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PRINCIPI DI ECONOMIA POLITICA - Riassunto - ECONOMIA POLITICA - Marc Liebermann - Robert Hall, Sintesi del corso di Economia

Riassunto delle lezioni sul libro di Marc Liebermann e Robert Hall riguardante i principi di Economia Politica

Tipologia: Sintesi del corso

2010/2011
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Scarica PRINCIPI DI ECONOMIA POLITICA - Riassunto - ECONOMIA POLITICA - Marc Liebermann - Robert Hall e più Sintesi del corso in PDF di Economia solo su Docsity! 1 PRINCIPI DI ECONOMIA Di Marc LIEBERMANN e Robert HALL Ed. APOGEO Capitolo1 Che cos’è l’ economia? L’ economia è una scienza sociale e come tale si occupa di spiegare qualcosa sulla società Si può definire come lo studi della scelta in condizioni di scarsità. Noi sentiamo che il nostro tenore di vita è soggetto a limiti stringenti: tutti ci troviamo a dover affrontare problemi di scarsità. La nostra capacità limitata di soddisfare i nostri desideri si basa su due limitazioni fondamentali: la scarsità di tempo e della capacità di spesa. Data una maggiore quantità di entrambi, ciascuno di noi potrebbe avere una maggiore quantità dei beni e servizi che desidera. A causa della scarsità di tempo e di capacità di spesa ognuno di noi è costretto a fare delle scelte. Gli economisti studiano le scelte che compiamo in quanto individui e anche le conseguenze di tali scelte. Nel caso della società il problema si pone in termini di scarsità di risorse, ossia ciò che utilizziamo per produrre i beni e i servizi che ci aiutano a conseguire i nostri scopi. Gli economisti classificano le risorse in quattro categorie: 1. Il lavoro è il tempo impiegato per la produzione di beni e servizi. 2. Il capitale è l’ insieme dei beni durevoli utilizzati per produrre altri beni e servizi. Si suddivide in capitale fisico e capitale umano Lo stock di capitale è la quantità complessiva di capitale a disposizione di una nazione in un qualsiasi momento. 3. La terra è lo spazio fisico in cui ha luogo la produzione, assieme alle risorse naturali che ne derivano. 4. La capacità imprenditoriale è la capacità (e disponibilità) di un individuo di combinare le altre diverse risorse in un’ impresa produttiva. Le risorse di cui la nostra società dispone (la terra, il lavoro, il capitale e la capacità imprenditoriale) sono insufficienti a produrre tutti i beni e servizi che potremmo desiderare. In altri termini, la società è soggetta a scarsità di risorse. Il campo dell’ economia si divide in due parti principali: la microeconomia e la macroeconomia. La microeconomia si occupa del comportamento dei singoli soggetti della scena economica: famiglie, imprese e amministrazioni pubbliche. La macroeconomia dà una visione d’ insieme del sistema economico, non fa distinzione fra i diversi beni e servizi e guarda alla produzione totale dell’ economia, si concentra sul quadro d’ insieme e trascura i dettagli. 2 Definizione di Economia politica Scarsità di tempo e della capacità di spesa Scarsità delle risorse : lavoro, capitale, terra e capacità imprenditoria le Microeconom ia e macroecono mia Economia positiva  il costo opportunità di una scelta comprende sia i costi espliciti sia i costi impliciti Il sacrificio del tempo spesso equivale a un sacrificio di denaro, in particolare del denaro che si sarebbe potuto guadagnare nel tempo in questione:  il costo esplicito (denaro speso) di una scelta può costituire anche solo una parte (a volte piccola) del costo opportunità di tale scelta Maggiore è il reddito di una persona, meno importante il costo monetario di un’ attività e più importante è il costo in termini di tempo Dal punto di vista del singolo individuo è utile pensare al costo opportunità come derivante dalla scarsità di tempo o di denaro. Ma quando prendiamo in considerazione la società nel suo complesso il costo opportunità ha un’ origine diversa: la scarsità delle risorse della società.  Tutti i tipi di produzione hanno un costo opportunità: per produrre qualcosa in maggior quantità, la società deve sottrarre risorse alla produzione di qualcos’ altro. Il costo opportunità è uno dei concetti più importanti in economia e getta luce su quasi tutte le questioni studiate dagli economisti, dal comportamento dei consumatori e delle imprese a importanti problemi sociali come la povertà o la discriminazione razziale: in ognuno di questi casi si applica il principio del costo opportunità.  2° principio fondamentale dell’ economia: il costo opportunità Tutte le decisioni economiche prese dagli individui o dalla società nel suo complesso hanno un costo. La corretta misura del costo di una scelta è il suo costo opportunità, cioè ciò a cui si rinuncia operando tale scelta. La frontiera delle possibilità di produzione (PPF, production possibilities frontier) della società indica le diverse combinazioni di beni che si possono produrre con le risorse e la tecnologia disponibili. Secondo la legge del costo opportunità crescente, maggiori quantità produciamo di un determinato bene, maggiore è il costo opportunità di produrne ancora di più. Questa legge conferisce alla PPF una forma concava, poiché la curva diventa sempre più ripida man mano che si scende verso destra. La pendenza di una curva è il rapporto tra la variazione lungo l’ asse verticale e quella lungo l’ asse orizzontale. Perché più produciamo qualcosa più aumenta, più aumenta il costo opportunità di produrne ancora di più? Perché la maggior parte delle risorse sono più adatte, per loro natura, ad alcuni scopi che ad altri. Ogni decisione di produrre qualcosa in maggiore quantità ci richiede di pagare il costo opportunità di produrre qualcos’ altro in minore quantità. L’economista Milton Friedman ha riassunto questo concetto nella famosa osservazione “Non esistono pasti gratuiti”. La società paga un costo opportunità rinunciando a produrre altri beni con le risorse utilizzate e alcuni membri della società devono accontentarsi di una quantità minore di beni. Lo stesso ragionamento vale per tutti i beni e servizi ritenuti “gratuiti”. Cosa succede se un’ economia non realizza il suo potenziale produttivo e opera all’ interno della sua PPF? E perché un ‘ economia opererebbe all’ interno della sua PPF? Ci sono due possibili risposte a questa domanda. 5 1. Inefficienza produttiva. Un caso in cui un’ economia potrebbe operare all’ interno della sua PPF si ha quando vengono sprecate le sue risorse.  Un’ impresa, un settore o un intero sistema economico sono caratterizzati da insufficienza produttiva nel caso in cui potrebbero produrre quantità maggiori di almeno un bene senza sottrarre risorse alla produzione di alcun altro bene. L’ espressione efficienza produttiva, al contrario, indica l’ assenza di qualsiasi inefficienza produttiva. Affinché un intero sistema economico sia efficiente dal punto di vista produttivo, deve essere assolutamente impossibile produrre quantità maggiori di qualche bene se non sottraendo risorse alla produzione di qualche altro bene. Le imprese sono fortemente incentivate a individuare ed eliminare l’ inefficienza produttiva, in quanto qualsiasi spreco di risorse provoca un aumento di costi e una riduzione del profitto. Es. i posti vuoti sui voli di linea. Ne consegue che, sebbene nessuna impresa, settore o sistema economico sia caratterizzato da un’ efficienza produttiva totale, i casi di inefficienza conclamata non sono tanti quanto si potrebbe pensare. 2. Recessioni. L’ altro caso in cui un sistema economico opera all’ interno della sua PPF è rappresentato da una recessione, cioè un rallentamento dell’ attività economica complessiva. Durante le recessioni molte risorse sono inattive : vi è una disoccupazione diffusa e numerosi stabilimenti sono chiusi, dunque non si utilizzano nemmeno tutto il capitale e la terra disponibili. La fine di una recessione comporta lo spostamento del sistema economico da un punto interno alla sua PPF a un punto su di essa, utilizzando risorse inattive per produrre più beni e servizi senza sacrificare nulla. Tuttavia nemmeno l’ eliminazione di una recessione economica è un pasto gratuito, perché le politiche economiche che consentono di uscire dalle recessioni o persino di evitarle comportano spesso dei rischi e dei costi, per quanto ne possa valere la pena. La crescita economica. Se il sistema economico sta già operando sulla sua PPF, c’è la possibilità che sia la curva stessa a spostarsi, con la produzione di maggiori quantità di tutto. E’ ciò che accade quando cresce la capacità produttiva di un sistema economico. I fattori che contribuiscono alla crescita economica sono svariati, ma possono essere suddivisi in due categorie: innanzitutto è possibile che si verifichino incrementi delle quantità di risorse disponibili (soprattutto del capitale). Un aumento del capitale fisico consente al sistema economico di produrre quantità maggiori di tutto. Lo stesso discorso vale per il capitale umano ( le abilità di medici, ingegneri, lavoratori edili ecc.) Storicamente, l’ incremento dello stock di capitale ha contribuito a innalzare il tenore di vita in misura maggiore rispetto agli altri tipi di risorse. Il secondo fattore principale che determina la crescita economica è l’ innovazione tecnologica, che consente di produrre quantità maggiori a partire da una data quantità di risorse. Es. lo sviluppo di internet.  Un’ innovazione tecnologica o un incremento dello stock di capitale, anche quando l’ impatto diretto è un incremento della produzione di un unico tipo di bene, consente di scegliere di produrre quantità maggiori di tutti i tipi di beni 6 In questo caso abbiamo evitato di pagare un costo opportunità? Sì e no, perché l’ innovazione tecnologica non avviene da sola ma occorre impiegare delle risorse, in particolare la ricerca e sviluppo delle grandi imprese, risorse che avrebbero potuto impiegare per la produzione di altri beni e servizi.  Per produrre quantità maggiori di beni e servizi nel futuro è necessario sottrarre risorse alla produzione di beni e servizi che ci piacerebbe avere nel presente per dirottarle verso la ricerca e lo sviluppo e la produzione di capitale I sistemi economici Da 10.000 anni ogni sistema economico è caratterizzato da due aspetti: la specializzazione per cui ognuno di noi si concentra su un numero limitato di attività produttive e lo scambio per cui otteniamo la maggior parte di ciò che desideriamo commerciando con gli altri piuttosto che producendo da soli.  3° principio fondamentale dell’ economia: la specializzazione e lo scambio La specializzazione e lo scambio ci consentono di ottenere una produzione maggiore e un tenore di vita più elevato di quanto non sia altrimenti possibile. Di conseguenza tutti i sistemi economici presentano un alto livello di specializzazione e di scambio. Ci sono tre ragioni per cui la specializzazione e lo scambio ci consentono di usufruire di una maggior produzione. La prima ha a che fare con le capacità umane: in una vita possiamo imparare solo una quantità limitata di cose. Concentrandoci su alcune abilità ciascuno di noi è in grado di affinare le proprie abilità e diventare un esperto in uno o due campi invece di rimanere dilettante in molti. Un sistema economico di esperti produrrà di più di un sistema economico di dilettanti. Un secondo vantaggio di spiega pensando al tempo necessario per passare da un’ attività a un’ altra, cioè si riduce il tempo di inattività che deriva dal cambio di mansione. V. Adam Smith “Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni “, 1776 riferito alla specializzazione in una fabbrica di spilli. In conclusione, la produzione aumenta se i lavoratori si specializzano. Un individuo ha un vantaggio assoluto nella produzione di un bene quando lo può produrre utilizzando meno risorse di un altro individuo. Il vantaggio assoluto non è un parametro affidabile nella distribuzione dei compiti ai diversi lavoratori. Il principio corretto da utilizzare è quello del vantaggio comparato.  Un individuo ha un vantaggio comparato nella produzione di un bene se può produrlo con minor costo opportunità rispetto ad altri individui Si ha un vantaggio assoluto nella produzione di un bene se si può produrlo con meno risorse di altri; si ha invece un vantaggio comparato se si può produrlo con minor costo opportunità. Le due cose non necessariamente coincidono.  