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La Caduta dell'Impero Romano d'Occidente e il Medioevo: Gibbon e i Regni Romano-Barbarici, Sintesi del corso di Storia Medievale

Una panoramica storica della caduta dell'Impero Romano d'Occidente secondo Gibbon, con un focus particolare sulla formazione dei regni romano-barbarici. delle cause economiche, politiche e religiose che portarono alla fine dell'impero, oltre a descrivere la gestione di Odoacre e Teodorico, e la successiva contesa tra l'Impero Bizantino e i regni romano-germanici. una ricca informazione sulla storia del Medioevo, con una particolare attenzione per l'Italia.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 01/03/2022

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Scarica La Caduta dell'Impero Romano d'Occidente e il Medioevo: Gibbon e i Regni Romano-Barbarici e più Sintesi del corso in PDF di Storia Medievale solo su Docsity! STORIA MEDIEVALE PRIMO MODULO Storia medievale Il Medioevo Nell’umanità del Medioevo, si diffonde l’idea di vivere in un tempo diverso rispetto all’età romana, in quanto si iniziano a studiare i grandi classici greci e romani, che danno l’impressione di vivere i cosidetti “secoli bui”. Da sempre il problema più grande degli storici è stato individuare periodi più o meno omogenei tra di loro, che permettessero di scandire la storia dell’umanità, tanto che, anche per la suddivisione della storia medievale vi sono diverse teorie: • Cellarius: la teoria cellarius fu formulata da Cristoforo Keller nel 1688 e fu espressa per la prima volta nella sua opera “storia medioevi”. Egli pose come data di inizio del Medioevo il 337 d.C., anno in cui morì Costantino, e come data di fine il 1453, anno della caduta di Costantinopoli. • Gibbon: secondo questa teoria il Medioevo inizia nel 476, con Odoacre e la caduta dell’impero romano d’Occidente e la formazione dei regni romano-barbarici. • Pirenne: spostò la data di inizio del Medioevo al VII secolo, dopo la morte di Maometto e in corrispondenza dell’invasione barbarica. L’unico “limite” delle prime due teorie è il fatto che non si può ricondurre l’inizio di una nuova epoca ad una data ben precisa. Ecco perché di fondamentale importanza, per la ricostruzione della storia, sono le diverse fonti storiche. Esse sono viste come testimonianze coeve, che parlano cioè di uno stesso periodo storico, sono legate tra di loro. Tra le fonti più importanti distinguiamo sicuramente le monete, i monumenti e leggi che rappresentano gli stessi avvenimenti e ci permettono di ricostruire un’epoca (ciò che scrivono gli storici è una descrizione asettica degli avvenimenti). Il problema delle fonti rimane però la datazione, poiché vi erano diversi metodi di datazione, ad esempio i pontefici avevano un sistema di datazione diverso rispetto al mondo romano. Gli avvenimenti vennero poi interpretati e scritti divenendo così fatti storici e segnando la nascita della storiografia (da grafia che significa segno). La conseguenza della nascita della storiografia, è il fatto che uno stesso avvenimento può essere pensato e interpretato da diversi punti di vista o alla luce di nuove fonti e gli storici che seguono, scrivono su temi e argomenti già sviluppati. Alla luce di ciò, gli avvenimenti più importanti della storia medievale sono: • Fine I secolo: con la fine delle campagne di conquista romane e l’editto di Caracalla che concedeva la cittadinanza romana a tutti coloro che si trovavano all’interno dell’impero, compresi i barbari. • III secolo: periodo di consolidamento e organizzazione. Si provò a risolvere il problema dei popoli germani (tra cui gli unni). • Riforme statali amministrative: tra queste abbiamo le riforme di Diocleziano del 293, tra cui distinguiamo la riforma del sistema di governo che divenne tetrarchico (2 augusti e 2 cesari) con lo scopo di togliere potere all’esercito. La sede di Diocleziano era Nicomedia e del suo vice, Sirmione (cesare), era Belgrado. In Occidente, le sedi degli imperatori erano Milano (mediolanum) e Serviri. L’altra riforma riguardava l’aumento delle province che aveva lo scopo di agevolare il sistema di amministrazione del territorio, ma causò l’affollamento dell’apparato burocratico. continuò ad esserlo anche con i successori di quest’ultimo. La sua opera più importante è “Le Varie”, una raccolta di documenti riguardo ai monaci ostrogoti. Cassiodoro fece costruire un monastero in Calabria, per l’esattezza a Squillaci, sua cittadina di provenienza, nel 554, dove aveva un numero di possedimenti tale da permetterne il sostentamento dei monaci. Egli costruì inoltre la biblioteca di famiglia, dove mise a disposizione dei monaci i più grandi testi classici, e, a questo proposito, ne realizzò una sua traduzione che intitolò “Le Istituzioni”. Una regola importante del monachesimo, è quella scritta da Benedetto da Norcia a Montecassino nel 540. Questa non fu effettivamente l’unica regola, ma era l’unica che legava il lavoro manuale al senso d’equilibrio, per cui non vi erano alcune punizioni o lavori duri. Questa regola si può riassumere con la formulazione “ora et labora”, ovvero, “prega e lavora”, che invitava i monaci a lavorare e pregare di pari passo. Regola di Benedetto: prevedeva il dormitorio in comune, ma ciascun monaco doveva avere il proprio letto. Essi dovevano dormire nello stesso ambiente ma, se numerosi, dovevano dormire in 10-20 per stanza, sorvegliati dagli anziani. Dovevano tenere la luce accesa fino al mattino, dormire vestiti ma senza coltelli, cinture o corde addosso. I giovani non potevano avere i letti vicini ma dovevano alternarsi con gli anziani. Tutto ciò per evitare impulsi sessuali. L’andare in bagno era concesso raramente, solo se si aveva realmente bisogno, poiché era vietato dare attenzioni al corpo. Non si poteva mangiare carne, dato che essa era frutto della caccia, che era un’attività violenta, ed era il cibo dei potenti, e si poteva bere il vino ma con moderazione dato che esso ha poteri eccitanti. Il pesce era invece concesso in abbondanza. I Germani I germani, sono popoli nati nel I-II millennio a.C., dalla fusione avvenuta nel Nord Europa tra indoeuropei e popolazioni locali. Essi ebbero diversi scontri con i romani nel limes e di questo ne sono testimonianza il “De bello gallico” di Cesare del 51 a.C. e “Germania” di Tacito del 98 d.C. Tra le due opere vi sono caratteri comuni, che ci fanno comprendere quelli che sono i tratti caratterizzanti delle popolazioni germaniche, tra cui sicuramente distinguiamo: il rapporto tra l’uomo e la natura, la caccia e l’allevamento del bestiame e l’agricoltura con sistemi primitivi. A differenza dei romani e il loro saltus, i germani sfruttavano tutto ciò che la natura offriva trovandosi costretti, ad un certo punto, a spostarsi e cambiare territorio, per questo erano considerate popolazioni semi-nomadi. In tema di stile di vita, possiamo mettere a paragone la triade romana, che prevedeva per l’alimentazione del popolo pane, vino e olio, con la triade