Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Primo non curare chi è normale - Allen, Dispense di Psicologia Clinica

Riassunto completo della critica di Allen Frances al DSM

Tipologia: Dispense

2015/2016

In vendita dal 24/10/2016

ellie.93
ellie.93 🇮🇹

4.5

(54)

72 documenti

1 / 17

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Primo non curare chi è normale - Allen e più Dispense in PDF di Psicologia Clinica solo su Docsity! PSICOLOGIA CLINICA L’autore di “Primo, non curare chi è normale” è Allen Frances, un famosissimo psichiatra a cui è stato chiesto di partecipare alla realizzazione del DSM 5, il manuale diagnostico dei disturbi mentali (la Bibbia della psichiatria). Un progetto, ormai alla sua quinta edizione, che aveva ottenuto una enorme importanza sociale: esso aveva il compito di definire chi è sano e chi malato, che tipo di terapia offrire, chi deve pagarla e chi ha il diritto all’invalidità, chi può essere assunto, chi può avere figli, chi può pilotare un aereo.. di conseguenza il minimo errore di valutazione nel considerare sana una persona malata e viceversa avrebbe portato a grandi problemi. La critica che muove Allen è proprio la seguente: il DSM ha creato nuove diagnosi psichiatriche e ciò ha creato più danni che benefici perché il numero smisurato di diagnosi ha etichettato come “malati” anche coloro che non lo sono, facendoli dipendere da antidepressivi, antipsicotici e antidolorifici (ed arricchendo le case farmaceutiche). Ecco perché l’autore critica duramente gli eccessi della psichiatria e ribadisce la necessità di “non curare chi è normale”: non si deve confondere un disturbo psichiatrico con un malessere momentaneo poiché quest’ultimo si può risolvere contando sulla nostra capacità di recupero naturale e sul potere curativo del tempo mentre un disturbo si può curare solo con l’aiuto psichiatrico unito a cure specifiche. Il libro si compone di tre parti: a. L’autore parla del concetto di “normalità” b. L’autore parla degli errori diagnostici nel tempo c. L’autore propone suggerimenti per evitare l’espansione diagnostica Possiamo dare una definizione di “normalità”? Il dizionario definisce “normale” tutto ciò che è standard, regolare, abituale, comune.. ma sono definizioni ingannevoli nel senso che per sapere cos’è normale è necessario sapere cosa non lo è. Eppure ognuno dei due termini si definisce solo come negativo dell’altro e nessuno dei due possiede una definizione reale. • La filosofia parla di “normalità” solo con l’Illuminismo, affermando che la normalità non ha significato universale e non può essere mai definita con precisione perché è qualcosa di soggettivo e cambia nel tempo, nello spazio e in base alla cultura. • La statistica non dà una risposta scientifica su chi si può considerare normale e chi no, non c’è uno standard univoco per definire chi è malato. • La medicina antecedente all’800 era convinta che normalità e malattia dipendessero dalle quantità di sangue, flemma, bile gialla e bile nera nel corpo: teoria degli umori. Questa teoria sosteneva quindi che la normalità era presente grazie al perfetto equilibrio dei fluidi corporei (né troppo né troppo poco). Col tempo, questa teoria perse di veridicità ma la medicina moderna non ha mai fornito una definizione di “normalità” o “malattia”. Molti ci hanno comunque provato, fallendo, per esempio la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità “La normalità è uno stato di perfetto benessere fisico, mentale e sociale e non solo l’assenza di malattia” MA se questa è la definizione di “normalità” chi di noi oserebbe definirsi tale se questo significa rispettare standard così alti? Non ci sono test di laboratorio per definire chi è normale: il cervello umano è formato da neuroni collegati ad altri neuroni da connessioni sinaptiche. Ogni secondo ognuna di queste sinapsi è attraversata da una media di mille segnali: ogni segnale è regolato da 1500 proteine e trasmesso da diversi neurotrasmettitori. Insomma, il suo funzionamento è il risultato di una complicatissima ingegneria genetica capace di portare a termine ogni compito. Ma ogni sistema complesso avrà le sue difficoltà, se le cose vanno storte allora si può produrre una malattia. In ogni caso le cause dei disturbi mentali (man mano che saranno scoperte) potranno spiegare solo una piccola percentuale di casi, per esempio: ci sono centinaia o migliaia di modi per arrivare alla schizofrenia. L’assenza di test biologici è un grande svantaggio per la psichiatria perché significa che le nostre diagnosi (senza alcun test di verifica) sono soggettive e quindi fallibili. • Nemmeno i sociologi e gli antropologi hanno una definizione di ”normalità” : le diverse culture hanno diverse concezioni di normalità in base al tipo di sfida che esse hanno dovuto affrontare per sopravvivere. Per esempio: per gli aborigeni mangiare le formiche è qualcosa di normale (anzi, sono ricche di proteine) mentre chi lo fa a Los Angeles è considerato malato di “pica” noto disturbo presente nel DSM. • Freud ha detto la sua sulla normalità: egli ritiene che siamo tutti sulla stessa barca, poiché “nessuno è mai completamente normale, ognuno di noi è un nevrotico e potrebbe trarre profitto da una migliore conoscenza di sé”. E allora cos’è l’anomalia? “Anomalia” e “disturbo mentale” sono concetti molto simili tra loro, tanto da non saper tracciare un confine netto per separarli. In genere quando si parla di “disturbo mentale” si parla anche di sofferenza, disfunzione, disagio ma in nessuna definizione c’è una effettiva risposta su cosa possa esser considerato disturbo e cosa no, chi è malato e chi no. All’interno del DSM alcuni disturbi mentali descrivono stati a breve termine, altri durano a vita, alcuni rappresentano un eccessivo autocontrollo, altri una mancanza di autocontrollo, alcuni cominciano da bambini, altri più tardi.. C’è da dire che di tutti i disturbi mentali passati in rassegna nel DSM non tutti meritano di trovarsi lì e alcuni andrebbero addirittura eliminati: nell’800 erano riconosciuti ed elencati solo 6 disturbi, oggi ci avviciniamo ai 200. Sembra che gli psichiatri forniscano una spiegazione in forma di disturbo a qualsiasi ansia della società. Le diverse posizioni sul disturbo mentale sono le seguenti: 1. Pensa che i disturbi mentali possano essere scoperti grazie allo studio scientifico, un ottimismo condiviso da tanti psichiatri di 15 anni fa, che ormai va a scemare. In realtà però miliardi di dollari spesi in ricerca non sono bastati a provare che un certo disturbo mentale sia una vera e propria malattia dovuta ad una certa causa. 2. Pensa che i disturbi mentali siano solo miti che limitano la libertà di scelta dei pazienti psichiatrici. Chi approva questa posizione è scettico e non crede che l’uomo riuscirà mai a conoscere la verità e scoprire a cosa si devono i disturbi mentali. In realtà i disturbi non sono affatto dei miti e anche se non sono una malattia localizzata (come un tumore) provocano comunque sofferenza nei malati. Nel caso della schizofrenia, lo schema in cui si presenta è sempre lo stesso: si trasmette per via familiare, ha uno sviluppo prevedibile e si cura con terapie specifiche. 3. Pensa che l’uomo possa avere una conoscenza parziale: di certo sa che c’è una bella differenza tra l’effettiva realtà e il modo in cui la vediamo noi, anche perché i nostri sensi riescono a cogliere solo il 4% di tutto ciò che gli si presenta davanti, ma non importa. Secondo questa posizione di mezzo, i disturbi non sono né miti né malattie bensì costrutti fallibili e limitati che cercano la verità senza mai trovarla. Per esempio la schizofrenia è proprio un costrutto ed è una descrizione di tanti problemi psichiatrici ma non la sua causa. Oggi nel mondo abbiamo due sistemi di classificazione dei disturbi mentali: il DSM 5 e l’ICD-10; sono entrambi molto simili, non si differenziano di molto rispetto al loro genitore comune, il DSM 3 costruito nello stesso periodo. Il DSM 5 è usato molto più spesso, ma l’ICD funziona meglio quando c’è bisogno di un sistema più semplice nei Paesi in via di sviluppo. In realtà, comunque, gli esseri umani di tutto il mondo sono geneticamente e culturalmente simili da ammettere un solo sistema diagnostico (o DSM o ICD). Definire i singoli disturbi mentali Nel DSM la descrizione di ogni disturbo è accompagnata da una serie di criteri che elenca i sintomi precisi che lo definiscono, quanti ne devono essere presenti per definirlo e la durata richiesta. Per esempio un episodio depressivo maggiore deve avere 5 o più sintomi (depressione, perdita di interesse, poco appetito, fatica, agitazione, senso di colpa..) che devono essere presenti per più di due settimane di seguito lo squilibrio di questi umori avrebbe portato ad una malattia. Ma Galeno specificò questa teoria affermando che anche le singole personalità derivavano da uno squilibrio degli umori: un eccesso di sangue per esempio produce una personalità eccessivamente sanguigna, un eccesso di bile gialla produce una personalità collerica, un eccesso di bile nera produce una personalità melanconica, un eccesso di flemma produce una personalità flemmatica. Alcuni pazienti potevano essere condizionati non sa solo uno ma da diversi squilibri e perciò la terapia da utilizzare doveva essere personalizzata, visto che esistono molti tipi diversi di squilibrio degli umori. Inoltre, Galeno affermò che prima di “dare la colpa” ad uno squilibrio degli umori come causa del disturbo della personalità, era necessario escludere qualsiasi altro tipo di causa per esempio un problema fisico o l’uso di sostanze stupefacenti. Una volta fatto ciò era necessario capire quali aspetti della vita del malato alteravano il suo equilibrio e quali no: per correggere l’equilibrio nei liquidi e migliorare la personalità del paziente, Galeno proponeva un aggiustamento nelle sue abitudini di vita (lavoro, studio, alimentazione, relazioni famigliari..). La teoria degli umori viene confutata definitivamente a metà dell’800 quando Virchow ha iniziato a parlare del ruolo delle cellule nello sviluppo delle malattie. • Gli anni bui dei demoni Dalla caduta di Roma (V secolo) alla fine del 700, l’Europa entrò nei suoi anni bui per quanto riguarda gli studi sui