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Primo dopoguerra e Fascismo, Appunti di Storia

Nuovo volto dell'Europa, dopoguerra negli Stati Uniti (crisi del 1929, New Deal, Keynes), fascismo (biennio rosso, ritorno Giolitti, fasci italiani, squadrismo, marcia su Roma, delitto Matteotti, politica ed economia fascista, patti lateranensi)

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 08/07/2023

elenasophia04
elenasophia04 🇮🇹

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Scarica Primo dopoguerra e Fascismo e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! PRIMO DOPOGUERRA NUOVO VOLTO DELL’EUROPA Ci sono una serie di trasformazioni sociali prodotte dalla guerra: ➔ le vecchie aristocrazie sono sostituite dai ceti borghesi imprenditoriali ➔ l’inflazione aveva ridotto il potere d’acquisto della piccola e media borghesia ➔ gli operai guardano alla rivoluzione bolscevica come un modello da imitare ➔ problema della riconversione industriale che porta alla disoccupazione ➔ i prestiti che gli Stati vincitori avevano chiesto agli Stati Uniti andavano ora restituiti ➔ i reduci di guerra avevano difficoltà a reinserirsi alla vita civile (molti hanno perso status sociale) e questo malcontento viene sfruttato da parte dai partiti nazionalisti e anti democratici per i loro scopi ➔ movimenti provocati dai nuovi confini degli Stati 1) AUSTRIA, UNGHERIA E POLONIA In Ungheria c’è un tentativo di rivoluzione, sulla base della Russia, guidata da un leader comunista, Béla Kun. Questa rivoluzione sovietica si concluse con un colpo di stato militare di destra portato a termine da un ammiraglio, Miklos Horthy. L’Ungheria è quindi un Paese in cui c’è un governo di destra totalitario. In Austria, dopo la rivoluzione che ha portato alla repubblica, la socialdemocrazia fu sconfitta alle elezioni del 1920 dalle forze conservatrici del partito cristiano sociale. In Austria c’è una democrazia conservatrice. In Polonia si insedia un governo conservatore. Nelle tre repubbliche baltiche (Lituania, Estonia e Lettonia) si insediano regimi dittatoriali. 2) JUGOSLAVIA E ALBANIA Nel regno di Jugoslavia nel 1928 c’è una ribellione autonomista in Croazia e il nuovo re, Alessandro I, reprime questa rivolta, scioglie il parlamento e instaura una dittatura. In Albania, nel 1928, il presidente della repubblica Ahmed Zogu si autoproclama re e trasforma la repubblica in una monarchia autoritaria e repressiva. 3) TURCHIA: RIVOLUZIONE KEMALISTA E NASCITA DELLA TURCHIA MODERNA L’Impero Ottomano finisce: ● gli alleati (Francia e Inghilterra) prendono il controllo degli stretti del Bosforo e dei Dardanelli (strategici per motivi economici e militari) ● i greci occupano le zone di confine con la Turchia e massacrano la popolazione turca civile che viveva lì ● gli Armeni che erano sopravvissuti allo sterminio e i Curdi (popolazione che abita nel Caucaso) premevano per ottenere uno Stato e l’indipendenza da Istanbul Mustafa Kemal è il protagonista delle due rivoluzioni avvenute in Turchia: per questo gli viene assegnato il soprannome "Ataturk" (=padre dei Turchi), che lo identifica come padre della Turchia moderna. Già nel 1908, Mustafa Kemal, leader dei Giovani Turchi, aveva guidato la prima rivoluzione che aveva portato all’instaurazione di una monarchia costituzionale. Nel 1920 gli inglesi occuparono militarmente il Parlamento turco e diedero vita a un governo che firmò il trattato di Sèvres, con cui si sanciva lo smembramento dell’Impero Ottomano. Dopo la Prima Guerra Mondiale, di fronte alla situazione che si era creata, Kamal costituì un armata e, grazie anche all’appoggio dell’Unione Sovietica, organizzò una resistenza nazionalistica contro le condizioni imposte dal Trattato di Sèvres. Kemal organizzò quindi un governo ribelle ad Ankara (che poi diventerà capitale) a cui segue una guerra civile che si concluderà nel 1922, dopo due anni di guerra, con la cacciata delle forze straniere della Turchia e il soffocamento delle rivolte curde e armene. La Turchia divenne quindi una repubblica con capitale Ankara. L’anno successivo Kemal diventa primo presidente della Turchia. Con la Costituzione del 1924 Kemal procede alla laicizzazione del Paese: ➢ elimina i riferimenti alla religione islamica nella Costituzione ➢ abolisce la poligamia ➢ introduce l’alfabeto latino al posto di quello arabo ➢ abbanda il calendario musulmano ➢ totale rinnovamento e laicizzazione del sistema scolastico ➢ adotta il suffragio universale, anche quello femminile Nel 1934 viene reso obbligatorio l’uso del cognome e l’Assemblea Nazionale assegnò a Mustafa Kemal il titolo di Ataturk. Malgrado le apparenze di un regime costituzionale, in Turchia c’è una dittatura personale, caratterizzata da un forte nazionalismo, al punto che si rifiuta di ammettere che in Turchia esistano popolazioni di altre etnie (Armeni, Greci e Curdi; questi ultimi vengono addirittura chiamati turchi delle montagne). Nell’odierna Turchia la figura di Kemal resta un riferimento fondamentale ed è a tutti gli effetti il padre della Turchia moderna (ha tre fondamenti: repubblica, nazionalismo, laicità dello Stato). Nell’ultimo decennio, in concomitanza con i governi di Erdogan, il leader del “Partito per la giustizia e lo sviluppo”, che però è in realtà un partito di orientamento islamico conservatore, la laicità di Kemal è stata messa in discussione. La Turchia è quindi in una situazione piuttosto ambigua, perché c’è un ritorno indietro alla tradizione inaugurata dalla Costituzione di Kemal. La Turchia è importante sul piano politico perché fa parte della Nato ed è fondamentale anche nella tematica dell’immigrazione perché apre e chiude i porti quando vuole. 4) SPAGNA E PORTOGALLO In Spagna tra 1903 e 1930 il potere è detenuto da Miguel I de Rivera. In Portogallo, Antonio de Oliveira Salazar instaurerà un regime autoritario che avrebbe governato il Paese fino al 1968. 