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La provvigione del mediatore in un contratto preliminare di preliminare, Guide, Progetti e Ricerche di Diritto Privato

Sulla questione se il mediatore è titolato alla provvigione in un contratto preliminare di preliminare, ovvero un accordo subordinato alla cancellazione di ipoteche. La decisione in esame ha stabilito che il contratto in esame, sebbene prevedesse la stipulazione di un successivo contratto preliminare, non aveva ancora le caratteristiche di un contratto preliminare completo, ma solo quelle di un contratto preliminare di preliminare. Le parti devono fissare le parti dell'accordo su cui hanno già raggiunto l'intesa nel primo contratto preliminare, rimettendo al successivo contratto preliminare la definizione di quegli aspetti del successivo accordo sui quali non è ancora stata raggiunta l'intesa. Se le parti hanno già raggiunto l'intesa su tutti gli elementi del contratto di compravendita e restano solo a compiere valutazioni oggettive, il contratto dovrebbe essere qualificato come contratto preliminare anziché contratto preliminare di preliminare.

Tipologia: Guide, Progetti e Ricerche

2018/2019

Caricato il 30/05/2019

Claudia320
Claudia320 🇮🇹

2 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica La provvigione del mediatore in un contratto preliminare di preliminare e più Guide, Progetti e Ricerche in PDF di Diritto Privato solo su Docsity! CONTRATTO PRELIMINARE - «LA PROVVIGIONE DEL MEDIATORE IN CASO DI STIPULAZIONE DEL PRELIMINARE DI PRELIMINARE. UNA DECISIONE CHE NON CONVINCE» di Marco Capecchi[*] La decisione della Cassazione n. 923/2017 ha riconosciuto al mediatore il diritto di ottenere la provvigione a fronte della conclusione del contratto preliminare di preliminare. Il commento esamina criticamente la motivazione di tale sentenza, evidenziando alcune caratteristiche del preliminare di preliminare che paiono renderlo un accordo non idoneo ad integrare il requisito richiesto per il sorgere della provvigione, ossia la conclusione dell’affare. Sommario: I. Il caso - II. La questione - III. I precedenti - IV. La dottrina I. Il caso Gli antefatti della decisione non sono purtroppo chiarissimi. Dalla sentenza si evince che la controversia sia sorta in seguito alla richiesta del pagamento della provvigione avanzata dal mediatore che aveva messo in contatto le parti interessate alla compravendita di un immobile. Nel corso della trattativa (poi non conclusasi con la compravendita) erano stata formulate tre successive proposte di acquisto: - La prima in data 26 settembre 1998; - la seconda in data 6 ottobre 1998, condizionata al versamento di una caparra di lire 350.000.000; - la terza in data 20 novembre 1998 prevedeva l’impegno delle parti a stipulare un successivo contratto preliminare entro un termine indicato ma alla condizione della previa cancellazione delle ipoteche gravanti sull’immobile, oltre a contenere una espressa esclusione del rimedio ex art. 2932 cod. civ. L’ultima di tali proposte sarebbe stata accettata previo accordo sulla proroga della data entro la quale l’immobile avrebbe dovuto essere liberato dalle ipoteche, ma il contratto preliminare vero e proprio non sarebbe poi stato stipulato a causa della mancata liberazione dell’immobile dai gravami. Ai fini di quanto interessa in questo commento, la nebulosità della situazione di fatto è relativamente poco rilevante perché la Corte di Appello ha qualificato come preliminare di preliminare l’accordo raggiunto tra le parti e tale statuizione non è oggetto di ricorso in Cassazione. Ai fini di quanto si andrà ad osservare in seguito, pertanto, può ritenersi che il fatto (quantomeno sotto il profilo della verità processuale, visto il giudicato calato sulla qualificazione effettuata dalla Corte d’Appello) sia consistito nella stipulazione tra le parti di un preliminare di preliminare di compravendita immobiliare non seguito dalla stipulazione del successivo preliminare e, tantomeno, dalla