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Riassunto PERFETTO di PROCEDURA CIVILE (AGGIORNATO CARTABIA), Sintesi del corso di Diritto Processuale

Per info IG (agnifoca) Diritto processuale civile (Vol. II) - Processo ordinario di cognizione, libro completo con tutti i dettagli della nuova riforma Cartabia. Sono presenti inoltre TUTTE LE MODIFICHE in relazione alla riforma Cartabia (es. soppressione sezione filtro, la nuova disciplina sul procedimento camerale, le modifiche alla disciplina dell'udienza pubblica, l'introduzione del rinvio pregiudiziale - art. 363 bis, revocazione delle sentenze della Cassazione per contrasto con la CEDU - art. 391 quater).

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

In vendita dal 14/06/2023

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Scarica Riassunto PERFETTO di PROCEDURA CIVILE (AGGIORNATO CARTABIA) e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Processuale solo su Docsity! DIRITTO PROCESSUALE CIVILE II - Processo ordinario di cognizione Mandrioli - Carratta AGGIORNATO CARTABIA 1 2 Risulterà nulla, ex art. 164 la citazione dalla quale non si possa desumere, anche dal contesto dell'atto, il petitum (mediato ed immediato) e la causa petendi. ● 5) l'indicazione specifica dei mezzi di prova dei quali l'attore intende valersi e in particolare dei documenti che offre in comunicazione; ● 6) il nome e il cognome del procuratore e l'indicazione della procura, qualora questa sia stata già rilasciata; La specificazione secondo cui l’indicazione della procura è necessaria solo qualora questa sia stata già rilasciata, si riconduce alla possibilità di rilascio della stessa in un momento successivo alla notificazione della citazione, purché tale momento sia anteriore alla costituzione in giudizio dell’attore, prevista dal secondo comma dell’art. 125 del c.p.c. La giurisprudenza ritiene che l’omissione dei requisiti previsti da questo n. 6 non siano causa di nullità della citazione, né che tale effetto possa farsi discendere dall’apposizione di una sigla o firma illeggibile, purchè essa possieda una precisa individualità grafica, tale da poterla attribuire al procuratore. E’ invece considerata inesistente la citazione non sottoscritta dal procuratore nell’originale o sottoscritta da procuratore non legalmente esercente o in forza di procura nulla. ● 7) l'indicazione del giorno dell' udienza di comparizione ; l' invito al convenuto a costituirsi nel termine di 70 giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'articolo 166 e a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'articolo 168-bis, con l'avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli articoli 38 (eccezione di incompetenza) e 167 (termini per costituzione convenuto), che la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall'articolo 86 o da leggi speciali, e che la parte, sussistendone i presupposti di legge, può presentare istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Premesso che l'udienza di cui qui si tratta è la prima udienza, ossia la prima di quella serie di udienze nelle quali si articola il processo, va tenuto presente che, mentre le udienze successive alla prima vengono di volta in volta fissate, come ve- dremo, dal giudice, la prima è invece già fissata dall'attore nel momento in cui sorge il processo. L'udienza così fissata si svolgerà, come si è detto, davanti al giudice che, alla data della citazione non è stato, ovviamente, ancora designato e che verrà poi individuato con le modalità di cui all'art. 168 bis. Sempre tra i requisiti della citazione vi è l'avvertimento che la costituzione oltre i termini stabiliti implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 (la cui mancanza è causa di nullità della citazione). Queste decadenze sono quelle che costituiscono la prima barriera preclusiva a carico del convenuto , che viene così ad affiancarsi alla prima barriera preclusiva, che, a carico dell'attore, è costituita dall'atto di citazione. 4° comma: L'atto di citazione, sottoscritto a norma dell'art. 125, è consegnato dalla parte o dal procuratore all'ufficiale giudiziario, il quale lo notifica a norma degli articoli 137 e seguenti. --- 5 Termini a comparire L’art. 163 bis indica quali sono i termini dilatori che l’attore deve rispettare nella scelta della data della prima udienza di comparizione, termini che hanno la finalità di consentire al convenuto di godere di un minimo di tempo indispensabile per predisporre le proprie difese. Il primo comma parla di “termini liberi”, il che significa che non deve computarsi né il dies ad quem né il dies a quo (non vanno invece esclusi i giorni festivi intermedi); essi sono soggetti alla sospensione nel periodo feriale, ovvero non devono computarsi nel termine i giorni compresi tra il 1° agosto ed il 15 settembre. Art. 163-bis - Termini per comparire 1. Tra il giorno della notificazione della citazione e quello dell'udienza di comparizione debbono intercorrere termini liberi non minori di 120 giorni se il luogo della notificazione si trova in Italia e di 150 giorni se si trova all'estero. 2. abrogato (d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 come modificato dalla l. 29 dicembre 2022, n. 197) 3. Se il termine assegnato dall'attore ecceda il minimo indicato dal primo comma, il convenuto, costituendosi prima della scadenza del termine minimo, può chiedere al presidente del tribunale che, sempre osservata la misura di quest'ultimo termine, l'udienza per la comparizione delle parti sia fissata con congruo anticipo su quella indicata dall'attore. Il presidente provvede con decreto, che deve essere comunicato dal cancelliere all'attore, almeno cinque giorni liberi prima dell'udienza fissata dal presidente. In questo caso i termini di cui all'articolo 171-ter decorrono dall'udienza così fissata (*). NOTIFICAZIONE CITAZIONE → 120 gg (Italia - sennò 150) → UDIENZA DI COMPARIZIONE (*) Per ovviare alla seconda delle due esigenze sopra accennate, il legislatore, anziché servirsi dello strumento del termine per comparire con funzione acceleratoria (ad es., stabilendo, oltre al numero minimo, anche un numero massimo di giorni da lasciar intercorrere tra la notificazione della citazione e la prima udienza), ha preferito lasciare all'attore la facoltà di scegliere un giorno lontano a suo piacimento, ma attribuendo al convenuto il potere di chiedere, con ricorso al presidente del tribunale, l'anticipazione della prima udienza (art. 163 bis, 3° comma). Ciò il convenuto può ovviamente fare solo se il termine per comparire stabilito dall'attore ecceda il minimo visto sopra, ed a condizione che esso convenuto si costituisca prima della scadenza del suddetto termine minimo. Il presidente provvede con decreto (in calce al ricorso), che deve essere comunicato all'attore e alle altre parti costituite almeno cinque giorni liberi prima della nuova udienza fissata, nonché notificato personalmente alle parti non costituite in un congruo termine stabilito dallo stesso presidente. L'osservanza del termine è prevista a pena di nullità ex art. 164, 1 comma; tale nullità è sanabile con effetto ex tunc dalla costituzione del convenuto. ----- La notifica dell’atto di citazione L'atto di citazione è perfetto nel suo duplice contenuto di domanda al giudice e di vocatio del convenuto. Ma si tratta di una perfezione che ancora non dà luogo ad alcuna efficacia giuridica, poiché, per tale efficacia, la natura recettizia dell'atto esige che esso sia portato a conoscenza dei suoi due destinatari, nei modi stabiliti dalla legge. 6 «L'atto di citazione - recita il 4° comma dell' art. 163 - sottoscritto a norma dell'art. 125, è consegnato dalla parte o dal procuratore all'ufficiale giudiziario, il quale lo notifica a norma degli artt. 137 e seguenti». La notificazione , atto dell’avvocato o dell’ufficiale giudiziario, e dunque atto ben distinto ed autonomo dall'atto di citazione, che è invece atto della parte, assolve tuttavia ad una funzione strumentale insostituibile rispetto a quest'ultimo atto. Insostituibile nel senso che soltanto in quanto notificato un atto di citazione produce effetti giuridici, mentre se non è notificato l'atto di citazione è come se non esistesse . In questo modo, dunque l'atto di citazione raggiunge ufficialmente ed efficacemente il primo dei suoi due destinatari, il quale, proprio in quanto riceve la notificazione e nel momento in cui la riceve, assume la veste di convenuto, ossia di soggetto « regolarmente citato ». La domanda della parte assume la duplice forma dell’atto di citazione e del ricorso e produce effetti di natura processuale e sostanziale. Effetti processuali : ● Litispendenza (art. 39) ● Perpetuatio iurisdictionis (art.5): nel momento in cui inizio il procedimento, incardino la giurisdizione e la competenza alla legge dello stato degli atti vigente al momento della proposizione della domanda. ● Attribuzione della qualifica di controverso al diritto sostanziale dedotto in giudizio ● Determinazione delle parti del processo e della loro legittimazione ● Determinazione degli elementi oggettivi Tutti effetti che avevamo genericamente ricondotto alla proposizione della domanda. Ora possiamo precisare che, per tutti i suddetti effetti, la proposizione della domanda consiste nella notificazione dell'atto di citazione o, laddove l'atto introduttivo abbia la forma del ricorso, nel suo deposito presso la cancelleria del giudice. Effetti sostanziali , la logica è che si congela il tempo dalla domanda alla pronuncia sul merito, perché chi vinca non subisca effetti negativi del tempo: ● La proposizione della domanda, anzitutto, interrompe la prescrizione. Ai sensi dell'art. 2943 c.c., infatti, «la prescrizione è interrotta dalla notificazione dell'atto con il quale s'inizia un giudizio, sia questo di cognizione ovvero conservativo o esecutivo», oltre ad impedire il verificarsi delle decadenze Inoltre, solo dal momento del passaggio in giudicato della sentenza incomincerà a decorrere un nuovo termine di prescrizione (c.d. interruzione-sospensione ). Stando all'art. 2945 c.c. ciò significa che, «se l'interruzione è avvenuta mediante uno degli atti indicati nei primi due commi dell'art. 2943 - ossia un atto contenente una domanda giudiziale - la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza» (2° comma) e che nel caso dell'arbitrato essa non corre dal momento della domanda di arbitrato fino al momento in cui il lodo non sia più impugnabile o passa in giudicato la sentenza sulla sua impugnazione (4° comma). Il 3° comma dello stesso art. 2945 c.c. aggiunge poi che «se il processo si estingue, rimane fermo l'effetto interruttivo e il nuovo periodo di prescrizione comincia dalla data dell'atto interruttivo». ● Costituzione in mora del debitore, se non si era fatto prima, ovviamente quando si fa valere un credito ● Capitalizzazione degli interessi fin lì maturati ● Restituzione dei frutti ---- 7 nullità per omissione o assoluta incertezza degli elementi individuatori dell'oggetto della domanda, vale a dire dei requisiti di cui ai nn. 3 e 4 dell'art. 163,3° comma, che concernono l'editio actionis e la cui mancanza rende la domanda intrinsecamente e obiettivamente inidonea a porre il convenuto in condizione di conoscere l'oggetto della domanda dalla quale deve difendersi. In questi casi così dispone il 5° comma dell'art. 164 il giudice (anche 1 d'ufficio), se il convenuto non si è costituito, rilevata la nullità, «fissa all'attore un termine perentorio per rinnovare la citazione», fissando anche il giorno dell'udienza; mentre, se il convenuto si è costituito, fissa il termine perentorio non per rinnovare la citazione, ma «per integrare la domanda». Sennonché, qui - a differenza di quanto abbiamo visto accadere nel caso della rinnovazione disposta a seguito delle nullità di cui al 1° comma- se la rinnovazione o l'integrazione avvengono, «restano ferme le decadenze maturate e salvi i diritti quesiti anteriormente alla rinnovazione o all'integrazione». Significa, in pratica, che la sanatoria opera ex nunc ossia non ha quella piena efficacia retroattiva che di solito possiede la sanatoria. - In caso di mancata rinnovazione → estinzione - In caso di mancata integrazione → nullità Per quanto riguarda lo svolgimento del processo successivamente alla rinnovazione o all'integrazione, mentre nel caso della rinnovazione è chiaro che le successive preclusioni si riferiscono all'atto rinnovato e alla successiva comparsa di risposta, nel caso dell'integrazione è sufficiente la nuova concessione di termini previsti dall'art. 171-bis, e dispone, con scarsa chiarezza, l'applicabilità dell'art. 167 (il giudice dovrà assegnare due termini consecutivi: il primo all'attore per depositare la comparsa integrativa e il secondo al convenuto per depositare un'integrazione della comparsa di risposta). Se il giudice non rileva i vizi (e conseguentemente non dispone la rinnovazione), ed ovviamente nella sola ipotesi che il convenuto non si sia costituito, sembra configurabile la possibilità di rinnovazione e di sanatoria anche in appello, in applicazione del principio della conversione dei vizi di nullità in motivi di impugnazioni. Nel caso di citazione di più convenuti, indipendentemente dall'ordine di rinnovazione, l'attore può sempre proporre una nuova citazione, la cui validità potrà ovviare ai vizi della precedente o provvedere alla notificazione di un atto di citazione integrativo del primo. ----- 10 Costituzione dell'attore L'atto di citazione è rivolto a due destinatari. Dopo aver visto come esso viene portato a conoscenza di uno di essi (il convenuto), vediamo come esso viene portato a conoscenza dell'altro suo destinatario, ossia il giudice. L'ulteriore atto di impulso che l'attore ha l'onere di compiere per far proseguire il processo dopo la notificazione della citazione è, dunque, la sua costituzione. Nella sua pratica concretezza, la costituzione è il deposito di un fascicolo (e nella nota di iscrizione a ruolo). Art. 165 - Costituzione dell'attore 1° comma : L'attore, entro 10 giorni dalla notificazione della citazione al convenuto, deve costituirsi in giudizio a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge, depositando : ● Nota d'iscrizione a ruolo ( solo quando si costituisce prima del convenuto) ● Proprio fascicolo contenente l'originale della citazione, ● Procura, nel caso che non sia contenuta nello stesso atto di citazione (art. 125, 2° comma, la procura al difensore dell'attore può essere rilasciata in data posteriore alla notificazione dell'atto, purché anteriormente alla costituzione della parte rappresentata). ● Documenti offerti in comunicazione ● Se si costituisce personalmente, deve dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune ove ha sede il tribunale o indicare l'indirizzo presso cui ricevere le comunicazioni e notificazioni anche in forma telematica. 2° comma : Se la citazione è notificata a più persone , l'originale della citazione deve essere inserito nel fascicolo entro 10 giorni dall'ultima notificazione (viene procrastinato l’inserimento nel fascicolo dell’originale della citazione notificata, non la costituzione dell’attore). COSTITUZIONE ≠ COMPARIZIONE La parte costituita può comparire o anche non comparire all'udienza, ossia restare assente (anche se legalmente presente); mentre la parte non costituita (dichiarata contumace e salva la sua costituzione tardiva) rimane rigorosamente estranea allo svolgimento del processo (ferma la sua qualità di parte), anche se compare di fatto all'udienza. 11 Costituzione del convenuto Il soggetto che ha ricevuto l'atto di citazione ed è a seguito di ciò divenuto parte convenuta, deve scegliere tra restare inerte oppure assumere una partecipazione attiva al processo. L'atto che il convenuto ha l'onere di compiere, se vuole assumere questa partecipazione attiva al processo, è precisamente la sua costituzione, ossia un atto del tutto analogo a quello della costituzione dell'attore. Il convenuto deve cominciare col redigere un atto difensivo scritto , contrapposto alla citazione e denominato comparsa di risposta , e quindi depositare in un proprio fascicolo, contenente anche la citazione, o più precisamente la copia della citazione che gli è stata notificata. Anche per la costituzione del convenuto è previsto un termine acceleratorio; ma anziché coincidere con quello previsto per la costituzione dell'attore, è spostato più avanti nel tempo. Per poter redigere la comparsa di risposta, il difensore del convenuto deve non solo conoscere il testo della citazione, ma anche poter eventualmente esaminare i documenti offerti in comunicazione (prodotti in giudizio) dall'attore e quindi poter contare su un adeguato periodo di tempo per predisporre la propria linea difensiva e concretarla nella comparsa di risposta. Art. 166: “Il convenuto deve costituirsi a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge, almeno 70 giorni prima dell' udienza di comparizione fissata nell'atto di citazione depositando : ● La comparsa di risposta di cui all' art. 167: 1. Nella comparsa di risposta il convenuto deve proporre tutte le sue difese : - prendendo posizione in modo chiaro e specifico sui fatti posti dall'attore a fondamento della domanda, - indicare le proprie generalità e il codice fiscale, - i mezzi di prova di cui intende valersi - i documenti che offre in comunicazione, formulare le conclusioni 2. A pena di decadenza deve proporre: - le eventuali domande riconvenzionali . Se è omesso o risulta assolutamente incerto l'oggetto o il titolo della domanda riconvenzionale, il giudice, rilevata la nullità , fissa al convenuto un termine perentorio per integrarla. Restano ferme le decadenze maturate e salvi i diritti acquisiti anteriormente alla integrazione. - le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio (es. incompetenza, art. 38). 3. Se intende chiamare un terzo in causa, deve farne dichiarazione nella stessa comparsa e provvedere ai sensi dell'articolo 269. ● Copia della citazione notificata ● Procura ● Documenti che offre in comunicazione”. Da questa disposizione emerge, anzitutto, la previsione a carico del convenuto dell'onere di prendere posizione sui fatti posti dall'attore a fondamento della domanda. Sebbene si tratti di un'attività non inclusa tra quelle previste a pena di decadenza dall'art. 167 e quindi suscettibile di essere compiuta anche successivamente, non oltre le barriere preclusive art. 171-ter. 12 5. abrogato (d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 come modificato dalla l. 29 dicembre 2022, n. 197) Naturalmente, la designazione del giudice da parte del presidente deve avvenire in assoluta libertà . In particolare, il presidente non è in alcun modo vincolato alla concomitanza tra il giorno prescelto dall'attore per la prima udienza e il giorno nel quale il giudice che egli intende designare tiene le udienze di prima comparizione, secondo la generica determinazione che il presidente deve compiere all'inizio di ciascun anno giudiziario. Se il presidente deve designare il giudice istruttore senza curarsi della concomitanza del giorno della prima udienza col giorno in cui il giudice designato tiene l'udienza di prima comparizione, può accadere (anzi: è facile che accada) che, nel giorno che la citazione indica per la prima comparizione, il giudice designato non tenga udienza, provvede in questo senso il 4° comma. La designazione del giudice che è compiuta con riguardo a ciascuna causa dopo l'iscrizione a ruolo, è operante per tutto il corso del giudizio. Il giudice, una volta designato, è immutabile e «soltanto in caso di assoluto impedimento o di gravi esigenze di servizio può essere sostituito con decreto del presidente» (art. 174). Il giudice istruttore ha il compito di istruire la causa e prepararla per la decisione che spetta, invece, al collegio. In questo caso, dunque, esso è uno degli organi (e precisamente un organo che si concreta in una determinata persona di magistrato, da designarsi volta per volta), nei quali si articola il giudice-ufficio giudiziario, che è il tribunale, quando sia chiamato a decidere in composizione collegiale. Il nostro legislatore ha optato per la generalizzazione del giudice monocratico, pur senza ripudiare il sistema imperniato sulla coordinazione tra giudice istruttore e collegio per alcune tipologie di controversie. 