malati di mente. La figura del medico viene sostituita dal dottore della Chiesa che considerava i malati di mente come persone possedute dal demonio, contagiose che andavano distrutte con l’esorcismo, la tortura e i roghi. In casi meno gravi era possibile la guarigione ma solo dopo che i malati confessavano i loro peccati e dichiaravano di voler tornare dalla parte di Dio; in casi gravi, invece, era giustificatissima la loro uccisione per il bene della comunità. Col tempo, i malati di mente venivano visti come veri e propri peccatori a cui si raccomandava un trattamento brutale per riportarli sulla retta via, quella lontana dal peccato. C’è di buono, però, che in tutto questo periodo erano presenti anche delle eccezioni grazie a coloro che ancora non avevano abbandonato gli studi di Galeno e i suoi trattati (tradotti in precedenza dal greco all’arabo e ora dall’arabo al latino). • Gli arabi Intorno al 700, gli arabi portarono la psichiatria a livelli altissimi: ma perché proprio loro? Il Corano aveva una visione molto moderna della malattia mentale, cioè un problema reale e concreto da affrontare senza dover ricorrere al soprannaturale. I malati di mente erano considerati prima di tutto persone da trattare con rispetto e da curare in modo attento in luoghi opportuni tanto che nel 705 a Baghdad fu creato il primo ospedale per i malati mentali. Agli arabi è riconosciuto il merito di aver creato una descrizione accurata dei disturbi mentali equivalente al moderno DSM. • L’inglese Sydenham Nel 600 l’inglese Sydenham riportò in Europa il metodo di Ippocrate per la medicina e la psichiatria: egli considerò molto importante stare a stretto contatto col malato, solo così è possibile osservare i sintomi, paragonarli ad altri, e crearsi un’idea sulla causa di una malattia e di conseguenza sulla sua cura. Era anche molto prudente a prescrivere farmaci perché sapeva che l’uso eccessivo di farmaci su pazienti già malati poteva farli stare peggio. • L’italiano Carlo Linneo Carlo Linneo era un medico e un botanico del 700 che mise insieme i due ruoli: classificò 7700 piante e 4400 animali in base a somiglianze reciproche e organizzandoli in 7 livelli (regni, classe, ordine, famiglia..). Con ciò Linneo inserì gli esseri umani nel sistema di classificazione accanto agli scimpanzè e questo fu un grande passo avanti perché aprì la strada alla teoria dell’evoluzione di Darwin. • Il francese Philippe Pinel All’inizio dell’800 andava diminuendo la tolleranza verso i malati di mente tanto che le loro famiglie facevano sempre più fatica a tenerli in casa, era sicuramente più comodo mandarli via. A salvare questi malati fu il dottore Pinel che creò un nuovo tipo di “manicomio” per ospitarli e curarli nel miglior modo possibile. Egli amava i suoi pazienti e sviluppò una “cura psicologica“ per la malattia mentale: un mix di educazione, terapia cognitiva, lavoro, esercizio, confronto con la realtà, attività terapeutiche, sostegno e incoraggiamento svolgendo il tutto con gentilezza e senso dell’umorismo. Il dottore era convinto che la malattia derivasse da danni cerebrali, stress psicologico e trattamenti a cui i pazienti erano stati sottoposti precedentemente ed era convinto che la costrizione fisica con la camicia di forza non era affatto utile ma solo dannosa ai pazienti. Grazie a Pinel vennero descritti e catalogati in modo preciso diversi disturbi mentali che avrebbero portato col tempo allo sviluppo di nuove teorie utili per comprenderne le cause. • Il tedesco Kraepelin Anche in Germania si stava svolgendo un lavoro di descrizione e catalogazione dei disturbi, tanto che si riconosce a Kraepelin il merito di porre le basi per il nostro DSM. Egli aveva però un grande difetto: lavorava in ospedale e si occupava solo di pazienti malati che avevano bisogno di un ricovero a lungo termine ma non aveva mai a che fare con pazienti ambulatoriali. Ad aprire le porte ai pazienti ambulatoriali ci pensò Freud: si occupò di classificare i sintomi più lievi (che chiamò nevrosi perché inizialmente era convinto che derivassero da malattie dei nervi mentre poi cambiò pensiero e disse che erano dovute a conflitti psicologici). A questo punto classificò anche le nevrosi: il lutto, la melancolia, il Disturbo da panico delle fobie e l’ansia generalizzata. IL DSM III La psichiatria fiorisce dopo la seconda guerra mondiale e vede la nascita di Dipartimenti di psichiatria in ogni facoltà di medicina, si sviluppa la psicoanalisi e si respira grande fiducia nella psichiatria nonostante la scarsa attenzione che aveva ricevuto il DSM I e il DSM II. Tutto d’un tratto, però, la pubblicazione di due articoli mette in crisi la credibilità della psichiatria (siamo all’inizio degli anni 70): 1. Uno studio riscontrò che gli psichiatri su due lati dell’Oceano arrivavano a diagnosi diverse anche quando valutavano lo stesso paziente. 