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Primo Levi: vita e opere, Appunti di Italiano

Pdf riassuntivo su Primo Levi riguardante: - La vita e le leggi razziali - Opere: Se questo è un uomo, I sommersi e i salvati, Il canto di Ulisse

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 28/09/2021

asia.canocchi
asia.canocchi 🇮🇹

14 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Primo Levi: vita e opere e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! Primo Levi “...è che nella vita le cose non sono mai tanto semplici. Semplici sono i problemi che fanno fare a scuola...” biografia - Primo Levi nasce il 31 luglio del 1919 a Torino, da un’agiata famiglia ebrea. - Nel 1934 si iscrive al liceo classico “Massimo D'Azeglio” - Nel 1941 si laurea in chimica all'università di Torino - 1943-1945 cattura e reclusione nel campo di concentramento di Auschwitz. - Nel 1947 pubblica “Se questo è un uomo” e si dedica alla composizione delle altre opere - Muore suicida nel 1987 le leggi razziali Nel 1938 in Italia vennero proclamate le leggi razziali che separavano gli ebrei dal resto della popolazione e che ebbero un influsso indiretto sul percorso universitario ed intellettuale dell- ‘autore. Le leggi vietavano ai cittadini italiani di sposarsi con ebrei, l'appartenenza alla razza ebraica doveva essere annotata nei registri dello stato civile e le leggi vietavano anche agli ebrei l’accesso universitario ma concedevano a quelli che l’avevano già intrapreso di termi- narlo. Così Levi, anche se a fatica trova un relatore per la sua tesi e si laurea nel 1941 con una tesi in fisica. “La soluzione finale” Primo Levi aveva 23 anni quando in Germania Hitler decise la soluzione finale. Nell’estate del 1943 cadde il fascismo e Levi aderì alla resistenza antitedesca e si aggregò ad una banda partigiana in Val d’Aosta. Erano passati solo pochi mesi quando venne arrestato dalla milizia fascista e trasferito nel campo di transito a Fossoli,Modena. Il 22 febbraio del 1944 Levi ed altri 650 ebrei vengono stipati su un treno merci e destinati ad Auschwitz in Polonia. schwitz, quindi non ci può essere Dio...” EE) La deportazione avvenne con uno dei famosi convogli della morte, Levi rimase in questo Lager per 11 mesi, fino alla liberazione da parte dell’armata russa. Fu uno dei 20 sopravvis- suti fra i 650 che giunsero al campo. Levi attribuisce il merito di ciò ad una serie di incontri e coincidenze fortunate (come l’essersi ammalato di scarlattina e aver evitato la marcia della morte). Il viaggio di ritorno in Italia sarà lungo e travagliato e verrà narrato nel romanzo “La tregua” . Scrittore e chimico - Nel 1946, dopo essersi ripreso fisicamente, trova impiego in una fabbrica di vernici nei pressi di Torino ed inizia a scrivere “Se questo è un uomo”. - Nel 1947 pubblica “Se questo è un uomo” - Nel 1963 pubblica “La tregua” - Nel 1971 pubblica “Vizio di forma - Nel 1975 esce “ Il sistema periodico” - Nel 1986 pubblica “l sommersi e i salvati” Se questo è un Uomo Se questo è un uomo è un romanzo autobiografico scritto da Primo Levi tra il dicembre 1945 e il gennaio 1947. Rappresenta la coinvolgente ma riflettuta testimonianza di quanto fu vissuto in prima persona dall'autore nel campo di concentramento di Auschwitz. Il testo venne redatto non per vendetta, ma come testimonianza di un avvenimento storico e tragico. Lo stesso Levi diceva che il libro era nato fin dai giorni di lager per il bisogno irrinunciabile di raccontare agli altri, di farli partecipi. Se questo è un Uomo o Shemà è la poesia con cui si apre l’opera « Voi che vivete sicuri Nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera Il cibo caldo e visi amici: Considerate se questo è un uomo Che lavora nel fango Che non conosce pace he lotta per mezzo pane Che muore per un sì o per un no. Considerate se questa è una donna, Senza capelli e senza nome Senza più forza di ricordare Vuoti gli occhi e freddo il grembo Come una rana d'inverno. Meditate che questo è stato: Vi comando queste parole. Scolpitele nel vostro cuore Stando in casa andando per via, Coricandovi alzandovi; Ripetetele ai vostri figli. O visi sfaccia la casa, La malattia vi impedisca, | vostri nati torcano il viso da voi. » commento_ capitolo IX - Nelle pagine de | sommersi