15 Ritardata o mancata costituzione Il codice stabilisce termini differenti per la costituzione rispettivamente dell'attore e del convenuto, allo scopo di porre quest'ultimo nella condizione di predisporre la sua difesa dopo la costituzione dell'attore. Il fatto che l'attore non si sia costituito nel suo termine, oltre a non impedire al convenuto di costituirsi, consente a quest'ultimo, nel momento in cui si costituisce per primo nel termine dell'art. 166, di sostituirsi all'attore nell'onere di dare impulso al processo, col chiedere l'iscrizione a ruolo, così provocando la designazione del giudice. Art. 171 : ● Se nessuna delle parti si costituisce nei termini stabiliti, si applicano le disposizioni dell'art. 307, primo e secondo comma (estinzione del processo per inattività delle parti). ○ Se nessuna delle due parti si è costituita, è mancata pure l'iscrizione a ruolo, né è mai stato designato un giudice che debba o possa prendere provvedimenti in una prima udienza che non sarà mai tenuta; ○ Se, invece, c'è stata l'iscrizione a ruolo, in correlazione con una costituzione tardiva, non seguita dalla costituzione dell'altra parte, il giudice designato terrà la prima udienza, ma soltanto per ordinare la cancellazione della causa dal ruolo . ● Se una delle parti si è costituita entro il termine rispettivamente a lei assegnato, l'altra parte può costituirsi successivamente ma restano ferme per il convenuto le decadenze di cui all'articolo 167. ● La parte che non si costituisce entro il termine di cui all'articolo 166 è dichiarata contumace con ordinanza del giudice istruttore, salva la disposizione dell'art. 291. La conseguenza di questa situazione di mancata iscrizione a ruolo o di avvenuta cancellazione dal ruolo non è ancora l'estinzione, o fine anticipata del processo , ma è una tappa per il determinarsi di quella fine. Più precisamente, il processo (ancora formalmente pendente) entra in uno stato di quiescenza che potrà durare fino a 3 mesi a partire dalla scadenza del termine stabilito per la costituzione del convenuto di cui all'art. 166 o dalla data del provvedimento di cancellazione (art. 307, 1° comma). Entro quel termine il processo può essere rimesso in moto dalla parte che vi ha interesse, attraverso la notificazione all'altra parte di un atto che ha i caratteri propri di una nuova citazione ma che ha la sola funzione di rimettere in moto il medesimo processo quiescente. Verranno così a determinarsi nuovi termini di costituzione, il cui eventuale mancato rispetto da entrambe le parti darà luogo all'estinzione immediata (art. 307, 2° comma). La quale conseguenza si verificherà anche nel caso della mancata riassunzione nel veduto termine di tre mesi (art. 307, 1° comma). Il rilievo del vizio di costituzione deve coordinarsi con la regola della conversione in motivo di gravame e del giudicato interno. E dunque, se esso non è stato fatto valere come motivo di appello, non può più essere dedotto in sede di ricorso per cassazione. 16 Verifiche preliminari Art. 171-bis - Verifiche preliminari 1° comma . Scaduto il termine di cui all'articolo 166, il giudice istruttore, entro i successivi 15 giorni , verificata d'ufficio la regolarità del contraddittorio, pronuncia, quando occorre , i provvedimenti previsti dagli articoli: ● Art. 102, secondo comma → ordine di integrazione del contraddittorio in caso di litisconsorzio necessario ● Art. 107 → intervento per ordine del giudice ● Art. 164, secondo, terzo, quinto e sesto comma → ordini di rinnovazione, di integrazione o di cancellazione per la nullità dell’atto di citazione ● Art. 167, secondo e terzo comma (implicitamente anche il primo) → ordine di integrazione della domanda riconvenzionale ● Art. 171, terzo comma → contumacia ● Art. 182 → difetto di rappresentanza o di autorizzazione ● Art. 269, secondo comma → chiamata di un terzo in causa e fissazione di nuova udienza ● Art. 291 → verifiche e ordini di rinnovazione che preludono alla dichiarazione di contumacia del convenuto ● Art. 292 → notificazione e comunicazione di atti al contumace e indica alle parti le questioni rilevabili d'ufficio di cui ritiene opportuna la trattazione, anche con riguardo alle condizioni di procedibilità della domanda e alla sussistenza dei presupposti per procedere con rito semplificato. Tali questioni sono trattate dalle parti nelle memorie integrative di cui all'articolo 171-ter. La disposizione si ricollega col 2° comma dell'art. 101, che configura, con portata generale riguardante ogni fase del processo, l'obbligo del giudice che intende porre a fondamento della decisione una questione rilevata d'ufficio, di assegnare alle parti, a pena di nullità, un termine per il deposito in cancelleria di memorie sulla questione stessa. Provvedimenti del giudice istruttore costituzionale del contraddittorio) che vieta al giudice di rilevare d'ufficio in decisione questioni non prospettate dalle parti e sulle quali esse non abbiano avuto la possibilità di esercitare il contraddittorio; ciò al fine di evitare le decisioni “di terza via” o “a sorpresa”. 2° comma . Quando pronuncia i provvedimenti di cui al primo comma, il giudice, se necessario, fissa la nuova udienza per la comparizione delle parti, rispetto alla quale decorrono i termini indicati dall'articolo 171-ter. 3° comma . Se non provvede ai sensi del secondo comma, conferma o differisce, fino ad un massimo di 45 giorni , la data della prima udienza rispetto alla quale decorrono i termini indicati dall'articolo 171-ter. 4° comma . Il decreto è comunicato alle parti costituite a cura della cancelleria. 17 2) almeno 20 giorni prima dell'udienza, replicare alle domande e alle eccezioni nuove o modificate dalle altre parti, proporre le eccezioni che sono conseguenza delle domande nuove da queste formulate nella memoria di cui al numero 1), nonché indicare i mezzi di prova ed effettuare le produzioni documentali ; 3) almeno 10 giorni prima dell'udienza, replicare alle eccezioni nuove e indicare la prova contraria . RIASSUNTO: Termini a ritroso non più assegnati dal giudice ma fissati ex lege Le parti, a pena di decadenza, possono: - almeno 40 gg prima dell’udienza di 183 depositare la vecchia memoria ex art 183 comma 6 n 1 c.p.c. (l’attore può chiedere la chiamata in causa del terzo che sia conseguenza delle difese spiegate dal convenuto nella propria costituzione); - almeno 20 gg prima dell’udienza di 183 depositare la vecchia memoria istruttoria ex art 183 comma 6 n 2 c.p.c.; - almeno 10 giorni prima dell’udienza di 183 depositare la vecchia memoria 183 comma 6 n 3 c.p.c. Chiamata in causa di un terzo: 1) Per il convenuto non sono modificati i termini : il giudice dovrà provvedervi in sede di verifiche preliminari di cui art. 171 bis qualora venga autorizzata la chiamata del terzo richiesta dal convenuto, se necessario, il giudice fissa la nuova udienza per la comparizione delle parti rispetto alla quale decorrono i termini indicati dall’art. 171 ter 2) Per l’attore sono modificati i termini : Il termine non è più quello dell’udienza di prima comparizione ma quello della prima memoria ex art 171 ter il giudice pertanto provvederà e fisserà una nuova udienza ex art 183 c.p.c., con i controlli preliminari di cui all’art 171 bis e la decorrenza dei termini per le memorie integrative di cui all’art 171 ter. 20 LA FASE DI ISTRUZIONE Istruzione in senso ampio Con la costituzione delle parti (o di almeno una delle parti) può dirsi conseguita la funzione propria della fase introduttiva del processo di cognizione, ossia l'instaurazione del processo attraverso il determinarsi del contatto giuridico tra i suoi tre principali protagonisti: le due parti ed il giudice. Dopo questo momento (ossia, in pratica, con la prima udienza) ha inizio la seconda fase. Istruire la causa significa svolgere tutte le attività che sono necessarie perché la causa stessa possa essere decisa, ossia rendere la causa matura per la decisione . La decisione della causa consiste in un giudizio (nel senso logico dell'espressione) circa l'esistenza o la non esistenza del diritto che è affermato nella domanda; e che questo giudizio costituisce la sintesi di una duplice operazione logica: il giudizio di diritto ed il giudizio di fatto. Da ciò si desume facilmente che, per rendere la causa matura per la decisione, occorre acquisire tutti gli elementi e gli strumenti necessari per compiere il giudizio in entrambi i suoi aspetti. Si deve però subito precisare che di una vera e propria acquisizione di elementi si potrà parlare soltanto con riguardo al giudizio sui fatti - i quali abbisognano di prove, ossia di strumenti per il convincimento del giudice - mentre per il giudizio di diritto il giudice non ha bisogno di acquisire elementi esterni poiché jura novit Curia. Questa fase d'istruzione in senso ampio si ripartisce a sua volta in tre sottofasi: 1) Trattazione : ha la particolare funzione della prima presa di conoscenza delle domande e delle eccezioni con l'impostazione dei relativi problemi, ivi compresi quelli concernenti l'eventuale necessità di precisazioni o di modificazioni della loro base fattuale; 2) Istruzione probatoria : consiste nella suddetta attività di acquisizione di prove o di altri elementi di giudizio; è soltanto eventuale, poiché già in sede di trattazione la causa potrebbe risultare matura per la decisione, senza necessità di acquisizione di altri elementi; è detta anche «istruzione in senso stretto », con un'espressione che palesemente si contrappone a quella di «istruzione in senso ampio» che, abbiamo visto, riguarda l'intera seconda fase del processo di cognizione; 3) Rimessione totale della causa in decisione : funge da ponte per il passaggio alla terza fase del processo, ossia alla fase di decisione. Il giudice al centro della fase istruttoria Tutto il processo di cognizione - e non soltanto la fase di istruzione - è in pratica imperniato sulle funzioni del giudice e, nelle controversie di competenza del tribunale in composizione collegiale, su quelle del giudice istruttore. Art. 174 - Immutabilità del giudice istruttore 1. Il giudice designato è investito di tutta l'istruzione della causa e della relazione al collegio. 2. Soltanto in caso di assoluto impedimento o di gravi esigenze di servizio può essere sostituito con decreto del presidente. La sostituzione può essere disposta, quando è indispensabile, anche per il compimento dei singoli atti. Art. 175 - Direzione del procedimento 1. Il giudice istruttore esercita tutti i poteri intesi al più sollecito e leale svolgimento del procedimento (giudice organo centrale e elemento propulsore del procedimento). 21 2. Egli fissa le udienze successive (in quanto la prima è fissata dall’attore, salvo il suo differimento art. 171 bis, comma 3) e i termini entro i quali le parti debbono compiere gli atti processuali. Quanto, poi, alle controversie di competenza del tribunale in composizione collegiale, queste udienze, come la prima, si svolgono davanti all'istruttore, tranne l'ultima eventuale, quella di discussione, che si svolge invece davanti al collegio, in quanto già appartiene alla fase di decisione, ma nella sola eventualità che una delle parti abbia chiesto la discussione. Pur essendo teoricamente possibile che l'istruzione si esaurisca in una sola udienza (nell'ipotesi che in essa il giudice riscontri che la causa è già matura per la decisione: art. 187, 1° comma e art. 80 bis disp. att.), in pratica le udienze istruttorie successive sono rese necessarie sia dalle esigenze della trattazione e sia da quelle dell'istruzione probatoria. Né manca una norma che, concretando il generico potere-dovere del giudice di determinare il sollecito svolgimento del processo, stabilisce un intervallo massimo (di quindici giorni) tra l'una e l'altra udienza istruttoria (art. 81 disp. att.). 3. Quando il giudice ha omesso di provvedere a norma del comma precedente, si applica la disposizione dell'articolo 289. Le udienze istruttorie non sono pubbliche (art. 84 disp. att.). Ad esse partecipano soltanto i difensori delle parti nonché, le parti personalmente; ma queste, soltanto negli altri casi stabiliti dalla legge (artt. 117, 183, 185, 231, ecc.) e senza poter interloquire se non con l'autorizzazione del giudice. Art. 176 - Forma dei provvedimenti 1. Tutti i provvedimenti del giudice istruttore, salvo che la legge disponga altrimenti, hanno la forma dell' ordinanza . 2. Le ordinanze pronunciate in udienza si ritengono conosciute dalle parti presenti e da quelle che dovevano comparirvi; quelle pronunciate fuori dell'udienza sono comunicate a cura del cancelliere entro i 3 giorni successivi. Art. 177 - Effetto e revoca delle ordinanze 1. Le ordinanze, comunque motivate, non possono mai pregiudicare la decisione della causa. 2. Salvo quanto disposto dal seguente comma, le ordinanze possono essere sempre modificate o revocate dal giudice che le ha pronunciate. 3. Non sono modificabili né revocabili dal giudice che le ha pronunciate: 1) le ordinanze pronunziate sull'accordo delle parti, in materia della quale queste possono disporre; esse sono tuttavia revocabili dal giudice istruttore o dal collegio, quando vi sia l'accordo di tutte le parti; 2) le ordinanze dichiarate espressamente non impugnabili dalla legge; 3) le ordinanze per le quali la legge predisponga uno speciale mezzo di reclamo; 4) abrogato (l. 26 novembre 1990, n. 353) 22 una risposta potrebbe rappresentare l’esistenza di un fatto, potrebbe essere un ammissione di una certa circostanza. La soluzione più corretta secondo il prof. è distinguere e ammettere che l’argomento di prova laddove rappresentativo del fatto possa essere l’unico elemento su cui fondare la decisione laddove non vi siano altri strumenti che indirizzino la decisione. ----- Passaggio dal rito ordinario al rito semplificato di cognizione 183-bis - Passaggio dal rito ordinario al rito semplificato di cognizione. All'udienza di trattazione il giudice, valutata la complessità della lite e dell'istruzione probatoria e sentite le parti, se rileva che in relazione a tutte le domande proposte ricorrono i presupposti di cui al primo comma dell'articolo 281-decies, dispone con ordinanza non impugnabile la prosecuzione del processo nelle forme del rito semplificato e si applica il comma quinto dell'articolo 281-duodecies. 25 Tentativo di conciliazione Art. 185 - Tentativo di conciliazione 1° comma . ll giudice istruttore, in caso di richiesta congiunta delle parti , fissa la comparizione delle medesime al fine di interrogarle liberamente e di provocarne la conciliazione . Il giudice istruttore ha altresì facoltà di fissare la predetta udienza di comparizione personale a norma dell'articolo 117 (interrogatorio non formale delle parti). Quando è disposta la comparizione personale, le parti hanno facoltà di farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale il quale deve essere a conoscenza dei fatti della causa. La procura deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata e deve attribuire al procuratore il potere di conciliare o transigere la controversia. Se la procura è conferita con scrittura privata, questa può essere autenticata anche dal difensore della parte. La mancata conoscenza, senza giustificato motivo, dei fatti della causa da parte del procuratore è valutata ai sensi del secondo comma dell'articolo 116. 2° comma . Il tentativo di conciliazione può essere rinnovato in qualunque momento dell'istruzione, nel rispetto del calendario del processo. 3° comma . Quando le parti si sono conciliate, si forma processo verbale della convenzione conclusa . Il processo verbale costituisce titolo esecutivo . ------ Proposta di conciliazione del giudice Art. 185-bis - Proposta di conciliazione del giudice Il giudice, fino al momento in cui fissa l'udienza di rimessione della causa in decisione , formula alle parti ove possibile, avuto riguardo alla natura del giudizio, al valore della controversia e all'esistenza di questioni di facile e pronta soluzione di diritto, una proposta transattiva o conciliativa. La proposta di conciliazione non può costituire motivo di ricusazione o astensione del giudice. Istituto che lascia perplesso il prof., perché dovrebbe arrivare prima di tutta l’istruttoria che in questo caso è espletata, si fa proprio prima di rimettere la causa in decisione, di fatto è un'anticipazione alla sentenza. ------------- 26 Provvedimenti del giudice istruttore Art. 187 - Provvedimenti del giudice istruttore 1° comma . Il giudice istruttore, se ritiene che la causa sia matura per la decisione di merito senza bisogno di assunzione di mezzi di prova (non sono stati richiesti, o fatti pacifici), rimette le parti davanti al collegio. 2° comma . Può rimettere le parti al collegio affinchè sia decisa separatamente una questione di merito avente carattere preliminare, solo quando la decisione di essa può definire il giudizio . → Preliminari di merito , es. prescrizione (principio della ragione più liquida), introdotte da un’eccezione e l’introduzione di queste renderebbe superficiale il giudizio sul merito. Sono preliminari “non perché logicamente antecedenti rispetto alle questioni che formano il merito della causa, ma perché l'eventuale accoglimento della questione rende superfluo ... un giudizio dell'organo giurisdizionale in merito al fatto costitutivo del diritto affermato dall'attore” Essendo diverse dalle questioni pregiudiziali di merito dell' art. 34 , nel senso che costituiscono un passaggio obbligato nell'iter che conduce alla decisione sul merito (es. status di figlio nel caso di richiesta di alimenti). Pur prospettandosi a tutti gli effetti come una situazione giuridica autonoma. costituiscono in pari tempo un elemento della fattispecie costitutiva del diritto controverso (va decisa con efficacia di giudicato se ciò debba avvenire «per legge o per esplicita richiesta di una delle parti»; oppure in via meramente incidentale). 3° comma . Il giudice provvede analogamente se sorgono questioni attinenti alla giurisdizione o alla competenza o ad altre pregiudiziali, ma può anche disporre che siano decise unitamente al merito. → Pregiudiziali di rito impediente e non sanabile Questioni che concernono l’esistenza o meno di quei requisiti (presupposti processuali e condizioni dell'azione; non c’è competenza, non c'è interesse ad agire) che, come si vide in sede di esame delle disposizioni generali, hanno la caratteristica di condizionare il dovere del giudice di pronunciarsi sul merito della domanda. 