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PRIMO DOPOGUERRA, BIENNIO ROSSO, AVVENTO TOTALITARISMI, Appunti di Storia

Primo dopoguerra, biennio rosso in Italia, avvento del fascismo e del nazismo

Tipologia: Appunti

2023/2024

In vendita dal 08/04/2024

asiamezzadra
asiamezzadra 🇮🇹

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Scarica PRIMO DOPOGUERRA, BIENNIO ROSSO, AVVENTO TOTALITARISMI e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! DOPOGUERRA Dalla prima guerra mondiale i paesi europei, vincitori e sconfitti, uscirono sconvolti. Con sola eccezione degli Stati Uniti, tutti i paesi partecipanti alla guerra si trovavano in condizioni di dissesto. Il debito pubblico si allargava in dismisura e crescevano i debiti con i paesi amici come gli Stati Uniti. Altro problema era l’inflazione dovuta a un eccessiva stampa di carta moneta. Per non aggravare la situazione venne messo il blocco sui prezzi dei generi di prima necessità e sui canoni d’affitto. Ci fu un grande calo degli scambi internazionali. Gli Stati Uniti e il Giappone avevano aumentato le esportazioni. Nel dopoguerra si sviluppò il processo di emancipazione femminile che ebbe un riconoscimenti sul piano del diritto al voto: la Gran Bretagna nel 1918, la Germania nel 1919, gli Stati Uniti nel 1920. La trasformazione del ruolo della donna suscitò resistenza soprattutto da parte dei reduci dalla guerra che temevano di vedere occupati quei posti di lavoro che credevano di avere di diritto. Per quanto riguarda il problema degli ex soldati, sorsero ovunque associazioni di ex combattenti. Sia accentuò la tendenza alla massificazione della politica: partiti e sindacati videro aumentare il numero dei loro iscritti. BIENNIO ROSSO Il biennio tra il 1918 e il 1920 fu caratterizzato da un protagonismo del movimento operaio. I partiti socialisti registrarono un incrementi elettorale. I lavoratori organizzati dai sindacati si occuparono di difendere e migliorare la loro retribuzione e le loro condizioni lavorative, riuscirono a ottenere la riduzione delle ore giornaliere a 8, a parità di salario. Le lotte degli operai però non si esaurirono in rivendicazioni sindacali ma a volte sfociarono in aspirazione più radicali che riguardavano il problema del potere nelle fabbriche e nello Stato. Ovunque si formarono i consigli operai organizzati sull’esempio dei soviet russi. REPUBBLICA DI WEIMER Il 19 Gennaio ci furono le elezioni per l’assemblea costituente. Si costituì un governo di coalizione social- democratico formato da socialisti, democratici e cattolici. Nell’Agosto del 1919 fu varata la Costituzione di Weimar di aspirazione democratica che prevedeva larghe autonomie regionali, il suffragio universale maschile e femminile, un governo responsabile di fronte al parlamento e un Presidente della Repubblica eletto dal popolo. La Repubblica nata rappresentava un modello aperto e avanzato di democrazia parlamentare. La Germania in questo periodo era il centro più vivace della cultura del tempo. Aveva però una debolezza costituita dalla frammentarietà dei gruppi politici che rendevano instabili le maggioranze di governo. Nella primavera del 1921 una commissione interalleata aveva stabilito l’ammontare dei risarcimenti di guerra dovuti dalla Germania: 132 miliardi di marchi-oro da pagare in 42 rate in 1 anno. L’annunciò della cifra suscitò nel paese un’ondata di proteste. I gruppi dell’estrema destra, tra cui il partito nazionalsocialista guidato da Hitler, scatenarono un’offensiva terroristica contro la classe dirigente repubblicana, accusata di tradimento per aver accettato le imposizioni dei vincitori. Per stabilizzare la situazione i governi di coalizione evitarono interventi troppo drastici sulle tasse e sulla spesa pubblica ma furono costretti ad aumentare la stampa di carta-moneta velocizzando il processo inflazionistico già in atto. A Monaco, la notte tra l’8 e il 9 Novembre 1923, migliaia di aderenti al partito nazionalsocialista guidati da Adolf Hitler