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Prima Guerra Mondiale riassunto, Appunti di Storia

Riassunto completo sulla Prima Guerra Mondiale: origini, avvenimenti e trattati di pace.

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 21/07/2020

silvia.doc4
silvia.doc4 🇮🇹

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Scarica Prima Guerra Mondiale riassunto e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! LA PRIMA GUERRA MONDIALE ORIGINI DELLA GUERRA Il 28 giugno 1914 l'arciduca Francesco Ferdinando d'Asburgo, erede al trono austriaco, fu ucciso insieme alla moglie nel corso di una visita ufficiale a Sarajevo (capitale Bosnia, provincia dell'impero asburgico abitata quasi per la metà da serbi). L'attentatore era un serbo chiamato Gavrilo Princip. Il governo di Vienna attribuì la colpa alla Serbia, che rivendicava l'indipendenza dei popoli slavi dal dominio imperiale (il regno di Serbia era diventato il punto di riferimento per i movimenti irredentisti slavi). L'Austria inviò a Belgrado un ultimatum con il quale Vienna esigeva una dichiarazione di condanna per l'accaduto e l'impegno a procedere nei confronti dei responsabili, insieme ad altre condizioni inaccettabili (una commissione straniera, l'Austria, indagava sull'attentato). L'ultimatum fu respinto e l'impero austro-ungarico dichiarò guerra alla Serbia (28 luglio 1914). La scintilla della prima guerra mondiale scoccò dunque nei Balcani, teatro di competizione tra Austria e Russia. Infatti per prima si mosse la Russia a favore dei popoli slavi (Serbia). La Germania (alleata dell'Austria-Ungheria) rispose, dichiarò guerra alla Russia e poi alla Francia, nemica storica e alleata dello zar. Le truppe tedesche invasero il Belgio, violandone la neutralità, per procedere verso Parigi. La Gran Bretagna si schierò a fianco dei francesi, e dichiarò guerra alla Germania. Successivamente anche l'Austria-Ungh aprì le ostilità contro la Russia e il Giappone si unì all'alleanza antigermanica. RUSSIA-FRANCIA-GB(+GIAPPONE+ITALIA 1915+PORTOGALLO 1916+ROMANIA 1916, alleati slavi) VS AUSTRIA UNGH-GERMANIA (+IMPERO OTTOMANO+BULGARIA 1915) = conflitto mondiale Le piazze di Vienna, Berlino, Parigi, Londra si riempirono di gente a favore della guerra, presi da un'ondata di frenesia ed esultanza per un sentimento patriottico. I socialdemocratici della Germania, dell'Austria, della Francia e della GB erano per la guerra, questo portò a una crisi della Seconda Internazionale. In molti paesi nacquero dei governi di "unione nazionale" nei quali forze politiche prima antagoniste decisero di affrontare insieme la guerra. Il leader socialista francese Jean Jaurès, uno dei capi della Seconda Internazionale, che si era impegnato nella costruzione di un movimento pacifista comune a Francia e Germania, fu ucciso il 31 luglio 1914 a Parigi. Un prorompente spirito di fratellanza e solidarietà nazionale indusse molti civili a presentarsi come volontari per partire verso il fronte (fenomeno di massa). DA GUERRA DI MOVIMENTO A GUERRA DI POSIZIONE Era opinione comune che la guerra sarebbe durata solo qualche settimana. Il piano segreto elaborato dal maresciallo tedesco Von Schlieffen prevedeva, in caso di conflitto, di cogliere di sorpresa la Francia passando attraverso il Belgio, per colpirla al cuore il più rapidamente possibile. La Germania sarebbe stata così in grado di concentrare le forze contro la Russia. L'avanzata dell'esercito tedesco attraverso il Belgio fu ostacolata dalla resistenza delle truppe del re Alberto I (re del Belgio, generale Moltke a capo dell' esercito), che ritardarono la penetrazione tedesca in territorio francese. Lo schieramento francese guidato da Joseph Joffre fu costretto ad arretrare. L'esercito tedesco si trovava vicino a Parigi, ma il suo potenziale si era indebolito e le forze anglo-francesi riuscirono a bloccarlo nella battaglia della Marna, respingendo il nemico sul fiume Aisne. Da quel momento il fronte occidentale si stabilizzò lungo una linea che correva dal Mare del Nord fino ai confini della Svizzera, e un'altra guerra ebbe inizio. Il blocco dei tedeschi da parte dei francesi portò alla costruzione di trincee scavate