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PRIMA PARTE – IL CONSUMO DI OSSIGENO, Sbobinature di Fisiologia

PRIMA PARTE – IL CONSUMO DI OSSIGENO

Tipologia: Sbobinature

2016/2017

In vendita dal 14/11/2017

stephigno
stephigno 🇮🇹

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Scarica PRIMA PARTE – IL CONSUMO DI OSSIGENO e più Sbobinature in PDF di Fisiologia solo su Docsity! Data: 01/12/10 Prof. Giuseppe Miserocchi PRIMA PARTE – IL CONSUMO DI OSSIGENO Consumo di ossigeno e gittata cardiaca Lo scopo della prima parte della lezione è arrivare ad una scrittura che metta in relazione il flusso di sangue che arriva ai vari tessuti con il loro consumo energetico, aspetto che assume notevole importanza per quanto riguarda il tessuto muscolare. È necessario, dunque, correlare il flusso di sangue alle necessità metaboliche. Bisogna tener presente che, fatta eccezione per il cancro, che costituisce un tessuto patologico molto particolare, possiamo individuare nell’ipossia (ovvero la scarsa disponibilità di ossigeno a livello tissutale) l’origine di tutte le patologie a base cardiaca, cardiovascolare e respiratoria. È possibile notare, inoltre, che il tessuto ipossico polmonare presenta l’ipercellularità tipica del cancro. Per ottenere lo scopo è necessario correlare il consumo di ossigeno e la gittata cardiaca. La quantità di ossigeno che arriva al tessuto con il sangue arterioso può essere vista come il prodotto della gittata cardiaca per la concentrazione arteriosa di ossigeno per minuto, secondo la formula: Dove: Q puntato = quantità di ossigeno che esce dal ventricolo sinistro per minuto Ca-O2 = concentrazione arteriosa di ossigeno GC = gittata cardiaca L’ossigeno che rimane nel sistema venoso, dunque nel sangue refluo dal tessuto, risulta invece dal prodotto della gittata cardiaca per la concentrazione venosa di ossigeno per minuto, come illustrato dalla formula seguente: Si utilizza, in questo caso, la concentrazione venosa media, dal momento che nelle vene si trova il sangue proveniente da organi diversi, che, pertanto, possono avere un differente grado di attività e quindi di consumo energetico. La differenza fra queste due quantità, ovvero tra l’ossigeno presente nelle arterie e quello rimasto nelle vene, costituisce il consumo di O2 (VO2) dell’organismo: Da questa equazione è possibile ricavare la formula inversa, che definisce la gittata cardiaca come il rapporto tra consumo di ossigeno e differenza delle concentrazioni di ossigeno nelle arterie e nelle vene: Abbiamo dunque una terza equazione che descrive la gittata cardiaca, che andrà aggiunta alle formule descritte nelle lezioni precedenti. Calorimetria indiretta. Il consumo di ossigeno può essere misurato attraverso la spirometria. Si valutano, in particolare, la quantità di ossigeno che entra nei polmoni nell’inspirazione e la quantità espulsa nel corso dell’espirazione: la differenza tra le due quantità è costituita da quella quota di ossigeno che è passata nel sangue ed è stata distribuita ai vari organi. Il consumo di O2 ha come significato funzionale il lavoro compiuto: per questo motivo, la misura del consumo di ossigeno si chiama anche calorimetria indiretta . (!) Un’unità di misura comoda per il lavoro compiuto è la grande caloria (detta anche chilocaloria, kcal o Cal). Utilizzando questa unità di misura, è possibile confrontare l’energia utilizzata dall’organismo con quella assunta con la dieta. Teniamo presente che l’apporto calorico giornaliero non deve essere di troppo superiore al fabbisogno energetico. Calorimetria diretta ed equivalente calorico dell’ossigeno. La calorimetria diretta consiste nella misurazione, attraverso la cosiddetta bomba calorica, di quanto calore libera la combustione completa di una certa quantità di sostanza. È nozione della Biochimica la calorimetria diretta delle varie sostanze nutritive: Sostanza kcal ottenibile per grammo Proteine 4 kcal/g Lipidi 9 kcal/g Zuccheri 4 kcal/g Etanolo 7 kcal/g Per sapere quanto ossigeno è necessario per ossidare una certa quantità di zuccheri, lipidi o proteine, è necessario unire le conoscenza sulla calorimetria diretta con quelle sulla calorimetria indiretta. Si ottiene così l’equivalente calorico dell’ossigeno: 1 L di O2 F 0 D E circa 5 kcal. Si tratta, in ogni caso, di un valore molto variabile, dal momento che dipende, in buona parte, dal tipo di molecola che viene ossidata. Bisogna quindi calcolare il rapporto fra O2 consumato e CO2 liberata, che è indice dell’efficienza delle reazioni cataboliche delle varie sostanze. Trasporto dell’ossigeno nel sangue. Come è noto, l’ossigeno ha una solubilità ridotta: l’ossigeno che si può sciogliere nel sangue, dunque, è troppo poco per soddisfare il fabbisogno di tutti i tessuti. La molecola che permette di trasportare nel sangue quantità di O2 sufficienti è l’emoglobina: il suo legame con