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Le Origini della Guerra Mondiale (1914-1918), Dispense di Storia

La situazione politica e diplomatica in europa nei primi decenni del xx secolo, con particolare riferimento alle crisi che hanno portato allo scoppio della prima guerra mondiale. Vengono trattati i conflitti in nord africa e nella penisola balcanica, le alleanze e le dichiarazioni di guerra tra le diverse nazioni, il ruolo della russia, la guerra navale e la situazione in italia. Una panoramica dettagliata degli eventi che hanno condotto allo scontro armato.

Tipologia: Dispense

2018/2019

Caricato il 27/09/2019

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Scarica Le Origini della Guerra Mondiale (1914-1918) e più Dispense in PDF di Storia solo su Docsity! LE ORIGINI DELLA GUERRA Nei primi decenni del XX secolo l’Europa era divisa da rivalità economiche e da spinte nazionalistiche. Le relazioni internazionali erano influenzate soprattutto dal dinamismo e dall’aggressività della Germania di Guglielmo II. La Francia era animata da un forte spirito di rivalsa nei confronti della Germania. L’Inghilterra sentiva minacciato il suo predominio navale dalla potente marina militare tedesca. La Russia, deterioratesi i rapporti con la Germania, si era avvicinata alla Francia e all’Inghilterra (triplice intesa). A questo punto l’Europa si trovava praticamente divisa in due blocchi contrapposti e pronti allo scontro; triplice intesa contro triplice alleanza (Germania, Austria, Italia). La rivalità tra le potenze venne provocata tra la fine dell’800 e inizio del 900 dalla corsa alle colonie, che aveva portato gran parte dell’Africa e dell’Asia sotto la dominazione europea. La Germania si era inserita nella competizione coloniale fra francesi e britannici. Era il caso del Marocco, uno stato sovrano indipendente che tuttavia subiva le pressioni della Francia. Guglielmo II (Germania) tentò di inserirsi nel Nord Africa: ergendosi a difensore dell’indipendenza del Marocco, si oppose alle pretese francesi e portò per ben due volte il suo paese a un passo dallo scontro armato “crisi marocchine”. Prima dell’inizio del conflitto si giunse ad un compromesso che riconobbe alla Francia il protettorato sul Marocco in cambio della cessione di una parte del Cogno francese alla Germania. Un’altra grave crisi si manifestò nella penisola balcanica dove aveva trovato nuovo slancio l’espansionismo austriaco ai danni dell’Impero turco, che si trovava in difficoltà a causa del movimento nazionalista dei Giovani turchi. L’Austria annetté la Bosnia-Erzegovina; tale iniziativa irritò la Serbia, la quale era diventata forte grazie all’appoggio della Russia, aspirava a riunire in un unico Stato nazionale gli slavi del Sud o iugoslavi. Nel 1912 la situazione nella penisola balcanica precipitò: la Serbia, la Grecia, il Montenegro, e la Bulgaria si coalizzarono e riuscirono a sottrarre all’Impero ottomano la Macedonia. La prima guerra balcanica durò pochi mesi e terminò con il pieno successo della coalizione, favorita dall’appoggio della Russia. Si giunse così al trattato di Londra in cui l’Impero turco rinunciò a tutti i territori europei. La pace durò poche settimane a causa dei contrasti insorti tra i vincitori nel corso delle operazioni di spartizione dei territori strappati alla Turchia. A Giugno la Bulgaria attacca la Serbia e la Grecia: scoppiava così la seconda guerra balcanica in cui si inserirono Romania e di nuovo l’Impero ottomano. A fine estate si raggiunge un nuovo accordo: la pace di Bucarest in base alla quale la Serbia otteneva il Kosovo e parte della Macedonia – il resto passava alla Grecia- mentre la Turchia recuperava la Tracia. Nasceva un regno indipendente in Albania. Il bilancio delle due guerre balcaniche risultava molto negativo per l’Impero austriaco, per la Russia, gli stati balcanici; non poteva gioire nemmeno l’Italia, da tempo in contrasto con l’Austria per le reciproche pretese sull’Albania. La regione balcanica costituiva per l’Europa una vera “polveriera” sulla quale convergevano, in contrasto gli uni con gli altri. 