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preparazione esame orale prof.ssa Cima, Appunti di Pedagogia

riassunto di tre parti di tre libri: le forme sociali dell'educazione, pratiche narrative per una pedagogia dell'invecchiare, attraverso lo sguardo.

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 15/06/2023

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rrachelee 🇮🇹

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Scarica preparazione esame orale prof.ssa Cima e più Appunti in PDF di Pedagogia solo su Docsity! LE FORME SOCIALI DELL’EDUCAZIONE – M. Catarci Cap. 2.1: “Alle origini della pedagogia sociale: il contributo di Ivan Illich e Paulo Freire” Ivan Illich e Paulo Freire erano due intellettuali impegnati nelle iniziative di riscatto e di emancipazione sociale degli esclusi del mondo e giocarono un ruolo importante nello sviluppo della pedagogia sociale, evidenziando la necessità di assumere una finalità “sociale” in qualsiasi riflessione pedagogica. Ivan Illich, austriaco di nascita, fu fondatore del Centro Intercultural de Documentaciòn (CIDCOC) di Cuernavaca in Messico, nel 1961, luogo di formazione per volontari e missionari nell’America Latina, che si impegna in un’azione di decentramento culturale per costruire rapporti interculturali. Illich lancia una forte critica alla società contemporanea e alle sue forme sociali, al modello economico capitalista e all’idea di uno sviluppo illimitato. Partendo da questa critica conia la nozione di “convivialità” per identificare una condizione di capovolgimento della realtà stereotipata della produttività industriale e di costruzione di relazioni umane che partecipano alla creazione della vita sociale stessa. Per Illich la convivialità rappresenta il contrario della produttività industriale, e attuare questo passaggio significa sostituire a un valore tecnico un valore etico e a un valore materializzato un valore realizzato. La convivialità rappresenta l’unica possibilità per l’individuo di modellare l’immagine del proprio avvenire partendo da un obiettivo collettivo, ovvero quello di dar vita a una comunità politica di uomini coscienti della forza della loro ragione, delle proprie parole e dei propri pensieri. Affianco a questa critica alle istituzioni, Illich propone anche un progetto di “descolarizzazione della società” con la completa abolizione dell’istituzione scolastica nella società. La prima motivazione per questa proposta riguarda il fatto che la scuola, così come la vedeva Illich, portava alla riproduzione continua di un sistema sociale ingiusto, perché si basava sul presupposto della scarsità e della mancanza. Bisognerebbe dunque favorire un apprendimento “anti-istituzionale” basato su una continua partecipazione attiva del soggetto. Per Illich la descolarizzazione rappresenta la premessa indispensabile per la liberazione dell’uomo; va concepita un’educazione che vada oltre la sua rappresentazione nella scuola, per poter cogliere le tante diverse forme di apprendimento del soggetto, la maggior parte della propria cultura viene infatti acquisita fuori dalla scuola, nella realtà sociale e, come dice Illich, quasi tutto ciò che si impara lo si apprende casualmente. Si pensa che la proposta concreta di Illich fosse quella, non di abolira le scuole ma di delegittimarle separandole dal potere dello Stato in modo che si possa sviluppare un apprendimento basato soprattutto sulla quotidianità. Paulo Freire, pedagogista brasiliano, propone una teoria umanizzante e liberatrice. Pubblicando “La Pedagogia degli oppressi” nel 1969, propone un’educazione problematizzante partendo dall’analisi dei concetti di “oppressori” e “oppressi”, ovvero coloro che hanno il potere e coloro che sottostanno al potere. Al posto di questa realtà dell’oppressione, Freire, propone una nuova impostazione dialogica basata sul rapporto “uomo-uomo”, raggiungibile attraverso l’educazione. Secondo Freire non tutta l’eduzione è funzionale al cambiamento sociale, l’educazione può essere sia strumento di cambiamento che di mantenimento della situazione. Esistono infatti due tipi di educazione: una depositaria e una problematizzante. La prima è mezzo di oppressione perché conserva le condizioni attuali, invece la seconda può divenire strumento di cambiamento di tali meccanismi. L’educazione depositaria si basa appunto su una relazione in cui l’educatore depone conoscenze nell’educando, quindi rispetta il rapporto tradizionale educatore-educando. Nell’educazione problematizzante invece il contenuto non è deciso dall’educatore ma si costruisce con la comune partecipazione attraverso il dialogo: l’educazione viene costruita CON il soggetto e non soltanto PER lui. Per Freire con tale tipo di educazione “l’educatore non è solo colui che educa ma colui che, mentre educa, è educato nel dialogo con l’educando, il quale, a sua volta, mentre è educato, anche educa”. Si costruisce una visione della realtà degli educandi e dell’educatore organizzata in “temi generatori” che nascono dai nuclei dell’esperienza del soggetto e che dunque non sono prefissati dalle istituzioni. La funzione sociale dell’educazione è quella di produrre una società nuova. PRATICHE NARRATIVE PER UNA PEDAGOGIA DELL’INVECCHIARE – R. Cima Cap. 1.3: “Scrittura come cura, di sé, degli altri, del territorio” Il testo affronta determinate tematiche pedagogiche basandosi su una ricerca svolta a Calcinato, un piccolo paese di circa 13’000 anime, che si colloca a Sud del Lago di Garda, dal 2002 al 2010. L’impegno della ricerca è quello di stare in relazione con una domanda posta dal servizio sociale del Comune: avviare un percorso con i servizi del territorio che riguardi, in particolar modo, l’età anziana. Vengono svolti così diversi progetti e iniziative rivolte alla popolazione anziana del paese, per conoscerne le storie e creare una rete sociale tra i partecipanti. Dopo una prima fase di narrazione vera e propria in cui i partecipanti portavano al gruppo le proprie storie di vita e le proprie esperienze, narrandosi, si sviluppò la proposta, anche da parte delle stesse donne del gruppo, di raccontare e ascoltare anche con l’uso della scrittura, per poter scoprire altri dintorni in relazione all’invecchiare e individuare e sperimentare azioni educative nel territorio. Il laboratorio “scrittura come cura” offriva altri due punti di avvistamento: - il primo relativo ai contenuti delle singole narratrici e dei singoli narratori, i quali assumono rilevanza e colore in relazione al tema dell’invecchiare; - il secondo è relativo alla riflessione sulla processualità operativa della ricerca stessa: potevamo osservare come si struttura il percorso. Nel laboratorio l’oralità precede sempre la scrittura che è guidata fino a trovare le voci e le parole che esprimano al meglio le storie. Il metodo-filo che accompagna il lavoro di direzione dell’oralità e delle scritture obbedisce all’essere il più fedele possibile alle voci e alle immagini che le parole offrono. Restituire le storie è dono di per sé. Le narrazioni permettono di trovare risonanze e aperture nuove anche nella vita personale. Scrivere e narrare in gruppo è un’esperienza socio- relazionale in cui ogni racconto rappresenta una reciproca scoperta di zone di vita dove nessuno è conoscitore fino in fondo. Ogni voce, ogni racconto, ogni scrittura, può dirsi quando circola fiducia reciproca. In questa dinamica di relazioni si individuano quattro momenti e movimenti: -il luogo soggettivo da cui prendono voce le storie orali e poi le scritture, esso è un mo(vi)mento verso di sé; -la relazione dentro il laboratorio che è mo(vi)mento verso il piccolo gruppo; -nei dintorni di ciascuna e ciascuno, altro mo(vi)mento nelle prossimità; -il pensiero sul dire e sul fare che si traduce in mo(vi)mento verso il territorio.
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