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Procedura civile 2 balena, Dispense di Diritto Processuale Civile

Riassunti del manuale balena : diritto processuale civile

Tipologia: Dispense

2017/2018

Caricato il 28/09/2018

giulio.petrone
giulio.petrone 🇮🇹

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Scarica Procedura civile 2 balena e più Dispense in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! 1 DIRITTO PRCESSUALE CIVILE (3^tomo) Capitolo I Il procedimento sommario di cognizione 1)Profili generali Con L.n.69/09 il ns.legislatore ha introdotto,nell’ambito del codice di p.c., l’istituto del “procedimento sommario di cognizione”,disciplinato dall’art.702 bis c.p.c.. Tale procedimento ha lo scopo,nelle cause meno complesse, di raggiungere lo stesso risultato (sebbene con un provvedimento finale rappresentato da ordinanza e non da sentenza) di un procedimento ordinario di cognizione, ma in modo più snello e semplificato. Tale procedimento è utilizzabile dall’attore per qualunque tipo di domanda, purchè : a) si tratti di cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica e b) esse non siano assoggettate ad un rito diverso da quello ordinario(ed es.,davanti al tribunale del lavoro o nelle controversie locatizie). Ciò lo si deduce dal fatto che l’art.702 ter c.p.c., nelle ipotesi in cui il giudice dovesse ritenere di non poter proseguire col rito sommario di cognizione,richiama gli artt. 163 e segg. c.p.c.,cioè le norme che disciplinano il rito ordinario. Il procedimento,inoltre, non è utilizzabile per le cause di competenza del Giudice di Pace. Con d.lgs n.150/2001, il rito sommario di cognizione de quo è stato esteso,con alcuni adattamenti, a tutta una serie di controversie che in 2 passato erano assoggettate a riti speciali o,addirittura “camerali” (ad es,: in tema di protezione dei dati personali ) 2)La fase introduttiva A differenza del procedimento ordinario di cognizione (che viene introdotto con atto di citazione), il procedimento ex art.702 bis viene introdotto con ricorso (sottoscritto dal difensore munito di mandato) nel quale l’attore deve indicare gli elementi prescritti dal n1 al n.6 dell’art.163 c.p.c. nonchè l’avvertimento al convenuto di cui al n.7 del medesimo articolo (cioè di costituirsi in giudizio almeno 10 gg.prima dell’udienza che sarà fissata dal magistrato designato alla trattazione). Il ricorso,così predisposto,va depositato in Cancelleria. Il cancelliere,una volta formato il fascicolo d’ufficio, lo trasmette al più presto al Presidente del tribunale il quale designerà un magistrato per la trattazione della causa. Quest’ultimo, con decreto scritto in calce al ricorso,fisserà la 1^udienza di comparizione. Ricorso e pedissequo decreto di comparizione saranno,poi, notificati al convenuto ( e ciò almeno 30 gg. prima dell’udienza). Il convenuto potrà costituirsi in giudizio ( almeno 10 gg.prima dell’udienza) con comparsa di costituzione e risposta avente il contenuto previsto dall’art.167 c.p.c.. A pena di decadenza egli deve “proporre le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio” e dichiarare se intende chiamare un 3^ in causa, chiedendo,in tal caso, lo spostamento dell’udienza già fissata.. In questa ultima evenienza, il giudice designato, con proprio decreto, fisserà una nuova udienza di 1^comparizione ed il termine perentorio entro cui il convenuto dovrà chiamare in causa il terzo. A ciò egli provvederà 5 L’art.702 ter c.pc. si occupa solo dell’ipotesi di domanda riconvenzionale che non sia assoggettabile a detto rito,disponendo che il giudice provveda alla separazione delle cause (solo la causa riconvenzionale,cioè, proseguirà nelle forme ordinarie). Siffatta soluzione,tuttavia, appare in contrasto con l’art.40 c.p.c. secondo cui la diversità di rito non può mai precludere,di per sé,la realizzazione del simultaneus processus. Una parte della dottrina,pertanto,ritiene che l’art.702 ter debba essere interpretato in senso molto restrittivo limitando il potere di separazione alle sole ipotesi in cui il nesso fra causa principale e causa riconvenzionale sia più labile(quando,cioè, non vi è incompatibilità, pregiudizialità o dipendenza di una causa rispetto all’altra). Viceversa, tutte le cause devono essere trattate col rito ordinario. 6) La decisione Il procedimento de quo viene definito con ordinanza (e non con sentenza). Tuttavia tale provvedimento, allo stesso modo di una sentenza definitiva: a) provvede “in ogni caso” sulle spese del procedimento, b) è provvisoriamente esecutiva; c) costituisce titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale; d) è idonea a passare in giudicato ex art.2909 cod.civ. Non ci sono dubbi,poi, sul fatto che la forma dell’”ordinanza” debba essere utilizzata non solo per il caso (espressamente previsto) di “accoglimento” o di “rigetto”della domanda, ma anche per ogni altra decisione assunta dal giudice su altre e diverse questioni,anche di natura processuale e anche con riferimento a decisioni non definitive del procedimento,sia in 6 rito(es.:decisione dichiarativa di giurisdizione),sia di merito(es.:sulla prescrizione). L’art.702 ter, infatti, usa l’espressione al plurale ,cioè “domande”.Il che lascia intendere che debba essere adoperata la stessa forma di provvedimento (cioè l’ordinanza) su tutte le questioni e le domande proposte. 7) L’impugnazione Sebbene il procedimento sommario di cognizione sia definito con “ordinanza”,tuttavia, l’art.702-quater prevede che contro tale provvedimento si debba proporre “appello”,secondo la disciplina propria di tale mezzo di impugnazione,a cominciare dall’atto introduttivo che non è il ricorso ma l’atto di citazione contenente tutte le indicazioni volute dall’art.342 c.p.c.. Vi sono tuttavia delle deroghe rispetto all’appello ordinario: a)anzitutto,il termine “breve”per impugnare (30 gg.) decorre,alternativamente, o dalla notificazione dell’ordinanza,ovvero dalla comunicazione di essa, a seconda di quella che interviene per prima. Resta,in ogni caso, fermo il termine “lungo” di sei mesi dalla pubblicazione dell’ordinanza se siano omesse tanto la notifica,quanto la comunicazione; b) la seconda deroga riguarda i limiti per le nuove prove e i nuovi documenti in appello, con riferimento ai quali l’art. 702-quater ne ammette l’ammissibilità se il collegio li ritenga “indispensabili” ai fini della decisione,laddove, nel giudizio d’appello ordinario,essi non sono in alcun modo considerati ammissibili. 7 Tuttavia, poiché “indispensabilità” non significa attribuire al giudice d’appello un potere discrezionale nell’ammissione di nuove prove o documenti, sul termine “indispensabile” le opzioni interpretative sono 2: a) sono da considerarsi ammissibili,in quanto indispensabili,quelle prove che si riferiscano a fatti riguardanti una domanda nuova eccezionalmente consentita in appello dall’art.345 1^co.c.p.c.; b) il concetto di “indispensabilità” non differisce da quello di “rilevanza” della prova,rappresentandone solo una maggiore specificazione nella valutazione dei fatti di causa. In tale accezione deve,allora, ritenersi “indispensabile” quella prova che consenta al giudice d’appello,sulla scorta del materiale probatorio già in suo possesso (in quanto formato già nel giudizio di 1^grado) di poter attingere da quella nuova prova elementi utili a consentirgli un più veritiero accertamento di quei medesimi fatti. Una siffatta interpretazione,tuttavia,finisce per attribuire al giudice d’appello una notevole discrezionalità nell’ammissione della nuova prova. CAPITOLO II LE CONTROVERSIE DI LAVORO E PREVIDENZIALI 8) Intoduzione Accanto al giudizio ordinario di cognizione e a quello sommario di cognizione (entrambi a cognizione piene ed esauriente) un posto di notevole importanza viene occupato dal procedimento (anch’esso pieno ed esauriente) relativo alle controversie di lavoro e previdenziali. E tanto sia per il numero complessivo di controversie da esso disciplinate,sia per il fatto che il “rito del lavoro”, a seguito della riforma operata dalla L.533/73, 10 sindacale, un previo tentativo di conciliazione da svolgersi dinanzi ad apposite “commissioni di conciliazione”costituite c/o le direzioni provinciali del lavoro,individuate territorialmente in base agli stessi criteri stabiliti dall’art.413 c.pc.. per l’individuazione del giudice competente.. La relativa richiesta deve essere spedita o consegnata alla controparte ed alla commissione con racc.A/R. Tale formalità interrompe il decorso dei termini prescrizionali e sospende (per tutta la durata del procedimento e per i 20 gg.successivi alla sua conclusione) di ogni eventuale termine di decadenza. B)Se la controparte intende aderire alla procedura conciliativa, nei venti giorni successivi al ricevimento della richiesta deve depositare,dinanzi alla Commissione provinciale, una memoria contenente le proprie difese ed eccezioni ed eventuali domande riconvenzionali. Nei 10 gg.successivi al ricevimento di tale memoria, la Commissione fissa la comparizione delle parti (da tenersi entro i successivi 30 gg.) per tentare la conciliazione. In caso contrario,ciascuna parte sarà libera di adire l’autorità giudiziaria; C) Se la conciliazione riesce (anche parzialmente) il relativo verbale, sottoscritto dalle parti e dai componenti la commissione, diventa titolo esecutivo. Se la conciliazione non riesce,la Commissione deve formulare una propria proposta di definizione bonaria della controversia. Se questa non viene accettata, viene formato relativo verbale di mancata conciliazione. L’art.411 c.pc.,precisa,poi, che se il rifiuto non è adeguatamente motivato, il giudice che dovesse essere successivamente 11 adito,dovrà tener conto di tale mancata accettazione ai fini delle spese processuali. 12) I criteri di competenza e il regime dell’incompetenza Come abbiamo visto,il giudice del lavoro in composizione monocratica è competente a decidere le controversie concernenti i rapporti di cui all’art.409 c.p.c., a prescindere dal loro valore(competenza verticale). Particolarità sussistono,invece, in ordine alla competenza c.d. orizzontale, cioè quella territoriale,disciplinata dall’art.413 c.pc..,in base a criteri inderogabili. In particolare, è previsto che: A)Generalmente la competenza per territorio viene individuata in base a 3 criteri ritenuti concorrenti fra loro: 1) quello del “luogo in cui è sorto il rapporto”; 2) quello del luogo in cui “si trova l’azienda”;3) quello del luogo si trova una “dipendenza”dell’azienda alla quale è addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto; B) Per le cause concernenti i rapporti di lavoro di cui alla’art.409 n.3 c.p.c. è competente, in via esclusiva, il giudice del domicilio del lavoratore c.d. subordinato; C) Per le controversie relative a rapporti di lavoro alle dipendenze delle PP.AA.,la competenza spetta, in via esclusiva, al giudice del luogo in cui ha sede l’ufficio al quale il dipendente è o era addetto al momento della cessazione del rapporto. Solo nel caso in cui i suddetti 3 criteri dovessero risultare inapplicabili,giudice del lavoro competente sarà quello indicato nell’art.18 12 c.p.c.(cioè quello di residenza, domicilio o dimora del convenuto/resistente). L’eventuale incompetenza del giudice (sia per territorio sia per materia) deve essere eccepita dal convenuto nella memoria di costituzione o rilevata da giudice non oltre l’udienza ex art.420 c.p.c..di discussione. Il giudice,in tal caso, dovrà fissare alle parti un termine perentorio(non superiore a 30 gg.) per la riassunzione della causa davanti al giudice competente e tale riassunzione dovrà essere eseguita mediante ricorso. 