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prefazione mirra alfieri, Schemi e mappe concettuali di Letteratura

prefazione mirra vittorio alfieri

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2020/2021

Caricato il 21/04/2022

CIAOCIAO383
CIAOCIAO383 🇮🇹

3.7

(3)

11 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica prefazione mirra alfieri e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Letteratura solo su Docsity! PREFAZIONE | Come si apprende dalla Vita, il 16 agosto 1784 lAlfier raggiunse nella villa di Martinsbourg, non lontano i Colmar in Alsazia, la contessa d’Albany; e sj senti cn «di bel nuovo interissimo di animo di cuore e dj me e «ritornato alla vita». Anzi, non erano passati «quindic; giorni» da quell’atteso e desiderato incontro con j] di gno amore», che egli si ritrovò «allora, senza aCCOrgErse. ne quasi, ideate per forza... tre a_n ad un parto: 4 - de, Sofonisba, e Mirra». In particolare, la Mirra fu idezi, l'11 ottobre 1784; fu quindi stesa in prosa tra il 24 e il 2g dicembre dello stesso anno; e infine versificata una pri. ma volta tra il 7 agosto e l'11 settembre 1786, ancora a Martinsbourg; una seconda volta tra il 6 e il 20 settem. bre 1787; e una terza volta per la stampa delle tragedie eseguita a Parigi dal Didot ( 1738-1789). Come si può de. durre da queste indicazioni, la composizione della Mirra fu molto travagliata, e caratterizzata da una lunga, pa- ziente e proficua elaborazione tematica e formale: un fatto, questo, non inusuale per l’Alfieri, il quale conferì sempre la massima importanza a quel /abor limae che, come Si legge nelle Rime, «fa ricchezza nei carmi» ed è «dell’egregio compor parte integrante». Nella narrazione autobiografica la genesi della Mirra è così ricordata: «Mi capitò alle mani nelle Metamorfosi di Ovidio quella caldissima e veramente divina allocuzione di Mirra alla di lei nutrice, Ja quale mi fece prorompere in lagrime, e quasi un subitaneo lampo mi destò l’idea di porla in tragedia; e mi parve che toccantissima ed origi- nalissima tragedia potrebbe riuscire, ogni qual volta po- tesse venir fatto all'autore di maneggiarla in tal modo che lo spettatore scoprisse da sé stesso a poco a poco tutte le orribili tempeste del cuore infuocato ad un tem- o e purissimo della più assai infelice che non colpevole irra». In questo passo è chiaramente indicata la fonte ovidiana (Mletanna. x, 298-518): e occorre precisare ca nel poema latino Mirra, innamoratasi insanamente de padre Cinira, riesce ad avere con l’aiuto della nutrice una relazione con lui; dà alla luce il «bellissimo» Adone, che sarà amato da Afrodite: e viene trasformata nell P Monima pianta. Nella tragedia dell’Alfieri il racco LXX CE I —--....L-ii e I E ——@6e»— caffe — ene _d diano È modificato sul fondamento di un’altra versio- ovi del mito, secondo cui la causa della passione ince- n Nosa di Mirra è dovuta alla vendetta di Afrodite, che osì voluto punire la madre della fanciulla, rea di avete esaltato la «famosa alta beltà» e di averla regia: "I ata superiore a quella della dea (cfr. Atto terzo, Scena VV. 30-250). Anche se, conviene soggiungere, Mirra ci dice spesso «abbandonata... dai Numi», e dominata e sconvolta — come l'analogo personag o di Ovidio — dalle Furie © dalle «rabide» Erinni «co Vipereo flagello e l’atre fac». In ogni modo, se la Mirra ovidiana è coscientemente col- evole, quella dell’Alfieri, vittima di un amore nato in lei - per volontà di una dea («Irato un Nume, / implacabile, ignoto, entro al mio petto / si alberga; e quindi, ogni mia forza è vana / contro alla forza sua...»), è «più assai infelice che non colpevole». Un giudizio, questo, che ri- torna nel Parere sulla tragedia, in cui del pari Mirra è definita «più innocente assai che colpevole», sicché la iovinetta di Cipro, in cui «quel che... è di reo non è per così dir niente suo», ed è invece «ben suo» «tutta la virtù e forza per nascondere estirpare e incrudelire contro la sua illecita passione anco a