organizzarono un’insurrezione contro il governo centrale. Il colpo di stato fallì e Hitler fu condannato a 5 anni di carcere, che non scontò a pieno. In questo periodo venne attutata una politica antiinflazionistica che pur costando sacrifici al popolo tedesco consentì un ritorno alla normalità monetaria. L’ITALIA E IL FASCISMO L’Italia, uscita vincitrice dalla grande guerra, si trovò ad affrontare la crisi in modo più acuto a causa della sua arretratezza. La guerra, inoltre, aveva generato del popolo l’assuefazione alla violenza e aveva accentuato la tendenza a risolvere i conflitti con atti di forza. La guerra creò quindi una società inquieta, attraversata da profonde fratture ma unita da un’ansia di rinnovamento e di rivendicazione che tendeva a spostare il centro delle lotte dal Parlamento alle piazze. Le tensioni sociali era legate in primo luogo all’aumento dei prezzi al consumo, che fecero insorgere numerose proteste, le industrie invece erano in preda agli scioperi volti a ottenere aumenti salariali. A ciò si aggiunsero anche le lotte dei contadini organizzati in “leghe rosse” controllate dai socialisti che miravano alla socializzazione della terra, o nelle “leghe bianche” cattoliche che si battevano per lo sviluppo della piccola proprietà contadina. Si sviluppò anche un altro movimento, prevalentemente del Centro-Sud: l’occupazione di terre incolte da parte di ex combattenti. La cattiva gestione delle trattative di pace aveva inoltre contribuito alla creazione di un clima più simile a quello di un paese sconfitto. L’Italia, secondo gli accordi firmati a Londra nel 1915, aveva ottenuto Trento, Trieste, il Sud Tirolo (Alto Adige). La nascita del nuovo stato jugoslavo aveva però fatto sorgere alcuni problemi in quanto l’Italia, secondo il patto avrebbe dovuto annettere anche la Dalmazia, regione a prevalenza slava, ma non la città di fiume, a prevalenza italiana. Perciò, alla conferenza di Versailles, il presidente del consiglio Orlando e il ministro degli esteri Sonnino chiesero l’annessione di Fiume sula base del principio di nazionalità, la richiesta venne respinta, in particolare dal presidente degli Stati Uniti. Questo “fallimento” pose fine al governo Orlando a cui successe Nitti, inoltre provocò un sentimento di ostilità nei confronti degli ex alleati accusati di voler defraudare l’Italia della sua giusta ricompensa. Si parlò di Vittoria Mutilata: espressione coniata da Gabriele D’Annunzio. Nel settembre del 1919 alcuni militari ribelli guidati proprio da d’Annunzio occuparono la città di Fiume che era sotto il controllo internazionale e ne proclamarono l’annessione all’Italia (durò 15 mesi). D’Annunzio instaurò una reggenza provvisoria. BIENNIO ROSSO IN ITALIA Le prime elezioni dopo la guerra si tennero nel novembre 1919 e furono le prime fatte con il nuovo metodo di rappresentanza proporzionale con scrutinio di lista: il confronto era tra le liste di partito e non tra i singoli candidati e assicurava alle forze politiche un numero di seggi proporzionale ai voti ottenuti.  I liberal-democratici subirono un forte calo passando da 300 seggi precedenti a 200  I socialisti ottennero 156 seggi, 3 volte più che prima della guerra  Il partito popolare italiano ottenne 100 deputati. Il partito fu fondato da un sacerdote siciliano, Luigi Sturzo, e riuniva le forza di ispirazione cattolica. Pur dichiarandosi non confessionale, il partito era appoggiato dalla Chiesa che temeva la minaccia socialista. I due vincitori delle elezioni non potevano coalizzarsi fra loro a costituire la maggioranza in quanto i socialisti erano ostili a ogni collaborazione con i gruppi borghesi. L’unica maggioranza possibile era quella data dalla coalizione tra Ppi e liberal-democratici. E’ proprio su questa debole coalizione che si basarono gli ultimi governi liberali prima del fascismo. Il governo Nitti resse fino al 1920 quando a costruire il nuovo governo fu chiamato l’ormai anziano Giovanni Giolitti che rimase per 12 mesi. Nella politica