13) L’introduzione della causa: premessa sul sistema di preclusioni operanti nel giudizio di primo grado Con l’intento di snellire il procedimento e giungere a sentenza in tempi più rapidi rispetto all’ordinario processo di cognizione, il legislatore del 1973 ha imposto alle parti un rigido sistema di preclusioni loro imposto sin dal primo atto introduttivo. Infatti, sia l’attore/ricorrente,sia il convenuto/resistente devono,a pena di inammissibilità,indicare nei rispettivi atti introduttivi (rispettivamente, ricorso e memoria di costituzione) tutti mezzi di prova di cui intendono avvalersi e produrre i documenti che ritengono necessari ad istruire la causa. Entrambe le parti,dunque, sono costrette sin da subito a “scoprire le proprie carte”.In tale contesto la parte più penalizzata è l’attore (il più delle volte il lavoratore),mentre il convenuto,potendo regolare il proprio atteggiamento processuale su quello dell’avversario, appare più avvantaggiato potendo sfruttare i punti deboli dell’altra parte senza che questa possa mettervi rimedio, E’ pur vero che la legge prevede un intervento riequilibratore da parte del giudice,nel senso,cioè, che esso potrebbe, d’ufficio,sopperire ad eventuali 15 Se,invece, la notifica del ricorso e del pedissequo decreto di fissazione d’udienza viene, sì, eseguita, ma senza il rispetto del termine minimo di comparizione (cioè almeno 30 gg. prima dell’udienza), appare doverosa la rinnovazione della vocatio in jus,previa fissazione di una nuova udienza di discussione. 16) La costituzione del convenuto Il convenuto/resistente ha l’onere di costituirsi in giudizio depositando in Cancelleria, almeno 10 gg. prima dell’udienza, una memoria difensiva in cui egli deve a pena di decadenza (art.416 c.p.c.): a)Formulare “le eccezioni processuali e di merito non rilavabili d’ufficio; b)Proporre eventuali domande riconvenzionali. In tal caso,per non pregiudicare il diritto di difesa dell’attore, il convenuto deve chiede al giudice lo spostamento della data di udienza di discussione. Il giudice, nei 5 gg.successivi, fissa, con decreto, una nuova udienza di discussione che, d’ufficio(cioè per il tramite della cancelleria) dovrà essere notificato all’attore nei 10 gg.successivi. Fra la data di notifica del provvedimento e quello della successiva,nuova udienza dovrà intercorrere un termine non inferiore a 25 gg.(35 gg. se la notifica avviene all’estero); c) indicare specificamente i mezzi di prova dei quali intende avvalersi ed in particolare i documenti,che devono essere depositati insieme alla stessa memoria difensiva; d) dichiarare l’eventuale volontà di chiamare in causa un terzo ai sensi dell’art.106 c.p.c… Si badi che l’art.416 non menziona espressamente tale preclusione..Pur tuttavia, essa discende implicitamente dal fatto che la “chiamata del terzo” 16 implica normalmente una (nuova) domanda di accertamento nei confronti del terzo medesimo. A differenza,tuttavia, che nel rito ordinario di cui all’ art.167 c.pc.., nel rito del lavoro è necessario,per il convenuto, che sia il giudice,alla prima udienza, ad autorizzarlo alla chiamata in causa del terzo. Infine, allo stesso modo di quanto previsto nell’art.115,1^co. c.p.c.. per il rito ordinario, l’art.416 stabilisce che il convenuto/resistente debba (anche se qui non esiste una vera e propria preclusione) prendere posizione in maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione circa i fatti affermati dall’attore a fondamento della domanda e proporre tutte le sue difese in fatto e in diritto. In difetto, il giudice potrebbe considerare come provati i fatti allegati dall’attore. 17) Costituzione e difesa personale delle parti Quando il valore della causa non superi € 129,11, l’art.417 c.p.c. consente alle parti di stare in giudizio personalmente,con possibilità di eleggere domicilio nell’ambito di qualunque territorio della Repubblica. Per il caso in cui la controversia attenga a rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni,l’art.417 bis c.p.c., autorizza queste ultime a stare in giudizio, quanto meno in quello di 1^grado, avvalendosi direttamente di propri dipendenti. Qualora trattasi di amministrazioni statali,ovvero di amministrazioni pubbliche che si avvalgono della difesa tecnica dell’Avvocatura dello Stato, quest’ultima deve trasmettere immediatamente (entro gg.7) ai competenti uffici dell’amministrazione interessata gli atti introduttivi che ad essa siano 17 stati notificati affinchè tali uffici possano costituirsi in giudizio per il tramite di un loro dipendente.e sempre che non vengano in rilievo “questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici”. In tal ultimo caso,infatti, l’Avvocatura dello Stato può assumere essa stessa la trattazione della causa. 18) L’udienza di discussione: rilievi introduttivi L’art.420 c.p.c. disciplina le modalità di svolgimento della 1^udienza di discussione che,in teoria (ma in pratica ciò non avviene quasi mai) dovrebbe essere anche l’ultima,essendo la controversia definibile (secondo l’originario intento del legislatore) in quella stessa udienza con sentenza da emettere a seguito di discussione orale ed essendo vietate (ma sempre in teoria) le udienze di mero rinvio. Ciò chiarito,va detto che l’udienza ex art.420 c.p.c. si articola in tre fasi: a) fase di trattazione della causa; b) fase di assunzione delle prove ammesse; c) fase decisoria, che conduce alla deliberazione della sentenza. Esaminiamole partitamente. 19) L’attività di trattazione della causa In questa 1^ fase è previsto: A)Interrogatorio libero delle parti e tentativo di conciliazione. Il giudice,dopo aver liberamente sentito le parti, ha l’obbligo (sia pur non sanzionato) di svolgere un’attività conciliativa fra le parti,formulando egli stesso delle proposte di accordo se la natura della causa lo consente. E’ necessario,perciò, che le parti compaiano in udienza personalmente (o a mezzo di procuratore che,però, sia a conoscenza dei fatti di causa e sia investito del potere di conciliare e transigere la controversia). 20 fissare una nuova udienza di discussione (nel rispetto del termine minimo di 30 gg.), disponendo che il relativo provvedimento,entro 5 gg., sia notificato all’interveniente e,unitamente alla memoria di quest’ultimo, anche alle altre parti originarie. L’intervento coatto (cioè per iniziativa del giudice – cioè jussu judicis-) può essere disposto,così come nel rito ordinario, in qualunque momento del giudizio di 1^grado egli lo ritenga opportuno Per l’intervento su istanza di parte,invece,non essendo espressamente disciplinato, si ritiene che esso possa essere richiesto dal convenuto, nella sola memoria difensiva, e dall’attore entro la 1^udienza di discussione,sempre che l’esigenza della chiamata del terzo sia sorta a seguito delle domande e delle difese del convenuto. A differenza che nel rito ordinario, la chiamata del terzo su istanza di parte deve essere sempre previamente autorizzata dal giudice che, se ritiene sussistenti i requisiti di cui all’art.106 c.p.., fisserà una nuova udienza di discussione e la notifica,entro gg.5, del provvedimento,,insieme al ricorso introduttivo dell’attore,ed alla memoria difensiva del convenuto, all’interveniente.. Da notare che a tutte le notifiche previste, provvede sempre la Cancelleria. 21) L’assunzione dei mezzi di prova e i poteri istruttorii del giudice In virtù del principio della “massima concentrazione”previsto per il rito del lavoro, anche la fase istruttoria,cioè quella destinata all’ammissione e all’assunzione dei mezzi di prova dovrebbe avvenire in un’unica udienza o,in caso di necessità, in un’udienza da tenersi nei giorni feriali immediatamente successivi. 21 Più problematica è,in ogni caso, l’ampiezza dei poteri istruttori che il giudice può esercitare di sua iniziativa. In particolare, a parte quello di indicare alle parti in ogni momento le irregolarità degli atti e dei documenti, sanabili entro un termine dal lui loro assegnato, il giudice: A)Può disporre d’ufficio “in qualsiasi momento” l’ammissione di ogni mezzo di prova, anche fuori dei limiti stabiliti dal codice civile”, ad eccezione del giuramento decisorio e dell’ispezione(ammissibili,infatti, solo su istanza di parte). La locuzione “fuori dei limiti stabiliti dal codice civile”,non vuol dire che il giudice possa creare nuove prove o ammetterle senza il rispetto degli eventuali requisiti formali di cui esse abbisognano (ad probationem o ad susbstantiam) o,ancora, che possa prescindere dal grado di vincolatività di cui un documento può essere dotato (ad es.:, non potrebbe disporre una prova testimoniale su un fatto quando il contrario risulta da un atto pubblico che ha valenza di prova legale). Ne consegue,allora, che superamento i limiti stabiliti dal codice significa trà consentire al giudice solo di non tenere conto di eventuali limitazioni ivi previste,quali quelle di cui agli artt.2721-2723 cod.civ.,ovvero quelle di cui all’art.1417 cod. civ. in tema di simulazione,ovvero di poter ricorrere,in tali casi, anche all’uso di presunzioni semplici; B) Ove lo ritenga necessario,inoltre, il giudice può disporre la comparizione personale anche di quelle persone che, ai sensi degli artt. 246 e 247 c.pc.., non potrebbero essere assunte come testimoni, “al fine di interrogarle liberamente sui fatti di causa”. 22 Il fine è quello di consentire al giudice di trarre, da questo interrogatorio, argomenti di prova, allo stesso modo di qual che avviene per l’interrogatorio libero delle parti. 22)Segue: il problema dei limiti dei poteri officiosi Il problema più saliente circa l’esercizio dei poteri officiosi del giudice sta nell’individuare le finalità, i limiti e le condizioni per il corretto esercizio di tali poteri,al fine di evitare che tale esercizio si risolva arbitrariamente in favore di una sola parte, cioè quella che, in assenza di proprii mezzi istruttori, sarebbe destinata alla soccombenza. Con riguardo alle finalità, va detto che i suddetti poteri officiosi non possono essere da lui esercitati ad esclusivo vantaggio della parte “normalmente” ritenuta più debole,(cioè, il lavoratore), dovendo,invece,essere destinati alla ricerca della c.d. “verità materiale”, cioè all’accertamento dei fatti il più attendibile possibile senza essere imbrigliato e condizionato da rigide regole formali. Per quel che attiene ai limiti, va detto,in primo luogo, che l’esercizio dei poteri officiosi non incontra limiti temporali,potendo,infatti,esser esercitato “in qualsiasi momento” e,dunque, anche in appello. In secondo luogo, che il giudice non può utilizzare la propria scienza privata poiché l’allegazione dei fatti principali è riservata,di regola, solo alle parti. Per quanto riguarda le condizioni, va detto che il giudice,se,come detto, non può andare alla ricerca di fatti diversi da quelli effettivamente allegati dalle parti e,dunque, sostituirsi ad esse nell’adempimento degli oneri probatori su esse gravanti, ben può,invece, intervenire in funzione 25 integrazione degli atti introduttivi mediante deposito di memorie e documenti in cancelleria; b)se,invece,è stata promossa col rito del lavoro una causa riguardante controversie estranee a quelle di cui all’art.409, “il giudice si limita a disporre che gli atti siano messi in regola con le disposizioni tributarie” Si rammenti in proposito,.che le cause di lavoro sono tendenzialmente esenti dal pagamento del contributo unificato (C.U.) per cui,ove il rito venisse convertito (da quello di lavoro a quello ordinario ) occorrerà che le parti provvedano a corrispondere il C.U. Per entrambi i casi di “conversione” del rito, va sottolineato che il relativo provvedimento non incide sulla validità degli atti processuali compiuti prima della conversione stessa, ad eccezione,tuttavia,nel caso di passaggio dal rito speciale a quello ordinario,con riferimento alle prove acquisite in base al rito speciale. Esse, infatti, potranno essere utilizzate dal giudice ordinario nei limiti di ammissibilità previsti dalle norme sul rito ordinario. Viceversa, se nel rito del lavoro sono maturate preclusione, se viene operato il passaggio al rito ordinario,nulla esclude che le parti possano integrare o modificare le proprie iniziali allegazioni e richieste istruttorie entro i termini successivamente accordati dal giudice. Infine, una precisazione: non va confuso l’errore sul rito di cui abbiamo finora parlato , con l’errore sulla qualificazione dell’oggetto della causa che abbia inciso sulla competenza del giudice adito. Si pensi al caso che,per un credito di lavoro di € 1.000 si agisca davanti al Giudice di pace,o,viceversa, che una causa del medesimo valore-ma non rientrante fra quelle di cui all’art.409 c.p.c.