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Primo Levi Se questo è un uomo riassunto per capitoli, Sintesi del corso di Italiano

riassunto e spiegazioni metafore

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 18/02/2019

Lola.Cat
Lola.Cat 🇮🇹

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Scarica Primo Levi Se questo è un uomo riassunto per capitoli e più Sintesi del corso in PDF di Italiano solo su Docsity! PRIMO LEVI SE QUESTO E' UN UOMO Primo Levi è stato un grande testimone della shoà, attraverso i suoi scritti ha imposto all'opinione pubblica un'immagine della deportazione che non esisteva prima, fino agli anni 60 non era stata posta l'immagine dei deportati ebrei, ma soprattutto quella dei deportati politici,dei partigiani e infine dei lager. Levi invece fa esattamente il contrario minimizza l'esperienza partigiana e si presenta e racconta come deportato, non dipinto come un eroe in quanto la sua unica colpa è quella di essere nato ebreo. Nel capitolo i sommersi e i salvati infatti egli denuncia la presenza di una sorta di bipartizione dell'umanità in uomini che vanno in su e uomini che vanno in giù, i sopra e i sotto, appunto i sommersi e i salvati, e così è anche nel campo dove come dice nel capitolo "Kabe" i privilegiati opprimono i non privilegiati. Levi basa i suoi scritti sul vincolo della verità, fondamentale per tutti i deportati, in quanto si sentirono dire dalle SS "quando tornerete, se tornete, nessuno vi crederà". Levi fece un lavoro sulla memoria per dare alla storia uno strumento attendibile per una ricostruzione della deportazione, egli infatti mette a punto una tecnica della testimonianza, ha verificato ogni informazione, distinto rigorosamente quello che si è raccontato da quello che si è visto. Nonostante egli sia stato un incredibile testimone, come egli stesso scrisse, sapeva che sarebbe stato per chiunque impossibile dire "l'indicibile". I suoi scopi sono dunque 4: documentare l'esperienza estrema, mostrare le conseguenze della xenofobia per poterle prevenire, meditare sul comportamento umano in particolari condizioni e infine liberarsi dell'ossessione. -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- -------------------------------- RIASSUNTO CAPITOLI Capitolo I, Il viaggio: Primo Levi si trova nel campo di transito di Fossoli, vicino Modena. Dal vagone del treno vedono gli scorrere gli ultimi nomi di città italiane, sono diretti in Polonia. Le condizioni che i prigionieri sono costretti a sopportare nei vagoni sono disumanee, venivano ammassati in spazi piccoli, senza luce e solo con un poco di paglia per terra, non si faceva distinzione fra giovani, vecchi o bambini, molti muoiono già prima dell’arrivo, infatti vengono definiti "polvere umana". Una volta ad Auschwitz il maresciallo chiede quanti pezzi ci siano, i prigionieri vengono fatti scendere, a loro vengono chiesti gli anni e le condizioni di salute: in base alla risposta vengono indicate loro due diverse direzioni, "gli uomini validi" vengono radunati in gruppo mentre gli altri come di dice Levi furono inghiottiti dalla notte. I selezionati salgono su degli autocarri, in molti pensano di buttarsi giù ma oramai è troppo tardi, "siamo tutti giù". Sul vagone vengono confiscati loro tutti gli averi, tuttavia capendo che quello non era un obbligo ma "una iniziativa del loro Caronte" si sentirono quasi sollevati. Capitolo II, Sul fondo: Il viaggio dura una ventina di minuti, i prigionieri vengono fatti scendere e riuniti in una camera vuota, qui attendono che accada qualcosa di terribile ma il tempo continua lentamente a passare e non succede niente. Primo Levi è consapevole di quello che gli succederà, per questo mostra un atteggiamento diffidente nei confronti di quei toni pacati