nel terreno, dove i soldati si proteggevano dal fuoco nemico. La guerra di movimento si era così trasformata in guerra di posizione. Le trincee finirono per diventare il simbolo stesso della guerra. In questi fossati puntellati da travi di legno e circondati da filo spinato, i soldati erano esposti al tiro dei cecchini nemici e inoltre dovevano resistere alle intemperie, alla malnutrizione e alle pessime condizioni igieniche. La guerra di posizione non significò affatto un risparmio di vite umane: per tentare di abbattere le difese degli avversari, gli attacchi si susseguivano incessanti anche se portavano alla conquista di qualche metro in più di terreno, e i soldati che si gettavano all'assalto cadevano sotto il fuoco dei cannoni. La terra di nessuno era uno spazio di terreno pieno di buche e cadaveri dove i soldati correvano per arrivare alla trincea nemica, combattendo corpo a corpo. Arrivare alla trincea nemica era però un'utopia. La Russia avanzava verso Berlino, perciò la Germania dovette distogliere l'attenzione verso la Francia, e nelle battaglie di Tannenberg e dei laghi Masuri, i tedeschi uscirono vittoriosi, ma i russi sconfissero l'Austria a Leopoli occupando la Galizia. L'ITALIA DALLA NEUTRALITA' ALLA GUERRA Allo scoppio della guerra, l'Italia si dimostrò neutrale, sia perchè la questione delle "terre irredente" era rimasta viva tra l'opinione pubblica italiana, alimentando un'avversione nei confronti dell'Austria; sia perchè la monarchia asburgica aveva dimostrato scarsa considerazione per l'alleata non avvertendo prima il governo italiano della sua decisione di dichiarare guerra alla Serbia. L'Italia si divise in "interventisti" e "neutralisti". Tra i sostenitori della neutralità figuravano i simpatizzanti del Partito Socialista. Tuttavia all'interno del PSI l'atteggiamento contrario all'entrata in guerra dell'Italia non fu unanime. In particolare Benito Mussolini, uno dei massimi dirigenti socialisti e direttore del quotidiano del partito l'"Avanti!", dopo aver appoggiato la neutralità, si schierò a favore della guerra. Espulso dal PSI, egli continuò a battersi a sostegno dell'intervento da un nuovo giornale da lui fondato, "Il Popolo d'Italia". Insieme ai socialisti, anche lo schieramento cattolico era orientato a favore dell'opzione neutralista. Dello stesso avviso era la maggioranza del Parlamento. Giolitti riteneva che l'Italia in cambio della propria neutralità, avrebbe potuto trattare con gli Imperi centrali per ottenere buona parte dei territori rivendicati alla frontiera orientale (terre irredente). A favore di un ingresso nel conflitto si schierarono, oltre ai nazionalisti (che auspicavano per l'Italia un futuro di grande potenza), quanti consideravano che solo la guerra contro l'Austria infatti proprio la guerra sottomarina spinse gli Stati Uniti a entrare in guerra. UNA GUERRA DI MASSA ALL'INSEGNA DELLA TECNOLOGIA Durante il conflitto vennero collaudate sul campo le potenzialità distruttive di nuove armi, come la mitragliatrice automatica. La tecnologia mise a disposizione degli eserciti anche potenti armi chimiche, sperimentate per la prima volta a Ypres nel 1915, quando l'esercito tedesco aprì 6000 bombole con una miscela di gas venefico (denominato iprite) contro i francesi, con effetti devastanti. I gas rimanevano di difficile impiego: un forte vento poteva disperderli o risospingerli verso gli attaccanti. Di fronte a questo pericolo, nell'equipaggiamento ordinario del fante entrò la maschera antigas, che risultarono poco efficaci. Un'altra importante innovazione d'impiego bellico furono i carri armati. Alla propaganda venne attribuito il compito di coinvolgere tutti i settori della popolazione nello sforzo bellico. Avvalendosi delle tecniche pubblicitarie più efficaci, si moltiplicarono i manifesti murali e le cartoline illustrate a tema patriottico. Ben poco effetto ebbero le manifestazioni pacifiste dei gruppi socialisti che avevano continuato a opporsi alla guerra. La conferenza di Zimmerwald, indetta dai socialisti italiani e svizzeri, e quella convocata a Kienthal, si conclusero entrambi con una dichiarazione per una "pace senza annessioni e senza indennità", ma