costo della propria vita», è un «personaggio» oltremodo «tragico» e «continuamen- te atto a rattemprare sempre con la pietà l’orror ch’ella inspira». Analogamente nel sonetto dedicatorio della tragedia alla d’Albany l’Alfieri accenna al «dolore» di Mirra e al suo «orrendo a un tempo e innocente amore» per Ciniro. i Ancora oggi gli acuti suggerimenti dell’autore possono essere ut:lizzati e svolti in un discorso critico su Mirra, il cui amore, in se stesso «orrendo», è però del tutto incol- pevole e determina in lei non il desiderio di appagarlo, ma, al contrario, la volontà di liberarsene e l’orrore di doverlo subire. Onde il «dolore» di Mirra, le sue «fere / non narrabili angosce»; e quella «muta,... ostinata ed al- ta / malinconia mortale», che la contraddistingue; o quella profonda «mestizia» che in lei è «natura», come lo è nell’Alfieri: «la mestizia è in me natura», egli scrive In un sonetto delle Rime; e consente così di sottolineare una certa rispondenza tra il suo carattere e quello della sua protagonista e di scorgere in lei una virtuale compo- nente autobiografica. Nella tragedia è rappresentato l’amore per il proprio pa- dre da cui è presa e soggiogata, per volontà di Afrodite, la protagonista («io dercizianenie amo, ed indar- n0...»), e da cui potrà liberarsi soltanto con il suicidio. Da uno spunto così esile l’ Alfieri ha ricavato una trage- dia ampia e complessa, al cui centro si colloca la figura di Mirra; la quale «strascìna una vita / peggio assai d'o- LXXI a sospendere Improvvisamente, : > Altern i tntoee visioni e allucinazioni, la cerimon: lita spav arsi la morte. , vr Die Mirra per prima ricusa ] la I suo amore per Ciniro € se ll guo desiderio più Ato de i desiderio— è quello di li erarsene: on de 1 €50 — inane di sui i a Phèdr e la icale diversità dalla racimana TE, alla racica) debitamente avvicinata. L'unica via Tuale È du È perciò quella della morte ( «Morire, piPerta si pllalto 0 bramo;.. € sol morire, io meri esattamente, del suicidio: un n 10 simile a quello qi Saul, ma in certo senso più altri cent Pieno di CONIra. stanti significati. Mirra, in altre parole, CCIdendog; si libera da una disumana, insopportabile Condizione dà ta, si salva dal peccato è conserva la sua innocenza inte riore (ed etica); ma non può fare a meno di APparire co] pevole ai familiari, che hanno compreso, INorriditi, i] Suo abominevole amore. L affermazione Suprema della ro. pria purezza e integrità psicologica si unisce in irra suicida alla convinzione di essere necessariamente rite- nuta rea (e quindi di essere odiata) dai SUOL: per questo i suo suicidio è, al tempo stesso, una Vittoria e una scon. fitta, una liberazione (e una catarsi) e un'inevitabile am. missione di colpevolezza. _ f Tutta la tragedia si concentra e si identifica, per quanto riguarda il risultato poetico globale, nella figura e nella | caratterizzazione psicologica di Mirra. La quale è simile | a Saul pure per l’interiorizzazione della sua contraddit- | | toria vicenda d’amore —- come il sovrano biblico Mirra è insieme eroina e tiranna di se Stessa —, ovvero per i dis- sidi che ha non tanto con il circostante mondo amiliare, quarzo con se medesima: con la sua inquieta coscienza 1 donna in cui si scontrano Eros e Thanatos, aspirazio- ne a una vita normale e pulsione incontenibile alla mor- te. Proprio perché Mirra domina con il suo dramma per- sonale l'intera tragedia, gli altri personaggi sono artisti- camente deboli e raffigurati in un clima di idillio fami- liare (e, si vorrebbe aggiungere, borghese), intessuto di lor jone (ma con una maggiore accentuazione dell'elemento domestico, privo di ogni tensione «È ca»), Così preannuncia certi toni melcdrammatici dell'A ni I° 0 ele, FiscONtrabili anche nei cori nuziali del quarto all COME già nei «versi lirici .pilità di trovare ascolto negli altri e di ossidi care, disacerbandolo, il proprio segreto tor- e Po p'«orribil tempesta, onde agitato, / lacerato è i] mer", Un simile conforto è tota Mente