2. Uno psicologo dimostrò quanto fosse facile indurre gli psichiatri a fornire diagnosi non accurate e terapie inadeguate: alcuni suoi studenti si recarono in pronto soccorso dicendo di sentire delle voci e nonostante i loro atteggiamenti seguenti fossero normali, ognuno di loro fu ricoverato e tenuto lì per mesi. Ecco che fu Robert Spitzer a salvare la psichiatria: egli, infatti, dimostrò che era possibile avvicinare le diagnosi diverse tra psichiatri che studiavano lo stesso caso. Come? Facendo le stesse domande sui sintomi e usando gli stessi criteri per arrivare alle diagnosi. Proprio a Spitzer fu chiesto di prendere il comando sul DSM III nel 1975. Sviluppare il DSM III non è stato facile poiché mancavano i dati scientifici per capire quali disturbi includere nel manuale e quali sintomi scegliere per descrivere i disturbi. Robert mise insieme piccoli gruppi di esperti per ciascun disturbo ma il risultato fu pessimo: c’erano diverse divergenze tra gli esperti che si confrontavano in maniera poco tranquilla, anzi facendo molta confusione e il risultato fu imperfetto, ma sicuramente utile. C’è anche da dire che tra i vari difetti, il DSM III radunava i pazienti in base alle somiglianze esterne, ignorando le differenze individuali che erano molto importanti per capire a fondo la loro malattia. C’è da dire che quando fu pubblicato (nel 1980) il DSM III era un bel compromesso tra: • Sensibilità (errori nel non individuare persone bisognose di diagnosi • Specificità (errori nell’etichettare in modo sbagliato persone bisognose di diagnosi DSM-IIIR Il DSM-IIIR è la revisione del DSM III e venne pubblicato solo 7 anni dopo, nel 1987: doveva essere solo un riaggiustamento di piccole parti. Robert Spitzer era di nuovo coordinatore di questo manuale e in questo caso non riuscì a tenere a bada la sua soddisfazione, tanto che il DSM-IIIR divenne due volte più grande di quanto pianificato all’inizio e al posto di limitarsi a qualche revisione, fece diversi cambiamenti. DSM IV Tra il DSM-IIIR e il DSM IV passano altri 7 anni durante i quali non sono stati raggiunti nuovi risultati nella ricerca pertanto un altro DSM avrebbe creato solo più danni. La gestione del manuale passò ad Allen Frances (autore di questo libro) che decise di introdurre modifiche SOLO SE esse fossero assolutamente necessarie e SOLO in caso di prove scientifiche indiscutibili. Ecco che, a parte qualche modifica nel lessico, il DSM IV restò fedele al DSM-IIIR, ma nonostante ciò, il DSM IV non riuscì a proteggere la normalità perché 3 anni dopo la sua pubblicazione, le case farmaceutiche riuscirono a pubblicizzare i loro farmaci direttamente ai consumatori. A questo punto Allen Frances si chiede quali provvedimenti avrebbe dovuto prendere per evitare tutto questo: forse sarebbe stato utile alzare le soglie dei sintomi di una diagnosi, o farle durare più a lungo in modo da rendere alle case farmaceutiche più difficile la commercializzazione delle diagnosi. Un’altra soluzione sarebbe stata quella di organizzare convegni in cui psichiatri esperti avrebbero contrastato la pubblicità negativa delle case farmaceutiche. E lo stress della società ci rende malati di mente? C’è una teoria che sostiene che più la società in cui un individuo vive è stressante e più in quella società aumenta il tasso dei malati di mente; un’altra afferma che il tasso dei malati di mente aumenta a causa dello stress fisico più che emotivo. Facciamo chiarezza: gli unici fattori di impatto sui disturbi mentali sono alcol e droghe. Il vero problema della società è quello di essere tartassati da tendenze che fanno pensare di essere sempre più malati: “il bambino più piccolo della classe non è tale perché è piccolo, ma deve avere per forza qualche Deficit e perciò prendere pillole”. Conseguenze del DSM: inflazione diagnostica L’inflazione diagnostica ha portato a un aumento pericoloso nell’uso dei farmaci e questo ha prodotto enormi profitti alle aziende farmaceutiche. Inoltre c’è un grande spreco perché per curare i “finti malati” si utilizzano delle risorse (per esempio le terapie) in modo inutile, che sarebbero potute essere usate da chi soffre davvero. • Ma quali sono le altre cause dell’inflazione diagnostica? La medicina ha promosso la prevenzione cioè l’idea che si può analizzare cosa non funziona del nostro corpo prima che si presentino i sintomi della malattia, così facendo si può ridurre la sofferenza umana e anche risparmiare soldi: per esempio la prevenzione può segnalare un cancro prima che esso possa diffondersi. L’OBIETTIVO è NOBILE. Ma se lo si legge in modo sbagliato, se questa tendenza è portata all’eccesso allora tutto si capovolge e la prevenzione rischia di diventare più pericolosa della malattia stessa (facendo troppe TAC preventive ci si può ammalare di tumore per l’eccesso di raggi X nel corpo). Perciò per rincorrere queste forme di prevenzione, trascuriamo quelle migliori che consistono in una dieta sana, attività sportiva, consumo moderato di alcolici e astensione da droghe. In particolare le diagnosi sono in crescita soprattutto da quando proprio con le diagnosi ci sono stati tanti cambiamenti negli aspetti economici ed amministrativi della vita quotidiana (come il sussidio di invalidità o servizi scolastici): se al bambino autistico vengono date delle agevolazioni economiche o dei servizi personali allora è scontato che i casi