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Preparazione completa esame diritto privato (orale), Dispense di Diritto Privato

Tutte le possibili domande dell'esame orale diritto privato del prof Mario Ermini

Tipologia: Dispense

2023/2024

In vendita dal 13/02/2024

francesco-lombardo-14
francesco-lombardo-14 🇮🇹

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Scarica Preparazione completa esame diritto privato (orale) e più Dispense in PDF di Diritto Privato solo su Docsity! DOMANDE ESAME DIRITTO PRIVATO - Diritto pubblico vs diritto privato Il diritto (generico) è un insieme di regole che hanno la finalità di risolvere i conflitti umani. Il diritto pubblico è l’insieme delle norme che attribuiscono a una pubblica autorità il potere di incidere sulle posizioni delle persone, anche senza o contro la loro volontà. Il diritto privato, invece, è l’insieme delle regole che disciplinano i rapporti tra soggetti che sono sullo stesso piano. Se c’è di mezzo lo Stato, si applicherà il diritto pubblico quando l’ente pubblico esercita la propria sovranità (es. espropriazione), ma se agisce non in virtù della propria sovranità statale ma come un qualsiasi altro soggetto, si applicherà il diritto privato. Il diritto privato si lega ad un concetto base del nostro ordinamento: l’autonomia privata. Per il principio di sussidiarietà, per realizzare fini sociali si può ricorrere agli interventi del diritto pubblico solo quando quei fini non sono raggiungibili con altrettanta efficacia tramite strumenti del diritto privato. - Cosa è l’autonomia privata? L’autonomia privata è quel fenomeno attraverso il quale i privati perseguono i propri interessi tramite il compimento di un’attività giuridica (ad esempio tramite matrimonio, contratto) I privati hanno la possibilità di stabilire delle regole autonome, in un certo senso possono creare leggi. - Regole giuridiche e non giuridiche I contenuti della regola giuridica e non giuridica non coincidono sempre, esse sono distinte dal meccanismo dell’adesione. La regola non giuridica ha un’adesione interna alla persona (la rispetto perché e nei limiti in cui la condivido) mentre la regola giuridica è esterna all’individuo e deve essere rispetta che la si condivida o meno: quest’ultima è dotata di coercitività, ossia la capacità della norma giuridica di essere applicata con l’uso della forza. Il conflitto viene risolto tramite il rapporto giuridico che vede una parte vincere e una a perdere. È lo stato ad emanare le norme giuridiche, che sono alla base del diritto oggettivo. Le norme giuridiche funzionano tramite la combinazione di due elementi: regola e sanzione (che ha funzione satisfattiva, compensativa, punitiva, deterrente) - Civil law vs Common law Il nostro sistema giuridico è di civil law: i giudici devono interpretare la legge ma non sono vincolati a casi precedenti, al contrario dei sistemi di common law (inglese) dove sono vincolati alle sentenze precedenti (che diventano norme giuridiche). Questo vuol dire che il diritto è statuale: è lo stato che ha la capacità di creare norme giuridiche. - Quali sono i criteri di interpretazione delle norme giuridiche? Le norme giuridiche, contenute nella legge, servono per risolvere i conflitti umani e stabilire la prevalenza di un diritto rispetto ad un altro. Il problema è che le norme a volte sono ambigue e serve un’attività di interpretazione della norma finalizzata ad identificare il significato delle parole e dei loro collegamenti. L’interpretazione può essere restrittiva o estensiva. L’interpretazione a più funzioni: - la prima è trovare il comando (il contenuto) e il destinatario del comando - la seconda è trovare l’interrelazione tra le caratteristiche del testo legislativo e la sua interpretazione. Infatti, essendo la legge generica (rivolta a una generalità di soggetti) e astratta (all’interno dell’ipotesi confluiscono una serie di fattispecie concrete), l’applicazione al caso concreto richiede l’interpretazione. La fattispecie è l’immagine del fatto e distinguiamo fattispecie astratta e concreta. La qualificazione della fattispecie concreta è l’operazione con cui si verifica che una fattispecie concreta corrisponde ad una astratta. L’interpretazione trasforma la disposizione (enunciato legislativo) in norma (regola). Come si interpreta la legge? Ognuno di noi interpreta la legge in base alla dimensione soggettiva. Ci sono criteri ermeneutici per l’interprete privilegiato (giudice) che quest’ultimo deve seguire per una giusta interpretazione, priva di arbitrio (art.12 cc) Abbiamo quindi un: - criterio letterale: ogni parola ha un significato letterale che gli deve essere attribuito - criterio logico: capire la connessione delle parole e il significato della frase - criterio teleologico/finalistico: intenzione del legislatore nello scrivere la norma - criterio dell’interpretazione sistematica: la norma va contestualizzata all’interno del contesto osservato. Es. il dolo è volontà di cagionare il danno. Ma al tempo stesso, il dolo nel contesto del contratto è un raggiro, non stato psicologico di voler cagionare danno. Un ruolo molto importante è rivestito dal principio di completezza dell’ordinamento. Parliamo di lacuna del diritto quando l’interprete constata che nessuna norma presente nell’ordinamento prevede la fattispecie concreta di cui si sta cercando la disciplina. Per cui l’art.12 cc ci dice che se una controversia non può essere risolta con una precisa disposizione si ricorre all’analogia: essa consiste nell’applicare una norma che regola un caso simile o una materia analoga. Nel criterio analogico, quale è la differenza tra “analogia legis” e “analogia iuris”? L’analogia legis è il criterio per il quale si cerca di andare ad analizzare le similitudini che intercorrono tra norme che operano nello stesso ambito di riferimento. L’analogia iuris è il criterio per il quale si cerca di andare ad analizzare le similitudini tra casi già risolti all’interno della giurisprudenza. L’analogia non è ammessa per leggi penali e quelle eccezionali (non si possono impartire pene detentive associando casi simili. Gli usi invece vengono utilizzati solo se richiamati da legge oppure per mancanza disposizione legge. Nella realtà essi non vengono applicati mai, perché i principi fondamentali ottemperano questa funzione. - Fonti del diritto Sono gli atti e fatti capaci di creare norme giuridiche. Sono elencate nell’art.1 C.C. Nel nostro ordinamento vige il principio della pluralità delle fonti (più fonti del diritto). Fonti del diritto pubblico: Costituzione, leggi costituzionali, fonti primarie (legge, atti aventi forza di legge, legge regionali e direttive europee), fonti secondarie (regolamenti del governo o enti locali), consuetudini. Fonti del diritto privato: costituzione e Codice civile (1942) Le fonti del diritto sono quell’insieme di atti e fatti, che un ordinamento giuridico reputa idonei a modificare o innovare l’ordinamento stesso. Un altro scopo delle fonti del diritto è quello di rendere riconoscibili le norme, in modo che chiunque possa conoscerle e rispettarle. Le fonti del diritto possono essere distinte in due gruppi: - fonti di produzione: hanno lo scopo di produrre il diritto; quindi, si indentificano negli atti e fatti idonei a produrre norme giuridiche - fonti di cognizione: rappresentate da quei testi normativi (Costituzione, Codice civile) contenenti norme giuridiche già formate di cui si assicurano la conoscibilità legale All’interno della categoria delle fonti vi può essere un’altra distinzione tra: - fonti-atto: sono gli atti giuridici, norme scritte emanate da organi di cui l’ordinamento ne ha riconosciuto il potere Il c.c. è stato oggetto di interventi molto profondi: come gli interventi di decodificazione per togliere autonomia ad alcune discipline (come diritto al lavoro e contratti di locazione) e sostituirle con un contenuto imposto a favore del contraente debole. - Situazioni giuridiche soggettive Le norme giuridiche stabiliscono una graduatoria fra i diversi interessi, cioè, attribuiscono alle persone coinvolte nei conflitti determinate situazioni giuridiche soggettive. Esse si distinguono in situazioni giuridiche: 1. Attive: garantiscono prevalenza dell’interesse del titolare sull’interesse di altri soggetti. Sono: - diritto soggettivo: potere di agire nel proprio interesse - diritto potestativo: potere di incidere su situazioni soggettive altrui senza che il titolare della situazione possa impedirlo (es. mi licenzio) - facoltà: possibilità di tenere un certo comportamento - aspettativa: posizione di chi non ha una situazione attiva, ma ha la prospettiva di acquistarla - interesse legittimo: situazione del privato esposto all’esercizio di un potere della pubblica amministrazione - interesse collettivo: situazione di un soggetto danneggiato da comportamento altrui, che allo stesso tempo lede analoghi interessi di molti altri soggetti (es. pubblicità ingannevole) 2. Passive: esprimono la subordinazione dell’interesse del titolare rispetto all’interesse di altri soggetti Sono: - dovere: vieta di tenere comportamenti capaci di ledere il diritto soggettivo altrui e in particolare quelli assoluti. Impone al titolare di non fare qualcosa. - obbligo: vincolo imposto all’azione del titolare nell’interesse di chi ha un diritto soggettivo relativo - soggezione: situazione passiva corrispondente a diritto potestativo - responsabilità: situazione soggetto esposto a subire le conseguenze svantaggiose previste dalla norme - potestà: complesso di poteri attribuiti a un soggetto che li deve esercitare nell’interesse altrui - onere: situazione di chi deve tenere un certo comportamento se vuole avere la possibilità di usare qualche sua posizione attiva - status Il rapporto giuridico è la relazione tra il titolare della situazione attiva e il titolare della situazione passiva. Gli effetti giuridici sono i mutamenti delle situazioni giuridiche soggettive. Quando la fattispecie concreta produce effetti giuridici si dice che ha rilevanza giuridica. Le vicende dei diritti sono i loro continui movimenti e cambiamenti. La circolazione giuridica è il fenomeno per cui i diritti si trasferiscono continuamente dai titolari ad altri persone. - Fatto giuridico Sono gli eventi che accadono e producono i loro effetti giuridici indipendentemente da intenzionalità e consapevolezza umane. Il fatto giuridico è un accadimento, ma all’interno del concetto di fatto giuridico troviamo delimitazioni e precisazioni: - all’interno del fatto giuridico troviamo il negozio giuridico - il fatto è un concetto ampio - alcuni di questi fatti possono essere classificati atti e alcuni atti possono essere classificati tra i negozi giuridici - il fatto (puramente fatto) è un accadimento naturale che comporta conseguenze giuridiche (ad esempio la morte, fatto naturale che determina l’apertura della successione). - rientra nel concetto di fatto anche un comportamento umano, le cui conseguenze giuridiche prescindono dal comportamento (se io possiedo un terreno tutto ciò che nasce su di esso diventa di mia proprietà): - il fatto in senso puro si differenzia dall’atto. Entra in rilievo il comportamento umano cosciente. La rilevanza si ferma alla volontà del comportamento, non alla volontà degli effetti. - Atto giuridico Sono le azioni umane sostenute da un certo grado di consapevolezza e intenzionalità, la cui rilevanza giuridica dipende proprio dalla presenza di questo fattore umano. Si distinguono atti: - negoziali: volontà dell’autore di compiere l’atto e produrre effetti - non negoziali: implicano volontà di compiere l’atto ma non quella di produrre effetti giuridici Gli atti si possono distinguere ulteriormente in: - patrimoniali: incidono su situazioni economiche (contratti). Essi possono essere onerosi e gratuiti. - non patrimoniali: riguardano situazioni di tipo non economico (matrimonio) E in atti: - fra vivi: per produrre effetti non presuppongono la morte autore - a causa di morte: producono effetti solo dopo la morte In base alla struttura dell’atto si distinguono atti: - unilaterali: formati dalla dichiarazione di una sola parte (dimissioni) - bilaterali: formati da dichiarazioni di entrambe le parti (contratto) - plurilaterali: dichiarazione da 3 o più parti (soci società) - collegiali: atti di un’organizzazione - Negozio giuridico? Che cosa è un negozio giuridico che non è un contratto? È l’atto principale con cui si esprime l’autonomia privata. È un tipo di attività dove l’ordinamento prende in considerazione i comportamenti umani, nella misura in cui sono diretti alla produzione di effetti giuridici. Il negozio giuridico si basa fortemente sulla volontà, che sia volontà di compiere l’atto sia volontà di produrre proprio gli effetti giuridici che la norma ricollega all’atto. Il negozio giuridico comprende il contratto, ma non si esaurisce in esso. Basti pensare che il matrimonio è un negozio giuridico ma non un contratto (in quanto manca il carattere patrimoniale della prestazione) e ugualmente il testamento, che è un negozio giuridico ma non un contratto in quanto manca l’accordo tra le parti. Se l’ordinamento ricollega l’effetto giuridico alla volontà di produrre effetti giuridici, sarà sufficiente la capacità di intendere e di volere? No, è richiesta la capacità di agire (acquisita a 18 anni). Del fatto illecito risponde anche un sedicenne, ma le conseguenze patrimoniali sono estese ai genitori. L’ordinamento cerca di tutelare questa conformità tra effetti prodotti ed effetti voluti. - Acquisto dei diritti L’acquisto è la vicenda per cui una persona diventa titolare di un diritto che prima non aveva; può essere a titolo: - originario: non avviene sulla base del rapporto fra vecchio e nuovo titolare - derivativo: l’acquirente riceve il diritto dal e sulla base del rapporto col precedente titolare. Si dice anche successione e si dice particolare (se l’avente causa acquista solo determinati diritti) o universale (se subentra nell’intero patrimonio). - Chi sono i soggetti di diritto? I soggetti del diritto sono coloro che possono essere titolari di situazioni giuridiche. Possono essere sia le persone fisiche che giuridiche. Essere soggetti del diritto significa avere la capacità giuridica (che si acquista al momento della nascita). Limitazioni della capacità giuridica possono essere dovute a età, condizioni psichiche, difetto di onorabilità e difetto di riconosciuta competenza professionale. DOMANDE ESAME DIRITTO PRIVATO - Diritto pubblico vs diritto privato Il diritto (generico) è un insieme di regole che hanno la finalità di risolvere i conflitti umani. Il diritto pubblico è l’insieme delle norme che attribuiscono a una pubblica autorità il potere di incidere sulle posizioni delle persone, anche senza o contro la loro volontà. Il diritto privato, invece, è l’insieme delle regole che disciplinano i rapporti tra soggetti che sono sullo stesso piano. Se c’è di mezzo lo Stato, si applicherà il diritto pubblico quando l’ente pubblico esercita la propria sovranità (es. espropriazione), ma se agisce non in virtù della propria sovranità statale ma come un qualsiasi altro soggetto, si applicherà il diritto privato. Il diritto privato si lega ad un concetto base del nostro ordinamento: l’autonomia privata. Per il principio di sussidiarietà, per realizzare fini sociali si può ricorrere agli interventi del diritto pubblico solo quando quei fini non sono raggiungibili con altrettanta efficacia tramite strumenti del diritto privato. - Cosa è l’autonomia privata? L’autonomia privata è quel fenomeno attraverso il quale i privati perseguono i propri interessi tramite il compimento di un’attività giuridica (ad esempio tramite matrimonio, contratto) I privati hanno la possibilità di stabilire delle regole autonome, in un certo senso possono creare leggi. - Regole giuridiche e non giuridiche I contenuti della regola giuridica e non giuridica non coincidono sempre, esse sono distinte dal meccanismo dell’adesione. La regola non giuridica ha un’adesione interna alla persona (la rispetto perché e nei limiti in cui la condivido) mentre la regola giuridica è esterna all’individuo e deve essere rispetta che la si condivida o meno: quest’ultima è dotata di coercitività, ossia la capacità della norma giuridica di essere applicata con l’uso della forza. Il conflitto viene risolto tramite il rapporto giuridico che vede una parte vincere e una a perdere. È lo stato ad emanare le norme giuridiche, che sono alla base del diritto oggettivo. Le norme giuridiche funzionano tramite la combinazione di due elementi: regola e sanzione (che ha funzione satisfattiva, compensativa, punitiva, deterrente) - Civil law vs Common law Il nostro sistema giuridico è di civil law: i giudici devono interpretare la legge ma non sono vincolati a casi precedenti, al contrario dei sistemi di common law (inglese) dove sono vincolati alle sentenze precedenti (che diventano norme giuridiche). Questo vuol dire che il diritto è statuale: è lo stato che ha la capacità di creare norme giuridiche. - Quali sono i criteri di interpretazione delle norme giuridiche? Le norme giuridiche, contenute nella legge, servono per risolvere i conflitti umani e stabilire la prevalenza di un diritto rispetto ad un altro. Il problema è che le norme a volte sono ambigue e serve un’attività di interpretazione della norma finalizzata ad identificare il significato delle parole e dei loro collegamenti. L’interpretazione può essere restrittiva o estensiva. L’interpretazione a più funzioni: - la prima è trovare il comando (il contenuto) e il destinatario del comando - la seconda è trovare l’interrelazione tra le caratteristiche del testo legislativo e la sua interpretazione. Infatti, essendo la legge generica (rivolta a una generalità di soggetti) e astratta (all’interno dell’ipotesi confluiscono una serie di fattispecie concrete), l’applicazione al caso concreto richiede l’interpretazione. La fattispecie è l’immagine del fatto e distinguiamo fattispecie astratta e concreta. La qualificazione della fattispecie concreta è l’operazione con cui si verifica che una fattispecie concreta corrisponde ad una astratta. L’interpretazione trasforma la disposizione (enunciato legislativo) in norma (regola). Come si interpreta la legge? Ognuno di noi interpreta la legge in base alla dimensione soggettiva. Ci sono criteri ermeneutici per l’interprete privilegiato (giudice) che quest’ultimo deve seguire per una giusta interpretazione, priva di arbitrio (art.12 cc) Abbiamo quindi un: - criterio letterale: ogni parola ha un significato letterale che gli deve essere attribuito - criterio logico: capire la connessione delle parole e il significato della frase - criterio teleologico/finalistico: intenzione del legislatore nello scrivere la norma - criterio dell’interpretazione sistematica: la norma va contestualizzata all’interno del contesto osservato. Es. il dolo è volontà di cagionare il danno. Ma al tempo stesso, il dolo nel contesto del contratto è un raggiro, non stato psicologico di voler cagionare danno. Un ruolo molto importante è rivestito dal principio di completezza dell’ordinamento. Parliamo di lacuna del diritto quando l’interprete constata che nessuna norma presente nell’ordinamento prevede la fattispecie concreta di cui si sta cercando la disciplina. Per cui l’art.12 cc ci dice che se una controversia non può essere risolta con una precisa disposizione si ricorre all’analogia: essa consiste nell’applicare una norma che regola un caso simile o una materia analoga. Nel criterio analogico, quale è la differenza tra “analogia legis” e “analogia iuris”? L’analogia legis è il criterio per il quale si cerca di andare ad analizzare le similitudini che intercorrono tra norme che operano nello stesso ambito di riferimento. L’analogia iuris è il criterio per il quale si cerca di andare ad analizzare le similitudini tra casi già risolti all’interno della giurisprudenza. L’analogia non è ammessa per leggi penali e quelle eccezionali (non si possono impartire pene detentive associando casi simili. Gli usi invece vengono utilizzati solo se richiamati da legge oppure per mancanza disposizione legge. Nella realtà essi non vengono applicati mai, perché i principi fondamentali ottemperano questa funzione. - Fonti del diritto Sono gli atti e fatti capaci di creare norme giuridiche. Sono elencate nell’art.1 C.C. Nel nostro ordinamento vige il principio della pluralità delle fonti (più fonti del diritto). Fonti del diritto pubblico: Costituzione, leggi costituzionali, fonti primarie (legge, atti aventi forza di legge, legge regionali e direttive europee), fonti secondarie (regolamenti del governo o enti locali), consuetudini. Fonti del diritto privato: costituzione e Codice civile (1942) Le fonti del diritto sono quell’insieme di atti e fatti, che un ordinamento giuridico reputa idonei a modificare o innovare l’ordinamento stesso. Un altro scopo delle fonti del diritto è quello di rendere riconoscibili le norme, in modo che chiunque possa conoscerle e rispettarle. Le fonti del diritto possono essere distinte in due gruppi: - fonti di produzione: hanno lo scopo di produrre il diritto; quindi, si indentificano negli atti e fatti idonei a produrre norme giuridiche - fonti di cognizione: rappresentate da quei testi normativi (Costituzione, Codice civile) contenenti norme giuridiche già formate di cui si assicurano la conoscibilità legale All’interno della categoria delle fonti vi può essere un’altra distinzione tra: - fonti-atto: sono gli atti giuridici, norme scritte emanate da organi di cui l’ordinamento ne ha riconosciuto il potere Il c.c. è stato oggetto di interventi molto profondi: come gli interventi di decodificazione per togliere autonomia ad alcune discipline (come diritto al lavoro e contratti di locazione) e sostituirle con un contenuto imposto a favore del contraente debole. - Situazioni giuridiche soggettive Le norme giuridiche stabiliscono una graduatoria fra i diversi interessi, cioè, attribuiscono alle persone coinvolte nei conflitti determinate situazioni giuridiche soggettive. Esse si distinguono in situazioni giuridiche: 1. Attive: garantiscono prevalenza dell’interesse del titolare sull’interesse di altri soggetti. Sono: - diritto soggettivo: potere di agire nel proprio interesse - diritto potestativo: potere di incidere su situazioni soggettive altrui senza che il titolare della situazione possa impedirlo (es. mi licenzio) - facoltà: possibilità di tenere un certo comportamento - aspettativa: posizione di chi non ha una situazione attiva, ma ha la prospettiva di acquistarla - interesse legittimo: situazione del privato esposto all’esercizio di un potere della pubblica amministrazione - interesse collettivo: situazione di un soggetto danneggiato da comportamento altrui, che allo stesso tempo lede analoghi interessi di molti altri soggetti (es. pubblicità ingannevole) 2. Passive: esprimono la subordinazione dell’interesse del titolare rispetto all’interesse di altri soggetti Sono: - dovere: vieta di tenere comportamenti capaci di ledere il diritto soggettivo altrui e in particolare quelli assoluti. Impone al titolare di non fare qualcosa. - obbligo: vincolo imposto all’azione del titolare nell’interesse di chi ha un diritto soggettivo relativo - soggezione: situazione passiva corrispondente a diritto potestativo - responsabilità: situazione soggetto esposto a subire le conseguenze svantaggiose previste dalla norme - potestà: complesso di poteri attribuiti a un soggetto che li deve esercitare nell’interesse altrui - onere: situazione di chi deve tenere un certo comportamento se vuole avere la possibilità di usare qualche sua posizione attiva - status Il rapporto giuridico è la relazione tra il titolare della situazione attiva e il titolare della situazione passiva. Gli effetti giuridici sono i mutamenti delle situazioni giuridiche soggettive. Quando la fattispecie concreta produce effetti giuridici si dice che ha rilevanza giuridica. Le vicende dei diritti sono i loro continui movimenti e cambiamenti. La circolazione giuridica è il fenomeno per cui i diritti si trasferiscono continuamente dai titolari ad altri persone. - Fatto giuridico Sono gli eventi che accadono e producono i loro effetti giuridici indipendentemente da intenzionalità e consapevolezza umane. Il fatto giuridico è un accadimento, ma all’interno del concetto di fatto giuridico troviamo delimitazioni e precisazioni: - all’interno del fatto giuridico troviamo il negozio giuridico - il fatto è un concetto ampio - alcuni di questi fatti possono essere classificati atti e alcuni atti possono essere classificati tra i negozi giuridici - il fatto (puramente fatto) è un accadimento naturale che comporta conseguenze giuridiche (ad esempio la morte, fatto naturale che determina l’apertura della successione). - rientra nel concetto di fatto anche un comportamento umano, le cui conseguenze giuridiche prescindono dal comportamento (se io possiedo un terreno tutto ciò che nasce su di esso diventa di mia proprietà): - il fatto in senso puro si differenzia dall’atto. Entra in rilievo il comportamento umano cosciente. La rilevanza si ferma alla volontà del comportamento, non alla volontà degli effetti. - Atto giuridico Sono le azioni umane sostenute da un certo grado di consapevolezza e intenzionalità, la cui rilevanza giuridica dipende proprio dalla presenza di questo fattore umano. Si distinguono atti: - negoziali: volontà dell’autore di compiere l’atto e produrre effetti - non negoziali: implicano volontà di compiere l’atto ma non quella di produrre effetti giuridici Gli atti si possono distinguere ulteriormente in: - patrimoniali: incidono su situazioni economiche (contratti). Essi possono essere onerosi e gratuiti. - non patrimoniali: riguardano situazioni di tipo non economico (matrimonio) E in atti: - fra vivi: per produrre effetti non presuppongono la morte autore - a causa di morte: producono effetti solo dopo la morte In base alla struttura dell’atto si distinguono atti: - unilaterali: formati dalla dichiarazione di una sola parte (dimissioni) - bilaterali: formati da dichiarazioni di entrambe le parti (contratto) - plurilaterali: dichiarazione da 3 o più parti (soci società) - collegiali: atti di un’organizzazione - Negozio giuridico? Che cosa è un negozio giuridico che non è un contratto? È l’atto principale con cui si esprime l’autonomia privata. È un tipo di attività dove l’ordinamento prende in considerazione i comportamenti umani, nella misura in cui sono diretti alla produzione di effetti giuridici. Il negozio giuridico si basa fortemente sulla volontà, che sia volontà di compiere l’atto sia volontà di produrre proprio gli effetti giuridici che la norma ricollega all’atto. Il negozio giuridico comprende il contratto, ma non si esaurisce in esso. Basti pensare che il matrimonio è un negozio giuridico ma non un contratto (in quanto manca il carattere patrimoniale della prestazione) e ugualmente il testamento, che è un negozio giuridico ma non un contratto in quanto manca l’accordo tra le parti. Se l’ordinamento ricollega l’effetto giuridico alla volontà di produrre effetti giuridici, sarà sufficiente la capacità di intendere e di volere? No, è richiesta la capacità di agire (acquisita a 18 anni). Del fatto illecito risponde anche un sedicenne, ma le conseguenze patrimoniali sono estese ai genitori. L’ordinamento cerca di tutelare questa conformità tra effetti prodotti ed effetti voluti. - Acquisto dei diritti L’acquisto è la vicenda per cui una persona diventa titolare di un diritto che prima non aveva; può essere a titolo: - originario: non avviene sulla base del rapporto fra vecchio e nuovo titolare - derivativo: l’acquirente riceve il diritto dal e sulla base del rapporto col precedente titolare. Si dice anche successione e si dice particolare (se l’avente causa acquista solo determinati diritti) o universale (se subentra nell’intero patrimonio). - Chi sono i soggetti di diritto? I soggetti del diritto sono coloro che possono essere titolari di situazioni giuridiche. Possono essere sia le persone fisiche che giuridiche. Essere soggetti del diritto significa avere la capacità giuridica (che si acquista al momento della nascita). Limitazioni della capacità giuridica possono essere dovute a età, condizioni psichiche, difetto di onorabilità e difetto di riconosciuta competenza professionale. - Capacità giuridica e capacità di agire La capacità giuridica (art.1 cc) si acquisisce al momento della nascita ed è la capacità, riconosciuta dall’ordinamento, di essere