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Tesina sull'atto linguistico dell'invito, Appunti di Linguistica Generale

Tesina di pragmatica interculturale sull'atto linguistico dell'invito, spiegazione e riassunto delle teorie degli atti linguistici di Austin e di Brown e Levinson. Spiegazione del metodo di analisi di Blum Kulka House e Kasper. Pragmatica interculturale. Come invitare qualcuno: alcune osservazioni introduttive sul repertorio e il comportamento linguistico di parlanti nativi e non nativi in italiano.

Tipologia: Appunti

2012/2013

In vendita dal 23/10/2013

berarda
berarda 🇮🇹

4.3

(3)

5 documenti

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Scarica Tesina sull'atto linguistico dell'invito e più Appunti in PDF di Linguistica Generale solo su Docsity! Pragmatica Interculturale Come invitare qualcuno: alcune osservazioni introduttive sul repertorio e il comportamento linguistico di parlanti nativi e non-nativi in italiano Beatrice Cuniberti Prie Indice 1. L'atto linguistico “invito”.......................................................................3 2. Metodo...............................................................................................8 3. Analisi...............................................................................................12 4. Bibliografia........................................................................................17 • presenza di un contenuto proposizionale definito; • presenza di condizioni preparatorie specifiche e necessarie alla realizzazione dell'atto (ad esempio nel caso della richiesta di informazioni, è necessario che il destinatario sia in grado di rispondere); • presenza della condizione di sincerità, ossia il presupposto che il parlante desideri davvero ciò che esprime con la propria illocuzione; • regola essenziale: intenzionalità dell'atto illucutorio, ovvero lo scopo che il parlante vuole raggiungere attraverso quell'atto. Secondo lo schema fornito da Searle è possibile descrivere le regole fondamentali per ogni tipo di atto illucutivo. Caffi4(2009) ha proposto uno schema di analisi di alcuni atti illocutivi, tra cui la richiesta e l'asserzione, sulla base del quale l'atto dell'invito può essere descritto nella seguente maniera5: • contenuto proposizionale: At futuro di Pl e As • condizione preparatoria: As è in grado di fare At, Pl pensa che As voglia fare At o che At sia conveniente per As o che As dovrebbe fare At, Pl vuole che As faccia At • condizione di sincerità: Pl vuole che As accetti di fare At • condizione essenziale: Pl vuole che As faccia At Le condizioni individuate sono necessarie per poter definire un certo atto linguistico un invito, ma nonostante ciò è ancora problematico far risalire l'invito ad un'unica categoria illocutoria. Infatti l'invito può essere inteso come un atto direttivo, come un atto commissivo o anche come un atto espressivo. L'invito con forza illocutoria direttiva è in particolare quello espresso attraverso l'imperativo (es. “Vieni a pranzo da me!”), perché in questo caso il parlante si esprime attraverso forme tipiche dell'ordine o della richiesta, lasciando quindi meno spazio per il diniego dell'ascoltatore. Può però essere anche inteso come un atto commissivo, in quanto se da un lato l'invito è rivolto all'ascoltatore, esso impone anche al parlante di mantenere una certa condotta futura. Ciò è particolarmente evidente negli inviti rivolti in modo non convenzionale (es. “Sabato vado al mare!”). Inoltre esprime anche un atto espressivo, quando il parlante lo formula esprimendo il proprio stato d'animo riguardo alla partecipazione dell'ascoltatore (es. “Mi piacerebbe andare a teatro con te”). Ciò evidenzia il fatto che la classificazione proposta da Searle presenti delle lacune nell'inquadramento teorico di atti illocutori di natura ibrida, come appunto l'invito, che può assumere una forza illocutiva diversa in relazione 4 Vedi Caffi C. (2009), Pragmatica, sei lezioni, Carocci Editore, Roma. 5 Pl=parlante, As=ascoltatore, At=atto, P=proposizione, cfr. Caffi (2009). sia alle scelte sintattiche e grammaticali (ad esempio l'uso dell'imperativo) sia agli elementi contestuali. Si vede quindi che la nozione di atto linguistico come illustrata da Searle risulta problematica, perché non descrive pienamente la dinamicità del linguaggio realizzato dai parlanti. Un passo in avanti nell'analisi degli atti linguistici è stato compiuto da Brown e Levinson6 con la teoria della cortesia, nella quale riprendono e ampliano il concetto di “faccia” sviluppato inizialmente da Goffman7. Goffman ritiene che la faccia sia una maschera che il parlante adotta durante le interazioni e che cambia a seconda dell'ascoltatore e della situazione sociale a cui partecipa. Per Goffman le persone hanno un forte attaccamento per le loro facce, per cui quando la faccia viene mantenuta provano soddisfazione, mentre soffrono quando la perdono. Per questo tutti i parlanti cooperano per il mantenimento delle rispettive facce attraverso l'uso di strategie di cortesia. Brown e Levinson hanno sviluppato una teoria della cortesia molto articolata, rielaborando la teoria goffmaniana e introducendo la distinzione tra faccia positiva e faccia negativa. La faccia positiva è l'immagine che il parlante ha di sé e per la quale desidera l'approvazione dei partecipanti ed è legata alla personalità e all'autostima. La faccia negativa è invece legata alla libertà d'azione e coincide con il desiderio di ogni uomo che le proprie azioni non vengano ostacolate o impedite da altre persone. Entrambi questi aspetti, la ricerca d'approvazione e la libertà di azione, sono necessari in un'interazione sociale; per questo i diversi parlanti devono cooperare attraverso le strategie di cortesia per mantenere reciprocamente le facce, che possono essere minacciate dal rapporto con altre persone. Brown e Levinson definiscono queste potenziali minacce come face threatening acts (FTA). Sono possibili sia minacce per la faccia positiva che per la faccia negativa, sia del parlante che dell'ascoltatore. La faccia positiva è minacciata quando uno dei partecipanti all'interazione non tiene in considerazione o non presta attenzione ai sentimenti o desideri dell'altro o è in disaccordo su questi. In particolare i FTA per l'ascoltatore avvengono quando il parlante esprime una valutazione negativa riguardo alla faccia dell'ascoltatore o ai suoi valori, oppure è indifferente ai suoi sentimenti o lo identifica in maniera errata o non idonea, 6 Brown e Levinson hanno proposto la teoria della cortesia nel saggio del 1987 “Politeness: some universals in language usage” (“Cortesia: alcuni universali nell'uso del linguaggio”). 7 Erving Goffman è stato un sociologo canadese, esponente della corrente dell'interazionismo simbolico. dimostrando poco interesse e rispetto. Invece la faccia positiva del parlante è danneggiata quando si producono atti che dimostrano che il parlante ha torto o che non è in grado di controllarsi, ad esempio quando si scusa (ammettendo implicitamente di avere sbagliato) o quando accetta un complimento. La faccia negativa invece è minacciata nei casi in cui uno dei parlanti non evita un ostacolo per la libertà d'azione o per la volontà dell'interlocutore. La minaccia per la faccia positiva dell'ascoltatore si verifica quando il parlante produce un atto direttivo che afferma o nega un atto futuro dell'ascoltatore, oppure un atto espressivo con una manifestazione forte dei sentimenti del parlante (sia critiche che complimenti), oppure un atto commissivo che esprime un atto futuro del parlante nei confronti dell'ascoltatore, che si troverà così in debito. La faccia negativa del parlante è invece minacciata quando questo produce atti che dimostrano la sua sottomissione alla volontà dell'ascoltatore: ringraziare, scusarsi, dare la propria parola per qualcosa che non vuole fare. L'atto linguistico “invito” analizzato in quest'ottica è un atto che può presentare un alto livello di minaccia sia per la faccia del parlante che per quella dell'ascoltatore. Il parlante rischia infatti di