La produzione totale di tutti i beni e i servizi raggiunge il suo massimo livello se gli individui si specializzano in base al proprio vantaggio comparato. E’ questo un altro motivo per cui la specializzazione e lo scambio portano a livelli di vita più elevati rispetto all’ autosufficienza 7 Nel caso del socialismo è lo Stato a possedere la maggior parte delle risorse. Un esempio tipico è la ex Unione Sovietica. Esempi di proprietà statale esistono anche nelle economie non socialiste. Quando la maggior parte delle risorse sono di proprietà privata si ha il capitalismo. I proprietari delle risorse tengono per sé la maggior parte del reddito ottenuto impiegando le proprie risorse e hanno libertà di scelta riguardo al modo in cui queste possono essere utilizzate. Un sistema economico è costituito da due fattori: un meccanismo di allocazione delle risorse e una modalità di proprietà delle risorse. Esistono quattro tipi principali di sistemi economici: 1. il capitalismo di mercato in cui le risorse vengono allocate principalmente dal mercato e possedute principalmente dai privati; 2. il socialismo a pianificazione centrale nel quale le risorse vengono per lo più allocate tramite direttive dall’ alto e appartengono per lo più allo Stato come l’ ex Unione Sovietica e nazioni dell’ Europa dell’ Est fino alla fine degli anni Ottanta; da allora, però, queste economie si sono profondamente trasformate e queste nazioni hanno cambiato sia il loro sistema di allocazione sia la modalità di proprietà delle risorse spostandosi verso il sistema di capitalismo di mercato; 3. il sistema del capitalismo a pianificazione centrale, nel quale le risorse appartengono ai privati ma vengono allocate tramite direttive dall’ alto. In un passato recente paesi come la Svezia e il Giappone si sono mossi in questa direzione, così come molte nazioni in periodo di guerra; 4. il socialismo di mercato in cui le risorse appartengono allo Stato ma sono allocate dal meccanismo di mercato. Nel mescolare i due sistemi si incontrano però grossi problemi, per cui i casi di socialismo di mercato meglio riusciti nella storia contemporanea (Ungheria ed ex Jugoslavia negli anni Cinquanta e Sessanta) sono stati esperimenti di breve durata. Nell’ ultimo decennio 400 milioni di persone sono passate al meccanismo del mercato quando le loro nazioni hanno abbandonato il socialismo a pianificazione centrale; a questi se ne stanno aggiungendo un altro miliardo circa in quanto anche la Cina sta cambiando direzione. Lo studio delle economie contemporanee è ora più che mai lo studio del capitalismo di mercato. Dal punto di vista dell’ economista il mercato è piuttosto complesso. Le risorse vengono infatti allocate indirettamente, come effetto secondario delle scelte dei singoli individui, piuttosto che in base a tradizioni o ordini facilmente riconoscibili. Di conseguenza, spesso è necessario un vero e proprio lavoro investigativo in ambito economico per capire come gli individui si comportano e come le risorse vengono conseguentemente allocate. Capitolo 3 La domanda e l’ offerta Nel linguaggio economico, con il termine “mercato” non ci riferiamo a un luogo fisico, ma piuttosto all’ insieme di coloro che commerciano. Più in particolare 10  un mercato è un gruppo di acquirenti e venditori in grado di commerciare tra di loro Gli economisti considerano il sistema economico come un insieme di singoli mercati. Possiamo definire un mercato in modi diversi a seconda dello scopo che perseguiamo e ogni analisi economica inizia con la definizione e la caratterizzazione del mercato o dell’ insieme di mercati che si considerano. In economia, il processo di raggruppare elementi diversi in un unico insieme è definito aggregazione  in economia i mercati possono essere definiti in termini generali o precisi, a seconda dello scopo che si persegue L’ ampiezza delle dimensioni dei mercati considerati costituisce una delle differenze più importanti tra microeconomia e macroeconomia. In macroeconomia i beni e i servizi sono aggregati ai massimi livelli (beni di consumo, beni capitali). La definizione dei mercati in termini così ampi consente agli studiosi di macroeconomia di assumere una visione complessiva del sistema economico senza perdersi nei dettagli. In microeconomia, invece, i mercati sono considerati in termini più ristretti. Sebbene anche la microeconomia comporti in certo grado di aggregazione, tale processo si arresta prima di raggiungere i livelli di generalizzazione più elevati. Gli acquirenti di un mercato possono essere costituiti da famiglie, imprese oppure organi governativi. Lo stesso vale per i venditori.  Generalmente nei mercati dei beni di consumo consideriamo le imprese come gli unici venditori e le famiglie come gli unici acquirenti Nei mercati di concorrenza imperfetta , i singoli acquirenti possono influenzare il prezzo del prodotto. In un mercato perfettamente concorrenziale (o semplicemente concorrenziale), ogni acquirente o venditore considera il prezzo di mercato come dato (es. il prezzo del risone). Nei mercati perfettamente concorrenziali esiste un numero elevato di acquirenti e venditori, ciascuno dei quali rappresenta una piccola parte del mercato, e il prodotto è standardizzato, come il grano; nei mercati in condizioni di concorrenza imperfetta, invece, è presente solo un piccolo numero di acquirenti o venditori molto potenti, oppure il prodotto di ogni venditore ha delle caratteristiche in qualche modo uniche. Il modello della domanda e dell’ offerta è molto versatile in quanto può essere applicato a beni definiti in termini ampi (il mercato degli alimenti) o ristretti (il mercato del risone Baldo); le famiglie, le imprese e gli organi governativi possono comparire in qualsiasi combinazione dal lato degli acquirenti o da quello dei venditori, possono essere concentrati in una ristretta area geografica oppure essere sparsi per il mondo. L’ utilizzo del modello della domanda e dell’ offerta ha tuttavia un vincolo importante, i quanto sottostà all’ ipotesi implicita che il mercato sia perfettamente concorrenziale.  il modello della domanda e dell’ offerta ha lo scopo di spiegare come i prezzi vengono determinati nei mercati perfettamente concorrenziali I mercati perfettamente concorrenziali (ove il singolo acquirente o venditore non ha assolutamente alcuna influenza sul prezzo di mercato) non sono molto diffusi nel mondo reale. Molti mercati, tuttavia, operano in condizioni ragionevolmente prossime alla concorrenza perfetta, tanto che possiamo analizzarli come se fossero perfettamente concorrenziali. 11 La base sulla quale possiamo decidere se considerare perfetta o imperfetta la concorrenza di un mercato è il quesito che stiamo analizzando. La concorrenza perfetta è quindi una caratteristica che si presenta in gradi diversi, piuttosto che essere dicotomicamente presente o assente. Sono pochissimi i mercati in cui i venditori e gli acquirenti considerano il prezzo come dato, ma in molti mercati viene presa in considerazione una gamma ristretta di prezzi. La domanda  La quantità domandata di un bene da parte di una famiglia è la quantità specifica che tale famiglia sceglierebbe di acquistare in un dato periodo di tempo considerati : (1) un dato prezzo che deve essere pagato per il bene e (2) tutti gli altri vincoli cui la famiglia è soggetta Quando sommiamo il comportamento di acquisto di tutte le famiglie di un mercato, otteniamo una definizione analoga:  La quantità domandata di mercato (spesso definita semplicemente quantità domandata) è la quantità specifica di un bene che tutti gli acquirenti del mercato sceglierebbero di acquistare in un dato periodo di tempo, considerati (1) un dato prezzo che deve essere pagato per il bene e (2) tutti gli altri vincoli cui le famiglie sono soggette. La quantità domandata non indica la quantità di un bene che le famiglie “desiderano”, ma la quantità che le famiglie desidererebbero acquistare una volta preso in considerazione il costo opportunità della loro decisione, il quale deriva dai vincoli cui sono soggette. Non è detto che le famiglie siano effettivamente in grado di acquistare la quantità che desiderano. Il prezzo del bene è semplicemente uno dei tanti fattori che influenzano la quantità domandata. Quando un prodotto diventa più costoso la gente ne compra di meno, in questo modo la variazione dei prezzi influenza la quantità domandata.  In base alla legge di domanda, a parità di altre condizioni, quando il prezzo di un bene aumenta, la quantità domandata del bene diminuisce La legge di domanda dice cosa accadrebbe se tutti gli altri fattori che influenzano la scelta degli acquirenti rimanessero invariati e solo un elemento (il prezzo del bene) rimanesse invariato. Nel mondo reale cambiano contemporaneamente tanti fattori, ma per capire un sistema economico dobbiamo capire l’ effetto di ogni fattore preso singolarmente. Una scheda di domanda è una tabella che indica la quantità di un bene che i consumatori sceglierebbero di acquistare in corrispondenza di diversi prezzi, a parità di altre condizioni. Ogni combinazione prezzo-quantità è rappresentata da un punto; unendo tutti questi punti con una linea, otteniamo la curva di domanda.  La curva di domanda di un bene (o semplicemente curva di domanda) indica la relazione tra il prezzo di un bene e la quantità domandata, mantenendo costanti tutti gli altri fattori che influenzano la domanda. Ogni punto della curva indica la 12 Non si sa se le imprese saranno effettivamente in grado di vendere la quantità che desiderano al prezzo corrente. Il prezzo del bene è solo uno dei tanti fattori che influiscono sulla quantità offerta, ma riveste l’ importanza maggiore nella nostra analisi. Per questo ipotizzeremo che tutti gli altri fattori che influenzano l’ offerta rimangano costanti esaminando la relazione che lega il prezzo alla quantità offerta. La legge dell’ offerta In generale, il prezzo e la quantità offerta sono legati da una relazione positiva o diretta: quando il prezzo di un bene aumenta, aumenta anche la quantità offerta. La relazione tra prezzo e quantità offerta è chiamata legge dell’ offerta:  In base alle legge del’ offerta, se il prezzo di un bene aumenta, a parità di altre condizioni, aumenterà anche la quantità offerta del bene La scheda di offerta e la curva di offerta La scheda di offerta di un bene è un elenco delle diverse quantità offerte in corrispondenza di prezzi diversi, a parità di altre condizioni, e obbedisce alla legge dell’ offerta: man mano che il prezzo del bene sale, anche la quantità offerta aumenta. Quali sono i fattori che portano a un aumento della quantità offerta quando il prezzo aumenta?  La curva di offerta di mercato ( o semplicemente curva di offerta) indica la relazione tra il prezzo di un bene e la quantità offerta, mantenendo costanti tutti gli altri fattori che influenzano l’ offerta. Ogni punto della curva indica la quantità che i venditori sceglierebbero di vendere a un determinato prezzo. La curva di offerta ha un andamento crescente, caratteristica che rappresenta graficamente la legge dell’ offerta.  In base alla legge dell’ offerta, la curva di offerta ha un andamento crescente Gli spostamenti della curva di offerta e i movimenti lungo essa  Una variazione del prezzo di un bene provoca uno spostamento lungo la curva dell’ offerta Un aumento del prezzo di un bene provoca uno spostamento verso destra e una riduzione del prezzo causa uno spostamento verso sinistra lungo la curva  La variazione di un fattore che influenza l’ offerta, escluso il prezzo del bene, provoca lo spostamento della curva di offerta Se i venditori desiderano vendere maggiori quantità di un bene a ogni dato prezzo, la curva di offerta si sposta verso destra. Se invece i venditori preferiscono vendere minori quantità di un bene a ogni dato prezzo, la curva dell’ offerta si sposta verso sinistra. I fattori che spostano la curva di offerta Prezzo dei fattori produttivi: prezzi più bassi per ciascuno dei fattori produttivi significano un minor costo di produzione e di vendita del bene, con conseguente aumento del profitto. Ci aspettiamo che i produttori dirottino quindi una parte delle 15 risorse impiegate nella produzione di altri beni verso la produzione del bene in questione  Una diminuzione del prezzo di un fattore produttivo causa un aumento dell’ offerta, spostando la curva verso destra; un aumento del prezzo di un fattore produttivo provoca una diminuzione dell’ offerta, spostando la curva verso sinistra Prezzo dei beni collegati: i bene che le imprese potrebbero produrre (es. furgoni invece di auto) sono i cosiddetti beni alternativi  Quando il prezzo di un bene alternativo aumenta, la curva di offerta del bene in questione si sposta verso sinistra. Quando il prezzo di un bene alternativo diminuisce, la curva di offerta del bene in esame si sposta verso destra Tecnologia: si verifica un’ innovazione tecnologica nella produzione ogniqualvolta un’ impresa è in grado di realizzare un dato livello di produzione con un metodo nuovo e più economico rispetto al passato. Es. il laser nella chirurgia dell’ occhio.  