dei tedeschi, quando arrivano ad esempio tremendamente assetati, vede un rubinetto sul quale vi è un cartello che dice di non bere perchè l'acqua non è potabile, egli non ci crede e beve ma l'acqua sapeva davvero di palude, ancora i prigionieri ricevono la visita inaspettata di un un altro tedesco, diverso dagli altri in quanto è porta un vestito a righe, dice di essere il dentista del Lager, che è lì perchè è un criminale, rincuora i prigionieri dicendo loro che le donne stanno bene e presto le rincontreranno, ma Levi diffida in quanto non dice nè quando nè come, dice poi che saranno organizzate delle partite di calcio, che ci sarà zuppa tabacco e caffè per tutti, ma Levi ancora una volta diffida perchè alle domande sugli altri prigionieri o sulle loro sorti questo cambia subito discorso. Ai prigionieri vengono tolti gli abiti, le scarpe e anche i capelli, vengono lavati e poi ricevono le divise, presto come dice LEvi perderanno anche il nome verranno infatti "battezzati" con un numero di riconoscimento sul braccio, "siamo arrivati al fondo", Levi dice che bisogna tuttavia sforzarsi per ricordarsi il proprio nome in modo che qualcosa di se rimanga ancora, dice infatti che un uomo a cui viene tolta oltre le persone care, le abitudini la casa i suoi vestiti finisce per perdere anche se stesso. L’autore fin da subito capisce che l’unico modo per sopravvivere è seguire le regole del campo e evitare questioni, dice infatti "Qui non ha loco il Santo Volto!Qui si nuota altrimenti che nel Serchio!" Il verso dantesco del canto XXI dell'Inferno, , in cui sono punite le anime dei barattieri, cioè di coloro che ricavano da una carica pubblica un profitto personale illecito, venendo immersi nella pece bollente, a loro è impedito mostrare il volto, come si fa a Lucca, quando si espone il cosiddetto Volto Santo, un crocifisso bizantino di legno nero, né tenere la testa fuori dalla pece, come ancora i lucchesi tengono fuori dall'acqua la testa quando nuotano nel fiume Serchio. Primo Levi lo usa per indicare lo stato di brutale sovvertimento dei valori morali all'interno del lager. il tutto rimane scolpito nella memoria per l’agghiacciante scritta che accoglie i deportati, Arbeit macht frei (in tedesco: “Il lavoro rende liberi”). Capitolo III, Iniziazione: In questo capitolo Levi parla di come l'igiene all'interno del lager sia scarsa, i prigionieri dormono in stanze polverose e devono lavarsi con acqua non potabile dall'odore disgustoso, tuttavia come dice anche un altro uomo lavarsi equivale a sopravvivere, sulla parete del lavatoio vi sono infatti numerose didascalie e affreschi come il pidocchio con la scritta "un pidocchio è la tua morte" che suggeriscono esplicitamente ai prigionieri di mantenere una buona salute e un buon mantenimento per quanto possibile se vogliono continuare a vivere, anzi sopravvivere, in quanto come dice nel cap successivo chi può guarire viene mandato in infermeria, chi può aggravarsi alle camere a gas. Capitolo IV, Ka-Be: Il capitolo prende il nome dall’abbreviazione (dal tedesco Krankenbau, “infermeria”) con cui è designata l’infermeria del campo. Levi è condotto qui per curare una ferita al piede: può quindi godere di una tregua di venti giorni, con cibo assicurato e riparo dal freddo. Tuttavia, durante la convalescenza, confrontando il numero che ha tatuato sul braccio col numero relativamente esiguo dei prigionieri di Monowitz, capisce che gran parte dei deportati devono essere morti, e che il destino nel campo è, per gran parte degli uomini, senza speranza. Ciò gli viene confermato anche da altri deportati ebrei, che però ostentano disprezzo nei confronti del protagonista, che non parla la loro lingua, cosa che spesso impedisce allo stesso Levi di comprendere quali sorte