germanica, che prevedeva invece carne, birra e burro. Tralasciando questo distacco con il popolo romano, i primi contatti tra i due popoli, avvennero mediante gli insediamenti da parte dei germani, regolati attraverso il foedus, un sistema di concessioni e doveri in cui questi ultimi erano gli ospiti. Questo, introduce il principio dell’hospitalitas, secondo cui agli ospiti venivano assegnate delle terre da controllare e coltivare. I germani, non erano un popolo a tutti gli effetti, ma costituiti da un insieme di popoli di diverse culture ed etnie. Il loro sistema sociale era regolato dalla monarchia tribale, costituita da: • Duce (dux/duces) – un capo eletto a tempo con valore militare e carisma magico-sacrale. Veniva eletto un duce per ogni famiglia che poteva decidere di allearsi con un altro in caso di attacco. La sua carica finiva appena si concludeva l’episodio per cui era stato eletto e talvolta veniva eliminato anche fisicamente. Caratteristica importante è che il carisma veniva tramandato ai membri della famiglia, con lo scopo di generare uomini sempre più forti. • Trustis – erano alleati del duce, per l’esattezza, erano i guerrieri del duce. Conosciuti anche con il nome di adalingi, erano considerati come una sorta di nobiltà militare. La struttura sociale dei germani, tipica della società longobarda, distingue uomini liberi da uomini non liberi, ed è così suddivisa: • Arimanni – sono gli uomini liberi che hanno il diritto di portare le armi e di eleggere il dux. • Coloni – sono gli uomini semi-liberi, legati alla terra (sono schiavi non dell’uomo ma della terra). • Schiavi – sono gli uomini non-liberi, legati ad un padrone, senza diritti o averi, ma con la possibilità di raccoglierli. L’istituzione principale era la famiglia che prende origine dal matrimonio, che poteva essere di due tipi: • Friedelehe – era un matrimonio “amicale” senza passaggio di mundium, i cui figli avuti non erano leggittimi. • Muntehe – era il matrimonio “completo”, con passaggio di mundium. Il matrimonio completo, si articolava di tre momenti: 1. Petitio – richiesta di matrimonio da parte dei genitori dell’uomo a quelli della donna. 2. Desponsatio – fidanzamento vero e proprio, segnato dal passaggio della dote (dos ex marito) ai genitori della donna. Questa veniva conservata dal padre fino al giorno del matrimonio. 3. Traditio o Nuptiae – viene consegnata la moglie e si celebra il matrimonio vero e proprio con banchetti numerosi. In questo momento avviene il passaggio del mundium, ovvero il passaggio della protezione della donna, che dal padre, va al marito. La donna inoltre doveva donare la sua verginità che ne avrebbe garantito la legittimità dei figli (principio del mongergabe). L’anno 476 La sconfitta di Adrianopoli (Tracia) del 378, segna una sconfitta importante per Roma. Valente fu ucciso dai Goti e il suo impero fu diviso. A questa sconfitta, seguono: il sacco di Roma del 410 ad opera dei Visigoti di Alarico, e il sacco di Roma del 455 ad opera dei Vandali di Genserico. È qui che Teodosio assegna la tutela dei suoi figli a Rufinio e Stilicone, per far comprendere ai romani la sempre più stretta alleanza con i barbari. Giungiamo al 476 con la gestione dell’Italia da parte di Odoacre che depone l’ultimo imperatore, Romolo Augustolo. Egli però non si autoproclama imperatore, ma nomina Bisanzio che portò alla caduta dell’impero romano d’Occidente e alla conseguente formazione dei regni romano- germanici. L’Italia, con la sua posizione strategica, rivolta verso al Mediterraneo, fa parte dell’impero d’Oriente, l’impero bizantino, che potrà ben controllare così gli scambi commerciali e volgere lo sguardo ai territori che su di esso si affacciano. I regni romano-germanici È possibile definire i regni romano germanici mediante 2 definizioni: 1. Un territorio dell’impero romano d’Occidente dove si è insediato un popolo germanico. 2. Un territorio in cui convivono in minoranza i barbari, con i romani in maggioranza, entrambi sotto il governo di un re barbaro con il quale collabora il vecchio ceto dirigente romano. In un primo tempo, i barbari arrivati nel territorio romano, erano foederati, ma con il passare del tempo, essi assunsero la propria autonomia, instaurando la cosìdetta monarchia nazionale, dove ad avere importanza era il popolo, non il territorio. Importante da definire, sotto questo aspetto, è il concetto di hospitalitas. L’hospitalitas era un sistema di insediamento, che prevedeva l’occupazione di una percentuale della proprietà romana da parte di un barbaro. L’insediamento avveniva secondo regole ben precise: la percentuale di territorio che spettava ai barbari era sempre di 1/3, ad eccezione di 2/3 nell’Aquitania dei visigoti, e dell’Africa vandala, che non applicava alcun principio, tanto che i vandali si appropriarono anche dei territori della Chiesa. Questo principio ha origini romane, in quanto, quando un ufficiale romano viaggiava, veniva ospitato, nelle varie tappe che effettuava, dai romani che si trovavano in quella determinata città. Per quanto riguarda la legislazione adottata dai barbari, essa conobbe diverse fasi: • Prima fase: prima di arrivare in territorio romano, essi avevano delle leggi che venivano tramandate solo oralmente e venivano applicate dai boni homenes, uomini che conoscevano tutte le consuetudini e oltre che ad applicarle, le facevano applicare. • Seconda fase: i codici vennero scritti (es. lex salica dei galli, lex visigotorum, il diritto di lotari dei longobardi che risale al 640-43), tutti in lingua latina, con influenze romane e cristiane. Non vi è però alcuna fonte che ci permette di stabilire la data ben precisa dell’applicazione dei codici. L’applicazione dei codici, portò ad una modifica del sistema di giustizia. Infatti, se inizialmente tutto era regolato dalla faida, ovvero dalla legge del taglione (occhio per occhio), con l’applicazione dei codici, si arriva al guidrigildo, che rappresenta il principio di base del sistema germanico. Con il guidrigildo, tutto assumeva valore, e, nel caso in cui un cittadino avesse compiuto un reato, andava in contro al pagamento di una composizione, naturalmente in denaro. La particolarità sta nel fatto che la legge, non veniva applicata in base al territorio in cui era stato commesso il reato, ma in base alla persona che lo aveva commesso. Ciò significava che in uno stesso territorio esistevano contemporaneamente diverse legislazioni e che uno stesso reato poteva essere punito in maniera diversa, con diverse composizioni, e se il cittadino decideva di non pagarla, diveniva schiavo. (es. se un visigoto commetteva un reato in territorio italiano, ad esso doveva essere applicato il suo diritto, la sua legge. Per quanto riguarda l’amministrazione del territorio, distinguiamo tra: • Amministrazione civile: rappresentata dalle contee, unità amministrative non contigue. Non tutto il territorio era suddiviso però in contee, vi erano anche le marche. • Amministrazione religiosa: rappresentata dalle diocesi, che