5) DOPOGUERRA NELLE DEMOCRAZIE EUROPEE monetaria internazionale. Con il Gold Exchange Standard, alla copertura in oro viene affiancata anche quella in dollari o sterline (unica moneta ancora in grado di reggere il confronto con il dollaro). Di fatto la grande novità è l’introduzione del dollaro e l’importante ruolo che assume. L'espansione economica degli Stati Uniti era segnata da squilibri e da elementi di debolezza che possono essere considerate le cause della crisi del 1929. Squilibri: ★ il grande sviluppo produttivo non era stato accompagnato da un equivalente aumento dei consumi interni → si produceva tanto ma il mercato interno non era in grado di assorbirlo (c’è quindi il rischio di una crisi di sovrapproduzione, anche se per ora il rischio viene evitato perché gli americani esportano in Europa) ★ la ricchezza prodotta dall’espansione economica è mal distribuita (guadagnano molto i capitalisti ma i salari rimangono bassi) ★ introduzione pagamenti a rate che portano molte famiglie, anche di reddito medio basso, ad arrivare anche a ipotecare la casa per poter accedere al consumo → molta gente si indebita per investire in Borsa (l’indebitamento convive con la grande fiducia nei guadagni in Borsa) ★ le quotazioni delle azioni continuano ad aumentare → la gente investe in Borsa, le banche concedono facilmente dei crediti, addirittura si arriva ad un punto in cui le piccole e medie imprese preferiscono investire i propri guadagni in Borsa (rende di più la Borsa che l’investimento nell’azienda). Si sta quindi creando una gigantesca bolla speculativa destinata ad esplodere ★ la speculazione avviene senza controlli legislativi A metà degli anni venti l’Europa comincia a ricostruire la propria economia e ha meno bisogno di comprare dall’America. C’è quindi un calo delle esportazioni verso l’Europa e inizia a profilarsi la crisi di sovrapproduzione. AZIONI Le azioni rappresentano il valore di un'azienda, sono quindi dei pezzi di carta che rappresentano il valore di un’azienda. Un’azienda viene quotata in borsa e si stabilisce quale sia il suo valore, il quale viene poi suddiviso in parti e messo sul mercato. Vendere le azioni della propria azienda serve ai proprietari per finanziarsi. Il proprietario decide poi chi ha i requisiti per entrare in Borsa e ovviamente non mette tutte le azioni sul mercato, perché se una persona le compra tutte, lui perde l’azienda (il proprietario dovrà sempre mantenere la maggioranza delle azioni). Chi detiene un buon numero di azioni ha il diritto di partecipare al consiglio di amministrazione di questa azienda (decide la politica industriale dell’azienda). chi è proprietario dell’azienda deve comunque tenere la maggior parte delle azioni. CRISI DEL 1929 E CROLLO DI WALL STREET Nei primi mesi del 1929, fino a luglio, i titoli erano continuati ad aumentare. Improvvisamente, tra il 4 e il 29 ottobre 1929, la Borsa di Wall Street registrò un impressionante crollo dei titoli dei principali gruppi finanziari industriali. In pochi giorni vennero svenduti circa 33 milioni di titoli azionari. Era il più grave crollo borsistico della storia dell’economia capitalistica, che generò una grandissima crisi economica. Questa crisi portò conseguenze pesantissime a livello mondiale: le aziende falliscono e gli operai vengono licenziati, le banche falliscono e le persone perdono i loro risparmi. La crisi produce una escalation di eventi importanti negativi: ➢ recessione economica, crollo dei prezzi e aumento disoccupazione ➢ tra aprile e luglio del 1931 la crisi si estende anche in Europa, soprattutto in Austria e in Germania ➢ nel 1931 la crisi arriva in Inghilterra ➢ tra il dicembre del 1931 e l’ottobre del 1932 gli Stati Uniti toccano il fondo della crisi (su una forza lavoro di 48 milioni di persone, 12 milioni sono senza lavoro) Nel novembre del 1932 ci sono le elezioni e viene eletto presidente Franklin Roosevelt (4 mandati consecutivi). Prima di lui, il presidente Hoover si trova per primo a contestare la crisi: aveva cercato di rassicurare l’America dicendo che la crisi era una cosa da poco, non fece niente di utile e la crisi si accentuò maggiormente. Molti Stati adottarono delle politiche protezionistiche e aumentarono l’intervento statale in economia. ROOSEVELT E IL NEW DEAL Le misure contro la crisi seguono strategie differenti: ● l’Inghilterra cercò di difendere il valore della sterlina riducendo la spesa pubblica e le importazioni, ma non riuscì nel proprio intento (la sterlina nel 1932 dovette essere svalutata) ● l’America attua un nuovo programma che si ispirava alle teorie economiche di Keynes (economista inglese) → sosteneva che lo Stato deve intervenire in situazioni di crisi economica sostenendo investimenti, salari e domanda: lo Stato poteva anche indebitarsi in periodi di crisi, l'importante era rilanciare l’economia Nel marzo 1933 Roosevelt presenta un programma progressista, ovvero il New Deal, che si ispirava alle teorie di Keynes. Nel programma dobbiamo distinguere misure di emergenza e misure strutturali. Misure di emergenza: ❖ viene svalutata la moneta (dollaro) per favorire le esportazioni ❖ viene ristrutturato il sistema delle banche ❖ vengono istituite delle commissioni di controllo sull’attività delle banche (si vigila, per esempio, sul fatto di come vengano concessi i prestiti) ❖ si vigila sulla Borsa per tutelare i piccoli risparmiatori Misure strutturali: ★ AAA (Agricultural Adjustment Act) → provvedimento che si proponeva di limitare la sovrapproduzione agricola, premiando coloro che avessero ridotto coltivazioni e allevamenti ★ NIRA (National Industrial Recovery Act) → impone alle imprese dei codici di comportamento per evitare una concorrenza troppo accanita e per tutelare i salari dei lavoratori ★ TVA (Tennessee Valley Authority) → investimenti per lo sviluppo agricolo e industriale per la vallata del Tennessee ★ vengono promosse una serie di opere pubbliche (strade, infrastrutture, ..) ★ viene varata una legislazione sociale (riforma fiscale, una legge sulla sicurezza sociale, …) per tutelare i lavoratori e i più deboli I sindacati sono d’accordo con queste misure, ma ci furono anche molte opposizioni (in un paese come l’America, queste misure sembrano simili a quelle di un paese comunista). Roosevelt venne poi rieletto e ripropose le stesse misure con poche modifiche, ma questa volta la Corte Suprema non ebbe niente da dire. Gli storici non sono d’accordo del fatto che il New Deal abbia funzionato: sicuramente il TVA ha funzionato, ma le altre iniziative ebbero effetti lenti e contraddittori. Di fatto la fine della crisi e la ripresa economica