ambigui, pur di ricevere la stessa attenzione, verrebbero inseriti nella portato alla nascita di credenze che si diffusero tanto da creare delle vere e proprie mode: se qualcuno si ammalava era logico pensare che la colpa era dei morti che (erano invidiosi o vendicativi o insoddisfatti) volevano risorgere. Era una moda così diffusa che si faceva fatica a distinguere quali fossero i vampiri tra i vivi e i morti: un malato di mente o un vivo qualsiasi che perde del sangue dal naso o dalla bocca sono facilmente scambiabili per vampiri e di conseguenza catturati e torturati prima di essere uccisi. La moda durò 50 anni, durante i quali vennero esumati i cadaveri e impalati per non dar più fastidio ai vivi, ma finì grazie a Maria Teresa d’Austria che mise fuori legge l’esumazione stabilendo pene severe e mettendo fine al vampirismo. • “I dolori del giovane Werther”: il romanzo di Goethe, pubblicato nel 1774, racconta la storia di un giovane, di un amore non corrisposto e di un suicidio romantico. Il protagonista, il giovane Werther, contagiò tutta l’Europa per il suo modo di vestire, di pensare, di agire e provocò una serie fatale di suicidi per emulazione. Ci sono due tipi di suicidi per emulazione: quelli a grappolo si verificano quando qualcuno imita il suicidio di una persona famosa o di un parente, di un amico (ecc); il suicidio di massa ha come motivo lo stigma sociale per esempio ci sono stati molti casi di episodi di eserciti sconfitti in cui i soldati sceglievano il suicidio piuttosto che la resa, la prigionia, la schiavitù e il considerarsi prigionieri nelle mani del nemico; il suicidio di protesta quando un gruppo di persone sceglie il suicidio come modo per far sentire la propria voce; il suicidio come missione per esempio i kamikaze; • Le neuroscienze alimentano le mode: alla fine dell’800 si iniziano a vedere i primi risultati positivi ottenuti dalle neuroscienze grazie agli studi sul funzionamento cerebrale, ma al tempo stesso, nascono tre mode passeggere (Nevrastenia, isteria e Disturbo da Personalità Multipla): questo accade perché è comodo e rassicurante dare un nome a una serie di sintomi confusi e aspecifici di molti pazienti. ✓ Nevrastenia: è letteralmente la “debolezza dei nervi” e serviva per spiegare una serie di sintomi come la stanchezza, debolezza, vertigini, mal di testa. Beard affermò che questa debolezza era connessa a una diminuzione dell’energia del sistema nervoso, per colpa dello stress, della difficoltà ad adattarsi ad una società tecnologica e consigliava l’elettroterapia. Non è un caso se in questo periodo si parla di energia del sistema nervoso, poiché sono gli anni in cui ci si inizia ad interessare all’energia elettrica. Come tutte le altre mode, la nevrastenia scompare all’improvviso. ✓ Isteria: si usa questa etichetta per descrivere persone paralizzate, con perdita della sensibilità, atteggiamenti e sensazioni strane, perdita della capacità del linguaggio. Charcot dimostrò che l’ipnosi era in grado sia di creare che di curare i sintomi: era capace di ipnotizzare uno zoppo e farlo tornare sano o di ipnotizzare un sano e farlo diventare zoppo. Col tempo Charcot finì per dire che l'ipnosi poteva essere indotta nei soli pazienti isterici ed era possibile trasferire zone di insensibilità cutanea tramite l'uso di un semplice magnete. L’isteria venne studiata anche da Freud: egli aveva collaborato al trattamento di una certa Anna O. il suo maestro Breuer aveva notato che la paziente, sotto ipnosi, se opportunamente stimolata poteva “raccontare” le fantasie che provava al momento, dando così la possibilità di scoprire i traumi alla base delle manifestazioni isteriche che aveva. In pratica erano convinti che nell'isteria il paziente riviveva nuovamente l'originario trauma psichico poiché dalle sedute ipnotiche venne fuori che la donna aveva assistito suo padre, colpito da una malattia e che in breve tempo morì. Lo stress emotivo fu tale da indurre uno squilibrio mentale in lei, poi corretto soltanto con il recupero di questi ricordi lontani. ✓ Disturbo da Personalità Multipla: si sviluppa nel 900 e si poteva curare con l’ipnosi perché tramite essa, le personalità nascoste si dissociano e prendono una loro identità autonoma che a volte prende il dominio sulla persona che non è consapevole. Con l’ipnosi si inducono le personalità a uscire allo scoperto per poi riunirle tutte insieme in una sola, ma in realtà questa terapia non si poteva definire del tutto sicura: infatti c’era il rischio che queste personalità potessero aumentare e non diminuire e si resero conto che l’ipnosi faceva più danni che altro. Anche questa moda sparì col tempo. • Lo scandalo degli abusi sessuali negli asili: 300 anni dopo la caccia alle streghe diffusa dai preti (intorno al 1960) si diffonde un’altra moda in California nel 1982 per poi espandersi in tutto il Paese fino al 2000 circa: maestri d’asilo venivano accusati di abusare sessualmente dei bambini che avevano in custodia. L’accusa iniziale proveniva spesso da genitori vendicativi o persone disturbate, che convincevano i bambini a dare testimonianze false (ai bambini veniva