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Procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica e davanti al giudice di pace, Appunti di Diritto Processuale Penale

Riassunto completo del procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica e davanti al giudice di pace tratto dal libro Siracusano- Tranchina- Zappalà

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 24/06/2023

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Scarica Procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica e davanti al giudice di pace e più Appunti in PDF di Diritto Processuale Penale solo su Docsity! IL PROCEDIMENTO PER I REATI DI COGNIZIONE DEL TRIBUNALE MONOCRATICO L’ottavo libro del cpp è dedicato al procedimento per i reati attribuiti alla cognizione del tribunale in composizione monocratica. Nell’originario impianto questo libro racchiudeva la disciplina del procedimento davanti al pretore, organo di una giurisdizione penale considerata minore perché circoscritta ai reati meno gravi. Con il d.lgs n.254/1997 le competenze del pretore vengono trasferite al tribunale in composizione monocratica: tutto ciò però non tenendo conto del fatto che il tribunale in composizione monocratica veniva a conoscere non solo dei reati che erano stati in passato di competenza del pretore ma anche di reati più gravi che potevano essere puniti con la reclusione fino a 20 anni. Quindi, considerato che questi reati venivano sottratti al giudizio di un organo collegiale, con il conseguente sacrificio sul piano della garanzia di imparzialità del giudice a fronte di una massima semplificazione di tale rito, il legislatore interviene nel 1999 con un duplice intervento correttivo: - Viene ristretto l’ambito di cognizione del tribunale in composizione monocratica ai reati puniti con la reclusione non superiore a 10 anni (anziché 20) - Venne precisato che per alcuni reati (quelli puniti con pena detentiva nel massimo a 4 anni o con la multa) si applicava la disciplina del procedimento pretorile, mentre per altri (reati puniti con pena superiore) si procedeva con le regole del rito avanti al tribunale in composizione collegiale. Rito con citazione diretta a giudizio Quando il pm ritiene di dover promuovere l’azione penale, nessun problema si pone per i procedimenti con udienza preliminare nei quali si applicherà l’art.405. Viceversa ove si tratti di procedimenti per i quali l’udienza preliminare è esclusa, l’art.550 prevede che il pm eserciti l’azione penale con un decreto di citazione diretta a giudizio. Nel caso in cui sussista un vincolo di connessione con i procedimenti che contemplano l’udienza preliminare il pm eserciterà l’azione formulando per tutti la richiesta di rinvio a giudizio: qui la vis attractiva opera nella direzione del rito maggiormente garantito. Se il pm ha esercitato l’azione penale con citazione diretta per un reato per il quale è prevista l’udienza preliminare la violazione di rito può essere fatta valere solo se proposta dalle parti e entro il termine del compimento delle formalità d’apertura del dibattimento in sede di trattazione delle questioni preliminari. Perché? Perché è l’imputato che si vede privato di una fase estramamente importante per la propria attività difensiva. L’adozione del decreto di citazione a giudizio spetta al pm, perché qui manca l’udienza preliminare. L’imputato si vede cosi privato del diritto di ottenere quella verifica giurisdizionale sulla fondatezza o meno dell’imputazione che nel procedimento ordinario potrebbe talvolta concludersi con una sentenza di non luogo a procedere. Il decreto è emesso entro 30 giorni dalla chiusura delle indagini preliminari. Fra l’emissione del decreto e la data di comparizione davanti al tribunale non deve intercorrere un lasso temporale superiore ai 90 giorni. Il decreto di citazione a giudizio contiene: a) le generalità dell'imputato o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonché le generalità delle altre parti private, con indicazione dei difensori; b) l'indicazione della persona offesa, qualora risulti identificata; c) l'enunciazione del fatto, in forma chiara e precisa, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza; d) l'indicazione del giudice competente per l'udienza di