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Principi di stratigrafia archeologica, Sintesi del corso di Archeologia

Riassunto del libro di Edward C. Harris. In questo riassunto è esclusa l'introduzione.

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 22/03/2021

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Scarica Principi di stratigrafia archeologica e più Sintesi del corso in PDF di Archeologia solo su Docsity! EDWARD C. HARRIS PRINCIPI DI STRATIGRAFIA ARCHEOLOGICA 1. IL CONCETTO DI STRATIGRAFIA IN GEOLOGIA Nel 1830, quando Charles Lyell pubblicò la sua ormai classica opera, Principles of Geology, il concetto di stratigrafia in geologia era già stato definito e caratterizzato attraverso una serie di scoperte effettuate a partire dal XVII secolo. Le scoperte che hanno dato al concetto di stratigrafia il suo contenuto moderno erano, in parte, in opposizione con le convinzioni prevalenti nei confronti dei (1) fossili e della (2) stratificazione. Si riteneva che: 1. i primi fossero "scherzi di natura", 2. e i secondi un deposito dovuto al Diluvio universale. Alla scienza della geologia venivano poste anche restrizioni cronologiche in base all'età della terra allora accettata, che veniva calcolata, su indicazione della Bibbia, in non più di seimila anni. Uno dei primi tentativi sistematici di esaminare la natura della stratificazione fu fatto in Italia da Nils Steensen (Steno), durante il terzo quarto del XVII secolo. Steno notò una relazione tra i denti degli squali moderni e le “pietre-lingua” rinvenute a quel tempo nelle scogliere calcaree di Malta. Sostenne, inoltre, che gli oggetti che si espandono per lenta crescita possono provocare delle fessure nella pietra, così come fanno le radici degli alberi nelle rocce. In questo processo gli oggetti subiranno alcune deformazioni. Dal momento che i fossili, come le pietre lingua, venivano sempre rinvenuti di forme simili tra loro, egli ipotizzò che al momento della formazione dei fossili la terra non fosse ancora compatta; per questo motivo Steno ritenne che le rocce nelle quali si trovavano i fossili fossero state in origine sedimenti subacquei. La deposizione dei sedimenti aveva ricoperto i fossili già formati nel fango liquido, preservandone le forme originali. Riguardo alla presenza di simili oggetti sulle montagne, Steno avanzò due teorie: I. Spiegava il fenomeno secondo cui questi oggetti fossero stati abbandonati lassù all’asciutto dopo che le acque del diluvio universale si ritirarono, dando credito all’opinione convenzionale. II. La seconda teoria era che, le rocce e i resti in esse contenuti avessero cambiato la loro posizione. Come supporto a questa teoria, Steno pubblicò uno dei primi esempi di sezione geologica, basata su una situazione ben nota nella regione italiana del Carso, dove i tetti delle grotte spesso crollano e formano piccoli avvallamenti. Steno ruppe quindi con la tradizione precedente affermando che i fossili non erano altro che tracce primordiali della vita presente e che gli strati geologici non erano nè formazioni statiche nè depositi dovuti al Diluvio universale. La sua ricerca lo condusse anche ad esporre quelle che ora chiamano leggi di sovrapposizione e di continuità originaria. Due ulteriori passi in avanti nella teoria della stratigrafia geologica furono fatti alla fine del XVIII secolo. Uno riguarda la relazione generale tra fossili e strati, mentre l'altro metteva a fuoco un aspetto specifico della stratificazione, vale a dire l'interfaccia tra strati o gruppi di strati o formazione. 1 Il primo passo fu fatto nell'Inghilterra meridionale da William Smith che stava lavorando alla ricognizione e allo scavo di un canale. Smith osservò che in quella regione gli strati presentavano un tipo di sovrapposizione regolare; la raccolta di fossili di strati geologici lo portò a scoprire che ogni strato conteneva resti organici che gli erano propri. Questa scoperta permise ai geologici di identificare gli strati da una località all'altra e servì da chiave per i rapporti cronologici degli strati geologici nelle varie parti del mondo. La scoperta di Smith, ossia che ciascuno strato contiene unicamente i suoi propri resti fossili, non ebbe un immediato riflesso sulla cronologia. Tuttavia, poco dopo, Charles Lyell mise a punto un metodo tramite il quale si potè determinare, con lo studio dei fossili, la sequenza relativa di deposizione degli strati geologici basandosi sul rapporto tra i fossili di un determinato strato e le specie viventi. Steno, Smith e Lyell scoprirono dunque che fossili e strati erano realtà distinte, create e preservate per processi naturali, che gli strati contenevano certi fossili che sin dall'origine si trovavano solamente in quei particolari strati e che questi particolari fossili fornivano a ciascuno strato un'età relativa, poichè nel corso dell'evoluzione alcune specie di vita si erano estinte e le loro forme non si erano più riprodotte in depositi successivi. Un altro grande passo in avanti nella stratigrafia geologica (XVIII secolo), alla fine del XVIII secolo, fu basato su quest'ultimo principio. La stratificazione geologica è un fenomeno mutevole e le sue formazioni fanno parte di un processo ciclico di deposizione o di spoliazione, di crescita sulla terra o di sommersione nel mare. Un esempio di questi cambiamenti si può trovare quando fossili o frammenti minerali provenienti da una formazione antica confluiscono per vie diverse in depositi posteriori, ad esempio per erosione. Questo ciclo geologico fu scoperto in Scozia alla fine del 700 da James Hutton. La sua teoria era rimasta incompleta in mancanza del riconoscimento di un importante tipo di interfaccia, la discordanza, ossia l'interfaccia tra due formazioni di strati orientati diversamente, di cui l'una viene detta giacere in maniera discordante con l'altra. Nel ciclo di Hutton le discordanze rappresentavano il tempo intercorso tra il sollevamento, l'erosione e la risommersione nel mare di una formazione e il momento in cui nuove deposizioni si venivano a formare sulla sua sommità. Come gli strati che esse demarcano, i contrasti e gli altri tipi di interfacce geologiche rappresentano intervalli di tempo. Secondo la teoria di Hutton, ogni discordanza rifletteva un periodo di lunga durata nel corso del quale gli strati erano stati sollevati, erosi e risommersi per formare nuovi letti marini sui quali avrebbero potuto formarsi altri strati tramite un processo di sedimentazione. Negli anni 30 del XIX secolo la stratigrafia geologica aveva acquisito i principi fondamentali mediante i quali potevano venir determinate le sequenze relative degli strati della terra. Vi erano tre leggi generali relative agli strati rocciosi: 1. Di sovrapposizione : presume che, al momento della formazione degli strati geologici, gli strati superiori siano i più recenti e quelli inferiori i più antichi. 