titolari di situazioni giuridiche (ovvero possedere ed essere soggetti a diritti, doveri, poteri…) Es. dalla nascita vengono riconosciuti subito alcuni status come la cittadinanza (qualità di una persona che la collega con un ordinamento giuridico statale) e lo status di figlio/a. Nella fase di gestazione il soggetto non ha capacità giuridica, fatto salvo per i diritti di natura patrimoniale (un testamento o donazioni in favore del concepito sono validi). Hanno la capacità giuridica per il nostro ordinamento, le persone e le organizzazioni. Questa capacità può essere piena o limitata. Le limitazioni possono essere determinate da fattori quali l’età (minorenni), le condizioni psichiche, le condanne penali o essere iscritti ad albi professionali. Si tratta di una capacità statica. La capacità di agire è la capacità di determinare con la propria volontà le proprie situazioni giuridiche, ovvero di compiere atti giuridici (disporre dei propri diritti e adempiere ai propri obblighi) Questa capacità si ottiene con il raggiungimento della maggiore età; i minorenni però, per compiere indirettamente questi atti, potranno usufruire nell’istituto della rappresentanza. Con l’emancipazione si ha un’anticipazione della capacità di agire, attraverso la contrazione del matrimonio. Ma questa capacità può essere anche persa a seguito di interdizione (per infermità mentale), interdizione legale (reclusione maggiore di 5 anni) e inabilitazione. L’inabilitato e il minorenne emancipato avranno solamente un’incapacità parziale di agire. Se l’attività giuridica è compiuta da chi è privo della capacità di agire, l’atto è invalido. Quindi: - incapacità giuridica: quando l’incapace non può essere sostituito da nessun soggetto nel compimento degli atti (es. matrimonio) - incapacità di agire: se l’atto può essere compiuto da un altro soggetto al posto dell’incapace - Eccezioni: casi che richiedono età diversa - per adottare un figlio servono almeno 35 anni - il quindicenne può avere un contratto lavorativo - i minorenni possono svolgere attività negoziale (cose di modico valore) - caso dell’emancipazione: si emancipa il minorenne ultra-sedicenne che abbia contratto il matrimonio. L’emancipazione copre solamente atti di ordinaria amministrazione (non vendere immobili). Gli atti di straordinaria amministrazione sono svolti dal coniuge del minore, se maggiorenne, sennò da altre figure. Il minorenne se emancipato, può richiedere al giudice capacità di svolgere attività imprenditoriali, con tale permesso, è possibile godere di piena capacità di agire. - Incapacità di agire L’incapacità di agire non va confusa con l’incapacità giuridica, e il criterio per distinguerle sta nella possibilità di sostituzione: è incapacità di agire se l’atto può essere compiuto, al posto dell’incapace, di un altro soggetto, in modo che i risultati dell’atto vadano all’incapace; è incapacità giuridica se l’incapace non può essere sostituito da nessun altro soggetto nel compimento dell’atto. È incapace di agire chi, per le sue condizioni fisico-psichiche, non è in condizione di valutare adeguatamente i propri interessi e di prendere le decisioni giuste per realizzarli. Lo scopo principale è proteggere il soggetto, per evitare che si danneggi da solo. Gli incapaci di agire hanno capacità giuridica. L’incapacità di agire assoluta riguarda i casi più gravi, cioè minori e interdetti che vengono interamente sostituiti da un tutore, che agisce in rappresentanza dell’incapace (eccezione della richiesta di interruzione gravidanza fatta dalla donna anche se minorenne). Le incapacità relative che riguardano casi meno gravi, ossia inabilitati e minori emancipati, a cui si assegna - Diritti della personalità Ci sono dei diritti di cui ogni soggetto è sempre e comunque titolare, cioè i diritti della personalità, strettamente collegati con la qualità di persona umana. Essi sono: - il diritto al nome: la nascita genera titolarità di quasi tutti i diritti soggettivi, tra cui il nome. Ogni persona è identificata da un nome e cognome. Il nome corrisponde ad un interesse sociale perché permette di identificare la persona. Di fatti, la nascita è un momento di pubblica notizia (registrata nei pubblici registri nello stato civile), per far sapere quanti anni ha la persona. La legge tutela questo diritto contro due tipi di aggressione: la contestazione del nome e l’usurpazione del nome (appropriamento indebito del nome). Il nome si tutela inserendolo nel registro dello stato civile (oltre a matrimonio, morte e cittadinanza). Si può modificare? Si in certe ipotesi (ad esempio se cambia sesso) - i diritti di libertà: atti capaciti di pregiudicare una libertà altrui sono illeciti - il diritto all’integrità fisica e alla vita: la salute comprende integrità fisica e salute mentale. Sono vietati gli atti di disposizione del proprio corpo quando cagionano una diminuzione permanente dell’integrità fisica (es. nelle donazioni degli organi). Sono però validi gli atti in cui uno si impegna a praticare sport o lavori pericolosi. Le norme tutelano anche il bene della vita: togliere ingiustamente la vita a un uomo è reato penale e causa di danno che va risarcito nel diritto privato. Il diritto alla vita apre problemi come quello del diritto dell’aborto e del fine vita (ad oggi a fine vita è vietato accanimento terapeutico) - il diritto all’immagine: è sempre vietata la pubblicazione dell’immagine altrui se pregiudica onore, reputazione o decoro della persona. È ammessa tale pubblicazione se è giustificata da notorietà pubblica, scopi scientifici o necessità di giustizia. - il diritto all’onore: ogni uomo ha diritto che gli altri non diffondano fatti o giudizi o abbiano comportamenti capaci di offenderlo nell’onere o nella reputazione sociale. - il diritto alla riservatezza: oggi disciplinato, oltre che dal cc, dal regolamento comunitario (che non hanno bisogno di essere recepiti dai singoli stati). Prima c’era il codice della privacy, poi dal 2016 si è iniziata a regolare tutta la materia. Esso difende la persona da ingiustificate intromissioni di estranei nella sfera intima della persona e dei suoi luoghi privati e della divulgazione all’esterno di fatti appartenenti alla sfera intima della persona, anche se non lesivi dell’onore. Il principio chiave, su cui si basa tutta la protezione dei dati personali quale è? Il principio base di tutta la disciplina a tutela della riservatezza è il principio del consenso informato, cioè chi usa questa informazione deve dirmi come la usa, per che scopo, quando le usa, che trattamenti fa. Una volta che l’interessato ha dato il suo consenso anche i dati personali possono essere divulgati. - il diritto all’identità personale: è il diritto della persona a non vedersi attribuire pubblicamente qualifiche, opinioni o comportamenti non veri e tali da falsare la propria immagine sociale. I diritti della personalità sono non patrimoniali, indisponibili, assoluti e imprescrittibili. I rimedi per realizzare la loro tutela sono il risarcimento al danno, l’inibitoria, la pubblicazione della sentenza di condanna, la rettifica, invalidità degli atti. - Principio della commorienza La morte è la fine della persona fisica e può avere importanti conseguenze giuridiche. Per questo è molto importante definire con certezza quale sia il momento della morte: per la legge essa è la cessazione irreversibile di tutte le funzioni del cervello. L’art.4 del cc sancisce il principio della commorienza: “quando un effetto giuridico dipende dalla sopravvivenza di una persona da un’altra, e non consta quale di essi sia morta prima, si considerano tutte morte nello stesso momento”. Un esempio è nella successione dei beni; marito e moglie reciprocamente eredi, se morissero entrambi in un incidente stradale, potrebbe nascere un conflitto di interessi tra eredi e quindi si considerano morti nello stesso momento (salvo prova contraria) - Luoghi rilevanti per il diritto (art.43) Con riferimento alla persona nella sua dimensione individuiamo: 1. Residenza: è il luogo in cui la persona vive abitualmente (una sola). I coniugi hanno la stessa residenza, che è quella della famiglia. 2. Domicilio: è il centro principale degli interessi di una persona (l’avvocato avrà domicilio nel suo studio legale) 3. Dimora: dove la persona soggiorna attualmente Questi luoghi sono rilevanti per il diritto in quanto alcune fattispecie designano un luogo: - l’ultimo domicilio è il luogo di apertura della successione - il matrimonio si deve celebrare nel luogo di residenza di uno dei due sposi L’elezione di domicilio (domicilio speciale) consiste nell’indicare un luogo, che si individua ad esempio ai fini dell’esecuzione di un contratto, per cui si comunica ai soggetti interessati (della controparte contrattuale) che per tutte le comunicazioni da fare (spedizioni, consegne) rientranti in un determinato contratto il luogo da considerare sarà quello che è stato eletto. L’elezione di domicilio si fa tramite un atto, che dev’essere in forma scritta, a differenza del domicilio legale fissato dalla legge. - Cosa succede nel caso un soggetto venga smarrito? I luoghi della persona hanno rilevanza ai fini della prova dell’esistenza in vita delle persone. Nel caso una persona venga dichiarata smarrita, si ha la nomina di un curatore del suo patrimonio che potrà compiere solo atti di conservazione del patrimonio (come ritirare un credito). Dopo due anni in automatico, il procedimento porta alla dichiarazione di assenza. Se c’è un testamento si apre. Vi è un’immissione temporanea di beni, ovvero le persone cominciano ad amministrate e godere dei beni, ma non ne sono proprietari, possono goderne ma non disporne (posso affittare appartamento ma non venderlo). Dopo 10 anni dalla sparizione, la presunzione cambia, arriva la dichiarazione di morte presunta. Chi era immesso nella disposizione dei beni ne diventa l’effettivo proprietario. Se il presumo morto torna i beni gli devono essere restituiti, se ci sono ancora. Nel caso di ritorno di un presunto morto, l’altro coniuge vede sciolto il nuovo matrimonio e riformato quello precedente. - Distinzione tra diritti soggettivi (in particolare tra quelli a carattere patrimoniale e diritti soggettivi che non hanno carattere patrimoniale) I diritti soggettivi si distinguono in: - pubblici: attribuiscono al titolare poteri che gli consentono di incidere sull’organizzazione politica della società (diritto di voto) - privati: riguardano i poteri e interessi del titolare che non toccano l’organizzazione politica della società - patrimoniali: diritti che procurano al titolare utilità economica (proprietà e diritti di credito) - non patrimoniali: diritti che procurano utilità non economica (es. diritto di onere) - assoluti: il titolare può farli valere verso tutti i soggetti - relativi: il titolare può farli valere solo verso alcuni - disponibili: quelli che il titolare può liberamente trasferire, autolimitare o cancellare (diritti patrimoniali) - indisponibili: il contrario dei disponibili (es. diritti non patrimoniali) - Diritti assoluti Di fronte ad un divieto, la situazione giuridica attiva è il diritto assoluto. Diritti assoluti sono quei diritti esercitabili verso tutti. Si distinguono in due tipologie di diritti: diritti della persona e diritti reali. Il divieto vieta il diritto di ledere il mio diritto di proprietà. I soggetti passivi del divieto sono i non proprietari del bene, seppur senza obbligo. - Diritti relativi Di fronte ad un obbligo invece troviamo un diritto relativo. I diritti relativi sono quelli esercitabili solo verso qualcuno. Essi si distinguono in diritti di credito e diritti di famiglia. Come nascono i diritti di credito? - tramite contratto: per cui mi obbligo a qualcosa e la controparte si obbliga verso di me - violazione di un diritto assoluto: il diritto assoluto porta ad un rapporto di divieto. Questo rapporto, con la violazione, fa nascere un’obbligazione. I diritti personali di godimento sono una categoria particolare perché somigliano ai diritti reali (sono patrimoniali e relativi), ma sono diritti di credito. Ad esempio, il contratto di locazione crea un diritto personale di godimento, non un diritto reale. Il locatario ha diritto di credito, diritto relativo, che può essere fatto valere solo verso il proprietario (che si è obbligato a farmi godere del diritto). Infatti, i diritti reali e di credito hanno in comune il godimento di un bene. Però ai diritti reali può corrispondere una situazione di possesso per cui sono usucapibili mentre i diritti di credito non si possono possedere e quindi non sono usucapibili. - Diritti patrimoniali e non patrimoniali Tra i diritti assoluti, solo quelli reali sono patrimoniali. Tra i diritti relativi solo quelli di credito sono patrimoniali. - Pubblicità Talvolta è necessario che certi fatti siano conosciuti da chi è interessato, per cui la legge prevede diversi mezzi di pubblicità. In base agli effetti giuridici conseguenti all’osservanza o mancata osservanza delle regole sulla pubblicità distinguiamo: 1. pubblicità-notizia: la mancanza della pubblicità non impedisce all’atto o fatto di esistere e produrre i suoi effetti giuridici (es. pubblicazioni matrimoniali) 2. pubblicità-dichiarativa: serve a far sì che l’atto sia opponibile a chiunque o sia efficace verso chiunque; in caso di inosservanza, l’atto esiste ed è valido, ma alcuni suoi effetti non sono opponibili a chiunque 3. pubblicità-costitutiva: è necessaria per la stessa esistenza dell’atto o situazione giuridica (es. ipoteca) - Apparenza L’apparenza riguarda le conseguenze giuridiche della conoscenza o ignoranza dei fatti, atti o situazione. Se uno ha una conoscenza fatta e quindi commette un errore, la legge lo tutela a due condizioni: buona fede e apparenza. - Cosa si intende per beni giuridici? Art. 810 cc: “Sono beni ciò che possono formare oggetto di diritti”. Le cose che si trovano in quantità illimitata non sono beni. Con il termine “bene” si intende qualsiasi entità utile all’uomo, materiale o immateriale, perché sia suscettibile di aprire conflitti di interessi regolabili dal diritto. I beni non sono tutti uguali, vi sono delle distinzioni che incidono su aspetti giuridici importanti: 1. I beni sono pubblici o privati. I beni pubblici appartengono allo stato e sono destinati a soddisfare interessi generali della collettività, si È necessario che questo diritto sia temporaneo, e in ogni caso non può eccedere la vita dell’usufruttuario. Se costituito a favore di una persona giuridica, non può superare i 30 anni. L’usufrutto attribuisce all’usufruttuario una serie di facoltà: - facoltà di godimento: a lui spettano il possesso della cosa e i frutti di essa - l’usufruttuario può apportare miglioramenti e addizioni - facoltà di disposizione del diritto di usufrutto: può cederlo a terzi L’usufruttario ha il potere di disposizione del diritto di usufrutto, potendolo cedere ad altri, ma ciò non va a gravare sul nudo proprietario in quanto comunque sia l’usufrutto, anche se lo cedo, si andrà ad estinguere al termine prestabilito o, se non c’è, alla morte dell’usufruttario originario. Inoltre, l’usufruttuario ha il potere di disposizione del godimento del bene ovvero potrà concedere in locazione la cosa che ho preso in un usufrutto. Ma anche una serie di obblighi nei confronti del nudo proprietario: deve restituire al proprietario il bene oggetto di uso usufrutto, inalterato nella sua sostanza. Nei suoi obblighi è anche tenuto a utilizzare la diligenza del buon padre di famiglia, fare l’inventario e dando idonea garanzia. L’oggetto dell’usufrutto possono essere sia beni mobili che immobili, ma non beni consumabili (beni che una volta utilizzati perdono la loro utilità non potendo essere riutilizzati). I modi di acquisto dell’usufrutto sono 4: - legge: usufrutto genitori sui beni del figlio minore - provvedimento giudice: usufrutto sull’auto attribuito all’ex-moglie per portare i figli a scuola - volontà dell’uomo: un soggetto decide spontaneamente di stipulare un contratto - usucapione: acquisto mediante possesso continuato per 20 anni Mentre l’usufrutto si estingue per: - scadenza del termine - morte dell’usufruttario - rinuncia - prescrizione in 20 anni - distruzione della cosa e abuso dell’usufruttuario - per consolidamento: usufruttuario diventa proprietario del bene Esempio di usufrutto: dopo la morte del coniuge, il partner in vita ha l’usufrutto della casa, potendo continuarci a vivere fino alla sua morte. Diverso è il caso del quasi-usufrutto dove il quasi-usufruttario non ha l’obbligo di restituire i beni così come li ha trovati, bensì dovrà restituire il valore dei beni in oggetto oppure altrettanti beni dello stesso genere (si potranno ad avere ad oggetto beni consumabili) Nel caso di usufrutto di un immobile a scopo abitativo: le spese straordinarie sono a carico del nudo proprietario. - Uso (art.1021) L’uso è un diritto reale che ha per oggetto la cosa, chi ha diritto all’uso può servirsi di essa e può raccoglierne i frutti per quanto occorre ai bisogni propri e della famiglia. Mentre l’usufruttuario poteva tratte frutti illimitatamente, l’usuario può raccogliere frutti nei limiti dei bisogni della propria famiglia (bisogni proporzionali alla condizione sociale del soggetto). Se il soggetto trae più frutti di quanto necessario avrà l’obbligo di restituirli al proprietario. Art.1024: “Diritti di uso non si possono cedere o dare in locazione” in quanto connessi con al condizione personale del titolare. Si evince che i frutti che l’usuario può trarre dalla cosa saranno solamente i frutti naturali. - Diritto di abitazione Il diritto di abitazione è il diritto reale il cui contenuto è abitare, per cui l’oggetto è l’abitazione. Chi ha diritto di abitazione di una cosa, può abitarla limitatamente ai bisogni suoi e della famiglia. Il diritto di abitazione non si può trasferire perché è un diritto che serve a soddisfare i bisogni del titolare e della sua famiglia, e di nessun altro. È una delimitazione ancora più stretta dell’uso, che era più stretto dell’usufrutto. - Servitù prediali e modi di costituzione “La servitù prediale consiste nel peso imposto sopra un fondo per l’utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario” (art.1027) Una servitù è un diritto reale minore di godimento su cosa altrui, consiste nel peso o limitazione di un fondo detto “servente” a favore di un altro fondo appartenenti a terzi detto “dominante”. Il fondo servente sopporta il peso a favore del fondo dominante che ne trae utilità. Il peso è l’oggetto della servitù. Il proprietario del fondo servente, se vende il fondo a un terzo, il peso rimarrà, il nuovo proprietario dovrà rispettarlo come il precedente. Nei vari passaggi di proprietà, il diritto reale rimarrà invariato. Il contenuto della servitù non è predeterminato, è in relazione con il genere di utilità che essa reca all’attività economica, basta che ci sia un vantaggio per uno dei due fondi. Questa utilità deve essere intesa in senso ampio (art.1028), l’utilità può consistere anche nella maggiore comodità del fondo dominante. Un esempio classico è quello della servitù di passaggio, ovvero quando per accedere ad un terreno per forza di cose bisogna passare per un terreno altrui. Oppure pensiamo alla servitù di acquedotto: diritto a far passare dal fondo del vicino le tubature per potermi approvvigionare di acqua tramite l’acquedotto. Le servitù obbediscono a tre principi fondamentali: - fondo dominante e servente appartengono a due proprietari diversi (non si può assoggettare una cosa propria) - le servitù devono dare utilità al fondo non a una persona - la servitù può consistere solo in un obbligo di non fare o di sopportare, non in un obbligo di fare (1030) Le servitù possono essere: - continue: vi è un flusso continuo dell’uso, ad esempio passaggio fili elettrici - discontinue: singoli atti di esercizio come il passaggio momentaneo con la macchina per accedere al proprio terreno Una servitù può nascere tramite due mezzi principali (1031): - per contratto, a seguito di un accordo tra la proposta e l’accettazione. - per atto mortis causa, a seguito della lettura del testamento del ex proprietario del terreno Questo vuol dire che le servitù possono nascere come volontarie (contratto, testamento, usucapione, destinazione del padre di famiglia) o legali, ovvero quelle stabilite per legge (es. quando un fondo si trova in condizioni che non gli permettono un adeguata utilizzazione il proprietario può ottenere che sia costituita sul fondo del vicino una servitù, anche contro la sua volontà. Non è che la servitù nasce dalla legge, ma la legge stabilisce i presupposti che ne danno il diritto). Nel caso della costituzione per usucapione, per la servitù di passaggio, si usucapisce il passaggio dato un periodo prolungato di questo diritto. Nel caso specifico della costituzione per destinazione del padre di famiglia (1062): immagino persona proprietaria di due terreni e ha previsto per accedere al secondo un passaggio dal primo. Dopo che il padre muore i due terreni finiscono a due eredi diversi. Il nuovo proprietario del secondo terreno acquisirà la proprietà del secondo terreno e la servitù che li permette di passare dal primo terreno per accedere al suo per destinazione del padre di famiglia. Quindi possono nascere anche per sentenza o per atto amministrativo. Ma quando è che una parte si rivolge al giudice per chiedergli una sentenza che costituisca una servitù? Per esempio nel caso di fondo intercluso, in cui il proprietario del fondo non ha accesso alla pubblica via, in quanto circondato da fondi appartenenti ad altri proprietari; in questo caso la legge attribuisce a questo proprietario il diritto di una servitù di passaggio al fine di accedere alla pubblica via. Oppure non ho prese d’acqua, il proprietario può ottenere che sul fondo vicino si costituisca servitù, anche contro il volere del titolare, cui però spetta indennità. Inoltre, le servitù possono essere: - tipiche: regolamentate dal Codice civile - atipiche: non presenti nel Codice civile, e possono essere ammesse solo la servitù che si viene a creare è finalizzata all’utilità del fondo dominante e non del singolo proprietario I modi di esercizio della servitù sono quelli determinati dal titolo che l’ha costituita. La principale è che la servitù deve esercitarsi in modo da soddisfare il bisogno del fondo dominante col minor aggravio del fondo servente. Le spese per opere necessarie all’esercizio della servitù sono a carico del proprietario del fondo dominante, ma se le opere giovano anche al fondo servente le spese vengono divise: prestazione accessorie (che derogano dal fatto che la servitù non può consistere nel fare). A difesa del diritto il titolare della servitù può esercitare l’azione confessoria, per contrastare molestie di fatto e di diritto. Le servitù si estinguono per: - rinuncia da parte del titolare fatta per iscritto - scadenza del termine - per consolidazione: il proprietario del fondo dominante diventa proprietario del fondo servente - per prescrizione estintiva ventennale: quando la servitù non viene esercitata per vent’anni. In caso di servitù affermativa e discontinua (come quella di passaggio), la prescrizione inizia dall’ultimo atto di esercizio di quel diritto. Se non ci passo per altri 20 anni il diritto di servitù si prescrive. Se si tratta di una servitù negativa, si parla dal momento in cui è stato compiuto l’atto oggetto del divieto. In caso di servitù affermative ma continue, dal momento in cui si è determinata l’interruzione. - Quali servitù si possono usucapire? È possibile usucapire solo una servitù apparente. Se le servitù apparenti sono quelle per l’esercizio delle quali sono costruite opere permanenti e visibili (ovvero devono potersi vedere, accorgendosi della servitù). Perché solo queste possono essere acquisite? La persona che acquisisce una servitù di passaggio la acquisisce solo se è visibile, ed era possibile impedire l’esercizio di quel diritto (il soggetto che passa per 20 anni deve evidentemente essere permesso dal proprietario) Quando un soggetto acquista un terreno confinante con un altro, c’è bisogno di verificare la presenza di servitù e accettarla. - Differenza tra servitù positive e negative? Sono positive le servitù che implicano un comportamento attivo da parte del proprietario del fondo dominante, per potere esercitare un suo diritto che il proprietario del fondo servente deve subire. Ad esempio, la servitù di passaggio: dove il proprietario del fondo servente deve sopportare il passaggio dell’altro sul proprio terreno. Sono negative invece, le servitù che implicano che il proprietario del fondo servente non faccia qualcosa (vietandoglielo). Come, ad esempio, il caso in cui il proprietario del fondo servente non elevi ulteriormente la sua proprietà sopra una certa altezza. questo può far variare la classifica della graduatoria, questo è interesse di ambo le parti, perché è interesse legittimo (coincidono quindi interesse privato e interesse pubblico). - Cosa è la prescrizione? La prescrizione estintiva è il meccanismo che determina l’estinzione del diritto, in conseguenza di una prolungata inerzia del suo titolare, che quindi lo perde. Il principio per cui il titolare del diritto che sta per lungo tempo senza esercitarlo lo perde ha due giustificazioni: l’esigenza di certezza del diritto e il favore per l’uso produttivo delle risorse. La disciplina della prescrizione è inderogabile (è norma imperativa): la legge ne stabilisce i tempi e i privati non possono accordarsi diversamente, questo perché la prescrizione risponde ad un interesse di natura pubblica. Non si prescrive il diritto di proprietà, i diritti della personalità, i diritti indisponibili e le singole facoltà comprese nel diritto. Il termine della prescrizione è il periodo di tempo, trascorso il quale il diritto si estingue: il termine ordinario è 10 anni, esso si applica a tutti i diritti, per cui la legge non prevede un termine diverso; i termini speciali possono essere più lunghi di quello ordinario come per i diritti reali su cosa altrui (20 anni) o più brevi. Il decorso della prescrizione può arrestarsi per determinate cause, che hanno l’effetto di allontanare nel tempo la possibile estinzione del diritto, si distingue tra sospensione e interruzione: la prescrizione si interrompe compiendo il diritto mentre si sospende in situazioni in cui è difficile esercitare tale diritto. Le cause di sospensione indicate dalla legge sono tassative (non si applica l’analogia). Si può rinunciare alla prescrizione solo quando è già compiuta (il debitore può rinunciare alla prescrizione solo quando è decorso il termine della prescrizione, non prima). Si rinuncia tramite dichiarazione scritta, oppure tramite un fatto incompatibile con la volontà di avvalersi della prescrizione (es. pagando il debito una volta prescritto). Non è ammessa la ripetizione di ciò che è stato spontaneamente pagato in adempimento di un debito prescritto: ovvero, se il debito è prescritto, il diritto di credito è estinto; se io pago l’esecuzione di un diritto che non c’è, secondo i principi generali possono chiedere la ripetizione (ma non la restituzione), ma siccome è un pagamento indebito, non dovuto, non è ripetibile. Es. i diritti di credito si possono prescrivere, a favore del debitore (oppure possono essere sospesi durante il termine del matrimonio e ripresi successivamente). Si può prescrivere il diritto al risarcimento del danno da fatto illecito (si prescrive in 5 anni) Non si prescrive la nullità del contratto - Prescrizione presuntiva Riguarda rapporti che normalmente si esauriscono in breve tempo 3/6 mesi (rapporti debito-credito che si esauriscono rapidamente). La prescrizione presuntiva fa semplicemente presumere che il pagamento sia avvenuto, non si estingue realmente il diritto di credito, ma si presume che sia stato pagato. L’effetto è puramente ed esclusivamente processuale (si crea una presunzione di estinzione). La legge stabilisce in questi casi (pagamento ristoratore ecc..) una prescrizione presuntiva: si presume che certi crediti vengano pagati subito dopo la prestazione. Cosa succede se passato il termine della prescrizione presuntiva, la persona deve ancora ricevere il pagamento? Il creditore conserva il diritto di credito anche al termine della prescrizione presuntiva, ma sono limitati i mezzi di prova: il creditore può contare sulla spontanea confessione giudiziale del debitore o deferire giuramento al debitore. Qui in genere finisce, eccezione fatta se chi si oppone