comparizione predibattimentale nonché del luogo, del giorno e dell'ora della comparizione, con l'avvertimento all'imputato che non comparendo sarà giudicato in assenza; e) l'avviso che l'imputato ha facoltà di nominare un difensore di fiducia e che, in mancanza, sarà assistito dal difensore di ufficio; f) l'avviso che, qualora ne ricorrano i presupposti, l'imputato , può chiedere prima dell’apertura del dibattimento di primo grado, il giudizio abbreviato e l’applicazione di pena o formulare domanda di oblazione; g) l'avviso che il fascicolo relativo alle indagini preliminari è depositato nella cancelleria del giudice e che le parti e i loro difensori hanno facoltà di prenderne visione e di estrarne copia; h) la data e la sottoscrizione del pubblico ministero e dell'ausiliario che lo assiste ; h-bis) l'avviso che l'imputato e la persona offesa hanno facoltà di accedere a un programma di giustizia riparativa. 1-bis. Nessun cenno è invece fatto alla possibilità per l’imputato di chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova: si tratta di una dimenticanza colmata dall’art.159 n.att.cpp che attribuisce al pm il compito di indicare nel decreto di citazione a giudizio i procedimenti speciali. Il decreto di citazione è notificato , a pena di nullità, all'imputato, al suo difensore e alla parte offesa almeno 60 giorni prima della data fissata per l'udienza di comparizione predibattimentale. Nei casi di urgenza, di cui deve essere data motivazione, il termine è ridotto a 45 giorni. Il decreto di citazione è depositato dal pubblico ministero nella segreteria, insieme al fascicolo contenente la documentazione relativa a tutte le attività compiute nel corso delle indagini. Nullità nei confronti del decreto di citazione a giudizio operano in parte le stesse nullità previste per il decreto con cui si dispone il giudizio: incertezza sull’identificazione dell’imputato, mancata o insufficiente enunciazione del fatto in forma chiara e precisa, omessa indicazione di alcuno dei dati che consentono la puntuale comparizione dell’imputato in giudizio. Ad esse se ne aggiungono poi altre: omissione dell’avviso relativo alla possibilità di scelta di un rito alternativo, omissione dell’avviso di facoltà di nomina del difensore di fiducia. Queste nullità sono sottoposte al regime di cui all’art.180: l’unica eccezione riguarda le nullità derivanti da un vizio che incida sulla vocatio in iudicium, le quali sono invece sottoposte al regime delle nullità assolute ex art.179 (es. mancata indicazione del giorno, dell’ora, del luogo di comparizione dell’imputato). La nullità del decreto di citazione ne impone la rinnovazione da parte del pm. Trasmissione degli atti al giudice Effettuate le notifiche del decreto di citazione a giudizio, lo stesso pm formerà il fascicolo per il dibattimento che viene trasmesso al giudice insieme al decreto. Del contenuto del fascicolo per il dibattimento si discuterà nel corso dell’udienza di comparizione dove le parti potranno concordare l’acquisizione di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, nonché della documentazione relativa all’attività di investigazione difensiva. Se devono essere compiuti atti urgenti nell’arco temporale che intercorre fra l’invio del fascicolo e il suo arrivo al giudice del dibattimento la competenza funzionale è attribuire al gip: è il caso dell’acquisizione di prove non rinviabili, dell’adozione di misure cautelari. a)  nell'udienza dibattimentale, da uditori giudiziari, da vice procuratori onorari addetti all'ufficio, da ufficiali di polizia giudiziaria diversi da coloro che hanno preso parte alle indagini preliminari, o da laureati in giurisprudenza che frequentano il secondo anno della scuola biennale di specializzazione per le professioni legali di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398; b)  per gli atti del pubblico ministero previsti dagli articoli 15 e 25, da vice procuratori onorari addetti all'ufficio; c) nei procedimenti in camera di consiglio di cui all'articolo 127 del codice di procedura penale, nei procedimenti di esecuzione ai fini dell'intervento di cui all'articolo 655, comma 2, del medesimo codice, e nei procedimenti di opposizione al decreto del pubblico ministero di liquidazione del compenso