si avrà soltanto tra il 1939 e il 1940, grazie all’impulso dato dal riarmo per la Seconda Guerra Mondiale. IL NUOVO RUOLO DELLO STATO: LE TEORIE DI KEYNES Considerazioni: ➢ la crisi del 1929 porta ad un maggiore intervento dello Stato in economia ➢ il capitalismo liberale è sostituito da un capitalismo diretto governato dallo Stato che comporta delle limitazioni ai poteri dei privati ➢ ciò che i governi fecero empiricamente (sul campo), venne poi studiato teoricamente da Keynes in un libro che apre un nuovo capitolo della storia della scienza economica “Occupazione, interesse e moneta. Teoria generale.” (1936) Cosa dice nel libro Keynes: ● il mercato non è in grado di autoregolarsi, occorrono quindi dei correttivi ● bisogna evitare le vecchie politiche che, nel caso di crisi, cercavano di contenere la spesa pubblica, abbassare l’inflazione, rendere l’accesso al credito meno facile, ovvero facevano politiche di contenimento (volevano tenere il bilancio in pareggio) → bisogna quindi abbandonare il mito del bilancio in pareggio e fare una politica di deficit-spending (= tu puoi andare anche in deficit per un certo periodo, per spendere una spesa pubblica in maniera intelligente da rimettere in moto l’economia, per esempio con opere pubbliche), in modo da dare lavoro alla gente e gettare le basi per la ripresa economica Queste proposte sono molto vicine a quelle del New Deal. IL FASCISMO ALLA CONQUISTA DEL POTERE 1) ITALIA IN CRISI 1.1) INSODDISFAZIONE PER I TRATTATI DI PACE: la vittoria mutilata e l’impresa di Fiume Nel patto di Londra era previsto che la Dalmazia andasse all’Italia, mentre la città di Fiume all’impero austro-ungarico. Orlando e Sonnino, durante i trattati di pace di Parigi, chiesero Fiume (sulla base del principio di nazionalità) e la Dalmazia (sulla base del patto di Londra). Incontrarono però l’opposizione degli alleati, in particolare Wilson che si oppose per due motivi: 1. il punto 9, dei suoi 14 punti, diceva che il confine orientale dell’Italia doveva essere disegnato tenendo conto dei principi di nazionalità ➔ maggioranza riformista, che non condivideva l’interpretazione del marxismo di tipo sovietico e che vuole delle riforme graduali (no rivoluzione) ➔ minoranza riformista, guidata da Gramsci, vede nel modello sovietico l’unico modello possibile per applicare completamente le teorie di Marx 2.4) RITORNO DI GIOLITTI Nel giugno 1920, Nitti si dimette e al suo posto viene chiamato Giolitti che rimane al governo fino al luglio 1921. Ci sarà poi un governo Bonomi e poi un governo Facta. Viene chiamato perché si spera che possa disinnescare la faccenda della Jugoslavia e risolvere la grande conflittualità interna. Giolitti riesce a risolvere il problema di Fiume, ma solo in parte il secondo punto. 2.5) POLITICA ESTERA DI GIOLITTI Giolitti, in politica estera, risolve la questione di Fiume. Nel 1919 d’Annunzio aveva occupato la città di Fiume e proclamato il governo provvisorio, la cosiddetta “reggenza del quarnaro” (= golfo davanti alla città di Fiume) Il 12 novembre 1920 Giolitti firma il trattato di Rapallo con la Jugoslavia. Sulla base di questo trattato l’Italia rinunciava alla Dalmazia, ma conservava l’Istria e la città di Zara. Fiume veniva riconosciuta città libera (diventerà italiana nel (1924). L’esercito italiano costringe d’Annunzio e i suoi legionari a lasciare la città (d’Annunzio parla di “Natale di sangue”). 2.6) POLITICA INTERNA Durante i primi mesi del governo Giolitti, il biennio rosso conosce il suo punto più alto, con appunto l’occupazione delle fabbriche che avviene tra il settembre e l’ottobre del 1920. La maggior parte dei lavoratori vedeva in questa occupazione l’inizio della rivoluzione. Giolitti non crede che vogliono veramente fare la rivoluzione, è convinto che questo movimento sia debole e che anche all’interno del partito socialista siano pochi coloro che vogliono fare veramente la rivoluzione. Quindi Giolitti da una parte rifiuta di fare ciò che gli chiedevano di fare gli industriali, ovvero far intervenire l’esercito per cacciare gli operai dalle fabbriche; dall’altra parte convince gli industriali ad accettare le richieste economiche degli operai (ovvero gli aumenti salariali che venivano dalla FIOM). In questo modo la protesta si esaurisce e fallisce i suoi obiettivi politici. Di fatto Giolitti però ha lasciato tutti scontenti: gli operai che vedono fallire le speranze della rivoluzione e gli industriali che hanno dovuto comunque subire le pressioni del governo, d’altra parte la borghesia, passata la grande paura della rivoluzione, si prepara a una rivincita. C’è quindi un clima di tensione. Nel congresso di Livorno del gennaio 1921, un gruppo di socialisti napoletani (guidati da Amedeo Bordiga) e torinesi (guidati da Gramsci), decidono di uscire dal partito socialista e di fondare il partito comunista italiano che, prende come modello l'esperienza sovietica, e entrerà a far parte della Terza Internazionale. Altri provvedimenti di Giolitti sono: ➢ legge sulla nominatività dei titoli azionari (bisogna che fosse chiaro da chi venissero comprate e vendute le azioni in Borsa), che però non sarà mai applicata veramente (anche a causa dell’opposizione del Vaticano) ➢ abolizione prezzo politico del pane ➢ cerca di usare lo squadrismo fascista contro i socialisti, pensando poi di poter neutralizzare i fascisti 3) AVVENTO DEL FASCISMO 3.1) FASCI ITALIANI I primi fasci di combattimento nacquero il 23 marzo 1919 e furono fondati a Milano (la prima riunione avviene in piazza San Sepolcro). Milano è il luogo dove nasce il fascismo e dove finirà il fascismo, perché nel 1945, a piazzale Loreto, Mussolini e altri fascisti, dopo essere stati uccisi, verranno appesi a testa in giù. Nei fasci c’erano ex combattenti (che appartenevano a corpi speciali dell’esercito), studenti, esponenti dei ceti medi colpiti dalla crisi economica. Il primo fascismo è un fascismo di sinistra, antiborghese, antimonarchico e anticlericale, nazionalista e antisocialista. I punti del programma sono: ➔ giornata lavorativa di 8 ore ➔ una qualche forma di partecipazione operaia alla gestione delle industrie ➔ una forte imposta progressiva sul reddito ➔ pensione a 55 anni ➔ suffragio universale anche femminile ➔ voto a 18 anni ➔ nazionalizzazione delle fabbriche di armi ➔ eliminazione del Senato (il Senato era di nomina regia, erano quindi famiglie monarchiche) ➔ nuova Costituzione Questo programma però prevede il ricorso della violenza politica. Infatti questi fasci si fecero notare subito per il loro stile politico aggressivo e violento e per la loro idea dell’azione diretta. La prima impresa che fanno è il 15 aprile 1919, quando devastano la sede dell’Avanti (quotidiano socialista). 