gli toccheranno. Capitolo V, Le nostre notti: Levi dice che il giorno è caratterizzato dall sofferenza, dalla fame, dalle percosse e dal freddo e paura, mentre la notte le stesse cose, la stessa violenza caratterizza i sogni dei prigionieri, Sogno della prima notte nella baracca: a Levi sembra di dormire su una strada, su un ponte, per traverso di una porta per cui va e viene molta gente (p.53). Sogno di fronte a due vagoni ferroviari durante il ritorno dal magazzino: Levi immagina di salire sul treno e viaggiare nascosto fino a scendere in Italia dove una donna lo soccorrerebbe ma non crederebbe al suo racconto se non alla vista del numero tatuato sul suo braccio (p.60).Sogno nella cuccetta del Block 45: lo spunto è l’ansimare di una locomotiva, che è in realtà il russare del vicino di cuccetta, e Levi si immagina ritornato a casa sua, mentre racconta del fischio del treno e del vicino che russa, però nè la sorella né gli amici lo ascoltano e parlano tra di loro come se lui non ci fosse. Si sveglia pieno di angoscia e si accorge che ha già sognato molte volte qualcosa di simile: la scena della narrazione fatta e non ast5coltata (pp.81-82). Un altro vecchio Kuhn prega per ringraziare Dio di non essere stato scelto al momento della selezione: «Se io fossi Dio,sputerei a terra la preghiera di Kuhn». (p.116) Questo Dio è riconducibile al genio maligno di Cartesio, Cartesio ipotizza l'esistenza di un genio maligno e quindi dubita su tutte le conoscenze, anche quelle matematiche. Ma dubitando giunge ad una prima certezza: Cogito ergo sum. Il fatto che io posso essere ingannato è già una prima certezza. Dopo di ciò si giunge all'ipotesi che vi siano altre esistenze ed evidenze. Queste però devono ricondursi tutte ad una causa originaria: Dio, che è una sostanza infinita, eterna, onnipotente e creatrice. Dio, che è perfetto, non può ingannarmi. Quindi non può esistere il genio maligno. Capitolo XIV, Kraus: Levi descrive le condizioni del lager, che con l’inverno sono peggiorate, e fa il ritratto di un prigioniero, Kraus. Capitolo XV, Die drei Leute vom Labor (in tedesco, “Le tre persone del laboratorio”): Levi viene scelto come specialista per il laboratorio di chimica. Lavorare in laboratorio significa poter passare la giornata al caldo, avere vestiti e scarpe nuove e ogni mercoledì sarà rasato. Le donne del laboratorio conversano liberamente della propria vita nel mondo libero, generando un contrasto paradossale con le condizioni dei prigionieri. Capitolo XVI, L’ultimo: Il capitolo è per gran parte dedicato alla figura di Alberto (cui corrisponde la figura reale di Alberto Dalla Volta, un giovane ebreo bresciano che nel campo diventerà il miglior amico dello scrittore), Alberto e Primo, che lavorano nei laboratori vicini al campo di concentramento, sono legati da uno strettissimo patto di alleanza, insieme escogitano mille strategie di sopravvivenza. Una sera sono costretti ad assistere all'impiccagione di un uomo che è accusato di aver partecipato a una rivolta durante la quale è stato fatto saltare un forno crematoio. Prima di morire l'uomo urla :"Compagni, io sono l'ultimo".Con un solo grido, un verso dal valore drammatico, intimidisce i nazisti, che sanno davvero che per loro si avvicina la resa dei conti e la caduta dei malvagi dei a Berlino e incoraggia i fratelli perduti. Levi lamenta che nessuno lo abbia confortato di un gesto di consenso, ma è troppo pessimista. Capitolo XVII, Storia di dieci giorni: L'11 gennaio 1945 Levi si ammala di scarlattina e viene ricoverato in Ka-Be. Qualche giorno più tardi viene a sapere che il campo sarà evacuato a causa dell'arrivo dei russi. Infatti nel pomeriggio il medico annuncia che il giorno dopo gli ammalati in grado di camminare sarebbero partiti con i sani, per una marcia di venti chilometri, mentre gli altri sarebbero rimasti in Ka-Be. Levi è troppo debole, febbricitante e rimane al campo. Tutti partono, compreso Alberto, mentre lui e pochi altri malati vengono abbandonati al loro destino nell'infermeria. Ben presto ha inizio il bombardamento. Si fa sempre più vicino . Alcune baracche vengono colpite. Levi si accorge che tutti i tedeschi hanno lasciato il campo. Fa molto freddo. Al campo non c'è più nulla che funzioni: niente acqua, elettricità, niente per scaldarsi o da mangiare. Riesce a trovare una stufa, della legna e delle patate. Con l'aiuto di un francese il tutto viene trasferito nella loro baracca. Hanno tepore e patate bollite. I prigionieri cercano di organizzarsi per sopravvivere andando a rovistare ovunque alla ricerca di qualcosa di utile. Il numero dei morti aumenta di giorno in giorno e la terra indurita dal gelo non permette di seppellirli. La fatica della sopravvivenza quotidiana li rende insensibili di fronte a tanto dolore. Il 27 gennaio 1945 arrivano i russi al campo. *Per commemorare tutte le vittime dell’Olocausto nazista, nel 2005 il 27 gennaio è diventato il Giorno della Memoria. -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- -------------------------------- STORIA EDITORIALE Nel 1946 Antonicelli segnalò il testo ad Einaudi, ma la casa editrici lo rifiutò che in precedenza l’aveva rifiutato perché nellamemoria collettiva era ancora troppo fresco il ricordo di quella tragedia, così Antonicelli lo pubblicò nell'anno successivo nella edizione De Silva di Torino, di sua proprietà. In seguito Levi ripropone ad Einaudi la sua opera, e questa lo pubblica nel 58 nei "Saggi". Tra la prima e la seconda edizione Levi compie un lavoro di ampliamento, ad esempio aggiunge un nuovo capitolo, quello dell'Iniziazione, aumento di riferimenti alla Bibbia (quello esplicito della torre di Babele e quello sottinteso delle piramidi d'Egitto costruite dagli ebrei) e alla Commedia dantesca, nel secondo capitolo egli è appeno arrivato al lager e in riferimento alla zona interna al filo spinato dice che questo è un inferno, come infernale è la musica sconciamente allegra che li accoglie, pensa dunque che i latrati dei soldati tedeschi siano quelli di Cerbero, e il soldato che guida l'autocarro il loro Caronte, il 15° capitolo è completamente dantesco, Levi vuole insegnare a Pikolo l'alsaziano, l'italiano ed usa come materale il canto di Ulisse (26 inferno), in cui si fa riferimento ad esempio al dovere di essere degni della nobiltà umana "fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza". IL PLURILINGUISMO La pluralità delle lingue è un elemento fondamentale del Lager, si passa dal tedesco e polacco degli aguzzini allo yiddish, russo, francese, italiano e spagnolo dei deportati. Come dimostra Levi questa differenza linguistica genera all'interno del lager odio: quello dei capi, che si infuriano nel vedere i loro ordini non compresi, e quello che divide gli stessi prigionieri, poco solidali. LA POESIA La poesia inizia con un appello al lettore, questa apostrofe quasi dantesca ha lo scopo di rendere il lettore partecipe di ciò che si sta per narrare, l'autorevolezza di chi scrive è quella di chi ha vissuto questa estrema esperienza in prima persona, il che lo rende diverso da chi legge. Nella sua poetica Levi utilizza spesso la prolessi, ossia anticipa le parole rispetto all'ordine richiesto dal costrutto consueto. Vuoti gli occhi fa riferimento alla magrezza dei lavoratori nel 23 canto del purgatorio anche Dante parlerà di occhi oscuri e cavi, gli ultimi due verbi vengono usati nella forma arcaica alla maniera dantesca e corrispondono ad una sorta di laica maledizione.
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