ai periti, consulenti tecnici e traduttori ai sensi dell'articolo 11 della legge 8 luglio 1980, n. 319, da vice procuratori onorari addetti all'ufficio. Per esercitare le funzioni di giudice di pace è richiesto il possesso dei seguenti requisiti: - Cittadinanza italiana - Esercizio dei diritti civili e politici - Essere di condotta incensurabile - Idoneità fisica e psichica - Età non inferiore a 27 anni e non superiore a 60 - Laurea in giurisprudenza L’art 4 individua la competenza per materia del giudice di pace agganciandola ad una serie di fattispecie delittuose o contravvenzioni disciplinate dal codice penale. (s.percosse, omissione di soccorso, somministrazione di bevande alcoliche a persone minorenni) La sua competenza è assoluta, infatti in ogni stato e grado del processo (anche in Cassazione) se si ritiene che un reato di competenza del giudice di pace sia stato erroneamente portato davanti alla cognizione del giudice togato, viene dichiarato con sentenza e viene ordinata la trasmissione degli atti al pm perché investa del reato stesso l’organo effettivamente competente (art 48). La legge, fa salva l’utilizzabilità da parte del giudice di pace delle prove acquisite dal giudice incompetente. Relativamente alla competenza per territorio, l’art 5 dispone che “Per i reati indicati nell'articolo 4, competente per il giudizio e' il giudice di pace del luogo in cui il reato e' stato consumato. Competente per gli atti da compiere nella fase delle indagini preliminari e' il giudice di pace del luogo ove ha sede il tribunale del circondario in cui e' compreso il giudice territorialmente competente.” Può accadere che si instauri un rapporto tra regiudicande di competenza alcune del giudice di pace ed altre del giudice comune diverso (tribunale o corte d’assise)o tutte di competenza del giudice di pace. L’esigenza di far confluire i vari accertamenti in un unico processo determinano il fenomeno della competenza per connessione:  Nel primo caso (connessione eterogenea) l’art 6 comma 1 precisa che “si ha connessione solo nel caso di persona imputata di più reati commessi con una sola azione od omissione (concorso formale di reati).” Sembra più conveniente un simultaneus processus per valutare complessivamente la personalità dell’imputato. In questo caso, l’art 6 comma 2 afferma che “per tutti i procedimenti connessi è competente il giudice superiore”, a meno che: - sia impossibile la riunione o - ci siano procedimenti di competenza del giudice di pace e procedimenti di competenza di un giudice speciale. Nell’ipotesi in cui, per effetto di connessione, un giudice diverso dal giudice di pace si trovi a dover giudicare un reato attribuito a quest’ultimo, dovranno essere irrogate le sanzioni previste per il procedimento davanti al giudice di pace (art 63).  Nel caso di regiudicande tutte di competenza del giudice di pace(connessione omogenea) questa connessione è limitata a 2 casi: - Che una persona sia imputata di più reati commessi con la sola azione o omissione; - Che più persone in concorso o in cooperazione tra loro abbiano commesso il reato per il quale si procede L’art 8 dispone: “Nei casi previsti dall'articolo 7, se i reati sono stati commessi in luoghi diversi, la competenza per territorio appartiene per tutti al giudice di pace del luogo in cui e' stato commesso il primo reato. Se non e' possibile determinare in tal modo la competenza, questa appartiene al giudice di pace del luogo in cui e' iniziato il primo dei procedimenti connessi.” Non risulta infatti applicabile in concetto di “maggiore gravità” del reato in quanto le sanzioni previste sono tutte dello stesso tipo. Ove si tratti di processi di competenza tutti del giudice di pace, la riunione può aversi, oltre che nei casi di regiudicande pendenti del vincolo connettivo avanti allo stesso giudice, anche: 1. Quando i reati siano commessi da più persone in danno reciprocamente l’una delle altre; 2. Quando più persone, con condotte indipendenti, abbiano determinato l’eventi; 3. Quando una persona sia imputata di reati in rapporto di continuazione; 4. Quando il giudice ritenga che la riunione giovi alla celerità e alla completezza dell’accertamento. Fase delle indagini preliminari La normativa che disciplina la cognizione