4° comma . Qualora il collegio provveda a norma dell'articolo 279, secondo comma, numero 4), i termini di cui all'articolo 183, quarto comma, non concessi prima della rimessione al collegio, sono assegnati dal giudice istruttore, su istanza di parte, nella prima udienza dinanzi a lui. 5° comma . Il giudice dà ogni altra disposizione relativa al processo. In sostanza, a parte le incertezze terminologiche e i più ampi problemi siste- matici concernenti l'esatta determinazione della portata del termine «questioni di merito aventi carattere preliminare», ciò che qui interessa rilevare è che il primo ostacolo che si pone - o può porsi - sul cammino del giudice verso la pronuncia sul merito, è costituito da una serie di questioni - preliminari o pregiudiziali che siano -, le quali, da un lato, concernono i requisiti del processo o, come si suol dire, il rito (ad es., 27 Poiché in queste cause il compito del decidere spetta al collegio, mentre l'istruzione è affidata al giudice istruttore, sorge anche qui il problema di come debba regolarsi quest'ultimo quando si trovi di fronte ad istanze di ammissione di mezzi di prova. Una soluzione imperniata sull'attribuzione al giudice istruttore del potere di decidere anche le questioni di ammissibilità o di rilevanza dei mezzi di prova in modo provvisorio ed esplicito, ma restando inteso che questo non pregiudica l'integrità del potere decisorio del collegio, al quale viene lasciata tutta la responsabilità del giudizio definitivo su tutte le questioni, comprese quelle che concernono l'ammissibilità e la rilevanza dei mezzi di prova. Sotto il profilo tecnico, la pronuncia provvisoria del giudice istruttore, anziché rimanere implicita, si concreta in un' ordinanza , la cui caratteristica revocabilità e modificabilità viene perfettamente incontro alle esigenze di questa situazione. - Art. 183, 4° comma (prima era il 7° comma): Se non provvede ai sensi del secondo comma il giudice provvede sulle richieste istruttorie e, tenuto conto della natura, dell'urgenza e della complessità della causa, predispone, con ordinanza , il calendario delle udienze successive sino a quella di rimessione della causa in decisione, indicando gli incombenti che verranno espletati in ciascuna di esse. L'udienza per l' assunzione dei mezzi di prova ammessi è fissata entro 90 giorni . Se l'ordinanza di cui al primo periodo è emanata fuori udienza, deve essere pronunciata entro 30 giorni . 30 ORDINANZE ANTICIPATORIE DI CONDANNA Durante lo svolgimento della trattazione è possibile che il giudice, su istanza parte, pronunci una delle ordinanze anticipatorie di condanna, di cui agli artt. di 186 bis, ter e quater, che sono riconducibili alla categoria delle condanne speciali. 1) Ordinanza per il pagamento di somme non contestate Art 186-bis - Ordinanza per il pagamento di somme non contestate 1° comma : Su istanza di parte il giudice istruttore può disporre, fino al momento della precisazione delle conclusioni , il pagamento delle somme non contestate dalle parti costituite. Se l'istanza è proposta fuori dall'udienza il giudice dispone la comparizione delle parti ed assegna il termine per la notificazione. 2° comma : L'ordinanza costituisce titolo esecutivo e conserva la sua efficacia in caso di estinzione del processo. Estinzione che comprendendo sia l'estinzione per inattività delle parti e sia quella per rinuncia agli atti, in deroga al disposto dell'art. 310, 2° comma, dispone l'«ultrattività» dell'ordinanza in discorso. In pratica, anche dopo l'estinzione del processo il creditore potrà continuare ad avvalersi dell'ordinanza di cui all'art. 186 bis come di titolo esecutivo, mentre il debitore potrà contestare il suo debito in un autonomo giudizio di cognizione, anche attraverso l'opposizione all'esecuzione (non ha efficacia di giudicato). 3° comma : L'ordinanza è soggetta alla disciplina delle ordinanze revocabili di cui agli articoli 177, primo e secondo comma, e 178, primo comma. La pronuncia non può avvenire prima della costituzione del convenuto, toglie ogni dubbio circa la portata della «non contestazione» nel senso che essa non è rilevante se la parte che non contesta risulta contumace e se la «non contestazione» non avviene nell'ambito dello svolgimento di un ruolo difensivo, come consapevole rinuncia a contestare; rinuncia anche implicita, ma, appunto, consapevole e manifestatasi attraverso la mancata contestazione specifica, cui fa riferimento il 1° comma dell'art. 115. Va, d'altra parte rilevato che la «non contestazione» riguarda senz'altro le «somme» e non necessariamente i fatti costitutivi dedotti a fondamento del diritto a tali somme. Che poi la pronuncia di quest'ordinanza sia possibile soltanto prima della precisazione delle conclusioni, è circostanza palesemente correlata con la funzione anticipatoria e provvisoria del provvedimento. Questa natura anticipatoria e provvisoria è resa ancor più evidente dal 3° comma dell'art. 186 bis, per il quale «l'ordinanza è soggetta alla disciplina delle ordinanze revocabili di cui agli artt. 177, 1° e 2° comma e 178, 1° comma». Si tratta, dunque, di un'ordinanza che non può mai pregiudicare la decisione della causa, ed è revocabile e modificabile, anche d'ufficio dallo stesso giudice che l'ha pronunciata, senza bisogno di mezzi di impugnazione. 31 2) Ordinanza di ingiunzione Art 186-ter - Ordinanza di ingiunzione 1° comma : Fino al momento della precisazione delle conclusioni , quando ricorrano i presupposti di cui all'art. 633, primo comma, numero 1), e secondo comma, e di cui all'articolo 634, la parte può chiedere al giudice istruttore, in ogni stato del processo, di pronunciare con ordinanza ingiunzione di pagamento o di consegna. Se l'istanza è proposta fuori dall'udienza il giudice dispone la comparizione delle parti ed assegna il termine per la notificazione. I requisiti, la cui sussistenza è qui richiamata, sono quelli che la disciplina del procedimento ingiuntivo postula per la pronuncia del decreto; in sintesi: a) che il richiedente faccia valere un diritto di credito al pagamento di una somma liquida di denaro o alla consegna di una determinata quantità di cose mobili fungibili e/o di cose mobili determinate; b) che disponga di prova scritta a fondamento del suo credito. 2° comma : L'ordinanza deve contenere i provvedimenti previsti dall'articolo 641, ultimo comma, ed è dichiarata provvisoriamente esecutiva ove ricorrano i presupposti di cui all'articolo 642, nonché, ove la controparte non sia rimasta contumace, quelli di cui all'articolo 648, primo comma. La provvisoria esecutorietà non può essere mai disposta ove la controparte abbia disconosciuto la scrittura privata prodotta contro di lei o abbia proposto querela di falso contro l'atto pubblico. Quanto all'efficacia esecutiva dell'ordinanza in questione essa sia attribuita solo ove ricorrano i requisiti di cui all'art. 642, 1° comma (credito fondato su cambiale, assegno, certificato di liquidazione di borsa o atto ricevuto da notaio o altro pubblico ufficiale) o 2° comma (pericolo di grave pregiudizio nel ritardo o prova scritta del credito proveniente dal debitore). Invece, nel caso che la controparte sia costituita , l'attribuzione dell'efficacia esecutiva può esserci, oltre che a norma dell'art. 642, anche a norma dell'art. 648, 1° comma (vale a dire, ove il debitore abbia proposto eccezioni non fondate su prova scritta o di pronta soluzione oppure abbia contestato solo l'ammontare del credito). In ogni caso, l'esecuzione provvisoria non può essere concessa, qualora la controparte abbia disconosciuto la scrittura privata prodotta contro di lei o abbia proposto querela di falso contro l'atto pubblico. 3° comma : L'ordinanza è soggetta alla disciplina delle ordinanze revocabili di cui agli articoli 177 e 178, primo comma. 4° comma : Se il processo si estingue l'ordinanza che non ne sia già munita acquista efficacia esecutiva ai sensi dell'articolo 653, primo comma. Ossia è revocabile e modificabile dal giudice fino alla pronuncia della sentenza, dalla quale è destinata ad essere sostituita, e quindi non impugnabile autonomamente, né idonea ad impedire la proposizione del regolamento preventivo di giurisdizione. Ché, se poi il processo si estinguesse prima della pronuncia della sentenza, «l'ordinanza che non ne sia munita, acquista efficacia esecutiva, ai sensi dell'art. 653, 1° comma». La quale efficacia esecutiva è acquisita dall'ordinanza in discorso anche nell'ipotesi che, dopo essere stata pronunciata contro il convenuto contumace e tempestivamente notificata ad esso, non sia seguita la costituzione del convenuto stesso entro i venti giorni dalla notificazione. 32 4° comma : L'ordinanza acquista l'efficacia della sentenza impugnabile sull'oggetto dell'istanza se la parte intimata non manifesta entro trenta giorni dalla sua pronuncia in udienza o dalla comunicazione, con ricorso notificato all'altra parte e depositato in cancelleria, la volontà che sia pronunciata la sentenza. Infine, l'ultimo comma viene incontro all'eventualità che la parte intimata, intenzionata a proporre appello perché convinta di non riuscire a modificare l'orientamento del giudice, voglia evitare i tempi lunghi necessari per la pronuncia della sentenza e preferisca proporre subito l'impugnazione (anche al fine di ottenere la sospensione dell'esecutività di cui all'art. 283). Ma poiché quest'ultima non è proponibile contro l'ordinanza (che per se stessa è, come si è visto, solo revocabile), la norma ora in esame disciplina l'acquisizione dell'efficacia di sentenza impugnabile in capo all'ordinanza mediante l'assegnazione al- la parte intimata di un termine non perentorio di 30 giorni per la manifestazione della volontà opposta, ossia per chiedere la pronuncia della sentenza; ciò con ricorso notificato all'altra parte e depositato in cancelleria. Decorso inutilmente detto termine, l'ordinanza acquista automaticamente l'efficacia di sentenza impugnabile, che, peraltro, dovrà essere notificata agli effetti della decorrenza del termine breve per impugnare. In questo meccanismo è implicita l'inammissibilità del ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. 35 (NUOVA) Ordinanza di accoglimento della domanda Art. 183-ter - Ordinanza di accoglimento della domanda 1° comma : Nelle controversie di competenza del tribunale aventi ad oggetto diritti disponibili il giudice, su istanza di parte , nel corso del giudizio di primo grado può pronunciare ordinanza di accoglimento della domanda quando i fatti costitutivi sono provati e le difese della controparte appaiono manifestamente infondate . 2° comma : In caso di pluralità di domande l'ordinanza può essere pronunciata solo se tali presupposti ricorrono per tutte. 3° comma : L'ordinanza di accoglimento è provvisoriamente esecutiva , è reclamabile ai sensi dell'articolo 669-terdecies (al collegio) e non acquista efficacia di giudicato ai sensi dell'articolo 2909 del codice civile, né la sua autorità può essere invocata in altri processi. Con la stessa ordinanza il giudice liquida le spese di lite (il motivo lo si vede nel comma subito sotto). 4° comma : L'ordinanza di cui al secondo comma, se non è reclamata o se il reclamo è respinto, definisce il giudizio e non è ulteriormente impugnabile . 5° comma : In caso di accoglimento del reclamo, il giudizio prosegue innanzi a un magistrato diverso da quello che ha emesso l'ordinanza reclamata. Mai nessuno chiederà questa ordinanza (solo un masochista lo farebbe), perché se i fatti sono provati e le difese sono manifestamente infondate io una cosa devo chiedere: la sentenza (immediata rimessa in decisione - art. 281-sexies)! (NUOVA) Ordinanza di rigetto della domanda Art. 183-quater - Ordinanza di rigetto della domanda 1° comma : Nelle controversie di competenza del tribunale che hanno ad oggetto diritti disponibili, il giudice, su istanza di parte, nel corso del giudizio di primo grado, all'esito dell'udienza di cui all'articolo 183, può pronunciare ordinanza di rigetto della domanda quando questa è manifestamente infondata , ovvero se è omesso o risulta assolutamente incerto il requisito di cui all'articolo 163, terzo comma, n. 3), e la nullità non è stata sanata o se, emesso l'ordine di rinnovazione della citazione o di integrazione della domanda, persiste la mancanza dell'esposizione dei fatti di cui al numero 4), terzo comma del predetto articolo 163 . In caso di pluralità di domande l'ordinanza può essere pronunciata solo se tali presupposti ricorrano per tutte. 2° comma : L'ordinanza che accoglie l'istanza di cui al primo comma è reclamabile ai sensi dell'articolo 669-terdecies e non acquista efficacia di giudicato ai sensi dell'articolo 2909 del codice civile, nè la sua autorità può essere invocata in altri processi. Con la stessa ordinanza il giudice liquida le spese di lite . 3° comma : L'ordinanza di cui al secondo comma, se non è reclamata o se il reclamo è respinto, definisce il giudizio e non è ulteriormente impugnabile . 4° comma : In caso di accoglimento del reclamo, il giudizio prosegue davanti a un magistrato diverso da quello che ha emesso l'ordinanza reclamata. Se è manifestamente infondata la domanda in questo caso non è neanche provvisoriamente esecutiva questa ordinanza (invece quella sopra si anche se non ci si fa nulla). 36 L’INTERVENTO DEI TERZI Tra gli atti che concernono genericamente l'instaurazione del contraddittorio vanno inclusi anche quelli attraverso i quali si realizza l'intervento dei terzi nel processo. Gli art. si riferiscono alle modalità attraverso le quali avviene l’intervento, ossia come sono configurati e disciplinati gli atti con i quali il terzo può intervenire o essere chiamato in causa; in quale momento, e con quali conseguenze nell'iter procedimentale.. Intervento volontario Art. 267 - Costituzione del terzo interveniente. 1° comma: Per intervenire nel processo a norma dell'articolo 105, il terzo deve costituirsi depositando una comparsa formata a norma dell'articolo 167 con i documenti e la procura. 2° comma: Il cancelliere dà notizia dell'intervento alle altre parti. Con esso il terzo esercita (salvo il caso dell'intervento adesivo dipendente) un'azione distinta da quella che già costituisce oggetto del giudizio. La costituzione volontaria del terzo interveniente avviene tramite il deposito in cancelleria di un atto redatto nelle forme di una comparsa di costituzione e risposta . Più nello specifico ed in base alle norme in tema di processo civile telematico (nuovo art. 196 quater disp. att. c.p.c.), il deposito dell’atto del terzo avviene telematicamente: in pratica attraverso un apposito software si crea una busta telematica che viene inviata tramite la PEC del difensore alla PEC della cancelleria di riferimento. Mentre il convenuto, quando si costituisce depositando la comparsa di risposta, è già parte nel processo (nel quale, col costituirsi, acquista solo la presenza attiva, e nel quale potrebbe anche se non si costituisse - restare contumace), per l'interveniente volontario, appunto perché volontario, la presenza nel processo non può essere che attiva. Perciò il momento dell'ingresso formale (e del relativo acquisto della qualità di parte) coincide col momento della costituzione, che come sempre si attua col deposito del fascicolo. Art. 268 - Termine per l'intervento. 1° comma: L'intervento può aver luogo sino al momento in cui il giudice fissa l'udienza di rimessione della causa in decisione. 2° comma: Il terzo non può compiere atti che al momento dell'intervento non sono più consentiti ad alcuna altra parte, salvo che comparisca volontariamente per l'integrazione necessaria del contraddittorio. Il termine formalmente previsto per l’intervento del terzo (art. 267 c.p.c.) è oggi la “ udienza di rimessione della causa in decisione ”. Dopo la scadenza di questo termine la costituzione non dovrebbe essere presa in considerazione in quanto tardiva, anche se il manuale da atto della possibilità che ciò possa sempre avvenire per la tipologia di intervento adesivo dipendente (in quanto non si fa valere alcun diritto proprio) nonché per il co legittimato all’azione (che parimenti non farebbe valere un diritto diverso da quello già fatto valere dall’altro co legittimato). La modifica si giustifica alla luce della nuova disciplina della fase decisoria del giudizio, nella quale la precisazione delle conclusioni non avviene più in un’udienza ad hoc all’esito della quale vengono concessi termini per comparse conclusionali e memorie di replica, ma in una nota scritta da depositare non oltre 60 giorni prima 37 La risoluzione delle questioni relative all’intervento Art. 272 -Decisione delle questioni relative all'intervento “Le questioni relative all'intervento sono decise dal collegio insieme col merito, salvo che il giudice istruttore disponga a norma dell'articolo 187, 2° comma”. Le modalità dell’intervento prescindono dalle ragioni di connessione (o di necessità del litisconsorzio), che fondano la legittimazione del terzo ad intervenire o ad essere chiamato nel processo a norma degli artt. 105, 106, 107. L'intervento però può di fatto verificarsi anche indipendentemente dall'esistenza di quelle ragioni. Nessuno può, insomma, impedire ad un terzo di intervenire in un processo nei modi di cui all'art. 267, o ad una parte di chiamare un terzo nei modi di cui all'art. 269, anche in palese assenza delle ragioni di connessione di cui agli artt. 105 o, rispettivamente, 106, salvi i casi in cui occorre la previa autorizzazione. Così come, più in generale, nessuno può impedire ad un soggetto di proporre una domanda nonostante il difetto di legittimazione attiva o passiva. Il disposto dell'art. 272, che è chiaro e coerente quando dispone che «le questioni relative all'intervento sono decise dal collegio insieme col merito », dà luogo a qualche perplessità quando prosegue «salvo che il giudice istruttore disponga a norma dell'art. 187, 2° comma», così ipotizzando il sorgere non già di questioni pregiudiziali di rito (che sono previste dall'art. 187, 3° comma), ma di questioni preliminari di merito. La norma, mentre nella prima parte enuncia la volontà che non si abbia a ritardare il processo per decidere la questione sull'intervento, nella seconda parte fa salva soltanto l'ipotesi che la questione sull'intervento sia decisiva per l'intero giudizio sul merito. Ipotesi concrete di questioni sull'intervento decisive per l'intero giudizio sul merito possono verificarsi (con la conseguente applicazione dell'art. 272, seconda parte) quando l'intervento sia effettuato ad excludendum. 40 LA RIMESSIONE DELLA CAUSA IN DECISIONE 1) Rimessione anticipata Ultimo segmento del processo cioè la fase decisoria, la causa passa al collegio dopo l’istruzione espletata,l’art. 187 prevede dei casi di RIMESSIONE ANTICIPATA , dunque il giudice rimette senza aver compiuto l’istruttoria. Art. 187 - Provvedimenti del giudice istruttore → RIMESSIONE IMMEDIATA (art. 187 n. 1,2,3) 1) Il giudice istruttore, se ritiene che la causa sia matura per la decisione di merito senza bisogno di assunzione di mezzi di prova (non sono stati richiesti, o fatti pacifici), rimette le parti davanti al collegio. Ciò può accadere o perché i fatti della causa risultano pacifici fra le parti e si discute soltanto della loro qualificazione giuridica; o perché le parti non abbiano offerto prove costituende (né il giudice ritenga di disporne d'ufficio), sia che esse parti abbiano ritenuto sufficienti le prove documentali e sia che non siano state comunque in grado di offrire prove sulle loro allegazioni fattuali. Può anche accadere che il giudice istruttore ritenga la causa matura per la decisione, pur in presenza di istanze di ammissione di prove costituende, che, a suo parere, sono inammissibili e/o irrilevanti. 2) Può rimettere le parti al collegio affinchè sia decisa separatamente una questione di merito avente carattere preliminare, solo quando la decisione di essa può definire il giudizio ( preliminari di merito , es. prescrizione). 3) Il giudice provvede analogamente se sorgono questioni attinenti alla giurisdizione o alla competenza o ad altre pregiudiziali, ma può (ci sarebbe in astratto la necessità ma in concreto no) anche disporre che siano decise unitamente al merito. ( pregiudiziali di rito impediente e non sanabile) Va ricordato che, per il carattere totale della rimessione, il collegio, al quale la causa sia rimessa per la risoluzione di una o più di queste questioni, non è affatto vincolato a pronunciarsi solo su di esse, ma, essendo investito di tutta la causa (art. 189, 2° comma), può pronunciarsi anche sul merito. Perciò, anche nel caso di rimessione ai termini dell'art. 187, 2° e/o 3° comma, le parti debbono precisare le loro conclusioni anche sul merito, come dispone l'art. 189, 1° comma. Tuttavia, quando si tratti di questione di competenza, l'ordinanza che la decide è impugnabile con regolamento di competenza, anche se non è preceduta dalla precisazione delle conclusioni. 