ammette involontariamente che la prestazione non è stata saldata. - Decadenza È sempre il mancato esercizio di un diritto/facoltà che ne fa venire meno l’esistenza. Si può dire che i termini di decadenza sono ben più brevi della prescrizione, nell’arco di giorni. Differisce dalla prescrizione per la disciplina e la ragione giustificativa. - Differenza tra prescrizione e decadenza In realtà, la prescrizione è un principio generale dell’art.2934 (vale per tutti i diritti), mentre la decadenza no, quest’ultima si riferisce a ipotesi specifiche. Mentre la prescrizione descrive il mancato adempimento di diritti già sorti, la decadenza si riferisce a facoltà che possono essere esercitate affinché possano essere esercitati dei diritti. Inoltre, mentre la disciplina della prescrizione è inderogabile, la disciplina della decadenza è derogabile (non c’è interesse pubblico). Un esempio riguarda l’onere, ed è la denuncia di vizi occulti. Dopo una vendita se l’acquirente scopre dei vizi può denunciarli ma questa facoltà decade a 8 giorni dal momento dell’acquisto, salvo termini diversi stabiliti tra le parti (è derogabile). - Rapporto di pertinenza Le pertinenze introducono il rapporto tra una cosa principale, e la sua pertinenza (una cosa accessoria). Art.817: “sono pertinenze le cose destinate in modo durevole al servizio o all’ornamento al servizio, o all’ordinamento di un’altra cosa”. Vi è un vincolo creato tra una cosa e l’altra: ad esempio un garage rispetto ad un appartamento. Chi è che fa questa destinazione? Il proprietario della cosa principale, o chi è titolare reale su quella cosa. Regime delle pertinenze (art.818): “gli atti e i rapporti giuridici che hanno per oggetto la cosa principale, comprendono anche le pertinenze, se non è diversamente disposto”. Le pertinenze hanno diverso rapporto giuridico dai beni principali (es. posso vendere garage senza vendere casa). - Frutti e disciplina di essi Sono beni prodotti da altri beni (detti fruttiferi). Giuridicamente gli distinguiamo in due modi: - frutti naturali: quelli che provengono direttamente dalla cosa (frutti albero). In genere spettano al proprietario della cosa fruttifera - frutti civili: quelli che si traggono dalla cosa come corrispettivo del godimento che altri ne abbia (locazione) Vediamo la disciplina: -Il possessore di mala fede deve restituire tutti i frutti che la cosa ha prodotto o avrebbe dovuto produrre nel periodo del possesso. -Il possesso di buona fede deve restituire solo i frutti maturati o che sarebbero potuti maturare dopo la domanda giudiziale del proprietario rivendicante. Quanto alle spese sostenute dal possessore, egli ha diritto al rimborso di quelle erogate per produrre i frutti che abbia poi dovuto attribuire al proprietario. Finché non ottiene le indennità di cui ha diritto, il possessore di buona fede ha diritto di ritenzione: può rifiutarsi di restituire la cosa. - Definizione di proprietà. Quali sono i modi di acquisto della proprietà? Quali sono i limiti al diritto di proprietà? La proprietà è un diritto di natura privata, patrimoniale, assoluto e disponibile. Il diritto di proprietà è il diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo entro i limiti della legge e in osservanza degli obblighi (art.832) Vi sono delle differenze tra queste due facoltà del proprietario: - godere: utilizzare la cosa (compreso trarre i frutti) - disporre: compiere atti che incidano sulla dimensione reale del diritto (cioè, del bene). Posso vendere, distruggere, donare ma non dare in locazione (significa goderne) Atti dispositivi: straordinaria amministrazione (emerge il valore di scambio della cosa) Atti di godimento: ordinaria amministrazione (emerge il valore d’uso) Il diritto di proprietà è l’archetipo del diritto di soggettivo. Può essere proprietà privata o pubblica. La legge, e sola la legge, ne determina i modi di acquisto, e di assicurarne la funzione sociale, e di garantirne il diritto di fruizione a tutti. Per l’art.832 il proprietario può esercitare i suoi poteri in modo pieno ed esclusivo, quindi ha facoltà di escludere ogni altro soggetto dal godimento della cosa e di impedire interferenze altrui nel suo godimento (non può impedire però il recupero di oggetti o animali). La proprietà si estende anche allo spazio aereo sovrastante il fondo e al sottosuolo, ma il proprietario non può impedire che altri svolgano attività a profondità o altezza tale da non avere interesse ad escluderli. Limiti di diritto pubblico alla proprietà: espropriazione e requisizione. L’esproprio: l’ordinamento si riserva il diritto di espropriare la proprietà privata, ossia prendere la proprietà privata senza che il cittadino possa opporsi (per motivi di interesse generale ed entro determinati limiti previsti dalla legge, salvo indennizzo). L’esercizio della proprietà non deve contrastare quindi con l’interesse generale. La legge limita la proprietà proprio per la sua funzione sociale. Quali sono le azioni a difesa della proprietà? Concentrarsi sui limiti che l’ordinamento pone al proprietario nell’interesse dei proprietari confinanti: come i limiti che riguardano i rapporti col buon vicinato, limiti che riguardano il divieto di atti emulativi, la disciplina delle emissioni. - Divieto di atti emulativi (art.833): il proprietario non può fare atti che non abbiano altro scopo che quello di nuocere o recare molestia ad altri. Sono vietati gli atti che: non corrispondono a nessun apprezzabile interesse del proprietario e sono sorretti dall’intento esclusivo di recare danno (es. edificazione muro) - Proprietà fondiaria (immissioni, art.844): il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo, calore, suoni derivanti dal vicino, se non superano le norme della normale tollerabilità. Bisogna considerare la condizione dei luoghi (un rumore tollerabile in una zona disabitata può diventare intollerabile in città) e la priorità. - Distanze legali: fra gli edifici costruiti su fondi confinanti non ci devono essere intercapedini troppo strette, per cui tali edifici devono essere o uniti o separati da una distanza minima pari a 3 metri. - Luci (finestre) e vedute - Stillicidio e acque private: proprietario deve costruire tetti in modo che le acque piovane cadano sul suo fondo. - Differenza tra acquisto proprietà a titolo originario e acquisto a titolo derivativo. La proprietà si può comprare a titolo originario (come se l’acquisto avvenisse per la prima volta) o a titolo derivativo (trasferimento tra due soggetti) - Titolo derivativo: Se io acquisto da Tizio un diritto di proprietà su un bene immobile gravato da ipoteca, allora poiché è un acquisto a titolo derivativo io quel diritto di proprietà me lo ritrovo alle stesse condizioni (cioè, gravato da ipoteca) così come lo aveva Tizio. Nell’acquisto a titolo derivativo la proprietà si acquista perché qualcuno la sta trasferendo. - Titolo originario: Se l’avessi acquistata a titolo originario allora, poiché non la ricevo da nessuno, acquisto il mio diritto di proprietà pieno, senza vincoli, senza limiti (e non come lo aveva un eventuale precedente soggetto proprietario). L’acquisto della proprietà a titolo originario prescinde completamente dalla eventuale precedente titolarità del diritto da parte di un altro soggetto. Non è detto però che la cosa non fosse stata di nessuno, anche se fosse stata non avviene trasferimento di Il possesso può essere immediato, se si possiede direttamente la cosa o mediato, se si possiede per mezzo di un’altra persona. Il possesso, anche illegittimo, viene tutelato dalla legge fornendo rimedi per proteggerlo: 1. Le azioni possessorie: sono le azioni date al possessore per neutralizzare gli attacchi portati contro il suo possesso, perfino se questi provengono dal legittimo titolare del diritto. La loro giustificazione fondamentale è impedire che i cittadini si facciano giustizia da sé. Le azioni possessorie sono: l’azione di reintegrazione (o spoglio), l’azione di manutenzione e l’azione di nunciazione. 2. L’usucapione: è un modo di acquisto originario della proprietà e dei diritti reali di godimento, fondato sul possesso. Funziona così: se qualcuno esercita sopra beni altrui il possesso corrispondente al contenuto della proprietà o di altro diritto reale, pur non avendo il relativo diritto, diventa legalmente titolare del diritto stesso quando il possesso si sia protratto per un determinato periodo di tempo. 3. La regola possesso vale titolo 4. La disciplina dei frutti e delle spese inerenti alla cosa posseduta La perdita del possesso si ha se il possessore abbandona, smarrisce o vende la cosa. - Azione possessoria Sono azioni a difesa del possesso, valgono più delle azioni petitorie (viene data la precedenza in giudizio). - Azioni a difesa del possesso Il possesso è una situazione giuridica “materiale”, nonostante questo il legislatore ha ritenuto opportuno introdurre azioni a tutela del possessore, principalmente per due motivi: 1. Per una pace sociale, ovvero per evitare che il possessore privato del possesso di una cosa tenda a farsi giustizia da solo 2. Rafforzare la tutela del titolare del diritto reale Le due azioni a difesa del possesso sono: 1. La reintegra (azione di spoglio): chi è stato violentemente e clandestinamente spogliato del possesso, può entro l’anno del sofferto spoglio, chiedere contro l’autore di esso la reintegrazione del possesso medesimo. Questa azione è concessa al possessore ma anche al detentore della cosa, purché detenga nell’interesse proprio e non altrui. La reintegrazione è ordinata dal giudice con una procedura semplice e veloce. 2. Manutenzione: finalizzata ad eliminare molestie o turbative da parte di terzi e spetta al possessore che sia stato molestato nell’esercizio del possesso o a recuperare lo stesso in caso di spoglio non violento o clandestino, cosiddetto “spoglio semplice”. La differenza è che la manutenzione si applica per casi di non violenza e di non clandestinità. Abbiamo anche l’azione di nunciazione ovvero due azioni che permettono di prevenire il danno da cui la cosa è minacciata; sono: azione di nuova opera oppure azione di danno temuto. Le azioni a tutela del possesso possono anche essere esercitate a difesa della proprietà. - Presunzione del possesso e principali effetti Il possesso non è un diritto, ma è una situazione di fatto che può produrre effetti giuridici. Il possesso consiste si acquista nel momento in cui si cominciano a esercitare sulla cosa poteri corrispondenti alla proprietà. L’esercizio di tali poteri non fa acquistare la proprietà quando il soggetto li esercita grazie all’altrui tolleranza. Ci sono delle ragioni per cui il possesso non è un diritto: - per evitare che le persone si facciano giustizia da sole - il possesso corrisponde alla pubblicità delle cose non annotate nei registri Alcuni effetti del possesso presuppongono che esso sia stato esercitato per un certo tempo in modo continuativo; poiché è impossibile dimostrare di aver posseduto in ogni istante dell’intero periodo, la legge prevede la presunzione del possesso intermedio, fondamentale per l’usucapione, ci dice che: il possessore attuale che ha posseduto in un tempo remoto, si suppone che l’abbia anche posseduto nel periodo intermedio. Se dimostro che 20 anni fa possedevo, e possiedo tutt’oggi, si presume che io abbia posseduto per tutto il tempo intermedio. Questa è una presunzione, si può dar la prova contraria, chi ha interesse può dimostrarlo (l’onere della prova cade su chi vuole provare che l’altra persona non sia possessore). In mancanza di prove si presume il possesso. Specifichiamo però che il possesso attuale (solo attuale) non presume il possesso anteriore. Se vedo che una persona ha la disponibilità materiale della cosa, si presume il possesso. La buona fede nel possesso è molto importante, in quanto presupposto per il verificarsi di 2 dei 3 effetti del possesso. Ovvero l’acquisto dei frutti (1148), il possesso vale titolo (1153) e può essere utile anche per il terzo effetto ovvero l’usucapione (1158). La buona fede nel possesso si presume, cioè, bisogna dimostrare la malafede. Ovviamente, la buona fede non giova se dipende dalla colpa grave (senza neanche riflettere sulla situazione). Essa può essere soggettiva oppure oggettiva. La buona fede soggettiva è uno stato psicologico, che comprende l’ignoranza di ledere altrui diritto. La buona fede oggettiva è un comportamento che si attiene ai criteri di lealtà e collaborazione. Il momento in cui è rilevante lo stato psicologico di buona fede è durante l’acquisto del possesso del bene, il primo momento di possessione (la malafede successivamente non nuoce). Ora esaminiamo gli effetti del possesso: 1. L’acquisto dei frutti (1148): il proprietario può godere e disporre, e nel godere c’è il trarre i frutti dalla cosa. Nel caso la cosa sia goduta da un non proprietario: il possessore in buona fede fa i suoi frutti naturali, separati fino al giorno della domanda giudiziale, e i frutti civili maturati fino allo stesso giorno. La domanda giudiziale è quando il proprietario non possessore richiede (/rivendica) la sua cosa. Dalla domanda giudiziale fino alla restituzione della cosa risponde al rivendicante di tutti i frutti percepiti dopo la domanda, e di quelli che avrebbe potuto percepire dopo tale usando la diligenza del buon padre di famiglia. 2. Possesso vale titolo (1153) Triplice presupposto: buonafede di colui che acquista, la consegna della cosa nella sua materialità, sussiste un titolo idoneo al trasferimento della proprietà. 3. Usucapione: prendere attraverso l’uso il possesso. Art.1146: “ il possesso continua nell’erede, con effetto dall’apertura della successione” (regola importante per l’usucapione). Se il defunto era in buona fede, lo stesso possessore che possiede rimarrà in buona fede e viceversa, a seconda dello stato psicologico dell’erede. - Differenza tra possesso e detenzione Il possessore è il soggetto chi si comporta da proprietario (esercitando attività corrispondente all’esercizio di un diritto) mentre il detentore ha la semplice custodia temporanea. Quindi si ha detenzione quando chi controlla materialmente la cosa non manifesta l’intenzione di comportarsi da proprietario. Possesso e detenzione hanno un elemento oggettivo comune: la materiale disponibilità del bene. Si distinguono invece in base all’elemento soggettivo (stato psicologico). Il detentore esercita il potere sulla cosa con la consapevolezza di non voler tenere la cosa per sé come titolare di un diritto reale (es. amico che presta automobile, so che la dovrò restituire oppure se do in locazione l’appartamento, il possessore è il proprietario mentre il detentore l’inquilino). Art.1141: “se qualcuno ha cominciato ad avere detenzione in virtù del titolo, non può acquistare possesso finché non muta il titolo e la detenzione viene cambiata in possesso, oppure per opposizione (smette di pagare il canone) divento possessore dopo un anno”. Si ha tradictio ficta quando un detentore diventa possessore mentre si ha costituto possessorio quando il possesso si converte in semplice detenzione. Il locatore che acquista la proprietà del bene diventa possessore, ma non gli viene consegnata, diventa possessore anche senza la consegna. - Regola del possesso vale titolo art.1153 (effetti del possesso) In base al principio per cui nessuno può trasferire un a un altro un diritto che non ha, chi acquista una cosa da chi non ne è proprietario non può diventare proprietario; la regola subisce un’eccezione se si tratta di un bene mobile non registrato: se A ha in casa un quadro di B e X lo compra da A, X ne acquista la proprietà a condizione che: - acquisti il possesso della cosa attraverso la consegna fatta dal dante in causa - sia in buona fede al momento della consegna (non è a conoscenza della provenienza illegittima) - il suo acquisto si fondi su titolo astrattamente idoneo al trasferimento della proprietà Questa regola si ha quando il possesso si trasforma in proprietà, non con il decorso del tempo ma all’atto stesso in cui sorge, cosicché il proprietario, il quale ne è rimasto privo, è preclusa l’azione di rivendicazione. Colui al quale sono alienati beni mobili (non registrati) da parte di chi non ne è proprietario, ne acquista la proprietà mediante il possesso. La regola risponde a esigenze di sicurezza e rapidità della circolazione. I passaggi sono più difficili da seguire in quanto non c’è pubblicità. La regola possesso vale titolo evita che la gente rinunci ad acquistare per paura. Se sulla cosa trasferita esistevano diritti altrui, essi si cancellano e l’acquirente acquista la proprietà piena a condizione che egli sia in buona fede. - Cosa è l’usucapione? Quale è il presupposto dell’usucapione? Differenza tra usucapione ordinaria e abbreviata? L’usucapione è un modo di acquisto della proprietà e dei diritti reali di godimento, fondato sul possesso. L’usucapione è il profilo degli acquisti dei diritti mediante il decorrere del tempo: se qualcuno esercita sopra beni altrui il possesso corrispondente al contenuto della proprietà o di altro diritto reale, pur non avendo il diritto, diventa legalmente titolare del diritto stesso quando il possesso si sia protratto per un determinato tempo. Il decorrere del tempo, quindi, incide sul sorgere ed estinguersi delle situazioni soggettive. Il decorso del tempo però da solo non è sufficiente, è necessario verificare l’uso o il non uso. Per l’usucapione occorrerà un uso prolungato nel tempo, che fa acquistare un diritto (/proprietà del bene). Il presupposto dell’usucapione è un possesso continuato (senza interruzioni) e non vizioso (non acquisito con violenza o clandestinità). A quel punto l’ho usucapito, il precedente proprietario era disinteressato del bene. Per quanto riguarda il tempo necessario a usucapire, ossia il termine dell’usucapione, distinguiamo: - usucapione ordinaria: prevede 20 anni per la proprietà e i diritti reali di godimento su beni immobili e mobili e 10 anni per i beni mobili registrati (si può usucapire anche se in mala fede) - usucapione abbreviata: presuppone sempre il possesso in buona fede Ad esempio se A entra in possesso di un immobile per averlo acquistato da B, che non ne era proprietario, e tale acquisto è avvenuto in buona fede, ne diventa proprietario in 10 anni. Inoltre i beni mobili registrati si usucapiscono in 10 anni nel caso di buona fede. Quindi il possessore può diventare proprietario se non lo è? Si, tramite l’usucapione o la regola possesso vale titolo (il possessore non è sempre identificato nel proprietario) L’usucapione può essere interrotta per gli stessi motivi di interruzione della prescrizione e può anche essere sospesa. La comunione su queste parti non può sciogliersi e il trasferimento della proprietà di un appartamento comporta anche la cessione delle quote sulle parti comuni. Il condomino non può rinunciare inoltre alla sua quota sulle parti comuni, siamo allora di fronte a comunione forzosa. La ripartizione delle spese segue di norma la quota millesimale appartenente ad ogni condominio. Le quote hanno inoltre rilevanza per le decisioni relative all’uso e amministrazione delle parti comuni, decisioni prese dall’assemblea dei condomini seguendo il principio maggioritario (alcune decisioni richiedono maggioranze qualificate come la nomina dell’amministratore). Se ci sono più di 8 condomini, l’assemblea nomina un amministratore, che cura l’esecuzione delle deliberazioni, disciplina l’uso delle parti comuni, eroga spese necessarie. Se ci sono più di 10 condomini bisogna formare un regolamento di condominio. Il supercondominio si ha quando diversi edifici condominiali hanno in comune una serie di strutture fisicamente staccate da ciascun edificio ma destinate al servizio di tutti i condomini degli edifici interessati. - Fonti delle obbligazioni Le fonti delle obbligazioni sono gli atti o fatti giuridici che producono obbligazioni e sono: - il contratto (principale strumento di autonomia privata) - Il fatto illecito (qualunque fatto o atto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto) - quasi contratti (gestione degli affari altrui, arricchimento senza causa, indebito) - promesse unilaterali - qualsiasi fatto idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico. Le prime due fonti, contratto e fatto illecito, sono specifiche e determinate, mentre invece poi abbiamo gli altri fatti idonei a comprendere tutte le situazioni che, in base ai principi del nostro ordinamento, possono essere considerate meritevoli di tutela e come tali in grado di dare origine a obbligazioni. Esaminiamo le fonti: 1. Le fonti contrattuali: contratti produttivi di obbligazioni possono essere sia quelli disciplinati specificatamente dalla legge, i cosiddetti contratti tipici sia quelli che non appartengono a tipi aventi disciplina particolare (atipici). Nel primo caso anche le obbligazioni derivanti dal contratto saranno determinante dalla legge (es. Obbligazioni venditore) mentre nella seconda delle ipotesi le obbligazioni nascenti dal contratto saranno determinate dall’accordo tra le parti. 2. Fatti illeciti: sono produttivi di obbligazioni in quanto qualunque fatto doloso/colposo che cagiona ad altri danno ingiusto obbliga colui che lo ha commesso a risarcirlo. 3. Altri fatti o atti: di questi si possono ricordare le principali figure disciplinate dal legislatore ovvero le promesse unilaterali (compresi i titoli di credito), la gestione di affari altrui, il pagamento dell’indebito, l’arricchimento senza causa. - Promesse unilaterali Sono fonti di obbligazioni residuali nella norma, caratterizzate dalla tipicità, e devo essere inserite in un contratto. La promessa è la dichiarazione di volontà con cui il dichiarante assume un’obbligazione. La promessa unilaterale non è un contratto: è un quasi contratto, è un atto unilaterale che fa nascere un’obbligazione (diversa dai contratti unilaterali che fanno sorgere obbligazioni per una parte sola) Molto spesso la promessa è inserita in un contratto, ma può anche risultare da un atto unilaterale. Vale la regola che la promessa unilaterale di una prestazione non produce effetti obbligatori fuori dei casi ammessi dalla legge, vale dunque il principio di tipicità. La legge prevede e regola le seguenti categorie di promesse unilaterali: la promessa al pubblico, la promessa di pagamento e il riconoscimento del debito. - Promessa al pubblico (diversa dall’offerta al pubblico) La promessa al pubblico è la promessa rivolta ad una collettività indistinta di eseguire una prestazione a favore di chi si trovi in una determinata situazione o compia una determinata azione. Per effetto della promessa, nasce solo un vincolo a carico del promittente; tale vincolo non è una vera e propria obbligazione: l’obbligazione a carico del promittente nasce solo se qualcuno compia quella determinata azione o si trovi in quella determinata situazione, e ne dà notizia al promittente. Il vincolo tiene il promittente in uno stato di incertezza, per cui la legge prevede che la promessa abbia un termine di efficacia, fissato dalla legge in un anno. La promessa al pubblico è una vera e propria fonte di obbligazioni. Il promittente può liberarsi anticipatamente dal vincolo con la revoca della promessa prima della scadenza del termine; - Promessa di pagamento e il riconoscimento del debito Sono dichiarazioni unilaterali con cui un soggetto promette ad un altro di eseguire una prestazione a suo favore, o riconosce di avere un debito verso di lui. La promessa e il riconoscimento non fanno nascere un'obbligazione che prima non esisteva, semplicemente determinano l’inversione dell’onere della prova: colui che ha ricevuto la promessa è dispensato dal dimostrarla, e sarà l’altro a dover provare l’inesistenza o l’invalidità del titolo su cui si basa il diritto fatto valere contro di lui. Dalla promessa non nasce l’obbligazione di pagare ma si determina esonero dal dimostrare il perché del debito. L’effetto della promessa di pagamento non si può considerare come fonte di obbligazione in quanto la promessa va considerata solamente come titolo. - Gestione di affari altrui Si ha quando un soggetto (gestore) agisce nell’interesse di un altro soggetto (interessato) senza averne ricevuto l’incarico e senza esservi per altra ragione obbligato. Es. A che vede cornicione della casa di B che minaccia di crollare, interviene spontaneamente. La legge incoraggia tali iniziative ricollegandovi la nascita delle obbligazioni dell’interessato in favore del gestore. C’è però anche l’esigenza di non incoraggiare intrusioni arbitrarie e ingiustificate nella sfera altrui, soddisfatta in due modi: facendo nascere obbligazioni anche a carico del gestore e limitando conseguenze vantaggiose per il gestore. L’art.2028 pone un altro requisito: la gestione deve essere assunta scientemente, cioè con la convinzione di intervenire, senza obbligo, nell’interesse altrui. Nascono quindi: 1. obbligazioni del gestore: chi senza esservi obbligato (in mancanza di qualunque rapporto) assume consapevolmente la gestione di un affare altrui è tenuto a continuarla e condurla a termine finché l’interessato non sia in grado di provvedervi da solo; la legge stabilisce che il gestore è soggetto alle stesse obbligazioni che deriverebbero da un mandato. 