Ogni progresso tecnologico che consente un risparmio sui costi aumenterà l’ offerta di un bene, spostando la curva verso destra Numero delle imprese: una variazione del numero delle imprese di un mercato modificherà la quantità che tutti i venditori vorranno vendere complessivamente in corrispondenza di un dato prezzo.  Un aumento del numero dei venditori ( a parità di altre condizioni) sposta la curva di offerta verso destra, mentre una riduzione del loro numero sposta la curva verso sinistra Aspettative riguardo al prezzo futuro: la previsione di un aumento del prezzo futuro di un bene provocherà una diminuzione dell’ offerta corrente, mentre l’ aspettativa di una diminuzione del prezzo futuro provocherà un incremento dell’ offerta nel presente:  In molti mercati la previsione di un aumento futuro del prezzo sposta la curva di offerta verso sinistra; analogamente, la previsione di una riduzione del prezzo sposta la curva verso destra Variazioni meteorologiche e altri fenomeni naturali: le condizioni meteorologiche rappresentano un fattore particolarmente importante nella determinazione dell’ offerta dei beni agricoli  Le condizioni meteorologiche favorevoli incrementano i raccolti e provocano uno spostamento verso destra della curva di offerta del bene in questione. Le condizioni meteorologiche sfavorevoli distruggono i raccolti e riducono il prodotto, spostando la curva verso sinistra Oltre alle condizioni meteorologiche sfavorevoli, anche le calamità naturali, come gli incendi, gli uragani e i terremoti possono distruggere o ridurre la capacità produttiva di tutte le imprese di una regione. La domanda non influisce sull’ offerta, almeno non direttamente. Le decisioni degli acquirenti non influiscono sulla quantità ipotetica che i venditori scelgono di immettere sul mercato in un dato momento. I consumatori tuttavia possono esercitare un impatto sul prezzo di un bene, il quale a sua volta influenza la quantità offerta. Questo fenomeno è 16 rappresentato da un movimento lungo la curva di offerta, non uno spostamento della curva stessa. L’ interazione tra domanda e offerta Quando studiamo un mercato cerchiamo sempre una condizione di bilanciamento tra venditori e compratori: un prezzo e una quantità per i quali il mercato si stabilizzi, almeno per un po’. Riferendosi a questa condizione gli economisti utilizzano la parola “equilibrio” :  il prezzo di equilibrio e la quantità di equilibrio di un mercato sono quei valori del prezzo e della quantità acquistata e venduta che, una volta raggiunti, non cambieranno, salvo che non si verifichino degli spostamenti della curva di offerta o della curva di domanda Qual è il prezzo di un dato bene in Italia? E quanto ne compreranno effettivamente le famiglie ogni mese? Possiamo riformulare queste domande nel seguente modo: qual è il prezzo di equilibrio di quel bene, e qual è la quantità di equilibrio di quel bene che verrà comprata e venduta? Il modello della domanda e dell’ offerta è stato ideato per rispondere proprio a queste domande. Se il prezzo del bene è troppo basso si verifica un eccesso di domanda :  l’ eccesso di domanda corrisponde a un eccesso della quantità domandata rispetto alla quantità offerta, in corrispondenza di un dato prezzo Gli acquirenti a questo punto entrerebbero in concorrenza gli uni con gli altri per ottenere una maggiore quantità di quel bene, dichiarandosi disposti a pagare un prezzo più elevato pur di non dovere fare a meno: il prezzo, quindi, aumenterebbe. Dal momento che la causa dell’ incremento del prezzo risiede nell’ eccesso di domanda, il processo di aumento del prezzo si fermerà quando l’ eccesso di domanda sarà scomparso. L’ aumento del prezzo riduce l’eccesso di domanda in due modi: da una parte, mano a mano che il prezzo aumenta, gli acquirenti domandano quantità sempre minori, spostandosi verso sinistra lungo la curva di domanda; in secondo luogo, i venditori incrementano l’ offerta, spostandosi verso destra lungo la curva di offerta. Il prezzo di equilibrio è quello rappresentato dal punto in cui le due curve si intersecano.  L’ eccesso di offerta corrisponde all’ eccesso della quantità offerta rispetto alla quantità domandata, in corrispondenza di un dato prezzo. I venditori entrerebbero allora in concorrenza per vendere un quantità del bene maggiore di quanto gli acquirenti non vogliano comprare, anche a costo di diminuire il prezzo del bene stesso. La diminuzione del prezzo causerebbe uno spostamento sia della curva di offerta (verso sinistra) sia della curva di domanda ( verso destra) . Il prezzo di equilibrio è quello rappresentato dal punto in cui le due curve si intersecano.  Per trovare il prezzo e la quantità di equilibrio di un mercato concorrenziale, basta tracciare le curve di offerta e di domanda: il prezzo e la quantità di equilibrio corrispondono al punto di intersezione delle curve di domanda e di offerta e sono indicati rispettivamente dai valori dell’ asse verticale e dell’ asse orizzontale Nell’ equilibrio il mercato opera sia sulla curva di offerta sia su quella dio domanda, pertanto al prezzo corrente la quantità domandata e quella offerta sono uguali. 17 Anche in questo caso, i produttori potrebbero essere incentivati a violare il prezzo minimo vendendo parte del loro prodotto a un prezzo inferiore con conseguente diffusione del mercato nero. Ma lo Stato potrebbe utilizzare una strategia infallibile per impedire lo sviluppo del mercato nero e di solito lo fa ogni volta che fissa un prezzo minimo. Potrebbe, cioè, istituire un’ agenzia speciale che prometta ai venditori di acquistare il loro prodotto al prezzo minimo stabilito. In altre parole, lo Stato manterrebbe il prezzo minimo acquistando l’ intero eccesso di offerta, impedendo cioè che esso faccia scendere il prezzo dal suo livello di equilibrio. Per evitare che lo stato in questo modo accumuli all’ infinito crescenti riserve del bene in questione, l’ agenzia in questione potrebbe avere il potere di limitare la quantità di prodotto, intervenendo così nelle decisioni di produzione. In molti Stati i governi utilizzano da tempo i prezzi minimi nei mercati agricoli per sostenere i redditi degli agricoltori, politica criticata dalla maggior parte degli economisti. Il principio fondamentale dei trade-off in politica economica Nell’ analisi dell’ intervento dello Stato nei mercati si nota che una politica volta al raggiungimento di un obiettivo porta ad accettare compromessi su altri obiettivi, producendo così un trade-off:  5° principio fondamentale dell’ economia: i trade-off in politica economica La politica economica è limitata dalle reazioni degli agenti economici provati; di conseguenza i responsabili della politica economica si trovano di fronte a dei “trade-off”: per raggiungere un obiettivo occorre spesso sacrificarne degli altri. Il modello della domanda e dell’ offerta ci impartisce importanti lezioni di economia, sia di tipo positivo, informandoci su cosa accade quando varia un fattore di mercato, sia di tipo normativo, suggerendoci quali principi dovremmo o non dovremmo adottare. Appendice – L’ elasticità della domanda Se vogliamo essere più precisi a proposito delle conseguenze delle variazioni di prezzo, ci occorre un metodo per misurare la sensibilità della quantità domandata rispetto a tali variazioni: gli economisti hanno elaborato questa misura, detta elasticità della domanda rispetto al prezzo.  L’ elasticità della domanda rispetto al prezzo (in breve, l’ elasticità della domanda) ED corrisponde al valore assoluto del rapporto fra la variazione percentuale della quantità domandata e la variazione percentuale del prezzo: ED = ΔQD %ΔP Più la quantità domandata è sensibile al prezzo, maggiore sarà l’ elasticità della domanda rispetto al prezzo. 20 L’ elasticità della domanda di un bene ha un’ interpretazione semplice e diretta: essa indica la variazione percentuale di quantità domandata per unità percentuale di aumento del prezzo. Un’ elasticità pari al 3% per esempio indica che, quando il prezzo sale dell’ 1%, la quantità domandata diminuisce del 3%; quando il prezzo sale del 2%, la quantità domandata diminuisce del 6%, e così via. Teniamo inoltre presente che il valore dell’ elasticità della domanda indica la reazione della quantità domandata a una variazione di prezzo quando tutti gli altri fattori che influenzano la domanda rimangono invariati.  L’ elasticità della domanda rispetto al prezzo indica la reazione della quantità a una variazione di prezzo, nello spostamento da un punto all’ altro lungo la curva di domanda. Il calcolo dell’ elasticità della domanda rispetto al prezzo. Data la curva di domanda di un bene conosciamo la quantità che i consumatori vorrebbero acquistare in corrispondenza di ogni prezzo possibile. Ci resta un compito da svolgere per calcolare l’ elasticità della domanda: misurare la variazione percentuale sia della quantità domandata sia del prezzo. La variazione percentuale dell’ elasticità Una variazione percentuale si definisce di solito come il rapporto tra la variazione di una variabile e il suo valore base o iniziale. Se calcoliamo la variazione percentuale con il metodo usuale, il valore che otteniamo cambierà a seconda che il prezzo aumenti o diminuisca in un determinato intervallo, così una variazione di un prezzo da € 1,50 a €2,50 corrisponde a un aumento del 66% , mentre una variazione di prezzo da €2,50 a €1,50 corrisponde a una variazione del 40% (v. pag 111). Lo stesso vale per le variazioni percentuali della quantità domandata: anch’ esse, se calcolate con il metodo usuale, cambierebbero a seconda della direzione della variazione. Queste differenze di risultato sono invece da evitare nel calcolo dell’ elasticità. L’ elasticità della domanda misura la sensibilità rispetto al prezzo in corrispondenza di un intervallo della curva di domanda e noi vogliamo che questa misura non dipenda dall’ estremità dell’ intervallo da cui partiamo. Per assicurare questa indipendenza adottiamo una convenzione speciale:  Il valore base nel calcolo della variazione percentuale di una variabile è sempre il valore intermedio fra quello iniziale e quello finale Per esempio, sia che il prezzo salga da € 1,50 a € 2,50, o che scenda da € 2,50 a € 1,50, utilizziamo come base il valore intermedio tra i due prezzi, trovato calcolando semplicemente la loro media: (€ 1,50 + € 2,50)/2 = € 2,00 Più in generale, quando il prezzo varia da un valore P0 a un altro valore P1, definiamo la variazione percentuale del prezzo come segue: %ΔP = (P1−P0) (P1+P0)/2 Il numeratore corrisponde alla variazione del prezzo, il denominatore al prezzo base, cioè il valore medio tra i due prezzi 21 Analogamente si calcola la variazione percentuale della quantità domandata: quando la quantità domandata varia da Q0 a Q1, la variazione percentuale si calcola in base alla seguente formula: %ΔQ = (Q1−Q 0) (Q 1+Q0)/2 La classificazione dei beni in base all’ elasticità Quando il valore numerico dell’ elasticità della domanda rispetto al prezzo è compreso fra 0 e 1 , diciamo che la domanda è inelastica. Se la domanda di un bene è inelastica, l’ elasticità è quindi inferiore all’ unità: ∆Q❑D ∆Q❑P ¿ 1 Che equivale a : %ΔQD < %ΔP Traducendo in parole: se la domanda è inelastica, la variazione percentuale della quantità domandata sarà inferiore alla variazione percentuale del prezzo. Per esempio, se il prezzo sale del 4%, la domanda diminuirà, ma meno del 4%. Quando la domanda è inelastica la quantità domandata non è molto sensibile al prezzo. Un caso estremo si ha quando la variazione del prezzo non provoca nessuna variazione della quantità domandata. Qui, poiché %ΔQD = 0 diciamo che la domanda è perfettamente inelastica. In questo caso la curva di domanda è una linea retta verticale; qualsiasi sia il prezzo, il valore della quantità domandata rimane costante. (es. l’ insulina) Quando ED > 1 diciamo che la domanda è elastica. In questo caso l’ elasticità sarà superiore all’ unità. ∆❑D ∆P > 1 che equivale a: %ΔQD > %ΔP Quando la domanda è elastica, la variazione percentuale della quantità domandata è maggiore della variazione percentuale del prezzo. Per esempio, se il prezzo sale del 4%, la quantità domandata diminuirà di più del 4%. Un caso estremo di sensibilità al prezzo si ha quando la domanda è perfettamente o infinitamente elastica. Perfino la più piccola variazione di prezzo provoca un’ enorme variazione della quantità domandata, che può quindi considerarsi praticamente infinita. Quando la domanda è perfettamente elastica, non importa 22  Quando il prezzo di un bene varia, la linea del bilancio ruota; sia la sua pendenza, sia una delle sue intercette varieranno Le preferenze Come è possibile analizzare le preferenze in modo sistematico? Nonostante le considerevoli differenze nelle preferenze, dobbiamo trovare alcuni importanti denominatori comuni. Razionalità Un comune denominatore è la convinzione che le persone abbiano delle preferenze. Le preferenze razionali sono quelle che soddisfano due condizioni: 1. Due alternative qualsiasi possono essere confrontate e una di esse viene preferita o a entrambe si attribuisce lo stesso valore; 2. Il confronto è logicamente coerente e transitivo Più è meglio Un’ altra caratteristica delle preferenze riscontrabile in tutti gli individui è che più è meglio, in particolare, se otteniamo maggiori quantità di un bene o un servizio e non ci viene sottratto niente, generalmente ci riteniamo più soddisfatti. Ovviamente ci sono delle eccezioni, (per esempio una persona in dieta a cui portano a casa dei gelati), ma in questo caso bisognerebbe modificare il modello delle scelte del consumatore proposto in questo capitolo.  