2. Di orizzontalità originaria : Stabilisce che gli strati formati sotto il livello dell'acqua debbano avere in genere superfici orizzontali e quindi gli strati che ora presentano superfici inclinate debbano essersi inclinati solo in un secondo momento 3. Di continuità originaria : presume che ciascun deposito abbia costituito all'origine un'unità intera, senza margini esposti, e che perciò, quando si rinvengono, questi siano il risultato di un'erosione o di uno spostamento del deposito 2 3 .LE TECNICHE DELLO SCAVO ARCHEOLOGICO Si può operare una distinzione tra due aspetti dello scavo archeologico: 1. La prima è la strategia o piano di conduzione dello scavo. 2. Philip Barker è un sostenitore invece della strategia di scavo per grandi aree e adotta in circostante particolari, il sistema per quadranti. La strategia di scavo è del tutto separata dal procedimento con cui viene effettuato lo scavo vero e proprio. Vi sono due metodi di scavo: 1. ARBITRARIO: consiste in una rimozione sommaria del terreno effettuata con un mezzo qualsiasi o nel suo scavo per tagli o livelli di spessore predeterminato. 2. STRATIGRAFICO: è il procedimento con cui i depositi archeologici vengono rimossi seguendo le loro stesse forme, con i loro contorni o rilievi individuali. I due sistemi sono indipendenti e la presenza su uno scavo di un sistema ordinato di trincee non dà alcuna informazione sul metodo usato dallo scavatore all'interno di quelle aree. Dal momento che lo scavo produce una campionatura del passato presa all'interno di quelle aree, il procedimento di scavo è di gran lunga più importante della strategia. Sia la strategia che il metodo dello scavo possono essere dedotti dalla pubblicazione di un rendiconto. La strategia dello scavo lascia anche una traccia archeologica. Nel corso degli ultimi due secoli sono state sperimentate numerose strategie, mentre sono stati utilizzati solamente due metodi di scavo: I. La prima strategia consisteva nel semplice BUCO attraverso il quale il terreno veniva sommariamente asportato per poter ottenere a tempo di record gli oggetti di raro valore che vi erano sepolti. I cacciatori di tesori impiegano ancora oggi questo sistema e con il loro procedimento distruggono molti siti archeologici. Alla fine del XIX secolo Pitt-Rivers e altri ricercatori scavavano secondo: II. La strategia delle GRANDI AREE, che consentiva l'esplorazione di un intero sito. Pitt- Rivers inventò anche la strategia della sezione per i siti delimitati da argini e fossati. Con questo metodo veniva scavata, nell’argine o nel fossato, una trincea condotta fino al suolo vergine. Altri sono: III. Altro metodo adottato da Pitt-Rivers, e probabilmente tutti gli scavatori prima di lui, era quello ARBITRARIO, senza molto riguardo per la conformazione naturale della stratificazione archeologica. Il metodo di scavo arbitrario è volto alla scoperta di manufatti e alla definizione della posizione in cui essi sono stati trovati, mentre i dettagli stratigrafici sono considerati di secondaria importanza. Sul continente, nel 1916, A.E. Van Giffen inventò un altro tipo di strategia di scavo: 5 IV. Il METODO PER QUADRANTI. Secondo questa strategia un sito veniva diviso in segmenti poi scavati alternamente, che permettevano ai ricercatori di ottenere profili o sezioni del suolo attraverso la stratificazione del sito. I profili venivano presi nei muri o nei testimoni di terreno non scavati tra i vari segmenti del quadrante. Ma, in lavori successivi, egli usò certamente il metodo di scavo arbitrario. V. Secondo la strategia per quadrati di Wheeler un sito veniva scavato in una serie di piccoli buchi quadrati. Tra di loro vi era una serie di testimoni, le cui pareti contenevano i profili stratigrafici delle diverse aree del sito. All'origine il metodo per quadrati era concepito come un sistema di scavo su grande area. Wheeler inoltre concepiva il metodo come un modo per tenere sotto controllo sia lo scavo che la documentazione dal momento che l'area veniva chiaramente delimitata. Si può supporre che il metodo per quadrati fosse integrato dal procedimento di scavo stratigrafico. VI. Pochi anni più tardi Mortimer Wheeler scavava tumuli secondo il METODO A STRISCE mostrando così che egli scavava ancora secondo il metodo arbitrario. VII. La strategia dello scavo per strisce e il procedimento di scavo arbitrario furono sostituiti dallo scavo STRATIGRAFICO e dal metodo per quadrati durante i lavori a Maiden Castle negli anni Trenta. Con l’eccezione del metodo a strisce, le strategie di scavo a sezione in trincea, per quadranti e per quadrati, sono ancora oggi usate, perché ognuna di esse è adattabile a differenti situazioni. Anche lo scavo arbitrario e stratigrafico è ancora usato dagli scavatori moderni. Dalla Seconda guerra mondiale, si è ricorso alla strategia di scavo per grandi aree. Nel corso del XIX e del XX secolo si sono quindi sviluppati metodi e strategie di scavo diversi. Al giorno d'oggi viene accettato il fatto che il metodo di scavo stratigrafico sia attuabile in tutte quelle occasioni in cui strati ed elementi archeologici possano essere riconosciuti nella stratificazione di un sito. In altre situazioni in cui lo scavo stratigrafico non sia possa applicare è bene usare il metodo arbitrario mediante livelli. È anche comunemente accettato il fatto che la strategia della grande area sia spesso il metodo di azione che un archeologo dovrebbe preferire. 4 .PRIMI METODI DI DOCUMENTAZIONE SULLO SCAVO Le documentazioni dei primi scavi miravano al recupero di informazioni relative alla posizione di strutture fondamentali e ai luoghi di ritrovamento dei manufatti. L'accento principale era posto sulla messa in pianta di muri o di altri elementi come fossati o buchi di palo. Gli strati archeologici, a meno che non comprendessero una struttura evidente come un pavimento una strada, venivano raramente messi in pianta; motivo per cui le sezioni documentavano di rado i dettagli del terreno. Per analogia con la stratificazione geologica, si deduceva che più profondo era il luogo di ritrovamento di un oggetto più antica era la sua età rispetto a quella dei manufatti scoperti a quote più alte. Alcuni di questi principi sono evidenti negli scavi condotti nel XIX da Pitt-Rivers: prima di dare inizio allo scavo egli disegnava una pianta del sito con le curve di livello il cui scopo era mostrare il sistema di drenaggio del sito e la conformazione generale del terreno. Le strutture venivano messe in pianta dopo essere state liberate dal sovraccarico di terreno. Le piante documentano la 6 posizione di fossati recinzione, di fossi di varia natura e di fosse, nonché i luoghi di ritrovamento di svariati oggetti mobili. Le sezioni di Pitt Rivers non costituivano una documentazione del profilo effettivo del suolo, come era stato osservato sul sito, ma erano semplici ricostruzioni. In alcuni dei siti di Pitt-Rivers il terreno veniva rimosso per livelli arbitrari così che i materiali non potevano cadere, ad esempio, dalla parete di un testimone ad una profondità maggiore di quella alla quale essi giacevano al momento della loro scoperta. Gli oggetti non venivano documentati in relazione ai tagli o ad uno strato archeologico numerato, ma venivano documentati secondo una