3.2) IL FASCISMO AGRARIO E LO SQUADRISMO Il fascismo si presenta alle elezioni del 1919, ma non prende nessun voto. L’insuccesso elettorale attenuò il sinistrismo del fascismo e tra la fine del 1920 e l'inizio del 1921 il movimento abbandonò il programma originario radicale e democratico, per fondarsi su strutture paramilitari (squadre d’azione) e iniziare una lotta spietata contro il movimento socialista (in particolare contro le organizzazioni contadine della valle Padana). Il fascismo si rafforza soprattutto nella lotta che faceva nelle campagne. I socialisti e le leghe bianche, in due anni di lotte aspre e vittoriose, avevano creato un sistema delle leghe, che consisteva nel controllo del mercato del lavoro, delle amministrazioni comunali, dei sindacati attraverso l’ufficio di collocamento. Questo sistema aveva aspetti autoritari, chi si sottraeva alla disciplina delle leha veniva boicottato e bandito dalla comunità (se un proprietario agricolo voleva assumere dei braccianti, non poteva sceglierli lui, ma doveva passare dalle leghe). I mezzadri accettavano il sistema delle leghe perché portava loro dei vantaggi in termini di forza contrattuale con i proprietari, ma sarebbero stati pronti a liberarsene se ne avessero avuto la convenienza. I proprietari, al contrario, accettavano il sistema delle leghe perché erano costretti. Le cose cambiarono quando le leghe cominciarono a subire gli attacchi delle squadre fasciste. I proprietari si resero conto che forse avevano degli alleati ed iniziarono a finanziarle. La data che segna l’inizio del fascismo agrario si può trovare nei cosiddetti “fatti di Palazzo d’Accursio” di Bologna. Il 21 novembre 1920 a Bologna si stava insediando la nuova amministrazione di sinistra: un comunista presiedeva la seduta comunale, la piazza era piena di cittadini in festa, quando un gruppo di fascisti entra in piazza per creare disordine, iniziando a sparare dei colpi di pistola. Così la folla si trovò in mezzo tra i fascisti e i socialisti (che rispondevano ai colpi). Una bomba lanciata dai socialisti, che ritenevano fosse in corso un assalto fascista, fece una strage nel cortile del Municipio: ci furono 10 morti e 58 feriti, la maggior parte socialisti. I fascisti, che in realtà avevano provocato loro lo scontro, si fecero passare per le vittime e scatenarono nelle campagne della provincia di Bologna una serie di aggressioni contro le sedi delle leghe rosse (partito socialista). La vulnerabilità dei socialisti accrebbe l’audacia degli squadristi. A questo punto i proprietari terrieri videro nei fasci lo strumento capace di abbattere il potere delle leghe e iniziarono ad aiutarli. Il fascismo agrario fu particolarmente attivo nelle province di Cremona, Ferrara, Bologna e nelle città dove, dopo l’occupazione delle fabbriche, erano rimasti dei timori nelle classi più abbienti. In questo quadro si affermano i rast fascisti, che guidavano spedizioni punitive di camicie nere contro le organizzazioni operaie e contadine. Il termine rast viene importato dall’Etiopia ed era un titolo attribuito ai più alti dignitari del Paese, ovvero a delle persone che avevano una giurisdizione su singole province dell’Etiopia. Venivano quindi chiamati rast i capi che guidavano queste spedizioni punitive. Essi colpivano sedi delle leghe, municipi con governi socialisti, camere del lavoro, case del popolo, … Spesso le forze dell’ordine non intervenivano e lasciavano fare, spesso addirittura l’esercito forniva le camionette usate dalle squadre fasciste. Si ha quindi una situazione di grande ambiguità e vi è l’appoggio di alcuni organismi dello Stato alle squadre fasciste. Questo perché si ha paura della rivoluzione e si pensa di usare le squadre fasciste per evitare la cosa. Giolitti crede di poterli usare per indebolire i socialisti e poi di poterli costituzionazionalizzare, ovvero regolarizzare (sottovalutano quindi il problema). 3.3) INIZIO SALITA AL POTERE La strategia di Giolitti lo portò a decidere, nel maggio 1921, di andare alle elezioni e di favorire l’ingresso dei fascisti in Parlamento. Vengono costruite delle liste, che si chiamano “blocchi nazionali”, che sono liste di coalizione che comprendono conservatori, liberali, democratici, nazionalisti e fascisti. 3.6) POLITICA ECONOMICA Tra i primi provvedimenti presi dal governo, figura l’annullamento di alcuni provvedimenti presi da Giolitti (in modo da favorire le classi più ricche), come: ❖ la nominatività dei titoli azionari ❖ il monopolio statale delle assicurazioni sulla vita ❖ la nazionalizzazione del servizio telefonico Altri provvedimenti presi sono: ★ viene intrapresa una politica liberista ★ vengono abolite le tasse alle imprese ★ i salari vengono mantenuti bassi ★ si punta al contenimento della spesa pubblica con licenziamenti nel settore pubblico, soprattutto di ferrovieri (perché erano ben organizzati sindacalmente e potevano difendere bene i propri interessi) ★ il progetto di riforma agraria viene messo da parte ★ si intraprese una politica antisindacale (diritto di sciopero annullato) Sotto il ministero del ministro delle finanze De Stefani, tra 1922 e 1925, ci fu un notevole aumento della produzione e il bilancio dello Stato tornò in pareggio, ma favorendo le imprese e a spese delle classi più povere. Nel 1923 il ministro della pubblica istruzione Giovanni Gentile vara la riforma della scuola secondaria superiore, introducendo alla fine del percorso l’esame di stato. Nel luglio 1923 il Parlamento approva una nuova legge elettorale maggioritaria, la cosiddetta “legge acerbo” che prevedeva un premio di maggioranza importante: essa stabiliva che la lista che alle elezioni avesse ottenuto la maggioranza relativa, con almeno il 25% di voti, avrebbe avuto in due terzi dei seggi in Parlamento, quindi una maggioranza solida. Questa legge giova solo per i fascisti: Mussolini vuole rafforzare la sua maggioranza, aveva messo da parte i popolari e crea un listone governativo, preparato dal Gran Consiglio del Fascismo in cui mette dentro tutti quelli che ci stanno e a cui aderiscono la maggior parte dei liberali, ma non Giolitti (che forma una sua lista “Democrazia” e sarà eletto di nuovo in Piemonte). Dall’altra parte c’è un’opposizione divisa: ci sono due partiti socialisti, i popolari, i liberali di sinistra (guidati da Giovanni Amendola) e altri partiti minori. Nell'aprile del 1924 si tennero le elezioni politiche generali in un clima di violenze e le liste nazionali ottennero un grande successo (quasi il 65% dei voti). Poco più di due mesi dopo accade un fatto tragico che avrebbe potuto cambiare il corso degli eventi, ma non lo ha fatto, ovvero il delitto Matteotti. 