dei reati devoluti al giudice di pace delinea due riti: - uno di generale applicazione che muove da una fase di indagini preliminari; - l’altro, limitato ai resti perseguibili a querela, nel quale la persona offesa può ricorrere direttamente al giudice per la citazione in giudizio dell’imputato. La fase delle indagini preliminari però è diversa rispetto a quella davanti ai giudici togati: infatti l’art 17 della legge delega prevede che l’attività d’indagine deve essere affidata esclusivamente alla polizia giudiziaria. In questa logica l’art 11 d.lgs prevede che “1. Acquisita la notizia di reato, la polizia giudiziaria compie di propria iniziativa tutti gli atti di indagine necessari per la ricostruzione del fatto e per l'individuazione del colpevole e ne riferisce al pubblico ministero, con relazione scritta, entro il termine di quattro mesi. (Differenze: “senza ritardo riferisce al pm; non “informativa di reato” ma un rapporto sull’esito delle indagini). Se la notizia di reato risulta fondata, la polizia giudiziaria enuncia nella relazione il fatto in forma chiara e precisa, con l'indicazione degli articoli di legge che si assumono violati (alla polizia viene riconosciuto il potere di suggerire al pm un’ipotesi di imputazione). Le stesse regole valgono nel caso in cui sia il pm a prendere conoscenza di un supposto reato: se ritiene che si debbano espletare indagini non sarà egli stesso a procedere ma trasmetterà la notitia criminis alla pg perché sia essa a svolgere le necessarie attività, impartendo direttive. Se ritiene che le indagini siano superflue richiederà l’archiviazione. Le disposizioni in materia di indagini vanno integrate con quelle del codice di rito, il quale tuttavia prevede che certi atti siano sottratti alla polizia ad esempio interrogatori, accertamenti non ripetibili ecc. A questo punto, la polizia giudiziaria chiederà l’autorizzazione al pm. Il pubblico ministero, se non ritiene di svolgere personalmente le indagini o singoli atti, può autorizzare la polizia giudiziaria al compimento degli atti richiesti. Segue poi l’iscrizione della notizia di reato, che ai sensi dell’art 14 può avvenire in due modi: a seguito della trasmissione della relazione di cui all'articolo 11, o anche prima di aver ricevuto la relazione fin dal primo atto di indagine svolto personalmente. Dall’iscrizione decorre il termine di 4 mesi per la chiusura delle indagini (art 16). Chiaramente trattasi di disposizione che ha senso unicamente se è il pm a condurre le indagini, perché se invece l’iscrizione avviene a seguito di relazione da parte della polizia, intervenendo tale relazione a conclusione dell’iter investigativo, è chiaro che nessuna decorrenza di termini potrà agganciarsi all’iscrizione. Quindi, comunque entro 4 mesi la polizia deve riferire al pm dei risultati delle attività compiute. Il secondo comma dell’art 16 prevede però che “Nei casi di particolare complessità, il pubblico ministero dispone, con provvedimento motivato, la prosecuzione delle indagini preliminari per un periodo di tempo non superiore a due mesi. Il provvedimento e' immediatamente comunicato al giudice di pace di cui all'articolo 5, comma 2, che se non ritiene sussistenti, in tutto o in parte, le ragioni rappresentate dal pubblico ministero, entro cinque giorni dalla comunicazione, dichiara la chiusura delle indagini ovvero riduce il termine indicato.” Il comma 3 conclude stabilendo che gli atti investigativi eventualmente compiuti dopo la scadenza del termine saranno inutilizzabili. Ai sensi dell’art 15 comma 2 se il pm ritiene che le indagini della polizia siano incomplete, può prorogarne i termini procedendo a tali attività anche direttamente. Come si diceva nell’art 16 comma 2, “Il provvedimento con cui il pm dispone la continuazione delle indagini per massimo 2 mesi e' immediatamente comunicato al giudice di pace di cui all'articolo 5, comma 2, che se non ritiene sussistenti, in tutto o in parte, le ragioni rappresentate dal pubblico ministero, entro cinque giorni dalla comunicazione, dichiara la chiusura delle indagini ovvero riduce il termine indicato.” Per giudice di pace non si intende colui che dovrà celebrare il dibattimento, bensì il c.d. “giudice circondariale” ossia il giudice del luogo dove ha