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Prima guerra mondiale (1914-1918), Dispense di Storia

Dispensa Prima guerra mondiale (1914-1918) adatta ad uno studio efficace e completo.

Tipologia: Dispense

2021/2022

In vendita dal 21/03/2022

alicecalifano
alicecalifano 🇮🇹

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Scarica Prima guerra mondiale (1914-1918) e più Dispense in PDF di Storia solo su Docsity! LE CRISI MAROCCHINE Pag.59-60 Il piano di riarmo navale e la penetrazione economica nell’impero ottomano della Germania causarono l’inasprimento delle convergenze fra Britannici e Francesi, la svolta nei rapporti dei due paesi fu nel 1904 quando i due governi stipularono un accordo Intesa Cordiale, che superò le dispute coloniali in Africa. Agli Inglesi venne riconosciuto l’Egitto e la Francia in cambio ottenne il Marocco. Ma il vero motivo dell’alleanza stava nella sua funzione antitedesca. 1 crisi marocchina: L’accordo franco-britannico ebbe come prima conseguenza quella di irrigidire le posizioni della Germania, che aveva interessi economici in Marocco. Nel tentativo di ostacolare i piani espansionistici delle Francia in africa, la Germania di Guglielmo II nel 1905 si faceva garante dell’indipendenza marocchina. Alla conferenza internazionale di Algeciras convocata per risolvere le questioni ed evitare un conflitto franco-tedesco. La Francia ricevette l’appoggio di Inghilterra, Russia, Spagna e Italia mentre la Germania contava solo sul sostegno dell’impero austro-ungarico. Questa conferenza rese evidente l’isolamento del governo tedesco ma la sua sconfitta diplomatica accrebbe i risentimenti nazionalistici in Germania. Guglielmo II di Germania si sente accerchiata dalle altre potenze alleate, ad accrescere questa sensazione fu la vicinanza tra Gran Bretagna e Russia, la Russia era la rivale storica del Gran Bretagna ma nel 1905 a seguito della sconfitta subita col Giappone si era fortemente indebolita. Nel 1907 Londra e Pietroburgo stipularono un accordo che regolava i reciproci interessi in Persia (in cui c’è una zona di influenza russa molto estesa e una britannica), in Afghanistan (dove viene riconosciuta l’interesse britannico) e in Tibet dove entrambe si impegnarono a non esercitare alcun’influenza. Con l’accordo tra Inghilterra e Russia, la Duplice intesa tra Francia e Russia diventa la Triplice alleanza (1907), l’intesa appariva più solida per via della comune ostilità di Francia e Inghilterra nei confronti di Berlino, nella triplice alleanza l’Italia per il contrasto di interessi con l’Austria e le tendenze filo-francesi, appariva un alleato poco affidabile, mentre l’impero asburgico era fragile a causa delle rivendicazioni di autonomia al suo interno. 2 crisi marocchina: La Germania si rese conto della sua posizione isolata in Europa mentre il suo alleato austriaco era assorbito dalle tensioni dai Balcani. Nel 1911 la Francia si spinse oltre il mandato occupando militarmente alcune città marocchine. Guglielmo II reagì inviando nella rada di Agadir nel Marocco meridionale una grossa cannoniera tedesca. Il primo ministro Lloyd George non esitò e avvertì il kaiser che se la Germania avesse voluto provocare una guerra la Gran Bretagna era pronta per affrontarla. Guglielmo II fu costretto a cedere ottenendo solo una striscia del Congo in cambio del riconoscimento alla Francia di tutto il Marocco, questa fu per la Germania una concessione umiliante per il kaiser che puntava a far diventare la Germania una potenza mondiale forte. LE GUERRE BALCANICHE Pag.60-61 Nel 1912 l’Italia vinse contro la Turchia per il possesso della Libia e delle isole del Dodecaneso, questa perdita ribadì la vulnerabilità dell’impero ottomano già indebolito a causa della rivoluzione dei giovani Turchi e la perdita di Bosnia ed Erzegovina annesse all’impero austro-ungarico. Così gli stati dei Balcani iniziarono a interessarsi ai possedimenti ottomani. Nel 1912 con l’incoraggiamento della Russia si formò un’alleanza in funzione anti-turca tra Serbia, Grecia, Bulgaria e Montenegro, che intrapresero la prima guerra balcanica, grazie alla loro vittoria presero una parte consistente di territori dell’impero ottomano (Macedonia, Tracia e Creta). La spartizione tra gli alleati delle terre conquistate non fu pacifica: la Bulgaria sopravvalutando le sue forze, attaccò la Serbia e la Grecia, così scoppiò la seconda guerra balcanica (1913), nella qual si inserì anche la Romania mentre la Turchia approfittò della situazione per riprendersi i suoi territori. La pace di Bucarest nell’Agosto del 1913 segnò la fine del conflitto, il Kosovo passò alla Serbia, la Macedonia venne divisa tra Serbia e Grecia e la Tracia fu restituita all’impero ottomano. Venne creato uno stato autonomo Albanese. Il nuovo assetto balcanico non stabilizzò la situazione, anzi si radicarono risentimenti e desideri di rivalla soprattutto nella triplice alleanza, che era uscita indebolita dalla crisi balcanica, la Serbia era diventata più grande e più forte. Tra l’Italia e l’Austria-Ungheria si acuirono i dissidi in quanto entrambe intendevano estendere la propria influenza sul nuovo stato Albanese. Il governo di Vienna riteneva fosse il momento di attuare il progetto di liberarsi della Serbia. Il piccolo regno grazie al sostegno russo era diventato il principale ostacolo di espansione austriaca nei Balcani e rappresentava i punti di riferimento del movimento irredentista slavo (orientamento politico e culturale di tipo nazionalistico che vuole riunificare alla madrepatria i territori affini per lingua, cultura ed etnia) che sembrava pronto a insorgere. Da queste terre sarebbe scoccata la scintilla che avrebbe innescato un conflitto di portata generale. DA CRISI A CONFLITTO MONDIALE Pag. 89-93 L’ATTENTATO A SARAJEVO Il 28 giugno 1914 