- sia instaurata davanti al 26 tribunale (del lavoro). Orbene,in entrambi i casi non c’è dubbio che il giudice adito, lungi dall’operare il mutamento di rito, dovrà,invece spogliarsi della causa rimettendo le parti davanti al giudice competente (per materia o per valore). 25) La fase decisoria e l’esecutività della sentenza In forza del principio di “concentrazione” cui dovrebbe ispirarsi il rito del lavoro, nella fase decisoria di tale procedimento,non è prevista un’udienza di precisazione delle conclusione, né lo scambio di memoria. In base al codice,infatti(art.429 c.p.c.) il processo del lavoro si conclude con la discussione orale delle parti e,senza soluzione di continuità, con la pronuncia della sentenza che deve essere subito comunicata alle parti dando lettura del relativo dispositivo, e,di regola, dell’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione. Tuttavia, se lo ritiene necessario e le parti ne facciano richiesta, (e la prassi è effettivamente in tal senso) il giudice può assegnare alle stesse un termine per il deposito di note difensive non superiore a 10 gg. prima (della nuova udienza di discussione). Solo in caso di “particolare complessità della controversia” il giudice dopo aver letto in udienza il dispositivo della sentenza ( la lettura pubblica è stabilita a pena di nullità), potrà fissare un termine,non superiore a gg.60, per il deposito della motivazione della sentenza stessa. Col deposito la sentenza si intenderà perfezionata anche se non è possibile che il giudice possa cambiare idea e depositare una sentenza con motivazioni contrastanti con il contenuto del dispositivo letto in udienza ( e ciò a pena di nullità della decisione) 27 Nel processo del lavoro,inoltre, il mero dispositivo della sentenza ha una particolare valenza esecutiva. Infatti, se esso contiene condanna in favore del lavoratore (se,invece, è favorevole al datore si applicherà la disciplina ordinaria ex artt.282 e 283 c.p.c.),per crediti derivanti dai rapporti di cui all’art.409, egli potrà agire in executivis in forza del solo dispositivo,senza dover attendere il deposito delle motivazioni. In questo caso è consentito al soccombente-ma solo se dall’esecuzione possa ricevere “gravissimo danno”,-di chiedere al giudice d’appello la c.d. “inibitoria”,cioè la sospensione della sentenza impugnata (che,tuttavia, se viene concessa,non può “intaccare” la somma di € 258,23 che resta comunque da corrispondere). Poiché il soccombente,però, non conosce ancora le motivazioni della sentenza, gli è consentito di proporre appello “con riserva dei motivi”.Solo quando questi saranno depositati, egli presenterà i motivi d’appello entro i termini ordinari stabiliti per il gravame. 26) Cenni sulla disciplina specifica delle cause di lavoro alle dipendenze di pubbliche amministrazioni La materia delle controversie di lavoro alle dipendenze di pubbliche amministrazioni è disciplinata dall’art.6 D.lgs n.165/2001 che si limita ad integrare la disciplina codicistica come sopra descritta. Venuta meno,anche in questo settore, l’obbligatorietà del tentativo di conciliazione, le residue particolarità degne di menzione riguardano,allora, le ipotesi in cui nel processo “sorga questione concernente l’efficacia,la validità o l’interpretazione delle clausole di un contratto o accordo collettivo nazionale” sottoscritto dall’ARAN (Agenzia per la 30 L’impugnazione incidentale deve essere notificata alla controparte almeno 10 gg. prima dell’udienza. 28) Segue: la disciplina dei nova Nel rito del lavoro l’esclusione dei cc.dd. “nova” sembra più rigida rispetto a quella prevista per il rito ordinario. In particolare,in base all’art.437 c.p.c.: a)Vige il divieto assoluto di “nuove domande”; si ritiene,altresì, che tale divieto sia esteso anche all’”emendatio libelli”; b)sono escluse le “nuove eccezioni”, siano esse processuali che di merito,siano esse in senso stretto o in senso lato. E’ ammissibile,tuttavia, che il giudice possa,di sua iniziativa, rilevare l’effetto (estintivo,impeditivo o modificativo) di fatti che erano già stati allegati o comunque acquisiti agli atti di 1^grado, come ammissibile è,per le parti, proporre liberamente le c.d. “mere difese”,in fatto e in diritto. Appare loro consentito,altresì, pur nel silenzio dell’art.437,di richiedere nuovi mezzi istruttori o produrre nuovi documenti nel caso in cui, per causa loro non imputabile, non li avessero potuti richiedere o produrre nel giudizio di 1^ grado. c)Non sono ammessi nuovi mezzi di prova (tranne che il giuramento decisorio ed estimatorio) né la produzione di nuovi documenti. Il Collegio, tuttavia, può ammettere,anche d’ufficio, nuove prove quando le ritenga indispensabili ai fini della decisone della causa, ovvero, quando lo ritenga opportuno, anche Consulenza Tecnica (CTU). In tali casi, il Collegio rinvia la causa ad una nuova udienza,da tenersi entro 20 gg.,tanto per l’assunzione dei nuovi mezzi di prova,quanto per la discussione e la pronuncia della sentenza. 31 29) Segue: la trattazione della causa e la fase decisoria Il processo d’appello dovrebbe concludersi sin dalla 1^udienza in cui, dopo la relazione che il consigliere delegato farà al Collegio, seguirà la discussione orale e la pronuncia della sentenza, con la lettura del (solo) dispositivo in udienza. Ex art.348 c.p.c.(ritenuto applicabile anche al rito del lavoro in appello), nel caso in cui l’appellante(principale o incidentale) non dovesse comparire alla 1^udienza, il Collegio dovrà fissare una nuova udienza con comunicazione del relativo provvedimento alla parte non comparsa. Se è stato proposto appello “con riserva dei motivi” e dovrà,dunque, discutersi circa l’“inibitoria” richiesta, verrà fissata un’udienza ad hoc (in Camera di Consiglio) da tenersi prima dell’udienza di discussione. Per tutto il resto, trovano,in appello, integrale applicazione le corrispondenti norme previste per procedimento di 1^grado e,dunque, gli artt. 426 e 427 (cambiamento di rito), l’art.429 2^ comma (concessione di un termine per il deposito di note),l’art. 431 2^co.(possibilità per il lavoratore di agire in executivis sulla base del solo dispositivo). 30) Cenni sulla disciplina specifica delel cause in materia di previdenza e assistenza obbligatorie Per l’art.442 c.p.c.,le controversie in materia di previdenza e asssistenza obbligatoria sono quelle “derivanti dall’applicazione delle norme riguardanti le assicurazioni sociali,gli infortuni sul lavoro,le malattie professionali,gli assegni familiari nonché ogni altra forma di previdenza e assistenza obbligatoria”, oppure quelle “relative all’inoisservanza di 32 obblighi di asistenza e previdenza derivanti da contratti o accordi collettivi”. In sostanza,trattasi di controversie promosse o dal lavoratore nei confronti dell’ente previdenziale o assicurativo o quelle tra ente e datore di lavorto concernenrti il pagamento dei contributi o l’omissione di altri adempimenti a carico di quest’ultimo, nonché l’applicazione delel sanzioni amministrative che ne possono derivare.. Poiché il mezzo normale per gli enti previdenziali di riscossione dei contributi è quello dell’iscrizione a ruolo(mediante notifica delal relativa cartella esattoriale), l’eventuale opposizione a quest’ultima va propsoto, entro 40 gg. da tale notifica da contribuente nei confronti dell’ente impositore ed il giudice competente è,appunto,il Tribunale in funzione di giudice del lavoro. Il rito previsto per le controversie in questione è quello proprio delle controversie individuakli di lavoro, ma con le seguenti particolarità: E’ previsto, come condizione di procedibilità (da rilevarsi anche d’ufficio non oltre la 1^udienza di discussione) il previo esaurimento dei procedimenti amministrativi eventualmente prescritti dalle leggi speciali per la composizione della controversia in sede amministrativa, oppure il decorso dei termini previsti per la proposizione del ricorso amministrativo,o,in mancanza di termini, il decorso di almeno 180 gg. dalla presentazione del ricorso amministrativo; B)Territorialmente competente è il Giudice del Lavoro nella cui circoscrizione risiede l’attore e,se questi risiede all’estero,quello nella cui circoscrizione l’attore aveva l’ultima residenza prima di trasferirsi 35 CAPITOLO III Le controversie in materia di locazione o comodato di immobili e di affitto di aziende 31) Le modeste differenze rispetto al rito del lavoro La riforma del 1990 ha attribuito le controversie in materia di locazione di immobili urbani (a cui sono state assimilate quelle riguardanti il comodato e l’affitto di aziende) alla competenza funzionale del giudice togato (Pretore,prima e,dopo la soppressione di tale figura, al Tribunale), assoggettandole ad un rito che presenta modeste differenze rispetto al rito del lavoro finora esaminato. L’art.447-bis c.pc.,infatti,per tali controversie richiama gli artt. da 414 a 441 “in quanto compatibili”. Le differenze rispetto al rito del lavoro sono le seguenti: a)la competenza territoriale spetta sempre e comunque al Tribunale del luogo ove è situato l’immobile o l’azienda; b)il giudice può disporre d’ufficio e in qualunque momento l’ispezione della cosa e l’ammissione di ogni mezzo di prova(ad eccezione del giuramento decisorio), nonché la richiesta di informazioni alle associazioni di categoria indicate dalle parti,ma,tuttavi, senza poter superare i limiti di ammissibilità previsti dal codice civile per ciascuna prova; c)è ammissibile l’emissione di un’ordinanza di pagamento per somme non contestate, ma non quella per il pagamento di una somma a titolo provvisorio; d)si può iniziare l’esecuzione sulla base della copia del solo dispositivo in pendenza del termine del deposito delle motivazioni. 36 Ferma restando l’esperibilità,in tal caso, dell’appello con “riserva dei motivi”, l’inibitoria può essere concessa dal giudice ad quem ancor prima che l’esecuzione sia iniziata,purchè da essa derivi, per la parte soccombente, un gravissimo danno; e) è esclusa l’applicazione dell’art.429,3^co. c.pc.(che prevede la rivalutazione automatica dei crediti di lavoro) e dell’art.432 (che consente al giudice di liquidare la somma dovuta in via equitativa). 