Un consumatore sceglierà sempre un punto sulla linea di bilancio, piuttosto che uno al di sotto di essa Ma come può il consumatore trovare il punto sulla linea che gli dà più utilità degli altri? Per rispondere a questa domanda, introduciamo uno dei principi fondamentali dell’ economia: le decisioni al margine.  6° principio fondamentale dell’ economia: le decisioni al margine Per capire e prevedere il comportamento dei singoli agenti economici, focalizziamo l’ attenzione sugli effetti aggiuntivi o marginali delle loro azioni. L’ “utilità massima” è ciò che il consumatore sta cercando di raggiungere ed egli deve decidere se un cambiamento nella sua collezione di beni gli darà più soddisfazione o gli dispiacerà; se egli opera i cambiamenti che lo rendono sempre più soddisfatto, finché tale tipo di cambiamenti non sarà più possibile, allora scoprirà la combinazione che lo rende il più felice possibile. I due approcci alle scelte del consumatore Il principio delle decisioni al margine può essere applicato alle scelte del consumatore utilizzando due metodi diversi, che tuttavia presentano numerose somiglianze. 1. Entrambi ipotizzano che le preferenze siano razionali 2. Entrambi presuppongono che il consumatore sarebbe più soddisfatto scegliendo quantità maggiori di ogni bene 3. Entrambe le teorie giungono alle stesse conclusioni generali sul comportamento dei consumatori. 25 Percorrono, tuttavia, due strade diverse: a) Approccio dell’ “utilità marginale” b) Approccio delle “curve di indifferenza” Entrambi gli approcci sono dei modelli, che impiegano grafici e calcoli per spiegare come i consumatori compiano le loro scelte. Gli economisti ipotizzano che , compiendo una scelta, le persone si comportino quasi sempre come se utilizzassero queste tecniche. Se il nostro obiettivo è quello di descrivere e prevedere il probabile comportamento dei consumatori nei mercati (e non quello di descrivere i meccanismi psicologici messi in atto), le nostre teorie del processo decisionale possono rivelarsi molto utili. Le decisioni dei consumatori : l’ approccio dell’ utilità marginale Gli economisti ipotizzano che qualsiasi soggetto cerchi di ottenere il meglio da ogni situazione. In particolare, i consumatori cerano di massimizzare la loro utilità, una vera misura quantitativa del loro benessere o soddisfazione. Si ipotizza quindi che qualunque cosa renda il consumatore più soddisfatto incrementi la sua utilità e qualsiasi cosa lo renda meno soddisfatto diminuisca la sua utilità Osservando il grafico (fig. 3 pag. 126) si osserva che, sebbene l’ utilità di Lisa cresca ogni volta che ella consuma un altro gelato, l’ utilità aggiuntiva che deriva da ogni cono gelato successivo si riduce sempre di più man mano che aumenta il consumo di gelati.  Definiamo la variazione di utilità derivante dal consumo di un’ unità aggiuntiva di un bene utilità marginale di quell’ unità aggiuntiva.  L’ utilità marginale è la variazione di utilità che un individuo trae dal consumo di un’ unità aggiuntiva di un bene La legge dell’ utilità marginale decrescente è stata espressa dal grande economista Alfred Marshall (1842-1924) con le seguenti parole:  L’utilità marginale di una cosa per una persona diminuisce ad ogni aumento della quantità della cosa che quella persona già possiede Questo succede fino al punto in cui l’ utilità marginale è uguale a zero. Alla base di questo approccio c’è l’ ipotesi formulata a proposito delle preferenze che le persone preferiscano quantità maggiori piuttosto che quantità minori di un bene. L’ unione dei vincoli di bilancio con le preferenze Se uniamo le informazioni sulle preferenze (i valori dell’ utilità marginale) con quelle relative a ciò che ci si può permettere (il vincolo di bilancio) possiamo sviluppare una regola utile per individuare la scelta che massimizza l’ utilità di un individuo.  Un consumatore che massimizzi la sua utilità sceglierà il punto sulla linea di bilancio la cui utilità marginale per euro sia la stessa per entrambi i beni (UMx/Px=UMy/Py): a questo punto non si ottiene alcun ulteriore vantaggio da una riallocazione della spesa a favore di uno dei due beni. Non importa tra quanti beni si debba scegliere: quando il consumatore ottimizza la sua utilità, deve valere sempre la stessa equivalenza per ogni coppia di beni x e y. Se questa condizione non si realizza, il consumatore sarà più soddisfatto consumando di più un bene della coppia e mano di una altro. 26 Perché utilizziamo l’ utilità marginale per euro? Nel trovare la combinazione di beni che massimizzi l’ utilità di un consumatore, perché utilizziamo l’ utilità marginale per euro invece della sola utilità marginale? In consumatore non dovrebbe sempre riallocare la spesa in modo da avere una combinazione con maggiore utilità marginale? La risposta è “no”. Es. utilità marginale doppia (2000 unità) di una giornata sugli sci che costa 200€ rispetto all’ utilità marginale (1000 unità) i una cena che costa 20€. 2000 unità/200€ = 10 unità di utilità per euro, mentre 1000 unità/20€ = 50 unità di utilità per euro. Cosa succede quando cambiano le condizioni? In un’ economia di mercato i prezzi possono variare per diverse ragioni (v. capitolo 3). Anche i redditi dei consumatori possono variare e le variazioni dei prezzi e del reddito ci portano a rivedere le decisioni riguardo le spese da fare con conseguente cambiamento del nostro comportamento. Variazione del reddito:  Un aumento del reddito (non accompagnato da una variazione dei prezzi) porta a variare la quantità domandata di ogni bene. Il fatto che un dato bene sia normale (per cui la quantità domandata aumenta) o inferiore (per cui la quantità domandata diminuisce) dipende dalle preferenze dell’ individuo – indicate dalle utilità marginali di ciascun bene – in ogni punto della sua linea di bilancio. Variazioni del prezzo: la diminuzione del prezzo di un bene causerà una rotazione della linea di bilancio verso destra intorno all’ intercetta verticale. La curva di domanda individuale indica la quantità domandata di un bene da un individuo in corrispondenza di diversi prezzi. Di solito la curva di domanda è inclinata verso il basso ( una diminuzione della domanda provoca un aumento della quantità domandata). Teoricamente è possibile che la curva di domanda sia inclinata verso l’ alto in base alle diverse preferenze della persona, ma di solito non succede. Gli effetti di reddito e sostituzione Sia l’ approccio dell’ utilità marginale, sia quello delle curve di indifferenza forniscono un processo logico che porta direttamente a trovare la curva di domanda di un individuo. Tale curva riassume in realtà l’ impatto di due effetti distinti prodotti dalla variazione del prezzo sulla quantità domandata. Questi due effetti a volte operano nella stessa direzione e a volte in direzioni opposte. L’ effetto di sostituzione: quando un modo di soddisfare un desiderio diventa relativamente più economico, i consumatori ne acquisteranno di più, e compreranno i contenuti in quantità minori.  L’ effetto di sostituzione di una variazione di prezzo deriva da una variazione del prezzo relativo di un bene e provoca sempre una variazione della quantità domandata nella direzione opposta rispetto a quella del prezzo. Quando il prezzo scende, l’ effetto di sostituzione causa un aumento della quantità domandata; quando il prezzo sale, l’ effetto di sostituzione causa una diminuzione della quantità domandata. 27 costoso mentre la bugia non verrebbe scoperta. Inoltre, come può essere considerato razionale spendere 3€ in benzina e usura dell’ auto per andare in un supermercato leggermente più economico dove alla cassa si risparmieranno soltanto 2€? Gli economisti comportamentali spiegano questi e altri esempi del comportamento economico che prescindono in parte o del tutto dal concetto di massimizzazione prendendo in considerazione l’ effettivo processo mentale messo in atto dalle persone quando devono prendere delle decisioni. Essi sostengono che tale tipo di comportamento, se adottato da gruppi consistenti di persone, può alterare l’ equilibrio di un mercato. Tuttavia, sebbene si osservino molti casi di comportamento non razionale, si osserva un numero ancor maggiore di comportamento razionale. In conclusione, l’ economia comportamentale è comunemente considerata come un’ estensione del corpo della teoria economica tradizionale che consente di comprendere anche qualche comportamento anomalo. Appendice – L’ approccio delle curve di indifferenza Prendiamo in considerazione un approccio alternativo al processo decisionale del consumatore. Una curva di indifferenza rappresenta tutte le combinazioni di due categorie di beni che soddisfano il consumatore nella stessa misura. La curva ha un andamento decrescente, conformemente all’ ipotesi sulle preferenze secondo cui “più è meglio” e man mano che scendiamo verso destra la curva diventa sempre più piatta (il valore assoluto della pendenza diminuisce). Il tasso marginale di sostituzione Quando la quantità del bene y è misurata sull’ asse verticale e la quantità del bene x sull’ asse orizzontale  Il tasso marginale di sostituzione del bene y con il bene x (MRSY,X, marginal rate of substitution) per ogni segmento di una curva di indifferenza è il valore assoluto della pendenza della curva di indifferenza in quel segmento; esso indica la quantità massima del bene y che il consumatore sarebbe disposto a scambiare per avere un’ unità aggiuntiva del bene x. Man mano che scendiamo lungo la curva, MRS diminuisce progressivamente Due errori da evitare con le curve di indifferenza Non incurvare una curva di indifferenza alle estremità conferendole un andamento crescente alle estremità (fig. a pag. 152): così facendo si viola l’ ipotesi “più è meglio”. Le curve di indifferenza non possono avere un andamento crescente. Evitare di intersecare due curve di indifferenza. Le curve di indifferenza non si possono intersecare. La mappa di indifferenza La mappa di indifferenza è costituita da un insieme di curve di indifferenza che descrivono le preferenze dell’ individuo. Tutti i punti di una curva di indifferenza forniscono all’ individuo lo stesso livello di utilità, mentre una curva di indifferenza più alta fornisce più utilità di una curva più bassa perché significa maggiore quantità di entrambi i beni. 30  Ogni punto di una curva di indifferenza più alta è preferito a un punto qualsiasi di una curva più bassa La mappa di indifferenza ci informa sul modo di ordinare tutte le alternative possibili e ci dà, quindi, una completa caratterizzazione delle preferenze di un individuo: consente di considerare due punti e, solo guardando la curva di indifferenza sulla quale si trovano, sapere quale dei due sia preferito, o se siano equivalenti dal punto di vista della soddisfazione che procurano. Il processo decisionale del consumatore Possiamo combinare ora quello che abbiamo appreso sulle linee di bilancio con quello che abbiamo appreso sulle curve di indifferenza. Ipotizziamo che il consumatore voglia essere il più soddisfatto possibile (per “massimizzare la sua utilità”). La combinazione ottimale dei due beni deve soddisfare due criteri: 1. Deve essere un punto della linea di bilancio 2. Deve appartenere alla curva di indifferenza più alta possibile La scelta ottimale si trova nel punto in cui la curva di indifferenza e la linea di bilancio sono tangenti, ossia si toccano ma non si intersecano ( quando una curva di indifferenza interseca la linea di bilancio, possiamo sempre trovare un altro punto sulla linea di bilancio che appartiene a una curva di indifferenza più alta). In secondo luogo, nel punto ottimale le pendenze della curva di indifferenza e della linea di bilancio sono uguali. Il che è logico perché il valore assoluto della pendenza della curva di indifferenza (MRS) indica il tasso al quale l’ individuo sarebbe disposto a scambiare un bene con l’ altro. La pendenza della linea di bilancio, invece, indica il tasso al quale egli è effettivamente in grado di scambiare un bene con l’ altro. Se questi due tassi non coincidessero, l’ individuo potrebbe sempre muoversi lungo la sua linea di bilancio e trovare un punto che lo soddisfi di più.  