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Primo dopoguerra e Biennio Rosso in Europa, Appunti di Storia

I problemi dell'Europa nel primo dopoguerra, tra cui i limiti dei trattati di pace, la Società delle Nazioni, la crisi economica e il calo demografico causato dalla Spagnola. Vengono inoltre analizzati i problemi sociali e la trasformazione della società a seguito della guerra.

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 22/11/2022

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Scarica Primo dopoguerra e Biennio Rosso in Europa e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! Primo dopoguerra I problemi del dopoguerra I LIMITI DEI TRATTATI DI PACE I trattati di pace firmati a Parigi tra il 1919 e il 1920 cambiarono il volto dell’Europa, ma la costruzione di un nuovo equilibrio e una pace duratura si rivelò difficile. Il nuovo assetto geopolitico creò in molti paesi europei una diffusa insoddisfazione. La Germania si sentiva umiliata da una pace che aveva ridotto notevolmente il suo territorio, diviso in due dal corridoio di Danzica. Anche l'Italia riteneva di non essere stata ripagata a sufficienza, non le erano state riconosciute Fiume e la Dalmazia. I nazionalisti parlarono di vittoria mutilata e orchestrarono una propaganda. Anche il problema delle nazionalità era tutt'altro che risolto. Nonostante la volontà del presidente degli Stati Uniti Woodrow Wilson di affermare il principio di autodeterminazione dei popoli, molti Stati di nuova formazione erano abitati da popolazioni diverse, spesso in contrasto fra loro: - la lugoslavia era costituita da una maggioranza di Serbi e da Croati, Bosniaci, Sloveni e Macedoni, diversi per lingua e religione - la Polonia divideva il suo territorio tra minoranze tedesche, soprattutto nell'area occidentale, e una forte presenza russa, nell'area orientale. Ma il caso più eclatante fu quello della Cecoslovacchia che comprendeva principalmente Cechi (Boemi e Moravi), Slovacchi e una minoranza formata da circa 3 milioni di Tedeschi (territorio dei Sudeti). Lo Stato era centralizzato e i Cechi, la maggioranza, occupavano praticamente la totalità degli alti gradi dell'esercito e le posizioni direttive del ministero dell’Istruzione. Persino in Slovacchia, il 50% dei giudici e degli insegnanti era Ceco. Gli Slovacchi tendevano a percepirsi cittadini di «serie B» e i 3 milioni di Tedeschi si sentivano politicamente emarginati. Sotto il profilo economico accanto alla realtà dei territori cechi industrializzati, esisteva una Slovacchia rurale: tra le due aree vi erano stridenti disparità nei livelli di reddito e di istruzione. LA SOCIETÀ DELLE NAZIONI La Società delle Nazioni, proposta da Wilson, fu fondata a Ginevra nel 1920. L'obiettivo era di costituire un’organizzazione, al di sopra degli interessi delle singole nazioni, per risolvere attraverso la diplomazia i contrasti tra gli Stati. Chi non avesse rispettato le decisioni prese, avrebbe subìto delle sanzioni economiche o militari. Nel corso di un decennio, quasi tutti gli Stati del mondo entrarono a farci parte. Ciononostante questa organizzazione non riuscì a garantire una pace duratura. Le cause furono 2: - il rifiuto degli Stati Uniti di farne parte: nel marzo 1920 il Senato americano, che non voleva impegnare il paese nei problemi europei, bocciò la proposta di Wilson di entrare nella Società delle Nazioni - la mancanza di una propria forza militare: la Società delle Nazioni non possedeva un proprio esercito da utilizzare contro chi avesse violato le sue decisioni. IL CALO DEMOGRAFICO E LA «SPAGNOLA» La guerra aveva causato oltre 8 milioni e mezzo di morti, di cui 615000 italiani, e 20 milioni di feriti gravi, mutilati e invalidi. A questi vanno aggiunte le vittime di una terribile epidemia di influenza, la spagnola, si diffuse in Europa e in America tra il 1913 e il 1924. Fu una vera strage che provocò un calo demografico. La denominazione era dovuta alla credenza, sbagliata, che i primi casi si fossero verificati nella Penisola iberica. In realtà i primi focolai si erano sviluppati in Cina all’inizio del 1918, nella Marina giapponese e altri casi si erano verificati nel Nord America. Durante il 1918 erano stati trasferiti in Europa non solo soldati da tutti gli angoli del mondo, ma anche un gran numero di lavoratori, specie dalla Cina. Queste persone vivevano ammassate spesso in condizioni di grande miseria e ciò favoriva il diffondersi di epidemie. Prima di colpire la Spagna, alla fine di aprile, era già comparsa in Francia, portatovi dalle truppe nordamericane. Complessivamente furono contagiate circa un miliardo di persone, più della metà della popolazione del globo. I morti accertati furono tra i 21 e i 22 milioni. L'elevatissima mortalità era dovuta a cause diverse: una particolare virulenza del morbo; la possibile concomitanza con un altro bacillo; la malnutrizione già presente da anni nella popolazione dei paesi in guerra; la mancanza degli antibiotici per le complicazioni polmonari; le precarie condizioni igienico-sanitarie dei soldati in guerra. I PROBLEMI ECONOMICI Da un punto di vista economico l'Europa dovette poi affrontare una gravissima crisi. Un primo importante problema riguardava le strutture produttive. Va ricordato che la guerra aveva mobilitato l'intero sistema industriale dei paesi coinvolti. A guerra finita, si trattava di realizzare la riconversione industriale = ritornare al normale tipo di produzione del tempo