contestualismo Il significato codificato è frammentario e incompleto: ogni frase esprime un proposizione completa solo una volta che siano derivati, grazie al contesto extralinguistico (la conoscenza del mondo che condividiamo con i nostri interlocutori), elementi che, pur non corrispondendo ad alcun costituente sintattico della frase, entrano a far parte della sua interpretazione semantica. Per es. “Piove” esprime la proposizione “Piove nel luogo L” senza che sia necessario postulare la presenza di una variabile nascosta per il luogo inteso da P. Altri esempi sono i casi di loose talk, broadening, iperbole e metafora. La prospettiva contestualista ha tre giustificazioni I – La distanza tra significato codificato e proposizione espressa non può essere colmata solo assegnando valori alle espressioni indicali. II – Sembra essere più economico prevedere un solo sistema in grado di unire processo di saturazione/disambiguazione con l’indentificazione del contenuto proposizionale che soddisfa le nostre aspettative pragmatiche. III – I processi di espansione e arricchimento riguardano ogni enunciato del linguaggio naturale e non pongono alcun problema circa l’interpretazione che è implicita e inconsapevole. Nessun D interpreta “Tutti i filosofi bevono” come se P stesse dicendo che tutti i filosofi ingeriscono una qualunque quantità di un qualsiasi liquido. Viene adottata una nozione di condizioni di verità intuitive: la proposizione espressa non è quella che corrisponde esattamente alla forma logica che è solamente un oggetto teorico astratto. La proposizione espressa è la proposizione individuata dalle intuizioni vero – condizionali dei partecipanti allo scambio conversazionale. Significa sapere quali stati di cose lo renderebbero vero, in quali circostanze concrete esso sarebbe vero (principio di disponibilità di Recanati). La nozione di proposizione minimale è troppo vaga e generale e non corrisponde alle intuizioni dei parlanti: si tratta di un livello non attivo nel processo interpretativo. Per es. “Piove” esprimerebbe la proposizione sempre banalmente vera: piove in qualche luogo della terra. La prospettiva contestualista individua tre livelli di senso, dove la differenza rispetto al modello letteralista sta nel livello 2 . Se Marge chiede a Homer : “Acqua o vino?” e Homer risponde “Non bevo più” : 1) significato convenzionale: x non beve più 2) proposizione espressa: ciò che è detto in senso pragmatico: Homer non beve più alcolici 3) senso implicito: Homer desidera bere acqua a cena Obiezioni al letteralismo Secondo la tesi letteralista, il significato letterale è prioritario rispetto a quello figurato e i significati figurati sono parafrasabili in termini letterali. Contro questa analisi possono essere sviluppate 4 linee argomentative 1. non tutte le interpretazioni metaforiche vengono generate come implicature per la violazione manifesta della massima di Qualità. “Questa casa non è un albergo” viene percepita anzi come banalmente vero. In questo caso Grice postulerebbe piuttosto una violazione della massima di Quantità. 2. i casi di loose talk bisogna percepirli non come falsi ma come approssimativamente veri. 3. le implicature dipendono dalla proposizione arricchita e non da quella minimale. Se alla domanda “Acqua o vino?” rispondo “Non bevo più”, la proposizione minimale secondo cui non ingerisco più nessuna quantità di nessun liquido non permetterebbe a D di calcolare l’implicatura. 4. Secondo Grice quando interpretiamo una frase metaforica coinvolgiamo 3 stadi (senso letterale, riconoscimento che è palesemente falso e senso metaforico) e quindi i tempi di elaborazione e i costi cognitivi sono più lunghi e alti. Ma Gibbs e Glucksberg non riscontrano differenze significative nei tempi di lettura e comprensione e vale anche per gli atti linguistici indiretti come “Devo andare a Genova”: non informiamo il bigliettaio dei nostri desideri ma chiediamo di acquistare un biglietto. Questo non vale per esempio per le metafore poetiche che sono più difficili da interpretare. Ma questo avviene in eguale misura anche quando usiamo semplicemente delle espressioni non familiari (“densità ossea”). L’ipotesi più solida è quella che classifica i significati non nei termini problematici di letteralità, ma di frequenza e familiarità. Obiezioni all’indicalismo E’ interessante il dibattito tra indica listi e contestualisti. Il contestualista John Perry definisce costituenti inarticolati quei costituenti dell’interpretazione di un enunciato che non sono articolati sintatticamente nella struttura dell’enunciato, sono presenti solo a livello della forma logica e se vengono omessi, l’enunciato non sarà valutabile. L’enunciato “Piove” esprime una relazione binaria tra