2. obbligazioni dell’interessato: - se il gestore è intervenuto personalmente, a proprie spese, l’interessato gli deve rimborsare tutte le spese, con gli interessi - qualora la gestione sia stata utilmente iniziata l’interessato deve adempiere le obbligazioni che il gestore ha assunto in nome di lui - Pagamento dell’indebito Indebito significa non dovuto. Si pagamento dell’indebito quando il solvens esegue a favore dell’accipiens una prestazione che non gli deve; esso è fonte di obbligazione dell’accipiens di restituire al solvens quanto questi gli indebitamente pagato. Vi corrisponde il diritto del solvens di chiedere la restituzione e per questo si parla di ripetizione dell’indebito. Distinguiamo l’indebito in: - oggettivo: si ha quando il solvens non ha quel debito e l’accipens non ha quel credito - soggettivo: si ha quando l’accipiens ha quel credito ma non nei confronti del solvens, bensì di un altro soggetto (pagamento da falso debitore a vero creditore); in questo caso bisogna però che il solvens paghi per errore, cioè, pensando erroneamente che fosse lui il debitore, altrimenti si ricadrebbe nell’adempimento del terzo. La ripetizione è ammessa a condizione che l’errore del solvens sia scusabile e che l’accipens non si sia privato in buona fede del titolo. Nei casi in cui non è ammessa ripetizione, il solvens è surrogato nei diritti di costui verso il vero debitore. Ci sono delle ipotesi in cui il principio della ripetizione dell’indebito subisce una deroga: chi ha fatto un pagamento cui non era legalmente obbligato non può chiedere la restituzione se si trattava di un’obbligazione. - Arricchimento senza causa Vale il principio generale per cui sono inammissibili gli spostamenti di ricchezza da un soggetto a un altro non sostenuti da una causa che gli giustifichi. Per l’art.2041: chi senza giusta causa si è arricchito a danno di un’altra persona è tenuto a indennizzare quest’ultime: l’arricchimento senza causa è quindi fonte di obbligazioni, perché è l’arricchito ha l’obbligo di indennizzare l’impoverito. I requisiti dell’azione di arricchimento sono: - arricchimento patrimoniale di un soggetto - impoverimento patrimoniale di un soggetto - nesso di correlazione tra impoverimento e arricchimento - mancanza di ragioni giustificative di arricchimento e impoverimento Il contenuto dell’obbligazione dell’arricchito può essere vario: - se l’arricchimento ha per oggetto una cosa determinata, l’arricchito deve restituirla in natura - negli altri casi deve pagare una somma di denaro il cui ammontare è la somma minore fra quella che esprime l’arricchimento e quella che esprime l’impoverimento, secondo il criterio previsto per il possessore di mala fede - Obbligazioni Il termine obbligazione indica la materia dei diritti di credito. L’oggetto dell’obbligazione è la prestazione, cioè il comportamento dovuto dal debitore nell’interesse del creditore. Quale è il possibile contenuto delle obbligazioni? L’obbligazione può essere di dare, di fare o di non fare. - Obbligazione di dare: la prestazione consiste nel consegnare una cosa (generica o specifica) - Obbligazioni di fare: consistono in un comportamento attivo del debitore. Si distinguono in obbligazioni di mezzi ed obbligazioni di risultato. Con le obbligazioni di risultato ci si obbliga ad un certo risultato (non a utilizzare i mezzi per raggiungere il risultato). Mentre le obbligazioni di mezzi portano l’obbligo a tenere una certa attività per cercare di ottenere un certo risultato, senza che il risultato sia vincolante. - Obbligazioni di non fare: la prestazione consiste nell’astensione L’obbligazione è uno strumento giuridico che serve a realizzare l’interesse del creditore; tale interesse può essere patrimoniale o non patrimoniale. Inoltre, la prestazione deve essere possibile, lecita, determinata o determinabile e patrimoniale. La patrimonialità della prestazione consiste quindi nel fatto che sia traducibile in un valore monetario (in questo modo si può determinare un eventuale risarcimento). Esistono anche obblighi di comportamento che non hanno carattere patrimoniale e quindi non creano obbligazioni, ma vi corrispondono comunque obblighi di tipo legale. Per contro esistono anche prestazioni patrimoniali che non danno luogo a obbligazioni: prestazioni che un soggetto compie per cortesia (gratuita). - Caratteristiche delle obbligazioni (comparate con i diritti reali) - all’immediatezza dei diritti reali (rapporto diretto con la cosa che forma oggetto del diritto) si contrappone la compartecipazione di un altro soggetto nel rapporto obbligatorio - interessi convenzionali: stabiliti dalle parti - interessi moratori: dovuti dal debitore in ritardo Si ha il fenomeno dell’anatocismo quando gli interessi maturati producono a loro volta degli interessi/ - Adempimento dell’obbligazione L’adempimento è l’attività consistente nell’eseguire la prestazione che forma oggetto dell’obbligazione; con esso, l’obbligazione si estingue, perché l’interesse del creditore è realizzato. Il debitore può chiedere al creditore di rilasciarli la quietanza. Se il creditore è incapace di agire, l’adempimento è inefficace e non libera il debitore (ad eccezione se dimostra trasferimento di ricchezza al patrimonio creditore) La prestazione deve essere eseguita esattamente, cioè, rispettando tutte le modalità che la caratterizzano: - sotto il profilo quantitativo, la prestazione va eseguita integralmente - sotto il profilo qualitativo, il debitore deve eseguire proprio quella prestazione. - la prestazione va eseguita nel luogo e tempo stabiliti Il termine dell’adempimento può essere fissato dal titolo, oppure se il titolo non dice nulla, può essere richiesto immediatamente. Esso può essere: - a favore del debitore: il debitore non può adempiere oltre il termine, ma non è tenuto a farlo - a favore del creditore: il creditore può esigere il pagamento prima della scadenza e può rifiutare il pagamento anticipato del debitore - a favore di entrambi In mancanza di indicazioni, il termine si considera a favore del debitore. Il debitore incorre in decadenza del termine se diventa insolvente, per cui il creditore può esigere immediatamente l’adempimento. Per il luogo dell’adempimento valgono le indicazioni del titolo da cui nasce l’obbligazione. In generale l’obbligazione si adempie al domicilio del debitore. Se il debitore ha verso il creditore più debiti dello stesso genere, va fatta l’imputazione del pagamento. - L’adempimento del terzo Due situazioni: - la prestazione è eseguita da un collaboratore del debitore, per conto di lui - la prestazione è eseguita da un terzo, che non è collaboratore del debitore, magari su richiesta del debitore stesso L’adempimento del terzo è efficace ed estingue l’obbligazione anche se il creditore vi si oppone; quest’ultimo può opporsi solo in due casi: la prestazione è infungibile o se il debitore si oppone all’adempimento del terzo. Colui che adempie deve essere in ogni caso capace di agire. L’adempimento del terzo può dar luogo al fenomeno del pagamento con surrogazione: il terzo che ha pagato un debito altrui, subentra in luogo del creditore soddisfatto nel suo diritto verso il debitore. - Adempimento al terzo Il destinatario dell’adempimento è colui che riceve la prestazione e di solito è il creditore; in certi casi però l’adempimento viene fatto a un terzo, se il creditore è incapace. Il debitore è liberato se il creditore ratifica il pagamento al terzo. Il debitore è liberato se si tratta di pagamento a creditore apparente, cioè a persona che appariva legittimata a riceverlo, sempre che il debitore fosse in buona fede. - Modi di estinzione dell’obbligazione diversi dall’adempimento? Tali cause si distinguono in: - satisfattive: danno al creditore qualche utilità - non satisfattive: estinguono l’obbligazione senza alcuna utilità Oltre all’adempimento, le cause di estinzione delle obbligazioni sono: - l’impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile al debitore non messo in mora: l’obbligazione si estingue se la prestazione diventa impossibile. Se l’impossibilità è temporanea il debitore continua a essere obbligato mentre se è parziale, il debitore si libera eseguendo la prestazione per la parte rimasta - prescrizione: l’unica scollegata da qualunque utilità o interesse del creditore. - la compensazione: quando le due persone sono obbligate l’una verso l’altra, i due debiti si estinguono per le quantità corrispondenti (art.1241). a. compensazione legale quando i due crediti reciproci hanno tre caratteristiche: entrambi liquidi (certi nel loro ammontare), omogenei (tipologia beni) ed esigibili (c’è un termine). b. compensazione giudiziale: fatta dal giudice, quando ci sono due crediti/debiti reciproci, omogenei ed esigibili, ma uno dei due non è liquido, il giudice può dare compensazione per credito esistente, ma può sospendere la condanna per il tempo necessario alla liquidazione. c. compensazione volontaria: è rimessa alla volontà delle parti, posso compensare l’altro soggetto con qualsiasi cosa. Non è richiesta né omogeneità, liquidità o esigibilità. - la confusione, quando si confondono/riuniscono nella stessa persona il debitore e il creditore - la novazione (soggettiva e oggettiva), quando vi è un accordo tra debitore e creditore per sostituire un’obbligazione diversa da quella originaria, che si estingue. Il nuovo oggetto e titolo devono essere differenti dai vecchi. Per fugare che si tratti di una nuova obbligazione che si aggiunga alla vecchia, la volontà di novare dev’essere espressa in modo equivoco. La novazione oggettiva ha l’effetto di estinguere l’obbligazione mentre la novazione soggettiva si ha invece quando cambia la persona del debitore e il suo effetto non è estinguere l’obbligazione ma cambiare il soggetto. - la remissione del credito, con cui si estingue volontariamente il credito verso il debitore. Per cui l’obbligazione si estingue dal momento in cui la remissione è comunicata al debitore, che comunque può rifiutarla. - Modificazioni delle obbligazioni dal lato attivo e passivo La modificazione del lato attivo è la successione nel credito e si realizza con la cessione del credito. La modificazione del lato passivo o successione del debito implica l’entrata in scena di un nuovo debitore. Tali modificazioni incidono diversamente sull’interesse di chi resta parte del rapporto: per un debitore non cambia chi è il creditore, per cui la modificazione non richiede il consenso del debitore ma per un creditore è invece importante, per cui serve il suo consenso. Il credito è una forma di ricchezza, per cui deve poter circolare: il creditore (cedente) può trasferire a un terzo (cessionario) il suo credito verso il debitore. La cessione può essere fatta a titolo oneroso o gratuito. È necessario che il debitore venga a conoscenza della cessione. Nella successione del debito, il debitore A (delegante) chiede al terzo X (delegato) di assumere su di sé il debito che A ha verso il credito B. Se B rifiuta non succede nulla, ma se accetta o non rifiuta X è obbligato verso B. Per quanto riguarda gli effetti della delegazione, essa può essere: - cumulativa: il delegante resta obbligato verso il delegatario e il delegato si aggiunge come nuovo debitore. - liberatoria: dichiarazione del delegatario diretta a liberare il delegante Caso dell’espromissione: è l’atto del terzo (espromittente) che, rivolgendosi al creditore, assume di sé l’obbligazione che il debitore (espromesso) ha verso il creditore (espromissario). Avviene per iniziativa spontanea del terzo. - Definizione inadempimento Art. 1218 (responsabilità del debitore): “il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta, è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo, deriva da causa a lui non imputabile” L’inadempimento può essere: - radicale: il debitore non esegue per nulla la prestazione - inesatto: il debitore esegue la prestazione con standard qualitativi inadeguati - ritardo: il debitore esegue la prestazione oltre i termini fissati Criteri e parametri attraverso cui verificare l’esattezza dell’adempimento medesimo: - modalità dell’esecuzione: nell’adempiere l’obbligazione, il debitore deve seguire la diligenza del buon padre di famiglia (regola che vale solo per le obbligazioni di mezzi, e non per le obbligazioni di risultato dove la diligenza non ha alcuna rilevanza in quanto se non raggiunge il risultato è inadempiente) - tempo dell’adempimento (1283): se non è determinato il tempo in cui la prestazione deve essere eseguita, il creditore la può eseguire immediatamente. Se è fissato un termine, questo si presume a favore del debitore. Il creditore non potrà esigere l’adempimento prima della scadenza del termine, ma non potrà rifiutare un pagamento che venga prospettato prima della scadenza del termine. - luogo dell’adempimento: se il luogo nella quale deve essere eseguita la prestazione non è stabilito, per una cosa specifica la consegna deve essere data nel luogo in cui la cosa si trovava al momento della nascita dell’obbligazione. Se invece, si tratta di una somma di denaro, l’obbligazione dev’essere adempiuta al domicilio del creditore. In tutti gli altri casi, il luogo sarà il domicilio del debitore. - persona che deve eseguire la prestazione da adempiere: il creditore può rifiutare un pagamento che viene dal terzo, anziché dal debitore? Se il creditore ha un interesse affinché l’adempimento provenga dal debitore, è ovvio che può rifiutare. Se invece si tratta di un’obbligazione pecuniaria, il creditore non può rifiutare, salvo che questo non abbia interesse che sia il soggetto specificato a eseguire la prestazione (art.1180). - persona che deve ricevere l’adempimento Vediamo il caso del pagamento al creditore incapace: il debitore che paga a lui direttamente è liberato? Si, purché dimostri che il pagamento è andato a vantaggio dell’incapace (non buttato per strada es.) Tutela dell’affidamento: affidamento prevale sulla titolarità, apparenza prevale sulla situazione di fatto. Il debitore che esegue il pagamento a chi appare legittimato a riceverlo, viene liberato, a patto che provi che ha agito in buona fede. Il creditore vero si rifarà con colui che ha ricevuto il pagamento. Che cosa deve dimostrare il debitore per essere liberato? Non basta l’impossibilità soggettiva (ho avuto un crack finanziario e non posso pagare) ma serve l’impossibilità oggettiva, che rende impossibile per qualsiasi tipo di debitore effettuare la prestazione, per causa a lui non imputabile, imprevedibile (terremoto). La prestazione che ha per oggetto cose generiche non diventa mai impossibile, perché le cose generiche si possono reperire ovunque. Art.1229 dice che il contratto può limitare la responsabilità del debitore entro certi limiti, ma è nullo il patto che esclude la colpa del debitore per dolo o colpa grave. - Conseguenza inadempimento Quando si verifica inadempimento, il problema fondamentale consiste nel tutelare il credito insoddisfatto, compatibilmente con la giusta considerazione delle ragioni del debitore. A seconda che il debitore sia responsabile o meno ciò avviene attraverso l’applicazione di alcuni rimedi: Questo vuol dire che ciascuno è libero di fare o no un contratto, ma se lo fa è vincolato ai suoi effetti. Il contratto ha forza di legge tra le parti vuol dire che, se il contratto ha previsto una regola che lo obbliga verso un altro soggetto, e non lo fa, l’ordinamento mette a disposizione del privato la sua forza ordinamentale per far rispettare la norma contrattuale. Bisogna però specificare che il contratto non ha valenza verso terzi (salvo casi ammessi dalla legge). Vi sono delle ipotesi in cui il vincolo contrattuale può essere sciolto: - il contratto è difettoso - mutuo dissenso: è l’accordo con cui le parti di un contratto decidono di scioglierlo, cancellandone gli effetti - recesso unilaterale: è l’atto unilaterale con cui una parte manifesta all’altra la volontà di sciogliere il vincolo contrattuale. Un contratto che costituisce situazioni giuridiche patrimoniali è il contratto di compravendita. Mentre un contratto che trasferisce situazioni giuridiche patrimoniali è il contratto di compravendita, permuta o il contratto di società. La classificazione dei contratti (possibile domanda): - contratti a titolo oneroso e titolo gratuito: un esempio di contratto a titolo oneroso è la compravendita mentre un esempio di contratto a titolo gratuito è la donazione - contratti tipici e atipici: i contratti tipici sono quelli disciplinati, previsti e delineati dal codice (vendita, trasporto, mutuo…) mentre i contratti atipici sono i contratti che non rientrano nei tipi previsti e disciplinati dall’ordinamento. Devono però essere diretti a perseguire interessi meritevoli di essere tutelati. - contratti a prestazioni corrispettive e prestazioni non corrispettive Dove si trova la classificazione contratti nel c.c? Nel 4 libro, in quanto il contratto è una fonte di obbligazione. Ci sono anche contratti che sono regolati dalla legge al di fuori del c.c: il contratto di leasing è stato inserito solo successivamente nel catalogo dei contratti tipici (fintanto che non era regolato da una legge, quindi fino al 2017, il contratto di leasing era un contratto atipico, e anche molto utilizzato nella realtà economica). - La cessione del contratto Si può cedere il contratto? Si, ma non sempre. Se il contratto si basa sulla fiducia non lo si può cedere. Poi il contratto può contenere al suo interno un divieto di cessione. Supponiamo che A e B abbiano concluso un contratto e successivamente A cede tale contratto al terzo X, che quindi subentra al posto di A nel rapporto con B. A è detto cedente, X cessionario e B contraente ceduto. La cessione richiede: che il contratto sia a prestazioni corrispettive e che ci sia il consenso del contraente ceduto. La cessione del contratto è un contratto plurilaterale. - Contratto derivato Si ha quando la parte del contratto fa, con una diversa controparte, un altro contratto il cui oggetto si identifica, almeno in parte, con l’oggetto del primo o lo presuppone (es. sublocazione) Esempi di contratto plurilaterale Un esempio di contratto bilaterale è il contratto di locazione o il contratto di appalto. I contratti plurilaterali possono essere con comunione di scopo (prestazioni delle parti sono dirette al conseguimento di uno scopo comune, come nei contratti associativi) o senza comunione di scopo (ciascuna parte persegue scopo proprio). Un esempio di contratto plurilaterale è il contratto di società o il contratto di associazione. Quali sono le regole particolari che si applicano solo ai contratti plurilaterali? Ai contratti associativi, in quanto contratti plurilaterali, si applicano tutte le norme sui contratti, ma anche norme specifiche. Un esempio è il contratto di associazione. Cosa succede se il rapporto contrattuale rispetto al singolo associato viene meno (es. in caso di morte)? In questo caso le vicende che riguardano la sfera giuridica del singolo associato non vanno ad intaccare sul contratto, che rimane valido e produce i suoi effetti nei confronti delle altre parti che lo hanno sottoscritto. Quando il contratto è plurilaterale, le vicende che riguardano la singola parte non è detto che vadano ad incidere sul contratto nel suo insieme. - Autonomia contrattuale e contratti tipici e atipici Art.1322 (autonomia contrattuale): spetta alle parti determinare liberamente il contenuto del contratto. I privati hanno il potere di conformare i propri interessi, secondo la propria volontà, senza subire imposizioni da autorità esterne. L’art.1322 indica alcuni modi in cui la libertà contrattuale si manifesta: - libertà di scegliere se fare o meno il contratto - libertà di scegliere la controparte contrattuale - libertà di determinare il contenuto del contratto - libertà di scegliere il tipo di contratto e di fare contratti atipici La legge prevede e disciplina i diversi tipi di contratto e si parla di tipi legami che sono gli schemi previsti e regolati dalla legge. I contratti tipici sono quelli che corrispondono a qualche tipo legale. Le norme imperative segnano il confine all’interno del quale l’autonomia privata può muoversi. Il contrasto del contratto con la norma imperativa rende nullo il contratto stesso. Le norme dispositive sono norme di cui i privati possono servirsi per le proprie finalità. Sono derogabili ma se nulla viene detto, ecco che il contratto è regolato da quelle norme (che determinano luogo adempimento, termine, ecc…). Ci sono casi dove le norme dispositive hanno funzione suppletiva (se le parti non avessero determinato alcuni elementi del contratto, esso sarebbe invalido, ma ci sono norme di sostegno che sopperiscono alla mancanza di regole). Il terzo momento del confine dell’autonomia contrattuale sono le norme imperative: norme, inderogabili, che devono essere per forza rispettate. Vale il principio della sostituzione automatica della norma imperativa al posto della clausola che la viola. L’autonomia contrattuale è la parte dell’autonomia privata che riguarda i contratti, ed è grand parte dell’autonomia privata stessa. Ha due caratteristiche: - consiste nel poter determinare autonomamente il contenuto del contratto entro i limiti stabili dalla legge, cioè dalle norme imperative - le parti possono attuare contratti che non si riferiscono ad alcun contratto (contratti atipici), purché siano diretti a perseguire interessi meritevoli di tutela. È proprio l’interesse meritevole analizzato la causa del contratto. I contratti tipici, invece, perseguono interessi meritevoli per definizione (sono già previsti e disciplinati dalla legge). Per contratti diversi occorrerà una valutazione che sarà effettuata quando un contratto atipico entrato in funzione si troverà ad essere esaminato dalla magistratura. I contratti atipici sono validi soltanto se hanno causa lecita (che rispetta l’ordinamento giuridico) e sono giuridicamente ed economicamente apprezzabili. Es. il leasing non è un contratto tipico, ma è divenuto un contratto di uso commerciale e, una volta arrivato all’esame della magistratura, è stato ritenuto un contratto che persegue interessi meritevoli di tutela e quindi riconosciuto ed accettato dall’ordinamento. Il contratto di leasing (contratto di godimento) ha effetti reali? No, non produce affatto l’immediato trasferimento della proprietà; l’effetto reale (cioè, il passaggio di proprietà del bene) non c’è inizialmente. Alla scadenza del termine della durata del leasing è concessa all’utilizzatore l’opzione di acquisto della proprietà del bene, pagando il valore residuo del bene. Talvolta le parti hanno bisogno fare di un contratto misto, in cui si combinano prestazioni caratteristiche fra diversi tipi legali. Il problema fondamentale riguarda quali regola si applicano al contratto misto e vi sono due criteri: - criterio dell’assorbimento: si applicano esclusivamente le regole del tipo contrattuale che di caso in caso risulta prevalente nell’operazione - criterio della combinazione: a ciascuna prestazione tipica si applicano le regole del tipo corrispondente La tesi più seguita è quella del compromesso: si applica in linea di principio la disciplina del tipo legale prevalente e inoltre, in quanto non sia incompatibile con la prima, la disciplina dell’altro tipo legale. - Usi normativi (domanda su usi e consuetudini) Lo stesso ruolo delle norme dispositive può essere svolto dagli usi. Gli usi si distinguono in: - normativi: sono consuetudini, da rispettare obbligatoriamente - contrattuali: corrispondono alla prassi prevalente nei contratti di un certo settore Di regola, gli usi prevalgono sulle norme dispositive. Inoltre, norme dispositive e usi non contrastano con l’autonomia privata, ma le permettono di funzionare e realizzare gli obiettivi programmati. - Elementi essenziali del contratto Il contratto è un atto negoziale, bilaterale e patrimoniale. I requisiti essenziali del contratto sono: 1. L’accordo 2. La causa 3. L’oggetto 4. La forma Vi sono poi i requisiti secondari detti “accessori” che sono: 1. La condizione 2. Il termine 3. Il modo - L’accordo La formazione del contratto implica un procedimento che deve essere conforme al modello stabilito dalle norme. Centrale è qui il concetto di dichiarazione contrattuale, intesa come esplicita manifestazione della volontà di fare un contratto. /Per le dichiarazioni ricettizie gli effetti si producono solo se e dal momento in cui la dichiarazione arriva a conoscenza del destinatario mentre le dichiarazioni non ricettizie sono quelle non indirizzate a un destinatario, gli effetti si producono indipendentemente dalla conoscenza/ Con l’accordo, le volontà delle due parti si incontrano con la comune volontà di produrre gli effetti del contratto. Perché si formi l’accordo sono necessari due atti pre-negoziali: - proposta (volontà di chi propone il contratto) - accettazione (volontà di chi lo accetta) L’accordo è ciò che caratterizza il contratto come atto bilaterale. - Cosa è la causa del contratto? Differenza fra causa e motivo? La causa è la funzione economico sociale del contratto, ovvero la ragione giustificativa (es. la causa della vendita è lo scambio di un bene al corrispettivo di un prezzo), è normalmente rappresentato dallo scambio tra le prestazioni. La causa deve esserci e deve essere lecita, pena la nullità. La causa è illecita quando è (art.1343): 1. Contraria a norme imperative La proposta irrevocabile crea un vantaggio per il destinatario della proposta, che ha il tempo in cui fare le sue valutazioni, sicuro che il proponente non può revocare la proposta. - Conclusione del contratto? Quale è l’ipotesi in cui il contratto si conclude in un momento diverso? Un contratto si ritiene concluso, nel momento in cui la parte della proposta viene a conoscenza che la controparte ha accettato la proposta (art.1326) Si stabilisce presunzione della conoscenza, ovvero si presume che accettazione/proposta e ogni altra comunicazione relativa alla fase precontrattuale siano conosciute quando sono giunte all’indirizzo del destinatario. L’accettazione deve giungere al proponente, entro i limiti da lui stabiliti, o in quello ordinariamente necessario alla conclusione del contratto. Il proponente può comunque ritenere valida l’accettazione tardiva, basti che lo faccia sapere immediatamente alla parte dell’accettazione. Qualora il proponente richieda per l’accettazione una determinata forma, l’accettazione non sarà valida. Se l’accettazione non è conforme alla proposta, questa non sarà valida ma sarà trattata come controproposta. La conoscenza da parte del proponente può essere semplicemente l’arrivo al suo indirizzo dell’accettazione. Posso revocare l’accettazione fin quando non si ha conoscenza di essa. Può accadere che le parti abbiano raggiunto l’accordo su alcuni aspetti del contratto, ma non ancora su altri; per capire se il contratto è formato anche se l’accordo non copre il 100% della materia del contratto, si devono applicare due criteri: il contratto non si conclude finché non sia stato raggiunto l’accordo su tutti gli aspetti del contratto, si conclude se le parti dicono espressamente di considerare che l’accordo, pur parziale, sia sufficiente a impegnarli contrattualmente. Quando l’accordo parziale non è sufficiente a formare il contratto, dà luogo a puntuazione, ossia il documento che indica i punti già concordati. Ora vediamo le eccezioni all’art.1326 per cui il contratto si conclude in un momento diverso. Vi sono due casi in cui la proposta non è revocabile: - proposta irrevocabile: proponente che stabilisce di fare una proposta irrevocabile per un certo tempo. Posso farlo per dimostrare serietà della mia proposta e dare fiducia all’oblato. Il secondo fine può essere di fare pressione all’oblato. La situazione giuridica di chi riceve una proposta irrevocabile si chiama diritto potestativo. Chi riceve proposta irrevocabile ha un diritto potestativo verso l’altro. - patto di opzione: in questo caso la proposta è irrevocabile per volontà del proponente (spesso il proponente si vincola in cambio di una somma di denaro da parte dell’oblato); l’accettazione che dovesse arrivare anche in seguito alla morte del proponente sarebbe quindi valida (il proponente non avrebbe potuto opporsi in ogni caso). Mentre l’irrevocabilità della proposta deriva da un atto unilaterale del proponente, nell’opzione c’è un accordo bilaterale e spesso il beneficiario paga. Il contratto si conclude diversamente: esecuzione della prestazione prima della risposta che conclude il contratto (art.1327). 2°comma art.1327: chi ha concluso non con l’accettazione, ma con l’esecuzione della prestazione deve fare qualcosa. L’accettante deve dare prontamente avviso all’altra parte dell’iniziata esecuzione e in mancanza è tenuto al risarcimento del danno. Il rischio è che la prestazione inizi, ma il preponente potrebbe non sapere che la prestazione è stata iniziata e potrebbe nel frattempo obbligarsi con un altro e trovarsi legato rispetto a due contratti (danno a cui segue un eventuale risarcimento da parte dell’oblato). Lo schema sarà quindi: proposta del contratto, inizio dell’esecuzione da parte dell’altro, contratto concluso. Contratto formato mediante proposta non rifiutata: Un’altra eccezione all’art.1327 è il contratto con obbligazioni per il solo proponente (1333): non occorre l’accettazione né alcun gesto dell’oblato, il contratto si forma in base alla semplice proposta, se l’oblato non la rifiuta. Lo schema è: proposta + mancato rifiuto dell’oblato --> conclusione Un ulteriore eccezione è quella dell’offerta al pubblico: può valere come vera e propria proposta di contratto, di conseguenza per la formazione del contratto basta l’accettazione di un interessato (es. cliente che entra e acquista un prodotto in vetrina). In questo non vi è un oblato specifico ma una molteplicità. Due sono le condizioni: l’offerta contenga gli estremi essenziali del contratto e il valore di vera e propria proposta non sia escluso dalle circostanze e usi. Si può revocare la proposta di un’offerta al pubblico? Si, si revoca la proposta togliendo l’articolo dalla vetrina. Infine, i contratti aperti sono quelli per i quali esiste la possibilità che altre parti entrino successivamente nel contratto, come quelli associativi. Gli aderenti successivi con la loro adesione accettano la proposta contenuta nella clausola di apertura del contratto originario. - Contratti per adesione Sono contratti predisposti unilateralmente da un’impresa, che la controparte può decidere o meno di accettare in toto (1341-2). Sono quindi contratti privi di trattative e quindi, per l’ordinamento, sorge l’esigenza di tutelare il consumatore, la parte debole, da eventuali squilibri di un contratto predisposti completamente dalla controparte. Le principali regole sono queste: le condizioni generali vincolano l’aderente solo se risulta che questi avrebbe dovuto conoscerle usando le normale diligenza + se fra le condizioni generali sono presenti clausole vessatorie (particolarmente svantaggiose per l’aderente), tali clausole vincolano l’aderente solo se questi le ha specificatamente approvate per iscritto. La legislazione più recente è però arrivata a vietare completamente le clausole vessatorie, per tutelare ulteriormente il consumatore. - Contratti per persona da nominare È il contratto in cui un contraente si riserva di comunicare successivamente a controparte il nome della diversa persona che acquisterà i diritti e assumerà gli obblighi del contratto. Gli effetti del contratto si producono verso un soggetto che non ha partecipato alla sua formazione, ma se ne distingue perché manca la spendita del nome di tale soggetto. Se poi il contraente fa la dichiarazione di nomina del vero interessato, gli effetti si producono retroattivamente nei confronti di esso (a condizione che la nomina sia tempestiva e vi sia accettazione). Uno dei motivi per cui si ricorre a questo meccanismo può essere il desiderio del vero interessato di non comparire nelle trattative o nella conclusione del contratto o per realizzare un risparmio fiscale (evitando il doppio trasferimento). - Contratti conclusi in via informatica? Un documento informatico è una rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti ed è equiparato a documento cartaceo. Se io concludo un contratto di compravendita immobiliare tramite email, la vendita è valida? Si, se c’è stata la firma digitale. Ci sono tre tipi di firma: elettronica semplice, elettronica qualificata, digitale. Se io poi volessi trascrivere tale contratto di compravendita immobiliare, che forma deve avere ai fini della trascrizione? Se il contratto di compravendita immobiliare è stato stipulato in una forma che sia una scrittura privata, con questa forma io posso trascriverlo nei registri immobiliari oppure no Ai fini della trascrizione di un contratto di vendita immobiliare è necessaria una scrittura privata autenticata oppure (se l’atto è gia firmato) un atto pubblico, o una scrittura privata accettata giudizialmente - Differenza tra contratti reali e contratti ad effetti reali 1. Contratti reali vs contratti consensuali: distinzione che riguarda le modalità perfezionative dei contratti con cui essi si concludono. I contratti reali sono quelli che si perfezionano con la consegna della cosa a prescindere dagli effetti che producono mentre per i contratti consensuali basta l’accordo. 