La combinazione ottimale di beni per un consumatore corrisponde al punto di tangenza della curva di indifferenza sulla linea di bilancio  La combinazione ottimale di due beni x e y corrisponde al punto sulla linea di bilancio per cui MRSy,x = Px/Py Se questa condizione non viene soddisfatta, il tasso al quale un consumatore è disposto a scambiare un bene y con un bene x non coincide con il tasso al quale egli è in grado di effettuare lo scambio. In questo caso il consumatore avrà l’ opportunità di procurarsi più soddisfazione. Cosa succede quando cambiano le condizioni? La variazione di reddito  Un aumento del reddito che non sia accompagnato da variazioni dei prezzi porta a una nuova quantità domandata di ogni bene. Un bene è normale (con incremento della quantità domandata) o inferiore (con diminuzione della quantità domandata) sulla base delle preferenze individuali, indicate sulla mappa di indifferenza. Le variazioni del prezzo 31 La diminuzione del prezzo di un bene provoca una rotazione della linea di bilancio intorno all’ intercetta verticale . La curva di domanda individuale La curva di domanda individuale indica la quantità di un bene che il consumatore domanda in corrispondenza dei diversi prezzi. Capitolo 5 La produzione e i costi Il capitolo è dedicato in gran parte all’ analisi dei costi: come devono essere considerati e misurati e come le decisioni delle imprese possono modificarli. La natura delle imprese Un impresa è un organismo, posseduto e gestito da privati, che si specializza nella produzione  La produzione è il processo che combina gli input per ottenere beni e servizi In un’ impresa i dirigenti devono decidere cosa farà l’ impresa, sia nel breve che nel lungo periodo; quando ci riferiamo all’ impresa come soggetto economico, intendiamo il dirigente o i dirigenti che prendono effettivamente le decisioni. L’ impresa deve trattare con diversi individui e organizzazioni. Vende i suoi prodotti ai clienti ( che possono essere famiglie, amministrazioni pubbliche o altre aziende) e ottiene in cambio un ricavo. Il ricavo è destinato in gran parte ai fornitori dei fattori produttivi. Il complesso di tutti questi pagamenti costituisce i costi di produzione dell’ impresa. Una volta sottratti i costi al ricavo, ciò che rimane è il profitto dell’ impresa. Profitto = ricavo- costi Il profitto dell’ impresa (al netto delle imposte) spetta ai proprietari che hanno fornito il finanziamento iniziale. Infine, ogni impresa deve interagire con lo Stato: se da una parte versa le imposte e deve obbedire alle leggi e regolamentazioni governative, dall’ altra riceve dei servizi preziosi, come per esempio l’ uso del capitale pubblico (come strade e ponti) e anche un sistema giuridico e finanziario che contribuisce al buon funzionamento dell’ economia. I tipi di impresa Le imprese possono essere suddivise in tre categorie principali, sulla base delle regole e delle condizioni della proprietà. La categoria più numerosa è quella delle imprese individuali, in cui un singolo individuo possiede l’ impresa, ne è responsabile e riceve tutto il profitto come parte del reddito personale. Un’ altra categoria di imprese comprende le società di persone, in cui la proprietà e le responsabilità sono ripartite fra diversi co-proprietari. 32 I costi Le imprese di occupano di misurare i costi, controllarli e soprattutto ridurli. Gli economisti pensano sempre ai costi in termini di costo opportunità ( ciò a cui si deve rinunciare per fare qualcosa). Questo concetto vale anche per l’ impresa:  Il costo totale di produzione di un’ impresa corrisponde al costo opportunità sostenuto dai proprietari: tutto ciò che essi devono sacrificare per realizzare una determinata quantità di prodotto. I costi irrecuperabili sono irrilevanti  Un sunk cost (costo irrecuperabile) è un costo che è già stato sostenuto in passato o che si deve comunque sostenere, a prescindere da qualsiasi azione futura si consideri  Quando si prende una decisione , i sunk cost dovrebbero essere ignorati Costi impliciti e costi espliciti I costi possono essere classificati in due tipologie: i costi espliciti (che implicano dei pagamenti effettivi) e i costi impliciti (che non coinvolgono alcun esborso di denaro). La stessa distinzione vale per i costi di un’ impresa. Se apro un ristorante in un edificio di mia proprietà ho un costo implicito costituito dall’ affitto sacrificato. Se invece di prendere soldi in prestito uso il mio denaro, ho il costo implicito costituito dal reddito da investimento sacrificato perché avrei potuto investire quel denaro in altro modo. Se gestisco il ristorante da sola, ho il costo implicito costituito dal reddito da lavoro sacrificato perchè nel mio tempo avrei potuto fare qualcos’ altro. (v. tabella 2 a pag. 170). I costi nel breve periodo Esaminiamo l’ analisi effettuata dai dirigenti in riferimento a un orizzonte temporale ( un mese, qualche mese o un anno) durante il quale almeno uno degli input dell’ impresa è fisso; consideriamo quindi i costi in un orizzonte di programmazione di breve periodo. I costi per gli input fissi di un’ impresa sono detti costi fissi. Essi rimangono costanti prescindere dal livello di produzione. Possiamo considerare costi fissi l’ affitto e gli interessi (sia espliciti sia impliciti), poiché un incremento o una riduzione della produzione non li farà variare. I dirigenti si riferiscono di solito a questi costi chiamandoli spese generali. I costi sostenuti per ottenere gli input variabili di un’ impresa costituiscono i costi variabili. Essi, come l’ utilizzo degli stessi input variabili, aumenteranno al crescere della quantità prodotta. Consideriamo i salari dei lavoratori dipendenti e i costi delle materie prime come costi variabili. Il calcolo dei costi nel breve periodo Cosa succede ai costi quando varia la quantità di prodotto nel breve periodo? 35  Il costo fisso totale (TFC; total fixed cost)rappresenta il costo di tutti i fattori di produzione che sono fissi nel breve periodo. I costi fissi rimangono invariati a prescindere dal livello di produzione  Il costo variabile totale (TVC, total variable cost) rappresenta il costo di tutti gli input variabili  Il costo totale (TC, total cost) è la somma di tutti i costi fissi e variabili TC = TFC+TVC Sia i costo variabili, sia il costo totale aumentano con l’ aumentare della produzione. I costi totali sono importanti, ma a volte è più utile considerare i costi medi . Ce ne sono di tre tipi.  Il costo fisso medio (AFC, average fixed cost) di un’ impresa si ottiene dividendo il costo fisso totale per la quantità (Q) di prodotto AFC = TFC Q Indipendentemente dal tipo di produzione o di impresa, AFC diminuirà sempre all’ aumentare della quantità prodotta: TFC rimane infatti costante, quindi un aumento di Q deve far diminuire il rapporto TFC/Q. I dirigenti delle imprese si riferiscono spesso a una diminuzione di AFC come a una “suddivisione delle spese generali” per un maggior volume di produzione.  Il costo variabile medio (AVC, average variable cost) corrisponde al costo degli input variabili per unità di prodotto AVC = TFC Q Un incremento di Q aumenta il denominatore della frazione, dall’ altra TVC cresce, quindi aumenta anche il numeratore; di conseguenza, è possibile che AVC cresca o diminuisca a seconda che sia Q o TVC a subire un aumento percentuale maggiore. Gli economisti ritengono che un andamento del costo variabile medio prima decrescente e poi crescente sia tipico di molte imprese.  Il costo totale medio (ATC, average total cost) è il rapporto tra il costo totale e le unità prodotte ATC = TC Q All’ aumentare della quantità prodotta ATC può sia crescere sia diminuire, poiché nella frazione aumentano sia il denominatore sia il numeratore. Di solito ci aspettiamo che, come AVC, ATC prima aumenti e poi diminuisca. Quando siamo interessati alla variazione dei costi al variare della quantità prodotta ci serviamo di un altro tipo di costo:  Il costo marginale (MC, marginal cost) è il rapporto tra la variazione del costo totale (ΔTC) e la variazione della quantità prodotta (ΔQ): MC = ∆TC ∆Q 36 Il motivo della forma della curva del costo marginale Ciascun valore del costo marginale è rappresentato tra i livelli di produzione. Il costo totale (TC) è rappresentato sull’ asse verticale e la quantità (Q) sull’ asse orizzontale, pertanto la pendenza relativa a qualsiasi intervallo è semplicemente ΔTC/ΔQ. E questa è proprio la definizione del costo marginale.  Il costo marginale di ogni variazione della quantità prodotta è pari alla pendenza della curva del costo totale in tale intervallo di produzione Ai livelli inferiori della quantità di personale e di prodotto i rendimenti marginali del lavoro aumentano: MPL=ΔQ/ΔL cresce. Il che significa che ogni lavoratore assunto incrementa la produzione in misura maggiore rispetto al lavoratore precedente. Ma ciò significa anche che è necessario un numero inferiore di lavoratori aggiuntivi per realizzare un’ unità aggiuntiva di prodotto. Quindi, finché MPL aumenta, MC deve diminuire. Ai livelli superiori di quantità prodotta, la situazione si ribalta: i rendimenti marginali decrescenti del fattore lavoro fanno diminuire il prodotto marginale del lavoro (ΔQ/ΔL). Di conseguenza, unità aggiuntive di prodotto richiedono quantità sempre maggiori di lavoro; quindi diventa sempre più costoso produrre un’ unità aggiuntiva. Così, finche MPL scende, MC deve crescere.  Quando il prodotto marginale del lavoro (MPL) cresce, il costo marginale (MC) diminuisce; quando MPL scende, MC aumenta; poiché di solito MPL prima aumenta e poi diminuisce, MC seguirà l’ andamento opposto: prima diminuirà, poi crescerà. Così si spiega la forma ad U della curva MC La relazione tra i costi medi e il costo marginale Quando il costo marginale è inferiore al costo medio, sappiamo che il costo di produrre un’ unità aggiuntiva è inferiore al costo medio sostenuto per tutte le unità finora prodotte. Quindi la produzione di un’ unità aggiuntiva abbasserà la media. Il che significa che, quando il costo marginale è inferiore al costo medio, questo diminuirà. Questa considerazione vale sia per il costo variabile medio sia per quello totale medio.  Ai livelli bassi di produzione, la curva MC si trova sotto le curve AVC e ATC, quindi queste decresceranno. Ai livelli alti di produzione, la curva MC supera le curve AVC e ATC, quindi queste saliranno. Così all’ aumentare della produzione, le curve dei costi medi avranno prima andamento decrescente , poi crescente; avranno cioè una forma a U  La curva MC interseca le curve AVC e ATC nei loro punti minimi. La produzione e i costi nel lungo periodo La maggior parte delle aziende hanno un orizzonte di programmazione di lungo periodo, al di là delle decisioni di breve periodo.  