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Il Processo Penale: Prova e Onere della Prova, Appunti di Diritto Processuale Penale

Il ruolo della prova e dell'onere della prova nel processo penale italiano. Il giudice decide se un fatto storico è conforme al fatto tipico previsto dalla legge, mentre le parti possono ricercare prove per dimostrare la credibilità o l'inattendibilità di fonti o elementi di prova. Il termine prova ha diversi significati, tra cui 'fonte di prova', 'mezzo di prova', 'elemento di prova' e 'indizio'. Le leggi scientifiche possono essere usate come indizi. Il procedimento probatorio è regolamentato dal codice e spetta alle parti ricercare le fonti e introdurre i mezzi di prova. L'imputato ha diritto alla prova contraria e all'onere di provare la mancanza di credibilità delle fonti o dell'inattendibilità delle prove d'accusa. Il principio del libero convincimento permette al giudice di motivare gli elementi della prova e la credibilità delle fonti.

Tipologia: Appunti

2011/2012

Caricato il 30/03/2012

giuseppe87
giuseppe87 🇮🇹

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Scarica Il Processo Penale: Prova e Onere della Prova e più Appunti in PDF di Diritto Processuale Penale solo su Docsity! CAPITOLO III – PRINCÌPI GENERALI SULLA PROVA Il codice del 1988 ha accolto, sia pure con temperamenti, la scelta del sistema accusatorio. Al giudice è riservato il potere di decidere; alle parti è attribuito il potere di ricercare le prove, di chiederne l’ammissione, di contribuire alla formazione delle stesse. Il giudice prima accerta se è avvenuto il fatto storico che è stato addebitato all’imputato e se questi ne è responsabile; poi interpreta la norma incriminatrice al fine di ricavarne quale è il fatto tipico punibile; infine, valuta se il fatto storico, che ha accertato, è “conforme” al fatto tipico previsto dalla legge. Dal punto di vista formale, la decisione pronunciata dal giudice si presenta come una “sentenza”. Essa è composta da una motivazione e da un dispositivo. Nella motivazione il giudice, in base alle prove che sono state acquisite nel corso del processo, ricostruisce il fatto storico commesso dall’imputato (motivi “in fatto”); quindi interpreta la legge e precisa il “fatto tipico” previsto dalla norma penale incriminatrice (“motivi “in diritto”); infine valuta se il fatto storico rientra nel fatto tipico (giudizio di conformità). Nel dispositivo il giudice trae le conseguenze dal giudizio di conformità: se il fatto storico commesso dall’imputato è conforme al fatto tipico previsto dalla norma incriminatrice, il giudice condanna (533); se il fatto storico non è conforme al fatto tipico, il giudice assolve l’imputato con una delle formule previste dal codice (530). Il giudice ricostruisce il fatto storico usando come strumento la ragione. “Provare” vuol dire indurre nel giudice il convincimento che il fatto storico sia avvenuto in un determinato modo. Tale fatto deve essere rappresentato al giudice mediante altri fatti. La prova è quel procedimento logico in base al quale da un fatto noto si deduce l’esistenza del fatto storico da provare e le modalità con le quali si è verificato. Il risultato di una prova deve essere messo a confronto coi risultati di altre prove: se vi è una contraddizione, questa deve essere risolta. Infine, il giudice deve riportare nella motivazione il percorso logico che ha seguito nella ricostruzione del fatto storico. L’accertamento, effettuato dal giudice, può dar luogo a due soluzioni alternative. Può consistere in un giudizio sull’esistenza di un fatto storico così come esso è stato descritto nell’imputazione; oppure, in un giudizio che esclude che il fatto storico si sia verificato nel modo ipotizzato nell’imputazione. In ogni caso si tratta di un giudizio su di un fatto e non sul diritto. Con il giudizio di conformità il giudice valuta se il fatto storico, ricostruito mediante prove, è conforme al fatto tipico previsto e sanzionato dalla norma penale incriminatrice. Se il fatto storico non rientri nel fatto tipico, il giudice proscioglie l’imputato; se conforme al fatto tipico, il giudice condanna l’imputato. Prova e indizio Il termine prova può avere almeno