3.7) DELITTO MATTEOTTI E INSTAURAZIONE DEL REGIME Il 30 maggio 1924 c’è l’insediamento del nuovo Parlamento uscito dalle elezioni dell’aprile dello stesso anno. Durante questa seduta il deputato socialista Giacomo Matteotti pronuncia un discorso durissimo contro il governo e il modo in cui il governo ha gestito le elezioni (denunciando una serie di violenze e soprusi che hanno falsato il risultato delle elezioni). Il 10 giugno Matteotti fu rapito e il suo corpo sarà ritrovato due mesi dopo nella campagna a pochi chilometri da Roma. Molti aprirono gli occhi sul governo fascista e infatti Mussolini visse un momento di crisi, che però fu presto superato per diversi motivi: ➔ i partiti di opposizione fecero un errore storico: contarono soprattutto sulla protesta morale, quindi decisero di disertare in Parlamento per protesta (è la cosiddetta secessione dell’Aventino= tutti i partiti dell’opposizione, esclusi i comunisti, non si presentarono il Parlamento), facendo così però lasciarono campo libero ai fascisti ➔ il re mantenne la sua fiducia in Mussolini e non fece niente per fare in modo che si assumesse le sue responsabilità Con la fiducia del re, Mussolini tenne il discorso del 3 gennaio 1925 con cui inizia la dittatura fascista che durerà 20 anni. 3.8) INIZIO DELLA DITTATURA Ormai bisognava prendere posizione e nell’aprile del 1925 Giovanni Gentile scrisse il “Manifesto degli intellettuali del fascismo” in cui sosteneva l’idea dello stato fascista. L’1 maggio 1925 Benedetto Croce scrisse un contromanifesto, “Manifesto degli intellettuali antifascisti” in cui rivendicava i valori della libertà ereditati dal Risorgimento. 3.9) LEGGI FASCISTISSIME Tra 1925 e 1926 vennero approvate una serie di leggi dette “leggi fascistissime” perché di fatto distruggevano ogni forma di libertà politica, di espressione e di associazione. Il principale artefice di queste leggi fu il ministro della giustizia Alfredo Rocco. In Italia in quel periodo è in vigore lo Statuto Albertino (risaliva al 1848), che rimane ancora in vigore, nonostante ci fosse un regime dittatoriale, perché si può modificare facilmente. Lo Statuto era infatti una costituzione di tipo flessibile, ovvero si poteva modificare con una legge ordinaria (si può approvare come tutte le altre), facendo sì che si possa adattare ad ogni tipo di regime. La nostra Costituzione, come le altre costituzioni moderne, invece è rigida. Alcuni punti delle leggi fascistissime sono: ➔ il Presidente del Consiglio diventa Capo del Governo, che rispondeva di fatto solo al re e non più al Parlamento ➔ vengono abolite le autonomie locali: il sindaco è sostituito dal podestà, che è nominato dal governo ➔ dopo un attentato contro Mussolini a Bologna il 31 ottobre 1926, vengono sciolti tutti i partiti, tranne quello fascista ➔ i deputati aventiniani vengono dichiarati decaduti, ovvero perdono il posto ➔ viene istituita l’OVRA (organizzazione per la vigilanza e la repressione dell’antifascismo), ovvero una specie di polizia segreta che deve vigilare sui reati politici (in Germania troviamo la Gestapo) ➔ viene istituito un Tribunale Speciale per la difesa dello Stato, che processa gli oppositori politici e li condanna (qualche volta anche alla pena di morte) ➔ viene reintrodotta la pena di morte per i reati politici ➔ viene proibito lo sciopero e viene riconosciuto come rappresentante delle industrie la Confindustria (organizzazione degli industriale che fa da interlocutore con il governo); tutti i sindacati non fascisti non vengono riconosciuti (la CGL preferirà sciogliersi da sola) ➔ c’è un controllo sulla stampa ➔ per gli oppositori politici erano previsti: la pena di morte, l’esilio, il carcere o il confino (particolare modo di togliere la libertà alle persone: gli oppositori venivano mandati in luoghi isolati, come piccoli paesi di campagna o isole) 3.10) POLITICA DEL CONSENSO Lo Stato fascista si basava su un progetto complessivo di educazione e controllo, cioè ogni momento della vita degli italiani doveva essere controllato e organizzato (scuola, mezzi di informazione, tempo libero,…). Tutto doveva essere fascistizzato. L'ideologo del fascismo è Giovanni Gentile, che nel 1925 pubblica il “Manifesto degli intellettuali del fascismo”, in cui espone la filosofia alla base del fascismo. I punti della filosofia fascista sono: ➔ concezione organicistica dello Stato (conta lo stato, che sta al di sopra degli individui) ➔ concezione etica dello stato (è lo stato che impone i suoi valori morali) ➔ il fascismo cerca di essere una terza via tra capitalismo e socialismo, ma di fatto dimenticherà presto i valori di sinistra del fascismo di piazza San Sepolcro e finirà per esprimere gli interessi del grande capitale e delle classi conservatrici ➔ l’obiettivo della fascistizzazione del paese non fu mai completamente raggiunto, ma verrà perseguito con grande accanimento, soprattutto attraverso il PNF (partito nazionale fascista) da cui dipendevano tutta una serie di organizzazioni collaterali ➔ il duce diventa l’oggetto di un culto della personalità: la propaganda ricorreva ad ogni mezzo per diffondere ed esaltare le virtù del fascismo ➔ la stampa fu assoggettata al fascismo (i direttori dei giornali dovevano allinearsi a ciò che voleva il regime, altrimenti venivano sostituiti); nel 1937 viene fondato il Minculpop (ministero della cultura popolare), un ministero della