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Primo Levi - Appunti di Italiano, Appunti di Italiano

Appunti di italiano dedicati a quello che viene definito l’autore della Shoah. Tale argomento è suddiviso in: - La vita - Se questo è un uomo - Analisi e commento

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 04/05/2021

aurora_de_pace
aurora_de_pace 🇮🇹

4.5

(56)

191 documenti

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Scarica Primo Levi - Appunti di Italiano e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! PRIMO LEVI – l’autore della Shoah LA VITA - Nasce a Torino nel 1919. È stato uno scrittore, partigiano, chimico, poeta e autore di racconti, memorie, poesie e romanzi. Apparteneva ad una famiglia di origini ebraiche. Nel 1938 entrarono in vigore in Italia le leggi razziali, che negavano l’accesso allo studio universitario agli ebrei, ma concedevano di proseguire gli studi a chi già li aveva intrapresi. Così riesce a laurearsi in chimica. Nel ’43 si rifugiò in montagna unendosi ad un nucleo partigiano, un gruppo armato che si batteva per la liberazione d’Italia dopo che l’8 settembre del 1943 fu notificato l’armistizio a Cassibile nel sud Italia che aveva però di fatto spaccato l’Italia in due, dal momento che il nord ed il centro andavano ancora liberati dai nazisti. Dopo due mesi, venne arrestato da una milizia fascista. Un anno dopo, essendosi dichiarato ebreo e dunque non avendo negato la sua identità insieme ed altri 650 ebrei venne caricato su un treno merci e destinato al campo di sterminio ad Auschwitz in Polonia. Levi riesce a sopravvivere nel campo di concentramento grazie alla sua laura in chimica che risultava utile ai tedeschi. I tedeschi infatti mantenevano vivi non solo coloro che erano più forti dal punto di vista fisico e potevano essere efficacemente impiegati nei lavori forzati, ma mantenevano in vita anche tutti colori che erano colti o laureati in medicina, chimica e biologia come il caso di Levi. Alla fine del ’45 si ammalò di scarlattina e venne ricoverato, questo suo ricovero gli permise di sopravvivere allo sterminio che i tedeschi perpetrarono nei campi di concentramento nel ’45 per non lasciare in vita ebrei che avrebbero potuto testimoniare contro di loro per quanto era accaduto. Per i tedeschi Levi sarebbe sicuramente morto ma egli al contrario rimase in infermeria fino alla liberazione da parte dell’Armata Rossa il 27 gennaio 1945 e riuscì a sopravvivere. Tornato a Torino ebbe la necessità di testimoniare l’orrore vissuto nei lager e scrisse un romanzo che prese il nome di “Se questo è un uomo”. Quest’opera fu uno dei primi memoriali dei deportati ebrei nei campi di sterminio. In un primo momento, nessuno diede il giusto peso alla sua opera anche perché nonostante i tedeschi erano stati mandati via e la guerra era finita, c’era ancora una sorte di terrore tra la gente, di timore anche da parte degli editori a pubblicare un’opera così forte e così cruda. L’opera fu pubblicata perché si accorse del valore di questa testimonianza un critico letterario e fu data alle stampe dalla più importante casa editrice dell’epoca, l’Einaudi, solo successivamente. Essa ottenne un successo internazionale solo a partire dalla fine degli anni 50’ del secolo scorso quando si fece strada quello spirito di libertinismo, di voglia di denunciare, di dire, di fare e quindi di parlare senza alcun timore che poi avrebbe caratterizzato gli anni Sessanta. Il successo non era quello che Levi voleva. L’obiettivo di Levi era quello di non dimenticare: invitare la gente a non dimenticare gli orrori della guerra, fantasmi che nella sua vita ricorsero tantissime volte e per sempre. Tant’è che nel 1989 Levi si tolse la vita. Inizialmente si considerò la sua morte accidentale, perché era deceduto a causa di una caduta provocata da un malore nella tromba delle scale della sua casa, negli anni avvenire però iniziò ad insinuarsi il dubbio che la sua morte fosse stata causata da un suicidio, a causa del suo continuo tormentarsi dei ricordi del lager. SE QUESTO È UN UOMO - Levi ci racconta la Shoah, quella pratica che nell’antichità greca e romana consisteva nel bruciare delle vittime sacrificali, poi riutilizzata da Hitler nella sua folle crudeltà, bruciando, sacrificando all’arianesimo quindi all’ideale della razza pura ariana, vite umane di ebrei. La scrittura per lui era stata un modo per alienarsi da questi fantasmi che continuavano a torturarlo a massacrarlo. Ecco perché il libro nasce dal “bisogno” di raccontare, quasi come se fosse un impulso immediato e violento, per fornire testimonianze sull’accaduto. Se questo è un uomo racconta la drammatica deportazione degli ebrei italiani ad Auschwitz nel 1944 nel treno speciale, in condizioni pessime: in piedi, accalcati, senza acqua, cibo e vestiti. Parla delle umiliazioni ricevute dai tedeschi, del duro lavoro e delle punizioni, delle giornate in cui venivano fucilati senza motivo (solo perché sembravano malati, troppo magri quindi incapaci di lavorare), del freddo, delle malattie e dei bombardamenti quando l’esercito russo era ormai vicino. Il libro è sorretto da una forte volontà di capire, di spiegare attraverso la ragione l’irrazionalità di quanto la guerra e l’uomo aveva appena prodotto. La dignità dell’ebreo deportato sta nella volontà di salvaguardare l’essenza dell’umano anche nell’inferno dei lager. Il romanzo è abbastanza famoso, ma più famoso del romanzo è la poesia che ne rappresenta la prefazione. Dunque l’introduzione che ha lo stesso titolo del romanzo: Se questo è un uomo. Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e i visi amici: considerate se questo è un uomo, che lavora nel fango, che non conosce pace, che lotta per mezzo pane, che muore per un sì o per un no. Considerate se questa è una donna senza capelli e senza nome, senza più forza di ricordare, vuoti gli occhi e freddo il grembo come una rana d’inverno. Meditate che questo è stato: vi comando queste parole. Scolpitele nel vostro cuore, stando in casa andando per via, coricandovi alzandovi; ripetetele ai vostri figli. O vi si sfaccia la casa, la malattia vi impedisca i vostri nati torcano il viso da voi.
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