estera ebbe successo con la firma del trattato di Rapallo, firmato con la Jugoslavia. L’Italia conservò Trieste e l’Istria mentre la Jugoslavia prese la Dalmazia, a eccezione della città di Zara che rimase Italiana. Fiume invece venne dichiarata città libera, e nel Natale dello stesso anno le truppe italiane costrinsero d’Annunzio ad abbandonare la città. Il 30 ottobre 1922 Mussolini fu ricevuto dal Re e chiede di essere chiamato a presiedere il governo, la sera stessa il nuovo governo guidato dal capo fascista era pronto, ne facevano parte fascisti, liberali Giolittiani, liberali di destra, popolari e democratici. VERSO IL REGIME Mussolini alle elezioni aveva vinto solo il 7% dei saggi, troppo pochi per poter formare una maggioranza. Libera e cattolici, i cosiddetti fiancheggiatori, gli diedero il loro appoggio. Nel dicembre 1922 fu istituito il Gran Consiglio del Fascismo avente il compito di indicare le linee generali della politica fascista. Nel 1923 le squadre d’azione vennero inquadrate nella Milizia Volontaria per la sicurezza Nazionale. Il numero di scioperi con in quegli anni scese a livelli quasi insignificanti e i salari subirono nette riduzioni. Per quanto riguarda l’economia Mussolini favorì i proprietari. Fu alleggerito il carico fiscale sulle imprese, privatizzato il servizio telefonico e contenuta la spesa statale. Ci fu un aumento della produzione e il bilancio dello stato tornò in pareggio. Un altro sostegno venne dato dalla chiesa e dal nuovo Papa Pio XI nei confronti di cui Mussolini si mostrò disponibile a importanti concessioni. La riforma scolastica varata nel 1923 dall’allora ministro dell’istruzione Giovanni Gentile prevedeva l’insegnamento della religione nelle scuole elementari e introduceva un esame alla fine di ogni ciclo di studi. Ormai il partito popolare rappresentava solo un ostacolo per la chiesa. Nel 1923 Mussolini impose le dimissioni dei ministri popolari e dopo, Don Sturzo, sotto le pressioni del vaticano fu costretto a lasciare la segreteria del partito. Mussolini ora voleva crearsi una maggioranza parlamentare e fece approvare al parlamento la Legge elettorale maggioritaria che prevedeva che chiunque avesse ottenuto la maggioranza relativa alle elezioni (più del 25%) avrebbe avuto due terzi dei seggi. In vista delle elezioni Mussolini si candidò nella “lista nazionale” al fianco di cattolici e conservatori. Le forze antifasciste (popolari, comunisti, socialisti, liberali guidati da Amendola) si condannarono alla sconfitta presentandosi alle elezioni ciascuno con le proprie liste. Durante il periodo delle elezioni i fascisti non rinunciarono alla violenza e alle elezioni dell’Aprile 1924 ottennero il 65% dei voti rendendo la legge maggioritaria inutile. Il 10 giugno 1924 il deputato socialista Giacomo Matteotti fu rapito a Roma da un gruppo di squadristi, rapito e ucciso a pugnalate. Il corpo fu ritrovato dopo 2 mesi. Dieci giorni prima di essere ucciso aveva pronunciato una requisitoria contro il fascismo denunciandone la violenza e contestando la validità delle elezioni. Questo avvenimento suscitò l’indignazione dell’opinione pubblica. I gruppi antifascisti si rifiutarono di prendere parte alle riunioni parlamentari riunendosi separatamente, l’episodio venne chiamato Secessione dell’Aventino per la somiglianza con quello accaduto nell’antica Roma, in cui i plebei si ritirarono sull’Aventino in segno di ribellione ai Patrizi. Purtroppo, questo evento, non ebbe alcuna efficacia e né il Re né la popolazione si ribellarono al fascismo. Spinto dall’ala intransigente del fascismo Mussolini decise di contrattaccare e il 3 gennaio 1925 tenne un discorso in Parlamento prendendosi la responsabilità dell’accaduto e minacciando l’opposizione. Nei giorni dopo ci furono arresti, perquisizioni e inquisitorie vero l’opposizione. Ormai il cambio di regime stava diventando chiaro e coloro che avevano mantenuto una posizione di neutralità dovevano scegliere da che parte schierarsi, così fecero i