detto cosa dire nel momento dell’interrogatorio), pur non essendoci alcuna prova (nessun riscontro fisico o testimonianze credibili). Ovviamente si diffuse il panico tra i genitori e tutta la comunità! Si parlava di due tipi di abuso: sessuale e satanico. Ai colleghi degli imputati veniva chiesto di contribuire a testimoniare il falso e accusare (ingiustamente) i loro amici che sarebbero poi stati condannati, in caso contrario sarebbero stati anch’essi condannati come colpevoli. La colpa di tutto questo va data in realtà a terapeuti dotati di ottime intenzioni ma poco tatto nel loro lavoro, ma anche della polizia, dei genitori e dei giudici che, presi dal panico e dalla voglia di proteggere i bambini, hanno portato i loro figli a confessare accuse false e a scoprire e parlare di cose terribili. Non ci dobbiamo stupire della presenza di tutte queste mode perché seguire il gregge fa parte della natura umana. La cosa positiva è che le mode vanno e vengono però se in passato le mode erano qualcosa di isolato, ad oggi le mode sono globali. Le mode di oggi Alcune diagnosi sono oggi una moda perché usate troppo e spesso in modo improprio.. • Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività: questa diagnosi si sta espandendo sempre più; un tempo, era qualcosa di molto raro che riguardava bambini molto piccoli che si trovavano in grandi difficoltà in molte occasioni. Ad oggi ogni classe ha almeno 2 bambini che prendono farmaci per curare questo disturbo: non sono i bambini ad essere cambiati, sono le etichette ad esserlo poiché siamo portati a diagnosticare come un disturbo mentale dei problemi che prima erano visti come parte della vita. Ma perché questo cambiamento? Ci sono molti fattori che hanno contribuito a considerare un problema come un vero e proprio disturbo per esempio: l’insistenza delle case farmaceutiche, il marketing e i media, le pressioni dei genitori carichi di lavoro desiderosi di tenere sotto controllo i figli più irrequieti, i servizi extra concetti ai bambini con questa diagnosi. Il problema è che la terapia prevede l’uso di farmaci e se al bambino è stato diagnosticato correttamente il disturbo allora il farmaco lo aiuterà a stare bene, ma in caso contrario lo porterà ad assumere farmaci inutili e rischiosi con pesanti effetti collaterali. Quindi è meglio aspettare e osservare bene i sintomi perché se essi risultano essere leggeri e momentanei la migliore cura diventa il tempo, se persistono senza essere gravi o invalidanti è meglio iniziare una psicoterapia ma la terapia farmacologica deve essere solo l’ultimissima spiaggia. • Disturbo Bipolare Infantile: fino a 55 anni fa era un disturbo molto raro e poco conosciuto mentre ora è il più diagnosticato. I bambini con DBI sono generalmente irritabili, arrabbiati, umorali e aggressivi ma se ci dovessimo basare su questi sintomi per etichettare un disturbo, allora chi non è affetto da DBI? La definizione di DBI è stata estesa a praticamente chiunque dalle case farmaceutiche per ricavarci guadagni: più la malattia è diffusa, più sarà curata con farmaci e più le case farmaceutiche avranno un guadagno. Così, sono stati distribuiti farmaci senza un minimo di giudizio a tutti coloro a cui veniva diagnosticato questo disturbo e i risultati sono stati devastanti anche a causa degli effetti collaterali dei farmaci assunti da chi non ne ha realmente bisogno: aumento di bambini a rischio diabete o aumento esagerato del peso. • Autismo: prima diagnosticata a 1 bambino su 2000, oggi negli USA è autistico 1 bambino su 80. Giustamente queste cifre hanno scatenato il panico tra i genitori, alimentato da un articolo abbastanza famoso nel quale si avanzava l’ipotesi che l’Autismo fosse causato dalle vaccinazioni: nonostante fosse stato dimostrato il contrario, per molto tempo molti genitori non hanno vaccinato i loro figli. L’Autismo è diventata una vera e propria moda dovuta: sicuramente alla grande attenzione dei medici nei confronti dei bambini, poi dall’entrata della “Sindrome di Asperger” nel DSM IV che ha esteso la definizione di Autismo (sintomi come comportamenti strani, problemi interpersonali ma lontani dall’Autismo classico), e sicuramente dall’aumento dei servizi per il paziente a cui è stato diagnosticato questo disturbo. • Disturbo Bipolare II: il paziente bipolare classico è carico nei pensieri, parla a manetta, corre come un pazzo, è ricco di idee creative e progetti impossibili, scherza continuamente, dorme poco, ha un umore molto elevato ma si irrita se contraddetto. Se la diagnosi è questa, al paziente non si devono dare antidepressivi senza avergli dato la copertura degli stabilizzatori di umore. E se la persona presenta invece un umore più elevato del normale ma senza vere e proprie manie come quelle sopra indicate? In questo caso la persona ha atteggiamenti “ipomaniacali” che significa che sono persone che oscillano tra periodi di ipomania e di depressione, quindi tra disturbo Bipolare e Unipolare. Se li classifichiamo come bipolari saranno loro prescritti stabilizzatori dell’umore correndo il rischio di esporli a farmaci dannosi e inutili, ma se li