2. Contratti con effetti reali e contratti con effetti obbligatori: distinzione che riguarda la tipologia di effetti che dal contratto possono scaturire. I contratti con effetti reali trasferiscono la proprietà di un bene mentre i contratti con effetti obbligatori hanno come effetto quello di far sorgere obbligazioni tra le parti. Non è detto che un contratto reale abbia effetti reali e viceversa! I contratti ad effetto reale possono essere contratti reali o contratti obbligatori. - Contratti reali Il contratto reale è quel contratto, che si perfeziona con la consegna materiale della cosa, anche con accordo tra le parti il contratto non è concluso se non avviene la consegna. Questo perché si tratta di contratti gratuiti (comodato) o che possono essere sia gratuiti che onerosi (mutuo, deposito) e perciò, se non ci fosse la consegna della cosa, si potrebbe dubitare della reale volontà del soggetto di impegnarsi legalmente. I contratti reali sono: comodato, deposito, mutuo, pegno e donazione manuale (di modico valore) - Effetti del contratto Prima di parlare degli effetti del contratto facciamo una distinzione tra contratti di attribuzione (che determinano spostamenti patrimoniali fra le parti) e contratti di accertamento (non modificano situazioni giuridiche). Ora vediamo i principali effetti: - effetti obbligatori vs effetti reali - effetti istantanei (esecuzione immediata o differita) vs effetti di durata (periodica o continua) - effetti a terzi vs no effetti a terzi I contratti con effetti istantanei sono contratti in cui la prestazione si adempie in un atto preciso e puntualizzato nel tempo, e possono essere a esecuzione immediata (nel contratto di compravendita si ha trasferimento immediato del bene) o ad esecuzione differita (vendita dilazionata). I contratti di durata sono quelli le cui prestazioni contrattuali si sviluppano nel tempo. Si distinguono a esecuzione periodica (le prestazioni vengono eseguite a intervalli periodici) e esecuzione continuata (le prestazioni si realizzano in modo permanente e non frazionato). Con il contratto non si crea solo un rapporto di tipo obbligatorio: è vero che crea sempre rapporti obbligatori ma la sua funzione più ampia. Quali sono gli altri effetti del contratto, oltre quelli obbligatori? Per definire ed individuare esattamente gli effetti che un contratto produce (siano essi reali o obbligatori) vale un principio molto importante: principio dell’integrazione del contratto (art.1374): il contratto obbliga le parti non soltanto al contenuto per come è stato determinato dalle parti ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge, usi ed equità. Che cosa è l’integrazione del contratto? Abbiamo 3 fonti di integrazione: legge, usi ed equità. Dal punto di vista degli agenti che operano come fonti di integrazione, distinguiamo l’integrazione in: - legale: si realizza mediante norme giuridiche (e usi) - giudiziale: si realizza mediante valutazioni e decisioni del giudice (che integra il regolamento contrattuale incompleto). Difatti, quando non c’è nessuna norma dispositiva che copra lacuna lasciata dal difetto di contratti preimpostati composti in moduli da firmare. Come intuibile molto spesso le clausole sono a sfavore dei consumatori. Le clausole vessatorie inserite all’interno del codice sono: - clausole contenenti limitazioni di responsabilità, clausole che esonerano parzialmente o totalmente il predisponente dalle conseguenze derivanti da un suo eventuale adempimento - clausole contenenti la facoltà di recedere un contratto, sono clausole che attribuiscono la facoltà di recedere il contratto solamente al predisponente - clausole contenenti la facoltà di sospendere l’esecuzione del contratto - clausole che sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze, le decadenze sono la perdita di poter esercitare un diritto Esempio: considero la vendita di un bene mobile, dove il venditore cerca di tutelarsi dalla responsabilità per i vizi sulla cosa: il contratto contiene una clausola che dice “il venditore non risponde in alcun modo dei vizi e dei danni prodotti dai vizi del bene compravenduto”. Questa è una clausola che gioca tutta a favore del venditore e tutta a sfavore del consumatore, e una clausola di esclusione della responsabilità fatta in questo modo è una clausola vessatoria. Il consumatore che ha acquistato il bene, cosa può fare di fronte ad una clausola così drastica? (No risoluzione). Si può arrivare alla eliminazione della clausola, ma chi la elimina? E perché la elimina? La elimina il giudice verso cui l’azione è promossa. - Tutela del consumatore (contraente debole) L’inadeguatezza di tutela di cui si è reso conto il legislatore europeo ha creato la figura del consumatore. È stata dettata una disciplina dei contratti del consumatore che ha una sua normativa specifica, europea. Il consumatore è una persona fisica che stipula contratti per un interesse non imprenditoriale/professionale. Direttiva nel ’93, recepita in Italia nel ’96 che ha introdotto la disciplina delle clausole vessatorie che oggi si chiamano clausole abusive. Se nei contratti sono presenti clausole abusive queste sono nulle. Stabilire se la clausola abusiva è rimandata alla valutazione del giudice, a prescindere di quante firme sono state apposte sul contratto: siamo in presenza di una tutela più forte del contraente debole Nel caso di presunzione di vessatorietà di una clausola sta al contraente forte dimostrare che effettivamente vi è questa clausola ma non è da considerarsi abusiva. L’art.1321 si applica solo quando si sta parlando di contratto del consumatore. Quando il contratto viene stabilito tra due imprenditori o tra due privati torna in campo la vecchia disciplina con l’applicazione del secondo comma dell’art.1341. - Responsabilità pre-contrattuale Art.1322 (libertà contrattuale): poter determinare liberamente il contenuto del contratto. Bisogna tutelare i casi in cui vi è stata la trattiva/contrattazione ma ad un certo punto il contratto non si è concluso. La responsabilità precontrattuale parla proprio dell’ingiustificato abbandono delle trattative. Inoltre, l’altra esigenza è quella di tutelare l’affidamento che si crea in ciascuna delle parti nella futura conclusione del contratto: quando le parti sono arrivate in fondo alla procedura una delle due parti può avere aspettative diverse dall’altra. Art.1337: le parti nella formazione del contratto e nello svolgimento delle trattative devono comportarsi secondo buona fede, cioè con correttezza e lealtà. La scorrettezza può dar luogo a tre situazioni: 1. Il contratto non si forma: la parte scorretta abbandona ingiustificamente la trattativa. Due requisiti: la trattativa deve essere abbastanza avanzata da aver creato un ragionevole affidamento nella conclusione. 2. Si forma un contratto invalido: la parte che dovendo conoscere la causa d’invalidità del contratto, non avverte l’altra parte, che pensando di fare contratto valido rimane delusa. 3. Si forma un contratto valido ma sconveniente per la vittima delle scorrettezze Per cui un abbandono delle trattative può essere considerato non in buona fede, anche se bisogna dire che è rara una condanna per abbandono ingiustificato delle trattative perché si deve dimostrare a pieno la malafede (ovvero condotta delle trattative per altra ragione oltre la conclusione). In ciascuno dei seguenti casi la vittima riceve un danno che l’autore della scorrettezza deve risarcire. Quali danni si possono chiedere per il risarcimento precontrattuale? I danni per le mancate occasioni e le spese inutilmente fatte in vista del contratto (interesse negativo, cioè il danno che deriva dall’avere intrapreso la trattativa finita male). Non è invece risarcibile il danno corrispondente all’interesse positivo. Art.1338 (esempio responsabilità precontrattuale): la parte che conosce causa di invalidamento del contratto e non lo ha riferito è tenuta a risarcimento dell’altra parte. - Contratto preliminare Il contratto preliminare ha un effetto obbligatorio fondamentale, che è quello di creare una obbligazione di contrattare, cioè l’obbligazione di concludere un successivo contratto definitivo (l’effetto reale è successivo). Dopodiché il pagamento, cioè l’esecuzione della prestazione relativa al contratto definitivo, può essere anche anticipato (ma non necessariamente); quello che è sicuro è che il contratto preliminare fa nascere l’obbligazione di contrarre, di concludere un successivo contratto. Il contratto preliminare si usa molto spesso nelle compravendite immobiliari dove serve a “fermare” un affare che evidentemente interessa ad entrambe le parti, parti che però non hanno al tempo stesso bisogno di fare alcune verifiche o per ottenere un finanziamento per il pagamento del prezzo ecc… Dopodiché hanno l’obbligazione di concludere il contratto definitivo, e questa obbligazione è suscettibile, e questa obbligazione è suscettibile di esecuzione in forma specifica. Il contratto preliminare deve essere fatto nella stessa forma del contratto definitivo (è identico a quello definitivo ad eccezione di qualche piccola modifica). Esso può essere trascritto. Se una volta concluso il contratto preliminare, si ha un inadempimento di una delle parti, che cosa può fare la parte lesa? Si ha inadempimento preliminare e la parte lesa può chiedere al giudice un risarcimento del danno e, soprattutto, esecuzione in forma specifica, cioè, posso chiedere una sentenza che produca gli effetti del contratto definitivo che non è stato fatto. Quest’ultimo punto è molto importante in quanto nell’ordinamento italiano è prevista l’esecuzione in forma specifica per gli obblighi di dare e non fare, ma non si può ottenere per gli obblighi di fare (come firmare il contratto). Il contratto preliminare riceve una tutela più forte (eccezionale) rispetto a quella che riceve normalmente l’obbligo di fare, costituendo di fatto, l’unico caso nel nostro ordinamento in cui vi è esecuzione forzata dell’obbligo di fare (il giudice con la sentenza costituisce il contratto non concluso) Esistono obblighi di contrarre previsti dalla legge (e non da un contratto preliminare)? Il pagamento dell’assicurazione o acquisto biglietto del treno - Contratto fiduciario Il contratto fiduciario combina effetti reali ed effetti obbligatori in modo da realizzare al meglio gli interessi delle parti. È il contratto con cui una parte trasferisce la proprietà di un bene all’altra parte, che si obbliga a gestirlo secondo le direttive del fiduciante. Chi trasferisce il bene è detto fiduciante, chi lo riceve fiduciario. A vuole cedere un bene a X, ma sapendo che X non accetterà mai di acquistarlo da lui, lo cede fiduciariamente a B con la direttiva di cederlo a X. Per quanto riguarda le conseguenze giuridiche il fiduciario acquista la proprietà e il fiduciante resta privo di qualsiasi situazione di tipo reale sul bene; di conseguenza, il bene può essere aggredito dai creditori del fiduciario. - Contratto simulato La simulazione è lo strumento a cui le parti ricorrono quando hanno interesse a creare l’apparenza di una situazione giuridica diversa dalla situazione reale: le parti dichiarano di fare un determinato contratto, ma in realtà sono d’accordo che non lo vogliono. A tale dichiarazione corrisponde il contratto simulato, cioè, finto e l’accordo delle parti è detto accordo simulatorio. Il contratto simulato crea una situazione apparente, mentre la situazione reale è quella indicata dall’accordo simulatorio. Distinguiamo la simulazione in assoluta (inesistenza di qualsiasi effetto) o relativo (effetti diversi da apparenti). Mentre il contratto simulato viene reso pubblico, la controdichiarazione viene tenuto nascosta dalle parti. La ragione che porta a simulare può essere lecita (uno finge di vendere al nipote prediletto a cui in realtà vuole donare) o illecita. Nei rapporti tra le parti, il contratto simulato non produce alcun effetto, dal momento che in realtà le parti non vogliono e dichiarano di non volerlo. Quando la simulazione è assoluta si esaurisce qui, quando è relativa ha effetto tra le parti il contratto dissimulato, ossia realmente voluto. Il problema centrale della simulazione è stabilire se deve prevalere l’apparenza o la realtà. Tra le parti prevale la realtà e in linea di principio questo vale anche per terzi acquirenti, cui la legge consente di far emergere la situazione reale quando questa sia per loro più vantaggiosa di quella apparente. - Interpretazione del contratto La prima funzione dell’interpretazione è quella della qualificazione giuridica: di fronte a quale contratto ci troviamo? Le parti possono aver dato un nome al contratto ma poi aver sostenuto un contenuto incompatibile con quella tipologia contrattuale. Il Codice indica una serie di criteri interpretativi, ne distinguiamo due: 1. criteri di interpretazione soggettiva: art.1362: nell’interpretare il contratto si deve indagare la comune intenzione delle parti, senza limitarsi al solo senso letterale delle parole. Per determinare la comune intenzione delle parti si deve valutare il comportamento complessivo (se le parti si sono sempre comportare come se il contratto avesse valore è difficile dimostrare il contrario) anche posteriore alla conclusione del contratto e l’interpretazione contestuale (ogni clausola interpretata alla luce delle altre). 2. criteri di interpretazione oggettiva: - il contratto deve essere interpretato secondo buona fede: ovvero secondo i principi di correttezza, lealtà. - principio di conservazione degli atti giuridici (1367): nel caso vi sia un dubbio sulla validità di un contratto/clausola, se il dubbio dipende dall’interpretazione che si dà, si valuta la conformità alla legge che gli permette di svolgere la propria funzione (al contrario di un’altra funzione che potrebbe avere clausola non conforme a legge) - criterio degli usi interpretativi - criterio dell’interpretazione contrastipluatorem: i contratti standard sono predisposti unilateralmente da una sola parte tramite modulo, e l’altra può solo approvarlo con firma. Le clausole inserite nelle condizioni generali di contratto si interpretano nel dubbio a favore dell’altra parte rispetto a quella che ha sottoscritto il contratto (per garantire maggiore equità). Regole finali: se nonostante tutti questi criteri interpretativi il contratto rimane dubbio, esso deve essere interpretato nel senso meno gravoso per l’obbligato. Se si tratta di un contratto a prestazioni corrispettive si dovrà tentare l’equo contemperamento degli interessi in gioco. - Oggetto del contratto Il contenuto del contratto è l’insieme delle regole che le parti si sono date per realizzare i rispettivi interessi. Mentre l’oggetto è qualcosa di più delimitato, è l’insieme delle due prestazioni: prestazione e Es. donazione: ti dono questa somma con l’onere di realizzare con una parte una struttura per la società (limita la gratuità). Un altro esempio è il testamento: ti lascio l’eredità con l’onere di fare qualcosa. - Rimedi contrattuali I rimedi contrattuali sono i diversi meccanismi offerti dalla legge per reagire al difetto che il contratto presenta e metterne in discussione gli effetti. Sono nullità, annullabilità, rescissione e risoluzione. In base al tipo di interesse che il contratto mette a rischio, distinguiamo: - la nullità che si ispira all’interesse generale (agisce contro difetto che pregiudica valore fondamentale dal punto di vista sociale) - annullamento, rescissione e risoluzione tutelano invece un interesse particolare (reagiscono contro difetto che pregiudica posizione contraente) Inoltre: - nullità, annullamento e rescissione reagiscono contro difetti originari dei contratti, cioè, preesistenti. - la risoluzione reagisce contro disturbi sopravvenuti nel corso dell’esecuzione del contratto Definiamo contratti invalidi i contratti nulli, annullabili o rescindibili. Il concetto di invalidità indica mancanza o difetto di qualche elemento costitutivo del contratto (art.1325). I difetti che portano invalidità si chiamano vizi del contratto. A differenza dell’invalidità, l’inefficacia si ha quando esso non produce gli effetti che normalmente ha la forza di produrre. Un contratto invalido è anche inefficace, ma un contratto può anche essere valido e al contempo inefficace. In base al momento in cui si manifesta inefficacia, si distingue: - originaria: contratto improduttivo di effetti dal momento in cui viene formato - sopravvenuta: contratto inizialmente efficace ma da un certo punto diventa improduttivo Inoltre, si distingue inefficacia: - assoluta: contratto non produce effetti né verso le parti né verso terzi - relativa: il contratto produce effetti tra le parti e verso la generalità di terzi, ma non verso determinati terzi Un contratto inefficace non produce i suoi effetti tipici ma può comunque produrre qualche effetto giuridico. - Rescissione del contratto (patologia genetica del contratto) La rescissione del contratto, è un’azione che spetta al contraente, che ha stipulato un contratto a situazioni svantaggiose perché il suo consenso è stato dovuto ad una situazione di pericolo (1447) o a uno stato di bisogno (1448). Nel primo caso il soggetto ha stipulato un contratto con la necessità, nota alla controparte, di salvare se o altri dal pericolo grave di un danno alla persona; inoltre il contratto è stipulato con condizioni inique e svantaggiose per chi li contrae, che potrà allora recarsi dal giudice e chiederne la rescissione. Nel secondo caso non basta più che la controparte si sia approfittata della situazione di bisogno e che vi sia squilibrio, bensì serve che lo squilibrio sia lesione, eccedendo in valore oltre metà della controprestazione. La lesione dovrà sussistere anche nel momento in cui il giudice emetterà la sentenza (es. per valore di una casa). La parte che si trova in stato di bisogno, non è necessariamente indigente, ma può essere anche in temporanea difficoltà economica data dalla mancanza di liquidità. Chi si è approfittato può evitare la rescissione offrendo, davanti al giudice di riportare il contratto ad equità. In questo caso se il legislatore ha deciso che chi ha contratto il contratto lo ha fatto in situazioni a lui svantaggiose, esso può decidere se mantenerlo attivo o farne cadere l’efficacia. Quindi, la rescissione scatta in presenza di due requisiti: grave squilibrio economico e circostanze anomale in cui viene concluso il contratto. Un esempio può essere quello di una madre che vede annegare il figlio, e che promette una grande somma di denaro a chi lo salverà dall’annegamento. Un altro potrebbe essere quello di chi vende un proprio bene ad un prezzo ben sotto il suo valore effettivo, perché si trova in una situazione di bisogno. D’altra parte, lo squilibrio economico non è di per sé sufficiente per invocare rimedi contro il contratto: uno è libero di vendere un bene a molto meno del prezzo di mercato e non può pentirsene dopo. L’azione di rescissione può essere proposta esclusivamente dalla parte protetta. A differenza dell’annullabilità si prescrive anche l’eccezione. Come la nullità il contratto rescindibile non può essere convalidato, può essere comunque salvato (eliminando squilibrio) La rescissione si prescrive in un anno. Bisogna prestare particolare attenzione al contratto concluso sotto minaccia, la minaccia è violenza morale che è causa non di rescissione ma di annullamento del contratto. La violenza fisica invece elimina uno degli elementi essenziali del contratto, l’accordo, per cui il contratto è nullo. - Differenza tra stato di pericolo e stato di bisogno Lo stato di bisogno è quando si manifesta il bisogno economico che lo porta a compiere necessariamente un contratto mentre lo stato di pericolo quando si manifesta un pericolo che comporta di salvare sé stessi da un danno grave. Se il giudice verifica che i presupposti ci sono autorizza la rescissione, che pone il contratto nella nullità. Il giudice può stabilire un equo compenso per l’opera prestata. - Nullità del contratto (cause…) Si parla di nullità del contratto nel caso di mancanza di un elemento del contratto. Le cause di nullità possono essere: 1. Strutturali: toccano qualche elemento essenziale del contratto, rendendolo incompleto. Il contratto è nullo quando: - manca l’accordo: esempio i contratti fatti per costrizione fisica o da incapaci di intendere/volere - manca la causa: che è la ragione giustificativa - problemi l’oggetto: è inesistente, impossibile, indeterminato - difetto di forma 2. Politiche: il contratto è nullo perché disapprovato dall’ordinamento giuridico, ossia illecito. Il contratto è illecito quando ha oggetto, causa, condizione o motivo illecito. Ad esempio, il contratto in frode di legge. Dire che un contratto è nullo implica che esista, altrimenti si parla di contratto inesistente. Può essere richiesta da chiunque (in quanto riguarda un interesse generale al contrario dell’annullabilità che può essere richiesta solo dal soggetto leso nel contratto), non cade in prescrizione, opponibile a terzi retroattivamente, non sanabile. - Annullabilità contratto e le cause che la provocano Le cause dell’annullabilità del contratto possono essere molteplici, e sono: - incapacità legale - incapacità naturale - l’errore, violenza o dolo --> ovvero i vizi della volontà: fattori che disturbano o deviano il processo di formazione della volontà contrattuale di una parte. Al di fuori di questi filoni, il contratto è annullabile in qualche altro caso previsto dalla legge, ad esempio il contratto concluso dal rappresentante in conflitto di interessi con il rappresentato. Esaminiamo i vizi della volontà: 1. L’errore è l’ignoranza o la falsa conoscenza di elementi rilevanti per decidere in merito al contratto. La legge tiene conto anche dell’interesse della controparte: non tutti gli errori determinano l’annullabilità del contratto, ma solo alcuni di essi. L’errore è causa di annullabilità se è: - essenziale: quando cade su determinati elementi obiettivi del contratto, ossia la natura del contratto, l’oggetto o la persona dell’altro contraente. Un errore determinate del consenso ma non rientrate nelle classi di errore dell’art.1429 non è un errore essenziale e si parla di errore sul motivo, che è irrilevante e non comporta annullamento. - riconoscibile dalla controparte: l’errore deve essere riconoscibile dall’altra contraente ed è tale se una persona di normale diligenza avrebbe potuto rilevarlo. La disciplina dell’errore vista si applica ai contratti onerosi ma non gratuiti ed esiste inoltre un contratto oneroso non annullabile per errore, ossia la divisione 2. Il dolo è il raggiro o la menzogna usati contro un contraente per induro a fare un contratto. Mentre chi cade in errore lo fa da solo, chi subisce il dolo cade in errore ma a causa di un altro soggetto. Il rimedio dell’annullabilità del contratto scatta solo se si tratta di dolo determinante, ossia di un inganno decisivo per la conclusione del contratto, nel senso che senza il raggiro la vittima non avrebbe fatto il contratto. Il dolo può presentarsi anche come reticenza, quando l’inganno consiste nel tacere alla parte elementi decisivi del contratto a lei ignoti. La vittima del dolo, oltre all’annullamento può chiedere anche il risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale o extra-contrattuale. Oltre al dolo determinante che rende il contratto annullabile, il dolo può anche essere incidente. Il dolo incidente è l’inganno non tanto grave da risultare decisivo per la conclusione del contratto ma abbastanza grave da indurre la vittima ad accettare condizioni diverse e meno vantaggiose di quelle che avrebbe accettato senza inganno. La sua conseguenza è risarcimento per responsabilità precontrattuale. 3. La violenza è la minaccia psicologica rivolta verso il contraente per costringerlo a fare un contratto che non vorrebbe fare. Attenzione: la violenza fisica determina la nullità mentre quella psichica o morale, cioè la minaccia determina annullabilità. La violenza è causa di annullabilità del contratto se ha tre caratteristiche: - è inerente al contratto - è ragionevolmente grave: il male prospettato deve essere notevole (il bene deve essere rilevante e la lesione abbastanza grave; la minaccia deve essere verosimile tale da fare impressione sopra una persona sensata) - presuppone un male ingiusto: è ingiusto il male causato da un comportamento illecito Diverso dalla violenza è il timore reverenziale, cioè lo stato di soggezione psicologica in cui una persona si trova di fronte a un’altra: il contratto non è annullabile. Come il dolo anche la violenza può provenire da un terzo e causa annullabilità del contratto, anche se il contraente che se ne avvantaggia non sapeva nulla, la violenza è un vizio più grave del dolo/ Il contratto annullabile può essere annullato ma anche convalidato e solo la controparte può richiedere l’annullamento (che però si prescrive in 5 anni, quindi se lascio passare 5 anni dalla conclusione del contratto e non lo impugno, allora gli effetti del contratto diventano definitivi). Questo perché l’interesse tutelato non è quello della collettività, bensì quello particolare del singolo. - Come si sceglie se optare per nullità o annullabilità? Il contratto che contrasta con norme imperative è nullo, a meno che la legge non preveda diversamente (cioè, a meno che non prevedo annullabilità). La parte che si avvale della risoluzione di diritto ottiene il vantaggio di distruggere un contratto che non le interessa più, ma corre anche il rischio che successivamente si constati che non esistevano i presupposti della risoluzione di diritto e che in realtà il contratto non si è risolto. In queste 3 ipotesi di risoluzione di diritto in cui il contratto si risolve da solo, ci possono essere contestazioni (il giudice comunque non può valutare ma deve solo controllare che vi siano le ipotesi per la risoluzione del contratto) 2. Impossibilità sopravvenuta della prestazione La sopravvenuta impossibilità della prestazione non imputabile al debitore estingue l’obbligazione. Qui la risoluzione opera di diritto, con sentenza dichiarativa del giudice, con alcune eccezioni: - il contratto non si risolve se l’impossibilità si verifica durante la mora del creditore, in quanto questo resta obbligato alla controprestazione - se la cosa va distrutta per causa non imputabile all’alienante, il contratto non si risolve: l’acquirente non riceve la cosa acquistata ma resta obbligato a eseguire la sua prestazione - nel caso di contratto che trasferisce quantità generica di cose, il contratto non si risolve se le cose vanno distrutte dopo l’individuazione. 