4) (?????) Qualora il collegio provveda a norma dell'articolo 279, 2° comma, numero 4), i termini di cui all'articolo 183, quarto comma, non concessi prima della rimessione al collegio, sono assegnati dal giudice istruttore, su istanza di parte, nella prima udienza dinanzi a lui. 41 2) Rimessione dopo lo svolgimento dell’ istruzione probatoria (più frequente - art. 188) Art. 188 - Attività istruttoria del giudice. Il giudice istruttore, nel rispetto del calendario del processo, provvede all' assunzione dei mezzi di prova e, esaurita l'istruzione, rimette le parti al collegio per la decisione a norma dell' articolo 189 (che richiama il 275) o dell' articolo 275-bis. 42 TRATTAZIONE ORALE Art. 275-bis - Decisione a seguito di discussione orale davanti al collegio. 1) Il giudice istruttore, quando ritiene che la causa può essere decisa a seguito di discussione orale, fissa udienza davanti al collegio e assegna alle parti termine, anteriore all'udienza, non superiore a 30 giorni per il deposito di note limitate alla precisazione delle conclusioni e un ulteriore termine non superiore a 15 giorni per note conclusionali . 2) All'udienza il giudice istruttore fa la relazione orale della causa e il presidente ammette le parti alla discussione . All'esito della discussione il collegio pronuncia sentenza dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione. 3) In tal caso, la sentenza si intende pubblicata con la sottoscrizione da parte del presidente del verbale che la contiene ed è immediatamente depositata in cancelleria. 4) Se non provvede ai sensi del secondo comma, il collegio deposita la sentenza nei successivi 60 giorni. Deliberazione Art. 276 → Deliberazione 1) La decisione è deliberata in segreto nella camera di consiglio. Ad essa possono partecipare soltanto i giudici che hanno assistito alla discussione . 2) Il collegio, sotto la direzione del presidente, decide gradatamente le questioni pregiudiziali proposte dalle parti o rilevabili d'ufficio e quindi il merito della causa. Dapprima le questioni pregiudiziali di rito (e, in primo luogo, quella di sussistenza della giurisdizione) e poi le questioni di merito, incominciando con quelle preliminari. Il quale ordine logico non è vincolante, in quanto nulla impedisce l'immediata pronuncia sul merito, specie quando appaia di evidente e facile soluzione (principio della ragione più liquida). La priorità della decisione sulle questioni pregiudiziali o preliminari consegue a ciò che dette questioni investono presupposti o condizioni la cui mancanza implica inammissibilità o improcedibilità della pronuncia sul merito. Ne consegue che la pronuncia di inammissibilità o improcedibilità chiude il processo, sicché l'eventuale successiva pronuncia sul merito costituisce un obiter dictum privo di qualsiasi efficacia. 3) La decisione è presa a maggioranza di voti . Il primo a votare è il relatore, quindi l'altro giudice e infine il presidente. 4) Se intorno a una questione si prospettano più soluzioni e non si forma la maggioranza alla prima votazione, il presidente mette ai voti due delle soluzioni per escluderne una, quindi mette ai voti la non esclusa e quella eventualmente restante, e così successivamente finchè le soluzioni siano ridotte a due, sulle quali avviene la votazione definitiva. 5) Chiusa la votazione, il presidente scrive e sottoscrive il dispositivo (che è l’essenza volitiva della sentenza). La motivazione è quindi stesa dal relatore, a meno che il presidente non creda di stenderla egli stesso o affidarla all'altro giudice (avviene quando l’opinione del 45 relatore non è conforme alla maggioranza). Motivazione: deve contenere la succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi, con l'indicazione specifica delle questioni discusse e decise dal collegio ed il riferimento alle norme di legge applicate o, nel caso di pronuncia secondo equità, alle ragioni di equità; debbono, invece, essere omesse le citazioni degli autori giuridici ( art. 118 disp. att. ). L'estensore predispone una minuta che, previa rilettura ed eventuali correzioni da parte del presidente, o se del caso, dell'intero collegio, viene sottoscritta dal presidente e dall'estensore e quindi consegnata al cancelliere, il quale scrive il testo originale a norma dell'art. 132. Il presidente e il relatore, poi, verificata la corrispondenza dell'originale alla minuta, sottoscrivono la sentenza ( art. 119 disp. att. ). I diversi provvedimenti dell’organo giudicante Dopo aver visto l'iter attraverso il quale il collegio giunge alla pronuncia dei suoi provvedimenti, passiamo ora ad esaminare i diversi possibili contenuti di questi provvedimenti (e di quelli del giudice monocratico) e la correlazione tra questi contenuti e la forma (o tipo di provvedimento) che il codice prevede per ciascuno di essi. E’ necessario richiamare la disposizione dell' art. 189, 2° comma , secondo cui la rimessione (totale) investe il collegio (inteso come l'organo giudicante) di tutta la causa . Per effetto di questa disposizione, il collegio (o il giudice monocratico), così investito di tutti i poteri relativi alla causa, può acquisire una visione unitaria e sintetica della causa stessa, orientandosi nella scelta delle diverse possibili soluzioni, non solo con riguardo al come decidere, ma anche con riguardo al se decidere, o in quali limiti decidere. La pienezza dei poteri dell'organo giudicante si manifesta anche, in primo luogo, nei confronti di quella valutazione di maturità della causa (in funzione della decisione) a seguito della quale l'istruttore aveva compiuto la rimessione, sia che ritenesse la causa matura per la decisione sul merito e sia che ritenesse che una o più questioni preliminari o pregiudiziali dovessero essere decise in modo tale da definire il giudizio. 1. se sussistono questioni pregiudiziali di rito , l'organo giudicante dovrà decidere anzitutto quelle: o senz'altro definendo il giudizio (se, ad es., rileva il difetto di un presupposto processuale, o di una condizione dell'azione, o un altro vizio del processo) o superandole , così passando al merito: ○ e ciò sia che la rimessione fosse stata compiuta con riguardo alla sola questione suddetta (art. 187, 3° comma) ○ e sia che l'istruttore avesse compiuto la rimessione ritenendo la causa matura per la decisione sul merito (art. 187, 1° comma); 2. prima di passare al merito in senso proprio, l'organo giudicante può trovarsi di fronte ad una o più questioni preliminari di merito , di cui all'art. 187, 2° comma; questioni che dovrà subito risolvere, con la medesima veduta alternativa: arrestarsi ad esse definendo il giudizio o superarle ; e ciò indipendentemente dalla valutazione che ha condotto l'istruttore alla rimessione 3. passando al merito in senso proprio , l'organo giudicante potrà condividere, oppure non condividere, l'opinione dell'istruttore che ha considerato la causa matura per la decisione perché sufficientemente istruita o perché non bisognevole di istruzione o per altro motivo (ad 46 es., nei casi di rimessione ai sensi dell'art. 187, 2º e 3º comma); qualora si tratti del giudice monocratico, si può ipotizzare un cambiamento di opinione; ed egualmente l'organo giudicante potrà condividere o non condividere l'opinione dell'istruttore circa l'ammissibilità o la rilevanza dei mezzi di prova ammessi, oppure non ammessi. ○ Potrà, così, pronunciare senz'altro sul merito, tenendo conto delle prove eventualmente esperite; ○ oppure potrà ammettere prove non ammesse dall'istruttore, rimettendo la causa a quest'ultimo; così come potrà anche decidere alcune questioni, richiedendo all'istruttore una nuova istruzione per altre questioni; 4. quanto alla pronuncia sulle spese , da compiersi secondo i criteri ampiamente visti a suo tempo e di regola in applicazione del criterio della soccombenza, basterà qui ricordare che tale pronuncia accessoria deve essere compiuta dall'organo giudicante con la sentenza che chiude il processo davanti a lui (art. 91) e quindi con la sentenza definitiva. La stessa cosa va detta per l'eventuale pronuncia sulla responsabilità aggravata di cui all'art. 96. Art. 277 (speculare all’art. 112) → Pronuncia sul merito 1° comma: Il collegio nel deliberare sul merito deve decidere tutte le domande proposte e le relative eccezioni, definendo il giudizio. 2° comma: Tuttavia il collegio, anche quando il giudice istruttore gli ha rimesso la causa a norma dell'articolo 187 primo comma, può limitare la decisione ad alcune domande, se riconosce che per esse soltanto non sia necessaria un'ulteriore istruzione , e se la loro sollecita definizione è di interesse apprezzabile per la parte che ne ha fatto istanza. ECCEZIONE → SENTENZA NON DEFINITIVA Quando la sentenza assolve interamente alla sua funzione decisoria sul merito del giudizio, l'organo giudicante, col pronunciarla, conclude o definisce il giudizio (art. 277, 1° comma); il che, tuttavia, accade anche quando il giudice si arresta alla pronuncia sul processo prima di pervenire alla pronuncia sul merito, poiché riscontra il difetto di presupposti processuali o di condizioni dell'azione (risolvendo in senso negativo questioni di giurisdizione o altre « questioni pregiudiziali di rito », attinenti, cioè, al processo: ad es., risolve una questione di giurisdizione negando la propria giurisdizione o nega la legittimazione processuale della parte; ad esclusione delle questioni di competenza che, come detto, vanno decise, ai sensi dell'art. 279, 1° comma, con ordinanza) o quando risolve talune questioni « preliminari di merito » in senso impeditivo dell'accoglimento della domanda (ad es., la prescrizione del diritto). In tutti questi casi, che il codice contempla espressamente in sede di disciplina del processo di cognizione e precisamente là dove dispone in quali casi il giudice deve pronunciare sentenza (art. 279), la sentenza si chiama definitiva , appunto perché definisce, chiude il giudizio (v. art. 279, 2° comma, nn. 1, 2, e 3). Essa, viceversa, è non definitiva quando non definisce il giudizio perché il giudice risolve una questione pregiudiziale di rito o preliminare di merito in modo tale da consentire la prosecuzione del giudizio (ad es., risolve una questione di giurisdizione, affermando la propria giurisdizione; nega che sia intervenuta la prescrizione del diritto) o perché decide il merito solo parzialmente (art. 279, 2° comma, nn. 4, 5 e art. 277, 2° comma) (ad es., decide solo alcune delle domande cumulate). 47 provvedimenti dispone la separazione delle altre cause e l'ulteriore istruzione riguardo alle medesime, ovvero la rimessione al giudice inferiore delle cause di sua competenza. Nel caso di cumulo di domande sia soggettivo (per connessione oggettiva) che oggettivo (per connessione soggettiva), gli artt. 103 e 104 consentono all'organo giudicante di separare le cause, quando vi sia istanza di tutte le parti o quando la continuazione della riunione ritarderebbe il processo. Quando ciò accade, la situa- zione che viene a crearsi si distingue da quella presa in esame dal 2° comma dell'art. 277 perché nel caso ora in discorso c'è un provvedimento che dispone la separazione delle cause (ovvero una pronuncia sulle spese, che presuppone la separazione). In questo caso la sentenza è definitiva, in quanto le domande separate vanno a formare oggetto di un processo distinto. Il giudice nel pronunciare questa sentenza può separare le cause, la separazione è preliminare alla sentenza, dunque abbiamo due diversi procedimenti, uno definito con una sentenza che è definitiva. La giurisprudenza sulla presenza della condanna alle spese si è orientata per capire se si tratta di una sentenza definitiva o parzialmente definitiva. Quando il giudice pronuncia una sentenza non qualificata, ma condannando alle spese, questa è considerata implicitamente definitiva (dunque su questa non si può fare la riserva di appello, va impugnata altrimenti passa in giudicato). La sentenza su alcune delle domande cumulate è definitiva, oltre che nei casi di pronuncia tra soggetti diversi, anche nei casi di pronuncia tra gli stessi soggetti in presenza di un provvedimento di separazione (casi di cui all'art. 279, 2° comma, n. 5) o di pronuncia sulle spese; è, invece, non definitiva nelle ipotesi di cui all'art. 277, 2° comma, e comunque in mancanza del suddetto provvedimento di separazione. Es. Noi abbiamo un processo che parte su x e y, arriviamo a una sentenza definitiva che riguarda y e una non definitiva che riguarda x (art. 279 n.4 nella parte in cui rinvia al n. 3 dunque sentenza parziale). La sentenza non definitiva può essere impugnata o in appello, oppure si possono impugnare tutte e due insieme ( riserva d’appello - art. 340, si sospende il termine di impugnazione, dunque avrai un appello che tratterà tanto la sentenza definitiva che la non definitiva). All’art. 340 non si può fare riferimento se c’è una separazione (quindi si avrà una sentenza definitiva) oppure se è implicitamente definitiva; l’art. 340 entra in gioco nel caso in cui non si capisce se c’è stata o no separazione). In Cassazione una sentenza non definitiva semplice non può essere impugnata direttamente (cosa che si può fare in appello) dunque devono essere impugnate insieme (art. 360, comma 3), mentre la sentenza parzialmente definitiva si potrà impugnare in Cassazione. 3 . I provvedimenti per l'ulteriore istruzione, previsti dai numeri 4 e 5, sono dati con separata ordinanza. 4 . I provvedimenti del collegio, che hanno forma di ordinanza , comunque motivati, non possono mai pregiudicare la decisione della causa; salvo che la legge disponga altrimenti, essi sono modificabili e revocabili dallo stesso collegio, e non sono soggetti ai mezzi di impugnazione previsti per le sentenze. Le ordinanze del collegio sono sempre immediatamente esecutive. Tuttavia, quando sia stato proposto appello immediato contro una delle sentenze previste dal n. 4 del secondo comma, il giudice istruttore, su istanza concorde delle parti, qualora ritenga che i provvedimenti dell'ordinanza collegiale siano dipendenti da quelli contenuti nella sentenza impugnata, può disporre con ordinanza non 50 impugnabile che l'esecuzione o la prosecuzione dell'ulteriore istruttoria sia sospesa sino alla definizione del giudizio di appello. 5 . L'ordinanza è depositata in cancelleria insieme con la sentenza. Ordinanze, rinnovazione prove La pienezza dei poteri dell'organo giudicante si manifesta anche nel potere di non decidere la causa, rimettendola in istruzione perché l'istruttore provveda a determinati incombenti istruttori (38), o di deciderla soltanto in parte, ugualmente disponendo - con riguardo alle domande non decise - la rimessione all'istruttore. Nell'uno e nell'altro caso, l'organo giudicante pone in essere un provvedimento di rimessione all'istruttore, provvedimento per il quale il codice predispone la forma tipica dei provvedimenti istruttori, ossia quella dell'ordinanza (così dispone il 1° comma dell 'art. 279 ). Ed è appena il caso di precisare che, se l'organo giudicante non decide neppure in parte la causa, l'ordinanza è, per il momento, l'unico suo provvedimento; mentre, nel caso di decisione parziale, l'ordinanza deve aggiungersi alla sentenza non definitiva. Con riferimento a quest'ultima ipotesi, l'art. 279, 3° comma, dispone che “i provvedimenti per l'ulteriore istruzione previsti dai nn. 4 e 5 sono dati con separata ordinanza”. Art. 280 - Contenuto e disciplina dell'ordinanza del collegio 1. Con la sua ordinanza il collegio fissa l'udienza per la comparizione delle parti davanti al giudice istruttore o davanti a sè nel caso previsto nell'articolo seguente. 2. Il cancelliere inserisce l'ordinanza nel fascicolo di ufficio e ne da tempestiva comunicazione alle parti a norma dell'art. 176 secondo comma. 3. Per effetto dell'ordinanza il giudice istruttore è investito di tutti i poteri per l'ulteriore trattazione della causa. La disciplina delle ordinanze dell'organo giudicante si completa con riguardo al regime della loro modificabilità o impugnabilità, nonché a quello della loro efficacia. Al riguardo dispone il comma 4° dell' art. 279 . Nella sua prima parte, questa norma ripete, con riguardo alle ordinanze del collegio, il dettato che, nell'art. 177, 1° e 2° comma, è riferito alle ordinanze dell'istruttore. «I provvedimenti del collegio che hanno forma di ordinanza, comunque motivati, non possono mai pregiudicare la decisione della causa; salvo che la legge disponga altrimenti, essi sono modificabili e revocabili dallo stesso collegio e non sono soggetti ai mezzi di impugnazione previsti per le sentenze». Nella sua seconda parte, la norma in discorso indica il momento nel quale l'ordinanza istruttoria del collegio acquista efficacia, stabilendo che «le ordinanze del collegio sono sempre immediatamente esecutive ». Quest'immediata efficacia esecutiva (naturalmente, qui la parola «esecutiva» non ha riferimento specifico all'esecuzione forzata, ma più genericamente all'attuazione di quanto disposto nell'ordinanza) va, tuttavia, coordinata col rilievo che talvolta esiste una certa conseguenzialità tra l'eventuale sentenza non definitiva e l'ordinanza collegiale istruttoria, mentre, d'altra parte, la sentenza non definitiva può essere assoggettata ad impugnazione immediatamente e non soltanto insieme con quella definitiva. In relazione a questa eventualità, la norma in esame prosegue così: «Tuttavia, quando sia stato proposto appello immediato contro una delle sentenze previste dal n. 4 del 2º comma, il giudice istruttore, su istanza concorde delle parti, qualora ritenga che i provvedimenti dell'ordinanza collegiale siano dipendenti da quelli contenuti nella sentenza impugnata, può disporre, con ordinanza non impugnabile, che l'esecuzione o la prosecuzione dell'ulteriore istruttoria sia sospesa fino alla definizione del giudizio di appello». 51 L' art. 281 prevede la possibilità per il collegio di disporre l'assunzione diretta di un mezzo di prova, anche d'ufficio, quando ne ravvisi la necessità. La norma in discorso parla di rinnovazione o riassunzione di uno o più mezzi di prova. Ma si ritiene che nulla impedisca l'assunzione diretta anche indipendentemente da una precedente assunzione da parte dell'istruttore. L'efficacia esecutiva della sentenza Mentre le ordinanze, anche collegiali, esauriscono, di regola, la loro efficacia nell'ambito del singolo grado del processo di cognizione, le sentenze sono invece destinate ad operare, oltre che all'interno di quel grado (nel senso che esauriscono in tutto o in parte i poteri decisorî del giudice) anche e soprattutto all'esterno di quel grado o addirittura all'esterno del processo di cognizione, sia nel campo sostanziale e sia in quanto possono costituire - se sono sentenze di condanna - il fondamento per un processo esecutivo. La pubblicazione la sentenza acquista l'efficacia di dictum dal giudice; incomincia, cioè, ad esistere come pronuncia ufficiale del giudice, sebbene non ancora idonea ad operare sempre nel campo sostanziale perché non ancora incontrovertibile. Col passaggio in giudicato la sentenza diviene incontrovertibile nel senso che l'accertamento in essa contenuto «fa stato» (così l'art. 2909 c.c.) ad ogni effetto tra le parti e i loro eredi o aventi causa; ossia informa di sé il diritto sostanziale. Il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado si verifica soltanto se ed in quanto la sentenza non sia impugnata, poiché in caso di impugnazione il processo prosegue in secondo grado e la sentenza si riduce al ruolo di oggetto del riesame, in funzione della sua conferma o della sua riforma. Ed a questa efficacia di accertamento incontrovertibile - che è propria di tutte le sentenze - si possono affiancare, in via autonoma: 1) Efficacia costitutiva (qualora si tratti di sentenza costitutiva) 2) Efficacia esecutiva alle sole sentenze di condanna , essa è attribuita alle sentenze anche prima ed indipendentemente dal loro passaggio in giudicato. “La sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva tra le parti” ( art. 282 ). L'esecutorietà della sentenza può essere sottratta da un provvedimento del giudice, con riguardo alle sentenze di primo grado, la legge prevede la possibilità di sospensione in tutto o in parte dell'esecutorietà (o dall'esecuzione, qualora fosse stata iniziata). a) Art. 283 → inibitoria nel giudizio di appello b) Può restare paralizzata anche dalla pronuncia sul merito dell'impugnazione come, ad es., accadrebbe se la sentenza di appello respingesse la domanda accolta in primo grado. 