Nel lungo periodo non ci sono né input fissi né costi fissi; tutti gli input e tutti i costi sono variabili; l’ impresa deve decidere quale combinazione di input utilizzare in corrispondenza di ogni livello di produzione  Per realizzare un qualsiasi livello di produzione, l’ impresa sceglierà la combinazione di input a più basso costo 37  Quando la quantità prodotta e il costo totale di lungo periodo crescono con la stessa proporzione, la produzione è caratterizzata da rendimenti costanti di scala e la curva LRATC è piatta In conclusione, quando osserviamo il comportamento del costo totale medio di lungo periodo, ci aspettiamo, in genere un andamento di questo genere: economie di scala (LRATC decrescente) a bassi livelli di produzione, rendimenti costanti di scala (LRATC costante) nell’ intervallo dei valori intermedi della quantità prodotta, diseconomie di scala (LRATC crescente) al alti livelli di produzione. E’ per questo motivo che le curve LRATC hanno tipicamente la curva a U. Ovviamente, anche la curva LRATC a forma di U varierà a seconda dell’ industria in cui opera l’ impresa. Capitolo 6 Il processo decisionale delle imprese: la massimizzazione del profitto In questo capitolo ci concentriamo su due decisioni: la quantità da produrre e il prezzo da fissare. L’ obiettivo della massimizzazione del profitto Che cosa vuole massimizzare l’ azienda? Ipotizziamo, per ora, che i dipendenti e i dirigenti si comportino come dei servitori fedeli dei proprietari dell’ impresa:  Considereremo l’ impresa come un unico soggetto economico il cui obiettivo consista nel massimizzare il profitto dei proprietari Il profitto Il profitto si definisce come differenza tra il ricavo dalle vendite dell’ impresa e i suoi costi di produzione. Il metodo di misurazione del ricavo aziendale si basa sul flusso di denaro verso l’ impresa. Ci sono invece due diverse concezioni dei costi aziendali. Una concezione dei costi è quella contabile: a parte poche eccezioni i contabili considerano solo i costi espliciti, quindi il denaro effettivamente speso per cui: profitto contabile = ricavo totale - costi contabili Ma gli economisti hanno una visione molto più ampia dei costi, misurati in termini di costo opportunità per cui: profitto economico = ricavo totale – tutti i costi di produzione = = ricavo totale – (costi espliciti + costi impliciti) La differenza tra profitto economico e profitto contabile è molto importante; se questi due concetti vengono confusi possono sorgere seri ( e costosi ) problemi. Quale delle due definizioni di profitto è corretta? Tutte e due, a seconda dell’ obiettivo.  La misura corretta del profitto, finalizzata alla comprensione e alla previsione del comportamento delle imprese è il profitto economico. Esso, a differenza del profitto contabile, considera tutti i tipi di costo opportunità della produzione, sia i costi espliciti sia quelli impliciti Come si origina il profitto? 40 Gli economisti considerano il profitto come una forma di retribuzione che va ai proprietari per due tipi di contributi: l’ assunzione del rischio e le innovazioni. I vincoli di un’ impresa L’ impresa è soggetta a vincoli sia in materia di ricavo, sia per quanto riguarda i costi. Il vincolo della domanda Il vincolo al ricavo aziendale è costituito dal concetto della curva di domanda. Le curve di domanda di mercato indicano le quantità domandata da tutti i consumatori a tutte le imprese. La curva di domanda individuale indica la quantità di un bene domandata da un solo consumatore.  La curva di domanda per un’ impresa indica, in corrispondenza di diversi prezzi, la quantità di prodotto che i clienti sceglieranno di acquistare da quell’ impresa. Osserviamo che questo nuovo tipo di curva di domanda si riferisce a una sola impresa e a tutti gli acquirenti che siano potenziali clienti di quell’ impresa.  La curva di domanda per un’ impresa indica il prezzo massimo che l’ impresa può fissare per vendere ogni data quantità di prodotto La domanda rappresenta un vincolo per l’ impresa. L’ azienda può decidere liberamente il prezzo oppure il livello di produzione; una volta compiuta una scelta, l’ altra variabile è data automaticamente dalla curva di domanda per l’ impresa. L’ impresa può quindi compiere una sola scelta. Gli economisti si concentrano di solito sul livello di produzione, prendendo il prezzo come dato. Il ricavo totale di un’ impresa è il flusso totale di entrate derivanti dalla vendita del prodotto. Ogni volta che si sceglie un livello di produzione si determina anche il ricavo totale, conoscendo il prezzo massimo a cui può essere venduto il prodotto. Il vincolo del costo Ogni impresa cerca di ridurre i costi, i quali però non possono scendere sotto un certo limite. Questo limite costituisce un vincolo per l’ impresa.  L’ impresa usa la sua funzione di produzione, insieme ai prezzi che deve pagare per i suoi input, per determinare il metodo a costo minimo di realizzare ogni dato livello di produzione. Pertanto, per ogni livello di produzione che l’ impresa desidera realizzare, deve pagare il costo del metodo di produzione “a costo minimo” Il livello di produzione che massimizza il profitto In che modo un’ impresa trova il livello di produzione che le consente di realizzare il maggior profitto possibile? L’ approccio del ricavo totale e del costo totale  Nell’ approccio del ricavo totale e del costo totale, l’ impresa calcola il profitto = TR-TC per ogni livello di produzione e sceglie il livello per cui il profitto è maggiore L’ approccio del ricavo marginale e del costo marginale Ricordiamo che il costo marginale è la variazione del costo totale che deriva dalla produzione di un’ unità aggiuntiva. Consideriamo ora un concetto analogo per il ricavo 41  Il ricavo marginale (MR, marginal revenue) è il rapporto tra la variazione del ricavo totale (ΔTR) e la variazione della quantità prodotta (ΔQ): MR = ΔTR/ΔQ MR indica la misura dell’ aumento del ricavo per incremento unitario della quantità prodotta Quando MR è positivo un incremento delle produzione fa crescere il ricavo totale. Quando MR è negativo, un incremento della produzione fa diminuire il ricavo totale. A ogni aumento della produzione, MR è inferiore al prezzo che l’ impresa chiede per il nuovo livello di produzione a causa dell’ andamento decrescente della curva di domanda per l’ impresa, che significa che un aumento delle vendite richiede una diminuzione del prezzo. Quando un’ impresa aumenta da 2 a 3 unità la quantità prodotta, deve abbassare il prezzo per tutte e tre le unità. Ciò significa che l’ impresa guadagna un ricavo vendendo la terza unità, ma ne perde anche un po’ dovendo ridurre il prezzo per ciascuna delle due unità di prodotto originali.  Se la curva di domanda per un’ impresa è inclinata verso il basso, ogni incremento della produzione porta a un incremento di ricavi (derivante dalla vendita della quantità di prodotto aggiuntiva al nuovo prezzo) e a una perdita di ricavi (derivante dall’ abbassamento del prezzo per tutte le unità di prodotto precedenti). Il ricavo marginale è quindi inferiore al prezzo dell’ ultima unità di prodotto. Utilizzo di MR e MC per massimizzare il profitto.  Un incremento della quantità prodotta fa sempre crescere il profitto quando il ricavo marginale è superiore al costo marginale (MR>MC)  Un incremento della quantità prodotta fa sempre diminuire il profitto quando il ricavo marginale è inferiore al costo marginale (MR<MC) Da quanto detto ricaviamo la seguente semplice linea guida, che l’ impresa dovrebbe seguire per trovare il livello di produzione che massimizza il profitto:  Per trovare il livello di produzione che massimizza il profitto, l’ impresa dovrebbe espandere la produzione quando MR>MC e ridurla quando MR<MC La massimizzazione del profitto con l’ ausilio dei grafici  Il ricavo marginale corrispondente a qualsiasi variazione della quantità prodotta è pari alla pendenza della curva del ricavo totale in tale intervallo (v. fig. 2 a pag 210)  Per massimizzare il suo profitto, l’ impresa dovrebbe realizzare la quantità di prodotto in corrispondenza della quale la distanza verticale tra le curve TR e TC è maggiore e la curva TR si trova sopra TC  Per massimizzare il suo profitto l’ impresa dovrebbe realizzare il livello di produzione più vicino al valore per cui MC=MR, ossia il livello di produzione in corrispondenza del quale le curve MC e MR si intersecano 42 quantità totale e sul prezzo di mercato sarebbe trascurabile. Lo stesso vale per gli acquirenti. 2. In un mercato perfettamente concorrenziale, i consumatori non percepiscono differenze significative tra i prodotti di venditori diversi. Se gli acquirenti percepiscono delle differenze significative tra i prodotti di venditori diversi, il mercato non è perfettamente concorrenziale (es. differenze fra le varie marche di caffè, personal computer, automobili, le abitazioni, le università ) 3. Un mercato perfettamente concorrenziale non presenta delle barriere significative per scoraggiare i nuovi entrati: ogni impresa che desideri entrare nel mercato può svolgere la sua attività alle stesse condizioni delle imprese già esistenti. La concorrenza perfetta richiede, allo stesso modo, una facile uscita: un ‘ impresa che subisca una perdita nel lungo periodo deve essere in grado di vendere il suo impianto e le sue attrezzature e lasciare l’ industria senza incontrare ostacoli. A causa delle leggi sulla chiusura degli impianti o degli accordi sindacali, il licenziamento dei lavoratori può richiedere degli avvisi moto anticipati e delle liquidazioni elevate; oppure le attrezzature possono essere così altamente specializzate da non poter essere vendute se l’ impresa decide di uscire dal mercato. Queste e altre barriere all’ uscita non sono conformi alle ipotesi della concorrenza perfetta. La concorrenza perfetta è un modello, una rappresentazione astratta della realtà; nessun modello può cogliere tutti i dettagli di un mercato del mondo reale, né dovrebbe. Molti mercati agricoli soddisfano le severe condizioni della concorrenza perfetta in maniera piuttosto rigorosa, così come molti mercati finanziari e alcuni mercati di beni e consumi. Il modello della concorrenza perfetta ci consente di utilizzare delle tecniche semplici per fare valide previsioni sulla risposta di un mercato a variazioni di gusti dei consumatori, della tecnologia e delle politiche economiche. In secondo luogo, gli economisti ritengono che molti mercati, sebbene non siano perfettamente concorrenziali in senso stretto, tuttavia si avvicinino parecchio a questa condizione. Con un po’ di cautela è persino possibile utilizzare questo modello per analizzare mercati che non soddisfino le tre condizioni, per cui è possibile vedere gli economisti utilizzarlo per analizzare i mercati del petrolio greggio, dell’ elettronica di consumo, dei fast-food, dell’ assistenza medica e dell’ istruzione superiore. L’ impresa perfettamente concorrenziale  Un’ impresa perfettamente concorrenziale è soggetta a un vincolo di costo come qualsiasi altra impresa. Il costo di produrre ogni dato livello dipende dalla tecnologia di produzione dell’ impresa e dai prezzi dei suoi input  Nella concorrenza perfetta, l’ impresa è un price taker, considera il prezzo del suo prodotto come dato 45 La curva di domanda perfettamente orizzontale per l’ impresa (fig. 1 a pag. 229) e il conseguente comportamento del’ impresa, che deve accettare il prezzo come dato, sono caratteristiche peculiari della concorrenza perfetta. Poiché un’ impresa concorrenziale considera il prezzo di mercato come dato, la sua unica decisione riguarda la quantità di prodotto da realizzare e vendere. Una volta presa questa decisione possiamo determinare il costo di produzione dell’ impresa, così come il suo ricavo totale. La curva del ricavo totale (TR) è una linea retta inclinata verso l’ alto: ogni volta che la quantità prodotta cresce di un’ unità , TR aumenta di tanto quanto è il prezzo del prodotto. La pendenza di TR è pari al prezzo del prodotto. La curva del ricavo marginale (MR) è una linea retta orizzontale in corrispondenza del prezzo di mercato. In effetti, la curva MR coincide con la retta orizzontale rappresentante la curva di domanda.  Per un’ impresa concorrenziale, il ricavo marginale in corrispondenza di ogni quantità è pari al prezzo di mercato; per questa ragione, la curva del ricavo marginale e quella della domanda per l’ impresa coincidono e sono rappresentate da una retta orizzontale a livello del prezzo di mercato L’ approccio del ricavo totale e del costo totale Profitto totale = TR – TC Nella sua semplicità, questo approccio porta a trascurare un aspetto non banale, ossia la relazione tra le variazioni della quantità prodotta e le variazioni del ricavo totale e del costo totale. L’ approccio del ricavo marginale e del costo marginale v. pag 234 e cap. 6 Il ricavo unitario è semplicemente il prezzo (P) del prodotto e il costo unitario è l’ ATC: profitto unitario = P – ATC  Un’ impresa realizza un profitto ogniqualvolta P>ATC; il profitto totale in corrispondenza del livello di produzione ottimale è pari all’ area del rettangolo con altezza uguale alla distanza tra P e ATC e larghezza uguale al livello di produzione  Un’ impresa subisce una perdita ogniqualvolta P<ATC in corrispondenza del livello di produzione ottimale; la perdita totale è pari all’ area del rettangolo con altezza uguale alla distanza tra P e ATC e larghezza uguale al livello di produzione  Man mano che il prezzo varia, l’ impresa scorrerà lungo la sua curva MC per decidere la quantità da produrre  La curva di offerta di un’ impresa concorrenziale è costituita da due parti: per tutti i prezzi superiori al punto minimo della curva AVC, la curva di offerta coincide con la curva MC; per tutti i prezzi inferiori al punto minimo della curva AVC, l’ impresa cesserà l’ attività, quindi la 46 sua curva di offerta diventa una linea retta verticale in corrispondenza di zero unità di prodotto I mercati concorrenziali nel breve periodo Se il breve periodo è un intervallo di tempo insufficiente perché un’ impresa apporti delle modifiche ai suoi fattori produttivi fissi, allora è anche un periodo di tempo insufficiente perché una nuova impresa acquisisca gli input per entrare nel mercato. Nel breve periodo il numero delle imprese di un’ industria è fisso.  