1914: IL FALLIMENTO DELLA GUERRA-LAMPO In un quadro internazionale percorso da tensioni scoppiò la scintilla il 28 Giugno 1914 quando a Sarajevo venne ucciso Francesco Ferdinando. L’Austria colse subito l’occasione per dare una lezione alla Serbia e inviò a Belgrado, un ultimatum di 48 ore contenente richieste durissime che si configuravano come limitazione alla sovranità serba. Il governo serbo si affrettò a rispondere ai termini conciliati, ma respingendo le clausole più vessatorie; l’Austria pretendeva una resa senza condizioni, e non ritenendosi soddisfatta dichiarò guerra alla Serbia il 28 luglio 1914. L’iniziativa austriaca sconvolse profondamente l’Europa; scattò il meccanismo delle alleanze militari e nel giro di pochi giorni il conflitto divenne generale. La Russia scese in campo in difesa della Serbia, la Germania alleata dell’Austria dichiarò guerra alla Russia e quindi alla Francia a sua volta alleata della Russia. Ebbe inizio la mobilitazione generale che consiste in masse enorme di uomini da riunire, equipaggiare, addestrare e richiese ampie risorse economiche. I contemporanei consideravano risolvibile in tempi brevi il conflitto, invece si rivelò assai più impegnativo perché dovevano concentrare tutte le energie produttive dei singoli paesi. Per ottenere una rapida vittoria sul fronte occidentale l’esercito tedesco guidato dal generale Helmunth invase il Belgio, violandone la neutralità. Un simile atto ebbe conseguenze gravi: l’Inghilterra, preoccupata per la presenza dei tedeschi sulle coste della Manica. A scendere in campo a fianco della Francia. I Belgi opposero un’accanita resistenza e riuscirono a ostacolare l’avanzata tedesca, così l’esercito francese, appoggiato da reparti britannici ebbe la possibilità di fermare l’avanzata dei tedeschi presso il fiume Marna. Da questo momento quella che per un mese è stata la guerra di movimento si trasformò in una logorante guerra di posizione che sarebbe durata anni. Sul fronte orientale i russi avevano invaso la Prussia; successivamente i tedeschi riuscirono a fermare l’avanzata russa grazie all’abilità del vecchio e valoroso Hindenburg. Ogni slancio aggressivo si esaurì in una lunga e sanguinosa guerra di trincea. Nell’autunno del 1914 la Germania e l’Inghilterra diedero inizio a una guerra navale lungo le principali rotte dell’Atlantico e del Pacifico, allo scopo di bloccare il traffico marittimo nemico e di impedire i rifornimenti di armi e merci. Il 23 agosto 1914 il Giappone aveva dichiarato guerra alla Germania. L’Africa fu coinvolta nel conflitto. Su questo fronte le potenze dell’Intesa giunsero a occupare le colonie tedesche dell’Africa sud- occidentale , il Togo, il Camerun e l’Africa orientale tedesca. L’Intesa dichiarò guerra anche all’Impero ottomano che si era alleato con la Germania e aveva attaccato alcune città russe nel Caucaso. Nel giro di pochi mesi, la guerra assunse dimensioni davvero mondiali. L’ITALIA DALLA NEUTRALITA’ ALLA GUERRA Il governo italiano era stato colto di sorpresa dagli avvenimenti: L’Austria aveva dato inizio a una guerra offensiva, in aperto contrasto con quanto prevedeva il trattato d’alleanza. A buon diritto, l’Italia il 2 agosto 1914 aveva dichiarato ufficialmente di voler restare neutrale, offrendo così ai francesi la possibilità di sguarnire la frontiera alpina e di concentrare tutte le forze disponibili a difesa di Parigi. Dal 1914 al 1915 si susseguirono in Italia accese discussioni fra