l’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo fu ucciso insieme alla moglie nel corso di una visita a Sarajevo capitale della Bosnia Erzegovina. La Bosnia era stata annessa nel 1908 all’impero asburgico, era una provincia abitata quasi per la metà da serbi e anche l’attentatore Gavrilio Princip era serbo. Il governo di Vienna attribuì la responsabilità dell’assassinio alla società segreta mano nera, che agiva dalla Serbia rivendicando l’indipendenza dei popoli slavi dal dominio imperiale. Francesco Ferdinando era un sostenitore di una politica tesa a contrastare i progetti espansionistici dei nazionalisti serbi, il regno di Serbia era uscito rafforzato dalle guerre balcaniche ed era diventato il punto di riferimento per i movimenti irredentisti slavi che confidavano in un sostegno per l’affermazione dell’indipendenza. LA REAZIONE DELL’AUSTRIA Al governo di Belgrado fu inoltrato un ultimatum con il quale Vienna esigeva una dichiarazione di condanna per l’accaduto e l’impegno a procedere nei confronti dei responsabili insieme ad altre condizioni che intaccavano la sovranità serba, quindi le richieste austriache erano inaccettabili. L’ultimatum fu respinto e l’impero austroungarico il 28 luglio del 1914 dichiarò guerra alla Serbia, il cui diretto coinvolgimento nell’attentato non venne mai accertato. La scintilla della prima guerra mondiale scoccò nei Balcani che erano da tempo teatro della competizione fra l’Austria e la Russia. Quando venne aperta l’ostilità, i vari trattati di alleanza stipulati negli anni precedenti scattarono automaticamente come un effetto domino, una dopo l’altra le cancellerie europei intrapresero la via della guerra. VERSO IL PRECIPIZIO Per primo si mosse la Russia come protettrice dei popoli slavi, lo zar Nicola secondo mobilitò immediatamente le proprie truppe a sostegno della Serbia. La Germania alleata dell’Austria e dell’Ungheria, il 1° agosto dichiarò guerra alla Russia e il 3 alla Francia, nemica storica e alleata dello zar. Il giorno successivo le truppe tedesche invasero il Belgio, violandone la neutralità, per procedere direttamente verso Parigi. Questa aggressione da un lato sollevò l’indignazione dell’opinione pubblica dall’altro spinse la Gran Bretagna a schierarsi a fianco degli alleati francesi, dichiarando guerra alla Germania. L’Austria e l’Ungheria aprirono le ostilità contro la Russia. Il Giappone si unì all’alleanza antigermanica. Fu così che una crisi grave ma sempre di livello regionale provocato dall’attentato di Sarajevo si trasformò in un conflitto mondiale. LA COMUNITÀ DI AGOSTO All’annuncio della guerra, le strade e le piazze di Vienna, Berlino, Parigi, Londra si riempirono di gente con fiori e fanfare. L’idea di un conflitto armato venne subito accettata e produsse un’ondata di frenesia ed esultanza e spinse migliaia di persone a riconoscersi in un sentimento patriottico che superava qualsiasi appartenenza politico sociale. Da una parte la questione delle terre irridente (Trentino e la Venezia Giulia) era viva tra l’opinione pubblica italiana alimentando un’avversione nei confronti dell’Austria ma dall’altro lato la monarchia asburgica aveva dimostrato scarsa considerazione per l’alleata non avvertendo il governo italiano della sua decisione di dichiarare guerra alla Serbia. Alla scelta neutralista si contrapponevano sempre di più istanze di quelli che cominciavano a orientarsi verso l’ipotesi di un intervento armato a fianco della triplice intesa. Per circa 10 mesi in Italia dominò un’infuocata polemica tra interventisti e neutralisti. LE DIVISIONI NELLO SCHIERAMENTO SOCIALISTA Tra i sostenitori della neutralità c’erano i militanti e i simpatizzanti del partito socialista, il PSI era stato l’unico partito a manifestare una ferma opposizione all’ingresso in guerra. Ma questo atteggiamento non fu unanime in particolare Benito Mussolini, era allora fra i massimi dirigenti socialisti nonché direttore del quotidiano del partito “l’Avanti, si schierò in favore della guerra e che avrebbe portato una nuova configurazione politica e sociale dell’Italia. Benito Mussolini per questo fu espulso dal partito ma continuò battersi a sostegno dell’intervento e fondo un nuovo giornale “il Popolo d’Italia “appoggiato dai leader del sindacalismo rivoluzionario Alceste De Ambris e Filippo Corridoni convinti che la guerra avrebbe spalancato le porte della rivoluzione. L’ORIENTAMENTO NEUTRALE DEI CATTOLICI E DEL PARLAMENTO Il vasto schieramento cattolico era a favore dell’opzione neutralista come gran parte del paese. Anche la maggioranza del parlamento era per la neutralità sebbene il governo fosse passato nelle mani del conservatore Antonio Salandra, il parlamento era ancora Giolittiano e come lui riteneva che mantenendo la neutralità avrebbe potuto trattare con gli imperi centrali per ottenere parte dei territori rivendicati invece di entrare in una guerra per la quale non era attrezzata. GLI INTERVENTISTI DEMOCRATICI E IRREDENTISTICI A favore di un ingresso nel conflitto si schierarono oltre ai nazionalisti, coloro che consideravano la guerra contro l’Austria avrebbe consentito di recuperare le terre irridente completando il processo di unificazione nazionale. Anche i partiti della sinistra democratica e i fuoriusciti dall’impero austroungarico con a capo Cesare Battisti già leader dei socialisti trentini. Secondo loro così si sarebbe ricongiunta alla madrepatria Trento e Trieste e favorito anche l’emancipazione nazionale dei popoli soggetti al dominio straniero, debellando l’autoritarismo di Austria e di Germania. Il nome di una guerra antitedesca furono interventisti anche alcuni autorevoli intellettuali come Gaetano Salvemini, Giovanni gentile, Luigi Einaudi… LE TENDENZE INTERVENTISTE DELLA DESTRA LIBERALE I liberali di destra che facevano capo al presidente del consiglio Salandra e