l’ossigeno è favorito dalla pressione parziale esercitata dal (poco) O2 disciolto nel sangue. Consumo di O2, frequenza e gittata cardiaca Riprendiamo ora le formule che definiscono la frequenza cardiaca: Come si è visto, l’ultima equazione è stata ricavata dalla definizione del consumo d’ossigeno: Se ne deduce che la frequenza cardiaca è funzione del consumo di ossigeno (VO2): Il consumo di ossigeno aumenta quando si compie uno sforzo fisico. Il test del consumo di ossigeno sotto sforzo è importantissimo per la valutazione della funzionalità cardiopolmonare: esso prende il nome di “Six Minutes Walking Test”, e consiste nella misura della distanza coperta da pazienti che soffrono di patologie cardiorespiratorie in sei minuti. Il tempo è stato scelto in modo tale da essere compatibile con la lunghezza di un corridoio. idrolizza ATP producendo ADP, con conseguente diminuzione del valore del rapporto. Questa variazione è il segnale biochimico che scatena l’adeguamento funzionale. La gittata cardiaca può essere aumentata dal sistema ortosimpatico, fondamentalmente in due modi, a seconda del tipo di attività svolta. 1. Attività tipo fondo: vengono reclutati numerosi gruppi muscolari; si verifica una notevole vasodilatazione dei distretti coinvolti nello sforzo, che corrisponde ad una diminuzione delle resistenze periferiche. Questo fenomeno rende possibile aumentare la gittata cardiaca senza incrementare eccessivamente il valore della pressione: GC aumenta grazie alla diminuzione del postcarico. 2. Attività tipo sollevamento pesi: comporta un’intensa contrazione muscolare per un breve periodo. In questo caso, la contrazione è di un entità tale da non permettere la vasodilatazione e la riduzione delle resistenze periferiche. L’aumento della gittata cardiaca si realizza quindi mediante un aumento della pressione arteriosa, ovvero grazie a un aumento del precarico. Relazione tra aumento della gittata cardiaco e aumento del consumo di ossigeno. Il consumo di ossigeno nell’unità di tempo è dato dalla formula: Come si è visto in precedenza, il consumo di ossigeno rientra nell’equazione che definisce la gittata cardiaca, dimostrata all’inizio di questa lezione: Se, sotto sforzo, la gittata cardiaca aumenta di 5 volte, anche il rapporto dovrà aumentare nello stesso modo. Consideriamo i valori assunti a riposo dalle concentrazioni di ossigeno nelle vene e nelle arterie: Si noti che il sangue venoso rimane comunque molto ricco di ossigeno (15 mL/dL): la differenza arterovenosa è di soli 5 ml/dl. Questo valore può aumentare fino a un massimo di 3 volte, ovvero fino a 15 ml/dl. La gittata cardiaca sotto sforzo, come si è detto, aumenta di cinque volte, mentre la differenza di concentrazione arterovenosa di ossigeno ( F 04 4a-vO2) può aumentare al massimo di tre volte. Quindi: Dalle equazioni precedenti si deduce che il consumo di ossigeno sotto sforzo aumenta di 15 volte, dal momento che è il prodotto della gittata cardiaca (che aumenta di cinque volte) per la differenza arterovenosa (che aumenta di tre). Bisogna tenere presente, però, che queste non sono semplici formule matematiche con variabili indipendenti: le variabili, in questo caso, sono fittamente interconnesse e interdipendenti fra di loro. Il fattore principale che può aumentare il consumo di ossigeno è la gittata cardiaca. La capacità di un individuo di aumentare il consumo di ossigeno, e dunque di rispondere meglio ad una necessità metabolica, compiendo uno sforzo maggiore, corrisponde quindi anche alla sua capacità di aumentare la gittata cardiaca. Ricordando che GC=fc GP , si può aumentare GC aumentando fc. Chi ha una frequenza cardiaca a riposo più bassa, a parità di età, ha un fattore di aumento della fc più elevato per arrivare alla fcmax, può quindi aumentare di più il consumo di ossigeno. Formule importanti ________________________________________________________________________________ SECONDA PARTE – IL SISTEMA DI CONDUZIONE DEL CUORE Gli elementi costitutivi del sistema di conduzione del cuore sono: • il nodo senoatriale (o nodo del seno), che costituisce il vero pacemaker, da cui origina l’impulso contrattile; • il nodo atrioventricolare, situato all’apice del triangolo di Koch; • il fascio atrioventricolare (di His), che costituisce un prolungamento del nodo atrioventricolare, e si divide in branca destra e sinistra. Entrambe le branche si continuano in cellule del Purkinje. L’attivazione del cuore è un processo che si sviluppa nel tempo e nello spazio: infatti, origina come segnale che si propaga nel tempo attraverso lo spazio (che è, nella fattispecie, il tessuto miocardico). Il segnale, che ha origine nel nodo senoatriale, ha come effetto finale la contrazione dei ventricoli. Dal punto di vista del sistema di pompaggio non interessa la contrazione degli atri - che in effetti avviene. Questa ci interessa in quanto gli atri sono una porzione in cui si trasmette l’impulso, e quindi costituiscono parte dello spazio di propagazione del segnale. La modalità di contrazione del ventricolo rispecchia le necessità funzionali; per espellere efficacemente il sangue si contrae prima la punta e poi la contrazione procede verso la base. Elettrofisiologia di un cardiomiocita. Il potenziale a riposo di un cardiomiocita è di circa -75 mV. Se stimolato manifesta un potenziale d’azione molto particolare. (vd. Baldissera, cap. 43, pag. 607, fig. 43.1). Si verifica infatti una lunga fase di plateau che fa risultare il PdA molto largo (quindi più duraturo nel tempo), circa 3-5 volte la durata del potenziale d’azione di una normale cellula eccitabile. La fase di plateau è data dal fine bilancio fra cariche positive entranti e uscenti, dovuto alla particolare struttura e costituzione dell’apparato di canali di membrana. Elettrofisiologia di una cellula del miocardio speciale. In una cellula appartenente al sistema di conduzione cardiaco, non esiste un potenziale di riposo stabile. Al termine di un potenziale d’azione, infatti, il potenziale tende a tornare ai livelli di soglia, e dunque a dare luogo a un nuovo potenziale d’azione, costituito da una repentina depolarizzazione e da una successiva ripolarizzazione, senza la fase di plateau. È bene ribadire che, una volta che la membrana si è ripolarizzata, il potenziale non si ferma in una fase stazionaria ma ricomincia a salire verso il potenziale di soglia. Arrivati a soglia, parte il nuovo PdA. Possiamo pertanto affermaree che il tessuto del nodo senoatriale è autoeccitabile. Questa autoeccitazione deve poi essere portata all’effettore finale che è il ventricolo. Il meccanismo della autoeccitazione può essere modulato in tre modi variando tre parametri: (1) la pendenza della fase di risalita verso il valore soglia (2) il livello di soglia a cui parte il potenziale d’azione (modificando la permeabilità al sodio), (3) il livello del potenziale post-p.d.a, che può essere reso più o meno negativo, quindi, ad esempio iperpolarizzando la membrana. La depolarizzazione della membrana è dovuta principalmente all’ingresso di sodio, mentre la ripolarizzazione è dovuta all’uscita di potassio. La modulazione è operata dal sistema nervoso vegetativo, le cui due componenti hanno i seguenti effetti: Ortosimpatico: aumenta la frequenza di scarica attraverso: - aumento della pendenza di risalita - abbassamento del potenziale di soglia - prevenzione dell’iperpolarizzazione Parasimpatico (n. vago, plesso cardiaco): abbassa la frequenza di scarica attraverso: - riduzione della pendenza - innalzamento della soglia - iperpolarizzazione Risposta del cardiomiocita ad ordini in successione. Come avviene per tutte la altre cellule eccitabili, anche nel cardiomiocita esiste un periodo di refrattarietà assoluta in cui la cellula non risponde a nessuno stimolo, di qualsiasi entità esso sia. La refrattarietà assoluta è seguita dalla refrattarietà relativa, in cui la cellula risponde a stimoli solo di intensità molto alta e la sua riposta non corrisponde ai parametri di normalità. Sono necessari 200-300 millisecondi perché ricompaia il potenziale d’azione normale, al termine del periodo di refrattarietà. La contrazione è il fenomeno meccanico che segue l’evento elettrofisiologico iniziale. La durata del potenziale d’azione dei cardiomiociti trova ragione nel fatto che la contrazione meccanica della cellula ha all’incirca la stessa durata. C’è quindi un’identità temporale fra la durata del fenomeno elettrico e quella del fenomeno meccanico. Ciò, unito al fatto che il periodo di refrattarietà assoluta occupa gran parte del fenomeno elettrico, ha come significato e conseguenza che, una volta che il cardiomiocita ha ricevuto lo stimolo alla contrazione, nessun intervento può generare una modifica della risposta meccanica. La risposta meccanica è pertanto sempre la stessa e non si modifica per l’ordine o gli ordini ricevuti. Differenze rispetto al muscolo scheletrico. Anche il muscolo scheletrico ha il suo potenziale d’azione, che dura 2-3 millisecondi. La forza sviluppata dopo una singola stimolazione ha la durata di circa 20 millisecondi. Il periodo di refrattarietà è però più breve. Quindi, una contrazione può iniziare immediatamente dopo il termine della precedente, dal momento che il sarcomero risponde e si contrae ancora prima del termine della contrazione precedente. È dunque possibile ottenere un evento meccanico (contrazione muscolare) che varia a seconda degli stimoli che pervengono al muscolo. La variazione degli stimoli può portare ad una modulazione della forza, cosa che non può avvenire nel cardiomiocita. Nel muscolo scheletrico, infatti, può verificarsi una sommazione - spaziale e temporale - degli eventi elettrici che precedono l’evento meccanico.
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