caddero nel vuoto. L'ECONOMIA E LA SOCIETA' DURANTE LA GUERRA Durante la guerra, le industrie si convertirono alla produzione di beni necessari alla guerra (es: i negozi di vestiti vendevano divise per i militari). Il rifornimento e la distribuzione dei viveri per civili e militari vennero sottoposti alla vigilianza statale, si istituirono raccolte (ammasso) e distribuzioni controllate (razionamento) di beni di prima necessità. Di fronte alle crescenti difficoltà il sistema divenne sempre meno efficace; si creò così il cosiddetto "mercato nero", cioè la vendita clandestina dei beni sottratti al razionamento. Poichè un numero crescente di uomini erano impegnati in guerra, crebbe il problema sulla manodopera, questo favorì l'impiego di manodopera meno specializzata, come i ragazzi e le donne. La guerra sconvolse anche il sistema finanziario internazionale. LE SVOLTE DEL 1917 All'inizio del 1917, i risultati delle operazioni belliche per la Russia risultavano catastrofici,tanto che le armate tedesche stavano ormai entrando nel suo territorio. Il numero dei morti si era moltiplicato, e la ribellione serpeggiava tra la popolazione. Scoppiò una manifestazione contro il carovita a Pietrogrado l'8 marzo (23 febbraio per il calendario giuliano in Russia), che si trasformò in uno sciopero generale di protesta contro lo zar, accusato di affamare e di mandare inutilmente a morire il popolo. Lo zar Nicola II abdicò e si formò un governo provvisorio. La nascita della "repubblica dei Soviet" ebbe come conseguenza l'uscita della Russia dalla guerra. Lenin sosteneva la necessità di una "pace senza annessioni e senza indennità", fu firmato quindi l'armistizio con gli imperi centrali, il trattato di Brest-Litovsk, che comportò una grave amputazione territoriale per la Russia (indipendenza Ucraina, privata di Estonia, Lettonia, Lituania e parte della Bielorussia). Anche in altri paesi nacquero moti di protesta e di ribellione, come a Parigi e in Italia, a Torino. Durante la notte tra il 23 e 24 ottobre 1917 il fronte italiano dall'alto Isonzo, nei pressi di Caporetto, venne sottoposto a un pesante attacco da parte dell'Austria e della Germania, i cui soldati presero alle spalle gli avversari. Per l'esercito italiano fu la catastrofe: colti di sorpresa e privi di chiare indicazioni, interi battaglioni e reggimenti si sfaldarono. Il risultato della disfatta di Caporetto fu che il Friuli e metà del Veneto caddero in mano dell'esercito austriaco. Tuttavia il nuovo comandante Armando Diaz utilizzò una disciplina basata su una maggiore considerazione per le esigenze e le condizioni delle truppe. I soldati poterono godere finalmente di turni di riposo e di razioni alimentari adeguate, così il morale delle truppe si risollevò. Anche l'industria bellica accelerò molto i ritmi, l'esercito fu così rifornito in tempi brevissimi con quantità adeguate di armi e munizioni. La ripresa della guerra sottomarina da parte della Germania ebbe una conseguenza decisiva per le sorti del conflitto. Fino ad allora gli Stati Uniti si erano mantenuti neutrali, ma il presidente Wilson provava simpatia nei confronti dell'Intesa e in particolare della GB, infatti tra americani e inglesi c'erano strette relazioni commerciali. Inoltre gli USA avevano venduto armi alla Francia e all'Inghilterra e aveva concesso prestiti per lo sforzo bellico ai paesi dell'Intesa. I sottomarini tedeschi affondarono tre navi mercantili statunitensi, e il 2 aprile 1917 il presidente Wilson proclamò guerra alla Germania. L'EPILOGO DEL CONFLITTO Alla fine del 1917, la Russia era praticamente fuori dal conflitto, mentre l'Austria stava avendo dei buoni esiti contro l'Italia. Nonostante la stanchezza che cominciava a serpeggiare, la Germania sferrò cinque grandi offensive arrivando a minacciare Parigi, ma i francesi riuscirono comunque a difendersi. Grazie agli aiuti degli Stati Uniti, l'Intesa passò all'offensiva, battendo i tedeschi nella battaglia di Amiens, che decisero di retrocedere. Al fronte, l'esercito italiano - i cui ranghi erano stati ricostituiti anche grazie ai giovani dell'ultima leva, i "ragazzi del '99" - riuscì a opporre sull'altopiano di Asiago e sul monte Grappa, nonchè sul Piave, un'efficace resistenza a una nuova offensiva intrapresa dagli austriaci. Fu la volta delle truppe italiane di passare all'attacco contro le armate austriache. Il 24 ottobre 1918, la battaglia che consentì agli italiani di raggiungere Vittorio Veneto segnò la definitiva sconfitta degli austriaci. Successivamente furono conquistate Trento e Trieste. I rappresentanti austriaci firmarono a Villa Giusti l'armistizio con l'Italia, che entrò in vigore e il "proclama della vittoria" firmato da Diaz fu diramato in tutto il paese. Quando gli italiani lanciarono la loro ultima offensiva, l'impero asburgico si stava sfaldando sotto la pressione dei movimenti indipendentisti. Infatti era andato a vuoto il tentativo del governo di Vienna di trasformare l'impero in una federazione di Stati dotati di larghe autonomie, poichè i cechi, gli ungheresi e le popolazioni slave volevano costituirsi in Stati indipendenti. L'imperatore Carlo I fu costretto ad abbandonare il paese. Anche l'impero ottomano era capitolato. Il crollo di Austria e Turchia accelerò la crisi tedesca, dopo che l'ammutinamento della flotta tedesca a Kiel si trasformò in un'insurrezione rivoluzionaria, propagandosi fino a Berlino. Nel pieno della "settimana rossa", Guglielmo II fuggì, e a capo del governo provvisorio venne nominato Friederich Ebert, un socialdemocratico. La Germania firmò poi la resa, ponendo fine al conflitto. All'indomani del conflitto, i caduti in battaglia durante la guerra furono circa 9 milioni e mezzo. A peggiorare le cosesi verificò un'epidemia influenzale chiamata "spagnola", che provocò un numero di morti superiore alla guerra (40-50 milioni). Il virus comparve per cause ignote, e per cause altrettanto ignote scomparve. I TRATTATI DI PACE Il presidente Wilson illustrò al Congresso un programma articolato in 14 punti, che enunciava i principi attorno ai quali costruire una pace giusta e duratura. Egli aveva proposto un sistema di relazioni internazionali fondato non più sulla competizione, ma sulla cooperazione fra i singoli Stati. Wilson auspicava una sorta di "diplomazia aperta" in modo che gli accordi fra i governi non fossero più segreti ma resi pubblici. La rimozione delle barriere doganali, la libertà di navigazione su tutti i mari e la riduzione degli armamenti avrebbero dovuto contribuire a rendere il mondo "un luogo sicuro per la democrazia". Wilson aveva anche proposto l'istituzione di una "Società delle Nazioni", con il compito di risolvere pacificamente le controversie internazionali. Si voleva dunque rafforzare il nesso tra nazionalità e democrazia. Ma l'effettiva applicazione dei 14 punti di Wilson nei negoziati di pace si scontrò con le mire egemoniche delle potenze vincitrici. La conferenza di pace di Parigi si aprì il 18 gennaio 1919 nella reggia di Versailles. Nella conduzione delle trattative assunsero un ruolo importante i cosiddetti "tre grandi": il presidente Wilson, il primo ministro francese Georges Clemenceau e il premier britannico Lloyd George (Italia messa in secondo piano anche se vincitrice, rappresentante Vittorio Emanuele Orlando). L'aspirazione di Wilson si scontrò con i disegni egemonici di Francia e Inghilterra, che rifiutarono di applicare il principio di autodeterminazione dei popoli in Africa e in Asia, ma più forte era la loro idea di mettersi contro la Germania. I rappresentanti francesi manifestarono una volontà punitiva nei confronti della Germania. Il nazionalismo revanscista aveva radici profonde, sin da quando la Francia fu costretta a cedere l'Alsazia e la Lorena. La Gran Bretagna finì per appoggiare la Francia poichè contava di avere in cambio dei vantaggi nella spartizione del Medio Oriente. Francia e Inghilterra infatti si divisero fra loro i possedimenti coloniali tedeschi e altre zone. A opporsi a Parigi rimase solo Wilson. La pace punitiva e le condizioni imposte alla Germania furono legittimate nel trattato di Versailles, che attribuiva allo Stato tedesco l'intera "colpa" dello scoppio del conflitto. Oltre a sancire la cessione di tutte le colonie tedesche e la restituzione dell'Alsazia e della Lorena alla
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