misurazione tridimensionale. Nel corso di questo secolo sono stati fatti progressi in tutti gli aspetti della documentazione degli scavi archeologici. Questi passi in avanti non costituiscono ancora un patrimonio comune e la qualità della documentazione varia tuttora. Nelle piante si è prestata maggiore attenzione alla documentazione non solo delle strutture ma anche degli strati di terreno. Nei siti urbani che prestano una stratificazione complessa e richiedono un ritmo di scavo più affrettato, gli archeologi sembrano essersi dovuti concentrare sulla documentazione dei resti di strutture. Dalle origini fino agli anni Sessanta possono essere quindi riconosciute diverse tendenze nei sistemi di documentazione usati sui siti archeologici. L'interesse fu posto prima di tutto sui manufatti, poi ci si rivolse ai monumenti e alle strutture, e da ultimo ha investito tutti gli aspetti della stratificazione. La maggior parte delle piante più antiche documentavano le strutture, non gli strati, che costituiscono invece la maggior parte della stratificazione. Anche le prime sezioni erano documenti di importanza strutturale e non stratigrafica. La documentazione scritta era intesa come descrizione della composizione degli strati e non come indicazione della loro importanza stratigrafica. In poche parole, l’idea della stratigrafia, quindi, era l'ultimo degli aspetti considerati nella documentazione. A partire dagli anni Sessanta, lo scavo archeologico ha subito un cambiamento drammatico, specie nelle aree urbane, sotto la pressione di nuovi programmi edilizi. Contemporaneamente è migliorata l'abilità dello scavatore nel decifrare la stratificazione e un numero maggiore di unità stratigrafiche viene ora riconosciuto e documentato. Ma le forme della documentazione rimangono le stesse, salvo l'importante eccezione dell'uso di schede di documentazione prestampate per la descrizione scritta degli strati e degli elementi. Queste schede assicurano che i rapporti stratigrafici degli strati e degli elementi siano registrati completamente, dal momento che su molti siti complessi non tutti questi rapporti potrebbero comparire nelle sezioni. PARTE SECONDA – ASPETTI DELLA STRATIGRAFIA ARCHEOLOGICA 5 .STRATI, STRATI GEOLOGICI E STRATIFICAZIONE Sapere cosa documentare in uno scavo archeologico significa anche avere una discreta conoscenza della teoria della stratificazione archeologica. 1. In primo luogo, non esiste alcuna effettiva linea di confine tra l'esperienza pratica e quella teorica, nonostante l'opinione diffusa è quella che l'esperienza pratica superi quella teorica. 7 1) Strati di materiali depositati, o in corso di deposito, gli uni sopra gli altri orizzontalmente 2) Elementi che tagliano gli strati (elementi negativi), come fosse 3) Elementi costituiti da costruzioni intorno alle quali si siano in seguito formati gli strati (elementi positivi), come muri ecc. I materiali per la costituzione degli strati naturali in una situazione archeologica possono essere trasportati dall'uomo o dalla natura. Quando un muro va in rovina e crolla spontaneamente e quando un fossato viene riempito per erosione dovuta a causa climatiche, il materiale viene trasportato da forza naturali verso il luogo di deposito. Quando un fossato viene riempito da scarichi di rifiuti domestici, l'uomo è il mezzo di trasporto. Una volta raccoltosi, il materiale si dispone in strati secondo condizioni naturali di deposito. Ugualmente, i materiali per lo strato di origine antropica vengono trasportatati interamente dall'uomo e la loro deposizione è regolata dalla volontarietà delle azioni umane: questo tipo di deposito trasgredisce le leggi naturali della stratificazione. Quando la natura trasporta materiale stratigrafico deve seguire i rilievi topografici, mentre il trasporto effettuato dall’uomo non tiene conto di questa tendenza. Esistono due tipi principali di strati artificiali: I. Quelli che vengono distesi su una determinata area: questo primo tipo, definito come strato artificiale, tende ad accumularsi secondo un normale modello di sovrapposizione, uno strato sopra l'altro. Questi strti avranno superfici tanto orizzontali quanto richiede la loro funzione, determinata dall'uomo. Strati di questo tipo includono le massicciate di una strada, i pavimenti di una casa e il riempimento di cavità quali tombe, fosse, buchi di pali. La deposizione di questi strati provocherà alterazioni nella conformazione topografica di un sito, ma essi raramente creeranno nuovi bacini di deposito, come fanno invece alcuni strati verticali II. Quelli che vengono innalzati sopra una superficie di terreno già esistente: gli strati verticali, come i muri, costituiscono un tipo unico di stratificazione artificiale e non sono direttamente confrontabili con alcun strato geologico. Dal momento che si mantengono consolidati per un certo periodo, essi formano su un sito nuovi bacini di deposito. Gli strati verticali, quindi, complicano il modello di stratificazione archeologica e il procedimento necessario per il suo scavo e interpretazione. Gli strati naturali, gli strati artificiali e gli strati verticali hanno in comune i seguenti elementi stratigrafici: 1. Faccia o superficie originaria: questo termine è usato per distinguere la superficie superiore originaria di uno strato dalla sua superficie inferiore. Esso è stato sviluppato in geologia come un modo per determinare l'ordine originario di sovrapposizione. Per esempio, se un grande animale cammina su uno strato di fango, le sue impronte lasciano affossamenti nella superficie del terreno. Tali tracce erano quelle di un dinosauro, trovate negli Stati Uniti e si conservarono grazie a una deposizione di fango successiva. La superficie inferiore del deposito conteneva perciò il negativo di quelle tracce. Se gli strati nel corso del tempo geologico fossero stati ribaltati, la traccia e il suo negativo sarebbero stati rovesciati indicando in tal modo il capovolgimento dello strato roccioso. 10 2. Contorni della superficie di strato: queste linee o contorni definiscono l'estensione nello spazio di ogni U.S.in entrambe le dimensioni, orizzontale e verticale. Essi non vengono indicati spesso sulle piante archeologiche, ma appaiono di frequente nelle sezioni. Poichè la stratificazione è uno stato di sovrapposizione e dal momento che molti strati presentano grandezze e superfici di sovrapposizione differenti, solo una parte dei contorni della superficie di determinati strati apparirà alla superficie di un periodo particolare dello sviluppo topografico di un sito. 3. Rilievi della superficie di strato: queste linee indicano il rilievo topografico della superficie di uno strato, o di un gruppo di unità stratigrafiche; questi rilievi sono ottenuti dalla documentazione in pianta di una serie di punti quotati. Essi non costituiscono una documentazione primaria come i contorni della superficie di strato, che possono anche comparire sia nelle piante che nelle sezioni, mentre i rilievi della superficie di strato vengono indicati in genere solo sulle piante. 