52 Le cause riservate alla decisione collegiale Art. 50-bis - Cause nelle quali il tribunale giudica in composizione collegiale. 1. Il tribunale giudica in composizione collegiale: 1) nelle cause nelle quali è obbligatorio l'intervento del PM, salvo che sia altrimenti disposto; La ragione sta nella indisponibilità dei diritti oggetto di questi giudizi; quella stessa indisponibilità che ha suggerito al legislatore la partecipazione del P.M. al giudizio, nonché l'inderogabilità della competenza territoriale, ai termini dell'art. 28. 2) nelle cause di opposizione, impugnazione, revocazione e in quelle conseguenti a dichiarazioni tardive di crediti di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e alle altre leggi speciali disciplinanti la liquidazione coatta amministrativa (MATERIA FALLIMENTARE); 3) nelle cause devolute alle sezioni specializzate; 4) nelle cause di omologazione del concordato fallimentare e del concordato preventivo (MATERIA FALLIMENTARE); 7) nelle cause di cui alla legge 13 aprile 1988, n. 117. 7-bis) nelle cause di cui all'articolo 140-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206. 2. Il tribunale giudica altresì in composizione collegiale nei procedimenti in camera di consiglio disciplinati dagli articoli 737 e seguenti, salvo che sia altrimenti disposto. L' art. 50 ter enuncia, a chiusura del sistema, che “fuori dai casi previsti dall'art. 50 bis, il tribunale giudica in composizione monocratica”. 55 Del procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica (Capo III bis) Art. 281-bis - Norme applicabili Nel procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni dei capi precedenti, ove non derogate dalle disposizioni del presente capo. Art. 281-ter - Poteri istruttori del giudice Il giudice può disporre d'ufficio la prova testimoniale formulandone i capitoli, quando le parti nella esposizione dei fatti si sono riferite a persone che appaiono in grado di conoscere la verità. Art. 281-quater - Decisione del tribunale in composizione monocratica Le cause nelle quali il tribunale giudica in composizione monocratica sono decise, con tutti i poteri del collegio, dal giudice designato a norma dell' articolo 168-bis (designazione del giudice istruttore) o dell' articolo 484 , secondo comma (giudice dell’esecuzione). Dunque i poteri decisori spettano allo stesso giudice che ha svolto l’istruzione. Decisione I due articoli, che seguono e che esauriscono la disciplina del procedimento in esame, riguardano lo svolgimento della fase di decisione, ad ulteriore conferma che tutto l'iter procedimentale anteriore coincide con quello della disciplina del procedimento innanzi al tribunale indipendentemente dalla sua composizione. Si tratta di due alternative, tra le quali il giudice può scegliere in relazione alla natura della causa, alla sua complessità e ad una serie di circostanze, da valutarsi caso per caso. Art. 281-quinquies - Decisione a seguito di trattazione scritta o mista. 1 . Quando la causa è matura per la decisione il giudice fissa davanti a sé l' udienza di rimessione della causa in decisione assegnando alle parti i termini di cui all'articolo 189. All'udienza trattiene la causa in decisione e la sentenza è depositata entro i 30 giorni successivi . → TRATTAZIONE SCRITTA 2 . Se una delle parti lo richiede, il giudice, disposto lo scambio dei soli scritti difensivi a norma dell'articolo 189 numeri 1) e 2), fissa l'udienza di discussione orale non oltre 30 giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle comparse conclusionali e la sentenza è depositata entro 30 giorni. → TRATTAZIONE MISTA Art. 281-sexies - Decisione a seguito di trattazione orale. 1. Se non dispone a norma dell'articolo 281-quinquies, il giudice, fatte precisare le conclusioni, può ordinare la discussione orale della causa nella stessa udienza o, su istanza di parte, in un'udienza successiva e pronunciare sentenza al termine della discussione, dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione. 2. In tal caso, la sentenza si intende pubblicata con la sottoscrizione da parte del giudice del verbale che la contiene ed è immediatamente depositata in cancelleria. 3. Al termine della discussione orale il giudice, se non provvede ai sensi del primo comma, deposita la sentenza nei successivi 30 giorni. → TRATTAZIONE ORALE 56 Dei rapporti tra collegio e giudice monocratico (Capo III ter) I rapporti ai quali ci riferiamo sono quelli che si concretano nei problemi che sorgono quando, avvenuta la rimessione, il collegio ritiene che la causa debba essere decisa dal giudice monocratico, o quando, viceversa, è quest'ultimo a ritenere che la causa rientri fra quelle riservate al collegio dall'art. 50 bis. Art. 281-septies - Rimessione della causa al giudice monocratico. Il collegio, quando rileva che una causa, rimessa davanti a lui per la decisione, deve essere decisa dal tribunale in composizione monocratica, pronuncia ordinanza non impugnabile con cui rimette la causa davanti al giudice istruttore perché decida la causa quale giudice monocratico. La sentenza è depositata entro i successivi 30 giorni. Art. 281-octies - Rimessione della causa al tribunale in composizione collegiale. 1. Il giudice, quando rileva che una causa, riservata per la decisione davanti a sè in funzione di giudice monocratico, deve essere decisa dal tribunale in composizione collegiale, rimette la causa al collegio per la decisione, con ordinanza comunicata alle parti. 2. Entro dieci giorni dalla comunicazione, ciascuna parte può chiedere la fissazione dell'udienza di discussione davanti al collegio, e in questo caso il giudice istruttore procede ai sensi dell'articolo 275-bis. Art. 281-novies - Connessione. 1. In caso di connessione tra cause che debbono essere decise dal tribunale in composizione collegiale e cause che debbono essere decise dal tribunale in composizione monocratica, il giudice istruttore ne ordina la riunione e, all'esito dell'istruttoria, le rimette, a norma dell'articolo 189, al collegio, il quale pronuncia su tutte le domande, a meno che disponga la separazione a norma dell'articolo 279, secondo comma, numero 5). 2. Alle cause riunite si applica il rito previsto per la causa in cui il tribunale giudica in composizione collegiale e restano ferme le decadenze e le preclusioni già maturate in ciascun procedimento prima della riunione. Art. 50-quater - Inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale Le disposizioni di cui agli articoli 50-bis e 50-ter non si considerano attinenti alla costituzione del giudice. Alla nullità derivante dalla loro inosservanza si applica l'articolo 161, primo comma. 57 GIUDICE DI PACE Art. 7 - Competenza del giudice di pace. 1. Il giudice di pace è competente per le cause relative a beni mobili di valore non superiore a 10.000 euro, quando dalla legge non sono attribuite alla competenza di altro giudice. 2. Il giudice di pace è altresì competente per le cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e di natanti, purché il valore della controversia non superi 25.000 euro. 4. E' competente qualunque ne sia il valore: 1) per le cause relative ad apposizione di termini ed osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi; 2) per le cause relative alla misura ed alle modalità d'uso dei servizi di condominio di case; 3) per le cause relative a rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni di fumo o di calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e simili propagazioni che superino la normale tollerabilità; 3-bis) per le cause relative agli interessi o accessori da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali o assistenziali; Art. 311 - Rinvio alle norme relative al procedimento davanti al tribunale Il procedimento davanti al giudice di pace, per tutto ciò che non è regolato nel presente titolo o in altre espresse disposizioni, è retto dalle norme relative al procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica , in quanto applicabili. Art. 313 - Querela di falso Se è proposta querela di falso, il giudice di pace, quando ritiene il documento impugnato rilevante per la decisione, sospende il giudizio e rimette le parti davanti al tribunale per il relativo procedimento. Può anche disporre a norma dell'articolo 225, secondo comma. Art. 316 - Forma della domanda 1. Davanti al giudice di pace la domanda si propone nelle forme del procedimento semplificato di cognizione , in quanto compatibili. 2. La domanda si può anche proporre verbalmente. Di essa il giudice di pace fa redigere processo verbale che, a cura dell'attore, è notificato unitamente al decreto di cui all'articolo 318. Art. 317 - Rappresentanza davanti al giudice di pace 1. Davanti al giudice di pace le parti possono farsi rappresentare da persona munita di mandato scritto in calce alla citazione o in atto separato, salvo che il giudice ordini la loro comparizione personale. 2. Il mandato a rappresentare comprende sempre quello a transigere e a conciliare. Art. 318 - Contenuto della domanda . 1. La domanda si propone con ricorso, sottoscritto a norma dell'articolo 125, che deve contenere, oltre all'indicazione del giudice e delle parti, l'esposizione dei fatti e l'indicazione del suo oggetto. 2. Il giudice di pace, entro 5 giorni dalla designazione, fissa con decreto l'udienza di comparizione delle parti a norma del comma secondo dell'articolo 281-undecies (che deve avvenire non oltre 10 giorni prima dell’udienza). - Rinvio art. 125 c.p.c. l’avvocato dovrà indicare indirizzo PEC. Semplificazione rispetto ad art. 60 281 undecies c.p.c. [deve contenere le indicazioni di cui ai numeri 1), 2), 3), 3-bis), 4), 5), 6) e l’avvertimento di cui al numero 7) del terzo comma dell’articolo 163 riformati]. Art. 319 - Costituzione delle parti. 1. L' attore si costituisce depositando il ricorso notificato o il processo verbale di cui all'articolo 316 unitamente al decreto di cui all'articolo 318 e con la relazione della notificazione e, quando occorre, la procura. Il convenuto si costituisce a norma dei commi terzo e quarto dell'articolo 281-undecies mediante deposito della comparsa di risposta e, quando occorre, la procura. 2. Le parti , che non hanno precedentemente dichiarato la residenza o eletto domicilio nel comune in cui ha sede l'ufficio del giudice di pace, debbono farlo con dichiarazione ricevuta nel processo verbale al momento della costituzione. Art. 320 - Trattazione della causa. 1. Nella prima udienza il giudice di pace interroga liberamente le parti e tenta la conciliazione . 2. Se la conciliazione riesce se ne redige processo verbale a norma dell'articolo 185, ultimo comma. 3. Se la conciliazione non riesce, il giudice di pace procede ai sensi dell' articolo 281-duodecies, commi secondo, terzo e quarto , e se non ritiene la causa matura per la decisione, procede agli atti di istruzione rilevanti per la decisione. 4. abrogato (d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, come modificato dalla l. 29 dicembre 2022, n. 197) 5. I documenti prodotti dalle parti possono essere inseriti nel fascicolo di ufficio ed ivi conservati fino alla definizione del giudizio. Art. 321 - Decisione. 1. Il giudice di pace, quando ritiene matura la causa per la decisione, procede ai sensi dell'articolo 281-sexies. 2. La sentenza è depositata in cancelleria entro 15 giorni dalla discussione . 61 LE VICENDE ANORMALI DEL PROCESSO Le ragioni che fondano l'opportunità della riunione dei procedimenti relativi alla stessa o a diverse cause in un unico processo o, viceversa, la separazione delle cause che già pendono insieme nello stesso processo, possono essere considerate, in un certo senso, vicende anormali del processo. Sono comunque situazioni eventuali ed accidentali. L'art. 39 tratta la litispendenza e continenza , per l'eventualità che una stessa causa sia proposta davanti a giudici diversi. Tale disciplina si integra ora con quella ( art. 273 ) con riguardo al caso che, relativamente alla stessa causa, siano proposti diversi procedimenti davanti allo stesso giudice (nel senso di ufficio giudiziario): ● Il 1° comma dispone che quel giudice ordini, anche d'ufficio, la riunione dei due o più procedimenti. ● Se il riscontro dell’identità della causa si riferisce a procedimenti che già pendono davanti allo stesso istruttore, il provvedimento di riunione verrà pronunciato da quest'ultimo (o eventualmente anche dall'organo decidente, se pendono innanzi a quest'organo), con la conseguente definizione in rito del procedimento introdotto per secondo. Ma, se i diversi procedimenti pendono davanti ad altro giudice istruttore della stessa o di altra sezione dello stesso tribunale, la riunione verrà disposta dal presidente. Perché ciò possa avvenire, l'art. 273, 2° comma , dispone che l'istruttore che ha notizia della suddetta contemporanea pendenza ne riferisce al presidente, il quale, sentite le parti, ordina la riunione, determinando la sezione o designando il giudice davanti al quale il procedimento deve proseguire → RIUNIONE OBBLIGATORIA. Non dissimile è la disciplina che il codice detta per l'ipotesi della connessione e della conseguente eventuale opportunità che le diverse cause connesse siano trattate nello stesso processo. La norma che si riferisce al caso delle cause connesse proposte davanti a giudici diversi, con le conseguenti eventuali deroghe della competenza (ossia l'art. 40) è collocata nel primo libro del codice, mentre la norma che, viceversa, si riferisce al caso delle cause connesse proposte davanti allo stesso giudice è l' art. 274 . ● 1° comma , enuncia la regola generale per cui il suddetto stesso giudice può disporre, anche d'ufficio, la riunione delle cause connesse che pendono davanti a lui. ● E anche qui: se le cause connesse pendono davanti allo stesso istruttore, la riunione può (quindi, non necessariamente) essere disposta da questo (o eventualmente anche dall'organo decidente); mentre se pendono davanti ad altro giudice istruttore della stessa o di altra sezione dello stesso tribunale (lo “stesso giudice” nel senso di stesso ufficio giudiziario), l'istruttore riferisce al presidente il quale, sentite le parti, ordina con decreto che le cause siano chiamate alla medesima udienza davanti allo stesso giudice o alla stessa sezione per i provvedimenti opportuni ( 2° comma ). → OPPORTUNITA’ DI RIUNIONE Per la medesima ragione che la connessione non impone la trattazione congiunta delle cause connesse, ma semplicemente ne suggerisce l'opportunità, può accadere che rispetto a cause connesse, iniziate congiuntamente secondo quanto previsto dagli artt. 103, 1° comma, e 104, 1° comma, o poi riunite, si venga in seguito rivelando che la loro trattazione congiunta è in realtà inopportuna. Per questa 62 La dichiarazione di contumacia deve avvenire a seguito della constatazione della mancata costituzione di una delle parti, gli artt. 290 e 291 dispongono che tale dichiarazione deve essere preceduta da altre verifiche e controlli. 1) Se la parte che dovrebbe essere dichiarata contumace è l' attore , il codice richiede che il convenuto dichiari esplicitamente di voler proseguire il processo stesso, mentre in caso contrario si verifica subito la cancellazione della causa dal ruolo e l'estinzione ( art. 290 ) 2) Se, invece, la parte che dovrebbe essere dichiarata contumace è il convenuto , e il giudice istruttore rileva un vizio che importi nullità nella notificazione della citazione , fissa all'attore un termine perentorio per rinnovarla , la rinnovazione impedisce ogni decadenza ( art. 291 ). ○ Se l'ordine di rinnovazione della citazione di cui al primo comma non è eseguito, il giudice ordina la cancellazione della causa dal ruolo e il processo si estingue a norma dell'art. 307, comma terzo. ○ Se il convenuto non si costituisce neppure anteriormente alla pronuncia del decreto di cui all'articolo 171-bis, secondo comma (nuova udienza a seguito delle verifiche preliminari), dunque si procede in contumacia (art. 171, comma 3). Notifica atti Art. 292 - Notificazione e comunicazione di atti al contumace: L'ordinanza che ammette l'interrogatorio o il giuramento, e le comparse contenenti domande nuove o riconvenzionali [36 c.p.c.] da chiunque proposte sono notificate personalmente al contumace nei termini che il giudice istruttore fissa con ordinanza ( 1° comma ). Questa particolare tutela è però limitata ai suddetti atti la cui elencazione è ritenuta tassativa. L'art. 292 aggiunge, infatti, che «le altre comparse si considerano comunicate con il deposito in cancelleria e con l'apposizione del visto del cancelliere sull'originale ( 2° comma ). Tutti gli altri atti non sono soggetti a notificazione o comunicazione ( 3° comma ). Le sentenze sono notificate alla parte personalmente» ( 4° comma ). Il codice si preoccupa di facilitare al contumace l'ingresso, sia pure tardivo, nel processo, consentendogli la costituzione tardiva “in ogni momento fino all'udienza di precisazione delle conclusioni” e ciò con deposito di una comparsa con la procura ed i documenti o con la comparizione in udienza ( art. 293 ). La riforma non ha coordinato le modifiche fra loro. Bisogna quindi, ragionevolmente, intendere questa frase in modo diverso, analogamente a quanto è avvenuto nei casi in cui, viceversa, il coordinamento c’è stato. Ad esempio, ciò si ritrova nell’art. 267 c.p.c., dove l’espressione “udienza di precisazione delle conclusioni” è stata sostituita con “udienza di rimessione della causa in decisione”. Quindi, di fatto l’art. 292 c.p.c. va letto come se ci fosse scritto “ udienza di rimessione della causa in decisione ” anziché “udienza di precisazione delle conclusioni”. Agevolazioni la più rilevante agevolazione che il codice offre al contumace che si costituisce tardivamente consiste in alcune importanti deroghe alla regola generale, secondo la quale chi entra tardivamente nel processo non può compiere atti che nel momento in cui entra sarebbero già preclusi. 65 1) dall' art. 115 , 1° comma, laddove precisa che la dispensa dal provare i fatti non contestati , che consegue alla “non contestazione” dei fatti allegati dalla controparte, opera solo con riguardo alla parte costituita , con la conseguente esclusione per il contumace. Esclusione che, dunque, permane fino a quando la parte rimanga contumace, ma che è destinata a venir meno (facendo riemergere l'onere di specifica contestazione dei fatti allegati dalla controparte) con la costituzione in giudizio. 2) In ogni caso il contumace che si costituisce può disconoscere , nella prima udienza o nel termine assegnatogli dal giudice istruttore, le scritture private contro di lui prodotte ( art. 293 , 3° comma) - sarebbe precluso per effetto dell'art. 215, n. 2 - ma ciò è in conformità alla salvezza prevista dall'art. 215 n. 1. 