sede il tribunale del circondario in cui è compreso il giudice territorialmente competente. Ai sensi dell’art 19 è sempre tale organo cui spetterà di pronunciarsi in materia di sequestri, valutare le richieste di autorizzazione delle intercettazioni, decidere su un’eventuale proposta di archiviazione, verificare le ragioni addotte dal pm al fine di ottenere un provvedimento di riapertura delle indagini. Un intervento dell’organo della giurisdizione in corso di indagini è previsto nell’eventualità in cui si renda necessaria l’assunzione di una prova non rinviabile: sarà ancora il giudice di pace circondariale a provvedere, su richiesta di parte, osservando le forme prescritte per il dibattimento, dopo aver dato avviso alla persona offesa e ai difensori, al fine di assicurare l’instaurarsi del contraddittorio. “Ricevuta la relazione di cui all'articolo 11, il pubblico ministero, se non richiede l'archiviazione, esercita l'azione penale, formulando l'imputazione e autorizzando la citazione dell'imputato”. La richiesta di archiviazione va presentata al giudice di pace circondariale (art 17). I presupposti che la giustificano sono gli stessi che sono previsti per il procedimento in tribunale: notizia infondata, manca la condizione di procedibilità, reato estinto, fatto non previsto dalla legge come reato, ignoto l’autore, indizi non idonei a sostenere l’accusa. A queste però si aggiunge un’ipotesi specifica: la particolare tenuità del fatto (art 34 comma 2) e cioè la scarsa rilevanza dell’interesse sociale alla punizione dell’autore del reato, in considerazione del trascurabile disvalore dell’illecito. È la stessa norma a chiarire che un fatto di particolare tenuità si delinea quando “rispetto all'interesse tutelato, l'esiguità del danno o del pericolo che ne e' derivato, nonché la sua occasionalità e il grado della colpevolezza non giustificano l'esercizio dell'azione penale, tenuto conto altresì del pregiudizio che l'ulteriore corso del procedimento può recare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute della persona sottoposta ad indagini o dell'imputato.” (comma 1). Il provvedimento di archiviazione è però possibile solo se “non risulta un interesse della persona offesa alla prosecuzione del procedimento.” (comma 2). citazione avanzata dalla polizia giudiziaria e il provvedimento autorizzativo del pm, atti dei quali deve essere data tempestiva comunicazione al difensore. Per i reati perseguibili a querela , la citazione in giudizio può essere effettuata anche direttamente dalla persona offesa con ricorso immediato al giudice di pace . Ciò è previsto per consentire all’offeso dal reato di giungere in tempi brevi all udienza , volta ad ottenere soddisfazione del torto subito , che per le vie ordinarie avrebbe sicuramente cadenze molto più lunghe . In questi casi la persona offesa viene emancipata dal ruolo statico e tutto sommato marginale che tradizionalmente riveste , per diventare “ protagonista del processo “ di cui ne fa l'incipit e scandisce le fasi successive. La vocazione in iudicium su istanza dell' offeso , presenta comunque una disciplina mista , in quanto pur rimanendo affidata al soggetto privato l'iniziativa ai fini dell’ instaurazione del giudizio , si demanda poi alle valutazioni del pubblico ministero se formulare o meno l’imputazione , confermando o eventualmente anche modificando l'addebbito ipotizzata dall' offeso . La citazione a giudizio ad opera della persona offesa va effettuata mediante un ricorso che deve contenere: - l’indicazione del giudice davanti al quale comparire - le generalità del ricorrente con l’indicazione del difensore - indicazione di altre eventuali persone offese - generalità della persona citata a giudizio - descrizione in forma chiara e precisa del fatto addebitato - documenti dei quali si vuole l’acquisizione e l’indicazione delle fonti di prova - richiesta di fissazione udienza - sottoscrizione della persona offesa o del suo legale rappresentate Questi requisiti sono previsti a pena di inammissibilità del ricorso. Il termine per la proposizione del ricorso, a pena di decadenza, è di 3 mesi dalla conoscenza del fatto che costituisce reato. Attivazione di due riti in contemporanea Nei commi successivi dell'articolo 22 , si fa