4. Volume e massa: il volume e la massa di un'unità stratigrafica archeologica possono essere determinati, se necessario, combinando le dimensioni dei contorni con quelle dei rilievi della sua superficie. La maggior parte degli strati, naturalmente, conterranno all'interno della loro massa un certo numero di reperti o di oggetti mobili di valore cronologico, culturale o ecologico. 5. Posizione stratigrafica: tutte le unità stratigrafiche avranno una posizione nella sequenza stratigrafica di un sito. La posizione, che rappresenta la datazione relativa di una determinata unità in rapporto con le altre, si determina tramite l'interpretazione dei soli resti stratigrafici secondo le leggi e i principi della stratigrafia archeologica. I manufatti mobili non possono contribuire direttamente all'accertamento di questa posizione poichè esso si basa sullo studio delle relazioni fra le interfacce delle unità stratigrafiche. 6. Cronologia: tutte le unità stratigrafiche sono state create in una determinata epoca. Questa viene misurata in anni, ma in molti casi non può essere stabilita dal momento che essa dipende dalla quantità di materiali databili rinvenuta nei depositi di un sito. L'accertamento della cronologia di un'unità stratigrafica è, comunque, un compito secondario nello studio della stratificazione archeologica. Sullo scavo l'interpretazione e la documentazione della stratificazione possono procedere senza rivolgere un'attenzione immediata alla cronologia assoluta. In molte circostanze, però, la consapevolezza della datazione di un deposito è estremamente utile dal momento che può suggerire comportamenti altrimenti trascurati, come ad esempio la raccolta di campioni di suolo in quantità maggiore rispetto alla routine abituale. La cronologia di un'unità stratigrafica non può mai cambiare la sua posizione nella sequenza stratigrafica di un sito, ma può apparire in contrasto con la datazione del resto della sequenza. Questo problema può presentarsi in particolare con le strutture lignee. In tali casi l'unità stratigrafica è anche un manufatto e, in quanto oggetto intero, può essere trasportata completamente: può essere perciò collocata in posizioni stratigrafiche molto più antiche o molto più tarde rispetto all'effettiva cronologia dell'oggetto stesso. Tale datazione, tuttavia, non avrà alcun effetto sulle relazioni stratigrafiche proprie dell'unità al momento dello scavo; la stratificazione archeologica, infatti, può essere documentata solo al suo stato presente. Dal momento che la stratificazione di un sito non è un fenomeno statico, ma cambia attraverso il tempo per una quantità di agenti diversi (molti dei quali sono inconsapevoli del loro effetto sul terreno) anche il grado di sopravvivenza degli elementi di ciascun periodo è del tutto involontario. Prima dello scavo, perciò, è impossibile conoscere in ogni dettaglio ciò che un sito possa contenere nella sua stratificazione. 11 In conclusione, abbiamo analizzato lo strato naturale, artificiale e verticale. Queste unità hanno fatto ingressi separati sulla scena della stratificazione archeologica. I. Il primo è stato lo strato naturale che ha ricoperto resti umani prima che l’uomo iniziasse a costruire strati che non fossero conformi alle regole della natura. II. Poi lo strato artificiale è apparso quando l’uomo ebbe dimore più fisse e cominciò a costruire pavimenti improvvisati per abitazioni ecc. III. Infine, con l’inizio di forme più stabili di insediamento è comparso lo strato verticale (urbanesimo) 6 .L’INTERFACCIA NELLA STRATIFICAZIONE ARCHEOLOGICA La stratificazione archeologica è costituita da una combinazione di strati e interfacce. Mentre si può sostenere che uno strato e la sua interfaccia, o superficie, costituiscano effettivamente un fenomeno unitario, spesso è necessario distinguere tra i due negli studi stratigrafici, poichè alcune interfacce sono determinate dalla distruzione di strati, non dalla loro deposizione. Esistono perciò due tipi principali di interfacce: 1. Quelle che costituiscono le superfici di strati 2. Quelle che sono superfici in sè, poichè si sono formate in seguito alla rimozione di masse di stratificazione preesistenti. -Le superfici di strato (in geologia sono dette letti di posa) indicano posizioni successive della superficie, il fondo di un mare, un lago… su cui si è depositato il materiale che ora forma le rocce. --Le superfici in sé (in geologia sono dette discordanze) segnano i livelli ai quali la stratificazione preesistente è stata in parte distrutta dall’erosione. Nella stratigrafia archeologica i piani di posa sono definiti come interfacce di periodo che possono essere composte di superfici in sé, come le fosse, e di superfici di strato. 6.1. La superficie di strato Esistono due forme principali di superficie di strato: 1. Quella orizzontale 2. Quella verticale Si tratta di superfici di strato che si sono depositate in maniera più o meno orizzontale, oppure di superfici verticali di strati verticali, come i muri. L'ampiezza di queste interfacce è di solito pari a quella dello strato di cui formano la superficie. Esse presentano, dunque, le stesse relazioni stratigrafiche di quei depositi, ad esse vengono dati i stessi numeri di strato e vengono documentate come una parte dei depositi stessi. 12 esame critico della natura delle piante e delle sezioni o della loro importanza nella stratigrafia archeologica. 7.1. Le prime sezione archeologiche Molte delle prime sezioni erano schizzi di tumuli funerari. Queste sezioni non erano in genere documentazioni di stratificazioni, ma piuttosto grafici che indicavano la conformazione del tumulo e delle camere sepolcrali: si trattava di illustrazioni topografiche piuttosto che di documentazioni stratigrafiche. Altre influenze della geologia sulle sezioni archeologiche si trovano nelle sezioni a pozzo, il cui scopo principale consiste nell’offrire un controllo rapido ed una visuale complessiva della stratigrafia di una zona e nel rendere possibili confronti con altre aree. Queste sezioni appaiono come lunghe strisce verticali nelle quali diverse fette di varia grandezza, accatastate le une sulle altre come un castello di carte, rappresentano la stratificazione di una data località. Il principio e l'efficacia della sezione a pozzo sono innegabili poichè si basano sulla grande estensione e sui modelli di sovrapposizione regolari degli strati geologici. Ma gli strati archeologici possono essere raramente messi in relazione tra di loro su una grande distanza, dal momento che essi sono normalmente di estensione limitata. La sezione a pozzo, quindi, è di poca utilità nella stratigrafia archeologica, ma l'idea di illustrazioni rappresentative di questo genere ha incontrato il favore generale. A causa della “semplicità” degli strati geologici in un punto determinato, la sezione a pozzo offre quasi sempre un’immagine verticale rappresentativa della stratificazione dell’area. In pratica, le sezioni a pozzo danno una visione unilineare della stratificazione. La convinzione generale che la sezione archeologica sia un'immagine di per sè