3. Eccessiva onerosità sopravvenuta (rara) Opera solo per contratti di durata. Si applica quando nel corso dell’esecuzione del contratto si verificano fatti che alterano notevolmente, a svantaggio di una parte, l’originario equilibrio economico del contratto stesso: sono le sopravvenienze, che devono essere successive alla conclusione del contratto e anteriori all’esecuzione di esso, oggettive ed esterne, straordinarie e imprevedibili. Lo squilibrio economico può derivare sia da aumenti di costo della prestazione sia da diminuzioni di valore della prestazione altrui; inoltre, affinché onerosità sopravvenuta sia eccessiva, lo squilibrio deve essere consistente rispetto al margine di rischio normalmente insito in un determinato tipo di contratto. La risoluzione non può essere chiesta se il contraente onerato risultava già inadempiente quando si è verificata la sopravvenienza. È poi una risoluzione giudiziale. L’altra parte può evitarla se offre di modificare equamente le condizioni del contratto: rimedio dell’offerta di riduzione a equità. - Conseguenze della risoluzione La risoluzione scioglie il rapporto contrattuale; quindi, gli effetti del contratto vengono meno: - reciproca liberazione dagli impegni e restituzione delle prestazioni già eseguite, quindi risoluzione opera retroattivamente - nei confronti di terzi non è retroattiva La risoluzione non è idonea, nei casi in cui il contratto deve realizzare operazioni molto complesse e di lunga durata (come appalti), in questi casi il contratto deve restare fermo e vanno apportati aggiustamenti. Le parti possono inserire nel regolamento delle clausole di completamento successivo, di adeguamento automatico e di rinegoziazione. In assenza di tali clausole, le parti hanno un obbligo di rinegoziazione di fronte a certe sopravvenienze, per il principio di buona fede. Il principio di buona fede opera, dunque, come fonte di integrazione del contratto e ha valore di clausola generale. La presupposizione è una situazione di fatto che entrambe le parti, pur non menzionandola esplicitamente, hanno considerato come presupposto fondamentale del contratto, di modo che la sua inesistenza toglierebbero al contratto la sua stessa base. - Cosa è la caparra confirmatoria? La caparra confirmatoria è uno strumento per rafforzare l’attuazione del contratto, consiste in una somma di denaro o quantità di cose fungibili che una parte dà all’altra alla conclusione del contratto; è un incentivo all’adempimento: se chi ha dato la caparra è inadempiente rischia di perderla, mentre se è inadempiente chi ha ricevuto la caparra deve restituire il doppio della caparra. - Responsabilità contrattuale La responsabilità contrattuale è la responsabilità in capo al soggetto debitore di risarcire i danni cagionati al creditore con la non esatta esecuzione della prestazione dovutagli in virtù del rapporto obbligatorio tra loro sorto, avente come fonte un contratto o qualsiasi atto o fatto (che non sia illecito) idoneo a produrre un’obbligazione. Art.1218: “Il debitore che non esegue correttamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno se non prova che l’inadempimento o il ritardo è sato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile”. I due criteri sono quindi la possibilità della prestazione e imputabilità del debitore. - impossibilità della prestazione: è oggettiva se non deriva da una particolare condizione del debitore ma da fatti esterni ed è insuperabile da chiunque. Tale impossibilità libera il debitore (es. pubblica autorità vieta il commercio di merci che ho ordinato). - imputabilità della prestazione: è imputabile al debitore quando esiste una ragione che giustifica l’attribuzione della responsabilità a suo carico. La responsabilità può essere per colpa o senza. 1. Responsabilità per colpa: per colpa si intende negligenza, imprudenza e imperizia. È in colpa il debitore che non esegue la prestazione per distrazione o dimenticanza o la esegue male per incompetenza. Il suo opposta è la diligenza, infatti per l’art.1176 la diligenza dovuta nell’adempimento è quella del buon padre di famiglia, ovvero di una persona seria. La colpa può essere ordinaria o grave. Il dolo invece è la volontà e coscienza di danneggiare qualcuno. Inadempimento doloso è quello del debitore che consapevolmente e deliberatamente viola il diritto del creditore. Il dolo è più riprovevole della colpa, per cui l’inadempimento doloso è trattato in modo più severo rispetto a quello per colpa. 2. Responsabilità oggettiva (senza colpa) Si ha quando il debitore inadempiente deve risarcire il danno anche se l’inadempimento non dipende da sua colpa (es. distruzione delle cose affidate al vettore per il trasporto). Questa responsabilità si fonda sul rischio: il debitore risponde di tutti i fatti, anche non dipendenti da sua colpa, che si manifestano nella sfera della sua organizzazione e del normale svolgimento della sua attività, per tutelare l’interesse del creditore. Un accenno va alla responsabilità per fatto degli ausiliari: il titolare dell’impresa risponde anche dei fatti dolosi o colposi dei suoi dipendenti. Nel momento in cui viene riconosciuta la responsabilità contrattuale, l’inadempiente è tenuto a risarcire il danno subito dall’altra parte. Come si fa a valutare il danno? Il danno è la diminuzione di valore che il patrimonio del danneggiato subisce per effetto dell’inadempimento. L’art.1223 individua due componenti del danno: 1. Danno emergente: è la perdita subita dal creditore (spesa incontrata in ragione dell’inadempimento) es: il valore delle merci distrutte 2. Lucro cessante: è il mancato guadagno (es. i profitti che avrebbe ottenuto) Questo è il danno patrimoniale, consistente in una perdita di valori economici. C’è anche un danno non patrimoniale consistente nella lesione di un valore o interesse non economico, che viene in rilievo nella responsabilità extracontrattuale. Art.1225 (risarcimento danno contrattuale): delimita l’ammontare del danno contrattuale al tempo in cui è sorta l’obbligazione. Per riparare il danno si può avere: 1. risarcimento per equivalente: dà al danneggiato qualcosa che non si identifica con il valore distrutto o l’interesse leso, ma qualcosa che equivale ad essi, come una somma di denaro. Sorge il problema della quantificazione del danno risarcibile, cioè della determinazione della somma di denaro che vi corrisponde. La determinazione del risarcimento del danno extra-contrattuale obbedisce agli stessi criteri previsti per la responsabilità contrattuale. Per il criterio base, va risarcito tutto il danno sofferto dal creditore, sia come danno emergente che come lucro cessante. Ci sono altri criteri più restrittivi: - Art.1227 (concorso fatto colposo del creditore): misura il risarcimento limitato in base alla colpa del danneggiato. Il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze. - per il criterio della causalità: il danno va risarcito solo nella misura in cui si conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento. - per il criterio della prevedibilità: va risarcito solo il danno che poteva essere previsto nel momento in cui è nata l’obbligazione. - per il criterio della valutazione equitativa: il danno viene risarcito con una stima approssimativa e di buon senso. Quando il danno non può essere risarcito nel suo preciso ammontare, la sua determinazione è rimessa alla valutazione equitativa del giudice. 2. riparazione in forma specifica: consiste nel ripristinare proprio l’interesse che l’inadempimento ha leso. Rimette il danneggiato esattamente nella posizione in cui si trovava prima del fatto dannoso. Il diritto al risarcimento per danno contrattuale si prescrive in 10 anni. Viene richiesto il risarcimento in forma specifica quando è stato danneggiato un bene e io voglio che torni come prima. Vi sono due limiti per il risarcimento/reintegrazione in forma specifica: 1) La reintegrazione deve essere possibile almeno in parte 2) La reintegrazione non deve essere eccessivamente onerosa per il debitore (dove il costo della reintegrazione superi il valore del bene prima del danno): Il danno non patrimoniale deve essere risarcito? Si. I diritti patrimoniali sono quelli reali e di obbligazione che, se vengono lesi devono essere risarciti. Art.2059: i danni non patrimoniali possono essere risarciti nei casi previsti dalla legge. Deve essere risarcito il danno non patrimoniale quando viene leso un valore fondamentale della persona (diritto inviolabile dell’uomo). - Quali sono i mezzi di conservazione di garanzia del credito/garanzia patrimoniale? L’obbligazione non avrebbe senso se non fosse prevista la responsabilità del debitore per inadempimento. Serve quindi un meccanismo che consenta al creditore di realizzare effettivamente il suo diritto al risarcimento: è l’esecuzione forzata sui beni del debitore, così da ottenere la garanzia generica del credito. L’obiettivo è assicurare una concreta soddisfazione al creditore vittima dell’inadempimento. Ci sono due tipi di esecuzione forzata: - espropriazione forzata: serve a realizzare coattivamente i crediti pecuniari e consiste nella vendita dei beni del debitore per ricavare un prezzo che viene attribuito al creditore - esecuzione in forma specifica: attribuisce al creditore il risultato che si sarebbe dovuto produrre con l’adempimento. L’esecuzione forzata ha come oggetto i beni del debitore. Si chiama responsabilità patrimoniale la posizione del debitore, in quanto titolare di beni idealmente al servizio del creditore ed esposti alle sue azioni esecutive. Vale il principio della responsabilità patrimoniale illimitata: il debitore risponde con tutti i suoi beni presenti e futuri (con l’eccezione di non privare il debitore di beni essenziali per la vita) Il patrimonio del debitore è la garanzia generica del credito. - Cause legittime di prelazione? (pegno, ipoteca, privilegio) Le cause legittime di prelazione sono gli elementi, propri solo di alcuni creditori, che attribuiscono loro il diritto di essere soddisfatti, su determinati beni del debitore, prioritariamente rispetto agli altri creditori. I crediti possono essere allora con prelazione (privilegiati) o chirografari (non assistiti da prelazione). Le cause di prelazione sono: 1. Il privilegio: è una causa di preferenza che si lega o alla causa del credito o al particolare rapporto che lega il bene oggetto di privilegio e la causa del credito; si dice allora che tali crediti sono assistiti da privilegio su determinati beni del debitore. A seconda dell’oggetto, il privilegio può essere: - generale: per oggetto tutti i beni del debitore - speciale: ha per oggetto singoli beni, mobili o immobili, connessi con la causa del credito. Il privilegio ha anche effetti reali, ma non sempre; l’efficacia reale del privilegio consiste nell’opponibilità a terzi. 2. Il pegno: ha per oggetto beni mobili, è un diritto reale di garanzia e un contratto reale 3. Ipoteca: riguarda i beni mobili o immobili registrati, sorge con l’iscrizione dell’ipoteca nei registri pubblici e può essere legale, volontaria o giudiziale. Sia il pegno che l’ipoteca danno al creditore diritto di prelazione e seguito (se il debitore vende a un terzo la cosa, il diritto rimane comunque nelle mani del creditore) - Diritti reali di garanzia Pegno e ipoteca sono diritti reali di garanzia e costituiscono la garanzia specifica del credito: solo determinati beni sono destinati a garantire il credito e lo fanno in modo particolarmente sicuro. A differenza del privilegio, sono diritti reali e nascono con atto di autonomia privata (mentre il privilegio è stabilito dalla legge). La garanzia specifica dà al creditore due diritti fondamentali: - diritto di seguito: è la possibilità di aggredire il bene e sottoporlo ad esecuzione forzata anche se è uscito dal patrimonio del debitore - diritto di prelazione: è il diritto di soddisfarsi sul bene con priorità rispetto agli altri creditori. Inoltre, vale il principio di accessorietà, secondo cui pegno e ipoteca sono accessori e strumentali al credito garantito e non potrebbero esistere indipendentemente da esso, per cui se il credito si estingue si estinguono anche le garanzie. - Il pegno Il pegno è il diritto reale di garanzia costituito sopra: - beni mobili non registrati, universalità di mobili, crediti. Le regole principali sul pegno sono: - la costituzione del pegno presuppone due elementi, quali il titolo esecutivo (è l’accordo tra il proprietario della cosa e creditore) e lo spossessamento (il proprietario rilascia il possesso della cosa, consegnandola al creditore) - il creditore che ha nelle mani il bene deve costudirlo ma può percepirne i frutti - il debitore pagato interamente il debito, può esigere la restituzione della cosa - se il credito non viene adempiuto alla scadenza, il creditore può vendere la cosa e prelevare la somma ricavata quanto gli è dovuto. Il pegno deve risultare da atto scritto e deve essere sottoposto a pubblicità. Lo spossessamento è fondamentale, altrimenti se vendo il bene è titolo originario. - Che cosa è l’ipoteca? L’ipoteca è una forma di tutela, grazie alla quale il creditore tutela il proprio patrimonio che in parte è stato concesso al debitore, per proteggersi dal pericolo di insolvenza da parte del debitore. Si tratta quindi di un diritto reale di garanzia che ha per oggetto solamente beni immobili e mobili registrati. L’ipoteca nasce con l’iscrizione di questa nei pubblici registri (caso di pubblicità costitutiva), senza quest’anno l’ipoteca non può nascere. Per iscrivere l’ipoteca c’è bisogno di un titolo (volontario, legale o giudiziale) e in base a quest’ultimo si ha il tipo di ipoteca. Quindi ci possono essere tre tipi di ipoteca: - volontaria: quando si ha volontà del debitore di concedere al creditore di ipotecare un proprio bene perché viene richiesto dal creditore - legale: per legge il creditore ha il diritto di iscrivere un’ipoteca su un bene del creditore - giudiziale: è sufficiente una qualunque sentenza di condanna (es. risarcimento del danno) a legittimare ad iscrivere ipoteca su qualunque bene immobile del debitore. L’ipoteca serve a dare diritto di prelazione; in ogni caso il creditore può rifarsi su tutti i beni del debitore. Inoltre, più creditori possono iscrivere ipoteca sul bene del debitore; in questi casi si distinguono i gradi dell’ipoteca: chi iscrive l’ipoteca per primo avrà un’ipoteca di primo grado, chi per secondo di secondo e così via. Colui che ha un’ipoteca di primo grado si soddisfa per primo e così via; quindi, il primo ad iscriverla sarò il primo a soddisfarsi sul bene. L’ipoteca si estingue per varie cause: estinzione del credito, distruzione del bene ipotecato, rinuncia del creditore, scadenza del termine, vendita forzata del bene promossa dal creditore, scadenza del ventennio senza rinnovazione (l’iscrizione ha efficacia per 20 anni). Se si verifica una di queste cause, l’ipoteca è cancellata dai registri e il bene è liberato dal vincolo. Il creditore può riscriverla con una nuova iscrizione, tuttavia essa non conserva il grado che aveva prima. Diversa è la riduzione dell’ipoteca: si ha quando c’è un’eccessiva sproporzione tra valore del credito garantito e valore del bene ipotecario. Può capitare che il bene ipotecato sia di un terzo, o per sua gentile concessione o perché ha acquistato il bene ipotecato. In questi due casi si può avvenire la vendita forzata ma il terzo potrà nominare un amministratore che segua al posto suo l’espropriazione o attivare la procedura di purgazione dell’ipoteca, offrendo ai creditori la somma di denaro che ha pagato per l’acquisto del bene. È vietato il patto commissorio: patto fra debitore e creditore, con cui si stabilisce che in caso di inadempimento la cosa ipotecata o data in pegno passi automaticamente in proprietà al creditore. - Sentenza di ipoteca giudiziale: ipoteca decretata da un giudice con sentenza di condanna a pagamento di una somma o adempimento ad altra obbligazione o risarcimento del danno - Le garanzie di credito 1. Pegno Durante la durata del contratto, chi ha diritto ad eventuali frutti prodotti dal bene dato in pegno? Ha diritto ai frutti il creditore, che via via che percepisce i frutti li imputa alle spese, agli interessi e poi al capitale. 2. Fideiussione: il terzo garantisce con il proprio patrimonio il debito del debitore. La fideiussione è il contratto con cui una parte (fideiussore) garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui, obbligandosi personalmente verso il creditore; realizza garanzia personale del debito. Il fideiussore non assume l’obbligazione ma la garantisce (causa del contratto). Il creditore si può rifare sul patrimonio del debitore e del fideiussore. È possibile prestare fideiussione anche per debiti condizionati o futuri. Come opera la garanzia fideiussoria? Il creditore può chiedere adempimento indifferentemente all’obbligato principale e al fideiussore, per pretendere la prestazione? Si, perché il fideiussore è obbligato in solido con il debitore principale al pagamento del debito. Tuttavia, se c’è beneficio di escussione a favore del fideiussore, questi può pretendere che il creditore si rivolga prima al debitore principale. Nei rapporti tra fideiussore e debitore principale, il fideiussore che ha pagato il debito è surrogato nei diritti del creditore verso il debitore principale e può rivolgersi a costui con azione di regresso per ottenere il rimborso del capitale, oltre a interessi a spese. Quando le banche fanno credito a qualcuno, spesso richiedono la garanzia di un terzo nella forma della fideiussione omnibus. Il grado di sicurezza da una garanzia personale dipende dalla solidità patrimoniale del garante. - Transazione È il contratto con cui le parti, facendosi concessioni reciproche, pongono fine a una lite già iniziata o prevengono una lite che può sorgere tra loro. La causa del contratto è composta da due elementi: - fra le parti deve esserci una lite, attuale o potenziale - le parti devono chiudere la lite facendosi concessioni reciproche Quanto alla forma, la transazione richiede la scrittura solo per la prova. L’annullabilità si può avere quando la transazione si fonda su presupposti falsi o gravemente lacunosi. - I motivi per cui un soggetto decide di compiere un certo atto sono rilevanti o no? In generale il motivo non è rilevante, ma in certi casi lo è. Il motivo è rilevante solo quando entrambe le parti concludono il contratto per un comune motivo illecito, il quale se dimostrato determina la nullità del contratto. Questo perché è illecita la causa specifica di quel determinato contratto, che si sa essere stato concluso per comune motivo illecito tra le parti. - Fai quadro completo della materia della vendita. Che cosa sono le vendite obbligatorie? E invece la vendita a rate? La vendita è il contratto che realizza il trasferimento della proprietà di una cosa o di un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo (art.1470). È un contratto oneroso, a prestazioni corrispettive, e la sua causa tipica è lo scambio di un bene contro denaro. È un contratto con effetti reali in quanto trasferisce diritti ma è un contratto consensuale; ci sono dei casi in cui l’effetto traslativo non è immediato: sono i casi di vendita con effetti obbligatori. /Il principio consensualistico/ è il principio in base al quale il contratto produce i suoi effetti traslativi nel momento della conclusione dell’accordo, in cui le parti manifestano il consenso. Anche la vendita obbligatoria ha effetti reali, ma tale effetto reale non è immediato, perché la proprietà non si trasferisce al momento della conclusione del contratto ma solo in seguito. I principali casi sono: - vendita alternativa: oggetto del trasferimento va scelto dopo la vendita - vendita di cose generiche: il trasferimento avviene con l’individuazione - vendita di cosa futura: il trasferimento si produce quando la cosa viene a esistenza. Se le parti la impostano sul rischio (il compratore deve pagare il prezzo anche se poi la cosa non viene a esistenza: è la vendita di speranza) è un contratto aleatorio, altrimenti è commutativo. - vendita di cosa altrui: il venditore non è proprietario della cosa che vende Un esempio di vendita ad effetto reale differito e legato al tempo stesso ad un termine è la vendita a rate con riserva della proprietà: il prezzo viene pagato frazionatamente, a scadenze periodiche dette rate, e il compratore acquisterà la proprietà solo dopo aver pagato l’ultima rata (effetto reale differito). Non ha effetti reali immediati e la sua funzione è dare garanzia forte del credito. La cosa viene però consegnata al compratore e così passano a lui i rischi della cosa; il compratore può usare la cosa, ma non può trasferirla a terzi. Inoltre, la cosa essendo ancora di proprietà del venditore non può essere aggredita dai creditori del compratore. Per quanto riguarda l’inadempimento da compratore rispetto al pagamento delle rate di prezzo, valgono tre Il mutuo è un contratto reale: con la consegna di denaro, il mutuatario ne acquista la proprietà, ma contemporaneamente sorge l’obbligazione di restituire la somma. Prima della consegna può esserci solo la promessa di mutuo (preliminare). Il mutuo è oneroso: obbliga il mutuatario anche a pagare interessi al tesso legale. Gli interessi del mutuo non sono elementi essenziali del contratto, ma elemento naturale, cioè, c’è se le parti non lo escludono (io posso avere anche un mutuo gratuito). Le parti possono anche pattuire un tasso superiore, ma non può essere tanto alto da generare interessi usuari. Gli interessi sul mutuo sono frutti civili. (frutto naturale: frutto che matura anche indipendentemente dalle operazioni dell’uomo frutto civile: è un corrispettivo dell’utilizzo che un altro soggetto, non proprietario del bene, ne fa) Le parti fissano anche il termine di restituzione e in mancanza lo stabilisce il giudice; il mancato pagamento di una rata consente al mutuante di chiedere la restituzione immediata nell’intera somma ancora dovuta. - Contratti per adesione Sono contratti predisposti unilateralmente da un’impresa, che la controparte può decidere o meno di accettare in toto (1341-2). Sono quindi contratti privi di trattative e quindi, per l’ordinamento, sorge l’esigenza di tutelare il consumatore, la parte debole, da eventuali squilibri di un contratto predisposti completamente dalla controparte. Le principali regole sono queste: le condizioni generali vincolano l’aderente solo se risulta che questi avrebbe dovuto conoscerle usando le normale diligenza + se fra le condizioni generali sono presenti clausole vessatorie (particolarmente svantaggiose per l’aderente), tali clausole vincolano l’aderente solo se questi le ha specificatamente approvate per iscritto. La legislazione più recente è però arrivata a vietare completamente le clausole vessatorie, per tutelare ulteriormente il consumatore. - Contratti conclusi in via informatica? Se io concludo un contratto di compravendita immobiliare tramite email, la vendita è valida? Si, se c’è stata la firma digitale. Se io poi volessi trascrivere tale contratto di compravendita immobiliare, che forma deve avere ai fini della trascrizione? Se il contratto di compravendita immobiliare è stato stipulato in una forma che sia una scrittura privata, con questa forma io posso trascriverlo nei registri immobiliari oppure no Ai fini della trascrizione di un contratto di vendita immobiliare è necessaria una scrittura privata autenticata oppure (se l’atto è gia firmato) un atto pubblico, o una scrittura privata accettata giudizialmente. - Per quali contratti è prevista la forma scritta obbligatoria? Per tutti gli atti che riguardano il trasferimento di un diritto, beni immobili o mobili registrati, il testamento, il contratto di donazione, locazione di beni immobili, contratti di società. Il contratto di locazione di un bene immobile deve essere fatto obbligatoriamente in forma scritta per le locazioni immobiliari ultranovennali. - Obbligazione L’obbligazione è parte di un rapporto giuridico, tra creditore e debitore. Che caratteristiche deve avere la prestazione dovuta dal debitore in favore del creditore? Deve essere possibile, lecita, determinata o determinabile. Un contratto che facesse sorgere un’obbligazione con prestazione indeterminabile sarebbe nullo per mancanza di un elemento essenziale, l’oggetto. Nel caso di obbligazioni soggettivamente complesse (ovvero con più soggetti) la regola base è quella della solidarietà passiva. E’ la legge o le parti, che con il contratto possono darsi una regola diversa dalla solidarietà passiva. Quando non vale la solidarietà passiva, il creditore deve chiedere l’adempimento ai singoli debitori, e nel pretendere la prestazioni ai singoli debitori egli non può chiedere loro nulla di più della loro quota. - Morte senza testamento, lesione della quota legittima: si ha la successione legittima, con gli eredi legittimi che sono coniuge e figli. Se non vi è nessuno che succede, l’eredità va allo stato. Nel caso di lesione della quota di un erede, esso può compiere l’azione di legittimità per far reintegrare le disposizioni fatte dal de cuius. - Quali sono i criteri di esattezza della prestazione? 