propaganda che Mussolini controllava direttamente; già prima i giornali erano controllati da Mussolini, attraverso le veline, ovvero dei fogli di carta molto sottili su cui c’era scritto ciò che di doveva scrivere e ciò che non si doveva scrivere e che venivano inviati ai giornali (censura delle informazioni) ➔ nel 1925 venne istituito l’Istituto Luce per monopolizzare l’informazione cinematografica ➔ nel 1924 viene fondato l’URI (unione radiofonica italiana), che poi diventa EIAR nel 1927 e che nel 1944 diventerà RAI; la radio diventa importante dopo il 1935 quando vengono installati apparecchi elettronici nelle scuole, negli uffici pubblici e nelle sedi di partito, perché attraverso la radio Mussolini arrivava dappertutto 3.10.1) SCUOLA La scuola diventa uno strumento di propaganda fondamentale e gli strumenti usati sono: ● revisione dei programmi (controllo dei libri, con l’introduzione di un libro unico) ➔ divieto del divorzio ➔ insegnamento della dottrina cattolica in tutti gli ordini di scuole ➔ riconoscimento legale degli ordini religiosi (in particolare riconoscimento dell’Azione Cattolica) ➔ esonero dal servizio militare per i membri del clero ➔ i preti spretati (che avevano abbandonato il sacerdozio) erano esclusi dai pubblici uffici ➔ i cardinali e i vescovi dovevano avere il gradimento dello Stato e dovevano giurare fedeltà allo Stato Italiano Nel 1984 viene siglato un nuovo concordato, dal governo Craxi: si può scegliere se fare o no religione a scuola, viene introdotto l’8 per mille per la Chiesa Cattolica, …. Considerazioni sul concordato del 1929: ● il concordato giovò sia la chiesa cattolica giovò la Chiesa cattolica perché assicurò un ruolo di privilegio nell’educazione dei giovani e il fascismo perché ottiene la legittimazione di fronte alle masse cattoliche (Mussolini riuscì a passare agli occhi di molti cattolici come l’ “uomo della provvidenza” ● contribuisce a incrinare una unità, già fragile, dell’antifascismo in esilio (i cattolici in esilio venivano guardati male dagli altri) ● sta all’origine del totalitarismo imperfetto: il fascismo viene definito un totalitarismo imperfetto (se confrontato con il nazismo) perché c’è un limite costituito dalla Chiesa (nel 1931 scoppiò un contrasto con l’Azione cattolica che si risolse con l’epurazione degli elementi fascisti presenti nell’Azione cattolica) e dalla monarchia 3.12) OPPOSIZIONE AL FASCISMO Dopo il 1925/1926, con l’emanazione delle leggi fascistissime, ogni opposizione legale e/o visibile al fascismo diventa impossibile. La repressione del dissenso veniva attraverso il Tribunale speciale, ma anche nella vita quotidiana. Nel 1930 viene approvato il nuovo codice penale Rocco, che restringe gli spazi di libertà dei cittadini, sottopone la magistratura al controllo politico e reintroduce la pena di morte per i reati politici. Molti esponenti dell’antifascismo furono costretti all’esilio. I partiti che erano stati messi fuori legge in Italia, furono ricostruiti all’estero, continuando ad operare segretamente, in Italia attraverso la diffusione di giornali clandestini. Tre figure dell’antifascismo importanti sono: Piero Gobetti, Antonio Gramsci e Benedetto Croce. PIERO GOBETTI Era un liberale che in una sua opera, “La rivoluzione liberale”, aveva definito il fascismo come una specie di malattia endemica dell’Italia e aveva individuato alcuni difetti del carattere degli italiani, come il servilismo, il trasformismo, …. Gobetti, anche se era un liberale, vedeva nel proletariato il soggetto politico capace di una rigenerazione morale e politica dell’Italia e di far rinascere gli ideali liberali e democratici che la borghesia aveva tradito. ANTONIO GRAMSCI Era il leader del partito comunista. Fu arrestato nel 1926 e condannato a 20 anni di prigione per reati politici. Morirà nel 1937 per le conseguenze della detenzione, nonostante fosse già malato. Durante la sua detenzione scrisse 33 “quaderni del carcere”. Secondo Gramsci il fascismo è profondamente radicato nella realtà italiana e, anche se di fatto rappresenta gli interessi del grande capitale, trovò nella piccola borghesia una base sociale d’appoggio. Dopo l’arresto di Gramsci, la guida del partito comunista fu assunta da Palmiro Togliatti. BENEDETTO CROCE Filosofo napoletano ed esponente importante della cultura liberale italiana, all’inizio aveva visto di buon occhio il fascismo e lo aveva anche sostenuto, perché pensava che il fascismo fosse una forza in grado di riportare l’ordine dopo il Biennio Rosso. Dopo il delitto Matteotti aveva preso le distanze dal fascismo e aveva pubblicato, l’1 maggio 1925, il “Manifesto degli intellettuali antifascisti”. Croce sosteneva che il fascismo era una specie di perversione della ragione, una malattia da cui gli italiani dovevano liberarsi e guarire. Croce fu uno dei pochi intellettuali antifascisti che il facsismo fu costretto a lasciar stare perché era conosciuto a livello internazionale: durante tutto il periodo fascista, Croce riuscì a pubblicare una rivista, “La critica”, dove, anche senza attaccare direttamente il fascismo, lo criticava. 3.12.1) OPPOSIZIONE IN ITALIA Non tutto il mondo cattolico aderì al fascismo, per esempio la FUCI (federazione universitaria cattolici italiani) si rifiutò sempre di aderire alla GUF. L’opposizione clandestina in Italia è soprattutto opera dei comunisti (due terzi dei condannati dal Tribunale speciale erano comunisti). C’è anche un altro tipo di opposizione, ovvero l’opposizione silenziosa: ovvero coloro che non fecero niente di concreto contro il fascismo, ma che di fatto non erano d’accordo e resistevano all’indottrinamento fascista. 3.12.2) OPPOSIZIONE ALL’ESTERO Gli antifascisti che scappavano dall’Italia andavano soprattutto in Francia, dove c’era una folta comunità di italiani e confluirono sia i vecchi che i nuovi antifascisti (ovvero sia la vecchia generazione dei leader socialisti, che erano raccolti intorno a Turati e Treves, sia la nuova generazione, rappresentata da Pietro Nenni e Giuseppe Saragat). A Parigi, nel 1927, molti antifascisti, che si erano rifiutati di andare in Parlamento dopo il delitto Matteotti, fondarono la Concentrazione antifascista a cui partecipò anche la CGL che si era sciolta in Italia e che si ricostituisce all’estero. Due fratelli, Carlo e Nello Rosselli, ed Emilio Lussu, nel 1929 fondarono a Parigi il gruppo Giustizia e Libertà (GL), che voleva fondare un socialismo liberale (che conciliasse la libertà politica con la giustizia sociale). Tra il 1929 e il 1932 Giustizia e Libertà fa una serie di iniziative antifasciste anche audaci ed esemplari: riuscì ad organizzare un lancio aereo di volantini su Roma e su Milano, oltre a pubblicare clandestinamente un settimanale chiamato appunto “Giustizia e Libertà”. I fratelli Rosselli, il 9 giugno 1937, vennero assassinati da alcuni sicari dell’estrema destra francese pagati dai servizi segreti fascisti. Il partito comunista fece un’opposizione molto forte, anche in Italia, ma all’estero mantenne un sostanziale isolamento rispetto alle altre forze antifasciste. Togliatti gestiva a Mosca l’organizzazione del partito comunista all’estero, in una posizione di orgoglioso isolamento, ed era sostanzialmente allineato con la Russia di Stalin. Sul piano pratico l’antifascismo non riuscì a fare praticamente nulla: non fu possibile opporsi concretamente e cambiare la politica di Mussolini. Nonostante ciò tra 1926 e 1943 svolse un grande ruolo di importanza politica, oltre che morale, tenendo viva l’idea che non tutta l’Italia era fascista. Dopo il 1943 questi antifascisti saranno i protagonisti della resistenza armata al nazifascismo. 3.13) ECONOMIA FASCISTA Nel ventennio fascista si possono distinguere tre periodi per quanto riguarda la politica economica: 1. 1922-1925 → liberismo 2. 1925-1935 3. dal 1935 in poi, fino alla guerra 1° FASE Il ministro delle finanze e del tesoro, Alberto de Stefani, attuò una politica di non intervento dello Stato in economia, limitandosi ad una serie di favori ai gruppi industriali (come agevolazioni fiscali, contenimento dei salari,…), che però riuscirono a rilanciare la produzione. I prezzi vennero però aumentati, aumentando così l’inflazione e il prezzo di questa politica economica verrà pagato dalle classi più povere. 2° FASE Il ministro dell’economia, Giuseppe Volpi di Misurata, inizia la fase dell’interventismo statale, che durerà 10 anni, in cui il fascismo guida l’economia. Questa fase è caratterizzata da due battaglie (il linguaggio guerresco viene applicato anche in economia): battaglia del grano e battaglia della lira (detta anche “quota novanta”). ➔ BATTAGLIA DEL GRANO Consiste nel tentativo di rendere l’Italia autosufficiente nel settore dei cereali. Nel 1925 fu promossa la battaglia del grano e contemporaneamente fu inasprito il dazio sui cereali (in modo che la gente compri il grano italiano). Questa battaglia aumentò effettivamente la produzione e le importazioni furono ridotte del 70%. Nonostante ciò ci furono anche degli effetti negativi: furono sacrificate altre colture, che avrebbero potuto essere più redditizie (come quelle degli agrumi del sud) e l’allevamento. Questa battaglia del grano impedì un vero risanamento dell’agricoltura. La battaglia del grano ebbe un grande valore propagandistico per il Regime: uno dei motivi del fascismo era l’esaltazione dell’Italia contadina, delle campagne e del mondo contadino, visto come il custode delle tradizioni più autentiche degli italiani. Grande ❖ intensa ricerca di nuove fibre e di nuovi combustibili sintetici (dal latte in esubero, quindi dalla caseina, si ricavò il lanital, un tipo di lana ricavato appunto dal latte; nasce il cafioc, una specie di cotone ricavato dalla ginestra e dai fiocchi di canapa; viene inventato il rayon, un tessuto usato al posto della seta e ricavato dalla cellulosa; dalla canapa si otteneva fibra per sacchi e per lenzuola; le macchine andavano a vino, il vino in eccesso viene trasformato in alcol e i motori funzionavano discretamente con questo combustibile) 3.14) POLITICA ESTERA Anche la politica estera fascista si può dividere in 3 fasi: 1. dall’ascesa del fascismo, in particolare dal 1924/1925, fino all’ascesa di Hitler (1933) 2. dal 1933 al 1935 3. comincia con la guerra di Etiopia e arriva fino all’alleanza con la Germania PRIMA FASE Fino al 1924/1925, non ci sono grosse novità rispetto alle linee tradizionali della politica estera italiana, ovvero quelle dello stato liberale. L’Inghilterra vedeva di buon occhio l’Italia fascista, mentre con la Francia i rapporti erano discreti perché c’erano delle mire comuni nell’area balcanica e perché la Francia ospitava molti esuli antifascisti. Dal 1922 al 1932 c’è la riconquista della Libia: la conquista della Libia in epoca Giolittiana (1911-1912) si era limitata solo alle coste, durante la prima guerra mondiale poi era stata quasi abbandonata e tra il 1922 e il 1932 venne riconquistata. Nel 1923 ci sono delle tensioni con la Grecia per l’occupazione dell’isola di Corfù: l’Italia aveva delle mire in Albania e, dato che Corfù si trova vicino alle coste dell’Albania, comincia ad occupare l’isola. Nel 1924 c’è il trattato di Roma con cui Fiume viene definitivamente affidata all’Italia. Nell’estate dello stesso anno, gli inglesi concessero agli italiani il via libera per l’assunzione da parte dell’Italia del controllo dell’Oltregiuba (zona a sud della Somalia), che era una delle condizioni poste dal trattato di Londra del 1915. Il fascismo ha nell’imperialismo coloniale l’idea di ripristinare l’Impero. Nel 1925 Mussolini partecipò agli accordi di Locarno (Svizzera) che aprirono la strada all’ingresso della Germania nella Società delle Nazioni. Mussolini assume il ruolo di garante di inviolabilità delle frontiere tra la Francia, la Germania e il Belgio. Mussolini si presenta come uno che vuole garantire una pace in Europa. In particolare Mussolini instaurò con l’Austria rapporti privilegiati e si fece garante dell’indipendenza dell’Austria contro le mire della Germania. Nel 1926 Mussolini firma con l’Albania un patto di reciproca assistenza, di fatto l’Albania viene posta sotto la protezione italiana. Nel 1928 Mussolini firmò il patto Briand-Kellogg (Briand è il ministro degli esteri francese e Kellogg è il segretario statunitense) che prospettava un fronte pacifista mondiale. SECONDA FASE Una svolta importante si ebbe con la salita al potere di Hitler nel 1933. Tra il 1933 e il 1935 Mussolini è arbitro: è arbitro tra la Germania e le altre