quattro diversi significati: a. fonte di prova è tutto ciò che è idoneo a fornire un elemento di prova (una persona o una cosa); b. mezzo di prova è lo strumento col quale si acquisisce al processo un elemento che serve per la decisione (ad es. mezzo di prova è una testimonianza); c. elemento di prova è l’informazione (intesa come dato grezzo) che si ricava dalla fonte di prova; d. il giudice valuta la credibilità della fonte e l’attendibilità dell’elemento ottenuto, ricavandone un risultato probatorio. PAGE 7 Sono oggetto di prova i fatti che si riferiscono all’imputazione, alla punibilità, alla determinazione della pena. Sono altresì oggetto di prova i fatti dai quali dipende l’applicazione di norme processuali; si tratta ad es. dei fatti che servono per stabilire la credibilità di una persona che rende dichiarazioni. Col termine prova rappresentativa (o “prova in senso stretto”) si fa riferimento a quel procedimento logico che dal fatto noto ricava, per rappresentazione, l’esistenza del fatto da provare. Ad esempio, Tizio riferisce di aver visto Caio sparare. Il fatto noto è la dichiarazione di Tizio, che narra quanto ha visto. Il fatto storico è ricavabile in via diretta dalla dichiarazione. Il giudice deve valutare l’affidabilità della fonte e l’attendibilità. Detta valutazione è operata tramite l’esame incrociato (domande, contestazione). Col termine indizio (definito anche prova logica o prova critica) si allude a quel procedimento mediante il quale, partendo da un fatto provato (la circostanza indiziante), si ricava, attraverso massime di esperienza o leggi scientifiche, l’esistenza di un fatto storico da provare. La massima di esperienza è una regola di comportamento che esprime quello che avviene nella maggior parte dei casi: essa è una regola che è ricavabile da casi simili al fatto noto (circostanza indiziante). Si ragiona in base al principio: “in casi simili, vi è un identico comportamento”. Il ragionamento deduttivo si basa sulle leggi della logica elaborate fin dai tempi di Aristotele (384-322 a.C.); esso parte dal generale per arrivare al particolare. Il ragionamento induttivo parte da casi particolari per arrivare al generale. Il ragionamento abduttivo muove da un fatto particolare per arrivare ad affermare l’esistenza di un altro fatto particolare, che costituisce l’antecedente causale del primo, passando attraverso una regola scientifica o di comune esperienza. Anche le leggi scientifiche che appartengono al patrimonio conoscitivo comune dell’uomo medio possono essere usate dal giudice nel suo ragionamento sul fatto. Viceversa, in materie che richiedono specifiche competenze tecniche, il giudice deve affidarsi a persone che hanno conoscenze specialistiche in quella determinata disciplina. Le leggi scientifiche hanno la caratteristica della generalità, della sperimentabilità e della controllabilità, mentre le regole di comune esperienza sembrano essere carenti dei predetti caratteri. L’indizio non è una prova minore, bensì una prova che deve essere verificata. Esso è idoneo ad accertare l’esistenza di un fatto storico di reato solo quando sono presenti altre prove che escludono una diversa ricostruzione dell’accaduto. Il principio è formulato nel 192.2: L’esistenza di un fatto non può essere desunta da indizi a meno che questi siano gravi, precisi e concordanti. La gravità degli indizi attiene al grado di convincimento: è grave l’indizio resistente alle obiezioni. Gli indizi sono precisi quando non sono suscettibili di altre diverse interpretazioni. Infine, gli indizi sono concordanti quando convergono tutti verso la medesima conclusione. Se l’oggetto della prova è un fatto incompatibile con la ricostruzione del fatto storico operata nell’imputazione, è sufficiente anche un solo indizio: intendiamo riferirci all’alibi . Il procedimento probatorio Il procedimento probatorio è regolamentato dal codice nei fondamentali momenti della ricerca, dell’ammissione, dell’assunzione e della valutazione della prova. La ricerca delle fonti di prova spetta alle parti: in primo luogo al p.m., sul quale incombe l’onere della prova, e cioè l’onere di convincere il giudice della reità dell’imputato; successivamente spetta PAGE 7 Il