negato a Mir uale deve tenere tutto dentro di sé e ric ; } egi_ i de Orrere nei pi agri con 1 familiari, a finzioni ca menzogne più È cr abili che, per dirla con Umberto Saba, fanno «più cuore / di chi /e dice che di chi /e asc male a! vv. 11-12; cfr. B. Maier, Due liriche n Dot mberto Saba: «A Vittorio Bolaffio» e «Il Dovere», in rid ione Trieste. Nuovi saggi sulla letteratura triestj Dimens 202). Tanto più che | DIO Milano 1987, p. | o PIÙ Che Te persone vicine a Mirra hanno uno scarso rilievo Individuale, sono im- rontate ad accenti Insieme idealizzanti e realistici non sempre adeguatamente artnomzzati e formano, è stato detto, una sorta di «coro»: così, Ciniro è «un perfetto padre, e un perfettissimo re» (0, anche, «padre» per «na- tura» e «re» per «caso»), e Cecri è «una ottima madre», ur se «riesce sul totale alquanto mamma, e Ciarliera»: e uno e l’altra «per gli affetti domestici... paiono piutto- sto degni d'essere privati cittadini, che principi». Inoltre Pereo, «tenero d amore», « pesa di riuscire un otti- mo principe»; ed Euriclea è «una persona ottima sempli- cissima, e non sublime per niuna sua parte», anche se sa «un po troppo di balia». Si comprende pertanto come tra questi personaggi e Mirra un rapporto autentico, umano e profondo, sia, più che difficile, Impossibile. Pure per questo suo necessario isolamento, e per l’inca- acità di uscirne, Mirra è la più grande delle eroine del. Alfieri, come Saul è il più grande dei suoi protagonisti maschili; e insieme con l’Isabella del Filippo, con Anti- gone, Clitennestra, Ottavia rivela la singolare penetra- zione DIO del poeta piemontese, con particolare riferimento alle figure femminili, per la cui delineazione po avergli giovato la lunga convivenza con la d’Albany. a quale, se è stata per l’Alfieri «il fonte» di tutte le sue ra lo è stata in ispecie di quelle in cui agiscono delle donne o delle superdonne. È ancora da notare che un argomento quanto mai auda- © € scabroso è stato trattato dal nostro autore nella ma- Mera più casta, con una straordinaria verecondia di sl- ‘uazioni, di sentimenti e di linguaggio, sicché Mirra ap- Pare soprattutto una fanciulla mesta e infelice, cui è pre- cluso ogni riscatto che non sia la morte: una soluzione finale, questa, che la rende innocente, si è detto, soltanto il parte, se è vero che i genitori e la nutrice restano È ‘erriti per la sua inattesa confessione. Direi che anche Per questo aspetto Mirra è, piuttosto che una superdon- da — tale è, invece, nell'atto magnanimo e tuttavia Ne “©sSario del suicidio — una povera creatura umana, che sfogare con LXXV in un dramma più grande di lei ed è da mente travolta e annientata que damn fo che l'’indiscutibile preminenzi che ù ate bito del teatro alfieriano, la sua sconces li ne Sì dibatte Bibliografia sulla «Mirra» E COMMENTI sa dizione critica della tragedia è quella CUTata di, 15° Capucci (Asti 1974). Tra i commenti sono da citars i li È A. Momigliano (Firenze 1923; e IVi 1950), Pi Da Chiaro (Milano 1957), W. Binni e R, Scrivano (Firenze 1960; e ivi 1984), N. DI Giacomo (Roma ] Branca (insieme con l’Agamennone, Milano 1981; 1988:), G. Davico Bonino (Torino 1988). STUDI i | A. Momigliano, «Mirra», in Introduzione al poeti, Roma 1946; W. Binni, Lettura della «Mirra», in Saggi alfieria ni, Firenze 1969 (e Roma 19812); A. Iliano, Da «Scelus) a innocenza. Osservazioni sulla genesi e problematicità della «Mirra» di Alfieri, in «Studi piemontesi», 1, 1972: M Frankel, Mirra: non silenzio ma rivelazione «Italica», Liv, 1977; P, Azzolini, La negazio nella Mirra alfieriana, in «Lettere Italiane», XXXII, 1980; | V. Branca, Appunti di un annotatore del «Filippo», del. idigamennone» e della «Mirra» su a tendenza nel. l'elaborazione delle tre rene, in Alfieri stile, con cinque nuovi studì. Bologna 1981, Nota al testo Il se della Mirra è riprodotto dall’edizione delle Tra- Re die a cura di Luca Toschi, introd. di Sergio Romagnoli LXxyj
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