evidente della sequenza stratigrafica di un sito è tuttora prevalente. Per sequenza stratigrafica si intende la deposizione o la creazione delle singole unità stratigrafiche nel corso del tempo rispetto allo stato composito di stratificazione in cui quelle unità vengono rinvenute. La documentazione dei manufatti intendeva risolvere il problema della loro provenienza, e ciò fu ottenuto tramite l'assegnazione di un numero allo strato dal quale essi erano derivati e la trascrizione di quel numero sul reperto. La documentazione degli strati, e delle interfacce, da un punto di vista stratigrafico veniva completata dall'esecuzione dei disegni delle sezioni. Anche il concetto di sequenza stratigrafica unilaterale e la sezione a pozzo compaiono nell'associazione fatta da Wheeler dell'ordine dei numeri con l'ordine dell'accumulo. Fino a pochi anni fa il concetto di analisi stratigrafica poteva essere direttamente associato con il disegno delle sezioni. L'archeologo doveva decidere circa le differenze tra i vari strati, muri, fosse e altri elementi visibili in un profilo del suolo. Una volta che le linee di demarcazione, le interfacce, erano state identificate e disegnate, si considerava che l'analisi della stratificazione fosse finita. Mentre non c'è dubbio che in passato la stratigrafia archeologica abbia troppo sopravvalutato la sezione, la reazione a questa esagerazione non dovrebbe essere quella di abolite le sezioni, ma di riportare il loro uso ad un equilibrio rispetto ad altri metodi stratigrafici, quali la documentazione scritta e le piante. 7.2. Tipi di sezioni archeologiche 15 Esistono 3 tipi principali di profili archeologici: 1. La sezione in parete 2. La sezione occasionale 3. La sezione cumulativa La forma adottata con maggior frequenza è quella della sezione in parete, poichè è strettamente connessa con la serie di testimoni propria del metodo di scavo di Wheeler. La sezione in parete viene creata nel corso dello scavo tramite la rimozione della stratificazione vicina. Queste sezioni possono presentarsi lungo i bordi principali dello scavo, sulle pareti dei testimoni oppure come profili prodotti da uno scavo verticale eseguito per risolvere un problema stratigrafico o per sezionare un elemento. Di solito i testimoni rimangono al loro posto sino al termine dello scavo, quando la documentazione delle sezioni in parete viene presa in considerazione. Questo lavoro praticato solamente dal direttore o dai suoi assistenti. Dopo aver fatto le sue considerazioni, il direttore procederà al disegno della sezione dall'alto verso il basso. Questo metodo implica alcune conseguenze: 1) Il successo stratigrafico degli scavi dipende interamente dalla documentazione delle sezioni, che devono essere disegnate in un'atmosfera di calma assoluta alla fine dello scavo. 2) Poichè la sezione non viene documentata fino alla fine, è possibile che la sua parete si sia deteriorata nel corso dello scavo. È pertanto possibile che ci sia scarsa correlazione tra i depositi scavati e i rapporti osservati più tardi sulla parete della sezione un tempo adiacente. Inoltre, se uno strato non appare in una sezione, può essere che non trovi posto nelle documentazioni stratigrafiche. In alcuni casi, i metodi già descritti da Webster sono più appropriati, come nella documentazione delle sezioni occasionali, che non sono profili prodotti dallo scavo archeologico, ma sezioni messe in luce durante lavori di costruzione. Comunque sia, gli archeologici devono documentare le sezioni occasionali, completamente, dalla cima al fondo. Circa un decennio fa Philip Barker propose l'uso della sezione cumulativa (complessiva) come alternativa al mantenimento dei testimoni con le loro sezioni in parete. Il metodo era diverso da quello di Wheeler, presupponeva infatti lo scavo completo dei depositi presenti in sezione. Il vantaggio della del metodo della sezione cumulativa è che si ottiene una corrispondenza diretta tra le realtà stratigrafiche documentate in sezione e quelle in piante. In altre parole, la sequenza della stratificazione documentata in una delle sezioni cumulative di Barker corrisponde esattamente a quella che è stata scavata. Come gli strati vengono rimossi ad uno ad uno, così con la sezione cumulativa essi vengono anche documentati a uno a uno. Più di ogni altro metodo di documentazione delle sezioni, la sezione cumulativa risponde meglio ai requisiti di una moderna teoria della stratigrafia archeologica. Se per un qualsiasi motivo dovesse essere necessario avere uno o due testimoni su un sito, la sezione in parete potrebbe essere documentata, come quella cumulativa, a mano a mano. Sia che l'archeologo usi la sezione in parete, quella occasionale o quella cumulativa, la validità stratigrafica della sua documentazione dipende dai procedimenti impiegati per il disegno delle sezioni. 16 7.3. Il disegno delle sezioni archeologiche Graham Webster ha distinto tre procedimenti per il disegno delle sezioni archeologiche: realistico, schematizzato, di compromesso. Nel metodo realistico "le differenze tra i depositi sono indicate da cambiamenti dell'ombreggiatura...non appaiono linee marcate se non per i muri di pietra e per il suolo vergine. Questo metodo ha il pregio dell'onestà perchè omette quelle distinzioni ben definite di cui lo scavatore potrebbe supporre l'esistenza senza che siano visibili". Da qui nasce una polemica che ha dilagato in campo archeologico, questa si incentra sull'identificazione delle interfacce nella stratigrafia archeologica. Le interfacce non sono oggetti materiali, come gli strati, non sono visibili, ma devono essere definite con l'esame dei differenti strati. I limiti degli strati, i contorni della loro superficie in profondità, lunghezza e larghezza, costituiscono le linee di interfaccia. Se l'archeologo sa riconoscere gli strati, per ciò stesso egli definisce le loro interfacce e quelle interfacce prive di strati, come le fosse e i fossati. Nella sezione schematizzata vengono numerati invece sia le linee di interfaccia che gli strati. La sezione di compromesso ha un pò di tutto, come suggerisce il suo stesso nome. Si dice che il metodo schematizzato, a causa delle linee di interfaccia, contenga il rischio della soggetività. Questa riserva si può applicare a tutti gli aspetti di uno scavo, non soltanto ai disegni delle sezioni. Il pericolo non sta nell'interpretazione di un singolo, che poco altro ci può dare, ma nella mancanza di buon esercizio della disciplina della stratigrafica archeologica. Nelle analisi della stratificazione nelle sezioni può quindi essere irrilevante che lo scavatore usi il tipo occasionale, in parete o cumulativo, poiché tutti questi possono essere documentati secondo il metodo schematizzato. Poco importa la strategia di scavo che viene adottata, poichè all'interno di ciascuna strategia l'archeologo può operare secondo i criteri dello scavo stratigrafico. La direzione che un archeologo prende in questi frangenti dipende dalle sue intenzioni. 