potenze europee (in particolare Inghilterra e Francia) perché è amico di Hitler (Hitler vedeva in Mussolini un modello) e allo stesso tempo ha buoni rapporti con Inghilterra e Francia. Mussolini in questo periodo tende a dare ragione alle democrazie occidentali, ovvero Francia e Inghilterra. L’Italia partecipò ad una conferenza a Ginevra, che si tenne tra 1932 e 1936, sul disarmo. Questa conferenza però fallì quando nel 1933, con la salita di Hitler al potere, la Germania abbandonò la conferenza. Mussolini in un primo momento si schierò a fianco della Francia e della Gran Bretagna cercando di contrastare il revisionismo tedesco (quando Hitler andò al potere, una delle prime cose che fece in politica estera fu revisionare i trattati di Versailles, considerati troppo punitivi). Ci sarà un momento di grande tensione tra Italia e Germania perché nel 1934 apparve chiaro il progetto tedesco di annettere l’Austria alla Germania e Mussolini mandò due divisioni di soldati come monito nei confronti di Hitler. Nel 1935 l’Italia organizzò con la Francia e l’Inghilterra la conferenza di Stresa in cui furono condannate le mire espansionistiche della Germania nazista e aveva quindi l’obiettivo di contenere queste mire espansionistiche. Gli accordi di Stresa sono però carichi di ambiguità perché Mussolini si schiera dalle parti di Francia e Inghilterra, ma si aspettava in cambio un atteggiamento di neutralità sul progetto di Mussolini di annettere l’Etiopia all’Italia. TERZA FASE Questa è la fase della guerra d’Etiopia. Le motivazioni della guerra d’Etiopia sono: ➢ dare sfogo alla vocazione imperiale del fascismo (“vendicare Adua”) ➢ creare l’occasione per una mobilitazione popolare che facesse passare in secondo piano i problemi economici e sociali che erano presenti in Italia, trovare quindi nel patriottismo, nel nazionalismo un diversivo ➢ trovare un rimedio per la disoccupazione (la disoccupazione italiana, che è una malattia cronica del nostro Paese, fino a prima della guerra poteva trovare sfogo nelle migrazioni, ma dopo la crisi del ‘29 l’America aveva posto delle limitazioni all’immigrazione dai Paesi europei) ➢ sfruttare la situazione favorevole per la diplomazia italiana (la politica aggressiva di Hitler rendeva l’amicizia dell’Italia preziosa per le democrazie occidentali) ➢ alla guerra erano favorevoli le grandi industrie per riprendersi dalla crisi economica Fu inviato un corpo di spedizione di 400 mila uomini al comando del maresciallo Pietro Badoglio e del generale Rodolfo Graziani. La guerra fu combattuta tra l’ottobre del 1935 e il maggio del 1936 contro un esercito male organizzato e peggio equipaggiato del negus (titolo del re) Hailé Selassié. Furono utilizzati dall’esercito italiano gas asfissianti, nonostante il diritto internazionale ne vietasse l’uso. Il 5 maggio del 1936 le truppe italiane entrano nella capitale dell’Etiopia, Addis Abeba, e il 9 maggio fu proclamato l’Impero. Nasceva quindi quella che si sarebbe chiamata l’Africa orientale italiana, costituita da Eritrea, Somalia italiana ed Etiopia. Questa guerra fu l’inizio di una serie di problemi in Italia e questo Impero durerà solo 5 anni. Di fronte all’aggressione subita dall’Etiopia, membro della Società delle Nazioni e avvenuta senza nemmeno aver ricevuto un preavviso di guerra, i governi francese e inglese non potevano fare a meno di chiedere alla Società delle Nazioni delle sanzioni contro l’Italia (divieto di esportare in Italia merci necessarie per le industrie di guerra). Le sanzioni ebbero un efficacia limitata, ma permisero a Mussolini di montare un’imponente campagna propagandistica tesa a presentare l’Italia come vittima di una congiura internazionale. Da qui nasce anche la faccenda dell’oro alla patria, tutti erano stati costretti a donare l’oro che avevano. Lo stesso Benedetto croce, antifascista, espresse il suo sostegno all’Italia in guerra. La guerra portò alla fine dei buoni rapporti con l’Inghilterra, anche se le sanzioni furono ritirate subito già nell’estate del 1936, e la Francia e l’Inghilterra riconobbe l’impero italiano in Africa orientale. L’impresa d’Etiopia segna una svolta perché i rapporti con Inghilterra e Francia si guastano comunque e l’Italia si avvicina sempre di più alla Germania nazista. L’impero coloniale in Etiopia durò 5 anni, dal 1946 al 1941, quando gli inglesi smantelleranno la presenza italiana in Africa. I costi dell’impero coloniale furono superiori ai benefici perché l’Etiopia era un Paese privo di materie prime, povero e difficile da controllare (la popolazione faceva resistenza). L’immagine del regime ne uscì rafforzata all’interno, Mussolini, inebriato dal successo dell’Etiopia si illudeva di poter fare una politica di una grande potenza (ma l’Italia non era una grande potenza). Mussolini pensava di poter giocare un ruolo nella rivalità tra tedeschi, inglesi e francesi. Subito dopo la guerra l’avvicinamento alla Germania venne usato come mezzo di pressione sulla Francia e sull’Inghilterra. In realtà questo avvicinamento si rivelerà irreversibile e irrimediabile per l’Italia. Nel 1936 fu firmato l’asse Roma-Berlino che era un semplice patto di amicizia e nel maggio del 1939 viene firmato il patto d’acciaio, l’Italia si lega in maniera definitiva alla Germania nazista. 3.15) LEGGI RAZZIALI Le leggi razziali sono una delle pagine buie della storia italiana. Il fascismo ha fatto una politica razzista affiancando Hitler e dando un contributo importante alla deportazione degli ebrei nei campi di concentramento. L’avvicinamento tra l’Italia e la Germania portò nel 1938 a introdurre in Italia le leggi antisemite. L’obiettivo di queste leggi era combattere gli ebrei. Gli ebrei furono espulsi dalle scuole, dalle forze armate, dalle industrie, dalle attività commerciali, da tutti gli enti pubblici e privati e dal 1943 saranno anche deportati nei campi di concentramento e di sterminio. Il 14 luglio 1938 il “giornale d’Italia” pubblica il “manifesto degli scienziati razzisti” redatto da dieci scienziati italiani e articolato in 10 punti, tra cui ricordiamo: ➔ le razze esistono e hanno un fondamento biologico ➔ gli italiani sono di razza ariana e devono proclamarsi francamente razzisti
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