danneggiare la faccia negativa dell'ascoltatore perché invitandolo ne limita in parte la libertà d'azione. La minaccia diventa tanto più grave quanto più l'invito è espresso attraverso forme dirette, ad esempio l'imperativo, o attraverso alcune forme altamente convenzionali, ad esempio “perchè non..”, o l'uso della prima persona plurale (es. “Andiamo a prendere un caffè!”)8, che mitigano la forza direttiva dell'imperativo, ma mantengono comunque un alto grado di minaccia. Infatti gli atti espressi attraverso queste modalità implicano che il parlante dia per scontato che l'interlocutore accetterà il suo invito, per cui è molto più difficile per quest'ultimo rifiutare l'offerta. In caso di rifiuto l'invitato creerà un danno per la propria faccia positiva, perché sarà costretto a scusarsi per il rifiuto. Se il parlante attraverso l'atto dell'invito esprime una potenziale minaccia per la faccia dell'ascoltatore, allo stesso modo crea una potenziale minaccia anche per la propria faccia. Infatti, mentre il rischio che si produca un FTA in caso di risposta affermativa è molto basso, esso aumenta se l'interlocutore rifiuta l'invito. In questo caso infatti l'invitato può danneggiare la faccia positiva dell'invitato, in quanto dimostra scarso interesse per i desideri e la volontà dell'interlocutore. 8 Per esempi reali e approfondimento delle forme convezionali cfr corpus dati e sezione 3 del presente lavoro. • copione 2: un gruppo di studenti sta cenando in pizzeria. Uno dei loro professori entra in pizzeria da solo. • copione 4: uno studente si trova nello studio del professore per la correzione di un capitolo della tesi. Entra un collega del professore per ricordare che è ora di andare alla conferenza di un importante ospite organizzata in facoltà per il pomeriggio. • copione 6: Anna ha un biglietto in più per uno spettacolo d’opera alla Scala. Sa che la sua insegnante di pianoforte è appassionata di opera. • Copione 8: Maria sta organizzando la festa di compleanno per Caterina, la figlia di 6 anni. Sta facendo un giro di telefonate alle mamme delle compagne di scuola della figlia. È al telefono con la signora Luisa. • Copione 10: Anna ha chiamato al telefono Giulia, che le dice di essere molto giù per essere stata bocciata all’esame il giorno prima. Anna ha organizzato una gita al mare con amici per quel fine settimana. • Copione 12: Seguendo le informazioni sulla guida della città, una coppia di turisti di mezza età va a un museo. Arrivati lì, i due si rendono conto che le informazioni erano sbagliate e che il museo aprirà solo un’ora dopo. Lì davanti incontrano una ragazza che, come loro, ha avuto le stesse informazioni sbagliate dalla guida. Incomincia a piovere. La coppia decide di andare a prendere qualcosa al bar. Il principale strumento di analisi dei dati così raccolti è la teoria della cortesia di Brown e Levinson, che ha aiutato a capire quali strategie vengono usate di volta in volta dai parlanti per salvare la faccia nei diversi contesti. Brown e Levinson propongono quattro macrocategorie per la classificazione delle strategie di cortesia volte a minimizzare i FTA: 1. Bald on record (direttezza): il parlante non cerca di salvare la faccia dell'interlocutore. Questa strategia è usata soprattutto quando tra i parlanti c'è grande intimità, per cui si parla come se fosse molto urgente, o si dimostra che la FTA è nell'interesse dell'interlocutore o si cerca di minimizzare la FTA. Le strategie bald on record sono ricorrenti anche nei casi di pericolo o urgenza, per cui la minaccia per la faccia perde importanza rispetto al pericolo reale. 2. Cortesia positiva: strategie che cercano di minimizzare la minaccia alla faccia positiva dell'ascoltatore. Sono usate per fare sentire a suo agio l'ascoltatore, sia evitando argomento potenzialmente minacciosi che attraverso esternazioni di apprezzamento e approvazione per l'ascoltatore. 3. Cortesia negativa: sono orientate alla faccia negativa dell'ascoltatore e vengono usate per enfatizzare l'assenza di imposizioni sulla sua volontà. Esempi di strategie di questo tipo sono l'indirettezza, l'uso di interrogative e il pessimismo. 