8. GLI ARCHIVI STRATIGRAFICI: LA PIANTA ARCHEOLOGICA Con l'introduzione dei moderni metodi di scavo su grandi aree c'è stato un passaggio di interesse dalle sezioni alle piante archeologiche. Nelle piante sì è poco esaminata la natura e l'utilità stratigrafica delle piante archeologiche. Non è sorta nessuna controversia sulle piante "schematizzate" o "naturalistiche", ma le piante, tuttavia, sono tanto importanti quanto le sezioni per gli studi stratigrafici. In alcuni casi, gli scavatori hanno perfino confuso le piante come un tipo di sezione tanto che ora l'idea della "sezione orizzontale" ha una certa diffusione. I disegni delle sezioni non sono piante di una superficie verticale, ma documentazioni di un taglio praticato attraverso la stratificazione secondo un piano verticale. Le piante sono documentazioni di superficie, non vedute di un piano. Un motivo per cui non ci sono state polemiche sulla natura delle piante archeologiche, può essere stato il fatto che gli scavatori sono stati storicamente di gran lunga più interessati agli aspetti della sequenza che non a quelli della topografia. Le sezioni contengono solamente i contorni delle superfici delle unità stratigrafiche, mentre le piante possono indicare sia questi che i rilievi delle superfici di strato. In una pianta solo i depositi più recenti presenteranno integralmente i contorni delle loro superfici. A causa della sovrapposizione degli strati i depositi più antichi appariranno solo parzialmente sulla superficie che viene messa in pianta. Le piante sono la documentazione della lunghezza e della larghezza dei resti archeologici, le sezioni documentano il loro spessore. Le 17 dipende dalla natura del sito. Se il sito presenta una stratificazione semplice la pianta composita e probabilmente l'unica scelta, su siti complessi invece la pianta di strato è un requisito fondamentale partendo dal quale si potranno in seguito eseguire le piante composite. 9. CORRELAZIONE, MESSA IN FASE E SEQUENZE STRATIGRAFICHE La stratigrafia archeologica può essere distinta in tre settori principali: 1) Riguarda la sua teoria e le sue componenti 2) Riguarda la documentazione della stratificazione in sezioni e in piante e attraverso note scritte o altri strumenti, come la fotografia 3) Il terzo consiste nell'analisi successiva allo scavo, cioè nella correlazione, nella messa in fase e nella costruzione delle sequenze stratigrafiche Le analisi successive allo scavo si dividono in due campi di studio: I. Di carattere principalmente stratigrafico e dovrebbe essere curato dallo stesso scavatore; esso include le operazioni di correlazione, messa in fase e periodizzazione, II. Analizza tutti i reperti mobili rinvenuti nello scavo, come legname, frammenti di ceramica e vetro, ossa di animali e numerosi altri tipi di rinvenimenti. Questo capitolo riguarda il primo campo di studi. In questo capitolo la correlazione degli strati e delle interfacce è considerata da un punto di vista strettamente stratigrafico. 9.1 .Correlazione e messa in fase in archeologia Kenyon e Wheeler stabilirono una tradizione di scavo e gettarono le fondamenta delle moderne teorie della stratigrafia archeologica. I loro metodi attribuivano grande importanza alla documentazione delle sezioni, che si riteneva fornissero la chiave per l'interpretazione stratigrafica di uno scavo, la maggioranza delle loro sezioni era costituita dalle pareti dei molti testimoni esistenti sullo scavo. Dopo il disegno delle sezioni era necessario istituire correlazioni tra un certo numero di unità della stratificazione. Nel sistema Kenyon esistevano due tipi di correlazioni: 1. Il primo consisteva nella correlazione di strati che erano stati un tempo integri, ma poi parzialmente distrutti. I testimoni del sistema di scavo per quadrati di Wheeler pongono gli scavatori di fronte ad un diverso problema di correlazione. Questo metodo è necessario quando i rapporti stratigrafici sono inaccessibili. Su molti scavi i testimoni non vengono mai rimossi oppure, quando lo sono, non vengono documentati i dati in essi contenuti. Di conseguenza i dettagli stratigrafici esistenti nell'area occupata dai testimoni sono inaccessibili. Vedi tabelle pag 133. 20 9.2. Le sequenze stratigrafiche in archeologia Il fine primario dello studio della stratificazione di un sito è la costruzione di una sequenza stratigrafica, che può essere definita come la sequenza della deposizione di strati o della creazione di superfici in sè su sito nel corso del tempo. A differenza della maggior parte delle colonne stratigrafiche geologiche, la sequenza stratigrafica sulla maggioranza dei siti archeologici non coincide direttamente con l'ordine fisico della stratificazione, quale è indicato dalle sezioni. E' piuttosto la trasposizione di quelle relazioni fisiche in un sistema di relazioni successive astratte. Le regole per questa trasposizione: innanzitutto, si devono definire i rapporti di sovrapposizione tra determinati strati. Quali possono non aver alcun diretto legame fisico e, di conseguenza, non ci sarà problema di sovrapposizione. Oppure uno può giacere sopra o sotto l'altro, e infine due strati possono essere messi in relazione poichè costituivano originariamente parti di un singolo deposito. Poiche le sequenze stratigrafiche sono astrazioni, esse possono essere esposte per iscritto o attraverso diagrammi schematici. Fino a poco tempo fa le esposizioni scritte, i diagrammi generici o le tabelle erano i metodi preferiti. Invece, il metodo del matrix di Harris, consente di produrre diagrammi schematici capaci di indicare tutti i dettagli della sequenza stratigrafica. (intero procedimento a fig.28 pg. 136). La sequenza stratigrafica è stata definita come la sequenza della deposizione di strati e della creazione di superfici in sè nel corso del tempo, tenendo conto ovviamente che le interfacce non possono essere scavate ma solo documentate e distrutte. La sequenza stratigrafica si riflette nel procedimento dello scavo stratigrafico. Questo procedimento mira a rimuovere gli strati nell'ordine inverso a quello in cui essi si sono deposti. Con un piccolo sforzo le sequenze stratigrafiche nello stile del matrix di Harris possono quindi essere costruite via via nel corso dello scavo. Poichè ogni strato è rimosso mediante scavo stratigrafico, il suo numero può essere collocato nella giusta posizione stratigrafica all'interno di un diagramma(matrix) che a mano a mano si accresce, appeso sulla parete della baracca del cantiere di scavo. Il diagramma verrà costruito dall'alto verso il basso, cioè dal punto più recente verso il più antico, ad imitazione del procedimento dello scavo stratigrafico. A parte le esperienze in materia esposte dalla Kenyon o da Alexander vi è anche un piccolo aiuto alla costruzione delle sequenze stratigrafiche che deriva dalle leggi generali della stratigrafia archeologica. Fino a poco tempo fa solo una di queste leggi era stata formulata esplicitamente: la legge di sovrapposizione, la quale afferma che: di due depositi, considerati nelle loro condizioni originarie, lo strato superiore più recente di quello inferiore. Si tratta di una legge riguardante la datazione relativa di ciascuna coppia di strati, posti in diretto contatto fisico nelle condizioni originarie di deposizione. Tuttavia, questa prende in considerazione le relazioni nel tempo di tutte le unità stratigrafiche di un sito e non solo quelle di due determinati depositi. In certa misura, la costruzione delle sequenze stratigrafiche può ricevere qualche aiuto da una nuova legge della stratigrafia archeologica, la legge della successione stratigrafica. 