1. Termine: se le parti non l’hanno stabilito, la regola dice che il creditore può esigere immediatamente la prestazione (se poi ci sono gli usi, o la natura dell’affare allora varrà quel termine) 2. Luogo: le obbligazioni vanno adempiute al domicilio del debitore, ma se sono obbligazioni pecuniarie allora vanno adempiute al domicilio del creditore. Se l’obbligazione consiste nella consegna di una cosa determinata allora l’obbligazione va adempiuta nel luogo in cui si trovava la cosa al momento della pattuizione. - Processo civile Se sorge una lite tra due soggetti, lo Stato deve risolverla esercitando la funzione giurisdizionale: stabilisce quale è la norma giuridica applicabile a un particolare caso e quali sono le conseguenze. Per svolgere tali funzioni ci sono i giudici. Il processo si apre solo se l’interessato prende iniziativa esercitando l’azione, ovvero proponendo al giudice una domanda, chiedendogli di emanare un provvedimento idoneo a realizzare il suo interesse. Il presupposto dell’azione è l’interesse di agire di chi la esercita. Chi perde il processo può impugnare la sentenza. Le parti del processo sono l’attore, che esercita l’azione e il convenuto contro cui l’azione è esercitata. Nel nostro ordinamento vigono due principi: 1. Il principio dell’iniziativa di parte: il processo civile non si apre se l’interessato non prende l’iniziativa 2. Il principio del contradditorio: entrambe le parti devono poter far valere efficacemente le proprie ragioni nel processo. I diritti per essere riconosciuti devono fondarsi su delle prove (mezzi per dare conoscenza del fatto). Nel processo civile vale il principio dispositivo, per cui spetta alle parti interessate fornite al giudice le prove. - Cosa sono le prove dei fatti giuridici? Sono quei meccanismi che l’ordinamento predispone per consentire a colui che intende far valere in giudizio un proprio diritto di darne fondamento. Le prove si distinguono in due tipi: - prove precostituite: ovvero quelle prove che preesistono all’insorgere del giudizio e sono scritte. Sono in sostanza le prove documentali, ovvero l’atto pubblico, la scrittura privata e la scrittura privata autenticata. - prove costituende: ovvero quelle prove che sorgono durante il processo, e sono il giuramento, le confessioni, la prova per testimoni e le presunzioni. Le prove precostituite sono: - la scrittura privata: è compiuto da un privato cittadino che sotto scrive con firma la sua dichiarazione, farà piena prova della provenienza delle dichiarazioni da parte di chi l’ha sottoscritta. Se chi ha sottoscritto non riconosce la firma, questa sarà sottoposta ad una perizia calligrafica - la scrittura privata autenticata: stessa di prima ma con la firma apposta alla presenza di un notaio o pubblico ufficiale - l’atto pubblico: documento redatto da notaio o altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede; non se ne può negare l’autenticità a meno che non si sporga querela di falso. Le prove costituende sono: - la confessione (dichiarazione di verità di fatti sfavorevoli a chi dichiara e favorevoli alla controparte. È prova vincolata e costituisce piena prova; il giudice non ne può valutare la veridicità) che può essere giudiziale o stragiudiziale. - il giuramento (è favorevole alla parte che dichiara. Diviene prova quando è l’altra parte a deferire il giuramento) - prova per testimoni (al testimone si può chiedere solo di accertare fatti avvenuti e non opinioni. Essendo prova libera, il giudice può valutarne l’affidabilità. In tre casi si può far testimoniare sull’esistenza di un contratto) - presunzioni (possono essere legali, es. il possesso si presume o semplici, fatte dal giudice partendo da fatti noti) Principio dell’ultrapetizione: il petitum è ciò che la parte che agisce chiede, e quindi il giudice non può andare oltre ciò che gli chiede la parte. Principio del contradditorio: le parti del processo devono avere la reale possibilità di far valere i propri interessi. Il principio consiste nel fatto che le parti possono cercare attraverso gli avvocati di far valere le proprie ragioni per prevalere sull’interesse dell’altro, utilizzando nel processo le prove. Arriviamo così al principio dell’onere della prova: essa deve essere cercata e messa in giudizio dalle parti, e non dal giudice. L’onere della prova è quindi a carico prima dell’attore e solo dopo del convenuto. In certi casi si ha inversione dell’onere della prova, ma non è ammesso per diritti indisponibili. Quando una delle due parti ha assolto al suo onere della prova allora l’onere della prova passa dall’altra parte. - Atto pubblico L’atto pubblico è quel documento redatto dal notaio o da qualsiasi altro ufficiale pubblico, autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l’atto è formato. Esso fa prova di: data, provenienza dal pubblico ufficiale, il pubblico ufficiale afferma che i fatti e le dichiarazioni delle parti avvenute di fronte a lui. L’atto pubblico è una delle tipologie della forma scritta, che può essere appunto atto pubblico, scrittura privata e scrittura privata autenticata. Quale efficacia ha come mezzo di prova? È necessario un atto di querela per smentirlo. Se io voglio contestare una dichiarazione falsa fatta in presenza di un pubblico ufficiale devo querelare di falso il pubblico ufficiale, cioè io devo – di fronte ad un giudice penale – chiamare a rispondere il falso. - Scrittura privata La scrittura privata è ogni documento sottoscritto dal suo autore, si distingue in: - autenticata: un notaio o pubblico ufficiale attesta che la firma è stata apposta in sua presenza - riconosciuta: l’autore la riconosce - verificata: chi appare come autore della scrittura la disconosce e l’altra parte chiede al giudice di accertarne l’autenticità La scrittura privata autenticata viene fatta dal notaio (o davanti pubblico ufficiale) per autenticare la sottoscrizione dell’atto, cioè si firma in usa presenza. L’atto è gia formato, ma non è firmato: si firma, ma prima di firmare il pubblico ufficiale si accerta dell’idoneità del sottoscrivente. Rispetto alla scrittura privata non autenticata, quella autenticata dà maggiori garanzie al creditore. È più difficile per il debitore disconoscere la firma apposta in presenza del notaio, questo non vuol dire che non lo può mai fare. La parte che ha sottoscritto quel documento alla presenza di un pubblico ufficiale non può disconoscere la propria sottoscrizione a meno che egli non quereli di falso il pubblico ufficiale. L’ordinamento ricollega la conseguenza del mio comportamento (obbligazione del risarcimento) al mio atto (purché l’atto sia conscio). La struttura dell’atto illecito è composta da: elemento soggettivo (dolo o colpa) e oggettivo (nesso causalità e ingiustizia). Elementi oggettivi: nesso casualità adeguata (danno deve essere conseguenza normale del comportamento) e ingiustizia del danno (interesse leso deve essere giuridicamente rilevato, tutelato dall’ordinamento): Questo perché vi sono danni non ingiusti per cui non è previsto un risarcimento. Art.2046: non risponde delle conseguenze del fatto dannoso chi non aveva le capacità di intendere e di volere ciò che ha commesso. Eccezione fatta se lo stato di incapacità deriva da propria colpa. Per la responsabilità bisogna individuare la presenza del danno (patrimoniale o non), nesso di casualità, ingiustizia del danno, che non ci sia incapacità naturale, e che non ci siano giustificazioni (consenso del danneggiato, legittima difesa, stato di necessità per salvare se o altri da un pericolo), imputabilità (dolo, colpa, responsabilità oggettiva). - Responsabilità extra-contrattuale I danni si possono verificare anche al di fuori di un preesistente rapporto obbligatorio. La responsabilità extra-contrattuale (o civile) nasce a seguito di un fatto illecito tra due individui che precedentemente non erano legati da nessun tipo di rapporto contrattuale. Le funzioni della responsabilità civile sono: - funzione compensativa: bisogna compensare il danneggiato per la perdita subita, reintegrando il suo patrimonio ingiustamente diminuito - funzione preventiva: l’obiettivo è intervenire prima che i danni si verifichino, per impedire che si producano o almeno per ridurne il numero, con il risultato di evitare o limitare la distruzione della ricchezza - funzione sanzionatoria: l’obiettivo è punire il responsabile per un suo comportamento riprovevole. Fino ad un certo momento si pensava che solo la lesione di un diritto assoluto potesse integrare estremi per responsabilità extra-contrattuale; ad oggi vi è stata un’evoluzione della giurisdizione per cui anche una lesione del diritto di credito porta ad un risarcimento extra-contrattuale. - Responsabilità da fatto illecito Art.2043: “Qualunque fatto doloso o colposo che cagioni un danno ingiusto ad altri, obbliga l’autore del fatto al risarcimento del danno” ( Si configura insomma la responsabilità extra-contrattuale da fatto illecito (non significa che la responsabilità sorge solo se commette un illecito). Non è però detto che ogni volta un soggetto patisce un danno necessariamente scatti la responsabilità di un altro soggetto e l’obbligo di risarcirlo. Il problema della responsabilità civile sta nel selezionare fra atti dannosi che creano responsabilità e atti dannosi che non la creano. Affinché si possa parlare di illecito civile extra-contrattuale sono necessari tre elementi: uno soggettivo e due oggettivi. L’elemento soggettivo è quello psicologico che collega il comportamento al danno causato: è necessario che il fatto (atto) compiuto lo sia stato per colpa (imprudenza e negligenza che portano al danno) o addirittura per dolo (volontà di procurare il danno). È quindi necessario che dietro al danno ci sia stato un comportamento attivo del soggetto, che doveva essere inoltre in possesso della capacità di intendere e di volere. I due elementi oggettivi sono invece il nesso causale tra condotta e evento dannoso (antecedente necessario + causalità adeguata) e l’ingiustizia del danno (l’interesse leso è rilevante per l’ordinamento) - Danno Chiamiamo danno non patrimoniale le conseguenze negative che il soggetto patisce per la lesione recata a un valore della sua persona, come tale non suscettibile di diretta valutazione economica, come la lesione dell’integrità fisica o offesa onore, da cui derivano paura, sofferenza (danno morale soggettivo). Il danno non patrimoniale (che corrisponde al danno morale soggettivo) è risarcibile solo nei casi stabiliti dalla legge. Mentre, oggi i giudici affermano che la lesione di un interesse della persona che risulti costituzionalmente protetto deve essere sempre risarcita anche nelle sue conseguenze non patrimoniali. Inoltre, la lesione di valori della persona può infliggere alla vittima danni economici. Quando il danno è ingiusto? - è ingiusto il danno causato da un comportamento che viola una norma e che quindi è illecito (anche se ci possono essere casi di danno causato da comportamento che non viola nessuna norma) - è ingiusto il danno che corrisponde alla lesione di un interesse protetto dal diritto. - Nesso di causalità (responsabilità extra-contrattuale)? C’è una norma giuridica che fissa un criterio attorno alla consequenzialità, alla relazione tra il fatto dannoso e il danno; questa norma giuridica non la ritroviamo nell’ambito della disciplina della responsabilità extra- contrattuale, bensì nelle regole della responsabilità contrattuale perché proprio in quell’ambito è fissato il principio per il quale il danno dev’essere conseguenza immediata e diretta del fatto. Per stabilire l’esistenza nesso causalità usiamo vari criteri: - criterio causalità materiale: un danno è causato da un fatto se in assenza di quel fatto il danno non si sarebbe verificato - criterio della causalità giuridica: regolarità statistica che dimostra la ragionevole probabilità che quel fatto abbia prodotto quel determinato danno - criterio responsabilità per omissione: si applica quando danno è causato da omissione di un’azione/fatto Quale è il nesso causale rilevante? È conseguenza di quel comportamento il danno che era prevedibile come normale conseguenza di quel comportamento (criterio della causalità adeguata) Bisogna capire il rapporto fra obbligo e responsabilità: il fatto illecito crea responsabilità e quindi obbligazione (se io provoco danno a qualcuno, commettendo fatto illecito, ne sono responsabile e sono obbligato al risarcimento del danno). Il contratto crea responsabilità non obbligazione risarcitoria. Se le obbligazioni vengono adempiute non sorge nessuna responsabilità. In effetti nell’ambito contrattuale la responsabilità è un’eventualità. Essa sorge quando il contratto è inadempiente e sorge responsabilità risarcitoria per il mancato svolgimento della prestazione. Mentre invece nel fatto illecito il concetto di responsabilità e obbligazione coincidono. - Dolo e Colpa: definizioni e differenze Il dolo è la volontà di cagionare un danno, ovvero tenere un comportamento dannoso con la coscienza della sua idoneità a recare danno (danno volontario). La colpa è l’imprudenza, imperizia o negligenza. Concetto di colpa quale elemento soggettivo (non volontario) di un fatto illecito. Può essere colpa grave o ordinaria. Quando è che il fatto è colposo? Presupposto che attribuisce o meno la rilevanza agli stati soggettivi del dolo o della colpa: l’elemento dell’imputabilità. - Antigiuridicità del comportamento Vi sono cause che escludono l’antigiuridicità del comportamento dannoso: casi in cui è stato un fatto un fatto illecito che ha cagionato danno ingiusto ma la condotta non è stata antigiuridica e quindi non c’è responsabilità. Due ipotesi che suppongono l’antigiuridicità del comportamento: - legittima difesa - stato di necessita: quando chi ha compiuto fatto dannoso è stato costretto per salvare se o altri dal pericolo di un danno grave alla persona, e il pericolo non è stato da lui cagionato. - Responsabilità soggettiva e oggettiva La responsabilità oggettiva prescinde dal dolo o dalla colpa (è la responsabilità senza colpa). È sufficiente che un fatto abbia provocato un danno ma non è necessaria la dimostrazione del dolo o della colpa. Si ha quando, nell’esercizio dell’attività, vengono prese le misure di sicurezza necessarie ma il residuo rischio di danni viene messo a carico di chi esercita l’attività, anche se a lui non è imputabile nessuna colpa. Ma perché è giusto che il titolare dell’attività risponda dei danni anche se non ha nessuna colpa? - svolge l’attività nel proprio interesse, per profitto - può assorbire facilmente il peso risarcimento, tramite assicurazione - è colui che organizza e controlla attività C’è un limite: il titolare dell’attività non risponde se il danno dipende da caso fortuito. La responsabilità penale invece non è oggettiva, ma presuppone dolo o colpa. Se io ho la custodia della cosa e la cosa provoca un danno, io ne rispondo a prescindere dal fatto che io abbia fatto un dolo o colpa. Ad eccezione di dimostrare un caso fortuito che separa la cosa dal danno. (es. cane che morde qualcuno). In caso di rovino da edificio, la responsabilità grava sul proprietario dell’edificio per i danni causati dalla sua rovina. Per l’art. 2050: “chi esercita un’attività intrinsecamente pericolosa risponde del danno causato nello svolgimento di essa” La responsabilità del produttore: sono sempre più frequenti i danni sofferti dai consumatori che vengono a contatto con prodotti di serie difettosi. Il produttore che ha messo in circolazione un prodotto rilevatosi difettoso è responsabile dei danni causati dal difetto del prodotto. La responsabilità soggettiva: si fonda sulla colpa del danneggiante, in quanto si ritiene socialmente adeguato mettere su di lui il peso del risarcimento visto che si è comportato in modo negligente e imprudente. Al contrario di quella oggettiva che si fonda sul rischio - Imputabilità responsabilità extra-contrattuale: Il soggetto deve avere capacità naturale (cioè, di intendere e di volere). Art.2046: “non risponde delle conseguenze del fatto dannoso chi non aveva la capacità di intendere e volere al momento in cui l’ha commesso”. Il danno non obbliga al risarcimento l’autore del fatto da cui il danno deriva se tale soggetto non era capace di intendere e volere nel momento in cui ha compiuto il fatto, in quanto se uno non è in grado di comprendere la portata delle sue azioni non è giusto addossargliene le conseguenze; l’autore risponde solo se lo stato di incapacità dipende da sua colpa (es. era ubriaco) Quindi la capacità di agire serve per stipulare i contratti mentre la capacità di intendere e volere per stabilire imputabilità. Il danno è imputabile anche ad un minore, ad esempio, ma questo dipende da una serie di criteri che sono anche soggettivi: il giudice dovrà valutare l’età, la maturità del soggetto, e anche la tipologia del danno, cioè se era evidente che eseguendo quell’azione egli avrebbe sicuramente danneggiato un altro soggetto. Nel caso in cui non ci sia capacità naturale (per esempio dal minore) c’è la possibilità di imputare la stessa responsabilità a colui che aveva il compito di sorvegliare il soggetto (genitori, tutore). Art.2048: “i genitori sono responsabili del danno causato dal fatto illecito del figlio minore non emancipato a condizione che abiti con loro”. Nel caso in cui colui che doveva sorvegliare l’incapace dimostri che non aveva la possibilità di sorvegliare l’incapace nel momento in cui ha eseguito il fatto dannoso (possibilità di prova liberatoria), vi potrà essere, invece del risarcimento integrale del danno, un equo indennizzo. - rappresentanza indiretta La rappresentanza diretta è quando il rappresentante agisce anche in nome del rappresentato, mentre invece quella indiretta è quando il rappresentante agisce solamente per conto altrui e non in nome altrui. Nel primo caso gli effetti degli atti compiuti dal rappresentante in nome del rappresentato, si attuano e si concludono direttamente nella sfera giuridica del rappresentato. Nel secondo invece gli effetti degli atti compiuti si concludono nella sfera giuridica del rappresentante, che poi in secondo momento dovrà trasferirli al rappresentato. Il contratto concluso dal rappresentante in nome e in conto del rappresentato vincola costui soltanto nei limiti delle facoltà concessogli, in caso contrario si ha: - abuso di potere: quando il rappresentante avendo ottenuto legittimamente la rappresentanza di un soggetto, ne abbia fatto cattivo uso agendo per un fine diverso che posso essere stato per torna conto personale o per favorire terzi, in contrasto con gli interessi del rappresentato. In quel caso il contratto è efficace ma può essere annullato dal rappresentato. - l’eccesso di potere: quando il rappresentante supera i limiti conferitogli con la procura, in questo il contratto diviene nullo, salvo rettifica del rappresentato. - il difetto del potere: quando un soggetto si finge il rappresentante di un soggetto, senza averne gli effetti poteri, in questo caso il contratto viene definito nullo, salvo rettifica del rappresentato. Il mandato è invece quell’atto in cui si obbliga una parte (mandatario) a compiere uno o più atti giuridici per conto dell’altra (mandante). Tra gli obblighi del mandatario quello fondamentale è eseguire il mandato con l’ordinaria diligenza. A differenza della rappresentanza, che nasce da un atto unilaterale (procura) che produce effetti verso terzi, il mandato è un contratto che opera e produce effetti tra le parti. Anche esso può essere con rappresentanza o senza rappresentanza (l’effetto si riverbererà sul mandatario che dovrà trasferirlo questo effetto sul mandante). Il mandato con rappresentanza dove il mandatario-rappresentante è obbligato ad agire per conto del mandante-rappresentato in base al contratto di mandato; inoltre ha il potere di agire in nome del mandante-rappresentato in base alla procura. Il mandato senza rappresentanza dove il mandatario è obbligato ad agire per conto del mandante in base al contratto stipulato ma non può agire in suo nome poiché manca la procura che gli attribuisce tale potere. Gli effetti si producono in capo al lui stesso che ha l’obbligo di trasferirli al mandante. Se il mandatario non ritrasferisce (rendendosi inadempiente del mandato) che cosa può fare il mandante, oltre al risarcimento del danno? Inoltre, il mandato può essere generale, se relativo a tutti gli affari del mandante o speciale, se è riferito ai singoli atti. L’estinzione del mandato può avvenire per scadenza del termine o compimento dell’affare, per morte o sopravvenuta incapacità delle parti, rinuncia del mandatario, revoca da parte del mandante. La commissione è un sottotipo di mandato, in base a cui il commissario si obbliga a compiere operazioni di acquisto e di vendita per conto del committente, ma in nome proprio; è un mandato senza rappresentanza. I rischi dell’operazione gravano sul committente ma l’accordo delle parti o gli usi possono stabilire che il commissario sia tenuto allo star del credere, cioè egli garantisce che l’affare vada a buon fine, con la conseguenza che l’eventuale insolvenza del compratore grava economicamente su di lui. o - Promessa del fatto/obbligazione del terzo (art.1381) Io mi obbligo a che un terzo faccia qualcosa o assuma un’obbligazione, il terzo quindi non risulta vincolato, e se il terzo non assume l’obbligazione o fatto allora io devo risarcire il contraente. - Procura e mandato: differenze Nel caso di rappresentanza volontaria è l’interessato a decidere se e da chi farsi sostituire: l’atto con cui conferirà questo potere al rappresentante sarà la procura, atto unilaterale non ricettizio. (un atto è ricettizio quando produce gli effetti nel momento in cui è conosciuto al destinatario, in questo caso no, il destinatario della procura è il terzo con cui il procuratore potrà venire in contatto). La procura è il contratto che giustifica la rappresentanza e richiede che chi la conferisce abbia la capacità legale di agire. Es. ti conferisco la procura a vendere il mio scooter al prezzo di 2000 euro --> la procura conferisce al rappresentante il potere di agire in nome del rappresentato nei confronti di terze persone, ma i diritti e gli obblighi che ne derivano si producono in capo al rappresentato. La procura non può esistere per gli atti personali (come testamento e diritto familiare). Si hanno due tipi di procura: - procura generale: che autorizza a compiere indistintamente tutti gli affari del rappresentato, ovvero tutta una categoria di affari - procura speciale: riguarda uno o più affari determinati Essa si estingue quando: - si estingue il rapporto di base - è stato svolto il compito per il quale era sorta - è scaduto il termine - il rappresentante muore o diventa incapace - il rappresentante rinuncia - il rappresentante revoca La procura non è un contratto in sé per sé, ma alla sua base può essere stipulato un contratto di mandato, con cui il soggetto si obbliga dietro corrispettivo, al compimento di uno o più atti giuridici nell’interesse dell’altro (mandato che può essere con rappresentanza se vi è la procura o senza rappresentanza se non c’è) La procura autorizza ma non obbliga il rappresentante a operare, mentre il mandato lo può fare. Il mandato è un atto bilaterale con il quale una parte (mandatario) si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell’altra (mandante) Es. Il mandato dà l’incarico al mandatario di acquistare un immobile per suo conto. A differenza della procura qui si parla di atto bilaterale e non unilaterale, inoltre si parla di obbligo a compiere e non di conferimento di poteri come nel caso della procura. È un contratto ad effetti obbligatori e di natura personale; può essere a titolo gratuito, ma nel silenzio si presume oneroso (per l’attività che svolgo vengo pagato). Il mandato si estingue quando: - scade il termine - si conclude l’affare - morte o sopravvenuta incapacità - recesso mandatario - revoca mandante - Errore del rappresentante Normalmente, si guarda allo stato soggettivo (psicologico) del rappresentante in caso di errore. Se il rappresentato è in mala fede ovviamente non si producono gli effetti del contratto, anche se il rappresentante era in buona fede quando lo ha comprato. Il rappresentato non può mai sfruttare la buona fede del rappresentante. - Come si realizza l’ipotesi del confitto di interessi? Il rappresentante è tenuto ad agire nell’interesse del rappresentato. Se viola questo obbligo, e agisce in modo da avvantaggiare non il rappresentato bensì sé stesso oppure un terzo si crea un conflitto di interessi: es. Il caso del rappresentante, incaricato di acquistare un bene per conto del rappresentato, lo acquista ad un prezzo spropositato, contando di ricevere un compenso sottobanco dal venditore. La conseguenza è l’annullabilità del contratto da parte del rappresentato. Un caso particolare di conflitto di interessi è rappresentato dal conflitto con sé stesso, che ricorre quando nel contratto concluso dal rappresentante in nome del rappresentato, l’altra parte è il rappresentante stesso. - Contratto con conflitto di interessi è valido? Il contratto con un terzo è annullabile se questo era a conoscenza o avrebbe potuto riconoscere l’esistenza del conflitto. Altrimenti la legge tutela il terzo e il contratto rimane valido. Un’ipotesi estrema di conflitto di interessi è il contratto con se stesso: è il rappresentante stesso che conclude come controparte il contratto in nome del rappresentato, ad esempio acquistando egli stesso il bene. Il contratto così concluso è annullabile su richiesta del rappresentato a meno il rappresentato avesse autorizzato il rappresentante a contrattare con sé stesso o avesse predeterminato il contenuto del contratto. - Falso rappresentante (si parla di rappresentanza senza poteri) È il rappresentante senza poteri (che non gli sono stati conferiti dal rappresentato), se agisce non rimane vincolato in quanto ha agito nel nome del rappresentato e questo impedisce che gli effetti si riproducano su di esso. Il contratto non provoca effetti né sull’uno né sull’altro, ma se il falso rappresentante stipula un contratto con un terzo deve risarcire il danno che provoca al terzo (danno che riguarda l’interesse negativo). - Cosa è la ratifica? Il rappresentato può tuttavia ratificare il contratto sottoscritto dal falso rappresentante: se lo ratifica da quel momento è valido e vengono conferiti a posteriori i poteri di rappresentanza. Può essere il caso di qualcuno che stipula un contratto senza che io gli dia i poteri, io guardo il contratto, mi piace e lo ratifico, dandogli i poteri e regolarizzando il contratto a posteriori. L’efficacia retroattiva della ratifica ha un limite, cioè non intacca i diritti di terzi: se dopo il contratto fra X e B, con successivo contratto A vende l’appartamento a Z, la successiva ratifica del contratto non può toccare l’acquisito di Z. - Recesso del contratto Il recesso è l’atto unilaterale (ricettizio) con cui una parte manifesta la volontà di sciogliere il vincolo contrattuale. Si distingue dal “mutuo dissenso” che è un accordo sullo scioglimento del contratto da entrambe le parti, mentre nel recesso la volontà è solo di una. Può essere di due tipi: 1. Convenzionale: quando il recesso unilaterale del contratto è previsto in una clausola presente nel contratto stesso. A questa clausola le parti possono accompagnare una caparra penitenziale, cioè una somma consegnata da una parte all’altra come corrispettivo del recesso. 2. Legale: è il potere di recedere unilateralmente, attribuito alla parte direttamente dalla legge. La ragione è consentire alla parte di recuperare la propria libertà da un vincolo che altrimenti la ingabbierebbe a vita. Chi recede di solito deve dare un preavviso. La legge non sempre pone sullo stesso piano i due contraenti: - il potere di recesso è attribuito a un contraente e non all’altro (appalto) - il potere di recesso è attribuito a entrambi ma uno può esercitarlo con piena libertà, mentre l’altro solo per una giusta causa. La legge prevede la possibilità di una revisione del prezzo pattuito se: - si verificano variazioni imprevedibili del prezzo dei materiali (che incidono per il 10%) - se si presentano difficoltà dal punto di vista idrico/geologico Il prezzo va pagato ad opera finita o accettata, ma spesso ci sono pagamenti parziali già durante esecuzione. L’appaltatore è tenuto a garantire il committente per il caso che l’opera presenti difformità o vizi, alle condizioni che: il committente non abbia accettato l’opera o se l’ha accettata non conoscesse i vizi e che esso ne faccia denuncia entro 60 gg. I rimedi variano a seconda della gravità: in caso di difetti gravissimi, il committente può chiedere la risoluzione del contratto altrimenti l’eliminazione dei vizi a spese dell’appaltatore. - Il contratto d’opera È il contratto con cui una persona si obbliga a compiere, verso corrispettivo, un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente. - Mediazione Il mediatore è colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, dipendenza o rappresentanza: è imparziale, a differenza di mandatario che agisce nell’interesse delle parti. Il mediatore ha diritto alla provvigione solo se le parti concludono l’affare. Il mediatore deve comunicare alle parti le circostanze relative alla sicurezza dell’affare e rispondere dell’autenticità della sottoscrizione dei documenti. - Trasporto È il contratto con cui una parte si obbliga, verso corrispettivo, a trasferire persone o cose da un luogo a un altro: si chiama vettore, la cui obbligazione fondamentale consiste nel portare tempestivamente a destinazione le persone o le cose, facendo sì che arrivino integre. Nel trasporto di persone, le parti sono il vettore e il viaggiatore. La responsabilità del vettore può dipendere da ritardo o mancata esecuzione del trasporto, da sinistri avvenuti durante il viaggio. Il trasporto cumulativo è quello assunto, con un unico contratto, da più vettori successivi: ciascun vettore risponde nell’ambito del proprio percorso. Nel trasporto di cose le parti sono il vettore e il mittente, ma il contratto può stabilire che le cose siano consegnate ad un terzo, che allora acquista il diritto di ricevere le cose dal vettore. La spedizione è il contratto di mandato (senza rappresentanza) con cui lo spedizioniere assume l’obbligo di concludere, in nome proprio e per conto del mandante, un contratto di trasporto e di compiere le operazioni accessorie. - Deposito È il contratto con cui una parte (depositario) riceve dall’altra (depositante) una cosa mobile con l’obbligo di custodirla e restituirla in natura (es. lascio auto in parcheggio custodito). Può essere gratuito o oneroso, ma si presume gratuito. Fra le obbligazioni del depositario, quella fondamentale è custodire la cosa con la normale diligenza e restituirla; la restituzione può essere chiesta dal depositante in qualsiasi momento e il depositario può chiedergli in ogni momento di riprendersi la cosa. Se il depositario è nell’impossibilità di restituire la cosa per un fatto a lui non imputabile, egli è liberato ma l’onere di provare il fatto spetta a lui. Va distinto il deposito irregolare, che ha per oggetto denaro o altre cose fungibili: il depositario ne acquista la proprietà, se ne può servire e deve restituire altrettante cose della stessa specie e quantità. Possiamo distinguere: deposito in albergo e deposito nei magazzini generali. / - Presupposto della rappresentazione (nella successione). In base a quale istituto possono essere chiamati a succedere nella legittima i nipoti del defunto? La rappresentazione è quell’istituto giuridico che opera quando un soggetto non vuole o non può accettare un’eredità (o il legato) e non vi è nel testamento una sostituzione disposta dal de cuius. In questo caso subentrano i discendenti del chiamato, e si sostituiscono in tutto e per tutto ad esso. Sono due i presupposti della rappresentazione: determinati rapporti di parentela tra il de cuius e il primo chiamato e determinati rapporti di parentela tra il primo chiamato e i soggetti che succedono per rappresentazione, che devono essere i discendenti del primo chiamato. La rappresentazione opera quindi: - per linea retta: il chiamato è diretto discendente del defunto (figlio) - per linea collaterale: il chiamato è