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Procedura civile, Balena, Sintesi del corso di Diritto Processuale Civile

Riassunto capitolo APPELLO, secondo libro

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

In vendita dal 02/06/2019

labellavita199kore
labellavita199kore 🇮🇹

4.1

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Scarica Procedura civile, Balena e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! CAPITOLO XVII L'APPELLO • Caratteri generali dell’appello e il principio del doppio grado di giurisdizione L’appello è la forma di impugnazione più ordinaria e diffusa. Le sue caratteristiche principali sono: 1) ha un effetto devolutivo perché sottopone ad un giudice diverso e superiore una questione già decisa dal giudice a quo 2) ha un effetto sostitutivo perché la pronuncia non elimina solo la sentenza di primo grado ma la sostituisce con una nuova pronuncia sul merito, anche quando il contenuto sia identico 3) è un’impugnazione a critica libera perché si può utilizzare per qualsiasi tipologia di vizio. Distinguiamo due tipi di appello: - appello di nuovo giudizio: è una prosecuzione del giudizio di primo grado e, infatti, possono essere proposte nuove eccezioni e nuove prove e il giudice è dotato degli stessi poteri del giudice a quo - appello di revisione di prima istanza: si occupa di un riesame e di un controllo sulla attività svolta dal primo giudice e si occupa dell’eliminazione degli errore da quello commessi e non è ammessa nessuna nuova prova o allegazione. L’appello realizza il principio del doppio grado di giurisdizione perché ogni domanda o questione deve poter essere sottoposta all’esame successivo di due giudici di merito. • Le sentenze appellabili e il giudice competente Solitamente tutte le sentenze pronunciate in primo grado, sia dal tribunale che dal giudice di pace, sono appellabili salvo che la legge non dispone diversamente. Infatti vi sono dei casi di inappellabilità: 1) per le sentenze decise dal giudice di pace secondo equità su richiesta delle parti 2) Le sentenze di cui le parti si sono già accordate di omettere l’appello e di impugnarle, per saltum, direttamente in Cassazione 3) le sentenze per la quale la legge preveda un’opposizione davanti lo stesso ufficio giudiziario che le ha pronunciate 4) le sentenze rese su un’opposizione agli atti esecutivi non impugnabili 5) le sentenze per le quali la legge preveda una opposizione davanti lo stesso ufficio giudiziario dal quale promanano. Competente per il giudizio di appello è il giudice immediatamente superiore a quello che ha pronunciato la sentenza impugnata. • L'oggetto del giudizio di appello e i limiti dell'effetto devolutivo L'effetto devolutivo dell'appello si identifica con la possibilità che impugnazione chiami il giudice ad quem a decidere nuovamente la stessa domanda già sottoposta all'esame del giudice di primo grado, con gli stessi poteri che aveva quest'ultimo. Inoltre l'appellante deve indicare, già nell'atto introduttivo , i motivi specifici dell’impugnazione. • Segue: l'onere di espressa riproposizione delle domande e delle eccezioni “Non accolte" Il primo limite all’effetto devolutivo è l'art.346 che invita le parti a proporre in appello le domande o le eccezioni non accolte in primo grado, per evitare che siano “rinunciate". Il problema nasce con l'espressione “Non accolte" perché può riferirsi sia alle domande che alle eccezioni decise e respinte dalla sentenza di primo grado; domande ed eccezioni non decise; domande ed eccezioni respinte oppure non decise. Nel caso delle domande si intendono quelle non decise, perché nel caso di quelle respinte la parte non può solo riproporle ma deve anche impugnare quella parte di sentenza relativa alla domanda respinta. Nel caso delle eccezioni si distingue: nel caso dell'appellante si riferisce solo a quelle non decise per lo stesso principio delle domande; nel caso dell’appellato si riferisce a quelle rigettate perché la parte può solo riproporle. Tuttavia la dottrina minoritaria riconosce anche per l'eccezioni il significato di non decise e non di respinte perché anche l'appellato, altrimenti, dovrebbe impugnare la sentenza. • Segue: la funzione dei motivi di appello e i limiti della cognizione del giudice di secondo grado Una seconda limitazione deriva dalla necessaria motivazione dell'appello. L'art.342 specifica che l'atto introduttivo