9.3. Messa in fase e periodizzazione L'operazione di messa in fase consiste di due parti: 21 I. La prima è la costruzione della sequenza stratigrafica. risulta dalle correlazioni stratigrafiche, dallo studio dei rapporti di sovrapposizione e dall'applicazione della legge di successione stratigrafica. Questo stadio della ricerca si basa interamente sull'analisi dell'evidenza stratigrafica, cioè a dire dell'evidenza delle interfacce. Non si tiene affatto conto di alcun dato culturale o storico e tutti i procedimenti di questo livello d'analisi possono essere condotti nel corso dello scavo. Il loro fine è la produzione di una sequenza stratigrafica, niente di più e niente di meno. II. La seconda è la suddivisione di quella sequenza in fasi e periodi che può aver luogo nel corso dello scavo o in un momento successivo, a seconda dei tipi di correlazione complessiva che vengono effettuati. In altre parole, gli strati e le interfacce vengono raggruppati sulla base della loro posizione stratigrafica e di qualunque altro criterio rilevante, come la somiglianza fra i reperti contenuti in parecchi strati differenti. Come sempre la stratificazione archeologica è un problema di strati e di interfacce, di deposizione e non deposizione o di erosione. La periodizzazione della stratificazione deve quindi contenere periodi di deposizione e periodi di non deposizione. Detta più semplicemente, su un sito ci saranno in alcune epoche varie attività edilizie, in altre la superficie del terreno sarà usata solamente per attività di vita quotidiana. La maggior parte degli archeologi danno solo un tacito assenso ai periodi costituiti dalle interfacce; sono questi, tuttavia, che vengono rappresentati da ogni singola pianta composita. I loro periodi sarebbero, in poche parole, i periodi di deposizione. Le sezioni rappresentano al meglio i periodi di deposizione, le piante quelli di non deposizione. Le operazioni di correlazione e messa in fase (lo studio della sovrapposizione), la costruzione delle sequenze stratigrafiche e la periodizzazione di queste ultime sono tra i compiti più importanti che uno scavatore si debba assumere; essi restano comunque gli ultimi a essere compresi. Inoltre, il rinvio di queste operazioni al periodo successivo allo scavo ha consentito agli scavatori di evitare di assicurare l'esecuzione delle documentazioni stratigrafiche più accurate possibili. 10. MANUFATTI, SEQUENZE STRATGRAFICHE E CRONOLOGIA Molte interfacce sono superfici di strati, i quali contengono reperti mobili di ogni tipo. L' analisi di questi reperti, sia naturali che umani, conferisce validità culturale, ambientale e cronologica al carattere della stratificazione di un sito nel tempo e nello spazio. Le analisi di questi reperti devono basarsi sulla sequenza stratigrafica del sito, poichè questa indica le posizioni in cui essi furono rinvenuti nei successivi depositi. Le sequenze stratigrafiche che sono costruite senza alcun riferimento ai materiali contenuti negli strati e nessun risultato proveniente dallo studio dei manufatti può cambiare i rapporti stratigrafici osservati in queste sequenze. La mancanza di una distinzione tra gli eventi stratigrafici i reperti ha portato a dare importanza a falsi tipi di stratigrafia che vedremo adesso. 10.1.Aspetti non-storici dei reperti I geologi individuano tre tipi di fossili che ricorrono negli strati geologici. “Fossili provenienti da rocce di una determinata epoca sono stati frequentemente erosi, trasportati e ridepositati in sedimenti di età più recente. I fossili rimaneggiati possono quindi trovarsi mescolati a fossili che sono in giacitura primaria. In alcune circostanze le rocce possono contenere fossili più recenti della 22 Il fine degli studi sui materiali è anche quello di fornire una cronologia per singoli strati ed interfacce, fasi e periodi. Con questo mezzo le sequenze stratigrafiche relative possono essere agganciate alla cronologia della storia umana calcolata in anni. Senza le indicazioni cronologiche fornite dai resti in essa contenuti, le sequenze stratigrafiche dei siti archeologici hanno una scarsa validità storica o culturale. Parte terza. Appendici UNO SCHEMA MODERNO PER LA DOCUMENTAZIONE SULLO SCAVO Quando si comincia il lavoro di scavo si deve decidere in primo luogo quale metodo seguire, se si debba procedere per strati o per livelli arbitrari. Su molti siti può essere necessario adottare entrambi i metodi. Dopo aver iniziato lo scavo si dovrà porre molta attenzione ai vari tipi di unità stratigrafica che si presenteranno:  lo strato naturale,  lo strato artificiale,  lo strato verticale,  la superficie in sè orizzontale  e la superficie in sè verticale. Iniziando dalle unità più tarde e procedendo a ritroso verso le unità stratigrafiche più antiche, tutte le unità ora menzionate devono essere numerate. In determinate occasioni può essere necessario assegnare un numero ulteriore e ciò per un motivo particolare: ad esempio, per documentare oggetti rinvenuti in superficie. È sufficiente avere una sola serie di numeri nella documentazione. Se si desidera identificare una particolare unità stratigrafica in ragione della sua funzione, il rinvio può essere fatto, per esempio, a "fossa, unità stratigrafica 30", piuttosto che mantenendo una serie di numeri separata per le fosse o per altre categorie. Tenendo a mente le leggi di sovrapposizione, di orizzontalità originaria e di continuita originaria, si deve quindi prestare attenzione ai rapporti stratigrafici di ciascuna unità, registrati in modo semplicissimo sulle schede prestampate. Andranno ricercati tre tipi di relazioni: quelle con le unità soprastanti o sottostanti e quelle con le unità che possono essere stratigraficamente in rapporto di eguaglianza con l'unità presa in esame. Al tempo stesso dovranno essere notati la composizione del suolo e i reperti contenuti nell'unità stratigrafica. Prima di iniziare effettivamente lo scavo dell'unità, sarà stata fatta una pianta della sua superficie. Questa può essere di due tipi, composta o di strato. Su siti complessi con molti depositi sovrapposti sarà meglio usare la pianta di strato, ed ogni unità dovrebbe essere messa in pianta. In seguito, dall'insieme delle piante di tutte le unità potranno essere ricavate le piante composite. Una volta cominciato lo scavo dell'U.S, la posizione in cui sono stati rinvenuti i reperti mobili può essere registrata su una copia della pianta di strato e, contemporaneamente, può essere disegnata anche una sezione dell'unità stratigrafica. Se l'unità è compresa in una sezione fondamentale del sito, può essere disegnata usando il metodo della sezione cumulativa. 