luogo e istante temporale: l’istante è espresso dal tempo verbale e il luogo è il costituente inarticolato, variabile fornita contestualmente. Gli indicalisti negano l’esistenza dei costituenti inarticolati: ogni dipendenza da contesto deve essere ricondotta a un indicale o una variabile nascosta presente nella forma logica. Stanley propone a questo scopo il test del vincolamento (Binding Argument). Il constestualista Recanati critica il test del vincolamento perché costringe a introdurre variabili nascoste anche laddove non ci sono. In “Piove” non è necessario fissare alcun luogo determinato rispetto al quale valutare l’enunciato (criterio di opzionalità). Nulla innesca la determinazione contestuale di un luogo specifico: il luogo viene determinato per ragioni pragmatiche. Obiezioni alla prospettiva sincretica E’ possibile formulare argomenti decisivi contro la nozione di proposizione minimale. 1. asimmetria tra narrowing e broadening Il primo non avviene di default ma da fattori contestuali. Se enuncio “John è un inglese” posso evocare diversi tipi di stereotipi in conversazioni su cucina, tifo calcistico, capacità di seduzione, ecc .. 2. Embedding Test Cartson attraverso l’ Embedding Test mostra che sono proprio le esplicature e non le proposzioni minimali a cadere nella portata degli operatori logici. In “Lisa ha spinto Bart e lui si è rotto una gamba” la lettura causale della congiunzione fa parte delle condizioni di verità per Cartson e lo prova il test: in “Se Lisa ha spinto Bart e lui si è rotto una gamba, allora lui può farle causa” la validità dell’argomento è garantita dal fatto che la lettura causale è un arricchimento pragmatico a livello di condizioni di verità sia per la prima che per la seconda premessa. E’ il problema noto come circolo di Grice: ciò che è detto sembra allo stesso tempo determinare ed essere determinato da ciò che è implicato. 3. dati sperimentali su implicature scalari La pragmatica sperimentale testa empiricamente le nostre nozioni su implicito ed esplicito. Ora testa l’ipotesi di una derivazione automatica come l’implicatura scalare. Per es. “Alcuni elefanti sono mammiferi”: la lettura ovvia, secondo cui alcuni e forse tutti gli elefanti sono mammiferi, sorge più tardi rispetto a quella dove alcuni ma non tutti gli elefanti sono mammiferi, perché prima bisogna cancellare l’implicatura scalare perché in contrasto con il contesto. Questo secondo Levinson. Per RT ne segue l’interpretazione opposta: l’interpretazione minima o logica (“Alcuni e forse tutti..”) è la prima ad essere generata, e quindi derivata in tempi più rapidi. I dati sperimentali misurano i tempi di risposta (vero o falso) dei soggetti di fronte a enunciati come “Alcuni elefanti sono mammiferi”. La risposta vero è quella fornita più rapidamente mentre la risposta falso richiede tempi più lunghi. Obiezioni al contestualismo Suscita sospetto una prospettiva che propone lo stesso genere di soluzione per una grande varietà di fenomeni diversi. Per esempio, il fenomeno del completamento (“piatto” rispetto a cosa? “giovane” rispetto a cosa?): i contestualisti propongono una soluzione in termini di elementi presenti esclusivamente nell’interpretazione semantica: come scegliere? I progetti contestualisti praticamente si limitano a fornire un significato all’ occorrenza di enunciati. E se il significato letterale è messo sullo stesso piano del significato figurato, allora una delle due nozioni perde senso. Stanley osserva che la somiglianza interpretativa sia un concetto vuoto dal momento in cui qualunque coppia di proposizioni (o di concetti, o cose) si assomiglia sotto qualche aspetto. Non migliora le cose parlare di concetti come “postulati di significato” dotati di proprietà logiche. Cartson sostiene che a essere presenti nella forma logica non sono i veri e propri concetti ma schemi di concetti, sulla base dei quali viene inferito il concetto e poi usato all’occasione. Molto controversa è la nozione di inferenza. Secondo Recanati ci sono dei processi primari, inconsapevoli e associativi (non inferenziali) e in base al principio di Disponibilità quindi non disponibili. Se proferisco “Sono venuti tutti”, sono consapevole solo della proposizione massimale: sono venuti tutti i miei amici. Cartson dice che in realtà i processi primari sono resi disponibili ai parlanti: è infatti possibile ribattere agli enunciati con repliche perfettamente coerenti, per quanto intenzionalmente non collaborative o scherzose, come “Sono venuti tutti. Anche Bush? Anche Madonna?”. Ne segue che non c’è più ragione di tracciare una distinzione tra processi primari e secondari (inferenziali): tutti i processi sono inferenziali.
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