letterali, Benedetto Croce rispose a il Manifesto degli Intellettuali Del Fascismo con un contromanifesto che rivendicava i diritti di libertà. I giornali vennero fascistizzati, membri dell’opposizione arrestati e il Patto di Palazzo Vidoni riconosceva la rappresentanza dei lavoratori solo ai sindacati fascisti. Negli anni seguenti vennero promulgate varie leggi cosiddette “fascistissime”, varate dall’allora ministro delle giustizia Alfredo Rocco:  1925: legge che rafforzava i poteri del capo del governo nei confronti del parlamento e dei ministri  1925: riforma delle amministrazioni locali che abolì l’elezione dei sindaci e dei consigli comunali 1925: legge sindacale che abolì gli scioperi e stabilì che solo i sindacati fascisti potevano stipulare patti collettivi  1926: dopo n fallito attentato alla vita di Mussolini vennero sciolti tutti i partiti antifascisti e soppresse tutte le pubblicazioni contrarie al regime, venne reintrodotto la pena di morte per i reati contro la sicurezza dello stato e istituiti tribunali speciali per giudicarli composti da ufficiali delle forze armate.  1928: legge elettorale che prevedeva la lista unica  1928: fu costituzionalizzato il Gran Consiglio del fascismo che diventò un organismo dello Stato che si occupava di preparare le liste elettorali Ormai era chiaro che il regime era cambiato che non c’era più la separazione dei poteri. Le gerarchie in Italia però erano ancora due: quella dello Stato e quella del partito. Mussolini si serviva dei prefetti per controllare le province e aveva il controllo della polizia di Stato che si occupava di reprimere il dissenso. Gli iscritti al partito erano ormai 2 milioni e mezzo l’appartenenza al partito era fondamentale per avere un lavoro nell’amministrazione statale. Vennero creati una seria di organismo come l’Opera nazionale del dopolavoro, i Fasci Giovanili e l’Opera Nazionale Balilla (giovani della lupa, balilla, avanguardisti) che forniva un supplemento di educazione fisica, un’istruzione premilitare e un indottrinamento ideologico. Il fascismo cercava di inserirsi in ogni aspetto della vita della società, fascistizzando anche il tempo libero. Il fascismo incontrava però degli ostacoli come la chiesa, infatti la maggioranza degli italiana era di fede cattolica. Così, nel 1929, in segreto, Mussolini scese a patti con Papa Pio XI. L’11 Febbraio 1929 vennero stipulati i Patti Lateranensi (così chiamati perché firmati ai Palazzi del Laterano). Il patto era diviso in tre sezioni:  Un trattato internazionale : la Chiesa si impegnava a riconoscere lo Stato Italiano e vide riconosciuta la sua sovranità sullo stato del Vaticano, sulla basilica di San Pietro, sui palazzi pontifici e su un piccolo territorio circostante.  Una convenzione finanziaria : l’Italia si impegnava a pagare una somma al Papa  Un concordato : i sacerdoti erano esonerati dal servizio militare, i preti spretati esclusi dai lavori pubblici, il matrimonio religioso riconosciuto a livello civile, insegnamento della dottrina cattolica considerato “fondamento e coronamento” dell’istruzione pubblica, le organizzazioni dipendenti dall’Azione Cattolica potevano riunirsi sotto il controllo delle gerarchie ecclesiastiche e senza formare un partito. Elezioni plebiscitarie 1929, 98% dei voti (lista unica). Un altro limite per il fascismo era rappresentato dalla monarchia. Il Re rimaneva l’autorità più alta dello stato e poteva conferire e revocare la carica di Capo di Governo. Inoltre era il punto di riferimento per i militari e per la borghesia conservatrice (totalitarismo imperfetto). Nel periodo fascista l’Italia continuò a svilupparsi pur con un ritmo più lento rispetto agli altri paesi Europei. Anche popolazione aumento da 38 milioni a 44. Si accentuò l’urbanizzazione. La percentuale di occupati nell’agricoltura salì mentre quella di occupati nell’industria calò. Comunque l’Italia rimaneva un paese arretrato, lo stipendio medio di un Italiano era un terzo di quello di un inglese e anche la dieta che consumavano era inferiore a quella degli altri paesi. Un italiano su 100 deteneva un automobile contro a un inglese su 20, 1 su 70 aveva un telefono contro 1 inglese su 13. Il fascismo predicava un ritorno alla campagna e una ruralizzazione e tentò di scoraggiare l’afflusso dei lavoratori verso i centri urbani. Il fascismo esaltò la funzione del matrimonio e ispirandosi alla dottrine che identificava la forza con il numero cercò di incoraggiare le nascite aumentando gli stipendi ai padri di famiglia, istituendo la tassa sul celibato e cercando di ostacolare il lavoro femminile anche se con scarsi risultati (fasci femminili, massaie rurali ribadivano centralità virtù domestiche). Da un alto voleva rimanere legato alle tradizioni dall’altro promuoveva la creazione di un “uomo nuovo”, ma per il suo progetto l’arretratezza del paese rimaneva un ostacolo insormontabile. Nel 1927 venne varata la Carta del lavoro in cui si parlava di uguaglianza giuridica fra imprenditori e lavoratori e solidarietà tra i vari settori della produzione. La carta del lavoro non fu però sufficiente a ricompensare la mancanza dei sindacati liberi. Infatti ci fu un calo salariale che nel settore industriale raggiunse il 20%. SCUOLA, CULTURA E INFORMAZIONE Ci fu un’attenzione particolare per la scuola, abbiamo già visto la riforma gentile del 1923. Il regime istituì il controllo dei libri scolastici e l’istituzione di libri unici per le elementari. Le università invece godevano di maggiore autonomia. Agli insegnanti nel 1931 venne dato l’obbligo di giurare fedeltà al fascismo, coloro che non accettavano perdevano le cattedre. Per quanto riguarda la propaganda venne esercitato un forte controllo riguardo la stampa e la comunicazione di massa. La stampa venne affidata al ministero della cultura popolare e il controllo della stampa veniva esercitato da mussolini stesso. Le trasmissione radiofoniche erano affidate all’Eiar (progenitore della Rai). Per quando riguarda la radio come mezzo di ascolto privato si diffuse solo alla fine degli anni ’30. Il controllo del cinema era più mite, venivano tolte pellicole contrarie al regime ma non inserite parti a uso propagandistico. Per quanto riguarda i cinegiornali d’attualità venne istituito l’Istituto Luce. ECONOMIA E IDEOLOGIA A livello economico la formula fatta propria dal fascismo fu il corporativismo, una terza via tra capitalismo e socialismo che significava la gestione dirette dell’economia da parte delle categorie produttive organizzate in corporazioni comprendenti sia imprenditori che lavoratori. Nonostante questo un vero sistema corporativo non fu mai creato e Mussolini utilizzò una linea politica economica poco coerente. Nel primi anni adottò una linea liberista incoraggiando l’iniziativa privata. Ciò provocò un incremento produttivo che ebbe come conseguenza un aumento della produzione a cui seguì l’inflazione. Per far fronte al problema Mussolini attuò una politica deflazionistica volta alla stabilizzazione del valore monetario. Venne messo il dazio sui cereali volto a incoraggiare la produzione interna accompagnato da una campagna propagandistica detta “battaglia del grano”. L’obbiettivo era il raggiungimento dell’autosufficienza nella produzione dei cereali. Alla fine degli anni ’30 la produzione del grano aumentò del 50% a discapito dell’allevamento e delle colture rivolte all’esportazione. Infatti le esportazioni calarono. Nel 1926 il duce attuò il programma quota novanta volto a arrivare a una valutazione della lira 1 sterlina su 90 invece di 1 su 145. Anche questo obbiettivo su raggiunto anche grazie ai prestiti dati dalle banche statunitensi. I prezzi diminuirono e i salari furono ridotti in modo già che proporzionale. Molte piccole industrie agricole entrarono in crisi per il calo dei prezzo. E anche le industrie rivolte all’esportazione entrarono in crisi e il commercio si ridusse. La risposta del governo seguì due direttrici:
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