principio di immediatezza è attuato quando vi è un rapporto privo di intermediazioni tra l’assunzione della prova e la decisione finale sull’imputazione. Il principio del contraddittorio comporta la partecipazione delle parti alla formazione della prova. L’oralità è funzionale al contraddittorio perché permette il massimo della dialettica processuale. Ex 111.4 Cost. Il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova. Il 111.5 ha tipizzato le situazioni eccezionali nelle quali è possibile derogare al principio del contraddittorio: esso dichiara che La legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell’imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita. Questione pregiudiziale Si parla di “questione pregiudiziale”, quando vi è una questione dalla cui soluzione dipende o meno l’esistenza di un elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice che deve essere applicata. Il codice di regola attribuisce al giudice penale il potere di risolvere ogni questione da cui dipende la decisione sia sull’esistenza del reato, sia sull’applicazione di una norma processuale (2.1). Quando la questione pregiudiziale ha per oggetto una controversia sullo stato di famiglia e di cittadinanza, il giudice penale è vincolato ai limiti di prova stabiliti dalle leggi civili. Invece quando la questione pregiudiziale ha un qualsiasi altro oggetto, il giudice penale non è vincolante ai limiti della prova posti nella relativa materia, bensi applica le regole probatorie del processo penale. Il giudice, lo storico e lo scienziato. Gli studiosi si dividono tra quanti ritengono che il giudice nel decidere assomigli di più allo storico e quanti vedono una maggiore somiglianza con lo scienziato. Il giudice svolge un ragionamento differente da quello dello storico e dello scienziato. Il compito dello storico è quello di ricostruire come si è svolto un fatto che è avvenuto nel passato e che ha cessato di esistere. Si tratta di un fatto non ripetibile, che può essere conosciuto soltanto attraverso le tracce degli uomini. Il compito dello scienziato è quello di esaminare un fatto che è ripetibile nel senso che è riproducibile. Il giudice utilizza volta in volta i metodi dello storico perché il fatto di reato non è ripetibile ed appartiene al passato, il giudice lo conosce tramite prove, l’attività dello storico è libera, mentre quella del giudice è vincolata da regole legali. Inoltre lo storico accerta quei fatti che a lui sembrano utili per ricostruire un macroevento. Viceversa, il giudice accerta un fatto singolo al fine di valutare la responsabilità penale. Lo storico non ha limiti di tempo può anche sospendere il proprio giudizio, invece, il giudice deve svolgere il processo entro un termine e non può sospendere il processo. Il giudice presenta spetti differenti rispetto a quello dello scienziato, anche se il giudice può utilizzare il sapere dello scienziato. Lo scienziato esamina un fatto naturale che è riproducibile, invece, il giudice esamina un fatto naturale non riproducibile da determinate da tali persone. PAGE 7 Specialmente nel processo penale dell’era tecnologica, accade di frequente che il giudice entri in contatto con il metodo scientifico per conoscere o per valutare una prova (esp: perito). Ma può accadere che lo scienziato entri in contatto con il metodo storico. Ciò avviene quando il fenomeno, che deve esaminare, è avvenuto nel passato. L’evoluzione del concetto di scienza. Possiamo affermare che fino alla metà del secolo scorso è stata accolta una concezione positivistica della scienza. In base alla filosofia positivistica la scienza era considerata: • illimitata, perché si riteneva che ogni singola legge aveva un valore generale e assoluto • completa, perché la singola legge era idonea a spigare l’intero andamento di un fenomeno • infallibile, perché non poteva sbagliare. Già dagli studi degli anni 40 si è iniziata a mettere in crisi questa concezione. Si è contestata che la scienza è: • limitata, perché la legge scientifica può cogliere un limite di aspetti • incompleta, la legge viene aggiornata e modificata • fallibile, ogni legge scientifica ha un tasso di errore. PAGE 7
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