e i salvati Levi decide di farci udire la voce anche di chi non è sopravvissuto al nazismo, quella dei "sommersi". Questi ultimi sono coloro che non hanno trovato un modo per restare in vita perché hanno seguito passo per passo le regole della vita del campo; a loro si contrappongono i (pochi) "salvati" che, pur ad un prezzo altissimo, sono tornati vivi alla loro esistenza normale e quotidiana. Levi, annoverandosi tra questi, spiega al lettore come la maggior parte dei "salvati" siano riusciti a vivere perché hanno accettato di abbandonare parte della propria moralità e integrità, riuscendo a divenire "utili" al funziona- mento del campo. Da ciò capiamo l’angoscia provata da Levi al momento della liberazione da parte degli alleati, che non viene vissuto con totale gioia, perché porta con sé la vergogna per essere sopravvissuti, e insieme l’onere delle testimonianza di ciò che i sopravvissuti hanno visto. - Nel lager non c’è né etica, né politica, né tutela dei più deboli dall’arroganza dei prepotenti, anzi c'è un capovolgimento di valori dove la lotta per la sopravvivenza è alla base di tutto. Solo gli individui forti e astuti trovano appoggio nei capi; i deboli sono considerati non-uomini e soccombere è la cosa più facile. - Nell’estratto di questo capitolo possiamo notare la scelta di alternare il piano narrativo con quello meditativo. Levi è così libero di commentare, di analizzare scientificamente la situazio- ne. L’undicesimo capitolo è ispirato alventiseiesimo canto dell’inferno, in cui viene narra- ta la vicenda umana di Ulisse , guidato, come Dante e come Levi, dalla sete di sapere: il pro- tagonista cerca di ricordarsi i versi danteschi e di tradurli a Jean, suo compagno di prigionia. .. Il canto di Ulisse. Chissà come e perché mi è venuto in mente: ma non abbiamo tempo di scegliere, quest'ora già non è più un’ora. Se Jean è intelligente capirà. Capirà: oggi mi sento da tanto. ... Chi è Dante. Che cosa è la Commedia. Quale sensazione curiosa di novità si prova, se si cerca di spiegare in breve che cosa è la Divina Commedia. Come è distribuito l’Inferno, cosa è il contrappasso. Virgilio è la Ragione, Beatrice è la Teologia. Jean è attentissimo, ed io comincio, lento e accurato: Lo maggior corno della fiamma antica Cominciò a crollarsi mormorando, Pur come quella cui vento affatica. Indi, la cima in qua e in là menando Come fosse la lingua che parlasse Mise fuori la voce, e disse: Quando... Qui mi fermo e cerco di tradurre. Disastroso: povero Dante e povero francese! Tuttavia l’esp- erienza pare prometta bene: Jean ammira la bizzarra similitudine della lingua, e mi suggeri- sce il termine appropriato per rendere «antica». E dopo «Quando»? Il nulla. Un buco nella memoria «Prima che sì Enea la nominasse». Altro buco. Viene a galla qualche frammento non utilizzabile: «... la piéta Del vecchio padre, né’| debito amore Che doveva Penelope far lieta...» sarà poi esatto? Ma misi me per l’alto mare aperto. Di questo sì, di questo sono sicuro, sono in grado di spiegare a Pikolo, di distinguere perché «misi me» non è «je me mis», è molto più forte e più audace, è un vincolo infranto, è scagliare se stessi al di là di una barrie- ra, noi conosciamo bene questo impulso. L’alto mare aperto: Pikolo ha viaggiato per mare e sa cosa vuol dire, è quando l’orizzonte si chiude su se stesso, libero diritto e semplice, e non c’è ormai che odore di mare: dolci cose ferocemente lontane. Siamo arrivati al Kraftwerk (11), dove lavora il Kommando dei posacavi. Ci dev’essere l’inge- gner Levi. Eccolo, si vede solo la testa fuori della trincea. Mi fa un cenno colla mano, è un uomo in gamba, non l’ho mai visto giù di morale, non parla mai di mangiare. «Mare aperto». «Mare aperto». So che rima con «diserto»: «... quella compagna Picciola, dalla qual non fui diserto», ma non rammento più se viene prima o dopo. E anche il viaggio, il temerario viaggio al di là delle colonne d’Ercole, che tristezza, sono costretto a raccontarlo in prosa: un sacrilegio. Non ho salvato che un verso, ma vale la pena di fermarcisi: .. Acciò che l’uom più oltre non si metta. «Si metta»: dovevo venire in Lager per accorgermi che è la stessa espressione di prima, «e misi me». Ma non ne faccio parte a Jean, non sono sicuro che sia una osservazione