coincidevano grosso modo con le province romane. Più diocesi costituivano un territorio metropolita. Nel frattempo, la Sicilia conobbe diversi attacchi ad opera dei vandali già a partire dal 440, attacchi che, dal 454 divennero annuali fino a quando nel 475 Zenone strinse un patto con Odoacre, re dei vandali, per cui la Sicilia passava nelle sue mani. Egli dichiara la Sicilia alleata di Teodorico, che affida l’amministrazione della giustizia siciliana ad un comes ostrogotorum con sede a Siracusa. Quest’ultimo decise di schierare le flotte a Messina, Lilibeo (Agrigento), Palermo e Siracusa. Questo, fu un periodo di splendore della Sicilia grazie anche a Teodorico che emanò delle leggi a suo favore, con lo scopo di proteggerla dai falsari visto che la Sicilia produceva talmente tanto grano da esportarlo in Provenza. Queste leggi, permisero anche di abbassare il prelievo fiscale. Teodorico, che non era autorizzato ad essere re, si proclamò rector italiae, presentando le sue idee politiche. In politica estera egli aveva in mente una confederazione di regni romano-germanici a capo di cui doveva esservi l’Italia, e di questo ne sono testimonianza i diversi matrimoni incrociati. In politica interna, Teodorico fu tollerante verso le popolazioni locali e le minoranze etniche. L’amministrazione civile in Italia, andò ai romani mentre quella militare ai goti. Si creò così un assetto istituzionale con 2 strutture separate e parallele distinte su base etnica, con ufficiali goti affiancati da funzionari romani, che collaboravano con il governo centrale. Per quanto riguarda la politica religiosa, venne stretto un accordo con la Chiesa che non prevedeva però alcuna conversione obbligatoria. Infine, tutti gli insediamenti erano affidati al praefectus Liberio, di origine romana, scelta effettuata con lo scopo di far arrivare ai romani un chiaro messaggio, un messaggio di non belligeranza secondo cui i loro possedimenti non sarebbero stati toccati. Teodorico riuscì a diventare re e Anastasio, successore del regno bizantino, preparò un piano per riprendersi l’Italia. Egli infatti, strinse dei rapporti diplomatici con vandali, burgundi e franchi, con lo scopo di schierare franchi e burgundi in modo tale da far loro attaccare l’Italia da Nord, e i Vandali da Sud, mettendo le realtà barbariche l’una contro l’altra in modo da farle indebolire, intervenendo successivamente a recuperare l’impero romano d’Occidente. Il progetto di Anastasio fallì poiché i romani d’Italia si schierarono dalla parte di Teodorico e, quest’ultimo, con la politica dei matrimoni incrociati, aveva impedito l’attacco dei vandali e dei burgundi. Gli unici ad attaccare Teodorico furono i franchi, che subirono però una disastrosa sconfitta a Voillè che portò all’annessione della Provenza al regno ostrogoto. Per quanto riguarda invece i rapporti di Teodorico con Giustino e la sua politica Ortodossa, sappiamo che in Italia vi furono diverse reazioni in seguito alla pubblicazione dell’editto religioso di quest’ultimo. Tutto iniziò con l’uccisione del nipote di Teodorico in Burgundia e con l’imprigionamento della sorella nell’Africa vandala. Bisanzio approfittò della debolezza di Teodorico per attaccare, ma quest’ultimo reagì facendo imprigionare i capi romani e cercando di convincere il pontefice Giovanni a recarsi a Costantinopoli con lo scopo di convincere Giustino a ritirare l’editto. Ma la missione fallì e il papa fu imprigionato. Nel 526, Teodorico morì commettendo alcuni errori politici quali: la scelta di mantenere separati, sul piano religioso, romani e ostrogoti, e l’aver rifiutato le politiche bizantine, e la politica dei matrimoni incrociati propostagli da Clodoveo. L’unico possibile erede di Teodorico, era il nipote minorenne Atalarico, che governò sotto l’aiuto della madre Amalasunta. Questa, sposò il cugino Teodato, poiché sperava in un suo aiuto per ben governare il governo e consegnarlo compattato ad Atalarico. Amalasunta fu però imprigionata e uccisa, provocando così l’intervento di Giustiniano e l’inizio della guerra greco-gotica. Fu un lungo conflitto che contrappose l'Impero bizantino agli Ostrogoti nella contesa di parte dei territori che fino al secolo precedente erano parte dell'Impero romano d'Occidente. La guerra fu il risultato della politica dell'imperatore bizantino Giustiniano I, già messa in atto precedentemente con la riconquista dell'Africa contro i Vandali, mirante a riconquistare all'impero le province italiane e altre regioni limitrofe conquistate da Odoacre alcuni decenni prima e a quel momento dominate dagli Ostrogoti di Teodorico. Il conflitto ebbe inizio nel 535 con lo sbarco in Sicilia di un esercito bizantino guidato dal generale Belisario. Risalendo la penisola le forze di Belisario sconfissero le truppe gote dei re Teodato prima e Vitige poi, riconquistando molte importanti città tra cui le stesse Roma e Ravenna. L'ascesa al trono goto di Totila (che affida le armi anche agli schiavi) ed il richiamo di Belisario a Costantinopoli portarono alla riconquista da parte dei Goti di molte delle posizioni perdute. Solo con l'arrivo di una nuova armata sotto il generale Narsete le forze imperiali poterono riprendersi, e dopo la morte in battaglia di Totila e del suo successore Teia la guerra si concluse nel 553 con una completa vittoria per i Bizantini. Nel frattempo i franchi riescono a riprendersi la Provenza e nel 554 Giustiniano emana la Pragmatica Sanctio con la quale cancellava il sistema amministrativo e patrimoniale proprio della dominazione ostrogota sull'Italia ed estendeva la legislazione imperiale (Corpus iuris civilis) alla penisola. I Franchi (fonte: Gregorio di Tours) Nel V secolo, l’ex Gallia romana, era così suddivisa: • A Sud si erano stabiliti i burgundi e i visigoti, il cui territorio di appartenenza si rimpicciolì sempre di più fino a ridursi alla sola Settimania. (Gregorio di Tours, voleva mettere in cattiva luce i visigoti). • A Nord, vi erano invece le popolazioni franche che, a detta dello storico Gregorio di Tours, erano guidate ognuna da un proprio dux detto anche regulo. • Ad Est vi erano alemanni, bavari e turingi. • Al centro vi era il regno di Siagro, ufficiale romano. I franchi, guidati da Clodoveo, erano stanziati lungo il corso dei fiumi Meno e Reno e in occasione della battaglia con i visigoti avvenuta intorno al 430-40, si allearono con l’impero. Essi ebbero la meglio su tutte le popolazioni presenti nell’ex Gallia imperiale, tanto che Clodoveo, eliminò tutti i reguli con lo scopo di compattare i franchi e attuare lo stesso piano politico di Teodorico (politica matrimoniale, militare e religiosa). Egli sposò infatti Clotilde, principessa del regno dei burgundi, ma, la politica militare prevalse e, Clodoveo, attaccò i territori del regno della moglie. Egli si converte poi al cattolicesimo, evento di cui non conosciamo né data né luogo, ma di cui ne conosciamo le cause. Anzitutto, la moglie Clotilde era cattolica e insisteva, insieme al vescovo di Reimes, Remigio, sulla