Sonnino, titolare del ministro degli esteri, appoggiati dal Corriere della Sera di Luigi Albertini, ritenevano che l’entrata in guerra potesse ricreare nel paese le condizioni per una svolta conservatrice, dopo Giolitti. Anche il re Vittorio Emanuele III vedeva di buon occhio una guerra contro l’Austria nella speranza che un successo militare potesse rinsaldare le istituzioni liberali e le fondamenta della monarchia. A favore dell’intervento erano anche i rappresentanti dell’industria pesante attratti dei profitti che in caso di guerra sarebbero derivati dalle commesse statali. IL PATTO SEGRETO CON FRANCIA E INGHILTERRA Tra la fine del 1914 e l’inizio del 1915, per via della situazione di stallo Sul fronte occidentale, crescevano le pressioni sul governo di Roma da parte delle diplomazie di entrambi gli schieramenti soprattutto di quelle francese e tedesca, l’Italia cominciò ad essere considerata lago della bilancia delle sorti del conflitto. Dopo mesi di consultazioni il 26 aprile 1915 il governo italiano stipulò con le potenze dell’intesa un trattato chiamato patto di Londra con il quale l’Italia si impegnava entrare in guerra al loro fianco entro un mese. Il patto fu firmato con l’avallo del re ma all’insaputa sia delle camere che dell’opinione pubblica, questo patto prevedeva che in caso di vittoria l’Italia acquisisse dall’Austria il Trentino, l’Alto Adige, Trieste, Gorizia, Istria, la Dalmazia e parti dell’Albania, Asia minore e alcune colonie tedesche. LE RADIOSE GIORNATE DI MAGGIO Dopo il patto di Londra firmato in segreto divenne essenziale per il governo spostare in favore della guerra il parlamento, dove la maggioranza Giolittiana era per la neutralità, si delineava perciò una crisi istituzionale che Salandra anticipò dando le dimissioni. Il re offrì allora l’incarico proprio a Giolitti che aveva anticipato che i nazionalisti avrebbero mobilitato le folle a favore dell’intervento, così in effetti accade, le arringhe dei nazionalisti furono soprattutto di Gabriele D’Annunzio. Nei comizi del maggio radioso il poeta spinse la piazza contro Giolitti e contro i neutralisti e giunse a invocare la guerra come soluzione alla mediocrità dell’Italia liberale e per far tornare in vita le tradizioni imperiali e le virtù guerriere dell’antica Roma. L’ENTRATA IN GUERRA Giolitti in questo clima rinuncio all’incarico e Salandra fu riconfermato dal re. Siri presentò davanti al parlamento e il 20 maggio una camera sottoposta alle pressioni della piazza e del re finì per votare il conferimento al governo dei poteri straordinari per l’entrata in guerra. Il 24 maggio 1915 l’Italia dichiarò quindi guerra all’Austria-Ungheria mentre le ostilità contro la Germania sarebbero stati aperti soltanto alla fine dell’agosto del 1916. UNO STATO DI EMERGENZA ECONOMICA La causa interventista fini per prevalere anche a causa delle sempre più precarie condizioni economiche del paese. Infatti l’Italia non avrebbe potuto sostenere allungo un regime di neutralità perché priva di materie prime e di combustibili essenziali. Infatti alla fine del 1914 numerose fabbriche avevano dovuto ridurre l’attività per mancanza di scorte e licenziare parte degli operai, inoltre si erano interrotte le possibilità di emigrare all’estero. Così apparve più vantaggioso in considerazione degli obiettivi perseguiti da importanti gruppi industriali e finanziari interessati a eliminare la presenza del capitale tedesco in alcuni settori, schierarsi accanto alla Francia e all’Inghilterra. Inoltre le due potenze erano in grado di assicurare al nostro paese adeguati rifornimenti di carbone materie prime e disposte a riconoscere all’Italia adeguati compensi in caso di vittoria. GLI ITALIANI AL FRONTE A partire dall’entrata in guerra dell’Italia, gli italiani chiamati alle armi sarebbero stati circa 6 milioni, provenienti per circa il 50% dal Nord, il 23% dal centro e il 17% dal sud e il 10% dalle isole. Per la prima volta si incontrarono e cominciarono a conoscersi, una moltitudine di italiani dalle più diverse provenienze geografiche sociali, questo fu l’esordio di un processo di nazionalizzazione delle masse. 1915-1916: UN IMMANE CARNEFICINA Pag.98-101 L’ANDAMENTO DEL CONFLITTO SUL VERSANTE ITALIANO Le truppe italiane furono schierate su due fronti: in Trentino e in Venezia Giulia ai confini con l’Austria. Il comandante supremo dell’esercito Luigi Cadorna puntava sul confine della Venezia Giulia contando di avanzare rapidamente verso il cuore dell’impero austriaco. Così diede l’ordine di abbattere le forze austriache attestate lungo il tratto meridionale del fiume Isonzo compiendo attacchi frontali contro il nemico da parte di grandi unità di fanteria accompagnate dal fuoco dell’artiglieria. Ma l’Isonzo l’esercito italiano restò inchiodato, l’unico risultato tangibile degli attacchi italiani costati un numero elevatissimo di vite umane fu la conquista di Gorizia nell’agosto del 1916: importante dal punto di vista simbolico ma strategicamente inutile. LA SPEDIZIONE PUNITIVA DEGLI AUSTRIACI IN TRENTINO Approfittando dell’impegno bellico italiano nell’aria del Friuli, nel 1916 gli austriaci attaccarono il Trentino. Nel maggio del 1916 la cosiddetta Strafexpedition ovvero la spedizione punitiva il riferimento al tradimento che Vienna imputava alla sua ex alleata nella triplice, ma non provocò alcun arretramento dell’esercito italiano, risultando fallimentare. Ma in quell’occasione le perdite furono consistenti e Fabio Filzi e Cesare Battisti esponenti dell’irredentismo Trentino furono catturati e condannati dalle autorità austriache con l’accusa di alto tradimento. La spedizione austriaca indusse gli ambienti politici a sostituire il ministero Salandra con un governo di concentrazione nazionale aperto anche a gli interventisti di sinistra sotto la guida di Paolo Boselli. Cadorna