vendita. II. La questione La questione posta all’attenzione della Supr. Corte è stabilire se la stipulazione di un preliminare di preliminare possa integrare quella “conclusione dell’affare” al quale l’art. 1755 cod. civ. ricollega l’insorgenza del diritto alla provvigione in capo al mediatore che abbia messo in contatto le parti. È opportuno ricordare che la questione era stata oggetto di alcune decisioni che avevano negato la provvigione al mediatore sulla scorta della ritenuta nullità del contratto preliminare di preliminare per difetto di causa in quanto la giurisprudenza (Cass., 2.4.2009, n. 8038, infra, sez. III) aveva ritenuto che “Riconoscere come possibile funzione del primo anche quella di obbligarsi (…) ad obbligarsi a ottenere quell’effetto, darebbe luogo a una inconcludente superfetazione, non sorretta da alcun effettivo interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico, ben potendo l’impegno essere assunto immediatamente: non ha senso pratico il promettere ora di ancora promettere in seguito qualcosa, anziché prometterlo subito”. Tale orientamento è stato poi abbandonato con la decisione delle sezioni unite (Cass., sez. un., 6.3.2015, n. 4628, infra, sez. III) che ha stabilito la (tendenziale) ammissibilità del contratto preliminare di preliminare. Era, pertanto, atteso un intervento della Supr. Corte per capire se, a seguito del mutato atteggiamento in ordine alla validità del preliminare di preliminare, quest’ultimo sarebbe stato incluso nel novero degli atti che fanno maturare la provvigione in capo al mediatore. La questione è di notevole rilevanza pratica, atteso che la prassi della mediazione immobiliare prevede pressoché inevitabilmente il ricorso al preliminare di preliminare , sub specie di una proposta irrevocabile di acquisto che viene fatta sottoscrivere all’acquirente (su moduli prestampati, compilati con i dati dell’immobile e accompagnata dalla dazione di un assegno di modesto importo a titolo di caparra) e poi sottoposta dal mediatore al venditore per l’accettazione a seguito della quale viene altresì consegnato l’assegno ricevuto dal proponente. Una volta raggiunto tale primissimo accordo il mediatore mette finalmente in contatto diretto tra loro le parti per la conclusione di un vero e proprio preliminare (per lo più redatto dal notaio) in occasione del quale spesso vengono precisati elementi ulteriori dell’accordo ovvero versate ulteriori somme. Poiché sono tutt’altro che rari i casi in cui a tale primo accordo non faccia seguito la stipulazione del contratto preliminare vero e proprio, è abbastanza copioso il contenzioso in merito al diritto del mediatore di pretendere la provvigione a seguito della sola stipulazione del primo accordo della sequenza. La soluzione adottata dalla Supr. Corte con la decisione in esame è stata nel senso di ritenere che anche il preliminare di preliminare costituisca un accordo idoneo a ritenere concluso l’affare e, pertanto, costituisca presupposto idoneo a legittimare la richiesta di provvigione da parte del mediatore. Il percorso logico-giuridico seguito dalla decisione in esame si articola su due considerazioni: 1) Il preliminare di preliminare è un accordo valido; 2) il preliminare di preliminare è uno degli accordi ammessi dalla giurisprudenza per potere considerare concluso un affare ai sensi dell’art. 1755 cod. civ. Entrambi gli argomenti si prestano ad alcune osservazioni. Innanzitutto, la decisione in esame si è allineata all’orientamento sancito dalle sezioni unite con decisione Cass., sez. un., 6.3.2015, n. 4628, confermando la validità del preliminare di preliminare. Come anticipato in precedenza, la decisione contiene una descrizione degli antefatti di causa poco accurata e ciò, purtroppo, impedisce di esaminare più dettagliatamente i contenuti di uno dei primi contratti qualificati come preliminare di preliminare. Il rammarico è motivato dal fatto che la motivazione della decisione delle sez. un. ha lasciato qualche dubbio circa le caratteristiche