25 La resa grafica convenzionale per le sezioni e le piante sarà diversa da sito a sito a seconda della natura del sottosuolo e dei materiali edilizi impiegati. Su tutti i siti, tuttavia, le convenzioni stratigrafiche fondamentali rimangono le stesse: - limite di strato - Interfaccia di distruzione - - - - - - - - - - - - - Numero di unità stratigrafica - Quota ^ 23,45m - Limite dello scavo - - - . - - - . - - - . - - - . - - - . - - - . - - - . Per ciascuna U.S su ogni sito si dovrà compilare la seguente documentazione fondamentale per andare incontro alle esigenze della stratigrafia: - una descrizione scritta della composizione dell'unità e una nota di tutti i suoi rapporti fisici; - una pianta che indichi i profili della superficie, le quote (o rilievo topografico della unità stratigrafica) e le aree dell'unità distrutte da elementi più tardi; - una sezione dell'unità che indichi i suoi limiti o contorni di superfici e la composizione del terreno; - una pianta della disposizione dei ritrovamenti provenienti dall'unità. A mano a mano che una nuova unità stratigrafica verrà messa in luce potrà essere documentata allo stesso modo. La compilazione di tale documentazione basilare non esclude nè rende inutile la messa in pianta dettagliata o il disegno di sezioni fondamentali, quando ciò possa sembrare appropriato; si tratta semplicemente di una documentazione primaria che vorebbe assicurare che su un sito ogni unità stratigrafica sia stata registrata ad un livello essenziale compatibile con i principi stratigrafici moderni. Solamente da questa documentazione basilare può essere ricostruita la sequenza stratigrafica, dalla quale devono prendere le mosse tutte le altre analisi. Dopo la costruzione di queste sequenze può avere inizio l'analisi dei reperti. Nel corso dello scavo è possibile che alcuni dei ritrovamenti siano stati oggetto di un'indagine preliminare. Dal momento che queste osservazioni dovrebbero esser condotte tendendo a mente la sequenza stratigrafica della particolare area del sito dalla quale i reperti provengono, una scheda del matrix di Harris, può essere di qualche aiuto, in quanto fornisce un diagramma nel quale può venir sistemata la sequenza insieme ad alcuni commenti sui reperti proveniente dalle varie U.S. Quando i reperti sono stato analizzati, lo scavatore può rivolgere la sua attenzione alla stesura del rapporto di scavo. LO SVILUPPO DEL MATRIX DI HARRIS "Il metodo funzionava più o meno in questo modo: le documentazioni venivano esaminate per il loro dati stratigrafici, disposti insieme su diagrammi molto rudimentali; una volta definiti i periodi raggruppando gli strati nei diagrammi, si elaboravano degli appunti per la messa in fase e i 26 diagrammi rudimentali venivano accantonati; gli appunti per la messa in fase divenivano il punto di riferimento per tutto il lavoro successivo." Il metodo del matrix è esposto a fig. 13 pg. 94. ed è molto semplice: esso si basa sul fatto che due qualsiasi U.S o non hanno rapporti stratigrafici, o giacciono l'una sovrapposta all'altra o possono essere correlate come parti di un deposito originariamente unitario. Queste semplici definizioni costituiscono l'essenza dei principi della cronologia relativa. Era comunque spesso difficile rappresentare sotto forma di matrix le relazioni stratigrafiche documentate. Allorché ritenni che il sistema del matrix fosse valido sul piano teorico rilevai anche che le difficoltà che sorgevano nella sua applicazione erano dovute alla scorrettezza dei dati stratigrafici, per esempio a semplici errori di copiatura della numerazione. A un livello più generale, le difficoltà potevano essere dovute a una mancanza di comprensione dei principi della stratigrafia archeologica dalla quale sarebbero potuti derivare anche errori nella documentazione. Cominciai pertanto ad esaminare i principi della stratigrafia archeologica in relazione alla loro eventuale rappresentazione nei diagrammi stratigrafici. Il termine matrix non ha ovviamente alcun significato matematico, ma si riferisce piuttosto genericamente a uno schema nel quale possono trovare posto le diverse relazioni stratigrafiche: riandando al passato, il matrix di Harris è di scarso valore se confrontato con i principi della stratigrafia archeologica dai quali dipende in senso assoluto qualsiasi rappresentazione delle sequenze stratigrafiche di un sito. Alcuni dei problemi stratigrafici che si evidenziano risultavano da una documentazione incompleta o confusa. Documentazione incompleta significa che un'U.S presenterà un solo (o nessuno) rapporto di sovrapposizione nella sua documentazione nonostante che essa fosse chiaramente stratificata al momento dello scavo. Una documentazione confusa si ha quando il riempimento di una fossa e la fossa stessa ricevono lo stesso numero e vengono descritti sotto lo stesso esponente. Da qui deriva un dilemma stratigrafico al momento della costruzione della sequenza stratigrafica del sito, poichè lo scavatore ha a disposizione un solo numero per due distinte U.S. La fossa di fondazione rappresenta la prima zione, seguita dal muro, seguito dal terreno marrone (strato 12). Se lo scavatore pone lo strato 12 nella sequenza come più recente del muro (posizione corretta), allora la fossa di fondazione non troverà posto nella sequenza, poichè è stata numerata come parte dello strato 12. Se lo strato 12 è considerato più antico del muro (cioè nel suo aspetto di fossa di fondazione), allora il riempimento, cioè lo strato stesso, sarà messo in fase in una posizione troppo antica. Da questi problemi derivò il primo importante progresso che fu costituito dall'individuazione della superficie in sè verticale come unità stratigrafica indipendente. Queste interfacce sono un tipo di strato astratto e pertanto avrebbe dovuto essere numerate ed aver il consueto corredo di rapporti stratigrafici. Al tempo stesso, divenne evidente che alcuni rapporti di sovrapposizione erano più importanti di altri e che certi legami stratigrafici sui matrix erano ridondanti e potevano quindi essere eliminati. Questo passo in avanti permise di spezzare le relazioni stratigrafiche circolari che risultavano quando gli strati nel fondo di una fossa venivano connessi con un rapporto di sovrapposizione con i depositi molto più antichi che formavano i lati e il fondo della fossa medesima. Un altro passo avanti consistette nel riconoscimento di ciò che effettivamente rappresentavano i diagrammi esposti negli schemi grafici del matrix. All'inizio ci si riferiva ad essi come a "grafici degli strati" poi come a "insieme di strati". Alla fine, si comprese che erano illustrazioni delle sequenze stratigrafiche dei siti archeologici. Un altro passo in avanti riguardò il valore stratigrafico delle piante rispetto alle sezioni e su questo punto io devo molto a Laurence Keen e alle sue insistenti argomentazioni in materia, che ebbero come risultato una documentazione sperimentale condotta usando la pianta di strato. La pianta di 27
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