rimase al suo posto e le sue strategie sull’Isonzo proseguirono nonostante l’assenza di risultati e il crescente tributo di sangue imposto dalla tattica offensiva che il comandante si ostinava a perseguire. I MASSACRI DI VERDUN E DELLE SOMME Nel frattempo la situazione sul fronte occidentale era rimasta sostanzialmente uguale mentre il costo delle vite umane si faceva ogni giorno più spaventoso. Nel corso del 1916 la battaglia di Verdun (piccola città nel Nord della Francia considerata inattaccabile) e la battaglia delle somme prolungatesi per lunghi mesi, si risolsero in autentiche carneficine: più di 1 milione e mezzo di uomini persero la vita. Il 1° luglio 1916 i francesi e gli inglesi escono dalle trincee e iniziano a camminare sulle terre di nessuno verso i tedeschi, per 7 giorni e 7 notti cannoni britannici e francesi avevano sparato sulle linee nemiche ma dopo questo attacco i soldati tedeschi escono dalle trincee e sono in posizione. (19 mila soldati morti 35 000 feriti nel giro di 12 ore). Quindi sul fronte occidentale la guerra era diventata una gigantesca macchina di morte e distruzione alimentata da migliaia di fabbriche ha detto la produzione di cannoni, fucili e munizioni d’ogni sorta. (inutile strage come disse il papa). La prima guerra mondiale fu segnata da un tasso estremo di violenza a cui contribuirono i nuovi armi, grande quantità di soldati e l’ampiezza del conflitto. Inoltre per la prima volta nella guerra non erano coinvolti solo i soldati ma la prima guerra mondiale coinvolse la popolazione civile. Ci furono numerose aggressioni contro i civili residenti nelle zone battute dagli eserciti avversari. Divenne una pratica frequente lo stupro delle donne degli avversari come umiliazione simbolica del nemico. LA PROPAGANDA E IL FRONTE INTERNO Dopo l’entusiasmo iniziale e il crescente numero di morti la compattezza del fronte interno cominciò a deteriorarsi. Alla propaganda venne attribuito il compito di coinvolgere tutta la popolazione nello sforzo bellico, da donna ai ragazzi. La propaganda si avvalse di tecniche pubblicitarie efficaci, manifesti e cartoline illustrate a tema patriottico. Di fronte alla propaganda militarista ebbero poco effetto le manifestazioni pacifiste di quei gruppi socialisti che avevano continuato a opporsi alla guerra con azioni interne (come la Lega di Spartaco in Germania) che a livello internazionale. La conferenza di Zimmerwald indetta nel settembre del 1915 dai partiti socialisti italiani e svizzeri e quella convocata a Kienthal conclusesi entrambi con una dichiarazione per una pace senza annessioni e senza indennità, caddero nel vuoto. L’INTERVENTISMO PUBBLICO Nel corso della prima guerra mondiale lo Stato estese la sua presenza e le sue prerogative nell’organizzazione economica nazionale. I governi garantivano l’approvvigionamento di materie prime per la produzione bellica, per i trasporti, di viveri per gli eserciti e le popolazioni e assicuravano il reclutamento di manodopera per le vie industriali e i servizi dato che è un numero crescente di uomini era stato arruolato per il fronte. IL RAZIONAMENTO DEI VIVERI E LE DIFFICOLTÀ ALIMENTARI Il rifornimento e la distribuzione di viveri per i civili e militari vennero sottoposti alla vigilanza statale sia mediante misure di raccolta centralizzata (ammasso) e quindi di distribuzione controllata (razionamento) sia attraverso il calmiere dei prezzi dei generi di prima necessità. Il sistema divenne sempre meno efficace a causa del le crescenti difficoltà e del prolungarsi della guerra, si creò quindi la vendita clandestina prezzi maggiorati dei beni sottratti al razionamento. A tutto si aggiunge l’ostilità dei contadini colpiti oltre che dalla coscrizione militare anche dalle requisizioni dei raccolti e del blocco dei prezzi. LA PRODUZIONE INDUSTRIALE I settori che si svilupparono grazie al sostegno statale furono quelli dell’industria mineraria, metallurgica, della siderurgia, della chimica e i comparti automobilistico e aeronautico. Alcuni settori si espansero talmente che sarebbe poi apparsa del tutto smisurata rispetto all’esigenza si corrente in tempo di pace, è il caso della cantieristica infatti alla fine della guerra le navi in circolazione erano così numerosi che avrebbero potuto coprire il fabbisogno per il successivo decennio. LA FABBRICA MILITARIZZATA E FEMMINILIZZATA Gli stabilimenti vennero adibiti al servizio della guerra e sottoposti a un avere propria militarizzazione che si tradusse in rigida disciplina e totale sospensione dei diritti sindacali. Un crescente numero di uomini fu impiegato nelle operazioni belliche e questo provocò un problema il reclutamento della manodopera per le fabbriche anche la ricerca del personale necessario all’azienda divenne di pertinenza di uffici statali. In alcuni settori dell’industria europea si cominciarono ad applicare le tecniche di produzione in serie che velocizzare non l’attività, favorirono l’impiego di manodopera meno specializzata e infatti questo permise alle donne di entrare nelle fabbriche per sostituire gli uomini chiamati al fronte. Per le donne l’ingresso in fabbrica significò rafforzare la loro posizione nella società civile, grazie all’indipendenza economica che sei così acquistavano, questo si trattò di un passo in avanti sulla strada dell’emancipazione femminile. DEBITO PUBBLICO, INFLAZIONE E CAROVITA La guerra sconvolse anche il sistema finanziario internazionale, i paesi belligeranti ricorsero in modo massiccio e senza alcun limite al finanziamento in deficit dei loro bilanci sospendendo del tutto le politiche di rigore finanziario legate al funzionamento del gold standard. Le fonti principali del finanziamento in deficit furono i prestiti che arrivarono a coprire mediamente l’80% delle spese belliche dei paesi belligeranti. La sospensione della