distintive del preliminare di preliminare rispetto al preliminare vero e proprio (sia consentito rinviare a Capecchi, Riflessi operativi, infra, sez. IV) e il caso deciso dalla sentenza in esame sembra del tutto analogo a quello portato all’attenzione delle sez. un. (cioè un accordo subordinato alla cancellazione di ipoteche) le quali parrebbero aver optato per una sua qualificazione in termini di contratto preliminare “vero e proprio” piuttosto che di “preliminare di preliminare” laddove si legge che “i giudici di merito hanno infatti in primo luogo omesso di valutare se il contratto in esame, sebbene prevedesse la stipula di un successivo contratto preliminare, avesse già le caratteristiche di un contratto preliminare completo, soltanto subordinato ad una condizione, cioè al consenso del Banco di Napoli alla cancellazione parziale dell’ipoteca, ipotesi da loro stessi contemplata ma scartata a causa della previsione dell’impegno a sottoscrivere un futuro preliminare”. Se, dunque, il contenuto del contratto esaminato dalla sentenza in esame pare avrebbe dovuto, alla luce del principio di diritto stabilito dalle sez. un., essere qualificato come preliminare, la diversa decisione potrebbe dipendere dalla circostanza che, nel caso di specie, le parti avessero espressamente escluso l’esperibilità dell’azione ex art. 2932 cod. civ.; ciò potrebbe aver indirizzato la Corte ad accogliere la tesi sostenuta in dottrina (D’Amico, 50; De Matteis, Il contratto preliminare di vendita, 103 ss., entrambi infra, sez. IV), ma che pareva non essere stata accolta dalla sez. un., secondo la quale l’elemento differenziante il primo dal secondo accordo non andrebbe ricercato tanto nei contenuti quanto nel diverso livello dei rimedi previsti a fronte dell’inadempimento di una delle parti, dovendosi necessariamente escludere l’azione ex art. 2932 cod. civ. nel caso di preliminare di preliminare. È ora opportuno passare all’esame del secondo punto del ragionamento seguito dalla decisione in esame, quello secondo cui è stato ritenuto che il preliminare di preliminare costituisca conclusione dell’affare “inteso come qualsiasi operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, di un atto cioè in virtù del quale sia costituito un vincolo che dia diritto di agire per l’adempimento dei patti stipulati o, in difetto, per il risarcimento del danno”. La motivazione sul punto è scarna e quindi di controversa interpretazione, dal momento che non si è data carico di chiarire quali effetti del preliminare di preliminare abbiano indotto a far ritenere concluso l’affare, deludendo il lettore che fosse alla ricerca di indicazioni sulla disciplina dei rimedi applicabile al preliminare di preliminare. In termini generali, pare molto discutibile che la stipulazione del preliminare di preliminare possa dar luogo alla “conclusione dell’affare”. Infatti, secondo quanto stabilito dalle sez. un., il preliminare di preliminare è valido solo ove sia ravvisabile una sua causa concreta che lo differenzi dal preliminare vero e proprio, e ciò avviene soltanto quando abbia un contenuto differente da quello del contratto preliminare. Tale differenza di contenuto deve riflettere la differente collocazione cronologica delle due intese nella fase di formazione del contratto definitivo e, pertanto, con il primo di essi le parti devono fissare quelle parti dell’accordo sulle quali hanno già raggiunto l’intesa, rimettendo al successivo contratto preliminare la definizione di quegli aspetti del successivo accordo sui quali non è ancora stata raggiunta l’intesa. Non può essere questa la sede per osservare nuovamente quanto tale differenza contenutistica tra i due contratti sia di difficile precisazione all’atto pratico (sia consentito rinviare sul punto a Stefini, infra, sez. IV; D’Amico, 50; Capecchi, Riflessi operativi, 397), ma deve senz’altro evidenziarsi che, con espressione quanto mai felice, le sez. un. hanno sintetizzato che, con il preliminare di preliminare, le parti si