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Procedimento di espropriazione, Sintesi del corso di Diritto Amministrativo

Procedimento di espropriazione

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 03/06/2021

PUCCIA_93
PUCCIA_93 🇮🇹

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Scarica Procedimento di espropriazione e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Amministrativo solo su Docsity! PROCEDIMENTO DI ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITÀ L’espropriazione per pubblica utilità = è il procedimento mediante il quale la Pubblica Amministrazione, al fine di soddisfare un interesse generale, acquista a titolo originario il diritto di proprietà o altro diritto reale su un bene privato, dietro pagamento di un indennizzo. Fonti normative: • Art. 42, comma 3 Cost. “la proprietà privata può essere, nei casi previsti dalla legge e salvo indennizzi, espropriata per motivi di interesse generale”. La norma tende a ricercare un equilibrio tra: 1. L’interesse del proprietario (privato) alla conservazione dei suoi diritti sul bene; 2. L’interesse della collettività (pubblico) alla utilizzazione del medesimo bene per fini di pubblico interesse. La predetta disposizione individua le condizioni e i presupposti per l’espropriazione: 1) Sussistenza di un INTERESSE GENERALE; 2) RISERVA DI LEGGE cioè l’espropriazione può essere disposta solo nei casi previsti dalla legge; 3) È necessario corrispondere un INDENNIZZO al privato che si vede privato e/o limitato il proprio diritto di proprietà sul bene a seguito, appunto, dell’espropriazione. • Art. 834 c.c. “nessuno possa essere privato in tutto o in parte dei beni di suo proprietà, se non per causa di pubblico interesse, legalmente dichiarata, e contro il pagamento di una giusta indennità”. → nel diritto civile l’espropriazione è un modo di acquisto della proprietà a titolo derivativo. • d.P.R. 327/2001 Testo unico in materia di espropriazione per pubblica utilità → l’espropriazione è espressione del potere ablatorio della p.A. ***** OGGETTO DELL’ESPROPRIAZIONE i beni immobili (e i relativi diritti) per l’esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità; i beni appartenenti al demanio pubblico (spiagge, porti, laghi, ecc), ma solo nel caso in cui essi abbiano subito una sdemanializzazione. I SOGGETTI DELL’ESPROPRIO FASI DEL PROCEDIEMNTO DI ESPROPRIAZIONE Sul piano logico – giuridico, l’espropriazione per pubblica utilità segue tre fasi: 1. la scelta dell’area da espropriare; 2. la decisione di cosa vada realizzato su quell’area; 3. il passaggio di proprietà dell’area dal soggetto privato alla p.a. Questo schema è così ridefinito nell’art. 8 T.U. espropriazione che stabilisce: “Il decreto di esproprio può essere emanato qualora: a) l’opera da realizzare sia prevista nello strumento urbanistico generale, o in un atto di natura ed efficacia equivalente, e sul bene da espropriare sia stato apposto il vincolo preordinato all’esproprio; b) vi sia stata la dichiarazione di pubblica utilità; c) sia stata determinata, anche se in via provvisoria, l’indennità di esproprio”. Quindi per ricapitolare le fasi sono: 1. apposizione del vincolo preordinato all’esproprio; 2. approvazione del progetto definitivo dell’opera da cui deriva l’effetto della dichiarazione di pubblica utilità; 3. determinazione, anche in via provvisoria, dell’indennità di esproprio; 4. emanazione del decreto di esproprio. Espropriato il soggetto pubblico o privato, proprietario del bene da espropriare; Autorità espropriante l’autorità amministrativa titolare del potere di espropriare (Stato, Regione, Provincia o Comune); Beneficiario dell’espropriazione il soggetto pubblico o privato al favore del quale è emesso il decreto di esproprio; Promotore dell’espropriazione il soggetto pubblico o privato che richiede l’espropriazione. Tale norma ha a oggetto esclusivamente un vincolo preordinato all’esproprio (vincoli ablatori – espropriazione traslativa) o un vincolo sostanzialmente espropriativo (vincoli conformativi – espropriazione larvata). VINCOLI CONFORMATIVI - non sono soggetti all’indennizzo; - limitazioni legali della proprietà (incidono profondamente sul contenuto del diritto di proprietà, ossia sul potere di godimento e di disposizione del bene, a tal punto da renderlo ad es. inutilizzabile, in rapporto alla destinazione inerente alla natura del bene es. bene storico. La proprietà del terreno resta del privato che, tuttavia, deve conformarsi e rispettare determinate condizioni per l’utilizzo del terreno. Tra