Per ottenere la curva di offerta di mercato, basta sommare le quantità di prodotto offerte da tutte le imprese del mercato in corrispondenza di ogni dato prezzo  Nella concorrenza perfetta, il mercato riassume le preferenze di acquisto e di vendita dei singoli consumatori e produttori e determina il prezzo di mercato. Ogni acquirente e venditore prende poi il prezzo di mercato come dato ed è in grado di acquistare o vendere la quantità che desidera I mercato concorrenziali nel lungo periodo Il lungo periodo è un orizzonte temporale abbastanza lungo perché le imprese varino tutti i loro input; dovrebbe essere quindi sufficiente perché delle nuove imprese acquistino gli input fissi per entrare nel mercato e perché quelle già presenti nell’ industria vendano i loro input fissi ed escano dal mercato. La forza guida dietro l’ entrata è il profitto economico, quella dietro l’ uscita è la perdita economica.  In un mercato concorrenziale, il profitto e la perdita economici sono le forze che guidano i cambiamenti di lungo periodo. L’ aspettativa di un profitto economico protratto porta gli estranei a entrare nel mercato, l’ aspettativa di una perdita economica protratta porta le imprese del mercato ad abbandonarlo Il profitto economico attrae nuove imprese e sposta la curva di offerta di mercato verso destra.  In un’ economia di mercato concorrenziale, il profitto economico positivo continua ad attrarre nuove imprese finché non diventa nullo In assenza di barriere significative all’ entrata, possiamo essere sicuri che il profitto economico attrarrà nuove imprese nell’ industria, abbassando il prezzo di mercato fino a far scomparire il profitto economico: partendo da una situazione di profitto nel breve periodo per un’ impresa tipica, un mercato concorrenziale si aggiusterà fino all’ eliminazione del profitto. Partendo, invece, da una situazione di perdita, avrà luogo lo stesso tipo di aggiustamenti, che avranno però direzione opposta.  In un mercato concorrenziale, la perdita economica continua a provocare l’ uscita delle imprese finché non si riduce a zero 7° principio dell’ economia: i risultati nel breve e nel lungo periodo 47 Ogni impresa esistente e ogni nuovo concorrente – nella propria ricerca del profitto – risponde ai segnali di mercato e contribuisce a spostare il mercato nel suo complesso nella direzione in cui deve andare. E’questo che Adam Smith intendeva quando suggeriva che i singoli soggetti economici agiscono, come guidati da una mano invisibile, nell’ interesse complessivo della società, sebbene, come individui, cerchino semplicemente di soddisfare i propri desideri. Capitolo 8 Il monopolio e la concorrenza imperfetta Il monopolio La “mano invisibile” di Adam Smith, che indirizza il comportamento delle imprese perfettamente concorrenziali verso un risultato vantaggioso per la società non sfiora nemmeno un monopolio. I monopoli rappresentano pertanto un problema che le nazioni di tutto il mondo tentano di risolvere con la mano visibile del governo. Il potere di un monopolio può essere considerevole, ma non sarà mai illimitato. E il suo comportamento è in gran parte prevedibile. Inoltre, sebbene nella maggior parte dei casi i monopoli dovrebbero essere evitati, a volte costituiscono il metodo migliore secondo cui organizzare la produzione: in tali contesti sarebbe meglio gestirli, anziché distruggerli.  Un’ impresa monopolistica è l’ unico venditore di un bene o servizio senza validi sostituti; il mercato in cui opera tale tipo di impresa è definito mercato monopolistico Un venditore di un bene o servizio non è considerato monopolista se altre imprese vendono prodotti (validi sostituti) in grado di soddisfare lo stesso desiderio. La mera esistenza di un monopolio e indizio di determinati fattori che costringono le altre imprese a rimanere fuori dal mercato senza potervi entrare per concorrere con l’ impresa operante: sono presenti quelle che definiamo barriere d’ entrata. I tre tipi più diffusi di barriere d’ entrata responsabili della creazione e del mantenimento dei mercati monopolistici sono le economie di scala, le barriere legali e le esternalità di rete. Le economie di scala  Un monopolio naturale è un mercato in cui un’ impresa, grazie alle economie di scala, può produrre con un costo unitario inferiore a quanto non possano due o più imprese Si definisce monopolio naturale perché, a meno che non intervenga lo stato, solo un venditore sopravvivrebbe nel mercato, che si evolverebbe naturalmente in un monopolio. I piccoli monopoli locali sono quasi sempre naturale (es. l’ unica stazione di servizio in un paesino). Le barriere legali 50 Perché mai qualcuno decide di erigere appositamente delle barriere che portano alla creazione di un monopolio? La risposta varia a seconda del tipo di barriera legale innalzata. La protezione della proprietà intellettuale La proprietà intellettuale è una categoria che comprende le opere letterarie, artistiche e musicali, così come le invenzioni e le scoperte scientifiche. Gran parte dei mercati di proprietà intellettuali specifiche sono monopoli: un’ impresa o un individuo detengono la proprietà e sono gli unici venditori dei diritti di utilizzarla.  In relazione alla proprietà intellettuale, lo Stato raggiunge un compromesso: concede il monopolio ai creatori della proprietà intellettuale, ma solo per un periodo di tempo limitato; una volta scaduto il tempo, si autorizza l’ entrata nel mercato, sperando che la concorrenza abbassi i prezzi I due principali tipi di protezione legale della proprietà intellettuale sono i brevetti e i diritti d’ autore. Le scoperte scientifiche e i nuovi prodotti che ne derivano sono protetti da un brevetto, concesso dal governo, che impedisce a terzi di vendere la stessa scoperta o lo stesso prodotto per un determinato numero di anni. Le opere letterarie, musicali e artistiche sono protette dai diritti d’ autore, che garantiscono i diritti esclusivi sul materiale per oltre 50 anni. Le licenze Le grandi imprese che di solito consideriamo monopoli, come le società telefoniche o quelle della televisione via cavo, sono create tramite licenze, che garantiscono l’ esclusività dei diritti su un prodotto. Ogni altra impresa che entra nel mercato verrà perseguita. In cambio del suo status di monopolio, il venditore deve sottomettersi alla proprietà e al controllo statale completi oppure alla regolamentazione statale dei suoi prezzi e profitti. E’ questa la logica che sta dietro al monopolio delle Poste Italiane. A prescindere dal volume della corrispondenza che consegna, un’ impresa postale deve avere abbastanza postini per poter raggiungere ogni casa, ogni giorno. Due imprese postali richiederebbero molti più postini per consegnare la stessa quantità complessiva di lettere, alzando i costi e, in ultima analisi, il prezzo di spedire una lettera. La consegna della posta è quindi un monopolio naturale, che lo Stato italiano ha deciso di possedere e controllare piuttosto che semplicemente regolamentare. Anche le pubbliche amministrazioni locali creano dei monopoli garantendo la licenza esclusiva in diverse industrie ritenute dei monopoli naturali, come i servizi pubblici di erogazione dell’ elettricità, dell’ acqua, del gas e di raccolta rifiuti. Le esternalità di rete Si verificanoesternalità di rete quando un aumento del numero dei membri della rete (gli utenti del prodotto) incrementa il valore assunto dalla rete per i suoi membri attuali e potenziali In presenza di esternalità di rete, conviene entrare a far parte di una rete di grandi dimensioni rispetto a una di piccole dimensioni, anche se il prodotto della rete più grande è di qualità inferiore a quello della rete più piccola. Una volta che una rete ha 51 raggiunto certe dimensioni, altri consumatori vorranno aggiungersi semplicemente perché già molti altri lo hanno fatto. E se per entrare a far parte di una rete occorre acquistare un prodotto realizzato da un’ unica impresa, tale impresa può diventare rapidamente il fornitore principale del mercato. Il mercato dei sistemi operativi dei computer presenta tutte le caratteristiche menzionate. (Windows) Gli obiettivi e i vincoli del monopolista L’ obiettivo di un monopolista, come quello di qualsiasi impresa, consiste nel realizzare il maggior profitto possibile. Ovviamente, come qualsiasi altra impresa, un monopolista è soggetto a vincoli di natura economica. Innanzitutto il monopolista è soggetto al vincolo dei costi e della domanda.  Un monopolista, come qualsiasi impresa, cerca di massimizzare il profitto e, come ogni impresa, è soggetto a dei vincoli. Per ogni livello di prodotto che potrebbe realizzare, il costo totale è determinato da: 1. La tecnologia di produzione adottata e 2. I prezzi che deve pagare per gli inout utilizzati. Per ogni possibile livello di produzione, il prezzo massimo che il monopolista può chiedere è determinato dalla curva di domanda del mercato del suo prodotto. La decisione di prezzo o di quantità di un monopolio Le imprese non concorrenziali, come i monopolisti, non prendono due decisioni distinte a proposito del prezzo e del livello di produzione; prendono invece un’ unica decisione. Più precisamente, una volta stabilito il livello di produzione, l’ impresa ha determinato anche il suo prezzo (il prezzo massimo che può chiedere continuando a vendere tale quantità). Analogamente, una volta stabilito il prezzo, l’ impresa ha determinato anche il suo livello di produzione (la massima quantità prodotta che può vendere a quel prezzo) Una qualsiasi variazione del livello di produzione implica anche una variazione del prezzo e viceversa. La quantità prodotta e il ricavo Per espandere la produzione, essendo soggetto a una curva di domanda inclinata verso il basso, il monopolio dovrà ridurre il prezzo. Questo nuovo prezzo, più basso, varrà non solo per le unità aggiuntive, ma per tutte le unità, comprese quelle che precedentemente vendeva a un prezzo più alto. La diminuzione del prezzo e l’ incremento della produzione causano due effetti contrastanti sul ricavo totale: da una parte, viene venduta una maggior quantità di prodotto, il che contribuisce ad aumentare il ricavo totale; dall’ altra, tutte le unità sono vendute ora a un prezzo inferiore, il che comporta una riduzione del ricavo totale. L’ effetto finale può essere un aumento o una diminuzione del ricavo totale o, se vogliamo, il ricavo marginale dell’ impresa può essere positivo o negativo.  