3) Una deroga più generale è prevista dall' art. 294 attraverso la c.d. rimessione in termini , istituto la cui applicazione il 2° comma dell'art. 153 estende anche al di fuori del processo contumaciale (quando la parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile) e che qui si concreta in un provvedimento che il giudice può pronunciare con ordinanza a richiesta del contumace che si costituisce, e col quale può ammettere quest'ultimo a compiere attività che gli sarebbero precluse; ciò in quanto il contumace dimostri di non aver potuto partecipare tempestivamente al processo il fatto che la nullità della citazione o della sua notificazione gli ha impedito di avere conoscenza del processo oppure perché la costituzione tempestiva gli è stata impedita da causa a lui non imputabile. a) Tutto ciò è possibile anche senza il consenso dell'altra parte ed anche se la rimessione in termini produce ritardo nella rimessione in decisione della causa. b) Se, invece, il contumace che si costituisce tardivamente non chiede o non ottiene la rimessione in termini, non può che accettare il processo nello stato in cui si trova, con la conseguenza che non può compiere attività già precluse alle altre parti. 4) Gli effetti della dichiarazione di contumacia sono limitati al grado nel quale la situazione si verifica, e nel quale va inclusa anche la facoltà di proporre impugnazione anche dopo la scadenza del termine di cui all'art. 327, in presenza dei requisiti di cui al 2° comma di detta norma (la parte dimostra di non aver avuto conoscenza del processo per nullità della citazione o della notificazione di essa, e per nullità della notificazione degli atti di cui all'articolo 292). SOSPENSIONE DEL PROCESSO Il fenomeno della sospensione del processo consiste in un arresto dell'iter processuale a causa di un determinato evento e fino alla cessazione di quell'evento. 66 Questo fenomeno è configurato dal codice in occasione della disciplina di diversi istituti, con la disciplina di una serie di ipotesi specifiche, che abbiamo già visto: ● Regolamento di giurisdizione ● Regolamento necessario e facoltativo di competenza ● Ricusazione ● Art. 337, 2° comma (*) Inoltre, e con portata generale, ma non riassuntiva delle suddette ipotesi più specifiche che perciò restano disciplinate autonomamente,il codice disciplina la sospensione come vicenda anormale del processo, agli artt. 295 e ss. In quest'ipotesi più generale, l'arresto nel quale si sostanzia la sospensione non si verifica automaticamente , ma a seguito di un provvedimento del giudice solo nei gradi di merito (e perciò esclusa la cassazione) e non più dopo la precisazione delle conclusioni. 1. La sospensione è volontaria se consegue all' istanza concorde delle parti e può essere disposta dal giudice ( art. 296 ): ○ per un periodo non superiore a 3 mesi ○ può avvenire per una sola volta ○ a condizione che sussistano giustificati motivi. ○ la ripresa avviene con le modalità di cui art. 297 2. La sospensione è necessaria se consegue al rapporto di pregiudizialità per il quale la decisione della causa in corso va sospesa quando dipende (vincolo di consequenzialità) dalla soluzione di altra controversia già pendente da decidersi dallo stesso o da altro ufficio giudiziario ( art. 295 ). ○ La dipendenza dalle decisioni del giudice penale può dar luogo a sospensione solo quando sia previsto da specifiche disposizioni, espressamente o implicitamente. ○ Invece, nei casi di dipendenza dalle decisioni di altri giudici civili, degli arbitri, dei giudici amministrativi e di quelli comunitari, è sufficiente la stessa disposizione generale dell'art. 295, sempre che l'azione esercitata davanti al giudice civile non sia esercitata anche nei confronti di altri soggetti, e sempre che nel giudizio pregiudicato non emerga una questione pregiudiziale idonea alla sua definizione in rito. ○ In tutti questi casi, dunque, «il giudice dispone che il processo sia sospeso», senza prevedere alcuna valutazione di opportunità, ma solo previo esame della questione relativa al rapporto di pregiudizialità. Quando la questione pregiudicante appartiene alla cognizione del giudice civile, la sospensione può essere evitata quando è possibile la pronuncia incidenter tantum (art. 34), nonché quando è possibile la riunione delle cause. Non può, invece, essere evitata quando, da un lato, la legge o la richiesta di una delle parti rende necessaria la pronuncia con efficacia di giudicato sulla questione pregiudiziale di merito, che appartenga alla competenza di altro giudice (art. 34), mentre, dall'altro lato, neppure la riunione è possibile, perché, ad es., la questione pregiudicante e quella pregiudicata appartengono alla competenza inderogabile di uffici giudiziari diversi. E dunque, soltanto in queste ipotesi verrebbe a determinarsi quel pericolo di contrasto tra giudicati , che costituisce la ragione d'essere dell'istituto della sospensione necessaria . Per aversi contrasto di giudicati, occorre un rapporto di antecedenza non solo logica ma anche giuridica necessaria dell'uno rispetto all'altro, nel senso che l'uno sia logicamente e giuridicamente incompatibile con l'altro . ○ Ugualmente la sospensione è inevitabile quando il diverso stato della controversia pregiudicante e di quella pregiudicata impedisce - secondo il disposto dell'art. 40, 2° 67 INTERRUZIONE DEL PROCESSO Il fenomeno dell'interruzione, considerato per se stesso, non è diverso da quello della sospensione. Anch'esso consiste nell'arresto dell'iter processuale a causa di un determinato evento. Ed infatti, l' art. 304 , nel disciplinare gli effetti dell'interruzione, si limita a compiere un richiamo all'art. 298. Sono invece diverse le cause dell'interruzione, ossia gli eventi che danno luogo ad essa, perché è diversa la funzione dell'istituto. Gli eventi che danno luogo all'interruzione sono fatti che come es., la morte di una parte o la perdita della sua capacità, compromettono l'effettività del contraddittorio in ogni fase del giudizio di merito, con l'esclusione del giudizio in cassazione nel quale opera l'impulso d'ufficio. Per evitare il turbamento dell'uguaglianza delle possibilità difensive delle parti a tutto danno della parte che subisce l'evento (o dei suoi successori), il codice, attraverso l'istituto in esame, blocca il processo, congelandolo in una totale stasi destinata a durare fino a quando, per iniziativa dell'una o dell'altra parte, non sia ristabilita l'effettività del contraddittorio; e comunque non oltre un periodo di tre mesi, il cui eventuale decorso senza la restaurazione del contraddittorio darebbe luogo all'estinzione. Gli eventi che danno luogo all'interruzione del processo o eventi interruttivi sono elencati nell' art. 299 e sono: 1) La morte della parte e gli eventi ad essa assimilabili (per la persona giuridica), e la morte presunta o la sua assenza. Ci occupammo di quest'evento come causa del fenomeno della successione nel processo (art. 110), osservammo che questo fenomeno dà luogo al subingresso del successore nelle situazioni giuridiche processuali, così come in ogni altro diritto del defunto; ma precisammo che la successione nel processo non è un automatico inserimento del successore nel processo stesso, poiché ciò avrebbe pregiudicato il successore. 2) La perdita della capacità processuale della parte (legittimazione processuale), per effetto dell'interdizione, dell'inabilitazione, della dichiarazione di assenza. 3) La morte o la perdita della capacità processuale del rappresentante legale della parte. 4) La cessazione della rappresentanza legale, con la conseguente perdita della legittimazione processuale del rappresentante (ad es., perché il minore ha raggiunto 18 anni). Non è causa di interruzione la cessazione della rappresentanza volontaria. Altri eventi interruttivi sono nell' art. 301 in quanto concernono non la parte, ma il suo difensore e cioè la morte, la radiazione o la sospensione dell'avvocato stesso, e - secondo la Cassazione - anche la cancellazione volontaria del difensore dall'albo Non hanno, invece, effetto interruttivo né la revoca della procura né la rinuncia alla stessa che non hanno effetto nei confronti dell'altra parte finchè non sia avvenuta la sostituzione del difensore. Disciplina Il codice disciplina in maniera diversa il modo col quale l'interruzione del processo consegue all'evento interruttivo. La suddetta differenza di disciplina concerne soltanto i casi in cui l'evento interruttivo colpisca la parte personalmente: 1) se tale evento si verifica prima che la parte colpita dall'evento si sia costituita , ed in quanto non sia scaduto il termine di costituzione l'interruzione si verifica immediatamente , come conseguenza automatica dell'evento, salvo che si verifichi la costituzione spontanea o la citazione in riassunzione di coloro ai quali spetta proseguire il processo ( art. 299 ). 70 2) se tale evento si verifica dopo che la parte che subisce l'evento si sia costituita in giudizio a mezzo del difensore, condiziona l'interruzione al fatto che egli dichiari in udienza l'evento interruttivo o lo notifichi alle parti ( art. 300 ). Dal momento di tale dichiarazione o notificazione il processo è interrotto, salvo che avvenga la costituzione volontaria o la riassunzione a norma dell'articolo precedente. Se il difensore non lo compie il processo prosegue nei confronti della parte che ha subito l'evento, fosse anche defunta, mentre il difensore assume su di sé la responsabilità (solo sul piano sostanziale e rispetto ai successori della parte) conseguente alla mancata interruzione; come se la parte defunta è da considerarsi “processualmente ancora in vita” (ultrattività del mandato al difensore). ○ nel caso in cui la parte si sia costituita in giudizio non a mezzo di difensore, ma personalmente (art. 86), manca il diaframma del difensore e perciò il processo si interrompe al momento dell'evento (3° comma). 3) Qualora l'evento interruttivo si verifichi o sia notificato dopo la chiusura della discussione davanti all'organo decidente (o, nel caso che non sia stata chiesta la discussione, dopo la rimessione in decisione), non dovrebbe produrre effetto, se non nel caso di riapertura dell'istruzione. 4) Se, invece, si verifica durante la decorrenza del termine per impugnare , tale termine - art. 328- resta interrotto. 5) Se l'evento interruttivo colpisce una delle parti in cause scindibili cumulate per litisconsorzio facoltativo , l'interruzione deve avvenire solo con riguardo al procedimento di cui è parte il soggetto colpito dall'evento, senza che sia necessaria la separazione (neppure implicita) delle cause riguardanti gli altri soggetti. 6) Nei casi in cui l'evento interruttivo colpisce il difensore , è sempre esclusa la fase di cassazione, l'interruzione avviene automaticamente come nei casi di cui all'art. 299 e con le stesse modalità, salva la facoltà della parte rappresentata di nominare un altro difensore. Se il processo dovesse proseguire, nonostante l'evento interruttivo abbia colpito l'unico difensore costituito, tutti gli atti sono nulli e il relativo vizio può essere fatto valere in sede di impugnazione della sentenza, altrimenti rimane ovviamente sanato. Prosecuzione del processo Prosecuzione del processo con la conseguente fine dell’interruzione. Si verifica per effetto della ricostituzione dell'effettività del contraddittorio, che a sua volta si verifica attraverso una delle due eventualità che potrebbero evitare l'interruzione: 1) La costituzione spontanea , l' art. 302 dispone che la costituzione può avvenire all'udienza o a norma dell'art. 166 ovviamente provando la qualità di successore. Se non è fissata alcuna udienza, la parte può chiedere con ricorso al giudice istruttore o, in mancanza, al presidente del tribunale la fissazione dell'udienza. Il ricorso e il decreto sono notificati alle altre parti a cura dell'istante. 2) La citazione in riassunzione di coloro ai quali spetta di proseguire il processo, l’ art. 303 prevede la richiesta di fissazione dell'udienza a cura dell'altra parte e la notifica del ricorso (con in calce il decreto) a coloro che debbono costituirsi per proseguire il processo. a) In caso di morte della parte, il ricorso deve contenere gli estremi della domanda, e la notificazione, entro un anno dalla morte, può essere fatta collettivamente e impersonalmente agli eredi, nell'ultimo domicilio del defunto. In quest'ipotesi, basta la notificazione in una sola copia ad uno qualsiasi degli eredi o a persona convivente 71 col defunto nell'ultimo suo domicilio, mentre tutti gli eredi in quanto tali, noti o ignoti, costituiti o non costituiti, acquistano individualmente la qualità di parte. b) Ma all'infuori di questa ipotesi, la parte che riassume ha l'onere di provare la legittimazione processuale degli eredi, che sono tutti litisconsorti necessari. Se la parte che ha ricevuto la notificazione non si costituisce e non compare all'udienza fissata, si procede in sua contumacia. Anche nel caso dell'interruzione - come in quello della sospensione - la prosecuzione del processo o la sua riassunzione deve avvenire col deposito del ricorso nel termine di tre mesi dall'interruzione (così l' art. 305 ), a pena di estinzione del processo. 72 Dichiarazione dell'estinzione L'estinzione - art. 307, 4° comma - opera di diritto ed è dichiarata, anche d'ufficio, con ordinanza del giudice istruttore ovvero con sentenza del collegio». Questo significa che la fine anticipata del processo si verifica immediatamente come conseguenza del perfezionamento della fattispecie estintiva, ma deve essere dichiarata dal giudice , anche d'ufficio. Si tratta di un provvedimento dichiarativo, che si limita a dare atto a posteriori di un fenomeno che si è già verificato ed i cui effetti si sono già prodotti. Se si tratta di cause in cui il tribunale giudica in composizione collegiale ed il provvedimento è una sentenza del collegio, questo è assoggettato al normale regime di impugnazioni; mentre, se è pronunciato dall'istruttore con ordinanza, l' art. 308 prevede la possibilità della sua impugnazione con reclamo al collegio, nei modi di cui all'art. 178, commi 3°, 4° e 5°. In questo caso, il collegio pronuncia sentenza, a sua volta appellabile. Anche nei casi in cui il tribunale giudica in composizione monocratica (inclusi quelli in cui l'estinzione è dichiarata dal giudice di pace), la pronuncia sull'estinzione dovrebbe avere la forma della sentenza. Il termine (perentorio) per la proposizione del reclamo è di dieci giorni e decorre dalla pronuncia dell'ordinanza, se avvenuta in udienza, o, nel caso contrario, dalla comunicazione dell'ordinanza medesima ad opera della cancelleria; la proposizione può avvenire in udienza con semplice dichiarazione raccolta nel verbale oppure con ricorso al giudice istruttore. Il collegio si pronuncia in camera di consiglio con sentenza definitiva se respinge il reclamo (aprendo alla possibilità del normale rimedio dell'appello); mentre, se accoglie il reclamo, pronuncia ordinanza non impugnabile , con la quale dispone la prosecuzione davanti al giudice istruttore. Effetti dell'estinzione L’ art. 310, 1° comma afferma che “l’estinzione non estingue l'azione”. Questo significa che non soltanto il diritto sostanziale che costituiva l'oggetto del processo estinto rimane integro, ossia non pregiudicato dall'estinzione, ma significa anche che - salvo naturalmente il sopravvenire della prescrizione o della decadenza, - l'azione per far valere quel diritto può essere riproposta con l'introduzione di un altro processo. L'estinzione del procedimento d'appello o di revocazione nei casi previsti nei numeri 4 e 5 dell'articolo 395 fa passare in giudicato la sentenza impugnata, salvo che ne siano stati modificati gli effetti con provvedimenti pronunciati nel procedimento estinto ( art. 338 ). Dall'altro lato, l' art. 310, 2° comma , dopo aver enunciato che «l'estinzione rende inefficaci gli atti compiuti...», prosegue dicendo «... ma non le sentenze di merito pronunciate nel corso del processo...» e cioè - oltre alle sentenze definitive di merito di primo grado, se l'estinzione si è verificata in appello (art. 338) - le sentenze non definitive di merito pronunciate nel corso del giudizio di primo grado, ai sensi degli artt. 277, 2° comma, 278, 2° comma, 279, 2° comma, n. 4. Rispetto alle quali sentenze, se è stata fatta riserva per proporre l'appello insieme con la sentenza definitiva, l'impossibilità della pronuncia di quest'ultima come conseguenza dell'estinzione fa senz'altro decorrere il termine per proporre l'appello dal momento in cui diviene irrevocabile l'ordinanza o passa in giudicato la sentenza che pronuncia l'estinzione (art. 129, 3° comma, disp. att.). La medesima proposizione normativa (art. 310, 2° comma) prosegue facendo salva l'efficacia anche delle «... pronunce che regolano la competenza...». Analogo ragionamento con riguardo alle pronunce sulla giurisdizione della stessa Cassazione, stante la loro efficacia «panprocessuale». 75 Anche le prove raccolte, come tutti gli atti del processo estinto, perdono efficacia. Tuttavia - ed ancora per l'economia processuale, l' art. 310, 3° comma stabilisce che le prove raccolte sono valutate dal giudice (si intende: di un eventuale nuovo giudizio) a norma dell'art. 116, 2° comma, e dunque come argomenti di prova, in caso di instaurazione di un successivo giudizio fra le stesse parti e con il medesimo oggetto. Il 4° comma dell' art. 310 si riferisce alle spese del processo estinto, stabilendo che esse restano a carico delle parti che le hanno anticipate; salvi, s'intende, diversi accordi tra le parti. Cessazione della materia del contendere Fenomeno diverso dall'estinzione è la cessazione della materia del contendere, non è che il riflesso processuale del mutamento della situazione sostanziale, quando questa dà luogo al venir meno della ragion d'es- sere del giudizio, vuoi per ragioni obbiettive (ad es., la morte di un coniuge in un giudizio di separazione personale o di divorzio), vuoi per ragioni sub- biettive (es., il riconoscimento concorde di tutte le parti, la transazione e/o la rinuncia all'azione o alla pretesa. Tale mutamento potrebbe costituire una delle possibili ragioni sostanziali che stanno a monte dell'estinzione sia per rinuncia che per inattività delle parti. In mancanza, l'eventuale prosecuzione del giudizio di solito fonda una pronuncia dichiarativa della cessazione della materia del contendere. Rimane, d'altra parte, aperto il problema se la pronuncia in discorso abbia portata sostanziale oppure meramente processuale, con la conseguente possibilità di riproposizione della domanda. In realtà, se la tesi della natura processuale della pronuncia può essere la più corretta spiegazione del fenomeno nei casi in cui l'evento sopravvenuto abbia natura esclusivamente processuale (come, ad es., morte del coniuge nel processo di separazione), nei casi in cui l'evento sopravvenuto investa direttamente il rapporto sostanziale (ad es., rinuncia o riconoscimento della pretesa), non si può negare la natura sostanziale della pronuncia di cessazione della materia del contendere e la sua idoneità al giudicato sostanziale. 