4. Off-record (indirettezza): con queste strategie il parlante non esplicita nessuna imposizioni per l'ascoltatore, ma si limita ad affermazioni neutrali e non contestabili.In questi casi l'atto è realizzato in modo ambiguo, tale da consentire all'interlocutore di interpretare l'enunciato del parlante secondo il suo senso più letterale, così da offrirgli una via di uscita nel caso non voglia rispondere positivamente. Ognuna di queste macrocategorie raccoglie una grande varietà di tecniche di cortesia per limitare i FTA, analizzate in dettaglio da Brown e Levinson, che possono essere considerate norme universalmente valide e quindi funzionanti in ogni lingua. 3. Analisi In questa sezione si propone l'analisi dei dati empirici raccolti attraverso la somministrazione dei copioni creati con lo strumento DCT, descritti nella sezione precedente. In particolare verrà proposta una classificazione delle forme di invito in base alla scala di direttezza/indirettezza, ponendo particolare attenzione sulle modificazioni interne all'atto linguistico. La tesi sostenuta è che queste modificazioni abbiano un'importanza fondamentale nell'atto linguistico, sia in quanto lo spostano sulla scala della direttezza sia in quanto siano particolarmente rilevanti per trasformare o meno l'invito in un FTA13. In un'analisi preliminare si può distinguere tra forme dirette e forme indirette. Tra le forme dirette si riscontrano le frasi affermative, le frasi con uso del performativo invitare, le frasi con imperativo e le interrogative semplici. Di seguito riportiamo una panoramica (tabella 1) che esplica le strategie dirette riscontrate nel corpus14. Tabella 1 Strategie dirette Affermativo Affermativa semplice Vi aspetto alla festa di Caterina (8,21) Affermativa con dichiarazione di piacere (Io) Ci farebbe piacere cenare con lei.(2,26) Affermativa con condizione di piacere (Tu) Se vuole posso darle un biglietto..(6,17) Performativo Performativo attivo Vi invito al suo compleanno (8,6) Performativo passivo Questo martedì siete invitati alla festa di Caterina (8,25) Volere+performativo Vorrei invitarla perandare lì insieme (6,6) Imperativo Imperativo semplice Si unisca pure a noi! (2,37) Imperativo con dovere Devi venire anche tu! (10,7) 13 Cfr. sezione 1 14 Tra parentesi è indicato il copione da cui è tratta la frase e il numero sequenziale. 1. “Buonasera professore! (Alerter) Vuole unirsi a noi per una pizza? (Invito) È meglio stare in compagnia, non trova? (Supportive move)” 2. ”Dài, Giulia (Alerter), vieni al mare con noi questo fine settimana (Invito). Così ti distrai e ti tiri su di morale! (Supportive move)” La parte centrale dell'atto è quindi il più delle volte contorniata da questi elementi aggiuntivi, che hanno un ruolo importante nel definire il grado di direttezza dell'atto linguistico completo, ma soprattutto nel determinare il livello di minaccia per la faccia dell'interlocutore. Gli alerters15sono elementi che hanno la funzione di attirare l'attenzione dell'interlocutore, ad esempio il nome proprio (es. “Giulia”), il titolo (es. “professore”) o altri tipi di appellativi e i saluti16. Le supportive moves17(o mitigatori) sono invece elementi che rafforzano l'invito e che potrebbero essere omessi dall'atto senza modificarne l'intenzione. La loro presenza è molto importante perché riduce la possibilità che l'invito diventi un FTA. Nella maggior parte dei casi si tratta infatti di atti di cortesia negativa18 volti a evitare il danno per la faccia negativa dell'interlocutore, che nell'invito rischia di essere minacciata. Alcuni esempi di supportive moves utilizzate frequentemente nel repertorio analizzato sono: • Uso di forme condizionali che lasciano più possibilità all'invitato di rifiutare: “Prof! ma è solo? Venga al nostro tavolo se le fa piacere”(2,4); “Se non ha impegni potrebbe venire con me” (4,11) • Uso di domande coda in cui più che una risposta all'invito si richiede un parere: “Professoressa, ho un biglietto in più per uno spettacolo d'opera e mi chiedevo se le andasse di venire con me. Che ne dice?”