Quando una qualsiasi impresa – compreso un monopolista – è soggetta a una curva di domanda inclinata verso il basso, il ricavo marginale sarà inferiore al prezzo del prodotto, perciò la curva del ricavo marginale si troverà sotto la curva di domanda (fig. 2 pag. 276)  Un monopolio realizzerà un livello di produzione in corrispondenza di un ricavo marginale positivo 52  Dato che offre un prodotto differenziato, un’ impresa in concorrenza monopolistica è soggetta a una curva di domanda decrescente: quando alza leggermente il prezzo, la quantità domandata diminuirà (ma senza ridursi a zero) Cosa differenzia il prodotto? A volte è la qualità, a volte l’ ubicazione. In ultima analisi, la differenziazione ha una forte componente soggettiva: un prodotto è diverso quando la gente pensa che lo sia, a prescindere dall’ esattezza della sua percezione. Un’ impresa in concorrenza monopolistica, quindi, non è un price taker, ma piutosto un “price setter” , in quanto sceglie il suo prezzo. La concorrenza monopolistica nel breve periodo La differenza principale con un monopolista è che , mentre quest’ ultimo è l’ unico venditore del mercato, l’ impresa in concorrenza monopolistica è una fra molti. Quando un monopolista alza il prezzo, i suoi clienti devono pagare di più il bene e acquistarne di meno; quando un’ impresa in concorrenza monopolistica alza il prezzo, i suoi clienti hanno un’ altra alternativa: possono acquistare un bene simile da un’ altra impresa. La concorrenza monopolistica nel lungo periodo  Nella concorrenza monopolistica, le imprese possono realizzare un profitto economico positivo o negativo nel breve periodo; nel lungo periodo, invece, la libertà di entrata e di uscita assicurerà che ogni impresa realizzi un profitto economico nullo, proprio come in concorrenza perfetta In altri termini, nel lungo periodo il profitto contabile è appena sufficiente per coprire i costi impliciti dell’ attività e quindi per trattenere i proprietari dal dedicare il proprio tempo e denaro a qualche altra attività. Concorrenza non di prezzo Ogni azione che un’ impresa intraprende per incrementare la domanda del proprio prodotto (esclusa la riduzione del prezzo) è chiamata concorrenza non di prezzo Un servizio migliore, le garanzie del prodotto, la consegna a domicilio gratuita, confezioni più attraenti ecc. sono esempi di concorrenza non di prezzo. Se un’ impresa innovativa scopre un modo per spostare la propria curva di domanda verso destra, allora è possibile che nel breve periodo realizzi un profitto. Di conseguenza altre imprese, meno innovative, subiranno uno spostamento verso sinistra della propria curva di domanda, perdendo clienti a favore della propria concorrente più innovativa. Ma non per molto. L’ ipotesi della “facilità di entrata” fa sì che anche le altre imprese possano imitare le azioni delle imprese che ottengono un successo maggiore. Possiamo aspettarci che nel lungo periodo tutte le imprese in concorrenza monopolistica imitino le stesse azioni che si sono rivelate redditizie per le altre imprese del settore. Tutta questa concorrenza non di prezzo è costosa e tali costi vengono inclusi nella curva ATC di ogni impresa, che si alza di conseguenza. In conclusione, nel lungo periodo l’ impresa redditizia vedrà la propria curva di domanda 55 spostarsi verso sinistra a causa dell’ entrata di nuove imprese o dell’ imitazione della sua efficace concorrenza non di prezzo, oppure per entrambe le ragioni. L’ oligopolio Un’ impresa in concorrenza monopolistica ha una certa indipendenza, ciascuna impresa può prendere le sue decisioni sul prezzo e la quantità senza preoccuparsi di come le altre reagiranno. In alcuni mercati, però, una gran parte del prodotto è venduta da un numero ristretto di imprese. Non si tratta di monopolio (c’è più di un venditore), ma di concorrenza monopolistica. Le imprese sono così poche che le azioni intraprese da esse influenzeranno le altre in larga misura e, molto probabilmente, ne scateneranno la reazione. Es. General Motors, Ford e Chrysler Quando solo poche imprese dominano un mercato, così che le azioni di ognuna esercitano un impatto notevole sulle altre, non è saggio per ognuna di esse ignorare le reazioni dei suoi concorrenti. In tale mercato, al contrario, ogni impresa riconosce la sua interdipendenza strategica con le altre. Un oligopolio è un tipo di concorrenza imperfetta nel quale il mercato è dominato da un numero ristretto di imprese strategicamente interdipendenti Il prodotto offerto dalle imprese può essere più o meno omogeneo oppure differenziato (come i computer portatili). Un mercato oligopolistico può essere internazionale (pneumatici per automobili) , prevalentemente nazionale (cereali per la prima colazione) o locale (molti quotidiani). Ci può essere un’ impresa la cui quota di mercato supera di gran lunga le altre (Nike, 39% di tutte le calzature sportive) o possono esserci diverse grandi imprese di dimensioni molto simili (Boeing o Airbus). In tutti i casi, però, troviamo che un numero ristretto di imprese strategicamente interdipendenti realizza la quota principale di prodotto del mercato I motivi dell’ esistenza degli oligopoli Anche quando (non sempre) le imprese oligopolistiche realizzano un profitto economico le barriere all’ entrata tengono fuori i concorrenti e mantengono il dominio di poche imprese. Le economie di scala: gli oligopoli naturali. Le economie di scala possono limitare il numero delle imprese in grado di sopravvivere in un mercato. Un ‘ impresa di grandi dimensioni che fornisce un’ ampia quota del mercato avrà un costo unitario inferiore a un’ impresa di piccole dimensioni; quindi, esclusa la concorrenza delle imprese di piccole dimensioni, sopravvivono solo alcune imprese di grandi dimensioni e il mercato diventa un oligopolio. Poiché questo fenomeno tende a verificarsi naturalmente, a meno che lo Stato non intervenga, un tale mercato è spesso definito oligopolio naturale, analogamente al monopolio naturale. IL trasporto aereo, l’ industria automobilistica e la produzione di acciaio sono esempi di oligopoli in cui le economie di scala svolgono un ruolo fondamentale. La barriera della reputazione. Un nuovo entrante può essere svantaggiato solo per il fatto di essere nuovo. In generale, considerevoli spese per la pubblicità contribuiscono a sviluppare e a mantenere la fedeltà alla marca. Una nuova impresa potrebbe portasi alla pari di quelle preesistenti, ma solo dopo un lungo periodo di alti costi pubblicitari e bassi ricavi. Le barriere strategiche. Le imprese oligopolistiche perseguono spesso delle strategie volte a escludere i potenziali concorrenti. Possono conservare un eccesso di 56 capacità produttiva come segnale per un potenziale entrante a segnalare che, con un breve preavviso, potrebbero facilmente saturare il mercato. Possono concludere accordi speciali con i distributori per ottenere i posti migliori sugli scaffali dei negozi o ritardare la messa in commercio dei prodotti entranti. Le barriere legali. I brevetti e i diritti d’ autore, possibili responsabili dei monopoli, possono generare anche degli oligopoli (es. i tre farmaci per l’ Alzheimer ancora protetti da brevetti). Come i monopolisti, gli oligopolisti esercitano forti pressioni sul governo per conservare il proprio dominio sul mercato, in particolare contro la concorrenza estera, ottenendo tasse speciali sulle importazioni e sanzioni imposte a imprese estere di successo. In ambito nazionale, le normative di zonizzazione possono proibire la costruzione di un nuovo supermercato, di un cinema o di un’ officina per le auto in un mercato locale, preservando lo status di oligopolio delle poche imprese già affermate visi. Il comportamento degli oligopoli L’ essenza di questa struttura di mercato è l’ interdipendenza strategica, per cui ogni impresa cerca di prevedere le mosse dei concorrenti ogni volta che compie una scelta. Non possiamo allora analizzare le decisioni prese da un’ azienda isolata dalle altre; per comprendere e prevedere il comportamento dei mercati oligopolici, gli economisti hanno dovuto modificare gli strumenti utilizzati nell’ analisi delle strutture di mercato, elaborando anche degli strumenti completamente nuovi. Nel caso di due imprese in oligopolio, se una delle due abbassasse il prezzo ( es. società di disinfestazione), la posizione della sua curva di domanda dipenderebbe dalle azioni del rivale: se il rivale decidesse di non abbassare il prezzo, la sua curva di domanda non si sposterebbe; se invece il rivale abbassasse il suo prezzo per raggiungere lo stesso livello, la sua curva si sposterebbe verso sinistra per effetto della diminuzione del prezzo di un bene sostituto. L’ impresa non può prevedere se la sua curva di domanda si sposterà oppure rimarrà nella stessa posizione senza prendere in considerazione la possibile reazione del suo concorrente. E’ stato sviluppato un approccio, definito teoria dei giochi, che offre spunti interessanti per l’ analisi, aiutando a comprendere il comportamento degli oligopoli. L’ approccio della teoria dei giochi. In tutti i giochi, eccetto quelli di pura fortuna come la roulette, un partecipante deve prendere in considerazione anche la strategia seguita dagli altri. E’ la stessa situazione dell’ oligopolista. La teoria dei giochi analizza le decisioni presi negli oligopoli come se si trattasse di giochi, osservando le regole che i partecipanti devono seguire, le vincite che cercano di ottenere e le strategie che impiegano per raggiungerle. Semplici giochi di oligopolio. Immaginiamo una città con solo due stazioni di servizio: una di Gianni e una di Filippo.; questo è un esempio di un oligopolio con solo due imprese, ossia un duopolio. Consideriamo Gianni e Filippo i partecipanti di un gioco nel quale debbano prendere le proprie decisioni indipendentemente, senza che uno conosca in anticipo le mosse dell’ altro. La matrice dei playoff (fig. 8 pag. 297) indica i profitti che ciascun partecipante riceverà per ogni possibile combinazione di strategie che potrebbe essere scelta. 57 di imprese, generalmente tali imprese sono più grandi e più potenti; aumentano quindi le probabilità dell’ interazione strategica e la possibilità di collusione. L’ innovazione tecnologica può incrementare la concorrenza in diversi modi. Uno consente nella creazione di nuovi beni sostituti (email/copie cartacee). La tecnologia, inoltre, può ridurre le barriere d’ entrata in modo analogo alla globalizzazione: aumentando le dimensioni del mercato. Per esempio Internet può collegare gli abitanti di una cittadina con decine di negozi online che vendono gli stessi articoli del’ unico negozio locale. In questo mercato nazionale più grande, la MES dei negozi risulta più piccola e quindi possono concorrere più imprese. Infine, alcune tecnologie possono aumentare la MES dell’ impresa tipica, incoraggiando la formazione degli oligopoli. Per esempio, i produttori di beni “digitalizzabili” sostengono dei costi immediati molto elevati ( a causa degli input “in blocco”), tuttavia i costi di replicazione necessari per produrre e vendere un’ unità aggiuntiva sono praticamente nulli. Per tale ragione, un’ impresa che opera nel mercato digitale può continuare a usufruire delle economie di scala anche quando giunge a servire una porzione relativamente grande del mercato nazionale o persino globale. I mercati del mondo reale avranno in genere delle caratteristiche tipiche di più di una struttura di mercato. I modelli delle strutture di mercato ci aiutano all’ organizzazione e alla comprensione dell’ apparente confusione dei mercati del mondo reale. Quando studiamo un mercato specifico, di solito possiamo scegliere tra diversi modelli, ma la scelta non è arbitraria: dipende invece dalla questione che vogliamo risolvere. Appendice – La discriminazione del prezzo Si ha la discriminazione di prezzo quando un’ impresa chiede prezzi diversi a clienti diversi senza essere spinta da differenze nei costi di produzione Un’ impresa che pratica la discriminazione dei prezzi divide i suoi clienti in diverse categorie semplicemente a seconda della loro disponibilità a pagare il bene. Sebbene ogni impresa desideri praticare la discriminazione di prezzo, non tutte possono farlo. Una discriminazione di prezzo efficace richiede che vengano soddisfatte tre condizioni: 1. La curva di domanda dell’ impresa deve essere decrescente. L’ azienda deve essere in grado di alzare il suo prezzo ad almeno alcuni clienti senza perderli tutti. Un’ impresa concorrenziale non può praticarla. La discriminazione dei prezzi è totalmente assente nei mercati perfettamente concorrenziali come quello del grano. Se invece un’ impresa è soggetta a una curva di domanda decrescente, sappiamo che alcuni clienti continueranno a comprare il bene anche in caso di prezzi aumentati. Il monopolio e la concorrenza monopolistica soddisfano sempre a questa condizione. 2. L’ impresa deve essere in grado di identificare i clienti disposti a pagare di più. 3. L’ impresa deve essere in grado di impedire ai clienti che pagano il prezzo basso di rivendere il prodotto ai clienti che sono disposti a pagare il prezzo alto. Spesso è facile impedire la rivendita di un servizio, poiché esso ha una natura strettamente personale (es. un taglio di capelli). Nel caso dei beni, invece, la rivendita è più difficile da impedire. 60 La discriminazione del prezzo è sempre vantaggiosa per un’ impresa per incrementare il suo profitto. Ma gli effetti sui consumatori possono variare.  Quando la discriminazione di prezzo alza il prezzo ad alcuni consumatori a un livello superiore al prezzo che avrebbero pagato con la politica del prezzo unico, essa è svantaggiosa per i consumatori; il profitto aggiuntivo dell’ impresa è pari alla perdita monetaria dei consumatori  Quando la discriminazione di prezzo riduce il prezzo di alcuni clienti a un livello inferiore a quello che avrebbero pagato con la politica del prezzo unico, essa è vantaggiosa sia per i clienti sia per l’ impresa. Ovviamente un’ impresa può combinare entrambi i tipi di discriminazione di prezzo, alzando il prezzo sopra il livello della politica a prezzo unico ad alcuni clienti e riducendolo ad altri. In questo modo, la discriminazione di prezzo incrementerebbe il profitto dell’ impresa, favorendo alcuni consumatori e danneggiandone altri. 61 62
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