76 LE PROVE NEL PROCESSO CIVILE Le prove sono strumenti processuali per mezzo dei quali il giudice forma il suo convincimento circa la verità o la non verità dei fatti affermati (allegati) dall’una o dall’altra parte (c.d. giudizio di fatto). PRINCIPI GENERALI: 1. PRINCIPIO DISPOSITIVO 2. PRINCIPIO DELL’ONERE DELLA PROVA 3. PRINCIPIO DELLA LIBERA VALUTAZIONE DELLE PROVE DA PARTE DEL GIUDICE 4. PRINCIPIO DI ACQUISIZIONE DELLA PROVA 1. PRINCIPIO DISPOSITIVO (art. 115 co. 1 c.p.c.) “1. Salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero, nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita. 2. Il giudice può tuttavia, senza bisogno di prova, porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza.” Vincolo per il giudice: Il giudice è vincolato (oltre che ai fatti allegati dalle parti) alle offerte di prove compiute dalle parti . Onere probatorio per le parti: Potere allegativo → onere della prova Come si distribuisce? PRINCIPIO DELL’ONERE DELLA PROVA 2. PRINCIPIO DELL’ONERE DELLA PROVA (art. 2697 c.c.) “Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Chi eccepisce l'inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l'eccezione si fonda” “onus probandi incumbit ei qui dicit” SI RIVOLGE ALLE PARTI: distribuisce l’onere probatorio ○ Comma 1: attore (fatti costitutivi) ○ Comma 2: convenuto (fatti estintivi, modificativi, impeditivi) AL GIUDICE (art. 112 c.p.c.): regola di giudizio – rende possibile la decisione anche in assenza di sufficienti prove dei fatti, evitando pronunce di non liquet ○ Se il soggetto che ha allegato i fatti costituivi del diritto fatto valere con la domanda non ha fornito la prova di quei fatti (o, pur fornendola, non ha convinto il giudice): rigetto della domanda ○ Se il soggetto che ha allegato, a fondamento dell’eccezione, fatti estintivi, modificativi o impeditivi del diritto, non ha fornito la prova di quei fatti: rigetto dell’eccezione Regola di giudizio che avvantaggia il convenuto ECCEZIONI ALLA REGOLA DELLA RIPARTIZIONE DELL’ONERE PROBATORIO 77 Art. 2728 co. 2 c.c. “Contro le presunzioni sul fondamento delle quali la legge dichiara nulli certi atti o non ammette l’azione in giudizio non può essere data prova contraria, salvo che questa sia consentita dalla legge stessa”. Es. art. 599 c.c. (disposizioni testamentarie a favore di notaio) RELATIVAMENTE VINCIBILI: Quelle contro cui è ammessa prova contraria. Art. 2728 co. 2 c.c. “…salvo che questa (prova contraria) sia consentita dalla legge stessa” MA possono essere vinte: - Solo con certi tipi di prova Es. prescrizioni presuntive: art. 2960 c.c. delazione del giuramento decisorio per vincere la presunzione del legislatore di estinzione del debito - Con tutti i mezzi di prova, ma solo proponendo un’apposita domanda Es. presunzione di paternità: superabile solo attraverso azione di disconoscimento di paternità ex art. 243-bis c.c. (all’interno del giudizio è ammissibile qualunque tipo di prova) VINCIBILI Art. 2728 co. 1 c.c. Operano una diversa ripartizione (inversione) dell’onere probatorio, attraverso due modalità: - Collocando un elemento della fattispecie costitutiva del diritto nell’area delle eccezioni (quindi un elemento del fatto deve essere provato - ma in chiave opposta - dalla controparte) Es. art. 2054 c.c.: la fattispecie costitutiva del diritto al risarcimento del danno cagionato dallo scontro di veicoli (resp. extracontr. art. 2043 c.c.) è composta solo dal FATTO e dal DANNO, mentre l’elemento psicologico viene spostato nell’area delle eccezioni, per cui sarà il convenuto a dover provare (con ogni mezzo di prova) l’ASSENZA DI COLPA, per sottrarsi all’obbligo risarcitorio - Esonerando la parte dal fornire la prova di un determinato fatto Es. art. 1142 c.c. presunzione di possesso intermedio (vincibile dalla controparte con ogni mezzo di prova) ● P. di fonte GIUDIZIALE (P. SEMPLICI) : fondano la prova, sono un mezzo di prova dei fatti. Art. 2729 c.c. “Le presunzioni non stabilite dalla legge sono lasciate alla prudenza del giudice (art. 116 c.p.c.), il quale non deve ammettere che presunzioni gravi, precise e concordanti”. Il ponte logico che il giudice istituisce tra il fatto provato, ma di per sé irrilevante, e il fatto non provato, ma rilevante. L’epilogo del procedimento logico determina una prova. Diversamente dalle presunzioni legali (che operano come eccezioni alla regola dell’onere della prova), le presunzioni semplici (cioè le presunzioni di fonte giudiziale) fondano la prova, sono un mezzo di prova dei fatti (solitamente degli elementi psicologici) LIMITI DI AMMISSIBILITA’: gli stessi della prova testimoniale * Le massime di esperienza, cioè regole predittive che consentono di prevedere gli sviluppi futuri di un certo fatto. 80 3. PRINCIPIO DELLA LIBERA VALUTAZIONE DELLE PROVE DA PARTE DEL GIUDICE (art. 116 c.p.c.) Fermo il vincolo (assoluto) a conoscere dei soli fatti allegati dalle parti ed il vincolo (attenuato) di servirsi, nel riscontrare la verità di quei fatti, delle sole prove offerte dalle parti, il giudice è libero o vincolato nell’apprezzare e valutare l’esito delle prove? REGOLA : prudente apprezzamento, libera valutazione del risultato probatorio (prove liberamente valutabili). ECCEZIONE : casi previsti dalla legge di valutazione vincolata, compiuta a priori dalla legge (prove legali); il giudice è vincolato al risultato probatorio, deve prenderne atto. Ne deriva un criterio discretivo della differenza di efficacia tra diversi mezzi di prova. Art. 116 co. 2 c.p.c. L’argomento di prova secondo l’opinione maggioritaria, è un elemento di valutazione di altre prove, quindi non può costituire l’unico fondamento per il giudizio di fatto. Semplice supporto a risultanze probatorie. Probatio inferior rispetto a prove libere e prove legali (minore intensità di efficacia probatoria) Desumibile da: ● risposte delle parti nell’interrogatorio libero ex art. 117 c.p.c.; ● rifiuto ingiustificato ad ispezioni ex art. 118 c.p.c.; ● contegno processuale delle parti; ● inottemperanza ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c.; 4. PRINCIPIO DI ACQUISIZIONE DELLA PROVA Un elemento probatorio, una volta introdotto nel processo, appartiene al processo, cioè è definitivamente acquisito alla causa e non può più esserle sottratto (Cass. S.U. sent. 23.12.2005 n. 28498). INDISPONIBILITA’ DELLA PROVA FORNITA AL GIUDICE (anche dalla parte che ne ha chiesto l’ammissione). In virtù di tale principio: 1) impossibilità per la parte di disporre degli effetti e delle conseguenze delle prove che, una volta assunte, possono giovarle o nuocerle; 2) le risultanze istruttorie, comunque ottenute e quale che sia la parte ad iniziativa o ad istanza della quale si siano formate, concorrono tutte alla formazione del convincimento del giudice Esplicazione del principio: - Art. 245 co. 2 c.p.c. rinuncia all’audizione dei propri testimoni - Art. 104 Disp. Att. C.p.c. - Mancata intimazione ai testimoni LE PROVE PRECOSTITUITE Si formano fuori e, solitamente, prima del processo. Entrano attraverso la produzione – cartacea o telematica – (in mancanza di spontanea produzione, attraverso esibizione ex art. 210 c.p.c.), ossia con l’inclusione nel fascicolo di parte. 81 NON NECESSITANO DI ATTIVITA’ ISTRUTTORIA Sono prove precostituite le PROVE DOCUMENTALI 1. DOCUMENTO: oggetto materiale idoneo a rappresentare o a dare conoscenza di un fatto. Il documento più frequente è lo scritto. Il documento scritto rileva: - per il suo contenuto intrinseco , narrativo o dichiarativo - per la sua provenienza ( estrinseco ), che risulta dalla sottoscrizione, con la quale si fa proprio il contenuto dell’atto EFFICACIA PROBATORIA DI SMS, E-MAIL, CHAT WHATSAPP Cass. Civ., sez. I, ord. 13 giugno – 17 luglio 2019, n. 19155 Richiama Cass. 5141/2019 che aveva affermato che "lo "short message service" ("SMS") contiene la rappresentazione di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti ed è riconducibile nell’ambito dell’art. 2712 c.c., con la conseguenza che forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non ne contesti la conformità ai fatti o alle cose medesime. Tuttavia, l’eventuale disconoscimento di tale conformità non ha gli stessi effetti di quello della scrittura privata previsto dall’art. 215 c.p.c., comma 2, poiché, mentre, nel secondo caso, in mancanza di richiesta di verificazione e di esito positivo della stessa, la scrittura non può essere utilizzata, nel primo non può escludersi che il giudice possa accertare la rispondenza all’originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni" (nella specie, veniva in questione il disconoscimento della conformità ad alcuni SMS della trascrizione del loro contenuto). Richiama anche Cass. 11606/2018 che, in tema di efficacia probatoria dei documenti informatici, aveva precisato che "il messaggio di posta elettronica (cd. e-mail) costituisce un documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti che, seppure privo di firma, rientra tra le riproduzioni informatiche e le rappresentazioni meccaniche di cui all’art. 2712 c.c. e, pertanto, forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime". Cass. n. 19155/2019 , dopo aver richiamato i precedenti, aggiunge che “il disconoscimento idoneo a fare perdere ad esse (riproduzioni informatiche) la qualità di prova, pur non soggetto ai limiti e alle modalità di cui all’art. 214 c.p.c., deve tuttavia essere chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendosi concretizzare nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta, anche se non ha gli stessi effetti del disconoscimento previsto dall’art. 215 c.p.c., comma 2, perché mentre questo, in mancanza di richiesta di verificazione e di esito positivo di questa, preclude l’utilizzazione della scrittura, il primo non impedisce che il giudice possa accertare la conformità all’originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni”. 82 PROVE COSTITUENDE Le fonti della disciplina Le norme relative alle prove sono contenute nel codice civile e nel codice di rito. Il codice civile (artt. 2697 ss.) contiene le disposizioni relative ai profili di ammissibilità ed efficacia dei mezzi di prova. Il codice di rito contiene norme di carattere generale circa l’assunzione dei mezzi di prova (artt. 202-209); norme sull’esibizione delle prove (210-213); norme sulla contestazione di prove documentali (214-227); norme sulle modalità di assunzione delle singole prove. I mezzi di prova: I principali mezzi di prova in senso stretto previsti e disciplinati nel nostro ordinamento (sia nel cod. civ., sia nel cod. proc. civ.) sono: 1. la prova documentale (che fa parte delle prove c.d. “precostituite”) 2. la testimonianza; 3. la confessione; 4. il giuramento; 5. l’ispezione. Invero, prima di vedere la disciplina dei singoli mezzi di prova, occorre spendere qualche parola su due istituti che potremmo definire mezzi istruttori in senso lato, poiché, in linea di massima, non espletano direttamente la funzione di accertamento dei fatti. Essi sono l’interrogatorio libero e la consulenza tecnica. Interrogatorio libero: Dev’essere distinto dall’interrogatorio formale, che costituisce per così dire l’occasione per stimolare, previa istanza di parte, la confessione della parte. Le norme di riferimento in tema di interrogatorio libero sono gli artt. 117, 116, e 185 c.p.c. Art. 117 : il giudice in qualunque stato e grado del processo può ordinare la comparizione personale delle parti per interrogarle, nel loro contraddittorio, sui fatti di causa. Esse possono farsi assistere dai difensori. Art. 185 (a cui rinvia anche l’art. 183): in occasione della prima udienza il giudice può fissarne un’altra in cui procedere all’interrogatorio libero delle parti (anche le parti possono chiedere tale fissazione congiuntamente, al fine di essere interrogate liberamente e di tentare la conciliazione). Art. 116, comma 2 : il giudice può desumere argomenti di prova dalle risposte che le parti gli danno a norma dell’art. 117(...). Pertanto le risposte date dalle parti in sede d’interrogatorio libero sono valutabili semplicemente come argomenti di prova. Allora esso non svolge una funzione strettamente istruttoria (potendo servire, al più, a confermare/ completare le risultanze prodotte da mezzi in senso proprio), bensì di trattazione, in quanto conduce a meglio precisare la posizione delle parti. Si tratta comunque di una funzione d’integrazione degli elementi propri della fase di trattazione. La consulenza tecnica: La figura del consulente può essere analizzata dal punto di vista statico, e quindi come soggetto ausiliario del giudice (e a tal fine basta leggere le norme di cui agli artt. 61-64 c.p.c.), oppure dal punto di vista dinamico, ossia guardando all’attività̀ che è chiamato a svolgere nel processo. 85 A noi interessa questo secondo profilo, rispetto al quale le norme da considerare sono gli artt. 191 ss. c.p.c. La CTU c.d. “deducente”: La funzione per così̀ dire istituzionale della consulenza tecnica è quella di valutare fatti già accertati mediante i vari mezzi di prova (consulenza c.d. deducente). In questo caso, dunque, integra la cognizione del giudice e ne agevola il giudizio, laddove, pur a fronte di un accertamento già effettuato, sia necessario compiere una valutazione dei fatti che richiede il possesso di conoscenze tecnico-scientifiche. Esempio: accertato un danno a un bene, il consulente procede a quantificarlo, oppure ne riscontra il nesso di causa con un certo evento. La CTU come mezzo di prova: Il nostro ordinamento riconosce anche una forma di consulenza nella quale l’esperto non si limita a valutare fatti già accertati, ma egli stesso procede all’accertamento. Questa è la c.d. consulenza percipiente (cfr. Cass. 9522/96). Esempio: anzichè valutare semplicemente l’entità delle lesioni, il CTU ne accerta prima l’esistenza. Al CTU è conferito incarico di accertare fatti non altrimenti accertabili, se non con l’impegno di tecniche o conoscenza particolari. Il fondamento normativo è l’art. 198 c.p.c. La ratio della norma può essere estesa ad altre ipotesi, e la giurisprudenza concepisce la figura generale del consulente percipiente. In sostanza qui la funzione istruttoria della CTU si spiega perché consente di evitare un’attività che potrebbe appesantire il processo, poichè il CTU procedè fuori udienza, in una dimensione temporale per così dire più elastica, non dovendo sottostare ai ritmi scanditi dalle udienze. Ciò è utile soprattutto con riferimento a fatti la cui acquisizione richiede operazioni complesse. Rimane comunque fermo l’onere della prova in capo all’allegante. Regole processuali: Nel caso in cui per l’accertamento e/o la valutazione di fatti risultino necessarie conoscenze tecnico- scientifiche il giudice, quantunque ne sia provvisto per ragioni personali, deve nominare un consulente tecnico, poiché l’attività peritale deve svolgersi nel rispetto del principio del contraddittorio. Il CTU integra la cognizione del giudice, ma deve essere integrata anche la cognizione delle parti: ecco che l’art. 201 c.p.c. consente a ciascuna di esse di nominare un consulente di parte, che affiancherà il CTU in tutte le operazioni peritali, anche per riscontrarne/valutarne le risultanze. La regola generale è che il giudice non è tenuto ad un’automatica adesione a quanto rilevato dal CTU; tuttavia il discostamento deve essere adeguatamente motivato, nel senso che il giudice deve illustrare le ragioni per le quali ritiene le risultanze peritali non convincenti (Cass. 14849/04). In quest’ottica ben si comprende l’utilità dell’apporto dei consulenti di parte, i quali con le loro conclusioni possono risultare più convincenti. I consulenti di parte affiancano il CTU in tutte le indagini e anche in sede di udienza o di camera di consiglio quando vi interviene il CTU. Ammissione ed espletamento dell’incarico: La CTU si rende necessaria quando occorre valutare e/o anche accertare elementi di fatto con l’ausilio di conoscenze tecniche; le parti sono onerate di allegare i fatti a fondamento delle loro rispettive pretese e di richiedere le prove finalizzare al loro accertamento; dunque non può essere disposta la 86 CTU quando la si voglia in concreto utilizzare per supplire alle omissioni delle parti in punto di allegazioni o di richieste di prove (c.d. consulenza esplorativa). La CTU è ammissibile d’ufficio. Se richiesta dalla parte il giudice può rigettare l’istanza, ma deve motivare tale rifiuto (Cass. n. 2668/2018). La nomina del CTU è effettuata con ordinanza, con la quale viene altresì fissata un’udienza per la formulazione del quesito tecnico (che invero può essere contenuto anche nell’ordinanza), la prestazione del giuramento e l’eventuale nomina dei consulenti di parte. In tale udienza è altresì fissato: il termine entro il quale il CTU deve trasmettere la relazione alle parti; il termine entro il quale le parti devono inviare al CTU le proprie osservazioni; il termine per il deposito della relazione peritale accompagnato dalle osservazioni di parte e da una sintetica valutazione delle stesse. Per il resto cfr. artt. 191 ss. c.p.c. LA TESTIMONIANZA Consiste nella dichiarazione di scienza fatta da un soggetto che è terzo rispetto alle parti in causa; viene resa oralmente, nel contraddittorio delle parti, e trascritta nel verbale. Si tratta di una prova liberamente valutabile e il giudice al momento dell’assunzione di essa deve acquisire gli elementi per poterne valutare l’attendibilità; a tal fine contribuiscono l’oralità e il contraddittorio. I limiti : La possibilità di provare certi fatti per testimoni incontra alcuni limiti: da un lato vi sono i limiti oggettivi di ammissibilità della prova, dall’altro i limiti soggettivi, nel senso che è preclusa ad alcuni soggetti la possibilità di rendere testimonianza. La disciplina, anche qui, è distribuita tra codice civile (limiti oggettivi) e codice di rito (limiti soggettivi). Limiti oggettivi di ammissibilità: Gli artt. 2721-2726 c.c. contengono la disciplina ‘sostanziale’ della testimonianza, concentrata prevalentemente sui limiti alla prova testimoniale dei contratti. Tale disciplina si applica anche alla prova del pagamento e della remissione di debito. La ratio dei limiti che adesso vedremo si fonda sulla maggiore attendibilità della prova documentale, che le parti sono in grado di predisporre. 1) Art. 2721 c.c. (primo limite) Il primo limite che troviamo concerne il valore del contratto: non è ammessa prova per testimoni quando l’oggetto del contratto supera 2,58 €; quella sorta di onere delle parti di procurarsi la documentazione del negozio può valere solo oltre certi livelli. Si spiega così̀ anche la possibilità per il giudice di superare il divieto tenendo conto della qualità delle parti, della natura del contratto e di altre circostanze (c. 2). Proprio la possibilità di superare il divieto ex comma 2, ha fatto sì che il limite delle 5.000 £ (ora, 2,58 €) non venisse mai aggiornato. Infatti i criteri grazie ai quali il giudice può ammettere la prova testimoniale oltre il limite di valore gli consentono di tener conto più realisticamente del dato concreto: in certe realtà è consuetudine stipulare oralmente contratti anche oltre il valore previsto, in altre la stipulazione scritta vale anche per valori scarsi. La ratio delle norme si rinviene nel fatto che la documentazione scritta è più affidabile della prova per testimoni. 