riferimento all ipotesi di una possibile attivazione da parte dell' offeso, per lo stesso fatto , di due meccanismi di propulsione del procedimento penale, attraverso la presentazione sia della querela che del ricorso , il Che determinerebbe l'instaurarsi due riti , con possibili interferenze l'uno sull'altro . Caso in cui è stato presentato prima il ricorso e poi la querela la proposizione del ricorso rende inefficace la successiva proposizione della querela Caso in cui sia stata presentata prima querela e poi ricorso se per il medesimo fatto la persona offesa ha già presentato querela deve farne menzione nel ricorso, allegandone copia e depositando altra copia presso la segreteria del pm. Il giudice di pace dispone l'acquisizione della querela in originale. Dunque si procede nelle forme del ricorso evitando il rischio di una duplicazione di procedimenti , poiché nel momento in cui il pubblico ministero prenderà conoscenza della presentazione di un ricorso relativo ad un fatto per il quale esiste già una querela , curerà che , emesso dal giudice il decreto di convocazione delle parti in udienza , si ponga fine all attività di indagine che la querela aveva innescato. Sul ricorso presentato dalla persona offesa può intervenire il pm: infatti entro 10 giorni dalla comunicazione del ricorso PUO’ presentare le proprie richieste nella cancelleria del giudice di pace. Il suo intervento non è necessario. Se però decide di intervenire deve valutare preliminarmente che il ricorso presenti tutti i requisiti affinchè si possa incardinare la successiva fase del processo; diversamente formulerà l’imputazione e quindi promuoverà l’azione penale. Decorsi i 10 giorni assegnati al pm per la presentazione delle richieste, il giudice di pace può adottare gli opportuni provvedimenti sul ricorso per la citazione a giudizio, verificando che non sia inammissibile o manifestamente infondato. Se è inammissibile comunicazione di notitia criminis al pm Se il ricorso è presentato per un reato attribuito alla cognizione di un organo giurisdizionale diverso dal giudice di pace ordinanza con cui si trasmette al pm Se il ricorso è presentato ad un giudice di pace incompetente per territoriodichiara con ordinanza la propria incompetenza e restituisce gli atti al ricorrente, il quale, entro 20 giorni, deve reiterare il ricorso davanti al giudice competente, a pena di decadenza. Se il ricorso è ammissibile, entro 20 giorni dal suo deposito, il giudice emette decreto di convocazione in udienza del ricorrente e della persona nei cui confronti è mosso l’addebito (da questo momento assume la qualità di imputato). Tra il deposito del ricorso e il giorno fissato per l’udienza non devono intercorrere più di 90 giorni. Il decreto contiene: a) l'indicazione del giudice che procede, nonche' del luogo, del giorno e dell'ora della comparizione; b) le generalita' della persona nei cui confronti e' stato presentato il ricorso, con l'invito a comparire e l'avvertimento che non comparendo sara' giudicato in contumacia; c) l'avviso che ha facolta' di nominare un difensore di fiducia e che, in mancanza, sara' assistito dal difensore di ufficio; d) la trascrizione dell'imputazione; e) la data e la sottoscrizione del giudice e dell'ausiliario che l'assiste. Questi requisiti devono sussistere a pena di nullità. Il decreto, unitamente al ricorso, va notificato a cura del ricorrente, al pubblico ministero, alla persona citata in giudizio e al suo difensore almeno venti giorni prima dell'udienza. Una omissione o irregolarità della notificazione produce invalidità ai sensi dell’art.178 lett.b e c, mentre per quanto riguarda l’imputato è soggetta al regime delle nullità assolute ai sensi dell’art.179. Udienza di comparizione In questo caso manca l’udienza preliminare, per esigenze di funzionalità e massima semplificazione. L’udienza di comparizione richiede il rispetto di alcuni termini:  Almeno sette giorni prima della data fissata per l'udienza di comparizione, il pubblico ministero o la persona offesa nel caso previsto dall'articolo 21, depositano nella cancelleria del giudice di pace l'atto di citazione a giudizio con le relative notifiche.  