impor- tante. Quante altre cose ci sarebbero da dire, e il sole è già alto, mezzogiorno è vicino. Ho fretta, una fretta furibonda. Ecco, attento Pikolo, apri gli orecchi e la mente, ho bisogno che tu capisca: Considerate la vostra semenza: Fatti non foste a viver come bruti, Ma per seguir virtute e conoscenza. Come se anch'io lo sentissi per la prima volta: come uno squillo di tromba, come la voce di Dio. Per un momento, ho dimenticato chi sono e dove sono. Pikolo mi prega di ripetere. Come è buono Pikolo, si è accorto che mi sta facendo del bene. O forse è qualcosa di più: forse, nonostante la traduzione scialba e il commento pedestre e frettoloso, ha ricevuto il messaggio, ha sentito che lo riguarda, che riguarda tutti gli uomini in travaglio, e noi in specie; e che riguarda noi due, che osiamo ragionare di queste cose con le stanghe della zuppa sulle spalle. Li miei compagni fec’io sì acuti... ... è mi sforzo, ma invano, di spiegare quante cose vuol dire questo «acuti». Qui ancora una lacuna, questa volta irreparabile. «... Lo lume era di sotto della luna» o qualcosa di simile; ma prima?... Nessuna idea, «keine Ahnung» come si dice qui. Che Pikolo mi scusi, ho dimentica- to almeno quattro terzine. - Ga ne fait rien, vas-y tout de mème (12). .. Quando mi apparve una montagna, bruna Per la distanza, e parvemi alta tanto Che mai veduta non ne avevo alcuna. Sì, sì, «alta tanto», non «molto alta», proposizione consecutiva. E le montagne, quando si vedono di lontano... le montagne... oh Pikolo, Pikolo, di’ qualcosa, parla, non lasciarmi pen- sare alle mie montagne, che comparivano nel bruno della sera quando tornavo in treno da Milano a Torino! Basta, bisogna proseguire, queste sono cose che si pensano ma non si dicono. Pikolo atten- de e mi guarda. Basta, bisogna proseguire, queste sono cose che si pensano ma non si dicono. Pikolo atten- de e mi guarda. Darei la zuppa di oggi per saper saldare «non ne avevo alcuna» col finale. Mi sforzo di rico- struire per mezzo delle rime, chiudo gli occhi, mi mordo le dita: ma non serve, il resto è silen- zio. Mi danzano per il capo altri versi: «... la terra lagrimosa diede vento...» no, è un’altra cosa. È tardi, è tardi, siamo arrivati alla cucina, bisogna concludere: Tre volte il fe’ girar con tutte l’acque, Alla quarta levar la poppa in suso E la prora ire in giù, come altrui piacque... Trattengo Pikolo, è assolutamente necessario e urgente che ascolti, che comprenda questo «come altrui piacque», prima che sia troppo tardi, domani lui o io possiamo essere morti, o non vederci mai più, devo dirgli, spiegargli del Medioevo, del così umano e necessario e pure inaspettato anacronismo, e altro ancora, qualcosa di gigantesco che io stesso ho visto ora soltanto, nell’intuizione di un attimo, forse il perché del nostro destino, del nostro essere oggi qui... Siamo oramai nella fila per la zuppa, in mezzo alla folla sordida e sbrindellata dei porta-zuppa degli altri Kommandos. | nuovi giunti ci si accalcano alle spalle. Kraut und Ruben? (13) - Kraut und Ruben -. Si annunzia ufficialmente che oggi la zuppa è di cavoli e rape: Choux et navets. - Kaposzta és répak. Infin che ‘l mar fu sopra noi rinchiuso. note (11) Kraftwerk = centrale elettrica. (12) Ca ne fait rien, vas-y tout de mème = Non importa, va’ avanti lo stesso. (13) Kraut und Rùben? = Crauti e Rape? (lo stesso significato di Choux et navets e Kaposzta és répak, in francese e ungherese) commento_ capitolo XI - Il canto di Ulisse - L’episodio di Ulisse sembra corrispondere tematicamente e spiritualmente al lager, inferno dei detenuti. - «Fatti non foste per viver come bruti...ma per seguir virtute e conoscenza» sono versi che alludono a non farsi annientare psicologicamente dalla vita nel lager, dal non farsi ridurre ad animali, privati della facoltà di pensare e provare sentimenti. - Jean Samuel, la persona a cui Levi recitava Dante, è uno dei sopravvissuti. | due si sono rivisti più volte. - Il fatto di recitare quei versi, di dare persino la razione di zuppa per poter dire il finale, equi- vale all'esigenza di mantenere viva la fiamma dei ricordi, della cultura, per potersi sentire vivi e per non farsi totalmente annientare dalle mostruosità del lager.
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