la sorella o fratello del defunto La successione per rappresentazione può operare anche con un legato, quando il legatario non può o vuole accettare. - Trascrizione La trascrizione è un mezzo di pubblicità fortemente legato alla circolazione giuridica, poiché ha l’obiettivo di rendere ufficiali e sicuri gli atti relativi ai diritti sulle cose. Gli atti soggetti a trascrizione sono: - i contratti che trasferiscono proprietà su immobili o modificano diritti reali su di essi - atti unilaterali - provvedimenti giudiziari - contratto di locazione di immobili con durata ultranovennale - contratti costituitivi di organizzazioni - domande giudiziali con cui si aprono processi relativi a qualcuno degli atti soggetti a trascrizione: la funzione è rendere la sentenza opponibile a chiunque abbia acquistato diritti sul bene coinvolto nel processo. Grazie al meccanismo della pubblicità sanante, la dichiarazione della nullità della vendita di X a Y non pregiudica l’acquisto di Z da Y se Z è in buona fede, se la trascrizione dell’acquisto di Z è anteriore alla trascrizione della domanda di nullità della vendita. Quando si parla di trascrizione si parla essenzialmente di trascrizione immobiliare che si registra mediante pubblici registri, ed è una delle più importanti forme di pubblicità. Sono soggetti a trascrizione contratti, atti unilaterali, provvedimenti giudiziari e contratti di locazione, acquisiti a causa di morte e domande giudiziali che riguardano beni immobili. Nella trascrizione immobiliare si segue un principio: il principio della continuità delle trascrizioni (spiega) Obiettivo principale della trascrizione è quello di andare a risolvere i conflitti di interessi che si originano quando più soggetti acquistano un medesimo bene, salvando chi trascrive per primo il proprio acquisto (non chi acquista per primo), poiché l’effetto ultimo della trascrizione è quello di poter rendere l’atto opponibile a terzi. Se io concludo un contratto preliminare di vendita di un immobile e voglio trascriverlo devo usare la forma scritta (atto pubblico). Gli atti soggetti a trascrizione possono essere effettivamente trascritti, solo se offrono garanzia di ufficialità e autenticità. La trascrizione viene effettuata dal pubblico impiegato addetto alla conservatoria. Ciò che serve quando vado a fare la trascrizione è una copia dell’atto e una nota di trascrizione. L’atto deve essere pubblico oppure scrittura autentica (altrimenti se non ho un atto notarile in mano mi posso presentare dal conservatore dei registri immobiliari con una sentenza del giudice). La nota di trascrizione è un documento che viene portato insieme ad un atto pubblico, ad una sentenza o ad una scrittura autenticata, per la trascrizione, che può essere di contratti, di atti unilaterali, di domande giudiziali … Nella nota di trascrizione ci va scritta la volontà di voler trascrivere quel determinato atto. Li ci sarà scritto nome e cognome dei soggetti coinvolti, il titolo che si vuole trascrivere, ecc… C’è una doppia copia: una viene data al conservatore del registro immobiliare e una viene tenuta per sé. Nel nostro sistema la pubblicità immobiliare è impostata su base personale: i registri sono organizzate nel modo di seguire i vari atti compiuti dagli autori (solo per i beni mobili registrati sono impostati su base reale). - Compravendita Sappiamo che la compravendita di immobili è un contratto da stipularsi obbligatoriamente in forma scritta; tutta via la legge consentirebbe che tali atti vengano redatti tramite scrittura privata. Questo è vero, ma solo in parte: infatti, affinché l’immobile sia registrato nei registri pubblici (per esigenze di pubblicità e certezza della circolazione degli immobili), è necessaria la forma dell’atto pubblico. Quindi l’atto pubblico è necessario, in quanto, se la compravendita di immobile fosse fatta tramite scrittura privata, questo avrebbe effetto solo tra le parti che lo hanno sottoscritto. - Cosa è la donazione (art.769)? E quale è la sua causa? Cosa significa che è un atto di liberalità? La donazione è il contratto col quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione. È un atto bilaterale, unipersonale e presuppone che vi siano due parti: il donante e il donatario. Possiamo classificarla anche come contratto unilaterale per quanto riguarda gli effetti, in quanto le obbligazioni gravano solo sulla parte donante. Lo spirito di liberalità è proprio la causa tipica della donazione e consiste nel voler arricchire il donatario senza ricevere niente in cambio. Ciò non vuol dire che la donazione è sempre fatta in modo disinteressato per affetto o benevolenza, bensì sotto di essa può esservi un preciso interesse del donante, particolari situazioni o rapporti. La donazione è un contratto disciplinato nel Libro II del codice. Ha un certo profilo di precarietà: a seguito di un’azione di riduzione può essere sottratta a chi l’ha ricevuta. Essendo un contratto necessita dell’accettazione. Il motivo illecito, anche se solo da parte del donante, rende nullo il contratto di donazione; stessa cosa vale per l’errore su motivo da parte del donante. In vari aspetti nella donazione evince l’importanza del donante rispetto al donatario; ad esempio, la donazione è annullabile a prescindere dalla malafede dell’altro in caso di incapacità del donante. La donazione è un contratto formale e quindi richiede forma solenne (dell’atto pubblico) con l’assistenza di due testimoni. L’oggetto della donazione può essere: - il trasferimento della proprietà di un bene o di un qualsiasi altro diritto reale del donante verso il donatario - assunzione di un’obbligazione gratuita del donante verso il donatario: in questo caso non è un contratto con effetti reali ma di fatto si arricchisce un altro soggetto La donazione non può riguardare però cose future. La donazione può essere revocata in due casi: - per ingratitudine: simile all’indegnità di ereditare; si ha ingratitudine quando il donatario ha commesso contro il donante o suoi stretti familiari fatti che determinano indegnità a succedere; o in caso di ingiuria grave verso il donante o ha recato pregiudizio verso esso. - per sopravvenienza di figli: quando successivamente alla donazione sopravvengono dei figli (o nascita figlia o riconoscimento figlio extra-matrimoniale) Ci sono particolari donazioni (in base al particolare motivo): - donazione remuneratoria: donazione fatta per ringraziare qualcuno (non è comunque un corrispettivo), questa donazione è irrevocabile per ingratitudine o sopravvivenza dei figli. Es. istituzione scientifica dà un premio in denaro a giovane biologo - donazione obnuziale: donazione fatta in previsione di un futuro matrimonio, dall’uno all’altro sposo o da un terzo agli sposi. Da un lato è anch’essa irrevocabile e si perfeziona anche senza l’accettazione; occorre però che successivamente si verifichi il matrimonio (quindi i suoi effetti sono sospensivamente condizionati Gli atti con cui i coniugi possono instaurare fra loro un regime patrimoniale diverso dal regime legale (comunione beni) si chiamano convenzioni matrimoniali. - Clausola penale La clausola penale è l’accordo fra debitore, con cui si determina convenzionalmente, in anticipo, quale somma di denaro o quale altra prestazione risarcitoria sarà dovuta dal debitore al creditore in caso di inadempimento. Ci sono delle regole: - a vantaggio del creditore, scatta la regola che quanto previsto dalla clausola è dovuto indipendentemente dalla prova del danno; quindi, anche se il fanno è minore o manca. - a vantaggio del debitore, scatta la regola per cui il risarcimento dovuto si limita a quanto previsto, anche se il danno è maggiore. Il debitore può ridurre secondo equità l’ammontare della penale quando si ha inadempimento parziale e quando la penale risulta eccessiva. - Le funzioni della successione per causa di morte e i principi generali del sistema successorio La morte della persona fisica pone il problema di stabilire la destinazione del suo patrimonio, cioè chi diventerà proprietario dei suoi beni o titolare di altri suoi diritti o anche su chi si scaricheranno i debiti. Tale problema non si pone per le posizioni soggettive intrasmissibili, che si estinguono col titolare, ossia i diritti della personalità e le posizioni non patrimoniali. I principi generali sono: - legittimità della ricchezza ereditata - riconoscimento dell’autonomia privata: l’ordinamento consente ai privati di disporre delle proprie sostanze, per il tempo successivo alla propria morte, tramite l’atto giuridico negoziale detto testamento. Libertà testamentaria che ha i limiti: del divieto dei patti successori e meccanismo della successione necessaria - trasmissione della ricchezza per via familiare: le relazioni di famiglia sono il canal privilegiato per il passaggio delle posizioni giuridiche del defunto ai suoi successori. Nella realtà il sistema successorio definito dalla legge viene eluso: spesso, gli effetti della successione vengono anticipati a un tempo che precede la morte dell’interessato. - Patti successori L’autonomia privata in campo successorio è vincolata all’uso esclusivo di uno strumento tipico: il testamento; per questo c’è il divieto di patti successori. Essi sono vietati, se uno conclude un patto successorio esso risulta nullo. Essi sono: - patti istitutivi: atti con cui soggetto dispone della propria eredità es. facendo testamento a favore di una persona - patti dispositivi: atti con cui il soggetto attribuisce a qualcuno suoi futuri eventuali diritti ereditari - patti rinunciativi: patti con cui un soggetto rinuncia anticipatamente a suoi futuri diritti ereditari Il divieto di patti successori subisce una deroga: le norme sui patti di famiglia. - Patti di famiglia Il patto di famiglia è il contratto con cui il titolare dell’impresa la trasferisce al soggetto individuato come colui che la continuerà dopo la sua morte: se l’impresa è individuale viene ceduta l’azienda, mentre se è societaria si cedono le corrispondenti quote o azioni. La forma richiesta è l’atto pubblico; le parti sono l’imprenditore che cede l’impresa e l’assegnatario che la riceve. Il contenuto comprende la cessione dell’azienda o delle partecipazioni sociali, trasferimenti di denaro o beni in favore dei legittimari non assegnatari. L’effetto è stabilizzare le attribuzioni ricevute dai contraenti. /successioni, eredità, testamento/ - Eredità L’eredità è il complesso delle posizioni giuridiche attive e passive di una persona, cioè il suo patrimonio in quanto destinato a passare ai successori dopo la morte della persona stessa. Bisogna individuare chi acquisterà l’eredità del defunto, ovvero chi saranno i suoi eredi. L’asse ereditario è invece l’intera eredità. Il meccanismo che risolve questo problema si basa su due concetti: vocazione ereditaria e delazione ereditaria. Sulla vocazione testamentaria si basa la successione testamentaria (sono chiamate all’eredità le persone che il de cuius chiama all’eredità nel testamento). - Come si devolve la successione? Art.456 cc: “La successione si apre al momento della morte, nel luogo dell’ultimo domicilio del defunto” La successione è il passaggio di un diritto da un soggetto titolare a un soggetto subentrante in un rapporto patrimoniale. La successione può essere di due tipologie: successione a causa di morte e successione tra vivi. Al momento dell’apertura della successione non ci sono ancora gli eredi, è la sua apertura a determinare a determinare la delazione e vocazione dell’eredità. L’effetto dell’accettazione risale al momento in cui si è aperta la successione, cancellando la fase intermedia. Possiamo dire che successione = morte + vocazione/delazione + accettazione. Al momento dell’apertura della successione si conteggia l’attivo patrimoniale a cui vengono sottratti debiti (che il de cuius aveva al momento dell’apertura successione): in questo modo si determina la quota disponibile e indisponibile. Con la vocazione si determinano quali sono le persone chiamate all’eredità del defunto, mentre con la delazione l’eredità è attribuita al chiamato. In prima battuta l’eredità si devolve per testamento, ma le disposizioni testamentarie non possono pregiudicare i diritti che la legge riserva ai legittimari. Se però non vi è testamento, l’eredità verrà devoluta agli eredi legittimi. In caso di rinuncia dell’eredità da parte di un chiamato, si dà luogo alla delazione successiva, tramite gli istituti della: - sostituzione (si guarda se nell’eventuale testamento il de cuius abbia eletto un sostituto) - rappresentazione (i discendenti subentreranno all’ascendente che ha rinunciato) - accrescimento (si accrescono le quote degli altri chiamati). Quale è il tribunale al quale rivolgersi per compiere gli atti che attengono alla successione? Nel caso della successione bisogna considerare il tribunale del luogo in cui si è aperta la successione; in materia successoria il luogo di riferimento è il luogo dell’ultimo domicilio del de cuius. - Capacità e incapacità di succedere Affinché ci sia la successione, bisogna che la vocazione ereditaria riguardi un soggetto capace di succedere. La capacità di succedere è la capacità di assumere la qualità di erede, dunque si inquadra nella capacità giuridica. Se ne distinguono due: - capacità generale: sono capaci di succedere tutti coloro che sono nati o concepiti al momento dell’apertura della successione. La capacità di non accettare l’eredità è invece capacità di agire. - capacità di succedere per testamento: compete anche a soggetti i quali non potrebbero essere destinatari di una vocazione legittima, tali soggetti sono: organizzazioni e persone fisiche non concepite al tempo. Quindi alla successione può essere chiamato chi non è ancora nato al tempo in cui questa si apre. Alcuni soggetti invece sono incapaci di succedere, per la particolare situazione in cui si trovano. Sono due i casi di incapacità di succedere: - indegnità di succedere: colpisce chi si è macchiato di gravi colpe verso il de cuius, come illeciti contro la persona o personalità del de cuius o dei suoi familiari stretti. Chi diventa indegno non può succedere né per testamento né per successione legittima, ma può riacquistare la capacità di succedere per effetto della riabilitazione, fatta dal de cuius in due modi: espressa (dichiarazione o atto pubblico con cui manifesta volontà di riabilitare indegno) o tacita (dispone testamento a suo favore, conoscendo indegnità). - incompatibilità: riguarda i soggetti che, per il loro ruolo, potrebbero influenzare la sua volontà testamentaria (come tutore). L’incompatibilità preclude solo la vocazione testamentaria e inoltre non è prevista riabilitazione. - Delazione successiva Può accadere che il soggetto non possa succedere o non voglia succedere e quindi rinunci all’eredità. Si pone il problema della delazione successiva: si tratta di attribuire l’eredità o il legato a qualcun altro, che succeda al posto del primo dichiarato. La legge usa un ordine di criteri: 1. Per prima cosa, si ha sostituzione testamentaria eventualmente disposta dal testatore: - può essere ordinaria: disposizione con cui testatore prevede che al posto dell’erede istituito subentri come erede un’altra persona qualora il primo non possa o non voglia accettare. - fedecommissaria: implica due successioni in sequenza fra loro. Testatore prevede già a quale altra persona l’eredità dovrà devolversi, alla morte del primo istituto. 2. In mancanza di sostituzione, scatta il meccanismo della rappresentazione: consente di chiamare alla successione altri soggetti al posto di quelli che non possono o non vogliono succedere. È legata a due presupposti: il primo chiamato deve essere figlio o fratello del de cuius e i soggetti che succedono per rappresentazione devono essere discendenti del primo chiamato 3. In mancanza di rappresentazione, si ha successione per accrescimento: opera solo se il soggetto da sostituire viene chiamato all’eredità non da solo, ma insieme ad altri coeredi. Consiste in questo: la quota del coerede da sostituire viene attribuita agli altri coeredi. Servono alcuni presupposti: - i coeredi devono essere stati chiamati all’eredità per quote uguali - tutti i coeredi devono risultare chiamati con lo stesso testamento In mancanza di accrescimento, si hanno regole di chiusura che garantiscono in ogni caso di determinare la sorte della successione; sono due: - se non si riesce ad attribuire un’eredità, intervengono le regole della successione legittima - se non si riesce ad attribuire un legato, questo perde effetto. - In caso di successione Mortis Causa come si devolve la successione? La successione mortis causa avviene a seguito della morte di un soggetto, e al subentro di uno più altri soggetti nell’acquisizione del patrimonio personale del defunto. La successione in mancanza di testamento o di qualche tipo di legato, avviene tra i membri della famiglia più prossimi (famiglia ristretta), ad esempio l’eredità nel caso di morte marito l’eredità viene spartita tra la moglie e i figli. Si realizza restrizione della libertà del testatore considerando il suo patrimonio diviso in: - quota legittima: è quella riservata dalla legge ai familiari più stretti - quota disponibile: è la parte residua patrimonio, di cui il testatore può disporre liberamente - Legittimari I legittimari sono i successori necessari (i più stretti familiari del de cuius quali coniuge, figli e ascendenti) chiamati a succedere anche contro la volontà del testamento, diversi dagli eredi legittimi. Nel caso di successione solitaria: - il coniuge ha diritto a metà del patrimonio; ha anche il diritto di abitazione - per quanto riguarda i figli, se è solo questo ha diritto a metà del patrimonio Bisognare attenti a non confondere legittimari con eredi legittimi. - eredi legittimi: sono i familiari che la legge chiama eventualmente all’eredità in mancanza di testamento Quindi oltre ad essere un atto unilaterale non ricettizio, opera retroattivamente, così che chi rinuncia all’eredità è come se non fosse mai stato chiamato. Il diritto di rinuncia all’eredità, come quello di accettazione, può avvenire entro i primi 10 giorni dalla morte del defunto. Invece, al contrario dell’accettazione è necessariamente un atto formale e revocabile (il chiamato può successivamente accettare l’eredità in nome e luogo del rinunciante). I creditori del rinunciante, che potrebbero ottenere beneficio dall’accettazione dell’eredità, possono farsi autorizzare del giudice ad accettare l’eredità in nome e luogo del rinunciante. - Quando opera la successione testamentaria? E quando opera invece la successione legittima? La successione testamentaria opera quando un defunto prima della sua morte, ha redatto un testamento in cui viene determinata in che modo verrà divisa la sua proprietà. Un successore che altrimenti sarebbe legittimo può essere diseredato con una disposizione contenuta nel testamento. Il patrimonio nel testamento può essere diviso in quote, oppure attribuito come legato (ricorda però che il testamento non può in ogni caso ledere le quote legittime). La successione legittima, invece, opera quando un defunto, non ha redatto nessun tipo di testamento o legato per quando poi sarebbe morto, di conseguenza il suo patrimonio verrà distribuito tra i suoi eredi principali (coniugi e figli) per poi passare a parenti più prossimi. In particolare, se il de cuius lascia figlio e moglie andrà metà e metà. La successione dei parenti obbedisce alle seguenti regole: ciascun ordine esclude il successivo, entro ciascun ordine il grado più prossimo esclude il più remoto. Il successore in ultima istanza è lo stato, che succede al de cuius quando questo muore senza testamento, senza coniuge né parenti. Lo stato acquista l’eredità automaticamente, senza bisogno di accettazione e senza possibilità di rifiuto. Inoltre, non risponde dei debiti oltre il valore del patrimonio ereditato. - Testamento Il testamento è un atto revocabile con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o parte di esse. È atto negoziale, patrimoniale, revocabile, unilaterale, unipersonale e non ricettizio (i suoi effetti si producono a prescindere dal fatto che il chiamato all’eredità ne abbia conoscenza). Il testamento è una delle modalità per cui il patrimonio personale di un defunto viene trasmetto ad altri individui, con il testamento è lo stesso defunto a decidere a chi spetta qualcosa è il che cosa, se nel testamento una parte del patrimonio non viene esplicata da parte del defunto, questa verrà tramessa per successione legittima agli eredi, questi sono soggetti che hanno uno strettissimo legame con il defunto (coniuge, figli, nipoti), per legge a questi spetta in qualsiasi caso una quota del patrimonio personale del defunto, in caso contrario questi potranno appellarsi all’azione di riduzione. La successione può essere per via di un erede o di un legato. Le principali forme di testamento sono tre: - il testamento olografo: si tratta di un semplice foglio, scritto dall’ormai defunto e deve essere scritto a mano, firmato e datato I vantaggi di esso il fatto che si può confezionare in modo semplice, economico garantendo riservatezza; come contro abbiamo il rischio di smarrimento, distruzione e falsificazione. Rischi che si evitano ricorrendo al testamento per atto del notaio: - il testamento pubblico: redatto da un notaio con la presenza dell’interessato, viene firmato da entrambi i soggetti con la presenza di due testimoni, oltre a questo deve essere comunque presente la data. Ps. Un testamento olografo se successivo al testamento pubblico, se ha una data maggiore supera il testamento pubblico - il testamento segreto: composto da due parti, una fatta dal solo testamentario sigillata in una scheda testamentaria, l’altra in cui ci sono la data, la firma del notaio e i due testimoni. Il contenuto del testamento è segreto e verrà rivelato solamente all’apertura di questo da parte del notaio Il testamento può presentare contenuto tipico (individuazione di eredi o legati) o atipico (natura non patrimoniale di atti che abbiano forma di testamento). I legittimari hanno diritto, comunque, ad una parte del patrimonio personale del defunto, di conseguenza rappresentano per questo una sorta di “limite alla libertà testamentaria”, perciò è possibile dividere il patrimonio in due categorie: - patrimonio indisponibile: parte del patrimonio che per legge deve andare ai legittimari - patrimonio disponibile: parte del patrimonio che il testamentario può decidere in che modo disporre. Se non esistono dei legittimari il patrimonio è interamente disponibile. La nullità delle disposizioni testamentarie può dipendere da vari vizi: - difetti di forma: causano nullità quando rendono dubbia l’autenticità delle disposizioni (es. nel testamento olografo manca l’autografia). - illiceità: illiceità della condizione e dell’onere, motivi illeciti, illiceità dell’oggetto, disposizioni fatte a favore di persone incapaci di ricevere. - indeterminatezza: colpisce le disposizioni a favore di persona indeterminata Le ipotesi di annullabilità sono: - difetti di forma: quelli meno gravi (es. mancanza dati) - incapacità di agire del testatore: può essere incapacità legale del minore e dell’interdetto giudiziale - vizi della volontà: errore, violenza e dolo. Ci sono alcune differenze rispetto al contratto: 1. È causa di annullamento anche l’errore sul motivo perché il motivo risulti dal testamento e sia l’unico determinante 2. Nella violenza, le caratteristiche della minaccia vanno intense in senso meno rigoroso 3. Il dolo ha confini più ampi Mentre la nullità può farsi valere senza limiti di tempo, l’azione di annullabilità si prescrive in 5 anni. Rispetto ai contratti, qui è più forte l’esigenza di salvaguardare la piena integrità dell’autore dell’atto rispetto alla tutela dell’affidamento; inoltre c’è qui l’esigenza di salvare per quanto possibile un atto che non si può rifare. - Revoca del testamento La revoca è l’atto von cui il testatore toglie efficacia al testamento fatto in precedenza, e può farlo in modo espresso (dichiarando di voler revocare il precedente tramite un testamento posteriore o un atto ricevuto dal notaio) o tacito (risulta da alcuni comportamenti concludenti: confezionando un testamento posteriore, distruggendo volontariamente il testamento olografo, ritirando il testamento segreto o alienando/trasformando la cosa legata). La legge prevede anche un caso di revoca di diritto, che opera a prescindere da qualsiasi manifestazione di volontà del testatore: è il caso della sopravvivenza dei figli, che comprende esistenza di figli ignorati dal testatore al tempo del testamento e scoperti dopo, oppure la nascita di figli dopo il testamento o adozione. - Testamento olografo È il testamento fatto su foglio di carta sottoscritto e firmato dal de cuius, con data, semplice economico e riservato (si distingue da quello privato consegnato al notaio o quello pubblico fatto con notaio e testimoni) Richiede tre elementi: - autografia: l’atto è invalido se scritto in parte da persona diversa - data: va indicata in modo completo - sottoscrizione: va posto alla fine del testamento Testamento olografo ha il vantaggio di essere semplice e non costoso e garantisce la riservatezza circa le ultime volontà del testatore, ma è esposto a rischio di smarrimento, distruzione o falsificazione. - Testamento per atto del notaio Il testamento per atto del notaio può essere: - pubblico: lo redige il notaio, che raccoglie la volontà del testatore in presenza di due testimoni. Il difetto è la mancanza di riservatezza sul contenuto del testamento - segreto: può essere scritto direttamente dal testatore, ma anche da un terzo e anche con mezzi meccanici, e sottoscritto dal testatore stesso. Viene sigillato, in presenza di testimoni e consegnato al notaio. Alla morte del testatore, testamento olografo e segreto devo essere pubblicati. - Contenuto tipico e atipico del testamento? Il testamento è un atto unilaterale, negoziale, patrimoniale e negoziabile con il quale si dispone delle proprie sostanze o di parte di esse. Il testamento può avere due tipi di contenuti, ovvero: - tipico: è di tipo patrimoniale, ovvero quando tratta la separazione del patrimonio e l’indicazione di uno o più eredi e uno o più legati - atipico: quando tratta temi di carattere non patrimoniali, come ad esempio la designazione di un tutore, il riconoscimento di un figlio naturale, la confessione stragiudiziale. Disposizioni tali hanno efficacia solo se contenute in un atto che ha la forma del testamento (olografo, pubblico o segreto) e non sono revocabili. La confessione extra-giudiziaria è anche una fonte di responsabilità: se la confessione riguarda rapporti patrimoniali è chiaro che essa diventa una disposizione patrimoniale perché, se io scrivo un testamento ed in esso mi riconosco debitore di una persona quello è un debito che nasce da testamento. Oppure la riabilitazione di un indegno a succedere, che ha commesso degli illeciti verso la persona o suoi familiari. Quindi il testamento è come un contenitore di diverse disposizioni testamentarie che si presentano relativamente autonome l’una dall’altra. La conseguenza più rilevante è che se una parte del testamento dovesse risultare invalida, questa non renderò invalido tutto il testamento; è inoltre possibile che solo una parte del testamento possa essere assoggettata a condizione e revocata. - Diseredazione La diseredazione è la disposizione testamentaria con cui si dichiara di voler escludere qualcuno dalla propria successione: - se il diseredato è estraneo alla famiglia, la disposizione è irrilevante perché comunque il soggetto non avrebbe titolo a succedere - se la diseredazione colpisce un successore legittimo, ha senso - la diseredazione in senso forte è quella diretta a escludere dall’eredità un successore necessario, che ha comunque diritto almeno alla quota legittima. - Legato Il legato è la disposizione testamentaria che attribuisce uno o più beni determinati, nei quali il legatario succede a titolo particolare (non c’è bisogno di accettazione, non comprende debiti e crediti del de cuius, a differenza dell’eredità dove potenzialmente si potrebbe rispondere per debiti di importo superiore all’eredità). Anche un credito può essere lasciato sottoforma di legato. Si parla di sublegato quando il legato è messo a carico di un altro legatario, che a sua volta diventa onerato. Per contro, è possibile che onorato di un legato sia lo stesso erede: si parla di prelegato.
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