convertibilità aurea permise agli istituti bancari di ricorrere all’emissione di carta moneta anche senza la necessaria copertura innescò un’inflazione fuori controllo. Furono colpiti tanti lavoratori agricoli che gli operai e gli impiegati statali. LE SVOLTE DEL 1917 Pag. 108-111 LA DISFATTA DI CAPORETTO L’esercito italiano aveva condotto con successo due offensive sull’altopiano di Asiago e sul Carso. L’avanzata delle truppe di Cadorna aveva subito un arresto, durante la notte tra il 23 e il 24 ottobre 1917 il fronte italiano dall’alto Isonzo (nei pressi di Caporetto, un piccolo villaggio sull’Isonzo) venne sottoposto a un pesantissimo attacco bombardamento da parte dell’Austria e della Germania. All’alba i soldati austro-tedeschi anziché a saltare in massa il fronte delle trincee italiane, si divisero in piccoli gruppi con il compito di spezzare in punti diversi la prima linea nemica infiltrandosi in profondità e prendendo alle spalle gli avversari. La manovra riuscì e per l’esercito italiano fu la catastrofe: gli italiani colti di sorpresa alle spalle e privi di chiare indicazioni da parte dei comandi militari (tra cui Badoglio il quale aveva ordinato di non attaccare senza un suo preciso ordine ma le linee telefoniche sono interrotte), si sfalda sono interi battaglioni i reggimenti. Furono fatti prigionieri 300.000 soldati italiani (molti si arrendono e si fanno prigionieri, altri si ritirano, si arrendono o provano una inutile resistenza), il risultato della disfatta di Caporetto fu che il Friuli e metà del Veneto cadde in mano all’esercito austriaco, rafforzato da numerosi contingenti tedeschi. LE RESPONSABILITÀ DELLA SCONFITTA Il generale Cadorna non solo accusò i soldati di essersi arresi senza combattere ma addosso ai socialisti le responsabilità morali del tradimento. In realtà la causa principale della sconfitta stava nel ritardo con cui gli alti gradi dell’esercito avevano dato l’ordine di adeguate posizioni difensive. La disfatta di Caporetto ha inferto all’esercito italiano un colpo irreparabile. LA NUOVA LINEA DEL COMANDANTE ARMANDO DIAZ Il nuovo comandante dell’esercito, Armando Diaz decise di sostituire la disciplina della coercizione imposta fino ad allora da Cadorna con una disciplina della persuasione basata su una maggiore considerazione delle esigenze e delle condizioni materiali delle truppe. I soldati poterono godere finalmente di turni di riposo, di razioni alimentari adeguate, così il morale delle truppe si risollevò progressivamente. Diaz abbandonò anche la tattica offensiva, venne così risparmiata i soldati l’incubo di continui assalti alle trincee nemiche, mentre giornalisti artisti vennero mobilitati per rilanciare le motivazioni patriottiche della guerra con un’intensa opera di propaganda fatta di giornali illustrati, cartoline e conferenze. UN NOTEVOLE POTENZIALE BELLICO Dopo Caporetto l’industria accelerò molto i ritmi della produzione e sfornò nuovi armamenti. L’esercito fu così rifornito in tempi brevissimi con quantità crescenti di cannoni, mitragliatrici, munizioni e mezzi di trasporto. L’INTERVENTO IN GUERRA DEGLI STATI UNITI Nel corso del 1917 la ripresa in grande stile della guerra sottomarina da parte della Germania, ebbe una conseguenza decisiva per le sorti del conflitto. Fino ad allora gli Stati Uniti si erano mantenuti neutrali ma il presidente democratico Wilson aveva delle simpatie per l’intesa in particolare per la Gran Bretagna. Oltre ai legami di natura culturale, tra britannici e americani c’erano strette relazioni commerciali e finanziarie, gli Stati Uniti non solo avevano venduto armi alla Francia l’Inghilterra ma avevano anche assecondato con ingenti prestiti lo sforzo bellico dei paesi dell’intesa (compresa l’Italia). Dunque Washington già partecipare virtualmente al conflitto, ma quando i sottomarini tedeschi affondarono tre navi mercantili statunitensi, il presidente Wilson il 2 aprile 1917 proclamò guerra la Germania in difesa dei valori liberali democratici. L’EPILOGO DEL CONFLITTO Pag.112-114 L’ULTIMA OFFENSIVA TEDESCA La Russia era fuori dal conflitto mentre l’offensiva austro-tedesca contro l’Italia aveva avuto un esito superiore alle aspettative. Il programma enunciato da Wilson rappresentava una risposta alla concezione della pace della società futura che stava prendendo forma in Russia. Lenin aveva lanciato un appello a tutti i popoli belligeranti affinché iniziassero le trattative per arrivare una pace immediata senza annessioni e senza indennità che secondo lui poteva nascere solo dal superamento del capitalismo e dall’abolizione delle frontiere nazionali. Il presidente americano Wilson aveva una visione diversa che non poneva in discussione il sistema capitalistico e mirava a salvaguardare il principio di nazionalità. L’idea di rafforzare il nesso tra nazionalità e democrazia incontrò grandi consensi fra gli intellettuali di ispirazione liberale democratica e Frey socialisti riformisti che vi vedevano una soluzione efficace all’internazionalismo socialista proclamato da Lenin. Ma l’effettiva applicazione dei 14 punti di Wilson si scontrò con le antiche rivalità e con le mie egemoniche delle potenze vincitrici. I PROTAGONISTI DELLE TRATTATIVE A PARIGI La conferenza di pace di Parigi si apre il 18 gennaio 1919 nella reggia di Versailles e vide la partecipazione di 32 nazioni con l’esclusione dei paesi vinti e dalla Russia che avrebbero dovuto firmare quanto stabilito da quelli vincitori. Nella conduzione delle trattative assunsero un ruolo preminente i cosiddetti tre grandi: il presidente Wilson, il primo ministro francese Clemenceau E il premier britannico David Lloyd George. L’Italia pur essendo tra i paesi vincitori non fu considerato una potenza i suoi rappresentanti come il capo del governo Vittorio Emanuele Orlando e il ministro degli esteri