(6,20); 5) “Dài, Giuli non pensarci. Questo fine settimana ho organizzato una gita al mare con un po’ di gente. Vieni anche tu! Che ne dici?” (10,5) • Dichiarazioni che assumono che l'invito sia qualcosa di utile e positivo per l'invitato: “Visto che so che è una grande appassionata d'opera, volevo chiederle 15 Vd Blum-Kulka, Hous e Kasper (1989) 16 L'uso di alerters è stato individuato in tutti i copioni: “Hei Prof.”(2,6); “Mario”(4,9); “Prof.”(6,6); “Ciao Luisa”(8,10); “Giuly” (10, 22); “Signorina”(12,15). 17 Vd Blum-Kulka, House e Kasper (1989). 18 Vedi sezioni 1 e 2. se le farebbe piacere venire a questo spettacolo con me” (6,7); “Dài, vieni al mare!! Almeno ti svaghi un po’ e non pensi all’esame di ieri” (10,10) • Dichiarazioni di piacere del parlante riguardo alla partecipazione dell'invitato: “Sono riuscita a trovare diversi biglietti per l’opera. Che ne direbbe di accompagnarmi? Mi farebbe molto piacere” (6.5); “Ti andrebbe di venire al mare questo weekend? Ci farebbe piacere averti dei nostri! (10,25)” • Espressioni preparatorie: “Professoressa, ho un invito per lei! Visto che ho un biglietto in più per l’opera alla Scala, le andrebbe venire con me?“(6,15); Ciao Giulia, so che sei giù per via dell’esame ma ti volevo proporre una cosa. Che ne pensi di una gita al mare con altri? (10,12) • Espressioni di rafforzamento e ripetizioni: “Professore, venga, si unisca a noi!” (2,11); “Dài, vieni al mare con noi! Ti rilassi un po’!” (10,34)) Come si è visto le supportive moves possono essere di diverso tipo e di conseguenza la loro influenza sulla forza illocutiva dell'atto linguistico varia a seconda dei casi. In alcuni casi infatti rafforzano l''invito, mentre in altri casi lo mitigano. In generale però la loro funzione dal punto di vista della teoria della cortesia (Brown e Levinson, 1987) è quella di mitigare la potenziale minaccia che l'atto dell'invito necessariamente implica per la faccia degli interlocutori coinvolti. Esse sono tanto più presenti quanto maggiore è la distanza sociale tra gli interlocutori e la differenza di potere sociale, perché in questo caso la minaccia è maggiore. In conclusione,si può affermare che l'invito sia un potenziale face threating act sia per la faccia dell'ascoltatore, perché ne limita la libertà d'azione, sia per quella del parlante, che si espone al danno derivato dall'eventuale rifiuto dell'interlocutore. Per questo nella maggior parte dei casi i parlanti mettono in atto, oltre all'invito vero e proprio, una serie di strategie volte a minimizzare il danno per la faccia propria e dell'interlocutore. Queste strategie possono essere considerate mosse di supporto e sono tanto più presenti quanto maggiore è la distanza sociale tra gli interlocutori e la differenza di potere sociale, perché in questo caso la minaccia è maggiore. Inoltre l'invito deve essere considerato un “macro-atto”, perché presenta una grande serie di variabili sia per quanto riguarda la sua realizzazione sia per quanto riguarda le mosse di supporto che lo accompagnano. 4. Bibliografia Austin J.L.,(1987), Come fare cose con le parole, Marietti Blum-Kulka S.,House J.,Kasper G. (1989), Investigating Cross-cultural pragmatics:an introductory overview, in Blum-Kulka S., House J., Kasper G. (1989) Cross-cultural pragmatic:requests and apologies,(1989) Brown P.,Levinson S., (1987), Politeness: Some Universals in Language Usage. Cambridge: Cambridge University Press. Caffi C.,(2009), Pragmatica,sei lezioni, Carocci editore, Roma Duranti A., (1993),Etnografia del parlare quotidiano, La nuova Italia scientifica, Roma Goffman E., (1971) Il rituale dell’interazione, Il mulino, Bologna Gumperz J.J., (1977), in Giannini , Scaglioni, (2009) a cura di, Introduzione alla sociolinguistica, Carocci editore, Roma Searle J.R., ( 1973 ),Che cos’è un atto linguistico?, in Giglioli P.P., (1973), Linguaggio e società, Il mulino, Bologna
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