impegnano non “a contrarre ma a contrattare”, con ciò intendendosi che, con il preliminare di preliminare le parti assumono un vincolo che non deve azzerare la loro autonomia la quale, anzi, è previsto debba manifestarsi ancora nel raggiungimento dell’accordo su quegli elementi dell’accordo che le parti hanno rimesso alla successiva contrattazione. Laddove, invece, le parti abbiano già raggiunto l’intesa su tutti gli elementi del contratto di compravendita e restino solo da compiere valutazioni oggettive (quali quelle dell’evento dedotto in condizione) il contratto andrebbe qualificato come contratto preliminare anziché come preliminare di preliminare (sul punto D’Amico, 59). In altri termini, si potrebbe dire, usando le parole che si leggono nella sentenza Cass., sez. un., n. 4628/2015, che mediante il preliminare di preliminare le parti abbiano voluto solo “bloccare l’affare” ma non anche “concludere l’affare”, essendo quest’ultima fase rimessa alla successiva definizione di tutti i presupposti che dovrà avvenire con il preliminare vero e proprio. Ad ulteriore conferma del fatto che pare davvero difficile ritenere che il preliminare di preliminare possa integrare gli estremi dell’affare concluso, sia consentito osservare che l’art. 1757 cod. civ. espressamente subordina il diritto alla provvigione alla efficacia del contratto, posticipandolo in caso di condizione sospensiva. Tale norma sembra confermare che la provvigione può essere riconosciuta solo quando l’accordo tra le parti sia definitivo e non più soggetto ad ulteriori verifiche, proprio ciò che le parti intendono escludere con la stipulazione del preliminare di preliminare con il quale le stesse rinviano ad un successivo momento l’instaurazione di un legame totalmente vincolante. I dubbi circa la possibilità logica di qualificare il preliminare di preliminare come atto conclusivo dell’affare vengono poi confermati passando ad esaminare più nel dettaglio le caratteristiche giuridiche di tale contratto e la loro (in)compatibilità con i requisiti che la giurisprudenza richiede a tal fine. Infatti, la decisione in esame si fonda sul presupposto, costante nella giurisprudenza in tema di mediazione, secondo cui l’affare deve ritenersi concluso quando si sia perfezionato un vincolo che legittimi le parti alle due classiche azioni di esatto adempimento e risarcitoria: l’inclusione del preliminare di preliminare nel novero degli atti conclusivi dell’affare richiederebbe, pertanto, che tale accordo legittimi la parte adempiente ad agire tanto per l’esatto adempimento quanto per il risarcimento del danno. Tuttavia, l’identikit del preliminare di preliminare tracciato dalle sez. un. sembra escludere tale possibilità, come ora si passerà ad esporre. Innanzitutto, non pare che la stipulazione del preliminare di preliminare offra alla parte adempiente il rimedio dell’esatto adempimento dell’obbligo di contrarre. La sentenza delle sez. un. è sul punto abbastanza chiara, in quanto ha ritenuto che la causa concreta del preliminare di preliminare possa sussistere solo quando sia ravvisabile la volontà delle parti di rimettere la conclusione dell’affare a “verifiche che sono da valutare soggettivamente”, con ciò intendendosi che “il contraente resta libero da vincoli stringenti e assoggettato solo alle conseguenze risarcitorie che ha deliberatamente assunto e contrattualmente delimitato, concordando espressamente la necessità di un vero e proprio preliminare e l’esclusione del disposto di cui all’art. 2932 c.c.”. In dottrina è stato osservato che non sarebbe ammissibile il rimedio ex art. 2932 cod. civ. diretto ad ottenere l’esecuzione del pre-preliminare perché quest’ultimo deve necessariamente difettare, per poter essere qualificato come tale anziché come preliminare, di qualche elemento necessario per l’esecuzione in forma specifica, dovendosi altrimenti qualificare come contratto preliminare (D’Amico, 51; Benedetti, infra, sez. IV).
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