Sempre entro 7 giorni le parti che intendono chiedere l'esame dei testimoni, periti o consulenti tecnici devono, a pena di inammissibilità, depositare in cancelleria le liste con l'indicazione delle circostanze su cui deve vertere l'esame. Una specifica disciplina è dettata dall'art 30 per l'ipotesi in cui nell'udienza di comparizione a seguito del ricorso, il ricorrente, o il suo eventuale procuratore speciale, non compaia e il giudice accerti che tale mancata comparizione non sia dovuta a impossibilità per caso fortuito o forza maggiore: in questo caso viene dichiarata con ordinanza l’improcedibilità del ricorso e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali. Tuttavia, l'imputato o la persona offesa non ricorrente che abbia presentato querela e che sia poi intervenuta nel processo a seguito della notifica del decreto di convocazione, potrebbero avere interesse ad ottenere una decisione giurisdizionale nel merito: in tal caso possono pretendere che, nonostante la mancata comparizione del ricorrente, si proceda egualmente al giudizio. Il procedimento avanti al giudice di pace può trovare, nel corso dell'udienza di comparizione, una definizione anticipata rispetto all'epilogo dibattimentale, alla quale è possibile pervenire attraverso gli istituti della conciliazione e dell'oblazione. Art 29: “4. Il giudice, quando il reato e' perseguibile a querela, promuove la conciliazione tra le parti. In tal caso, qualora sia utile per favorire la conciliazione, il giudice può rinviare l'udienza per un periodo non superiore a due mesi e, ove occorra, può avvalersi anche dell'attività di mediazione di centri e strutture pubbliche o private presenti sul territorio. In ogni caso, le dichiarazioni rese dalle parti nel corso dell'attività di conciliazione non possono essere in alcun modo utilizzate ai fini della deliberazione. In caso di conciliazione e' redatto processo verbale attestante la remissione di querela o la rinuncia al ricorso di cui all'articolo 21 e la relativa accettazione. Il dibattimento A conclusione dell'udienza di comparizione viene dichiarato aperto il dibattimento. Se è possibile far luogo direttamente al giudizio, il giudice valuta l'ammissibilità delle prove richieste, acconsentendo all'assunzione di quelle che non sono vietate dalla legge, superflue o irrilevanti, e invita le parti a indicare gli atti da inserire nel fascicolo per il dibattimento, secondo le disposizioni del 431 cpp. Le parti inoltre, ex art 29 comma 7, possono concordare l'acquisizione al fascicolo del dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, della documentazione relativa all'attività di investigazione difensiva, nonché della documentazione allegata al ricorso di cui all'articolo 21. Se occorre invece fissare altra udienza per il giudizio, il giudice autorizza ciascuna parte alla citazione dei propri testimoni o consulenti tecnici, escludendo le testimonianze vietate dalla legge e quelle manifestamente sovrabbondanti. La parte che omette la citazione decade dalla prova (29 comma 8). Il che non significa tuttavia che al giudice non sia consentito provvedere ex officio ai sensi dell'art 32 comma 2. “Il verbale d'udienza, di regola, e' redatto solo in forma riassuntiva”. La sentenza del giudice di pace: A) la declaratoria di esclusione della procedibilità nei casi di particolare tenuità del fatto Per quanto riguarda la motivazione, è previsto nell'art 32 comma 2 che sia “redatta dal giudice in forma abbreviata e depositata nel termine di 15 giorni dalla lettura del dispositivo. Il giudice può dettare la motivazione direttamente a verbale”. In forma abbreviata significa una redazione ispirata a criteri di brevità e chiarezza, evitando sovrabbondanti esposizioni dello svolgimento del processo e digressioni non necessarie in punto di diritto. La sentenza, che deve presentare i requisiti imposti dall'art 546, va sottoscritta, a pena di nullità sancita dal comma 3 di tale articolo, dal giudice che l'ha emessa o, in caso di suo impedimento, dal presidente del tribunale. Uno dei possibili epiloghi delle pronunce del giudice di pace è rappresentato (art 34 comma 3) dalla declaratoria di esclusione della procedibilità nei casi di particolare tenuità del fatto. Es. occasionalità, esiguità del danno o del pericolo che ne è derivato
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