neutralisti e interventisti, mentre il governo cercava di ottenere da Vienna dai compensi territoriali in cambio del mantenimento della neutralità. Le posizioni neutrali erano sostenute da cattolici e socialisti; era inoltre diffusa l’idea che restando neutrale l’Italia avrebbe ottenuto maggiori vantaggi economici, diventando la fornitrice dei beni necessari ai paesi in guerra. Lo schieramento interventista era costituito dai nazionalisti (D’annunzio) e dagli irredentisti (volevano la guerra per conquistare il trentino e il Venezia-Giulia); a questo interventismo “irredentista” si affianca quello “democratico” che era disposto ad entrare in guerra a fianco di Francia ed Inghilterra in difesa dei valori della democrazia contro Germania e Austria. A favore dell’intervento si schierò Mussolini secondo il quale il conflitto avrebbe sconvolto le relazioni internazionali favorendo l’avvento di una società nuova. Il governo, per mezzo del ministro degli esteri Sidney Sonnino, si decise a firmare con la triplice intesa il patto di Londra (segreto): l’Italia garantiva agli alleati il proprio intervento entro 30 giorni, in cambio gli alleati gli riconoscevano il diritto di estendere il territorio. Si trattava di un equo compenso coloniale nel caso si arrivasse ad una divisione dei possedimenti tedeschi in Africa tra Francia e Inghilterra. Gli interventisti movimentarono le piazze organizzando manifestazioni chiamate “radiose giornate di maggio”. L’interventismo sembrava destinato all’insuccesso a causa della maggioranza presente nel Parlamento ancora neutralista e legato alla posizione di Giolitti. Il 20 Maggio la situazione si capovolse: il Nel 1918 la Germania e l’Austria tentarono l’offensiva finale: i due imperi riunirono sui rispettivi fronti tutte le riserve disponibili al fine di spezzare la resistenza avversaria prima dell’arrivo in Europa del grosso degli aiuti americani. Nel marzo i tedeschi sferrarono il loro attacco agli anglo-francesi ma furono fermati e subirono una potente controffensiva alleata sulla Marna; era iniziato così per i tedeschi il movimento di ritirata. Nel mese di giugno l’Austria giocava l’ultima carta, attaccando con disperata decisione l’esercito italiano sul Piave, ma senza successo. Nel giugno 1918 sul fronte italiano il generale Diaz decise di dare corso a una grande offensiva contro l’impero austro-ungarico. L’attacco italiano ebbe inizio il 24 ottobre e nel giro di pochi giorni determinò lo sfondamento del fronte austriaco a Vittorio Veneto. Il 3 novembre 1918 a Villa Giusti, l’Austria fu costretta a firmare l’armistizio e il giorno successivo il generale Diaz poté annunciare la vittoria con una proclama alla nazione italiana. L’11 novembre 1918 la Germania, mentre veniva proclamata la repubblica, chiese la sospensione delle ostilità: firmò l’armistizio a Compiègne. A sua volta l’Austria, il 12 novembre proclamò la repubblica e il 13 anche l’Ungheria diventava una repubblica indipendente; cessavano di esistere i due imperi che occupavano il cuore dell’Europa. LA SOCIETA’ DELLE NAZIONI E I TRATTATI DI PACE Il 18 gennaio 1919 i rappresentanti delle potenze vincitrici si riunirono a Parigi con lo scopo di dare una nuova sistemazione all’Europa. Alla conferenza di pace parteciparono tutti i delegati dei paesi vincitori: quelli che però avevano un’effettiva autorità erano il presidente americano Wilson, il presidente del consiglio francese Clemenceau, il primo ministro inglese Lloyd e il presidente del consiglio italiano Vittorio Emanuele. L’Italia però fu presto emarginata a causa dei dissidi con Wilson. Ben presto fu evidente il contrasto fra la mentalità politica della diplomazia europea e il nuovo orientamento democratico rappresentato dal presidente americano. Nel gennaio 1918 Wilson aveva