2) Patti aggiunti o contrari 87 Se il testimone regolarmente intimato non si presenta il giudice può ordinare una nuova intimazione oppure disporne l’accompagnamento all’udienza stessa o ad altra. Con la stessa ordinanza, in caso di assenza ingiustificata, può condannarlo ad una pena pecuniara tra 100 e 1000 Euro; in caso di ulteriore assenza ingiustificata, la condanna è tra 200 e 1000 Euro (art. 255). Rifiuto di deporre e falsa testimonianza: L’ipotesi del teste che, presentandosi, rifiuti di giurare o deporre senza giustificato motivo, è equiparata al caso in cui vi sia il fondato sospetto che non abbia detto la verità o sia stato reticente: in entrambi i casi il giudice lo denuncia al PM al quale trasmette copia del processo verbale (art. 256). Teste di riferimento: L’art. 257 delinea un’ipotesi di potere istruttorio officioso: il giudice può chiamare d’ufficio a deporre le persone alle quali si siano riferite i testimoni per la conoscenza dei fatti. Analogo meccanismo opera nei giudizi dinanzi al giudice monocratico, laddove è possibile disporre la testimonianza di coloro il cui riferimento, per la conoscenza dei fatti, è contenuto negli atti difensivi difensivi (art. 281 ter). La testimonianza scritta: In linea generale, le dichiarazioni di scienza di un terzo sono veicolate all’interno del processo mediante il meccanismo della testimonianza, che è quindi quello legale. Non è possibile acquisire tali dichiarazioni inserendole in un documento, salvo quando l’escussione orale non sia possibile. Del resto il meccanismo dell’oralità serve anche a garantire il contraddittorio, oltre che una migliore valutazione dell’attendibilità. La legge n. 69 del 2009 ha introdotto l’art. 257 bis c.p.c. il quale prevede adesso espressamente la possibilità di far ricorso alla testimonianza scritta. Ora il giudice, su accordo delle parti, può disporre di assumere la deposizione chiedendo al testimone di fornire per iscritto nel termine fissato le risposte ai quesiti sui quali dev’essere interrogato (salva comunque la possibilità, lette le risposte, di escuterlo di persona). In concreto la deposizione è effettuata su di un modello approvato dal Ministero della Giustizia, secondo una regolamentazione individuata dagli art. 257 bis e 103 bis delle disp. att. Per esigenze di semplificazione, il ricorso al modello non è necessario quando si tratti di testimonianza relativa a documenti di spesa già depositati: qui basta una dichiarazione sottoscritta dal terzo e inviata al difensore della parte interessata. La procedimentalizzazione delle testimonianza scritta consente di concludere che essa è l’unico mezzo idoneo a veicolare legalmente nel processo le dichiarazioni scritte dei terzi; al di fuori di tale schema la dichiarazione può avere valore di argomento di prova (cfr. Cass. 1608/2011). La ratio della previsione è lo snellimento del procedimento. Tuttavia la dottrina ha molto criticato la testimonianza scritta in quanto si perdono importanti aspetti che possono invece essere colti con la prova testimoniale assunta oralmente in udienza. Tribunale di Milano 8 aprile 2013 → “Nel processo civile non può essere prodotta la relazione dell'investigatore privato costituendo scritto proveniente da un terzo a contenuto testimoniale che deve essere acquisito mediante prova orale o nelle forme ex art. 257 bis c.p.c. affinché acquisti valore probatorio, altrimenti si aggirerebbero le norme poste a garanzia dell’andamento processuale”. Testimonianza d’ufficio: Le due ipotesi in cui la testimonianza può essere disposta d’ufficio sono due ipotesi tassative: 1) Il testimone ha reso una testimonianza de relato, cioè nel rendere la propria dichiarazione ha fatto riferimento ad altre persone per la conoscenza dei fatti. Quando il giudice apprende 90 appunto dal testimone che c’è un terzo informato dei fatti di causa, ai sensi dell’art. 257 co. 1 c.p.c., può disporre d’ufficio che questo soggetto venga sentito come testimone. 2) Una seconda ipotesi è prevista dall’art. 281 ter c.p.c. con riguardo alle controversie di competenza del tribunale in composizione monocratica: il giudice può disporre la testimonianza d’ufficio quando ha appreso dia fatti allegati dalle parti che c’è un terzo informato dei fatti di causa, può disporre quindi la prova testimoniale di questo soggetto. LA CONFESSIONE Anche questo mezzo di prova è regolato sia nel codice civile (artt. 2730-2735) sia nel codice di rito (artt. 228-232). Art. 2730 c.c. : la confessione è la dichiarazione che una parte fa della verità di fatti ad essa sfavorevoli e favorevoli all’altra parte. Può essere giudiziale o stragiudiziale. Quella fornita dall’art. 2730 c.c. è comunque una nozione più ampia della confessione intesa come prova costituenda, prova legale per eccellenza (che è solo quella che avviene oralmente in giudizio). La confessione, infatti, oltre che orale, può essere scritta e, oltre che in giudizio può avvenire fuori dal giudizio. Diversi saranno i suoi effetti. Il concetto di fatto sfavorevole/favorevole Ma cos’è la CONFESSIONE ? In realtà, per definizione un fatto è un qualcosa di neutro e oggettivo, sicché per capire il concetto di fatto sfavorevole ai fini della definizione di confessione occorre guardare alla collocazione del fatto all’interno della fattispecie del diritto oggetto di giudizio. Da questo punto di vista, se colui che vuol far valere il diritto dichiara l’ esistenza di un fatto costitutivo o l’inesistenza di un fatto estintivo, non pone in essere una confessione. Capacità: La confessione ha sempre ad oggetto fatti, mai diritti. Perché il soggetto possa confessare occorre che abbia la capacità soggettiva e oggettiva di disposizione del diritto a cui i fatti si riferiscono. Disponibilità soggettiva ( art. 2731 c.c. ): il soggetto deve poter disporre, quindi in caso di minore il potere dispositivo spetta ai genitori, che però per l’esercizio di certi diritti necessitano dell’ autorizzazione del giudice tutelare. Disponibilità oggettiva: I fatti confessati non devono riferirsi a diritti indisponibili, ossia quelli per i quali, in sostanza, è precluso il potere negoziale. Con la confessione, incidendo sui fatti a fondamento del diritto si viene indirettamente a disporre del diritto, ma quando esso è indisponibile ciò è precluso. Il soggetto anche se titolare del diritto non può disporne (status, diritti della personalità, etc.) Efficacia probatoria: Ai sensi degli art. 2733, c. 2 e 2735 c.c., la confessione (sia giudiziale sia stragiudiziale se fatta alla controparte) fa piena prova contro colui che l’ha fatta. Si tratta dunque di una prova legale, e qui la valutazione di attendibilità fatta a priori dal legislatore è frutto della regola di comune esperienza secondo cui chi dichiara fatti a sé sfavorevoli dice la verità. Il giudice in tal caso non può mettere in dubbio la verità dichiarata. Confessione liberamente valutabile: 91 Vi sono casi in cui la dichiarazione di fatti a sé sfavorevoli non fa piena prova, ma è liberamente valutata dal giudice: - in caso di litisconsorzio necessario (o unitario), quando essa è resa solo da alcuni dei litiscorti (mentre in caso di litisconsorzio facoltativo la confessione fa piena prova nell’ ambito della controversia in cui è resa, non valendo per la causa parallela connessa). - in caso di dichiarazione complessa (art. 2734 c.c.): se la parte, in aggiunta a fatti a sé sfavorevoli, dichiara fatti favorevoli (es. Tizio dice di aver preso una somma in prestito ma di averla restituita), occorre la valutazione unitaria della dichiarazione complessa, in base al contegno della controparte. Se questa contesta la dichiarazione aggiunta, tutta la dichiarazione è liberamente valutabile, senza che il giudice possa scinderne il contenuto; altrimenti, essa fa interamente piena prova. - in caso di confessione stragiudiziale fatta ad un terzo oppure contenuta in un testamento (art. 2735) Revoca: L’art. 2732 c.c. stabilisce che la confessione può essere revocata per errore di fatto o violenza. Dunque l’ordinamento consente in certi casi di vanificare l’efficacia di prova piena della confessione. L’errore di fatto corrisponde all’errore ostativo, cioè all’errore nella manifestazione della volontà (volevo dire 100 e ho detto 1000). Non vi è totale corrispondenza coi vizi della volontà dei negozi giuridici, donde la confessione non è un negozio, ma è pur sempre un atto in cui rileva la volontarietà del comportamento, cioè di tenere una certa dichiarazione di scienza nei confronti di un certo soggetto, quali che siano gli effetti. Proprio la disciplina della revoca dà conto di quanto rilevi la volontà del comportamento, dunque è un atto giuridico in senso stretto. Confessione stragiudiziale: La confessione resa fuori dal processo è una probatio probanda, cioè una prova che deve essere provata. Se contenuta in documento, si avrà una doppia prova legale: che la confessione è stata resa; che il fatto confessato esiste. Se non è contenuta in un documento, occorre acquisirla. In tale prospettiva, l’art. 2735 c. 2 vieta la prova testimoniale della confessione relativamente a fatti per cui è preclusa la testimonianza. Confessione giudiziale: Può essere spontanea oppure “stimolata” mediante interrogatorio formale. Nel primo caso essa è contenuta in qualunque atto proveniente dalla parte personalmente . Va precisato che non hanno valore confessorio le dichiarazioni rese in sede d’interrogatorio libero, salvo che risulti che non sono state provocate da una richiesta del giudice, e il verbale rechi la firma della parte (Cass. 3035/90). Interrogatorio formale : Esso è un mezzo di prova costituendo, finalizzato proprio a provocare la confessione della parte, la quale ovviamente deve avere capacità (soggettiva e oggettiva) di confessare e la diretta conoscenza del fatto sui cui deve cadere la dichiarazione. Dev’essere dedotto per articoli separati e specifici (art. 230 c.p.c.), come per la testimonianza; è la parte che lo chiede (non è disponibile d’ufficio): “si chiede l’ammissione dell’interrogatorio di Caio sui seguenti fatti: vero che il giorno X hai preso a mutuo tot €? Ammissibilità e rilevanza : 92 LE IMPUGNAZIONI IN GENERALE (art. 323- 328) Art. 323 - Mezzi di impugnazione I mezzi per impugnare le sentenze, oltre al regolamento di competenza nei casi previsti dalla legge, sono: l'appello, il ricorso per cassazione, la revocazione e l'opposizione di terzo. Nell'elenco tassativo dei rimedi impugnatori non rientrano, in quanto non sono mezzi di impugnazione: il regolamento preventivo di giurisdizione (art. 41 del c.p.c.), che prescinde dall'esistenza di una sentenza; il regolamento di competenza d'ufficio (art. 45 del c.p.c.); il reclamo al collegio contro le ordinanze del giudice istruttore (art. 178 del c.p.c.); il procedimento di correzione della sentenza (artt. 287 e 288 c.p.c.). Art. 324 - Cosa giudicata formale S'intende passata in giudicato la sentenza che non è più soggetta né a regolamento di competenza, né ad appello, né a ricorso per cassazione, né a revocazione per i motivi di cui ai numeri 4 e 5 dell'articolo 395. Nozione e funzione delle impugnazioni. Abbiamo già avuto occasione di notare che, tra i problemi fondamentali che si pongono al legislatore in sede di disciplina del processo di cognizione, vi è la necessità di tener conto e di soddisfare, entro determinati limiti, due esigenze che sono tra loro contrastanti. Da un lato, l'esigenza di non accontentarsi di un primo giudizio, nel dubbio che esso possa essere viziato da qualche errore, o semplicemente ingiusto, o comunque perfettibile. Ciò dà luogo all'opportunità di far seguire un altro giudizio, rispetto al quale, peraltro, potrebbero sorgere i medesimi dubbi e le medesime esigenze, con la conseguente ulteriore opportunità di altri giudizi, in una serie che, considerata la fallibilità di ogni giudizio umano, dovrebbe essere, al limite, infinita. Dall'altro lato, vi è invece la contraria esigenza che è imposta dalla necessità di conseguire quello che è lo scopo fondamentale del giudizio di cognizione, ossia la certezza; l'esigenza, insomma, di ottenere un risultato definitivo. Tutti gli ordinamenti moderni risolvono questo problema con una soluzione compromesso, ossia, per lo più, con lo stabilire la definitività e non più ripetibilità del giudizio dopo l'eventuale espletamento di una sola sua rinnovazione ( doppio grado di giurisdizione ), nonché di un altro, e pure eventuale, giudizio di controllo sulla legalità delle prime due fasi. La Corte Costituzionale ha escluso che il principio del doppio grado di giurisdizione trovi fondamento nella Costituzione, almeno in riferimento al processo civile. Ne deriva che il giudizio di cognizione è - o può essere - articolato in tre fasi: di primo grado, di secondo grado e, quindi, di legittimità o cassazione. Ciò almeno di regola e salve le situazioni particolari che si vedranno più avanti. Abbiamo detto: è o può essere articolato in più fasi, perché l'eventuale svolgimento delle ulteriori fasi di giudizio (rispetto a quella di primo grado) è lasciato, attraverso un'ulteriore utilizzazione del meccanismo della disponibilità della tutela giurisdizionale, all'iniziativa di quella delle parti che si ritenesse insoddisfatta dell'esito della precedente fase del giudizio. A questa parte è, infatti, attribuito un autonomo potere di iniziativa, inteso ad introdurre la eventuale nuova fase del giudizio. Tale iniziativa si chiama impugnazione, in quanto tende a contestare, in tutto o in parte, il provvedimento contro il quale si rivolge. L'espressione «impugnazione» ha, in realtà, una portata assai ampia e una gamma di significati che è opportuno evidenziare. Sotto un profilo generalissimo, l'impugnazione è una 95 contestazione che può aver ad oggetto non solo un provvedimento, ma anche, più genericamente, un atto. Quando ha per oggetto un atto, l'impugnazione tende a far valere un difetto o, come si suol dire, un vizio, di tale atto. Quando ha per oggetto un provvedimento, ed in particolare la decisione di un giudice, può, da un lato, tendere alla pura e semplice sua eliminazione e, dall'altro lato, tendere a sostituirlo con un altro provvedimento, all'esito di una sorta di rinnovazione del giudizio che ha dato luogo al primo provvedimento. Se limitiamo il discorso a quest'ipotesi (contestazione della decisione del giudice), dalle succinte osservazioni compiute emerge che: a) l'impugnazione presuppone l'avvenuta pronuncia di un provvedimento rispetto al quale la parte impugnante possa lamentare un pregiudizio; b) con l'espressione «impugnazione» - o «mezzo d'impugnazione» - si intende sia l'ulteriore fase di giudizio nella quale ritorna in discussione l'oggetto del provvedimento impugnato o il provvedimento stesso, e sia l'atto introduttivo di questa nuova fase; c) in entrambi questi significati, l'impugnazione può essere riferita, in un senso ampio, genericamente ad ogni tipo di provvedimento non solo decisorio, ma anche ordinatorio, definitivo oppure non definitivo e, in un senso più ristretto, specificamente al provvedimento che tipicamente chiude una fase del giudizio di cognizione, ossia la sentenza Chiarito ciò sul piano terminologico, si può precisare che il significato specifico col quale la nozione di impugnazione viene ora in rilievo è precisamente quello, accennato da ultimo, di contestazione di una sentenza, vale a dire il significato col quale è compiuta l'elencazione dei mezzi di impugnazione contro le sentenze, contenuta nell' art. 323 . Ciascuna di queste impugnazioni, pur avendo il carattere di atto introduttivo di un nuovo giudizio, non costituisce esercizio di un'azione diversa da quella già esercitata nella fase che ha dato luogo al provvedimento impugnato. Il potere di impugnazione è, infatti, uno dei poteri appartenenti alla serie che, nel suo complesso, costituisce l'esercizio dell'azione. È in facoltà della parte esercitare, oppure non esercitare, questo potere: se lo esercita, introduce la nuova fase del giudizio, la quale a sua volta può essere eventualmente seguita da un'ulteriore fase fino all'esaurimento della serie delle possibili impugnazioni. Se, invece, la parte non esercita il potere d'impugnazione (ossia, in concreto, lascia inutilmente decorrere il termine perentorio che l'ordinamento le concede per l'esercizio di tale potere), si potrà dire che essa compie, attraverso una implicita, ma libera rinuncia all'impugnazione, una sostanziale accettazione del provvedimento; con questo particolare significato si suole parlare di necessità o necessarietà delle impugnazioni 1 . 1 Ma naturalmente questa implicita accettazione presuppone che il mezzo di impugnazione sia l' unico mezzo col quale il provvedimento può essere impugnato: si suole, infatti, affermare che sono necessari i mezzi di impugnazione che l'ordinamento configura con tale carattere di esclusività e insostituibilità. Non mancano esempi, tuttavia, di mezzi di impugnazione privi di questo carattere. Si pensi, in proposito, al regolamento facoltativo di competenza (che è facoltativo in quanto alternativo all'appello). Il regolamento facoltativo di competenza costituisce, d'altra parte, un esempio di concorso di impugnazioni, che si verifica quando lo stesso provvedimento è assoggettato a diversi mezzi di impugnazione; concorso che può essere elettivo ( electa una via non datur recursus ad alteram , come appunto nel caso del regolamento facoltativo) oppure cumulativo, quando è possibile la proposizione 96 In questa cornice si inquadra l'ulteriore enucleazione che, nell'ambito dei mezzi di impugnazione elencati nell'art. 323, il codice compie - con l'elencazione di cui all' art. 324 - di una più specifica serie di mezzi di impugnazione, così individuando precisamente quella serie di impugnazioni nella quale si articola (o si può articolare) il giudizio di cognizione, nell'assolvimento della sua funzione di determinazione della certezza. È, infatti, a questo scopo che l'ordinamento si avvale di quel meccanismo al quale si accennava poc'anzi, che assolve alla funzione di determinare l' incontrovertibilità della sentenza; la quale incontrovertibilità si verifica senz'altro se, come già si è accennato, l'impugnazione (appartenente a questa serie di impugnazioni, che vedremo chiamarsi impugnazioni ordinarie) non viene proposta nel termine stabilito. Mentre, nel caso di effettivo esercizio del potere di impugnazione, sarà la nuova pronuncia del giudice che potrà divenire incontrovertibile, ove non dovesse essere sottoposta a sua volta ad impugnazione nei limiti stabiliti dal legislatore. Ed infatti, se è vero che la fase di impugnazione vuol correggere la precedente pronuncia, o addirittura sostituirla con una nuova pronuncia, è vero pure che la serie delle correzioni o sostituzioni - che, del resto, non è affatto sicura perché le impugnazioni possono anche essere respinte - non si svolge all'infinito, poiché la serie delle impugnazioni non è illimitata. Esaurita codesta serie, verrà a mancare ogni ulteriore possibilità di contestazione, con la conseguenza che l'ultima pronuncia avrà il carattere dell'incontrovertibilità. Quest'ultimo fenomeno dell'incontrovertibilità - che è un fenomeno strettamente processuale, poiché si sostanzia nell'esaurimento della possibilità di impugnazione - è precisamente quello che l' art. 324 chiama «cosa giudicata formale» («formale» nel senso di «processuale») e che il codice contempla all'inizio della disciplina delle impugnazioni, proprio con riguardo alla veduta funzione delle impugnazioni stesse. La quale funzione - se ed in quanto la sentenza divenuta incontrovertibile non riguardi il solo rito - finisce con l'investire anche, seppure indirettamente, il diritto sostanziale, poiché - come pure vedemmo a suo tempo - dal fenomeno della cosa giudicata formale discende l'ulteriore fenomeno per il quale l'accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato (in senso formale) «fa stato» tra le parti, loro eredi ed aventi causa ( art. 2909 c.c. : c.d. «cosa giudicata sostanziale» ). Fermo, dunque, che l'efficacia di accertamento, propria della sentenza, si verifica soltanto col suo passaggio in giudicato, questo, d'altra parte, non significa che prima di tale momento, e cioè durante la pendenza dei giudizi di impugnazione nonché mentre decorrono i termini per impugnare, la sentenza sia priva di efficacia. Certo, se ci si riferisce soltanto alla funzione di determinazione della cer- tezza, non si può non riconoscere che, fino a quando non si è determinato il giudicato, la sentenza non è che un «progetto» rispetto al presumibile assetto della situazione di diritto sostanziale, quale emergerà dal giudicato. Sotto questo profilo, le affermazioni, secondo le quali, già con la pubblicazione, la sentenza acquisterebbe efficacia, anche sostanziale, di dictum del giudice, salvo acquisire, col passaggio in giudicato, l'autorità che consegue all'immutabilità di tale efficacia, o secondo le quali la pubblicazione della sentenza le attribuisce la c.d. imperatività, sembrano in contrasto con l'enunciato dell'art. 2909 c.c. che si riferisce esplicitamente al giudicato. contemporanea dei diversi mezzi, come tipicamente accade per la revocazione e il ricorso per cassazione. 97
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