Sonnino vennero relegati in una posizione secondaria. L’aspirazione di Wilson si scontrò subito con i disegni egemonici di Francia e Inghilterra: le due potenze rifiutarono di applicare il principio di autodeterminazione dei popoli in Africa in Asia ma soprattutto durante la discussione sul trattato di pace con la Germania. REVANSCISMO FRANCESE E QUESTIONE TEDESCA I rappresentanti francesi manifestarono una risoluta volontà punitiva nei confronti della Germania. Il nazionalismo revanscista Del governo di Parigi aveva radici profonde che risalivano alla sconfitta subita quando la Francia era stata costretta a cedere i territori dell’Alsazia e della Lorena. Inoltre il paese era stato invaso di nuovo dalla Germania e quindi teatro di battaglie durissime per quattro anni, dunque nel 1919 la Francia era decisa da valersi dei trattati di pace per condannare la Germania a una condizione di definitiva e irreversibile inferiorità: riacquisirono l’Alsazia e la Lorena e i territori sul Reno ricchi di risorse. L’ISOLAMENTO DI WILSON La Gran Bretagna ti mando un eccessivo rafforzamento della potenza francese non si mostrò disposto a sostenere le pretese di Parigi ma Lloyd George fini per appoggiare Clemenceau perché contava di ottenere in cambio dei vantaggi concreti nella spartizione del Medioriente. Francia Inghilterra mirava a dividersi fra loro il bottino dei possedimenti coloniali tedeschi, e a consolidare le rispettive zone di influenza nell’aria medio orientale in quanto si trattava di regioni ricche di petrolio. Opporsi alle pressioni di Parigi rimase solo Wilson e l’unico risultato che ottenne fu di impedire il tentativo francese di sottrarre alla sovranità tedesca la Renania. IL TRATTATO DI PACE CON LA GERMANIA La pace punitiva le condizioni imposte alla Germania (Il cosiddetto di Diktat) furono legittimate in termini giuridici nell’articolo 231 del trattato di Versailles che attribuiva lo Stato tedesco l’unica responsabilità e l’intera colpa dello scoppio del conflitto. I diplomatici tedeschi poterono solo controfirmare le clausole del documento. Oltre a sancire la cessione di tutte le colonie tedesche nonché la restituzione dell’Alsazia e della Lorena alla Francia, il trattato stabilì che il governo francese per 15 anni avrebbe avuto pieno diritto allo sfruttamento del ricco bacino carbonifero della Saar. Lo Schleswig torno alla Danimarca, le regioni orientali tedesche il corridoio di Danzica con il porto tornarono alla Polonia. LA SMILITARIZZAZIONE TEDESCA E LE RIPARAZIONI DI GUERRA Le clausole militari del trattato imposero alla Germania l’azzeramento della flotta militare, l’abolizione della leva militare obbligatoria, la riduzione dell’esercito e la scomparsa dell’aeronautica. In questo modo si intendeva infliggere un colpo definitivo al militarismo tedesco per neutralizzare qualsiasi futura iniziativa di potenza. Il principio della colpa tedesca comportò l’addebitamento al governo di Berlino di tutti i danni di guerra arrecati ai paesi vincitori. L’eccezionale entità delle riparazioni a suo carico in 132 miliardi di marchi d’oro da pagare in trent’anni, una somma che nelle intenzioni dei vincitori doveva impedire per lungo tempo qualsiasi possibilità di ripresa dell’economia tedesca. LA FINE DEI GRANDI IMPERI Dopo il trattato di Versailles rimaneva da affrontare la complessa situazione determinata dalla scomparsa dei grandi imperi multietnici: oltre all’impero russo, la fine del conflitto anche l’impero austroungarico e Ottomano uscirono sconfitti dalla guerra e cessarono di esistere. Sulle rovine dei vecchi imperi il principio di Wilson dell’autodeterminazione dei popoli venne applicato, diede luogo alla costituzione di vari Stati indipendenti privi di omogeneità etnica e culturale. I nuovi confini vennero definiti tramite quattro diversi trattati che presero il nome dalle diverse località e palazzi intorno a Versailles: il trattato di Saint Germain con l’Austria, di Neuilly con la Bulgaria, del Trianon con l’Ungheria e di Sèvres con la Turchia. LA CONFIGURAZIONE DELL’EUROPA CONTRO ORIENTE Con il trattato di Saint German fu costituita la nuova Repubblica d’Austria che si trova ad occupare un territorio che corrispondeva a circa un ottavo del precedente, Vienna la capitale dell’ex impero asburgico rimase una grande città a capo di uno Stato minuscolo. Inoltre per impedire un eventuale unificazione con la Germania, l’Austria venne posta sotto il controllo del consiglio della società delle nazioni. Il Trentino, l’Alto Adige, Trieste e l’Istria furono annessi all’Italia. L’Ungheria diventò uno Stato indipendente e subì numerose perdite territoriali, la Boemia e la Slovacchia confluirono nel nuovo Stato della Cecoslovacchia, la Transilvania fu annessa alla Romania mentre le popolazioni slave del sud si unirono alla Serbia il Montenegro dando vita a regno dei serbi, dei Croati e degli sloveni che presero il nome di Jugoslavia. La Galizia andò la Polonia, la Bulgaria dovette cedere la traccia alla Grecia. IL TRATTATO DI PACE CON LA TURCHIA Il trattato di Sévres Sancì la conclusione del lungo processo di disgregazione dell’impero ottomano: cedute tutte le regioni arabe, verso il controllo sugli stretti e quasi completamente estromesso dall’Europa, l’immenso impero di un tempo venne trasformato in uno Stato nazionale ovvero la Turchia. I territori mediorientali sarebbero stati invece accaparrate da Francia e Gran Bretagna sotto leggi dà della società delle nazioni. IL CORDONE SANITARIO INTORNO ALLA RUSSIA L’impero zarista aveva cessato di esistere nel 1917 in seguito alla rivoluzione d’ottobre, il nuovo governo rivoluzionario bolscevico aveva dovuto accettare la perdita dell’Ucraina, della Polonia, della Finlandia e delle province baltiche dell’Estonia, Lettonia e della Lituania. La conferenza di Parigi annulla le