classifichiamo come unipolari saranno loro descritti antidepressivi e questo potrebbe creare un episodio maniacale; quindi davanti a una situazione ambigua di questo tipo hanno aggiunto una nuova categoria: il Bipolare II. Non c’è da stupirsi se le case farmaceutiche hanno spacciato per Bipolarismo tutti gli atteggiamenti di irritabilità, agitazione, umore elevato.. • Fobia Sociale: ci sono persone che hanno questo disturbo mentale molto invalidante che provoca moltissime sofferenze ma si tratta di casi isolati. I colossi farmaceutici hanno giocato su questo disturbo, allargando la diagnosi a qualsiasi persona molto timida portandola a credere di avere una malattia mentale da cui si può guarire assumendo un farmaco. • Depressione Maggiore: genera una sofferenza psicologica altissima, ma ad oggi anche questo disturbo viene diagnosticato con troppa facilità. Non c’è un modo per segnalare il confine tra la forma lieve di depressione e la forma grave di normale tristezza perciò è possibile descrivere come “depresso maggiore” un individuo che magari sta solo passando un periodo difficile della sua vita, e ciò non richiede né diagnosi né terapie. I medici si sono poi convinti che ogni tipo di depressione (lieve o grave) è causata da uno squilibrio chimico, regolarizzabile grazie a farmaci: può essere vero per le depressioni gravi, ma assolutamente falso per quelle lievi. • Disturbo da Stress Post-Traumatico: è un disturbo difficile da diagnosticare se il paziente non ne parla. Consiste nell’essere perseguitati da immagini, ricordi, flashback che ritornano a galla nel corso della giornata e della notte suscitandoci ansie e paure in modo invalidante a causa di un trauma: per la maggior parte dei soggetti questi sintomi passano con il passare del tempo fino a scomparire, ma per molti altri (i veri malati) i sintomi non passano, durano e creano un grande disagio e possono portare al suicidio. Ma anche in questi casi il riconoscimento è difficile perché non ci sono test di laboratorio che permettono di capire quanto grava l’esperienza traumatica sulla persona, perciò spesso si arriva a ingrandire o minimizzare i sintomi. Una cosa positiva è che le case farmaceutiche non hanno lanciato pubblicità su farmaci per curare questo DSPT forse perché temono il rischio di una pubblicità negativa sapendo che i farmaci non funzioneranno. Critiche al DSM-5 Il DSM 5 è stato pubblicato nel 2013 e ha portato una nuova ondata di inflazione diagnostica; la buona notizia è che molte diagnosi sono state eliminate, ma la cattiva è che le altre (e cioè la maggioranza) sono state conservate. Il DSM-5 aveva obiettivi molto ambiziosi: trasformare le diagnosi basandosi sulle nuove a. Domare le case farmaceutiche per combattere l’abuso di farmaci: niente più pubblicità in tv, sui giornali e in Internet; niente più regali e promozioni per studenti e dottori sponsorizzati dalle case farmaceutiche; niente più rappresentanti negli studi dei dottori e niente più campioni gratuiti; b. Controllare la distribuzione dei farmaci: per controllare l’eccesso di prescrizioni e distribuzione dei farmaci psicotropi si può usare la tecnologia. Quando si fa un acquisto sospetto con la carta di credito, esso viene intercettato subito come sospetto e la carta viene momentaneamente bloccata finchè non si indica l’acquisto come sicuro e riconosciuto. Allo stesso modo si potrebbe controllare tecnologicamente se a un paziente viene prescritto un farmaco troppo spesso o tanti farmaci diversi tutti insieme; a questo punto il paziente dovrà giustificare il tutto e se non lo può fare, significa che alle sue spalle c’è un medico da identificare e bloccare. c. Domare i medici: la maggior parte dei medici cerca di prescrivere i farmaci in modo responsabile ma ci sono delle eccezioni ossia persone che generalmente sono facili da identificare grazie ai loro atteggiamenti: svolgono visite poco accurate, in tempi velocissimi formulano diagnosi, prescrivono molti farmaci, partecipano agli eventi delle case farmaceutiche. La carriera di questi parassiti potrebbe terminare se aumentassero i controlli utili per punirli e far rigare dritto chiunque volesse intraprendere le stesse strade. d. Domare il DSM: le soglie delle diagnosi dovrebbero essere più elevate (aggiunta di sintomi, durata maggiore di sintomi, elevato disagio e disabilità) e dovrebbero essere diminuite anche le diagnosi. I servizi e l’invalidità dovrebbero essere forniti sulla base di grandi esigenze e non solo sulla presenza o meno di una diagnosi. Il DSM era nato per essere qualcosa di molto importante ma per far sì che esso funzioni dovrebbe essere compilato da una struttura all’interno del U.S. Department of Health and Human Services. Essi dovrebbero controllare le nuove diagnosi per aver la certezza che non vengano usate nel modo sbagliato e non abbiano conseguenze impreviste. Se si sceglie di adottare dei cambiamenti, essi dovrebbero essere graduali perché non ha senso continuare a cambiare periodicamente un sistema diagnostico solo per il gusto di farlo e senza motivazioni scientifiche. Quindi è meglio avere un nuovo approccio (a