conversione del marito. Ma la scelta di convertirsi da parte di Clodoveo, fu più mirata: egli voleva ottenere il sostegno dell’episcopato cattolico. Questo, fece in modo che i rapporti con i Galli e i romani-franchi, con la Chiesa e con l’impero migliorassero. A questo proposito, Bisanzio riconosce il potere di Clodoveo in Francia e Anastasio lo nomina console. Alla morte di Clodoveo, gli succedono i figli Clotario I, Childeberto I, Clodomiro e Teodeberto I. Perché quattro sovrani? Poichè era in vigore il principio patrimoniale dello stato, secondo cui lo stato era di possesso del sovrano e poteva essere ereditato secondo il principio della successione. I territori vennero dunque divisi, secondo Gregorio di Tours, facendo ricorso al principio dell’Equa lancia, ovvero, vennero divisi equamente in termini di importanza. Con i Figli di Clodoveo, guidati dalla madre Clotilde, i territori di appartenenza merovingia si espansero velocemente. Vennero conquistate infatti la Burgundia , la Provenza (durante la guerra greco-gotica) e la Turingia, anche se effettivamente, tutti i regni della Francia saranno conquistati da Carlo Magno. Dunque, i regni merovingi erano: • Austrasia: Gallia Nord-Orientale con tradizioni germaniche. • Neustria: territori dell’Ovest, con città come Parigi e altre con lo sbocco in mare. • Borgogna: regno dei burgundi. • Aquitania: territori di Sud-Ovest, anche se non è un regno a se. Per quanto riguarda i metodi di insediamento, il silenzio delle fonti fa pensare che sia stato rispettato in modo pacifico il principio dell’hospitalitas. Per quanto riguarda la monarchia franca, sappiamo che il sovrano aveva poteri assoluti, ma grande importanza era attribuita anche all’assemblea popolare che, composta da tutti i liberi, aveva il compito di legittimare il potere dei sovrani. Sappiamo inoltre che la monarchia era assieme elettiva e dinastica in quanto, veniva eletto il dux ma all’interno della stessa famiglia regia, definita sacra. L’amministrazione centrale spettava alla corte itinerante composta da vari funzionari e dal Maior Domus. L’amministrazione periferica spettava invece a contee e ducati. L’impero bizantino L’impero romano d’Oriente, ebbe inizio nel 476 e cadde nel 1453 con la conquista di Costantinopoli da parte dei turchi. Esso ebbe vita più lunga rispetto all’impero romano d’Occidente per diversi motivi: • Era più forte economicamente e socialmente. • Il sistema politico e amministrativo era più efficiente grazie alle riforme di Diocleziano. • L’aristocrazia venne controllata per evitare che destabilizzasse il potere del sovrano e per mantenere un gettito di denaro costante. • Era più forte dal punto di vista commerciale e finanziario: Costantinopoli era l’emporio più importante del mondo, tanto che le merci passavano tutte dalla città prima di arrivare a destinazione, e, la moneta, il bisante, restò una moneta molto stabile. • Era più forte dal punto di vista militare: la flotta dominava il Mediterraneo. • La capitale, Costantinopoli, era la sua forza. Ma vi furono dei problemi che caratterizzavano dei limiti per l’Oriente, quali: I Longobardi (fonte: Paolo Diacono) I longobardi sono una popolazione barbara che sconvolge l’assetto italiano dato dalla Pragmatica Sanctio, intorno al 568-69. Con essi vi è una novità: si afferma per la prima volta, una popolazione barbara in Italia, senza prima aver stabilito un accordo con Bisanzio. Non vi fu infatti alcun rispetto per le strutture amministrative e venne totalmente sconvolta l’unità politica e militare italiana perché i longobardi non riuscirono a conquistare l’intera penisola. Ma il cammino dei longobardi per arrivare in Italia fu lungo. Essi partirono dalla Scandinavia, di cui erano originari, e si stabilirono prima lungo il corso del fiume Elba, poi in Paunonia, vicina al Danubio, per poi arrivare in Italia sotto la guida del dux Alboino, abile militare e politico. Alboino, aveva sposato una principessa merovingia, stabilendo così un accordo con il sovrano dei franchi, ma questa, morì presto e Alboino sposò Rosamunda, figlia del re dei Gepidi, stabilendo un ulteriore accordo con essi. Il suo scopo era quello che nessuna popolazione germanica minacciasse i suoi progetti. Quando i longobardi arrivarono in Italia, non trovarono grandi impedimenti ma anzi, la popolazione era stata decimata dalle epidemie, il fiscalismo bizantino aveva colpito l’economia causando una sfiducia da parte della classe dirigente (ad esempio quella della Sicilia) e lo scisma dei tre capitoli aveva minacciato l’unità religiosa. L’impero non aveva dunque i mezzi finanziari per opporsi efficacemente alle invasioni e i franchi, suoi alleati, non poterono intervenire a fianco dell’impero poiché impegnati in conflitti interni. Per cui, il primo ingresso dei longobardi in Italia avvenne lungo le sponde del fiume Isonzo e poiché essi non avevano un piano di conquista ben preciso, ogni capo militare conquistava territori fino a quando tutto il Settentrione non fosse nelle loro mani. Alcuni gruppi riuscirono a scendere in Toscana, Umbria e con Zottone fino alla Calabria. Vennero fondati i Ducati di Spoleto e di Benevento. Per comprendere le modalità di insediamento dei longobardi, bisogna prima comprendere come era strutturata la loro società. Essi erano infatti organizzati in gruppi autonomi, a capo di cui vi era un dux che si muoveva a sua volta autonomamente, con lo scopo di occupare grandi territori in Italia. Questa era la tecnica dell’insediamento per farae e, le proprietà fondiarie, furono attribuite per arimannie. Il ducato longobardo si evolse comunque molto velocemente tanto che, mentre inizialmente vi erano solo comandanti militari, ad essi vennero successivamente attribuiti poteri politici e amministrativi. Con l’avanzare dei longobardi in Italia, vennero distrutti molti dei territori appartenenti alle Chiese, visto che questi ultimi ariani erano e ariani restarono, e non avevano nessun interesse nel rispettare la Chiesa. Il vescovo dovette trasferirsi in un luogo più sicuro, da Milano a Genova, sotto la protezione di Giustiniano. A lungo la storiografia, analizzando l’opera di Paolo Diacono “Historiae Longobardorum”, aveva concluso che non era stato rispettato il principio dell’hospitalitas per gli insediamenti, ma anzi, i romani vennero molto spesso uccisi. Secondo la storiografia moderna invece, è vero che in un primo tempo vi furono molte razzie ed uccisioni, ma in un secondo tempo i popoli impararono a convivere con la schiavitù dei longobardi e l’imposizione di versare una parte dei loro raccolti. Nel 572 Alboino venne ucciso su ordine della regina Rosamunda, da un suo scudiero, perché pare che si fosse macchiato di un fatto orrendo rima di scendere in Italia. Egli aveva fatto brindare e bere Rosamunda da una coppa “speciale” realizzata con le ossa del cranio di suo padre, fatto assassinare dallo stesso Alboino. Ma, nelle fonti del periodo vi è uno strano trambusto: sembra che l’uccisione del sovrano sia stata in realtà una congiura ordita con lo zampino di Bisanzio e l’appoggio di diversi duchi che non sopportarono più la guida di questi. Con la morte di Alboino, fu eletto come sovrano Clefi, che perseguitò e fece uccidere molti romani. Il suo regno duro 1 anno e 6 mesi prima di essere sgozzato da un uomo del suo seguito. Pare che dopo Clefi, i longobardi stettero per 10 anni senza alcun sovrano in quanto insofferenti nei confronti di una guida unica. Questi furono gli anni del particolarismo ducale. Nel 582, venne nominato imperatore d’Oriente Maurizio, i cui progetti miravano all’attuazione di una politica mediterranea e alla riconquista dell’Italia non in modo diretto, ma in modo inverso. Egli infatti, contava sull’aiuto dell’esarca che ebbe il compito di attirare dalla parte dell’impero più duchi possibili portando scompiglio alle forze longobarde. A questo punto, Maurizio, sperava in un intervento da parte dei franchi, suoi alleati storici ma, i longobardi percepirono la pericolosità del momento e si dotarono nuovamente di una guida unica. Venne eletto sovrano Autari, figlio di Clefi che diede inizio alla monarchia longobarda. Autari volle innanzitutto trasformare l’insediamento militare in un insediamento stabile. Puntò a dare delle nuove istituzioni alla monarchia rafforzando per prima cosa il potere del monarca e dandosi una base territoriale. Come? Ogni duca gli cedette metà dei propri beni per costruire un patrimonio con cui il re e i suoi successori avrebbero potuto mantenersi. Da questo gesto furono esentati i duchi di Spoleto e di Benevento che presentavano una grande discontinuità territoriale e avrebbero potuto indebolirsi troppo. Tutto questo comportò il fatto che il re era diventato il più potente e ricco tra i duchi, e l’esercito (composto dagli arimanni) risultava diviso in due parti: la metà dei duchi e la metà data da ciascuno di essi all’imperatore. Venne inoltre introdotta la figura del gestaldo che aveva il compito di gestire i possedimenti regi e che acquistò con il tempo sempre più potere. In un primo tempo, la mossa dei longobardi non impensierì Maurizio, impegnato a stipulare degli accordi con Childeberto II, re d’Austrasia, ma Autari iniziò ben presto a porgli degli ostacoli. Come? Innanzitutto sposò Teodolinda, figlia del re dei bavari, che insieme al suo popolo, ai merovingi e ai turingi, rappresentavano una minaccia per i franchi. L’ostacolo stava nel fatto che Childeberto avrebbe dovuto lasciare il suo regno per poter aiutare Maurizio, lasciandolo scoperto ad un possibile attacco da parte dei bavari. Egli decise di scendere comunque in Italia, ma il suo attacco fallì presto perché il suo paese fu colpito dalle epidemie e fu costretto a farvi ritorno. Con lui, fallì anche il piano di Maurizio. Poi strinse dei rapporti più stabili con i romani, mandando loro un messaggio: Teodolinda era cristiana, tricapitolina per l’esattezza, e questo significava che i longobardi erano aperti al cristianesimo, anche se non vi sono fonti che accertano la conversione dello stesso Autari. Morto quest’ultimo, suo successore fu Agilulfo che diventò re in qualità di nuovo sposo di Teodolinda. Una regina vedova sposandosi, passava infatti il potere regio nelle mani del nuovo marito. Agilulfo si trovò nelle mani una situazione abbastanza pesante, sia per quanto riguardava i rapporti con l’impero bizantino, sia per quanto riguardava le rivolte interne. Egli si occupò per prima cosa di consolidare le frontiere mettendo a disposizione più militari, riuscendo così ad eliminare molte “sacche” bizantine all’interno del regno longobardo e a controllare le ribellioni interne da parte dei duchi. Le fonti registrano poi un consolidamento dei rapporti tra longobardi e romani a seguito della scelta da parte di Autari, sempre appoggiato da Teodolinda e da Gregorio Magno (pontefice del tempo) di stipulare alcuni trattati di pace, anche se si pensava che questa pace non sarebbe durata a lungo. Per questo Gregorio allerta i pontefici e li avvisa riguardo a possibili attacchi da parte dei longobardi. Inoltre, pare che Gregorio Magno abbia spinto Agilulfo verso la conversione, anche se l’avvenimento non è accertato nell’opera “Le lettere di Gregorio Magno”. Nel frattempo, Adaloaldo, figlio di Agilulfo e Teodolinda venne battezzato. Questo potrebbe far pensare ad una possibile conversione di Agilulfo, che secondo lo studioso Gasparri, sarebbe finalmente avvenuta. Gregorio Magno fu fautore di una vasta evangelizzazione. Egli inviò numerosi vescovi, tra cui Agostino, in Inghilterra, con lo scopo di far convertire più persone possibili, tra cui il re del Kent, Etelberto. Agilulfo muore nel 615. Facendo un salto temporale, arriviamo al regno di Rotari (636-52) con cui si ebbe il grande ritorno dell’arianesimo. Egli salì al trono in quanto marito di una vedova, la figlia di Teodolinda, e si distinse dagli altri sovrani, innanzitutto per aver conquistato la Liguria e parte del Veneto, ma soprattutto perché durante il suo regno, i longobardi scrissero le loro consuetudini, pubblicando il famoso Editto del 643 (conosciuto anche come editto di Rotari, non è l’unica legge scritta dei longobardi). Scritto in latino, l’editto è molto importante in quanto segna il fatto che il sovrano, a partire da quel momento, diveniva anche legislatore. Dopo la morte di Rotari, facciamo un ulteriore salto temporale, arrivando al regno di Liutprando (713-44). Liutprando fu un sovrano importante poiché fu con lui che si arrivò alla professione del credo cattolico all’interno del regno longobardo e fu lui ad avviare la fondazione di diversi monasteri, tra cui venne anche ristrutturato il monastero di Montecassino. Con il consolidamento del cristianesimo, venne avviato un processo di acculturazione delle due etnie e si incrementò soprattutto la fusione dei longobardi con i romani. Dal punto di vista militare Liutprando non si mosse, ma avviò una politica di espansionismo che ebbe inizio con l’invasione dell’esarcato e della Pentapoli, approfittandosi della lotta iconoclastica del 726, che causò la rottura dei rapporti tra Roma e Bisanzio. Ma come si arrivò alla lotta iconoclastica? L’imperatore d’Oriente Leone III, appartenente alla famiglia degli Isaurici, emanò due decreti: con il primo impedì l’adorazione delle sante icone, con il secondo ordinò la distruzione di queste. Il papa naturalmente, si schierò contro Leone III, così come i cittadini romani. Roma si distaccò completamente dall’impero e Liutprando ebbe campo libero per poter invadere e conquistare, quei territori che dividevano in due la Longobardia, ovvero, i territori del ducato romano. Conquistati questi territori, le fonti registrano un importante avvenimento nel 728, noto come Donazione di Sutri: Liutprando donò la roccaforte di Sutri, vicino Viterbo, e altri castelli del ducato romano, importanti per la difesa di Roma, al papa. Questo perchè, venne siglato un patto tra la Chiesa e il ducato di Benevento che segnò il totale distacco di quest’ultimo dall’impero, e il fatto che il papa avesse un esercito. E fu proprio questo a far spaventare i longobardi e portarli alla donazione di Sutri. Non fu dunque un atto costitutivo del potere temporale dei papi, ma un riconoscimento dell’autorità che il pontefice esercitava sui territori romani. (la prof ha detto che questa frase è fondamentale e che la chiede all’esame). Dopo il califfato di Alì, si passa dal califfato elettivo al califfato ereditario, passaggio dovuto alla definizione di due movimenti: quello Sciita, composto da integralisti che credevano solo nel Corano, e quello Sunnita, composto da moderatisti che credevano nel Corano e nella Sunna (questi ultimi appoggiati da Fatima, moglie di Alì). Si affermò poi, il movimento dei Karigiti, che uccisero Alì, in quanto sostenevano che questi non riuscisse a tenere testa a Moawia, governatore della Siria. A questo punto Moawia salì al califfato, dando inizio alla dinastia degli Ommeiadi. Rispetto a quanto riportato dalle fonti, con Moawia la capitale venne spostata a Damasco, e per quanto riguarda l’organizzazione dello stato, sappiamo che le province erano inizialmente di dominio militare, poi vennero affidate agli emiri (l’esercito aveva a capo l’emiro degli emiri). L’amministrazione finanziaria controllò le proprietà tramite il catasto, che forniva informazioni sul proprietario, sulla grandezza della proprietà, sulle coltivazioni e molto altro. Tutte le proprietà erano ereditarie, poche volte vennero vendute, ma il catasto era comunque aggiornato in continuazione. La corte si basava sul modello bizantino e raggiunse il massimo splendore con la dinastia degli Abassidi. La monetazione era di tue tipi, aurea (irem) e argentea (direm), e non riuscì mai a porsi ai livelli del bisante, anche se molto stabile. Nel 747 il califfato passò dagli Ommeadi agli Abassidi, che prendono il nome da Al Abbass, zio del profeta, anche se il califfato ommeade rimane comunque nella città di Cordova. Questo avvenne in seguito ad una ribellione appoggiata dagli sciiti che volevano l’apertura al potere anche per i non musulmani. La capitale venne spostata a Bagdad ed ebbe inizio una nuova politica di espansione grazie alla quale la Sicilia venne conquistata dagli Aglabiti di Tunisia (emirati dell’Arabia), anche se Taormina venne conquistata più tardi, nel 962 e Rometta nel 965. Palermo diviene nel frattempo una capitale a tutti gli effetti. Vi furono però diversi elementi di debolezza nel nuovo impero: la ricchezza era concentrata nelle mani di pochi, e questo causò diversi squilibri sociali che portarono alla diminuzione dei piccoli proprietari, si formarono diversi emirati autonomi e i turchi Selgiuchidi, mercenari dell’esercito, abolirono il califfato a favore di una nuova carica, quella del sultano. Dal punto di vista culturale, l’arabo divenne la lingua ufficiale dell’impero, si svilupparono diversi studi, come la medicina e l’astronomia e l’arte raggiunse il massimo splendore grazie agli Ommeadi. Dal punto di vista economico, si svilupparono nuove tecniche agricole e l’artigianato in quartieri specializzati e nacque una nuova borghesia mercantile che portò alla diffusione di nuove attività finanziarie e bancarie. Fine espansionismo con battaglia di poatie nel 732/3, in oriente con i piccoli Regni buddisti. L’economia curtense Cosa successe con la dinastia carolingia in Occidente? Molti territori furono abbandonati e le grande aziende rurali si articolarono in: terre gestite dal possessore e appezzamenti dati in concessione ai cittadini. Ritornò ad assumere importanza la campagna grazie al sistema curtense, un sistema basato sulla grande proprietà fondiaria. All’interno di esso, vi erano 2 grandi aree generali: • La Pars Duminica, di proprietà del possessore, le cui terre prendevano il nome di riserve o indominicatus. • La Pars Massaricia, dei contadini, le cui terre prendevano il nome di mansi. La particolarità stava nel fatto che queste terre non erano separate tra loro, ma all’interno della pars duminica, vi erano diverse terre della pars massaricia e in un primo tempo, contadini e signori ebbero anche dei luoghi comuni quali fiumi, laghi e boschi. Alcuni di questi boschi, e più precisamente quelli dove vi erano particolari specie di animali, con il passare del tempo diventarono di proprietà del signore, che si dedicò all’attività della caccia. Il sistema curtense, distingueva al suo interno anche dei campi, detti riserve, adibiti alla coltivazione di nuovi alimenti quali cereali e legumi. Queste riserve, erano costituite da terreni arabili, in cui si fece ricorso dapprima al sistema di rotazione biennale e più avanti al sistema di rotazione triennale (in base al clima del terreno), che permisero una produzione sempre maggiore delle suddette coltivazioni (potevano distruggere il raccolto: il passaggio dell’esercito in battaglia, cause naturali). Più avanti le riserve vennero adibite anche alla coltivazione della vite, da cui si otteneva il vino, fondamentale per i riti liturgici, per i riti ospitali e unico disinfettante intestinale. I lavoratori delle riserve furono: • Prebendari – servi domestici a cui il padrone doveva garantire la prebenda (vitto, alloggio, vestiti). Una parte di essi si occupava della casa, altri dei campi. • Contadini tenutari dei mansi – dovevano garantire le cosiddette corvèe, ovvero delle giornate di lavoro gratuite per il signore. I mansi, erano dei terreni piccoli ma non troppo, dove ogni contadino viveva con la propria famiglia. Vi erano diverse categorie di questi: • Mansi ingenuili – dove vi abitavano contadini liberi, che avevano come unico obbligo quello di versare dei canoni in natura come farina o uova. • Mansi lidili – dove vi abitavano contadini ex coloni. • Mansi servili – dove vi abitavano contadini schiavi. Tutti i contadini dovevano versare dei canoni, il cui peso era differente in base alla condizione sociale (un contadino schiavo doveva versare di più e fornire più corvèe). Questo sistema però presentò ben presto dei problemi per il signore: se un contadino moriva, il suo manso veniva riassegnato ad un altro che poteva essere di condizione sociale diversa (superiore o inferiore), e ciò comportava il fatto che i canoni che il signore riceveva si modificavano in continuazione. Per questo il sistema venne cristallizzato, venne cioè impostato un canone fisso uguale per tutti i contadini, a prescidere dalla loro categoria di appartenenza. Un’altra importante caratteristica dei sistemi curtensi, è che vi fu la possibilità di trasformare i prodotti dei terreni o i prodotti animali, in prodotti artigianali. Importanti sotto questo aspetto furono i ginecei, laboratori femminili in cui principalmente veniva lavorata la lana fino all’ottenimento di vestiti. Era il signore a dover fornire alle donne tutto ciò di cui avevano bisogno all’interno del laboratorio, prendendolo naturalmente della grande curtis. Nei laboratori inizialmente, ogni produzione veniva realizzata in quantità limitata (principio dell’autosufficienza). Successivamente si decise di produrre le eccedenze da vendere ai terreni più vicini. Se invece il prodotto doveva arrivare più lontano, il padrone esentava i carri che lo trasportavano, dalle tasse che potevano essere numerose (ogni carro che passava dai terreni del signore, o da un ponte che collegava i terreni dei contadini a quello del signore, era obbligato a pagare una tassa). Le fonti del periodo indagarono al fine di scoprire se questo sistema sia stato una novità introdotta dai germani o una pratica già in vigore nel sistema romano. Le principali furono: • Il Capitulare dei villis – che tradotto dal latino significa “proprietà fondiaria”. Fu una legge introdotta da Carlo Magno negli ultimi anni del suo impero, che regolava le proprietà del fisco e della corona (per disciplinare le attività rurali, agricole e commerciali delle aziende agricole dell'impero o ville) e che più avanti sarà estendibile alle grandi proprietà dei signori del feudalesimo. • Brevium exempla – “modelli di inventari” che i missi dominici (istituzione d’età carolingia formata da un conte e da un vescovo), andavano a raccogliere tra i signori. • Polittici – non erano altro che i registri dei monasteri. Essi furono la fonte più importante per la ricostruzione del momento storico, in quanto aggiornati continuamente. I franchi e la Chiesa Con la salita al trono di Pipino il breve in Francia, si passò dal governo merovingio al governo carolingio. L’obiettivo principale dei carolingi, così come quello della Chiesa era di eliminare i longobardi dall’Italia, per questo cercavano di allearsi. Un primo tentativo di alleanza si ebbe tra Pelagio II e Gotrano di Borgogna tra il VI e il VII secolo, ma non andò a buon fine. Il secondo tentativo fu effettuato da Gregorio III e Carlo Martello, padre di Pipino il breve. Anche questo tentativo non andò a buon fine poiché, Carlo Martello per poter sconfiggere gli arabi a Poitere ebbe bisogno dell’appoggio dei longobardi, stringendo con essi un rapporto d’alleanza. Ma perché I caratteri del nuovo impero: l’imperatore rappresentava Dio sulla terra, ed è per questo che ricevette diversi palazzi da cui poter governare, e una cappella, quella di Aquisgrana, all’interno di cui il trono era posizionato esattamente di fronte all’altare al di sotto di una finestra da cui penetrava una luce che illuminava l’imperatore, come se si trattasse di una luce divina. Egli ebbe il compito di “estendere” la cristianità, ricorrendo se necessario al suo esercito per invadere nuovi territori e far convertire tutti coloro che vi risiedevano. All’imperatore spettò anche la risoluzione dei problemi della Chiesa, soprattutto dei problemi legati alla fede. Egli decise di riformare tutti i monasteri, soprattutto quelli benedettini, con lo scopo di fare della Chiesa, l’ente culturale per eccellenza. A questo proposito decise di mandare una copia della regola benedettina a tutti i monasteri, modificandola leggermente: non più ora et labora bensì ora et studio (prega e studia). Carlo istituì diverse scuole all’interno di Chiese, cattedrali e monasteri, promuovendo la cultura con tutte le sue forze perché aveva bisogno di un alleato prestigioso. L’amministrazione del regno carolingio non vide un ordinamento omogeneo, poiché era così suddiviso: • Regni: divisi tra i figli di Carlo. Al figlio Ludovico andò l’Aquitania, e al figlio Pipino andarono Italia, Baviera e Carinzia. • Contee: all’interno di esse, il potere dei conti era limitato da quello dei Vassi dominici. • Marche: che si trovavano ai confini (es. Barcellona, Austria). • Ducati: con carattere nazionale (es. Bavari, Bretoni). • Missi dominici: all’interno di cui non esisteva più il maggiordomo, ma un vescovo e un conte palatino con poteri ispettivi. Questa “evoluzione” presentò a lungo termine caratteri negativi, poiché i controllori coincisero con i controllati. Carlo Magno, non si era però occupato di rivoluzionare il “principio patrimoniale dello stato”, per cui, alla sua morte il figlio Ludovico il Pio, dovette occuparsi della faccenda in qualità di unico erede al trono. Dopo un lungo periodo di accordi tra i figli di Ludovico (che dovevano essere i prossimi eredi) e la Chiesa, si arrivò alla stesura della Ordinatio Imperi nel 817, secondo cui il primogenito succedeva al trono imperiale mentre gli altri figli (Lotario e Pipino) divenivano Reges (reggenti, aiutavano il fratello). Lotario nel 824 emana la Costitutio Romana che stabilisce i rapporti tra Chiesa e impero: il pontefice veniva acclamato dal clero e dal popolo romano e l’imperatore doveva essere consacrato, ottenendo così poteri superiori a quelli del pontefice. Ludovico il Pio nel 823 ebbe un altro figlio, Carlo il Calvo, di cui la madre ne reclamò i diritti per la parte del regno che gli sarebbe dovuta spettare, portando tutti i figli con il giuramento di Strasburgo del 842 a schierarsi contro Lotario. Tutti gli scontri si conclusero nel 843 con la stipula del trattato di Verdun. Il trattato stipulò quanto segue: • Lotario I ricevette la parte centrale dell'Impero carolingio, denominata Francia Media - quella che in seguito divenne Paesi Bassi, Lorena, Alsazia, Borgogna, Provenza e Italia - e a titolo onorifico anche il titolo imperiale, ma senza avere più che un comando nominale. • Ludovico II il Germanico ricevette la parte orientale dell'Impero, denominata Regno dei Franchi Orientali - gran parte di quella che divenne più tardi la Germania. • Carlo il Calvo ricevette la parte occidentale, denominata Regno dei Franchi Occidentali - gran parte della quale sarebbe divenuta la Francia - incluse anche l'Aquitania, Tolosa e la Settimania. • Pipino era morto. Con la morte di Lotario avvenuta nel 855, gli eredi si spartirono l’impero. Sarà Carlo il Grosso, figlio di Ludovico il germanico ad unire tutto l’impero nel 882, causando una serie di problemi che portarono nel 888 alla disgregazione dell’impero e all’estinzione della dinastia carolingia. Principali cause di disgregazione furono l’invasione dell’impero da parte di Normanni e Ungari e il verificarsi del fenomeno dell’incastellamento dove i grandi signori si costruirono delle fortificazioni per potersi difendere dagli attacchi, di fronte all’incapacità dei poteri centrali di difendere i territori. Il feudalesimo Il feudalesimo fu un sistema politico, economico e sociale che si affermò nell'Europa occidentale, a partire dal IX secolo, con l'Impero carolingio e con la morte di Carlo Magno, fino all'avvento dell'età moderna. In senso sociale ed economico fu un'evoluzione della società curtense, che portò ad un consolidamento dei poteri locali e dei signori (messi in evidenza i rapporti uomo a uomo). La società feudale è così composta: • Vassi dominici • Conti • Signori dei castelli I vassi dominici: erano stretti collaboratori del sovrano, svolgevano compiti importanti per lui e venivano ricompensati con l’assegnazione di un feudo. L'atto con cui si instaurava il rapporto di vassallaggio era detto omaggio (dal latino homo, uomo, poiché chi lo compiva diventava “uomo di un altro uomo”, cioè suo subordinato). La congiunzione delle mani dei due contraenti simboleggiava la dedizione del vassallo al proprio signore, a questo atto seguiva il giuramento di fedeltà su libri sacri o reliquie e spesso lo scambio di un bacio. Fu durante il IX secolo che cominciò a diffondersi la prestazione di più omaggi grazie a cui i vassi dominici ottennero una pluralità di benefici da signori diversi. L'atto con cui veniva concesso il beneficio o feudo era detto investitura ed era conseguente all'omaggio e al giuramento di fedeltà. Essa consisteva nel consegnare al vassallo un oggetto simboleggiante il beneficio (uno scettro, una spada, un anello, un pezzetto di terra, uno stendardo, una croce o un pastorale qualora a essere investito fosse un vescovo). Il beneficiario entrava così in possesso di un feudo come usufruttuario la cui proprietà era comunque del signore. Durante la cerimonia dell’investitura feudale, scattavano gli obblighi per il signore e per il vassallo: il signore aveva l’obbligo di proteggere il vassallo, e il vassallo aveva degli obblighi, detti aiuti, in base a cui: doveva impegnarsi a prestare aiuto militare, fornendo un numero di uomini stabilito in base alla grandezza del feudo, doveva fornire aiuto economico nel caso in cui il signore fosse stato imprigionato (doveva quindi pagarne il riscatto) e doveva fornire aiuto giudiziario, detto anche consiglio, aiutando il signore ad emettere le sentenze. Il legame vassallatico si rompeva solo nel caso in cui il vassallo fosse morto o venisse accusato di tradimento. (IN SINTESI GLI ELEMENTI DEL FEUDO ERANO: OMAGGIO, GIURAMENTO DI FEDELTA’ E BENEFICIO). Nel 877 venne emesso da Carlo il Calvo il Capitolare di Kiersy (solo feudi maggiori), poiché Carlo, venne informato del fatto che i suoi vassalli temevano che se fossero morti in battaglia le loro famiglie non sarebbero state ricompensate. Per questo il cap. 9 del capitolare afferma che in caso di assenza del vassallo, la famiglia poteva affidare la guida della contea al figlio minore, che sarebbe stata legittimata dal signore. Con questo, si voleva sottolineare la comparsa di un nuovo principio: l’ereditarietà dei grandi feudi (che non era immediata, ma convalidata dal documento regio). Nel frattempo Carlo il Calvo preparava un esercito per scendere in Italia e sconfiggere gli arabi. Nel 1037 venne poi emanata la Costitutio de feudis da Corrado II il salico, che teneva conto non più solo dei grandi feudatari, ma di tutti. In poche parole, mentre con il capitolare di Kiersy, si consolidava il potere tra le famiglie forti e il sovrano, con la Costitutio de feudis, non solo si perse questo rapporto, ma si arrivò alla decadenza. Un altro importante elemento che caratterizzò la società feudale furono le immunità fiscali e giudiziarie (intese come privilegi). Grazie alle immunità fiscali, il feudatario era protetto: nessun funzionario, ad eccezione di quelli regi, poteva recarsi all’interno del suo feudo per ritirare le imposte. Grazie alle immunità giudiziarie, il vassallo non poteva essere arrestato e processato da coloro i quali amministravano la giustizia, ma solo dal signore che li “giudicava” con l’aiuto di una giuria esperta. I conti: avevano l’obiettivo di rafforzare i loro poteri e di renderli ereditari. Questa evoluzione del titolo comitale venne raggiunta per due motivi: il sovrano sceglieva i conti tra i suoi vassalli che godevano già dell’ereditarietà e l’ufficio comitale era fonte di entrate (tasse, giustizia) e come ricompensa del servizio poteva essergli concesso un feudo. Con la concessione dell’ereditarietà ai conti (che doveva essere sempre confermata dal signore), si formarono delle vere e proprie dinastie. Ma essi ebbero sempre i poteri limitati dai vassi dominici, poiché le zone di questi, dette di giurisdizione, sfuggivano al controllo del conte per via delle immunità. Signori dei castelli: nacquero quando l’Europa e l’impero Carolingio furono oggetto di incursioni barbariche, ed essi per difendersi, fortificarono le proprie residenze o se ne costruirono di nuove già fortificate. I signori furono dunque titolari di un castello, che generalmente situato su un’altura, proteggeva una grande porzione di territorio comprendente feudi e allodi (piccole zone libere), e tutti gli uomini che vi risiedevano. I castelli furono costruiti gratuitamente da tutti coloro che risiedevano nel territorio protetto, così come gratuite furono tutte le manutenzioni. Il signore però garantiva loro una serie di servizi, tra cui quelli liturgici, e aveva l’obbligo di tenere dentro al castello tutte le materie prime sufficienti per coloro che sarebbero stati ospitati. Con il passare del tempo, anche i tenutari dei mansi iniziarono a disporsi vicino al castello per avere protezione e le reti viarie, vengono modificate per poter collegare tra loro i vari castelli. Vi erano 3 tipi di signoria: decise di attaccare militarmente cercando quanti più alleati possibili, tra cui Guaimario di Capua e Salerno, ma i bizantini erano pronti a combattere e Ottone ancora troppo debole dovette fermarsi. Ottone provò un secondo attacco in campo diplomatico, mandando il pontefice Liutprando ad avanzare una proposta di matrimonio tra Ottone II, figlio di Ottone I, e una principessa bizantina, con lo scopo di ricevere in dote il meridione. Il matrimonio fu accordato con Teofane, figlia del basileus Giovanni Zimsce, che alle spalle non aveva una dinastia. Per questo motivo, il passaggio di dote non avvenne e alla morte di Ottone I, Ottone II ereditò sia l’impero che la questione meridionale. Con la salita al potere di Ottone II, si ebbero diverse reazioni: in Germania si creò una situazione di insofferenza nei confronti del potere regio mentre in Italia, Roma si era rivoltata. Ottone II riuscì però a ristabilire l’ordine decidendo successivamente di marciare verso Sud per prendersi una volta per tutte i territori che gli spettavano. Nel 982 però, l’esercito di Ottone fu fermato a Stilo (in Calabria) dagli arabi che temevano che se i bizantini fossero stati eliminati, anche loro in Sicilia sarebbero stati in pericolo. Nel 983 Ottone II morì, e suo unico erede fu il figlio ancora minorenne Ottone III. Essendo ancora minorenne, il governo venne portato avanti da due donne: Adelaide e Teofane, che fecero in modo che Ottone III ricevesse l’educazione migliore e per questo lo affidarono a Gerberto d’Aureac, monaco che godeva di una cultura straordinaria. Una volta cresciuto, Ottone III volle spostare la sede della corte dalla Germania a Roma, causando diversi malcontenti sia in Germania, che non era più centro dell’impero, sia in Italia dove i cittadini non volevano l’autorità regia così vicina. Nel 1001 Roma si ribellò costringendo Ottone III a fuggire. Nel 1002 egli provò a tornare, ma morì senza eredi sul monte Soratte. Ebbe così fine la dinastia sassone diretta. È 2 N
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