clausole di quel trattato ma solo l’Ucraina è tornata sotto il controllo russo mentre la Polonia, la Finlandia le province baltiche si trasformavano in repubbliche indipendenti. Grazie la presenza di questi nuovi Stati le potenze occidentali avevano così circondato la Russia bolscevica con l’intento di evitare il pericolo che il virus del comunismo si propagasse nel resto dell’Europa. LA CREAZIONE DELLA SOCIETÀ DELLE NAZIONI Con il trattato di Versailles entro in vigore anche il patto costitutivo della società delle nazioni firmato fra le potenze vincitrici già il 28 aprile 1919. Su richiesta di Wilson ciascun trattato di pace avrebbe dovuto includere il riferimento al nuovo organismo internazionale così non si sarebbe rimandata un futuro indeterminato la realizzazione di quello che egli considerava uno strumento efficace per il mantenimento della pace e della sicurezza. La società delle nazioni aveva sede a Ginevra e si compose di un’assemblea alla quale partecipavano tutti i paesi aderenti e di un consiglio di nove membri di cui cinque permanenti (Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti, Italia e Giappone) e quattro eletti dall’assemblea. su qualsiasi questione il consiglio avrebbe dovuto deliberare all’unanimità. La società delle nazioni aveva come compito quello di garantire l’indipendenza e la sovranità di tutti gli Stati membri in caso di contrasti internazionali si sarebbe fatto ricorso alla mediazione e all’arbitrato, se uno dei paesi avesse dichiarato guerra prima dello scadere di tre mesi del tentativo di mediazione sarebbe stato messo al bando della società e sarebbero scattate a suo carico adeguate sanzioni economiche. Il fatto che ogni decisione dovesse essere assunta all’unanimità si rivelò negli anni successivi un limite molto grave in quanto resero pressoché nulla la capacità operativa del nuovo organismo internazionale. IL SISTEMA DEI MANDATI  uscita dalla guerra e richiesta di una pace senza annessioni e senza indennità  istituzione del consiglio dei commissari del popolo all’interno del quale spiccavano i nomi di Stalin e Trotskij I bolscevichi volevano mettere in pratica la dittatura del proletariato e così chiusero alcuni giornali, misero sotto controllo radiotelegrafi, confiscarono beni ecclesiastici, agli sfruttatori borghesi sarà negata inoltre la partecipazione alla vita politica. Ogni residuo dello stato borghese andava estirpato. Nel novembre del 1917 si tengono le elezioni a suffragio universale in cui votano anche le donne ma il partito di Lenin non ottiene risultati sperati (24% dei voti) vince solo a Pietro grado e Mosca, ebbero la meglio i socialisti più moderati che istituiranno un’assemblea costituente. Il governo provvisorio di Lenin scioglie l’assemblea costituente e instaura la repubblica dei soviet nell’ambito della quale il consiglio dei commissari del popolo rafforza il suo potere e con il passaggio di tutti i poteri locali i soviet molti organi di governo saranno in mano ai bolscevichi. Nel 1918 viene firmato il pesante tratto di Brest Litovsk con la Germania: la Russia ufficializzava la sua uscita dalla guerra oltre a dover pagare una cospicua indennità di guerra, la Russia perde la Polonia orientale, la Lituania, l’Estonia, la Finlandia e l’Ucraina complessivamente perse 56 milioni di abitanti, è privata di un terzo delle sue strade e del 73% dei minerali, dell’89% della produzione di carbone. Oltre alle trattative della grande guerra Lenin nell’estate del 1918 deve affrontare anche una pesante guerra civile che durerà fino al 1920, si scontreranno:  rivoluzionari: i bolscevichi chiamati armata Rossa, ne facevano parte 5 milioni di volontari tra contadini, operai, donne con il cappello con falce e martello  contro rivoluzionari: truppe filo zariste, truppe nazionaliste ucraine a cui si aggiungeranno Estonia, Lettonia e Lituania che volevano l’indipendenza e temevano il ritorno dello zar, truppe inglesi francesi e giapponesi venute in Russia per appoggiare quella parte di ufficiali rimasti fedeli allo zar. saranno chiamate armate bianche, i paesi dell’intesa temevano che la rivoluzione bolscevica si potesse espandere anche in Occidente. Per fronteggiare gli avversari il governo bolscevico aveva incaricato Trotskij di organizzare alcuni reparti dell’armata Rossa di operai e contadini per combattere i nemici interni, questo è il cosiddetto terrore rosso che intimidiva chiunque fosse stato contrario al governo bolscevico. Di fronte alle minacce che le truppe fedeli alla casa reale potessero liberare lo zar, il 17 luglio fu dato l’ordine di giustiziare Nicola secondo la sua famiglia, pochi giorni dopo veniva proclamata la Repubblica socialista federativa sovietica russa con Mosca capitale. La guerra civile durò dal 1917 al 1922, viene combattuta tra persone dello stesso paese, le devastazioni e le morti riguardano lo stesso stato e lo stesso territorio. (a tutto ciò si aggiungono due carestie agricole e quindi povertà). Le guerre civile inducono al fratricidio (esempio Lenin uccide suo fratello). Nel 1920 la guerra civile termina a favore delle armate rosse, ma i costi erano stati molto alti:  7 milioni di morti  dal 1918 al 1920 anni i Leninisti che vincono adottano il comunismo di guerra, gestione dell’economia statalizzata (tessere), fabbriche terre espropriate e nazionalizzate, fine del mercato libero, i soldati russi nel corso della guerra civile avevano requisito le campagne negozi per prendere i viveri da distribuire all’esercito e alle famiglie, vengono soppresse le forme rivoluzionarie che andavano contro il governo bolscevico di Lenin. I contadini sono costretti a dare tutti i loro raccolti ai contadini. Il governo bolscevico vive con l’incubo di rivoluzioni interne e sommosse dalle campagne del momento che Lenin aveva fatto requisire molti prodotti agricoli per alimentare la città. Sono anni molto duri in cui si assiste ad una drammatica brutta lizzazione dei rapporti umani, ad un forte degrado della vita civile e dispute politiche anche all’interno dello stesso gruppo. Nel 1921 scoppiarono scioperi e manifestazioni di protesta Mosca e Pietrogrado soffocati con l’intervento militare, era stata istituita anche una polizia di Stato la Ceka. La crisi più grave si verificò nella base navale di Kronstadt Dove i marinai si ribellarono alla dittatura bolscevica e invocano la restaurazione della libertà politiche e la fine della requisizione forzata delle campagne. La rivolta venne sedata con la forza per ordine di Lenin e gli insorti vennero fucilati senza processo. L’impatto della rivoluzione di ottobre diffuse la propria eco ovunque, il socialismo internazionale ne elaborò un mito che avrebbe dominato la politica e la cultura di tutto il 900. Lenin nel 1919 fondò la terza internazionale a Mosca (1864 prima internazionale Londra, seconda internazionale Parigi 1889). In molti paesi europei i socialisti e socialdemocratici si saldarono e ruppero le relazioni con la parte più radicale, nacquero così i primi partiti comunisti che rimasero tuttavia minoritari e divisero le sinistre in molti paesi nel cosiddetto biennio rosso. Sconfitte le armate controrivoluzionarie Lenin cercò un compromesso con l’istituzione della Nep nel 1921 (nuova politica economica) che prevedeva:  liberalizzazione del settore industriale  fine delle requisizioni forzate  reintroduzione del libero commercio-mercato  rispetto delle tradizioni rurali (i contadini non erano più costretti a dare tutti i loro prodotti ma potevano tenersene una parte per loro). Lenin voleva inserire la Russia nel sistema internazionale e strinse un accordo commerciale anglo-sovietico e la Russia torna sui mercati mondiali. Il mercato è libero sempre controllato dallo stato ma è un economia più libera che permette di portare la Russia nei mercati internazionali. Altra preoccupazione di Lenin era quella di definire la situazione territoriale politica russa: al termine della guerra civile il territorio era diviso in una serie di repubbliche e territori autonomi: nel dicembre del 1922 il congresso pan russo dei soviet sancì l’unione delle repubbliche socialiste sovietiche (Urss). Venne approvata una costituzione e il nuovo Stato era retto da un soviet supremo dell’unione che aveva il potere legislativo e da un consiglio dei commissari del popolo che aveva il potere esecutivo. Il Partito comunista era l’unico partito previsto dalla costituzione. Vennero represse le varie forme di dissenso politico e vennero istituiti i primi campi di concentramento per gli oppositori. Nel 1924 morì Lenin, questo segnò l’epilogo della Nep e l’inizio della collettivizzazione forzata delle fattorie agricole. Egli già nel 1921 aveva avuto un ictus e non stava bene così sapeva di dover lasciare il posto a qualcuno del partito e doveva decide tra Trotskij e Stalin (poi scelse Stalin) e prima di morire nel 1922 fonda l’Urss. Si apriva in Russia una crisi all’interno della dirigenza del partito che si spaccò sulla questione del futuro della rivoluzione:  Stalin riteneva prioritario il consolidamento del socialismo in Russia (socialismo in un solo paese) attraverso un programma di industrializzazione accelerata e di collettivizzazione delle campagne, va difesa la Russia, va potenziata all’Urss.  Trotskij riteneva invece importante la rivoluzione permanente per evitare che la rivoluzione russa corresse rischio di essere messa in discussione dei paesi europei in cui il comunismo aveva fallito, non vuole l’isolamento della Russia dalle potenze europei, non vuole che il partito abbia un solo uomo ma tutti devono collaborare e vuole il comunismo internazionale Comintern. Prevalse la tesi di Stalin, Trotskij fu espulso dall’Urss e mandato a lavorare in un campo di lavoro in Asia, scappa e poi andrà vivere in America latina dove sarà ucciso da un sicario di Stalin con un martello mentre ero in veranda che stavo scrivendo una biografia durissima di Stalin. COMUNISMO È una dottrina politica ed economica basata sul concetto che la proprietà privata e l’economia fondata sul profitto possono essere sostituite dalla proprietà pubblica e dal controllo comune dei mezzi di produzione. Il comunismo è una forma di socialismo: la differenza sostanziale sta nel fatto che il comunismo aderisce la linea di massima al socialismo rivoluzionario ideato da Karl Marx, per buona parte del XX secolo un terzo degli abitanti del pianeta ha vissuto sotto il regime comunista caratterizzato dalla predominanza di un partito unico, privo di particolari opposizioni. STERMINIO FAMIGLIA ROMANOV Nel luglio del 1918 la famiglia Romanov viene sterminata. Poiché potrebbero essere aiutati da filozaristi per ripristinare lo zar. La famiglia è stata in carica dal 1896 al 1917, ha governato una Russia arretrata rispetto all’Occidente, nel marzo 1917 Nicola secondo è costretto ad abdicare e avuta la notizia che il fratello Michele non ha accettato la carica comprende che la dinastia sta per finire di esistere. Nell’Aprile nel 1918 lo zar viene condotto ad Ekaterinburg in prigionia con tutta la famiglia, a luglio a mezzanotte vengono svegliati dei sorveglianti, gli viene detto che era in agguato un’offensiva e che sarebbero dovuti scappare, arrivano nel seminterrato, vengono fatti sedere su tre sedie lo zar, la moglie e il figlio, dietro le altre figlie e la servitù. Gli dicono che avrebbero scattato una foto, viene poi letto l’atto d’accusa e vengono uccisi tutti. I corpi saranno condotti nelle campagne vicine, le ossa spezzate sepolte, sono nel 2007 saranno ritrovate e riconosciute con la prova del DNA come appartenente alla famiglia Romanov.
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