37 CAPITOLO IV I PROCESSI DI SEPARAZIONE PERSONALE E DI DIVORZIO Sezione I Il processo di separazione personale 32) La competenza e la fase introduttiva Il procedimento di separazione personale dei coniugi è disciplinato dagli artt.706 e segg. c.pc.., come modificati dalle riforme intervenute nel 2005 e nel 2006. Ex art.706, competente a giudicare tali controversie è,di regola, il Tribunale del luogo dell’ultima residenza comune dei coniugi. In mancanza di residenza comune (ad es.: perché fra i coniugi non v’è mai stata effettiva convivenza),territorialmente competente è il tribunale di residenza del coniuge convenuto. Se quest’ultimo non ha la residenza o il domicilio in Italai o risulta irreperibile, la domanda si propone davanti al tribunale del luogo di residenza o di domicilio dell’attore ovvero, se anche questi risiede all’estero, davanti a qualunque Tribunale italiano. La domanda si propone con ricorso che deve contenere l’esposizione dei fatti sui cui si fonda la domanda stessa ed indicare “l’esistenza di figli di entrambi i coniugi”. Nei 5 gg. successivi al deposito, il Presidente del tribunale fissa l’udienza di comparizione dei coniugi davanti a sé da tenersi non più tardi di 90 gg. dal deposito del ricorso, nonché il termine entro il quale il ricorso(con pedissequo decreto di comparizione) dovrà essere notificato all’altro coniuge, nonché un ulteriore termine per il coniuge convenuto per il deposito di memoria difensiva ed eventuali documenti. 40 Ciò posto, va detto in primo luogo, che nell’ordinanza ex art.708, il Presidente dovrà fissare un primo termine al ricorrente per il deposito in Cancelleria di una “memoria integrativa col contenuto di cui all’art.163,3^co.c.p.c. e un secondo termine,per il convenuto, “per la costituzione in giudizio” ex artt.166 e 167 c.p.c.,nonché per la proposizione delle eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio”. Naturalmente, se l’attore o il convenuto si fossero già costituiti nella fase presidenziale, il deposito della memoria integrativa(per il primo) e della memoria difensiva (per il secondo) avrà lo scopo di consentire loro di integrare i rispettivi originari atti introduttivi con nuove richieste istruttorie e nuova produzione documentale. L’ordinanza presidenziale,inoltre, ha anche funzione di “vocatio in jus”in quanto contiene l’avvertimento,al convenuto, che la sua tardiva costituzione determina le decadenza di cui alla’rt.167 c.pc..ed è inoltre previsto che tra la data della notifica al convenuto non comparso e quella della 1^udeinza di comparizione e trattazione davanti al G.I. non può decorrere un termine inferiore alla metà di quello previsto dall’art.163 bis (cioè di 45 gg. liberi). 35) Il prosieguo della causa dinanzi al giudice istruttore Il giudizio di merito,per l’espresso richiamo che l’art.709 bis fa agli artt.180,183 e 184 c.pc. si svolge secondo la disciplina ordinaria. Non è tuttavia,previsto che il G.I. espleti un nuovo tentativo di conciliazione. Egli,può,invece, sempre revocare o modificare il contenuto dell’ordinanza presidenziale. Sebbene sia prevista solo per quest’ultima la possibilità di essere reclamata davanti alla Corte d’Appello, una lettura correttiva 41 dell’art.708 induce a ritenere che anche l’ordinanza eventualmente resa dal G.I. possa essere soggetta allo stesso mezzo impugnatorio. Anche l’attività istruttoria è sottoposta alla disciplina ordinaria. E’ previsto,tuttavia che egli possa disporre-anche d’ufficio- mezzi di prova limitatamente agli aspetti rilevanti in vista dell’emanazione dei provvedimenti riguardanti i figli, nonché per il previsto ascolto del figlio che abbia compiuto 12 anni o anche minore “se capace di discernimento”. Per tale ultima evenienza ed in applicazione degli artt. 336 e 337-octies cod.civ., l’audizione del figlio minore potrebbe non essere obbligatoria ove, in presenza di un previo accordo dei genitori circa le condizioni di affidamento dei figli, l’ascolto stesso appaia “in contrasto con l’interesse del minore o manifestamente superfluo”. Per rendere più celere la definizione della cause di separazione, l’art.709- bis stabilisce,infine, che laddove il processo “deve continuare per la pronuncia di addebito, per l’affidamento dei figli o per le questioni economiche”, può essere pronunciata sentenza non definitiva di separazione contro la quale è ammesso solo appello immediato (con esclusione,dunque, della c.d. “riserva d’appello ex art.340 c.pc.). L’appello vien deciso in Camera di Consiglio: esso,dunque, si svolgerà secondo il rito camerale,a partire dall’atto introduttivo che rivestirà la forma del ricorso. 36) La separazione consensuale L’art.711 c.pc. disciplina il procedimento di separazione consensuale. 42 In tale ipotesi, la domanda di separazione viene introdotta con ricorso congiunto di entrambi i coniugi(accompagnato,di solito, da un atto contenente gli accordi di separazione già intervenuti fra gli stessi). L’art.706 c.pc.. induce a ritenere,tuttavia, che il ricorso possa essere presentato anche da uno solo di essi,con onere di notificarlo(unitamente al decreto di fissazione dell’udienza presidenziale) alla controparte. E’ pure possibile che, iniziata come “separazione giudiziale”, essa si “converta” in consensuale, sia nella fase davanti al presidente, sia in quella di merito, davanti al G.I. Depositato il ricorso, seguirà la fase dell’udienza presidenziale. Anche qui, il Presidente esperirà il tentativo di conciliazione. Se esso riesce, si redigerà apposito verbale di conciliazione,. Se non riesce, verrà formato un verbale in cui viene dato atto del “consenso dei coniugi alla separazione e delle condizioni riguardanti i coniugi stessi ed i figli”. Prima di tale momento ciascuno dei coniugi potrà revocare il consenso già manifestato nell’accordo. Intervenuto l’accordo, esso è,tuttavia, soggetto ad “omologazione” che consiste in un provvedimento (di giurisdizione volontaria) con cui il Tribunale,pronunciando in Camera di Consiglio (e dopo aver sentito il P.M.), conferisce, con decreto, efficacia al predetto accordo, dopo aver verificato che esso non contrasti con l’interesse dei figli minori. Il decreto di omologazione è impugnabile davanti alla Corte di Appello, Sez.Famiglia, territorialmente competente. Poiché,tuttavia, trattasi pur sempre di un accordo,cioè di una volontà negoziale delle parti, si ritiene che contro esso siano esperibili i rimedi,di 45 dell’importanza, per il minore di trascorrere tempi adeguati con ciascuno dei genitori. Gli avvocati hanno il compito di certificare l’autografia dei propri assistiti e che l’accordo è conforme alle norme imperative e all’ordine pubblico. Una volta raggiunto l’accordo, se vi sono figli minori o incapaci o portatori di handicap grave o economicamente non autosufficienti, l’accordo dovrà essere trasmesso, entro 10 gg., al Procuratore della Repubblica c/o il Tribunale competente allo scopo di verificare se esso risponde agli interessi dei figli. Se il giudizio è positivo, il Procuratore autorizza l’accordo,altrimenti, lo trasmette, nei 5 gg.successivi, al Presidente del Tribunale che, nei successivi 30 gg.,fisserà la comparizione delle parti e “provvede senza ritardo”. Se,invece, non vi sono figli minori o non sono nelle condizioni sopra indicate,l’accordo è sempre trasmesso al Procuratore della repubblica ma questi si limiterà a verificare che non vi siano irregolarità e,di conseguenza, a rilasciare il c.d. “nulla osta”. In entrambi i casi (autorizzazione o nulla osta) gli avvocati, entro i successivi 10 gg., sono tenuti a trasmettere copia dell’accordo (da essi autenticata) all’ufficio di stato civile del luogo dove è stato iscritto o trascritto il matrimonio; B) L’accordo concluso dinanzi al sindaco (art.12 d.l. n.132/20914) A condizione che NON vi siano figli minori,l’art.12 d.l. 132/14 consente ai coniugi (con l’assistenza solo facoltativa degli avvocati) di concludere un accordo di separazione o di divorzio o di modifica delle relative condizioni 46 dinanzi al Sindaco del Comune di residenza di uno dei coniugi,ovvero del Comune presso cui era stato iscritto o trascritto l’atto di matrimonio. Il Sindaco( o l’Ufficiale di stato civile da esso delegato) si limiterà a “ricevere” dalle parti personalmente la dichiarazione di volersi separare o divorziare o di voler modificare le precedenti condizioni. Dopo aver ricevuto tale dichiarazione, l’ufficiale di stato civile dovrà invitare i coniugi a comparire nuovamente dinanzi a lui dopo 30 gg. allo scopo di confermare l’accordo già raggiunto. In ogni caso, l’accordo NON può contenere patti di “trasferimento patrimoniale” cioè clausole con cui si trasferisce la proprietà di beni. Sezione II Il PROCESSO DI DIVORZIO 39) La competenza e la fase introduttiva Nonostante l’intento del legislatore di voler teenre distinti i procedimenti di separazione da quelli di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio(c.d. divorzio), da un pounto di vista procedimentale le differenze sono minime. Per ciò che attiene alla competenza terrtitoriale, il ricorso va presentato al tribunale (che giudicherà sempre in composizione collegiale considerato l’intervento obbligatorio del P.M.) indicato dall’art.706 c.pc.. Tuttavia, a seguto dell’intervento della Corte Costituzionale, competente può essere anche il Tribunale del luogo di residenza o domicilio attuali del coniuge convenuto ( enon solo quello dell’”ultima residenza comune dei coniugi”. Nel ricorso introduttivo saranno esposti i fatti e gli elementi di diritto su cui si fonda la domanda,mentre è fatto obbligo al Cancelliere di dare 47 comunicazione del ricorso all’ufficiale di stato civile del luogo in cui il matrimonio è stato trascritto,perché proceda alla relativa annotazione. La fase di fissazione dell’udienza presidenziale e dei termini per la notifica sono identici a quelli previsti per il procedimento di separazione. 40) L’udienza presidenziale, i provvedimenti “temporanei e urgenti” e il prosieguo del giudizio La disciplina dell’udienza presidenziale e del prosieguo del giudizio davanti al G.I. corrisponde, sostanzialmente, a quella già esaminata per la corrispondente fase in sede di separazione (vedi,dunque, i §§ 33, 34 e 35 ). Con riferimento ai provvedimenti “temporanei ed urgenti” va precisato che la relativa ordinanza presidenziale, oltre ad essere modificabile e revocabile dal G.I. designato, è anch’essa reclamabile davanti alla Corte di Appello e può sopravvivere all’eventuale estinzione del processo. Per ciò che riguarda la sentenza che definisce il procedimento,va detto che essa può essere appellata anche dal P.M. ma solo limitatamente agli interessi patrimoniali dei figli minori o legalmente incapaci. La sentenza è provvisoriamente esecutiva ma “solo per la parte relativa ai provvedimenti di natura economica”. Come per il giudizio di separazione, le parti, se sopravvengono giustificati motivi, possono chiedere la modifica dei provvedimenti concernenti l’affidamento dei figli o la misura o la modalità di corresponsione degli assegni di mantenimento. Il tribunale deciderà a seguito di procedimento in Camera di Consiglio. 41) Il ricorso su domanda congiunta 50 Il diritto risultante dal titolo esecutivo deve essere “certo, liquido ed esigibile”. Il diritto è “liquido” quando esso è esattamente determinato dal punto di vista quantitativo, ovvero facilmente determinabile in base ad una mera operazione aritmetica;. è “esigibile” quando non è più sottoposto a termine o a condizione sospensiva; è “certo” quando esso sia esattamente determinabile nei suoi elementi oggettivi e soggettivi in base a l titolo esecutivo stesso. Poiché tale ultimo requisito finisce per coincidere,spesso, con quello della liquidità, il carattere della “certezza” del diritto assume concreta rilevanza solo in relazione all’esecuzione in forma specifica diretta ad attuare obblighi di fare o di disfare. Va detto,infine, che l’esistenza del titolo esecutivo è necessaria non solo per iniziare l’esecuzione forzata ma anche per portarla a compimento. 