infatti fissato in 14 punti i principi fondamentali a cui la pace avrebbe dovuto ispirarsi: fra essi quello dell’autodeterminazione dei popoli e quello di nazionalità. Come previsto dal punto 14 del programma di Wilson, il 28 aprile 1919 venne creata la Società delle Nazioni, un grande organismo internazionale con sede a Ginevra preposto a regolare pacificamente le controversie tra gli stati, eliminando l’ingiustizia, la violenza e ogni forma di attrito fra i popoli. Questa organizzazione (vengono esclusi i popoli vincitori) non riuscì e si trasformo ben presto in uno strumento nelle mani della Francia e dell’Inghilterra: ciò fu dovuto sia al fatto che per l’approvazione di ogni decisione era necessaria l’unanimità di tutti i membri, sia alla mancata adesione degli Stati Uniti. Dalla conferenza di pace di Parigi scaturirono cinque trattati. Particolarmente importante fu il trattato di Versailles stipulato con la Germania con l’intento di infliggere una pesante umiliazione: le sue clausole prevedevano ingentissime perdite territoriali, tra cui l’Alsazia e la Lorena che andarono alla Francia e Danzica che andò alla Polonia. Molto pesanti furono le condizioni militari e le sanzioni economiche: comportarono il risarcimento di somme enormi a tutte le nazioni vincitrici, oltre alla cessione ai vincitori di miniere, materiale navale, ferroviario e industriale per dieci anni. Le clausole punitive consentono di rilevare i quattro fondamentali errori commessi dai vincitori che fra l’altro facilitarono il risorgere dello spirito di rivincita tedesco: • Il rifiuto di discutere con i vinti i trattati di pace • La richiesta di riparazioni tanto elevate da rendere impossibile la ripresa economica dei paesi afflitti • I criteri non sempre rispettosi delle varie nazionalità • Eccessivo peso dato agli interessi nazionali delle potenze vincitrici Le questioni riguardanti l’Italia furono regolate dal trattato di Saint-Germain, in base al quale l’Austria era costretta a cedere il Trentino, l’Alto Adige, l’Istria e l’alto bacino dell’Isonzo fino allo spartiacque alpino. La diplomazia italiana uscì sconfitta dalla conferenza di pace: non ottenne tutto quello che aveva sperato. Ciò provocò una forte delusione e coloro che ritenevano ingiusto il trattamento riservato all’Italia a Versailles cominciarono a parlare di “vittoria mutilata”. La guerra aveva portato alla scomparsa di quattro grandi imperi multinazionali: quello tedesco e austro- ungarico, quello russo e quello ottomano. Con il trattato di Saint-Germain il territorio appartenente all’antico impero austro-ungarico fu diviso fra i vari stati: Austria, Ungheria, Cecoslovacchia, Regno di Iugoslavia. Inoltre fu riconosciuta l’indipendenza dell’Albania. Sui territori appartenuti alla Russia nascevano i nuovi stati indipendenti della Finlandia, dell’Estonia, Lettonia e Lituania. Con il trattato di Neuilly era riconosciuta anche l’indipendenza della Bulgaria che però veniva privata di alcuni territori. Dalla disgregazione dell’impero ottomano, (trattato di Sévres) nacque la Turchia che si ritrovò privata da tutti i territori arabi, dall’isola di Cipro e dalla sovranità sugli stretti del Bosforo e dei Dardanelli. Le durissime condizioni di pace finirono per dare origine a una rivolta di carattere nazionale, capeggiata dal generale Mustafà Kemal, chiamato poi Ataturk, il quale mise insieme un grande esercito che si oppose validamente alle truppe dell’intesa. Il pieno successo della guerra di liberazione contro i greci invasori portò alla proclamazione della repubblica turca e all’elezione a presidente dello stesso Kemal. Il generale instaurò un regime autoritario e attuò grandi opere di rinnovamento e modernizzazione di stampo occidentale.
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