di pace. Ma, nell'Europa impoverita dalle spese di guerra, non tutte le imprese potevano permettersi gli investimenti necessari a sostituire i mezzi di produzione. Questo significò crisi dell'industria. Le fabbriche cominciarono a licenziare o a mantenere i salari bassi: si diffusero povertà e disoccupazione. Inoltre, i debiti contratti per le spese di guerra indussero i governi dei paesi reduci dal conflitto a stampare nuova carta moneta. Questa scelta innescò rapidamente l'inflazione. I prezzi aumentarono, erodendo i risparmi e i salari di tutti i lavoratori dipendenti e di chi viveva di un reddito fisso. Fu in particolare il ceto medio a soffrire di questa situazione. Gli operai potevano contare sulle organizzazioni sindacali per rivendicare aumenti di salario. Complessivamente l'economia europea era in ginocchio. Il territorio era devastato, la produzione era in crisi, i commerci internazionali si erano notevolmente ridotti, i debiti pubblici con l'estero (in particolare con gli Stati Uniti) erano consistenti. Queste condizioni resero l'Europa dipendente dagli Stati Uniti. Disagio sociale UNA SOCIETÀ NUOVA La guerra aveva trasformato radicalmente anche la società. In Italia per la prima volta dopo l'unificazione, i ragazzi del Sud si erano incontrati con quelli del Nord, nelle trincee. Insieme avevano lottato per la stessa causa, la difesa della patria, avevano imparato a vivere in gruppo, a sfidare la morte, a obbedire ai capi militari. La guerra aveva causato la mobilitazione di milioni di uomini. In questo senso aveva contribuito a creare una coscienza collettiva e aveva segnato il vero ingresso delle masse nella Storia. Dopo la guerra niente fu più uguale. Il ritorno alla vita civile portò nuovi e aspri conflitti sociali: i sindacati e i partiti, consapevoli della propria forza, si organizzarono. Le classi e le categorie sociali avevano infatti capito quanto fosse importante sapersi unire in un'organizzazione e avanzarono precise richieste: • gli operai volevano aumenti di salario e più potere nelle fabbriche • i contadini chiedevano la proprietà della terra che lavoravano • il ceto medio manifestava il proprio disagio economico avvicinandosi ai movimenti più autoritari. IL NUOVO RUOLO DELLE DONNE La prima guerra mondiale fece sentire la propria influenza anche sulla condizione sociale ed economica delle donne. Lo spostamento degli uomini al fronte e il grande sforzo di mobilitazione nazionale imposti dal conflitto portarono grandi cambiamenti nella struttura sociale offrendo nuove possibilità alle donne. Esse entrarono nel mondo del lavoro in modo non paragonabile ai decenni precedenti: sostituirono gli uomini nelle fabbriche, negli uffici, alla guida dei trasporti e nei campi spesso con ruoli rilevanti e di responsabilità. Anche all'interno della famiglia il ruolo della donna divenne fondamentale. Le barriere tra il lavoro maschile e quello femminile si infransero e per milioni di donne questo significò una grande conquista. Le donne poterono godere di migliori condizioni economiche: durante il periodo bellico, le fabbriche di armi corrispondevano alle donne un salario pari anche al doppio rispetto a quello che le Lavoratrici ricevevano in tempo di pace. La maggiore indipendenza e disponibilità di denaro portò molte donne a emanciparsi. Il grande mutamento della figura femminile nella società influenzò anche la politica. Questo generale processo di emancipazione dal passato e dal ruolo passivo imposto dai maschi si concretizzò nella conquista del diritto di voto alle donne: Inghilterra nel 1918, Germania (1919) e negli Stati Uniti (1920). In molti paesi il voto alle donne non venne concesso. Molti uomini guardavano con aperta preoccupazione alla nuova considerazione che le donne, a spese del ruolo maschile, ottenevano nella società e nella politica. Al termine del conflitto, sui posti di lavoro si cercò di inserire i reduci, cosicché molte donne dovettero tornare casalinghe. Ma ormai si era messo in marcia un cambiamento che non poteva essere arrestato: negli anni fra le due guerre crebbe il numero di donne lavoratici o che vivevano da sole. IL PROBLEMA DEI REDUCI Il ritorno alla vita civile per coloro che avevano combattuto nell'inferno delle trincee non fu facile: i reduci passarono dalle immani privazioni e sofferenze subite nel corso del conflitto a uno stato di disoccupazione ed emarginazione sociale, giacché i sistemi produttivi nazionali erano in crisi e non più in grado di offrire lavoro a tutti. Molti giovani combattenti avevano trovato nel contesto della guerra un senso per la loro vita, forse anche qualche soddisfazione militare e un po' di prestigio. Il rientro a casa fu traumatico. L'idea di aver rischiato la vita per la patria senza ottenere nulla in cambio creava insoddisfazione e risentimento in quei giovani che avevano passato anni in trincea. Il reinserimento dei reduci nella vita ordinaria fu così un problema di tutti i paesi. I Reduci erano uomini che avevano conservato la mentalità combattentistica, la fierezza del soldato, l'attaccamento alla memoria dei morti, il cameratismo militare. Ovunque si riunirono in associazioni pronte ad agire per difendere gli interessi e i valori degli ex combattenti. Le associazioni di ex combattenti avevano orientamenti politici diversi, ma alcuni gruppi erano particolarmente pericolosi. Tra questi si distingueva la Federazione Arditi d'italia.
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