deve contenere i motivi specifici dell’impugnazione, ma non dice nulla riguardo a eventuali sanzioni per l'inosservanza di tale obbligo. Secondo una parte della dottrina, i motivi servono a chiarire quale parte della sentenza è oggetto di impugnazione e, se mancano, la sentenza si intende impugnata interamente; secondo altri serve a capire non solo i capi della sentenza oggetto di impugnazione, ma anche le questioni sulle quali il giudice di secondo grado deve a sua volta decidere. Una recente riforma ha introdotto il cd. Filtro di ammissibilità dell'appello, che ha modificato l'art.342 che oggi prevede che l'appello deve essere motivato e che tale motivazione deve contenere, a pena di inammissibilità: -l'indicazione delle parti del provvedimento che si intende appellare e delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice a quo -l'indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata L'appellante se vuole far riesaminare dal giudice di secondo grado una determinata questione di fatto o di diritto già decisa dal primo giudice, non può solo sostenere che il giudice ha sbagliato ma ha pure l'onere di chiarire perché reputa erronea la soluzione cui era pervenuto il primo giudice. • L’intervento nel giudizio di secondo grado Nel giudizio di appello, l’intervento dei 3 è ammesso in termini più ristretti che in primo grado. L’intervento COATTO è sempre escluso anche quando il giudice di primo grado l'avesse erroneamente rifiutato. Per il solo intervento VOLONTARIO vi è una deroga per i terzi che potrebbero proporre impugnazione ai sensi dell'art.404, senza però distinguere tra opposizione di terzo ordinaria o revocatoria. La legittimazione dell’intervento compete: ai litisconsorti necessari pretermessi, a coloro che vantano un diritto autonomo e incompatibile rispetto a quello accertato nella sentenza, ai creditori e agli aventi causa di taluna delle parti. In queste ipotesi l’intervento mira a prevenire la pronuncia di una sentenza viziata da parte del giudice d'appello, che dovrà comunque decidere nuovamente la causa. • Il regime dei cd. Nova: le nuove domande L'art.345 esclude l’introduzione di nuove domande in appello e se divieto è violato le nuove domande sono dichiarate inammissibili anche d’ufficio. L'unica deroga si ha per la richiesta di interessi, dei frutti e degli accessori maturati dopo la deliberazione della sentenza di primo grado, per la domanda di risarcimento dei danni posteriori alla sentenza stessa. Più che di domande nuove si tratta di un ampliamento del petitum originario, giustificato da fatti sopravvenuti. L'art.345 mentre esclude la mutatio libelli, prevede implicitamente la emendatio libelli e la semplice precisazione delle domande di primo grado che non incidano sull’identità delle domande stesse. - In prima udienza il giudice verifica la regolare costituzione del giudizio e delle parti e pronuncia con ordinanza i provvedimenti opportuni se vi sono vizi nel contraddittorio. Inoltre può essere dichiarata l’eventuale contumacia dell'appellato e potrà essere esperito il tentativo di conciliazione ordinando la comparizione personale delle parti. - L'inibitoria. La decisione dell’istanza di inibitoria spetta al collegio che provvede con ordinanza non impugnabile nella prima udienza; il soccombente può chiedere, con ricorso al giudice monografico o al presidente del collegio, che la decisione sulla sospensione sia pronunciata prima dell'udienza di comparizione. In questo caso si apre un procedimento incidentale autonomo e distinto da quello riguardante il merito dell'appello e o il giudice o il presidente può disporre la sospensione immediata dell'efficacia esecutiva o dell'esecuzione della sentenza se vi sono giusti motivi - Quando vengono ammesse nuove prove o è disposta la rinnovazione totale o parziale dell’assunzione già avvenuta in primo grado, lo stesso collegio procede alla nuova fase istruttoria - Anche in appello può essere pronunciata sentenza non definitiva su domanda o questione nelle stesse ipotesi in cui è consentita al giudice di primo grado • La decisione L'art.352 disciplina la fase decisoria che ricalca quella di primo grado. Vengono precisate le conclusioni, scambiate le comparse conclusionali e le memorie di replica, viene fissata l'eventuale udienza per la discussione della causa se una delle parti lo richiede. Ma in tale processo il termine della decisione