queste condizioni possono rientrare: - la completa inedificabilità dell’area, - la limitazione dell’edificato - la tutela del bene ad opera del privato). VINCOLI ABLATORI - svuotano il diritto di proprietà su un bene (trasferimento del diritto di proprietà); - quindi indennizzo. L’art. 42, co. 2, Cost. fa espresso riferimento a quei vincoli che sono iscritti a uno statuto speciale per cui la proprietà privata risulta limitata. La proprietà privata può risultare limitata o dalla legge o da un provvedimento amministrativo che risulti espressione della discrezionalità tecnica, a cui la legge demanda il compito di individuare dei beni assoggettabili a tale disciplina (come nel caso dei vincoli storici di cui alla l. n. 1497/1939). L’ art. 42, co. 3, Cost: “La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale”. Il potere di reiterazione del vincolo può ritenersi legittimamente esercitato soltanto nel caso in cui la p.A. abbia preventivamente svolto un’istruttoria e abbia adeguatamente motivato la propria scelta, in misura idonea a escludere un contenuto vessatorio o comunque ingiusto dei relativi atti e/o provvedimenti, dimostrando di perseguire, effettivamente ed esclusivamente, un pubblico interesse. Quanto alla adeguatezza della motivazione, l’Adunanza Plenaria, con sentenza n. 7/2007, ritiene che essa vada valutata tenendo conto, tra le altre, delle seguenti circostanze (se trattasi di): a) VARIAZIONE GENERALE → nel caso in cui la P.A., in sede di adozione di una variante generale al P.U.G., reiteri “in blocco” i vincoli a contenuto espropriativo - decaduti per decorso di un quinquennio - già riguardanti una pluralità di aree, 1. la sussistenza di un attuale specifico interesse pubblico risulta dalla perdurante constatata insufficienza delle aree destinate a standard; 2. mentre l'assenza di un intento vessatorio si evince dalla parità di trattamento che hanno tutti i destinatari dei medesimi precedenti vincoli decaduti b) REITERAZIONE PARZIALE → se la reiterazione riguardi soltanto una parte delle aree già incise dai vincoli decaduti, mentre per l’altra parte non è disposta la reiterazione, perché ulteriori terreni sono individuati per il rispetto degli standard; c) se la reiterazione sia stata disposta per la prima volta sull’area in questione → Per la reiterazione di vincoli a contenuto espropriativo può ritenersi giustificata e/o sufficiente il richiamo da parte della PA alle originarie valutazioni. Quando invece, il rinnovato vincolo sia a sua volta decaduto la P.A. deve procedere con una ponderata valutazione degli interessi coinvolti, esponendo le ragioni che inducono a escludere i profili di eccesso di potere e ad ammettere l'attuale sussistenza dello specifico interesse pubblico. Quanto al rapporto tra provvedimento di reiterazione e previsioni dell’indennizzo, gli atti dei procedimenti di adozione e di approvazione di uno strumento urbanistico generale, comportanti la reitera di un vincolo preordinato all’esproprio, non devono necessariamente prevedere, a pena di illegittimità, la spettanza di un indennizzo in favore del proprietario delle aree interessate dallo stesso vincolo; i profili attinenti al pagamento dell’indennità non riguarda infatti la legittimità del procedimento ma attengono a questioni di carattere patrimoniale devolute alla cognizione del G.O. DICHIARAZIONE DI PUBBLICA UTILITÀ Tale dichiarazione è antecedente al decreto di esproprio, senza di questa qualsiasi successivo atto o provvedimento di natura ablatoria risulterebbero illegittimi e dovrebbe applicarsi la responsabilità di cui agli artt. 2043 (risarcimento per fatto illecito) e 2058 c.c. (risarcimento in forma specifica – reintegrazione in forma specifica o risarcimento per equivalente). L’art. 13 T.U. ne fissa i contenuti: “1. Il provvedimento che dispone la pubblica utilità dell’opera può essere emanato fino a quando non sia decaduto il vincolo preordinato all’esproprio.; […] 2.Nel provvedimento che comporta la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera può essere stabilito il termine entro il quale il decreto di esproprio va emanato; 3.Se manca l’espressa determinazione del termine di cui al comma 3, il decreto di esproprio può essere emanato entro il termine di 5 anni, decorrente dalla data in cui diventa efficace l’atto che dichiara la pubblica utilità dell’opera; […] 4. La scadenza del termine entro il quale può essere emanato il decreto di esproprio determina l’inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità. […]” INDENNITÀ DI ESPROPRIO Il procedimento dell’indennità di esproprio è suddiviso nei seguenti passaggi: A) determinazione provvisoria dell’indennità di espropriazione: • offerta dell’indennità da parte del promotore dell’espropriazione; • eventuale presentazione di osservazioni e documenti da parte dell’interessato; • eventuale contraddittorio tra promotore dell’espropriazione e proprietario espropriando, indetto dall’autorità espropriante; • determinazione provvisoria dell’indennità di espropriazione da parte dell’autorità espropriante. B) accettazione dell’indennità provvisoria e cessazione volontaria o non accettazione e deposito della somma presso la cassa depositi e prestiti, per la successiva fase di determinazione definitiva: • L' interessato può, con dichiarazione irrevocabile, accettare l’indennità provvisoria: tale accettazione da un lato consente il pagamento della somma, dall'altro obbliga alla cessazione volontaria, evitando la fase successiva del decreto di esproprio; • in caso di mancata accettazione, la somma viene depositata presso la Cassa depositi e prestiti e ha avvio la successiva fase di determinazione definitiva. C) determinazione definitiva dell’indennità di espropriazione: • In caso di mancata accettazione dell’indennità provvisoria, la parte ha facoltà di scegliere tra due procedimenti di determinazioni definitiva: 1.quello mediante un collegio peritale di cui fa parte anche un perito designato dall'interessato, 2. e quello mediante commissione regionale. D) Determinazioni urgente dell’indennità di espropriazione: • si tratta di una determinazione alternativa alla determinazione provvisoria e si svolge senza indagini, formalità e senza contraddittorio preventivo se viene accettata il definendole illegittime tout court. Il risarcimento spettante al singolo in tali ipotesi è sottoposto, pertanto, alla disciplina generale dell’art. 2043 c.c. L’orientamento maggioritario in dottrina e giurisprudenza, infatti, inscrive la responsabilità della PA in quella aquiliana, respingendo le diverse tesi della natura contrattuale o da contatto sociale. In passato la giurisprudenza distingueva due ipotesi di occupazioni illegittime in ragione delle diverse circostanze in cui avveniva il fatto illecito dell’amministrazione; 1. occupazione usurpativa veniva eseguita in assenza della dichiarazione di pubblica utilità e costituiva un illecito permanente; 2. occupazione acquisitiva avveniva in assenza del solo decreto di esproprio. La presenza della dichiarazione di pubblica utilità, atto presupposto al decreto di esproprio, attribuiva un minor disvalore a tale condotta legittimando l’acquisto della proprietà da parte dell’amministrazione che si perfezionava al momento della trasformazione irreversibile del bene. L’occupazione in tale secondo caso veniva definita acquisitiva proprio perché la P.A. acquistava a titolo originario la proprietà del bene tramite accessione invertita. Il compimento dell’opera fissava pertanto il momento in cui si perpetrava l’illecito e definiva il dies a quo da cui decorreva la prescrizione quinquennale dell’azione risarcitoria. La giurisprudenza maggioritaria ravvisava in tal caso un’ipotesi di illecito istantaneo con effetti permanenti differente dall’illecito permanente creatosi con l’occupazione usurpativa. L’ultimazione dell’opera portava alla perdita definitiva e irreversibile del diritto di proprietà del singolo che poteva agire per equivalente nel termine di cinque anni decorrenti dall’ultimazione dell’opera o trasformazione irreversibile del bene. In particolare, il danno ingiusto risarcibile corrispondeva alla perdita definitiva del diritto di proprietà e doveva essere calcolato sulla base del valore del bene. ESPROPRIAZIONI INDIRETTE E CORTE EDU La Corte Edu ha censurato entrambe le fattispecie di creazione pretoria ritenendole lesive del principio di legalità, nonché della certezza e garanzia dei diritti del singolo. La compromissione dei diritti del proprietario non era giustificata da alcuna previsione formale che definisse i presupposti dell’occupazione e i relativi strumenti di tutela del proprietario. Le limitazioni del diritto di proprietà non trovavano alcuna giustificazione sul piano formale, in quanto risultavano violate le norme del TU espropriazione e si ricorreva a una forma di acquisizione sanante in assenza di una norma di legge che ne definisse limiti e contenuti. La dottrina nazionale, inoltre, criticava il riferimento stesso all’accessione invertita ex art. 938 c.c.. Il codice civile tipizza tale modo di acquisto, infatti, in