43) Il titolo esecutivo europeo per crediti non contestati: cenni Di regola le sentenze straniere “riconosciute” nel ns. ordinamento, per essere portate ad esecuzione in Italia avevano bisogno di essere sottoposte al c.d. “exequatur”,cioè ad una dichiarazione di esecutività da parte della Corte di Appello. Il Reg.CE n.805/2004 ha,però previsto che, nelle stesse materie di cui al Reg. n.44/2001,le “decisioni giudiziarie”, le “transazioni giudiziarie” e gli atti pubblici formati in uno Stato dell’U.E., relativi a “crediti non contestati”, sono riconosciuti ed eseguiti negli altri Stati membri senza che sia necessaria una dichiarazione di esecutività e senza possibilità di opporsi al loro riconoscimento. Il credito de quo,tuttavia, oltre ad essere liquido ed esigibile deve essere anche “non contestato” ed è tale quando ricorra almeno una delle seguenti 51 condizioni: 1) il debitore lo ha espressamente riconosciuto mediante una dichiarazione o una transazione approvata dal giudice o conclusa davanti ad un giudice; 2) il debitore non l’ha mai contestato nel corso del giudizio; 3) il debitore non è comparso o non si è fatto rappresentare in un’udienza relativa ad un determinato credito e sempre che tale comportamento equivalga ad un’ammissione del credito e dei fatti allegati dal creditore; 4) il debitore lo ha espressamente riconosciuto in un atto pubblico. In tali casi l’exequatur è sostituito da una certificazione,redatta dal giudice dello Stato di provenienza su un apposito modulo e destinata, appunto,ad attestare che trattasi di un titolo esecutivo europeo. Tale certificazione è,pertanto, eseguita alle medesime condizioni di una decisione giudiziaria pronunciata nello Stato membro in cui l’esecuzione deve essere eseguita e la sua esecuzione NON può essere rifiutata o sospesa(tranne particolari ipotesi) dal giudice di tale Stato. Va tuttavia precisato che tale procedura è destinata ad avere sempre più scarsa applicazione in quanto il Reg. CE n.44/2001 è stato sostituito dal Reg.n.1215/2012 in base a cui non è più necessaria la “dichiarazione di esecutività” prevista dal Reg. n.805/2004.. 44) La spedizione del titolo in forma esecutiva Per gli atti cc.dd. “giudiziali” e per quelli ricevuti dal notaio o da altro pubblico ufficiale,l’art.475 c.pc.. richiede, affinchè essi siano itoli esecutivi anche formalmente, la c.d. “spedizione in forma esecutiva”, cioè il rilascio di una copia del provvedimento o dell’atto (il cui originale è depositato in Cancelleria o c/o il notaio o altro p.u.) con l’apposizione della c.d. formula esecutiva” (F.E.) che ,previa intestazione “Repubblica Italiana-In nome 52 della legge, inizia con la parola “COMANDIAMO” a tutti gli ufficiali giudiziari….ecc.”. Se non ricorre alcuna “giustificato motivo” che legittimi il rilascio di altre copie esecutive, per tali titoli la “spedizione in forma esecutiva” deve avvenire una volta ed una volta sola e solo in favore di una determinata parte, pena,in difetto, pesanti sanzioni pecuniarie a carico del cancelliere o del p.u.. Per i titoli esecutivi diversi da quelli “giudiziali”,invece, il cui originale resta nelle mani del creditore, NON è prevista l’apposizione e della formula esecutiva. 45) La legittimazione, attiva e passiva,all’azione esecutiva. La successione nel processo esecutivo Considerato che la caratteristica del titolo esecutivo è la sua “astrattezza”(cioè che alla base dell’azione esecutiva ci debba necessariamente essere il possesso del titolo da parte del creditore procedente),delicati problemi sorgono quando,sia nel processo di cognizione sia nel procedimento esecutivo già avviato, avvenga un mutamento del soggetto attivo(creditore) o passivo(debitore). Ci si chiede,infatti, se il processo esecutivo,sotto il profilo della legittimazione(attiva o passiva) possa essere iniziato o proseguito da e/o contro soggetti diversi da quelli indicati da titolo in virtù di una successione nel diritto o nell’obbligo posto a base del titolo stesso. Le norme di riferimento sono l’art.475 2^co., in forza del quale la spedizione in forma esecutiva può essere fatta solo alla parte in favore di cui fu pronunciato il provvedimento o stipulato l’obbligazione , o ai suoi 55 essere loro notificato se non sono decorsi almeno 10 gg. da quella del titolo), oppure quando sia diretta contro un’amministrazione statale (dalla notifica del titolo devono,infatti, decorrere almeno 120 gg.). Per alcuni titoli esecutivi (cambiali e assegni in particolare), non è necessaria l’apposizione della f.e.nè la relativa notificazione,essendo rimpiazzata dalla trascrizione integrale del titolo stesso all’interno dell’atto di precetto da notificare. Ai sensi dell’art.480 c.p.c., il precetto deve contenere l’avvertimento al debitore di adempiere l’obbligazione risultante dal titolo entro il termine non minore di gg.10 dalla notificazione, con avvertimento che,in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata. Altri elementi esseziali del precetto (stabiliti a pena di nullità) sono l’indicazione delle parti e della data di notificazione del titolo esecutivo (se avvenuta separatamente). Per i titoli che non prevedono notificazione,occorre,come detto, l’integrale trascrizione del titolo, che va,tuttavia, “certificata” dall’Ufficiale giudiziario prima della notifica del precetto dietro presentazione a lui del titolo stesso da parte del creditore istante. Occorre inoltre che nell’atto di precetto sia dichiarata la residenza o il domicilio della parte istante nel Comune in cui ha sede il giudice competente per l’esecuzione, ma l’eventuale omissione di tale indicazione non determina invalidità del precetto, ma solo che, eventuali opposizioni al precetto stesso possono essere proposte davanti al G.E. in cui il precetto è stato notificato e le notificazioni dirette all’intimante possono essere eseguite c/o la Cancelleria di tale giudice. Il precetto deve essere sottoscritto o dalla parte personalmente o dal suo difensore munito di apposito mandato. La notificazione del precetto 56 interrompe i termini di prescrizione del diritto risultante dal titolo ma essa ha carattere meramente istantaneo poiché non determina anche la sospensione del corso di tale prescrizione(come avviene,invece, a seguito della proposizione di una domanda giudiziale che sospende,appunto, il decorso della prescrizione per tutta la durata del processo e fino al passaggio in giudicato della sentenza resa a seguito di esso). 57 CAPITOLO VI L’ESPRORIAZIONE FORZATA Sezione I L’ESPROPRIAZIONE FORZATA IN GENERALE 47) Funzione e struttura dell’espropriazione Il Titolo II del Libro III c.p..c. detta, anzitutto, una disciplina generale e comune a tutte le forme di espropriazione previste dalla legge (mobiliare c/o il debitore; immobiliare e presso terzi ) e,poi, ad integrazione di questa, una disciplina riguardante la singola,specifica,forma di espropriazione. Altre disposizioni specifiche riguardano l’espropriazione di beni indivisi e quella contro il terzo proprietario. Esaminiamo,dunque, tale disciplina generale 48) Il giudice dell’esecuzione e le disposizioni generali concernenti l’espropriazione Giudice (intesto come Ufficio Giudiziario) competente per le espropriazioni è sempre il Tribunale la cui competenza territoriale si determina in base ai seguenti criteri: a) luogo dove si trovano i beni mobili o immobili assoggettati all’esecuzione; b) luogo di residenza,domicilio o dimora del debitore (se l’espropriazione ha ad oggetto crediti verso un debitore diverso dalla P.A,ovvero ha ad oggetto autoveicoli,motoveicoli o rimorchi; c) luogo di residenza,domicilio o dimora del terzo (se l’espropriazione riguarda crediti ed è diretta contro la P.A.). 60 L’art.493 ammette,poi, che possano,sugli stessi beni, essere eseguiti più pignoramenti(ad istanza dello stesso creditore o di altri creditori) che rimangono,tuttavia, autonomi anche se riuniti in un unico processo. Un pignoramento successivo,in ogni caso, produce gli stessi effetti che conseguirebbero ad un intervento,tempestivo o tardivo, del creditore. Va detto,infine che l’efficacia del pignoramento cessa se nei successivi 90 gg. non viene presentata istanza di vendita o di assegnazione dei beni pignorati. Tale termine,però, resta sospeso in caso sia proposta opposizione agli atti esecutivi. 50) Segue: i poteri dell’ufficiale giudiziario nell’esecuzione del pignoramento Ex art.492 c.p.c. conferisce incisivi poteri all’ufficiale. giudiziario ai fini dell’individuazione dei beni da espropriare. In primo luogo egli,nel caso che i beni da pignorare gli appaiano insufficienti a soddisfare le ragioni del creditore, ovvero se la loro liquidazione appare di manifesta lunga durata, invita il debitore “ad indicare ulteriori beni utilmente pignorabili”, avvertendolo delle sanzioni penali cui va incontro nel caso non risponda entro 15 gg. o renda dichiarazioni false. La dichiarazione del debitore viene raccolta in un verbale da lui sottoscritto e, se positiva, produce i seguenti effetti:: 1) se i beni indicati sono beni mobili e si trovano in possesso dello stesso debitore, tali beni si considerano senz’altro pignorati, agli effetti civili e penali; 2) se trattasi di crediti verso terzi ovvero di beni del debitore ma da lui NON posseduti (ma posseduti da terzi) il pignoramento si considera 61 perfezionato solo nei confronti del debitore (che diventa,altresì, custode della somma o dei beni qualora il terzo,non avendo ancora ricevuto la notifica dell’atto di pignoramento, successivamente esegua il pagamento della somma o gli restituisca il bene); 3) se trattasi di beni immobili, il creditore procede ai sensi dell’art 555 c.pc., cioè secondo la disciplina propria dell’espropriazione immobiliare.. Il medesimo invito può essere fatto al debitore quando l’uff.giud. ne sia sollecitato da altri creditori intervenuti nel pignoramento e i beni fino ad allora pignorati non appaiono sufficienti. Infine, se il debitore è un imprenditore commerciale, l’uff.giud. può invitarlo,su istanza del creditore, ad indicare il luogo dove sono conservate le scritture contabili,nominando un avvocato o un commercialista per esaminarle al fine di individuare cose o crediti pignorabili. 51) Segue: la ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare L’art.492-bis consente al creditore di rivolgersi al Presidente del tribunale competente al fine di essere autorizzato alla ricerca di beni pignorabili con modalità telematiche. Ottenuta l’autorizzazione(che potrà essere concessa solo dopo la verifica del diritto del creditore a procedere ad esecuzione forzata) ,la ricerca di beni o crediti pignorabili verrà eseguita dall’uff.giud.”mediante collegamento telematico diretto ai dati contenuti nelle banche dati delle PP.AA., e, in particolare,a quelli dell’anagrafe tributaria, del P.R.A.,degli enti previdenziali, nonché a quelle relative ai rapporti intrattenuti dal debitore con istituti di credito e datori di lavoro o committenti.” 62 Terminate le operazioni, l’Uff.Giud. redigerà un unico processo verbale in cui egli indicherà le banche dati consultate e le relative risultanze e procede senz’altro al pignoramento dei beni mobili o crediti riscontrati. In caso di pluralità di beni mobili o crediti, spetterà al creditore procedente scegliere quali di essi sottoporre a pignoramento. 52) Segue: gli effetti del pignoramento Col pignoramento viene creato un “vicolo “in favore dei creditori su beni o i crediti sottoposti a pignoramento. L’art.2913 cod.civ.infatti, stabilisce che “non hanno effetto”, in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell’esecuzione, gli atti di “alienazione (da intendersi come atti di trasferimento della proprietà,ma anche quelli costitutivi di diritti reali minori) nonché gli altri atti dispositivi dei beni sottoposti a pignoramento.. L’art.2915 cod.civ.indica,altresì, come atti colpiti da “inefficacia” nei confronti dei creditori quelli che importano vincoli di indisponibilità dei beni pignorati (ad esempio, i beni costituiti in fondo patrimoniale o le convenzioni matrimoniali). E’ da precisare,però, che trattasi di inefficacia relativa del vincolo, poiché al debitore pignorato viene vietato solo l’atto di sottrazione “materiale” del bene, non l’atto di disposizione giuridica. Con la conseguenza per cui egli ben potrebbe ,ad esempio, alienare a terzi il bene pignorato, ma l’alienazione è efficace solo fra il debitore/alienante e l’acquirente, mentre nei confronti del creditore essa è in opponibile ( è come se il bene non fosse mai uscito dal patrimonio del debitore,consentendogli, dunque, di proseguire nell’esecuzione come se detto bene appartenesse ancora al 65 istanza del creditore procedente o di altro creditore munito di titolo eecutivo, dispone senza indugio la vendita delle cose pignorate L’art.496 c.p.c. prevede l’istituto della “riduzione” del pignoramento:su istanza del debitore oppure d’ufficio, sentiti i creditori il G.E. dipone,con ordinanza,che il pignoramento sia ridotto quando il valore dei beni pignorati è superiore all’importo totale dei crediti da soddisfare e delle spese. Va,infine,ricordato che, se è vero che l’art.483 c.p.c. consente al creditore di avvalersi “cumulativamente” dei diversi mezzi di espropriazione forzata previsti dalla legge (mobiliare,immobiliare,presso terzi) è altrettanto vero che il G.E.,su opposizione del debitore,con ordinanza non impugnabile, può limitare l’espropriazione al mezzo che il creditore sceglie o che lo stesso G.E.,in mancanza, determina. 54) L’intervento dei creditori: i presupposti Le cose o i crediti di un debitore possono essere pignorati da una pluralità di creditori. Tuttavia,il creditore procedente (cioè colui che per primo ha intrapreso l’esecuzione col pignoramento), non gode di particolari privilegi rispetto agli altri. Infatti i creditori intervenuti successivamente ,se il loro intervento avviene entro un determinato momento, partecipano alla distribuzione del ricavato della vendita forzata alla pari del creditore procedente stesso. Prima della riforma del 2005 tutti i creditori (anche se non muniti di titolo esecutivo) potevano intervenire in un processo esecutivo già iniziato. Dopo la riforma,invece, l’art.499 1^co c.p.c. ha circoscritto l’intervento alle seguenti categorie di creditori: a) creditori muniti di titolo esecutivo oppure 66 titolari di un diritto di pegno o di prelazione risultante da pubblici registri; b) creditori che, anteriormente al pignoramento,avevano eseguito un sequestro sui beni pignorati; c) ai creditori titolari di un credito risultante dalle scritture contabili obbligatorie di cui all’art.2214 cod.civ. Diversa è,tuttavia, la posizione (e i poteri) fra il creditore intervenuto munito di titolo esecutivo e creditore intervenuto NON munito di titolo esecutivo. Il primo, infatti, ha autonomi poteri di impulso del procedimento esecutivo (può,dunque, ad esempio, presentare egli stesso l’istanza di vendita dei beni pignorati); il secondo,invece, non solo non gode di tale potere ma il suo credito è condizionato (almeno ai fini dell’esecuzione) ad una specie di interpello del debitore, come meglio spiegato nel successivo § 55. Importante è,poi, il tempo dell’intervento. Infatti,premesso che per ciascuna forma di espropriazione è previsto un termine ultimo per l’intervento,aldilà del quale,cioè, l’intervento stesso si considera tardivo, occorre distinguere, in proposito, la posizione del creditore chirografario rispetto a quello munito di prelazione. Infatti, se è il creditore chirografario ad intervenire tardivamente, egli, nella distribuzione del ricavato, viene posposto (o postergato) sia ai creditori muniti di prelazione che al creditore procedente e agli altri creditori intervenuti tempestivamente (rischiando,così, di potersi soddisfare solo sull’eventuale residuo). Nessun pregiudizio del genere ,invece, subisce il creditore munito di prelazione in caso di suo intervento tardivo. 67 L’art.498 c.pc., stabilisce,poi, che, se il diritto di prelazione risulta da un pubblico registro, il relativo creditore ha il diritto di essere avvertito dell’eventuale esecuzione che venisse intrapresa sui beni concessi in garanzia (perché ,in caso di vendita,perderebbe la prelazione) e per tale motivo il creditore procedente ha l’onere di notificargli (entro gg.5) un avviso da cui risultino il nome del creditore pignorante, il titolo esecutivo e le cose pignorate. Senza tale avviso il G.E. non può procedere all’assegnazione o alla vendita. L’art.511 c.pc. prevede, poi, la c.d. sostituzione esecutiva in base a cui “ciascun creditore del creditore avente diritto alla distribuzione” può chiedere di essere sostituito a quest’ultimo nella distribuzione stessa. La sostituzione,tuttavia, potrà avvenire fino a quando il creditore sostituendo non abbia ricevuto la propria quota in sede di distribuzione. 55) Segue: la disciplina processuale dell’intervento Il ricorso per intervento deve essere depositato in Cancelleria “prima che sia tenuta l’udienza in cui è disposta la vendita o l’assegnazione,ai sensi degli artt. 530 (espropriazione mobiliare), 552 (espropriazione c/o terzi) e 569(espropriazione immobiliare).Nel ricorso il creditore intervenienete dovrà indicare l’importo del credito e del relativo titolo e la domanda di partecipazione alla distribuzione del ricavato. Deve inoltre dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune in cui ha sede il giudice competente per l’esecuzione. Se l’intervento riguarda un credito non assistito da titolo esecutivo ma risultante dalle scritture contabili di cui all’art.2214 cod.civ., il creditore 70 La seconda è quella preferita dal legislatore posto che l’art.503 c.pc. stabilisce che la vendita con incanto possa disporsi solo quando si ritiene che possa fruttare un prezzo superiore alla metà del valore dei beni staggiti. In essa le offerte di acquisto, pur nel rispetto di un prezzo-base,possono intervenire in un arco di tempo più lungo ma determinato nel provvedimento del G.E.. In caso di pluralità di offerte, può prevedersi una gara partendo dall’offerta più alta. Con riguardo,invece, all’assegnazione, essa suole distinguersi in due tipi: assegnazione satisfattiva e assegnazione-vendita. La prima consiste in una specie di datio in solutum in base a cui il creditore, al posto della somma di denaro cui avrebbe diritto, accetta che gli venga trasferita la proprietà dei beni pignorati. Se il valore di questi ultimi è superiore al credito, egli verserà un conguaglio in denaro. Una sottospecie di tale forma di assegnazione è l’assegnazione del credito pignorato che realizza una cessione del credito pro solvendo per la quale non è neppure necessaria l’accettazione del creditore. La seconda consiste,invece, nel pagamento, da parte del creditore assegnatario, di un prezzo pari al valore del bene pignorato. Tale prezzo non può,comunque, essere inferiore al totale delle spese di esecuzione e dei crediti con prelazione anteriori al credito dell’assegnatario stesso Va,infine,sottolineato che il processo di espropriazione può concludersi anche anticipatamente,prima,cioè della vendita o dell’assegnazione, se “risulti che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori,anche tenuto conto dei costi necessari alla 71 prosecuzione della procedura,delel probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo”(art.164-bis disp.att. c.p.c.). 57) Gli effetti e la stabilità della vendita e dell’assegnazione Gli artt.2119 cod.civ. (per la vendita forzata) e l’art.2925 cod.civ.(per l’assegnazione) disciplinano in maniera pressoché uniforme gi effetti dei relativi trasferimenti coatti. L’art.2119, posto che la vendita forzata, se pur coatta, realizza pur sempre un trasferimento della proprietà a titolo derivativo, stabilisce la regola secondo cui il trasferimento di proprietà dal debitore all’acquirente presuppone pur sempre che tale diritto sussistesse in capo al debitore stesso; a meno che, trattandosi di beni mobili, non risulti applicabile l’art.1153 cod.civ.(acquisto in buona fede), perché,in tal caso, l’acquisto deve considerarsi a titolo originario. Lo stesso art.2119 ribadisce,poi,che anche l’acquirente si giova dello stesso principio (stabilito dall’art.2913 cc. con riguardo al creditore procedente e ai creditori intervenuti) secondo cui sono a lui inopponibili gli atti di alienazione dei beni pignorati e,in genere, tutti gli atti pregiudizievoli posteriori al pignoramento. Può,tuttavia, accadere che l’acquirente dei beni pignorati subisca l’evizione (totale o parziale) da parte di un terzo che ne rivendichi vittoriosamente la proprietà o altro diritto reale. In tal caso l’acquirente,costretto a restituire la cosa al terzo, potrà ripetere quanto pagato a titolo di prezzo di acquisto se tale prezzo non è stato ancora distribuito; in caso contrario, può ripetere da ciascun creditore (tranne quelli privilegiati o ipotecari) la parte da essi rispettivamente 72 riscossa e, dal debitore, l’eventuale residuo,mentre, nei confronti del creditore procedente egli conserva azione risarcitoria per i danni e le spese(art.2921 c.c.). Analoga disposizione prevede l’art.2927 c.c. con riferimento all’assegnazione. Se,invece, trattasi di vendita di cose mobili, la posizione dell’acquirente in buona fede eccezionalmente prevale su quella di chi poteva vantare,sui beni pignorati, il diritto di proprietà o di altro diritto reale. In tal caso,infatti, l’art.2920 prevede che quest’ultimo possa far valere le proprie ragioni solo sul ricavato della vendita, ma solo fino a quando non si verifichi la distribuzione ai creditori. Dopo tal momento,infatti, egli potrà agire solo per il risarcimento dei danni nei confronti del solo creditore procedente (se questi era in mala fede,cioè sapeva che il bene pignorato non era di proprietà del debitore) e nei confronti dello stesso debitore per l’ingiustificato arricchimento a lui derivato dal fatto che,col denaro proveniente dalla vendita di un bene altrui, è stato estinto un proprio debito. Per la stessa fattispecie, ma con riferimento all’assegnazione, l’art.2926 c.c. detta una disciplina parzialmente diversa. Infatti, il proprietario del bene mobile illegittimamente assoggettato all’espropriazione, se, da un alto, è tenuto a rispettare l’acquisto dell’assegnatario in buona fede , può,tuttavia, entro gg.60 dall’assegnazione stessa,.ripetere nei di lui confronti la somma corrispondente all’importo del credito soddisfatto con l’assegnazione. Analoga facoltà è attribuita ai terzi titolari di altri diritti reali sul bene pignorato,nei limiti del valore del loro diritto. 75 In sede di distribuzione può accadere che sorgano controversie fra creditori concorrenti oppure fra creditori e debitore o terzo assoggettato all’espropriazione “circa la sussistenza o l’ammontare di uno o più crediti o circa la sussistenza di diritti di prelazione”(art.512 c.p.c.). Tali controversie sono risolte dal G.E., sentite le parti, con ordinanza con cui egli potrà anche sospendere ,in tutto o in parte, la distribuzione.. Tale ordinanza è impugnabile solo con l’opposizione agli atti esecutivi il cui conseguente giudizio si conclude (come vedremo) con sentenza non appellabile, ma solo ricorribile per Cassazione. Si ritiene che entrambi i detti provvedimenti (l’ordinanza e la sentenza) hanno effetti limitati al processo esecutivo cui si riferiscono senza dar luogo,invece, ad un accertamento con efficacia di giudicato circa la sussistenza e/o la misura del credito o della causa di prelazione. Va precisato che, nell’ipotesi di conflitto fra creditori concorrenti,il creditore che muove la contestazione deve avere interesse a farlo e ciò si verifica solo quando il credito (o la causa di prelazione) oggetto di contestazione sia di grado pari o maggiore rispetto al proprio e,dunque,in grado di incidere negativamente sulla sua posizione. L’interesse del debitore alla contestazione risiede,invece, nel suo diritto a vedersi riconosciuto, al termine della distribuzione e una volta contestata vittoriosamente l’esistenza o l’ammontare di un dato credito, un residuo maggiore. Ultimo problema attiene alla stabilità della distribuzione. Ci si chiede,in altri termini, se le attribuzioni fatte in favore dei creditori a seguito della distribuzione siano irreversibili (come se fossero coperte da 76 giudicato) o,invece, possano essere, successivamente, poste in discussione,in particolare attraverso un’azione di ripetizione di indebito intentata o dallo stesso debitore ovvero da altro creditore rimasto insoddisfatto. Orbene,si ritiene che nei rapporti fra creditori, una volta operata la distribuzione, si determina certamente una situazione non più modificabile, stante l’irrevocabilità del provvedimento che pone fine all’espropriazione,mentre per i rapporti debitore/creditore non ci sono validi motivi per affermare che tale provvedimento possa precludergli –di per sé- la possibilità di intraprendere azioni di ripetizione di indebito. Sezione II L’ESPROPRIAZIONE MOBILIARE PRESSO IL DEBITORE 59) L’individuazione dei beni da pignorare e i relativi frutti Questa forma di espropriazione ha inizio con un’ istanza (anche verbale) del creditore fatta all’ufficiale giudiziario a cui dal medesimo creditore verrà consegnato il titolo esecutivo e la copia notificata dell’atto di precetto. Munito di tali atti, l’ufficiale giudiziario(da solo o insieme allo stesso creditore che ne abbia fatto richiesta o al proprio difensore) si reca, per procedere alla ricerca dei beni da pignorare, nella casa del debitore e in tutti gli “altri luoghi a lui appartenenti”, nonchè (ma con le dovute cautele) anche sulla persona del debitore stesso. Ove sia necessario, l?Uff.Giud. può avvalersi dell’ausilio della forza pubblica (ad es.,per vincere eventuali resistenze del debitore o per allontanare persone che disturbino le operazioni). 77 Previa autorizzazione del Presidente del Tribunale, l’uff.giud. può pignorare anche cose determinate del debitore che pur non trovandosi nei luoghi appartenenti al debitore stesso, egli,tuttavia, ne può direttamente disporre (esempi:l’automobile ricoverata in un garage di proprietà altrui). Se manca tale potere di disposizione (intesa come “utilizzazione”) in capo al debitore, il creditore dovrà far ricorso alla più complessa espropriazione c/o terzi. Non tutti i beni del debitore sono pignorabili e,all’uopo, si distingue una impignorabilità assoluta e una relativa.. Ricorre la prima (art.514) in relazione ad una serie di beni che o per legge, ovvero per la loro particolare destinazione(es. le cose sacre), ovvero ancora perché ritenuti indispensabili alle esigenze di vita del debitore e della sua famiglia(es.: alcuni arredi o i beni commestibili), NON possono in alcun modo essere pignorati. La seconda (artt.515 e 516) ricorre in relazione a quei beni che possono essere pignorati solo a certe condizioni ed entro certi limiti(es.gli strumenti di lavoro,fino ad un massimo di 11/5 del loro valore). Fuori di tali limiti, il potere di scelta dei beni affidato all’Uff.Giud. è ampiamente discrezionale,sebbene l’art.517 gli imponga di preferire,prima di ogni altra cosa, il denaro. 60) Le modalità del pignoramento Il pignoramento può essere eseguito non prima delle 7,00 e non più dardi delle 19,00. Esso si attua con una formale ingiunzione fatta dall’Uff.Giud. al debitore di non sottrarre i beni pignorati al vincolo su di essi imposti. Viene redatto un verbale contenente tale ingiunzione, le indicazioni 80 l’art.520 dispone che esse,se il creditore ne faccia richiesta, sono depositate c/o un luogo di pubblico deposito oppure ad affidate ad un custode che non può essere né lo stesso creditore o un suo familiare (tranne che non vi acconsenta il debitore), né il debitore o un suo familiare(tranne che non vi consenta il creditore). L’Uff.Giud. può affidare i beni anche ad un istituto autorizzato alle vendite giudiziarie. Il custode non può usare delle cose pignorate senza l’autorizzazione del G.E. ed è obbligato,se ricorrono i presupposti,a rendere il conto della propria gestione. L’incarico di custode dura,di regola, fino al momento per il deposito dell’istanza di vendita, dopo di che il G.E. sostituirà il custode con l’istituto incaricato della vendita la quale ,dovrà essere eseguita non più tardi di gg.30 o presso la propria sede ovvero,se trattasi di beni difficilmente trasportabili, anche presso il luogo in cui si trovano,previa autorizzazione del G.E. Tranne che l’istituto di vendita, il custode non ha diritto a compenso,a meno che non gli sia stato riconosciuto dall’uff.giud. al momento della nomina e sempre che custode non sia il creditore o il debitore (o loro familiari). 62) Le disposizioni speciali per il pignoramento di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi (cenni) Per l’espropriazione dei suddetti mezzi,l’art.521-bis c.p.c. detta una disciplina particolare. Infatti, il pignoramento si esegue mediante notifica al debitore e successiva trascrizione sul P.R.A (Pubblico registro Automobilistico) di un atto contenente: gli estremi identificativi del bene, l’ingiunzione ex art.492 c.p.c. e l’intimazione a consegnare, entro 10 gg., il 81 bene (con i relativi documenti di proprietà) all’Istituto Vendite autorizzato ad operare nel circondario del luogo in cui il debitore ha la residenza,il domicilio o la dimora. Dal momento di tale notifica il debitore è costituito custode del mezzo pignorato. Se gli organi di polizia accertano che il mezzo pignorato, decorsi i 10 gg., è ancora in circolazione, ritirano la carta di circolazione e gli altri documenti relativi alla proprietà del medesimo e consegna il bene all’Istituto Vendite. Quest’ultimo,allora, ne assumerà la custodia e ne darà avviso (con pec) al creditore che, a sua volta, entro i successivi 30 gg., ed a pena di inefficacia del pignoramento,dovrà depositare c/o il Tribunale competente per l’esecuzione la nota di iscrizione a ruolo, con le copie conformi del titolo esecutivo, del precetto,dell’atto di pignoramento e della relativa nota di trascrizione. 63) L’intervento dei creditori Ferma la disciplina generale sull’intervento (vedi §§ 54-55), nell’espropriazione mobiliare c/o il debitore,l’intervento dei creditori deve avvenire non oltre l’udienza fissata per l’autorizzazione alla vendita o all’assegnazione. Dopo tale momento, l’intervento si considera tardivo e i creditori potranno partecipare alla distribuzione del ricavato solo sulla parte che eventualmente residua dopo il soddisfacimento dei creditori tempestivi. Se,invece, trattasi di c.d. “piccola espropriazione” (espropriazione in cui il valore dei beni pignorati non supera € 20.000,00), la data ultima per l’interevento è quella stabilita per la proposizione del ricorso con cui è chiesta la vendita o l’assegnazione (cioè non prima di 10 gg.dal pignoramento e non più tardi di gg.90 da esso). 82 64) L’assegnazione o lq vendita dei beni(cenni) e la distribuzione del ricavato Decorsi almeno 10 gg. dal pignoramento, il creditore procedente (o altro creditore munito di tiolo esecutivo) può proporre ricorso per l’autorizzazione alla vendita o all’assegnazione. Su di esso decide,con ordinanza,il G.E. che fisserà la comparizione delle parti davanti a sé per una udienza a ciò preposta che,fra l’altro, rappresenta l’ultima occasione per proporre eventuali opposizioni agli atti esecutivi (su cui deciderà il G.E. con sentenza). Se queste non vi sono,il G.E. dispone, con ordinanza,la vendita o l’assegnazione. Se,invece, trattasi di “piccola espropriazione”, vi provvederà con decreto,senza fissare alcuna udienza, tranne nel caso in cui non intervengano altri creditori.(in tal caso fisserà l’udienza e provvederà con ordinanza). Per quel che concerne le modalità di vendita, si ricorre, di regola, alla vendita senza incanto. Il G.E.,con ordinanza, fisserà un prezzo base di vendita e uno oltre il quale essa dovrà arrestarsi. Alle relative operazioni provvederà un Istituto di Vendite Giudiziarie ovvero altro soggetto specializzato nel settore di competenza che procederà alla vendita in qualità di commissionario(la vendita dovrà avvenire,in tal caso, entro 30 gg.,altrimenti il commissionario dovrà riconsegnare i beni affinchè si proceda alla vendita con incanto). Anche nel caso di vendita con incanto, il G.E. fisserà un prezzo minimo ma affiderà le operazioni al Cancelliere all’Uff.Giud. o ad un istituto a ciò autorizzato. 85 restrizioni stabilite da d.p.r. n.180/50 sono venute meno a seguito dell’intervento della Corte Costituzionale, vale,anche per essi, il limite di pignorabilità del 1/5. Infine, per ciò che attiene alla pignorabilità dei crediti vantati verso lo Stato o altri Enti pubblici, si riteneva,in passato,che essa fosse particolarmente difficoltosa stante il “vincolo” di destinazione ad un pubblico servizio che caratterizzava le somme oggetto di tali crediti. Oggi,però,è prevalente l’idea che, in assenze di specifiche deroghe di legge, tale vincolo di destinazione debba essere valutato in concreto e non in astratto sulla base,cioè, della semplice iscrizione in bilancio delle relative poste. 66) Il pignoramento In tale forma di espropriazione,il pignoramento deve esplicare efficacia non solo nei confronti del debitore (cui va sempre notificato il titolo esecutivo ed il precetto), ma anche di un terzo. Per tale motivo l’art.543 c.p.c. prevede che il pignoramento si esegua mediante atto scritto e,più precisamente, mediante notifica al debitore e al terzo di un atto che,oltre a contenere gli elementi di cui all’art.492, deve contenere,altresì: a) l’indicazione del credito per cui si procede. Del titolo esecutivo e della data di notifica del precetto; b) l’indicazione, almeno generica, delle cose o delle somme dovute. L?indicazione può essere generica in quanto il creditore,spesso, non conosce i dettagli del rapporto che lega il debitore al proprio debitore e gli è consentito,dunque, di precisare successivamente (a seguito della dichiarazione del terzo) l’oggetto del pignoramento; 86 c) l’intimazione al terzo di NON disporne senza ordine del giudice. Si badi che ciò che,in effetti, viene in tal modo imposto al terzo è di non consegnare il bene al debitore o di estinguere il proprio debito pagando direttamente nelle mani del debitore esecutato (vanificando,così le ragioni del creditore procedente). Per tale ragione,l’art.546 precisa che il terzo, fin dal momento della notificazione a lui dell’atto di pignoramento, è costituito custode delle cose o delle somme da lui dovute “nei limiti dell’importo del credito precettato,aumentato della metà”. Dall’art.2917 cod.civ. si deduce,inoltre, che l’eseguito pignoramento rende inefficaci nei confronti del creditore procedente e di quelli intervenuti le cause di estinzione del credito verificatesi successivamente al pignoramento stesso; d) la citazione del terzo a comparire dinanzi al Tribunale competente(che è quello del luogo di residenza del debitore), nel rispetto del termine dilatorio di gg.10; e) l’invito al terzo a comunicare (ciò ai sensi del successivo art.547 c.pc.) entro 10 gg.,a mezzo raccomandata o p.e.c., la propria dichiarazione circa l’effettiva esistenza delle cose o dei crediti pignorati, con l’avvertimento che, in caso di mancata comunicazione,la dichiarazione dovrà essere resa dal terzo previa sua comparizione davanti al G.E. in un’udienza all’uopo fissata e che se non dovesse comparire,il credito pignorato o il possesso delle cose del debitore,si considereranno NON contestati ai fini del procedimento in corso e dell’esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione”. 87 f) la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel Comune in cui ha sede il Tribunale competente, nonché l’indicazione dell’indirizzo p.e.c. del creditore procedente”. Dopo l’ultima notifica, l’Uff.Giud. consegna,senza ritardo,l’originale dell’atto di pignoramento al creditore il quale, a pena di inefficacia del pignoramento,deve depositare c/o la Cancelleria, entro 10 gg. dalla consegna, la nota di iscrizione a ruolo, corredata di copie conformi dell’atto di pignoramento,del titolo esecutivo e del precetto, affinchè il Cancelliere possa formare il fascicolo dell’esecuzione. Nel caso in cui la ricerca dei beni o dei crediti sia avvenuta in forma telematica, l’Uff.Giud. dovrà notificare al debitore e al terzo,possibilmente tramite p.e.c. o telefax, il verbale redatto ai sensi dell’art. 492-bis che dovrà contenere tutte le indicazioni previste nell’art.543 precedentemente viste, ad eccezione di quelle di cui alle lettere d) ed f). Infatti, solo dopo la presentazione dell’istanza di vendita (dei beni ) o di assegnazione (dei crediti) è previsto che il G.E. fissi l’udienza per l’audizione del creditore e del debitore e che il relativo decreto,da notificare a cura del creditore, debba contenere pure l’invito e l’avvertimento al terzo indicati sub lett. e). 67) Gli adempimenti del terzo e l’eventuale accertamento del credito (o del bene) pignorato Si suole dire che l’espropriazione c/o terzi realizza una fattispecie a “formazione progressiva”, nel senso,cioè, che,per la sua natura, gli effetti del pignoramento rimangono subordinati al successivo accertamento del diritto(di proprietà o di credito) del debitore verso il terzo. 90 impugnare l’ordinanza di assegnazione dei crediti (emessa in caso di sua inerzia) se prova di non averne avuto tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione o per causa fortuita o forza maggiore. La disposizione,infatti, è da intendersi non nel senso che il legislatore abbia voluto circoscrivere la possibilità di opposizione del terzo ai soli motivi legati alla sola sconoscenza dell’ordinanza di assegnazione, ma nel senso che egli può successivamente contestare detta ordinanza sotto ogni altro profilo (e,dunque, anche in ordine all’esistenza del bene o del credito) proponendo opposizione agli atti esecutivi contro l’ordinanza di assegnazione entro 20 gg. dalla sua pronuncia in udienza o dalla sua comunicazione dell’ordinanza. Il che vuol dire ammettere,altresì, la possibilità che il terzo possa proporre opposizione tardiva (con atto di citazione ) entro i 20 gg.successivi dalal data in cui il creditore assegnatario gli abbia notificato il titolo esecutivo( rappresentato dall’ordinanza di assegnazione formato contro di lui) ed il precetto. 68) L’intervento dei creditori L’intervento dei creditori in tale forma di espropriazione è soggetto alla stessa disciplina dell’intervento nell’espropriazione mobiliare c/o il debitore. Deve essere precisato che l’intervento si considera tempestivo se avviene “entro la prima udienza di comparizione delle parti(art.551 c.pc.) che è quella indicata nell’atto di pignoramento e destinata alal dichiarazione del terzo. 69) L’assegnazione o la vendita 91 Una volta pervenuti all’accertamento(positivo) del bene o del credito,si deve procedere al materiale soddisfacimento delle ragioni del creditore procedente e di quelli interventi Orbene, se il pignoramento riguarda una cosa mobile del debitore posseduta dal terzo, saranno applicabili le stesse norme dettate,per l’assegnazione o la vendita, per l’esecuzione mobiliare c/o il debitore. Se trattasi,invece, di crediti occorre distinguere(art.553): se il credito è immediatamente esigibile o esigibile in un termine NON superiore a 90 gg, il G.E. lo assegnerà in pagamento ai creditori tenendo conto delle rispettive cause di prelazione. Si basi che siffatta assegnazione avviene “ pro solvendo”, cioè “salvo esazione”: fino a quando,cioè, il debitor debitoris non abbia effettivamente pagato ai creditori quanto dovuto a seguito dell’ordinanza di assegnazione, il debitore originario non sarà liberato della sua obbligazione e,in caso di insolvenza del terzo, proprio debitore, potrebbe subire una nuova espropriazione da parte dell’assegnatario rimasto insoddisfatto. Se,invece, i credito sono esigibili in un tempo superiore a 90 gg. ovvero quando trattasi di censi,rendite perpetue o temporanee,l’assegnazione è subordinata ad una richiesta concorde dei creditori,in mancanza della quale sarà necessario vendere il credito con modalità analoghe a quelle previste per la vendita forzata di cose mobili. Va,infine precisato, che, l’attuale formulazione dell’art.548 lascia chiaramente intendere (eliminando i dubbi del passato) che l’ordinanza di assegnazione costituisce titolo esecutivo nei confronti del terzo. Sezione IV 92 L’ESPROPRIAZIONE IMMOBILARE 70) Il pignoramento Ai sensi dell’art.555 c.p.c., il pignoramento di beni immobili si esegue attraverso la notificazione e successiva trascrizione di un atto –sottoscritto dal creditore pignorante a norma dell’art.125 (dunque,dal proprio difensore)-contenente l’esatta indicazione dei beni e dei diritti assoggettati ad espropriazione,con gli estremi catastali richiesti dall’art.2826 cod.civ. per l’individuazione dell’immobile ipotecato, oltre alla consueta ingiunzione ex art.492. Con la notifica,il debitore è costituito custode dei beni pignorati e non può disporne La trascrizione dell’atto di pignoramento ha efficacia perfezionativa dello stesso e,pertanto, dalla sua data dovrà aversi riguardo,oltre che ai fini della pubblicità verso i terzi, anche per stabilire i termini di efficacia del pignoramento e quello per il deposito dell’istanza di vendita o di assegnazione. L’Uff.Giud., una volta eseguita la notifica, consegnerà al più presto la copia notificata di esso al creditore. Quest’ultimo (e sempre che non lo abbia fatto lo stesso Uff.Giud.), nei 15 gg. successivi,depositerà nella cancelleria del giudice competente la nota di iscrizione a ruolo e le copie conformi del titolo esecutivo,del precetto e dell’atto di pignoramento. A seguito di tale incombenze,il Cancelliere formerà il fascicolo dell’esecuzione. L’art.556 c.p.c. consente all’Uff.Giud.,quando gli pare opportuno, di pignorare, insieme all’immobile anche i mobili che lo arredano. In ogni caso, dovrà redigere atti di pignoramento separati. 71) L’intervento dei creditori 95 esistenza di formalità o vincoli o oneri anche di natura condominiale) diretti ad agevolare il controllo e le valutazioni degli eventuali interessati all’acquisto dell’immobile pignorato. La relazione sarà trasmessa di regola e ove possibile, via p.e.c., dallo stesso esperto ai creditori, almeno 45 gg. prima dell’indicata udienza. Almeno 15 gg. prima di essa, i creditori dovranno far pervenire allo stimatore le proprie osservazioni sulla relazione in modo da consentirgli di replicare nell’udienza di comparizione. In questa stessa udienza, se non vi sono opposizioni o se su di esse è stato raggiunto un accordo, il G.E. autorizza la vendita. In caso contrario,prima di autorizzare la vendita,il Tribunale deciderà sulle opposizioni. Circa il provvedimento che autorizza la vendita che,di regola,deve avvenire tramite la procedura senza incanto (art.569) va detto che esso deve contenere, oltre all’indicazione del valore dell’immobile(prezzo-base per le successive offerte), le seguienti indicazioni: 1)il termine,NON inferiore a gg.90 e NON superiore a gg.120, per la proposizione delle offerte di acquisto; 2) le modalità con cui deve essere prestata la cauzione(che non potrà essere inferiore ad 1/5 del prezzo offerto); 3)la fissazione, al giorno successivo alla scadenza del termine per le offerte, dell’udienza in cui, aperte le buste contenenti tali offerte, si procederà alla deliberazione sull’unica offerta oppure (se ve ne sono di più) all’eventuale gara tra i più offerenti. La vendita all’incanto,invece, può disporsi solo quando il giudice ritenga probabile che essa potrà aver luogo ad un prezzo superiore almeno alla metà del valore di stima dell’immobile. 96 Si ricordi,infine, che il provvedimento autorizzativo della vendita è sottoposto alle forma di pubblicità stabilite dalla’rt.490 (affissione nell’Albo del tribunale di un avviso contenente le indicazioni di cui alla’rt.570, inserimento di una copia dell’ordinanza e della relazione di stima in appositi siti internet). Ciò deve avvenire almeno 45 gg.prima,rispettivamente, della scadenza del termine fissato per la presentazione delle offerte ovvero della data dell’incanto. Nel medesimo termine, un avviso dovrà essere pubblicato su uno o più quotidiani di informazione, locali o nazionali, indicati dal G.E. ed,eventualmente,la divulgazione con le forme della pubblicità commerciale.. 74) Le modalità della vendita senza incanto Ad eccezione del debitore, tutti sono ammessi ad avanzare (personalm,ente o a mezzo di difensore munito di procura speciale) un’offerta di acquisto dell’immobile pignorato. Talke offerta consiste in una dichiarazione da presentare nella Cancelleria del tribunale in busta chiusa( ma il G.E. può autorizzare la presentazione anche tramite p.e.c.,telefax o altri sistemi telematici di pagamento) L’offerta deve contenere l’indicazione del prezzo,delle modalità di pagamento e di ogni altro elemento utile per la sua valutazione. Essa,a pena di inammissibilità,deve essere depositata entro il termine fissato dal G.E. nel provvedimento autorizzativo della vendita e non può essere revocata prima che siano trascorsi 120 gg. dalla sua presentazione. L’apertura delle buste avviene nell’udienza all’uopo fissata a a cui possono intervenire tutte le parti. 97 Se l’offerta presentata è unica, ma supera di almeno 1/5 il valore dell’immobile come determinato nell’ordinanza autorizzativa della vendita, essa deve senz’altro essere accolta. Se,invece, tale unica offerta non raggiunge il suddetto importo, essa potrà essere accolta a condizione che il G.E. NON ritenga probabile che la vendita con incanto frutti un prezzo superiore alla metà del valore di stima. Se le offerte presentate sono più di una, il G.E. invita gli offerenti ad una gara,prendendo come prezzo-base quello contenuto nell’offerta più alta. Se gli offerenti non aderiscono alla gara il G.E. potrà o aggiudicare l’immobile a chi ha effettuato l’offerta più alta, ovvero potrà disporre la vendita con incanto. Una volta accolta l’offerta, il G.E.,con decreto,dispone il termine e le modalità di versamento del prezzo e,una volta eseguito tale pagamento, emetterà altro decreto di trasferimento dell’immobile(che costituisce titolo esecutivo) Se,invece, l’aggiudicatario si rende inadempiente, il G.E. sempre con decreto, dichiarerà la sua decadenza, ordinerà che la cauzione da lui versata sarà incamerata alla procedura a titolo di multa e disporrà che alla vendita si proceda con incanto. 75) Le modalità della vendita all’incanto Nel provvedimento con cui il G.E. fissa,eventualemte, la vendita con incanto dovranno essere indicati: la data e l’ora in cui l’incanto avrà luogo e gli eleemnti di cui all’rt.576 tra cui l’ammontare della cauzione (che non potrà superare il decimo del prezz-base d’asta). il termine per la sua presentazione, gli aumenti da apportare,in corso d’asta su tali offerte ed il
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