è sempre di 60 giorni, anche quando la decisione spetti al tribunale, decorrenti o dalla scadenza per le memorie di replica o dall’udienza di discussione. Fa eccezione l’ipotesi in cui oggetto di Appello sia una sentenza che ha dichiarato l'estinzione del processo, cioè la sentenza del collegio che ha respinto il reclamo proposto contro l'ordinanza di estinzione. In questo caso l'appello è deciso con sentenza in camera di consiglio, senza scambio di comparse conclusionali e delle repliche né fissazione di un'udienza di discussione tranne se il collegio autorizza le parti a presentare delle memorie. • Segue: il c.d. filtro di ammissibilità dell'appello Il filtro di ammissibilità dell'appello dovrebbe consentire al giudice di secondo grado di rifiutare facilmente le impugnazioni che appaiono prive di fondamento. Il giudizio è definito con ordinanza di inammissibilità quando nessuna delle impugnazioni incidentali ha una ragionevole probabilità di essere accolta. Questa ordinanza è succintamente motivata , il che dovrebbe ridurre al minimo l’obbligo di motivazione gravante sul giudice d’appello. Tale meccanismo, però, non può essere utilizzato nelle cause in cui è obbligatorio l’intervento del p.m.; quando l'appello è proposto secondo rito sommario di cognizione come in primo grado; nei casi in cui deve essere dichiarata con sentenza inammissibilità o l'improcedibilità dell’appello. L'ordinanza è sottratta al ricorso per cassazione, tranne se ha vizi propri o è stata pronunciata in difetto dei presupposti processuali. Infine, l'ordinanza dovrebbe essere pronunciata nella prima udienza di trattazione. • Le ipotesi di rimessione della causa al giudice di primo grado Se viene impugnata una sentenza definitiva, l’appello deve condurre ad una nuova decisione definitiva del giudizio. Ma vi sono ipotesi in cui il giudice di secondo grado deve limitarsi a riformare o ad annullare la sentenza impugnata e a restituire la causa al giudice a quo affinché decida nuovamente. Distinguiamo: - Vi sono casi in cui il giudice a quo ha erroneamente dichiarato la propria incompetenza o l'estinzione del processo con sentenza pronunciata a seguito di reclamo contro l'ordinanza del giudice istruttore. Il giudice d'appello non può decidere la causa nel merito ma deve rimetterla al giudice a quo, davanti al quale le parti devono riassumere entro 3 mesi dalla notificazione della sentenza - Vi sono 4 ipotesi di nullità del processo particolarmente gravi: 1) Nullità della notificazione della citazione introduttiva: si presuppone che il vizio non sia stato sanato in primo grado, tramite la rinnovazione della notifica o la spontanea costituzione del convenuto e che quindi tutti gli atti siano nulli 2) Omessa integrazione del contraddittorio: il giudice omette di rilevare la violazione dell'art.102 cioè la mancata partecipazione in giudizio di alcuni litisconsorti necessari e quindi di ordinare la citazione di questi. La sentenza è nulla e la causa torna in primo grado affinché si regolarizzi il contraddittorio in quella sede 3) Indebita estromissione di una parte: la norma si riferisce al caso in cui sia stata estromessa da Giulio una parte che addirittura doveva considerarsi litisconsorti necessario 4) Omessa sottoscrizione della sentenza da parte del giudice: è la forma di nullità più grave Perché è l’unica che sopravvive al passaggio in giudicato della sentenza e si potrebbe far valere anche attraverso l’addio nullitatis. La tesi prevalente distingue a seconda che si tratti di vizi della vocatio in ius o della editio actionis: nel primo caso il giudice ad quem può decidere a sua volta il merito della causa, previa rinnovazione degli atti affetti da nullità e rimessione in termini del convenuto affinché compia in appello ciò che avrebbe dovuto far valere in primo grado; nel secondo caso la soluzione è dubbia perché il divieto di domande nuove in appello impedisce che la domanda originariamente viziata venga integrata davanti al giudice ad quem. Per quanto riguarda le sentenze non definitive , per via delle quali il processo non si è ancora esaurito, il giudice d'appello non può sovrapporsi all'istruttoria ancora pendente in primo grado e non può quindi disporre nuove prove riguardo alle domande e alle questioni per cui il giudice a quo aveva disposto la prosecuzione dell’istruzione.
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