riferimento ad una situazione specifica e particolare, ossia lo sconfinamento di una costruzione sul fondo confinante. Al fine di risolvere e prevenire eventuali conflitti tra vicini si prevede una deroga alla disciplina generale dell’accessione, che vedrebbe la proprietà del bene mobile accedere a quella del fondo. Al contrario il costruttore può acquistare a titolo originario la parte di proprietà occupata dalla costruzione in presenza di particolari presupposti. In particolare, il proprietario del bene non deve aver fatto opposizione nel termine di tre mesi e il costruttore deve essere in buona fede. Il proprietario del fondo ha inoltre diritto al pagamento di una somma di denaro pari al doppio del valore della parte occupata[4]. Da quanto ricostruito appare evidente la differenza tra la fattispecie dell’art. 938 c.c. e l’occupazione acquisitiva, nonché il diverso tenore dei rimedi posti a tutela del proprietario. In relazione alle occupazioni dell’Amministrazione il privato non aveva la possibilità di opporsi e non poteva agire con azioni a difesa della proprietà, unico rimedio era quello risarcitorio. La giurisprudenza faceva riferimento ai soli effetti dell’accessione invertita senza estenderne la relativa disciplina in presenza di un procedimento illegittimo eseguito dall’amministrazione. La Corte EDU e successivamente la giurisprudenza nazionale ha censurato entrambe le ipotesi di espropriazioni indirette, parificandole. Costituirebbero entrambe illeciti permanenti rispetto a cui il privato può tutelarsi in primo luogo tramite azioni reali possessorie o petitorie ed eventualmente anche per equivalente. L’accoglimento unanime di tale tesi ha inciso inevitabilmente anche sull’entità del danno risarcibile. Si rileva infatti come la domanda di risarcimento del danno costituisca una forma implicita di rinunzia abdicativa del bene, in quanto con essa l’attore rinuncia al suo diritto di proprietà. Il momento della rinuncia, corrispondente alla domanda risarcitoria, è rilevante anche sul piano processuale in quanto è idoneo interrompe la permanenza dell’illecito e a far decorrere il termine per la prescrizione. A seguito di tale atto l’amministrazione espropriante, tuttavia, acquisterà la proprietà del bene in via derivativa, e non originaria, a meno che non si rintraccino i presupposti per la discussa figura dell’usucapione pubblica. Nello stesso senso si pone l’art 42-bis con cui il legislatore è andato a tipizzare un’ipotesi di acquisizione sanante avente efficacia ex nunc. Il Cons. St., sez. IV, 13 agosto 2019, n. 5703 La censura delle occupazioni illegittime ha avuto importanti ricadute sulle tecniche rimediali e in particolare sul quantum di risarcimento ottenibile dal singolo. Una recente pronuncia del Consiglio di Stato ha, infatti, sottolineato come venuto meno il riconoscimento della valenza acquisitiva dei comportamenti di apprensione materiale del bene posto in essere sine titulo dall’Amministrazione, l’eventuale risarcimento debba ascriversi nell’alveo dell’ordinario illecito aquiliano, avente ad oggetto il risarcimento del solo danno da perdita della disponibilità materiale del bene. Tale sentenza pone luce agli effetti che ha avuto l’evoluzione giurisprudenziale nell’ordinamento interno rispetto proprio alla tutela del proprietario. L’orientamento attualmente dominante ritiene, infatti, sempre possibile per il privato richiedere la restituzione del bene, ipotesi di risarcimento in forma specifica. Tra i presupposti della stessa acquisizione sanante, su cui vi è un obbligo di motivazione, vi è l’inesistenza di alternative ragionevoli a tale provvedimento. Se il singolo lo richiede ed è possibile all’occupazione illegittima deve seguire la restituzione della proprietà. Nel caso in cui, però, il proprietario decida di agire per ottenere il risarcimento per equivalente del danno subito perde il diritto di proprietà con effetti ex nunc, con ricadute sul quantum risarcibile. Ad essere risarcito, infatti, è il danno subito dall’impossibilità di godere della proprietà nel periodo di occupazione e non quello derivante dalla perdita della proprietà. Il diritto reale permane in capo al ricorrente fino al momento della sua rinuncia, implicita nella domanda risarcitoria, e si trasferisce in capo all’amministrazione per volontà del proprietario stesso. Sarebbe pertanto irragionevole risarcire la perdita della proprietà derivante da una rinuncia del privato in quanto a venir meno sarebbe lo stesso danno ingiusto.
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