fasi) alla diagnosi per contrastare l’inflazione diagnostica: • Fase 1: nel corso della prima visita il paziente dovrebbe avere un colloquio con il medico in cui gli racconta tutti i suoi malesseri, i sintomi e le possibili cause o i traumi subiti (nel caso ci fossero). Proprio durante questa prima visita, il medico deve raccogliere i dati fondamentali insieme al paziente per l’indagine diagnostica e SOLO SE ci si trova davanti a casi conclamati con necessità di intervenire immediatamente il dottore può formulare già una diagnosi definitiva. In caso contrario, al paziente è consigliato tenere un diario in cui annoterà tutti i sintomi nel corso del tempo senza però gareggiare per una diagnosi sbrigativa. A volte è bene farsi aiutare dalla famiglia che ha sott’occhio la situazione del malato e può accorgersi di cambiamenti di cui magari il malato non è consapevole. • Fase 2: il medico consiglierà di normalizzare il problema cioè prenderlo sul serio ma riformularli in modo positivo come risultato dello stress quotidiano. Molte volte, infatti, i malesseri descritti nella prima visita si risolvono definitivamente con il passare del tempo o comunque cambiano e si placano. Molte volte invece siamo solo influenzati dalle mode e se facciamo esperienza di un sintomo non significa che siamo affetti da un dato disturbo che magari possiede una molteplicità di sintomi tra cui quello (l’unico) da noi avvertito. • Fase 3: è il momento della attesa e dell’osservazione ossia mantenere sotto controllo il quadro dei sintomi senza però affrettarsi a trovare una diagnosi definitiva o una terapia efficace. • Fase 4: è la fase in cui il paziente coopera con il medico per l’indagine diagnostica, sviluppando degli interventi minimi nel senso che si informa attraverso libri e svolge una sorta di autoterapia tramite internet. • Fase 5: breve counseling in cui il medico si attiva per cercare una soluzione ora che ha a disposizione tutti i “dati alla mano”. Questo dovrebbe accadere intorno alla quinta o sesta visita, quando la situazione del paziente si è stabilizzata e le cose si sono chiarite tanto che non dovrebbe più esser difficile formulare una diagnosi. • Fase 6: diagnosi definitiva e terapia accurata e. Domare i media: ci sono 3 forze che potrebbero contrastare l’inflazione diagnostica; esse sono: • Organizzazioni professionali legate alla salute mentale che comunque sono rimaste passive di fronte alla pubblicizzazione di tutti i farmaci. • Gruppi di tutela del consumatore hanno il merito di aver spinto a migliorare le cure e i servizi per i malati mentali ma sono anche diventati sostenitori involontari delle case farmaceutiche • Stampa: spesso la stampa si limita a ripetere a pappagallo i comunicati stampa delle case farmaceutiche, senza andare a studiare il caso fino in fondo. Episodio di successo e insuccesso della psichiatria ♦ Eccesso di diagnosi di Autismo: Todd era un bambino normale fino ai 15 mesi, felice e socievole, con l’unico difetto che ancora non parlava. Il medico prescrisse un controllo: le analisi trovarono gravi ritardi nella ricezione e nella produzione del linguaggio e si formulò la diagnosi di Autismo. A due anni Todd parlava ma non usava frasi con più di due parole e il dottore suggerì una indagine in un centro specializzato a tre ore di distanza da dove viveva la famiglia. Arrivato lì, Todd era nervoso per non aver dormito in 3 ore di macchina, i dottori gli tolsero dalle mani il suo gioco preferito e lo trascinarono via contro la sua volontà per oltre 4 ore di analisi. Todd non era mai andato all’asilo e non era perciò nemmeno abituato a star lontano dai suoi genitori e quando tornò era stanco e triste. I risultati affermarono che Todd aveva dei ritardi in molte aree e in conclusione gli venne diagnosticato Autismo classico. Dopo pochi mesi Todd venne esaminato in un altro centro e ottenne risultati normali in tutte le aree a parte la comprensione del linguaggio. Perché una differenza così? Le nuove analisi erano state molto meno stressanti perché Todd le svolgeva con accanto la madre a tranquillizzarlo. Arrivato ai 3 anni Todd risultò normale in tutte le aree. I genitori di Todd erano stati fuorviati e spaventati da esperti che consideravano l’Autismo in base a sintomi minimi di difficoltà linguistiche. ♦ Pillole che curano la depressione: Roberta ha 58 anni, è insegnante, ha molti amici e molti animali, è una donna con grande senso dell’umorismo e un contagioso buon umore. Suo padre morì quando lei aveva 8 anni mentre la madre è morta da poco per una malattia. I suoi problemi cominciarono quando suo fratello decise di vendere i gioielli di famiglia a sua insaputa per comprarci una barca. Da quel momento Roberta non faceva che piangere, non mangiava, non dormiva, non riusciva a concentrarsi né a comunicare con amici, e ogni giorno era per lei una tortura infinita a cui pensò di metter fine. Le viene diagnosticata una depressione. La storia di Roberta ha un lieto fine proprio perché il medico riuscì a darle le cure giuste e 8 settimane dopo Roberta iniziò a sentirsi meglio.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved