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Riassunti di Procedura civile, Sintesi del corso di Diritto Processuale Civile

Procedura civile I - Libro 2 riassunti e appunti Punzi

Tipologia: Sintesi del corso

2013/2014

In vendita dal 12/09/2014

Jessy6691
Jessy6691 🇮🇹

4.8

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21 documenti

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Scarica Riassunti di Procedura civile e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! PROCEDURA CIVILE 1 – VOLUME II LA FASE DI COGNIZIONE NELLA TUTELA DEI DIRITTI “Forme dei giudizi” e “processo di cognizione”. Modello unico o pluralità di modelli di tutela giurisdizionale nella fase di cognizione. Il termine “cognizione” o processo di cognizione, corrisponde a quello che nel vecchi codice era “ordine e forma dei giudizi”. _ Nel codice del 1940 il termine “cognizione” è adoperato come sinonimo di “giudizio”; processo di cognizione che dunque nell’architettura terminologica del codice si contrappone al “processo di esecuzione” anche se nel primo l’attività di cognizione è fine a se stessa, in quanto finalizzata al “dicere jus”, a provvedere sulle pretese delle parti, accertando e dichiarando chi ha ragione e torto. Molti interpreti poi si sono dovuti confrontare con diverse tipoligie di cognizione – ossia quella “Piena” e con quella “sommaria”Le caratteristiche della “piena” sono state individuate in: predeterminazione legislativa delle forme e dei termini per il compimento degli atti per le attività processuali e modalità di attuazione del contraddittorio, nonché dei poteri delle parti e del giudice; nella realizzazione preventiva del contraddittorio e della sua pienezza. I modelli del processo di cognizione. Il modello ordinario: è il modello che doveva essere informato ai principi di “oralità”, “immediatezza” e “concentrazione”. _ Il momento maggiormente qualificante è l’udienza, destinata all’esposizione orale delle ragioni e delle posizioni della parti innanzi al giudice e allo svolgimento delle attività processuali (oralità) – dovrebbe poi svolgersi in poche udienze (concentrazione) – e la decisione dovrebbe essere emanata dal giudice nell’immediatezza dell’attività. Questi caratteri farebbero dedurre anche che il giudice cui spetta la decisione della causa sia anche il giudice dinanzi al quale si svolge l’istruzione, in un effettivo ruolo di direzione delle parti, stimolando il contraddittorio, assumendo le prove ed infine enunciando la decisione. Il legislatore del 1940 – credette così di poter dare attuazione all’oralità con l’introduzione della figura del giudice istruttore e con la scissione del processo in 2 fasi: 1) destinata alla trattazione e l’istruzione della causa,svolgendosi anzi al giudice istruttore; 2) conseguente alla prima, destinata alla decisione riservata al collegio. Comunque oggi il codice di procedura parla generalmente come se il tribunale fosse in composizione collegiale e le norme sulla composizione monocratica sono specificate; nella realtà è l’inverso, perché la maggior parte delle volte c’è composizione monocratica. Comunque la composizione collegiale nel processo, che prima era la norma, costava troppo – per questo è stata inventata la figura del giudice istruttore – che nella fase iniziale del processo “istruisce” e “organizza” la causa _ Questo stesso giudice sarà poi un componente del collegio. Difatti il giudice istruttore si spoglia della causa quando la definisce matura e perché ha raccolto tutte le prove necessaria ; spogliandosi della causa e invitando le parti a precisare le conclusioni , rimette la causa al collegio._ Il giudice istruttorio può porre in essere ordinanze anticipatorie di condanna, revocabili e modificabili – quindi non si tratta di “potere decisorio” anche se in alcuni casi queste ordinanze possono trasformarsi in sentenze. Il collegio – quindi ha “il potere decisorio” e può anche sindacare sulle scelte operate dal giudice istruttore e può ammettere d’ufficio anche un mezzo di prova non ammissibile per il giudice istruttore – “il giuramento suppletorio”. Può poi revocare e modificare le ordinanze del giudice istruttore. Il giudice monocratico – in tal caso il giudice istruttore, quando ritiene la causa matura assume la veste di “decisore” – anche qui è possibile che il giudice cambi idee e ammetta prove prima non ammesse. Il modello ordinario semplificato. Un secondo modello a canto a quello “ordinario” ne rappresenta una semplificazione e concentrazione con prevalenza dell’oralità. _ Già riconosciuto nel codice del 1940, con applicazione per i giudizi innanzi ai “giudici minori” Questo regime semplificato riguarda oggi solo il procedimento innanzi ai giudici di pace; e rappresenta solo un mero adattamento e semplificazione del procedimento ordinario. Per questi motivi il modello procedimentale usato innanzi al giudice di pace può definirsi “modello ordinario semplificato”. Questo modello avrebbe dovuto garantire quei principi di oralità , immediatezza e concentrazione che il modello “ordinario”propriamente detto , di cui agli artt.163 c.p.c. non era riuscito e si distingue da questo per 5 aspetti fondamentali: 1) Per la forma prescelta ai fini dell’introduzione del giudizio ossia il ricorso. 2) Per la maggior presenza del giudice; presenza che occupa anche la fase introduttiva del processo. 3) Astratta concentrazione nell’unica udienza di discussione di tutte le attività che richiedono la partecipazione delle parti e dei loro difensori. Il modello camerale. 3) Terza fase) – riguarda la “decisione della causa” e compete al giudice. Le modifiche del 1950, del 1990, del 1995, del 1998, del 2005 e del 2009. Primo intervento modificativo 1950ha riguardato quattro aspetti fondamentali; l’estensione anche ai processi innanzi ai giudici collegiali della citazione ad udienza fissa; l’introduzione del reclamo immediato al collegio avverso le ordinanze del giudice istruttore relative all’ammissibilità e rilevanza dei mezzi di prova; l’eliminazione della rilevabilità d’ufficio dell’estinzione. Secondo intervento l. 1990 e l.1995 hanno investito l’ordinamento giudiziario ed è stato istituito il giudice di pace (soppressi i conciliatori) ; altra innovazione è l’istituzione di un “giudice unico”in primo grado, al quale vengono attribuite ambedue le fasi del processo di cognizione “istruzione”e “decisione”; il collegio è stato conservato solo per le materie che ora elenca l’art.50 bis c.p.c. che sono : Cause nelle quali è obbligatorio l’intervento del pm. a) Cause di opposizione,impugnazione, revocazione e dichiarazione tardiva dei crediti, che insorgono nel corso delle procedure di fallimento o di liquidazione coatta. b) Cause di impugnazioni di delibere dell’assemblea, nonché di responsabilità degli organi amministrativi e controllo dei direttori generali. c) Cause di impugnazione del testamento. d) Cause di responsabilità dei magistrati. Si è infine modificato l’intero sistema dell’esecuzione provvisoria – con conferimento della provvisoria esecutività ex lege alla sentenza di primo grado, e sono introdotte le ordinanze anticipatorie: di condanna al pagamento di somme non contestate (186 bis c.p.c.) – nonché le ordinanze al pagamento oppure alla consegna, nei limiti in cui è stata raggiunta la prova, successivamente alla chiusura della fase istruttoria (186 quater.) Terza modifica con l.14 maggio 2005 fu modificato l’art.167 c.p.c. prevedendo che nella comparsa di risposta il convenuto deve formulare a pena di decadenza le “eccezioni processuali e di merito ch non sono rilevabili d’ufficio”. Anche la distinzione tra “udienza di prima comparizione” ex 180 cpc. E la prima udienza di trattazione ex 183 – è stata Novellata dalla l.2005 – basti osservare che tutte le attività che erano distribuite tra l’udienza di prima comparizione(180) e l’udienza di trattazione(183), nonché “deduzione istruttorie” (184) sono ormai concentrate nell’art.183 c.p.c. rubricato come “prima comparizione delle parti e trattazione della causa” FASE DI INTRODUZIONE DELLA CAUSA. I soggetti della fase introduttiva. Nel modello ordinario – la fase introduttiva è riservata esclusivamente alle parti. _ Difatti le uniche disposizioni che nell’ambito della “normativa sull’introduzione della causa (163 - 174) le uniche che riguardano il giudice sono l’art.168 bis cpc. che concerne la designazione del giudice istruttore; e il 174 che proclama l’immutabilità del giudice istruttore. L’atto introduttivo e la costituzione del contraddittorio. L’atto introduttivo della causa, non è destinato solo a proporre al giudice la domanda, ma anche a realizzare su quella domanda il contraddittorio della controparte, che deve essere messa in condizione, appunto, di contraddire e difendersi. Quindi “edictio actionis” e “ vocatio in jus” – anche se sono ambedue distinti e hanno un regime sanzionatorio differenziato , sono ambedue essenziali perché l’atto introduttivo del giudizio assolva la sua funzione. Analizziamo l’art.163 c.p.c. “contenuto della citazione” – è possibile capire quali sono i requisiti della citazione riconducibili alla “vocatio in jus” e quali alla “edictio actionis”: Finalizzati alla “vocatio in jus” sono i requisiti: 1) Requisito sub n.1 – riguardante l’indicazione che la citazione deve avere del tribunale anzi al quale la domanda è proposta. 2) Requisito sub. n.2 – per l’individuazione delle parti in processo e i loro dati personali. 3) Requisito sub. n 7 – in un sistema ad udienza fissa, è l’attore che deve indicare al convenuto l’udienza di comparizione. Ma il convenuto deve poter avere a disposizione il tempo necessario per approntare la sua difesa e costituirsi in giudizioCiò viene assicurato con la fissazione di un congruo termine per comparire. Altra esigenza è quella il convenuto debba essere edotto delle conseguenze di una sua costituzione tardivaE viene soddisfatta imponendo all’attore di inserire nell’atto di citazione l’avvertimento al convenuto che la sua costituzione in giudizio. se effettuata oltre il termine di 20giorni prima dell’udienza di comparizione, importa le decadenze(del 167, del 38 cpc.) a suo carico Finalizzati alla edictio actionis sono i requisiti: 1) Requisito sub n.3 – riguardante il petitum (oggetto della domanda) 2) Requisito sub. n 4 – riguardante la causa petendi (esposizione dei fatti e elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni). L’atto di citazione deve essere sempre sottoscritto da un difensore, al quale, tuttavia la procura ad litem può essere rilasciata anche successivamente, purchè prima della costituzione in giudizio. La nullità della citazione.Abbiamo già osservato in tema di nullità di atti processuali chequando un atto sia viziato nella forma,e lo scopo tipico a cui era destinato non venga raggiunto, l’atto sarà nullo- Mentre quando tale scopo venisse raggiunto – l’inosservanza delle forme è irrilevante e la nullità non può essere dichiarata perché è intervenuta la “sanatoria”. Ciò premesso – a proposito dell’atto di citazione, il regime di nullità nell’art.164 c.p.c. è correlato alla distinzione tra vocatio in jus ed edictio actionis: Riguardo alla vocatio in jus la nullità è comminata al comma1 – quando sia omesso o assolutamente incerto alcuno dei requisiti del 163 sub1,2 e quindi l’indicazione della data di comparizione, oppure sia stabilito un termine per comparire inferiore a quello di 20 giorni, o se mancasse l’avvertimento delle decadenze in caso di ritardo di costituzione in giudizio. Poi lo stesso art.164 – stabilisce le conseguenze di questa nullità sia nell’ipotesi in cui il convenuto non si costituisca in giudizio, sia nell’ipotesi in cui tale costituzione avvenga. Nel primo caso il giudice dispone la rinnovazione della citazione entro un termine perentorio (la cui inosservanza determina l’estinzione del processo) e tale rinnovazione ha effetto sanante della nullità. Ove invece nonostante i vizi il convenuto si costituisca in giudizio, tale costituzione avrà ugualmente effetto sanante, ma se il convenuto eccepisca l’inosservanza dei termini minimi a comparire oppure la mancanza di avvertimenti relativi a decadenze, il giudice provvede a fissare una nuova udienza con il rispetto dei termine per comparire ex 163 bis. Riguardo all’”edictio actionis” la sanzione di nullità riguarda sia l’omissione o l’assoluta indeterminatezza del petitum, sia l’omessa indicazione dei fatti che costituiscono la causa petendi. Tale nullità è rilevabile d’ufficio dal giudice, che a seconda che il convenuto sia o meno costituito, fisserà un termine per integrare la domanda oppure per rinnovare la citazione con gli elementi del “petitum e causa petendi”. Infine la nullità della citazione può essere pronunciata quando manchi la sottoscrizione del difensore. Gli effetti della domanda giudiziale. Si distingue in dottrina – tra effetti processuali e effetti sostanziali della domanda giudiziale e si suole ricondurre trai primi la litispendenza. tramite il deposito della comparsa di risposta nel termine di cui all’art.166 c.p.c. oggi rappresenta nuovamente il momento preclusivo per la formulazione delle domande e delle eccezioni cui agli artt.167 comma 2 e 38 comma1. È successivamente intervenuta la l.14 maggio 2005 – che ha modificato nuovamente il 167 c.p.c., prevedendo che nella comparsa di risposta, da depositarsi almeno 20 giorni prima dell’udienza fissata nell’atto di citazione, il convenuto debba proporre a pena di decadenza, non più solo le eventuali domande riconvenzionali e le proprie dichiarazioni di chiamata in causa del terzo, ma anche le “eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio”. Sempre in tema di effetti – ex art.170 – il difensore divine il destinatario di tutte le notificazioni e comunicazioni dirette alla parte. È infine con la costituzione in giudizio e l’iscrizione della causa al ruolo che il presidente del tribunale provvede alla designazione del giudice istruttore che potrà differire, a norma dell’art.168 bis, comma 5 la data della prima udienza di comparizione. Notificazioni, comunicazioni e produzioni di documenti nel corso del procedimento Dopo la costituzione in giudizio delle parti, le notificazioni e comunicazione che devono essere effettuate nel corso del procedimento hanno come destinatario il difensore costituito. Da ciò consegue che se questo difensore sia costituito per più parti è sufficiente la consegna di una sola copia dell’atto. Per ciò che riguarda le comparse e le memorie previste dalla legge, oppure autorizzate dal giudice, il loro scambio tra le parti avviene in 3 forme tradizionali: a) Deposito in cancelleria. b) Notificazione o scambio diretto tra le parti, documentato con visto sull’originale. c) A mezzo telefax o pec al numero di fax o indirizzo pec indicato dal difensore nel primo scritto difensivo utile. Quanto infine alla produzione di documenti – dopo la costituzione della parte, il loro deposito non è valido se la controparte non ne viene messa a conoscenza. Ciò può avvenire in due modi : a) Con produzione in udienza, che deve essere accompagnata dalla verbalizzazione dell’avvenuta produzione. b) Deposito in cancelleria, con la comunicazione alle altre parti (quindi ai difensori) dell’elenco dettagliato dei documenti depositati. FASE DELL’ISTRUZIONE DELLA CAUSA. Il modello del codice. Capo II – libro II – “dell’istruzione della causa”significato instruere , cioè come fase preparatoria della decisione della controversia. Ma nel modello del codice si divide in: 1)”della trattazione della causa” (180-190bis); 2) “istruzione probatoria”. Giudice dell’istruzione e giudice della decisione della causa: giudice unico e giudice collegiale, giudice istruttore e collegio. Sicchè il legislatore, nelle cause di minor valore, “ove sono apprezzabili i vantaggi di semplicità e rapidità inerenti al giudice unico”, ha optato appunto per un giudice unico, mentre nelle cause di competenza dei tribunali aveva lasciato inizialmente “il collegio”._ Collegialità che però è lasciata in vigore al momento della decisione di merito e mettendo a profitto i vantaggi del giudice unico nelle fasi che preparano e precedono la decisione collegiale. Così integrando i due sistemi – si è giunti all’istituzione “del giudice istruttore” e all’assunto per cui “la preparazione e l’istruzione della causa al giudice istruttore(unico),la decisione al collegio”. –questo riparto di funzioni è stato conservato solo per le cause elencate dal 50bis, mentre per ttte le altre cause, anche di competenza del tribunale, è stato istituito il giudice unico di primo grado. Regime delle ordinanze del giudice istruttore. Una volta operata la ripartizione delle competenze tra giudice istruttore e collegio – resta da dire che tutti i provvedimenti in materia di svolgimento del procedimento (ordinatori) o istruzione probatoria(istruttori), sono pronunciati dal giudice, operi questo da giudice unico oppure da giudice istruttore nelle cause di competenza collegiale,nelle forme dell’ordinanza. Caratteri fondamentali di queste sono : Modificabilità e revocabilitàdallo stesso giudice che le ha pronunciate, sia che siano ordinanze ordinatorie che istruttorie (salvo 177/3)._ Il reclamo è stato invece introdotto avverso l’ordinanza del giudice istruttore, quando dichiara l’estinzione del processo; tale reclamo deve essere proposto entro 10giorni decorrenti dalla pronuncia sull’estinzione, o altrimenti dalla comunicazione dell’ordinanza medesima. La forma – dell’ordinanza del giudice istruttore è prevista dall’art.179 cpc. per le condanne a pena pecuniaria previste dal codice. Contro di esse è ammesso sempre il reclamo, entro 3giorni, allo stesso giudice che l’abbia pronunciata che decide sul reclamo con ordinanza non impugnabile Della trattazione della causa. La “forma”della trattazione il sistema del codice nell’evoluzione legislativa. Art.180 c.p.c. – “forma trattazione” – la trattazione della causa davanti al giudice istruttore è orale. Della trattazione si redige processo verbale. Lo stesso legislatore, i preoccupò di attenuare la portata dell’oralità, prevedendo che questa fase fosse preceduta da “uno scambio di scritture preparatorie”, ossia la citazione e comparsa, al quale sarebbe potuto seguire “un ulteriore scambio” che doveva essere però autorizzato dal giudice. Infatti il principio di oralità non è stato mai compiutamente attuato, presupponendo l’adesione ad un modello dibattimentale, tipico di ordinamenti stranieri (common law), difficilmente esportabile nei nostri. In definitiva nel processo civile italiano si è realizzata quella che è stata definita oralità annacquata – e non solo il giudice può ancora concedere termini per il deposito di “ulteriori memorie” (183/6) ma le parti hanno sempre diritto (190) di depositare entro i 60giorni successivi alla rimessione della causa a collegio, comparse conclusionali e negli ultimi 20giorni memorie di replica. Veniamo alla riforma degli anni 1990-1995 – nella quale si operò la scissione della “prima udienza”, con la suddistinzione tra “udienza di prima comparizione” regolata dal 180 c.p.c. – e “prima udienza di trattazione” ex 183 c.p.c. a tali due udienze poteva aggiungersene una terza; al giudice ex 183/7 c.p.c. era data una duplice possibilità: a)provvedere immediatamente all’ammissione dei mezzi di prova richiesti dalle parti; b)oppure rinviare per tale incombente ad una successiva udienza. le modifiche della riforma del 1990-1995 – nate dall’esigenza di attenuare il rigido regime delle preclusioni posto a carico del convenuto ex 167 cpc – ebbero come effetto un’eccessiva dilatazione dei tempi del processo. Fu per questo che con la Novella del 2005 – si segnò il ritorno al modello originario giacchè tutte le attività che erano distribuite tra l’udienza di prima comparizione ex 180 c.p.c. e quella di trattazione 183 – sono ormai concentrate tutte nell’art.183 c.p.c., rubricato ora “prima comparizione delle parti e trattazione della causa”. A ciò si è aggiunta la soppressione delle possibilità di un’udienza appositamente riservata alle “deduzioni istruttorie” (184 vecchio). Per quanto il nuovo sistema sembri improntato sulla rigida dualità delle udienze – i poteri di direzione del giudice, assicurano elasticità per garantire la pienezza del contraddittorio. Così all’ammissione dei mezzi di prova, il giudice potrà provvedere in diversi modi: direttamente nell’udienza ex183; oppure nell’udienza di prosieguo di trattazione – all’uopo nei confronti dei litisconsorti necessari. In tale fase, il giudice, dunque,se accerta che il giudizio non sia stato promosso da alcune o contro alcune delle parti, che devono essere presenti necessariamente in processo – ordina l’integrazione del contraddittorio - nei confronti dei soggetti estromessi in un termine perentorio. 3) Fase terza – è meramente eventuale e dipende dall’iniziativa assunta dal convenuto, relativa all’intenzione di chiamare un terzo in causa ex106 – o di proporre la eventuale domanda riconvenzionale – ex 167 comma 2, che prevede espressamente quali provvedimenti, il giudice debba emettere quando è “omesso o risulta assolutamente incerto il titolo della domanda riconvenzionale”; in tal caso di fatti il giudice rilevata la nulli della domanda riconvenzionale, fissa al convenuto un termine perentorio per integrarla. 4) Fase quarta – attiene agli ulteriori provvedimenti che il giudice deve emettere in occasione della verifica di regolarità del contraddittorio – quali l’art182 sul “difetto di rappresentanza o autorizzazione”. Il primo gruppo di questi provvedimenti – è previsto al comma1 del 182 – per cui “il giudice istruttore verifica d’ufficio la regolarità della costituzione delle parti, e quando occorre le invita a completare o mettere in regola gli atti e documenti che riconosce difettosi. Il secondo gruppo di provvedimenti riguarda il “difetto” di rappresentanza, assistenza o autorizzazione – e mentre per i provvedimenti del gruppo1 è previsto un termine ordinatorio – per questi è fissato un termine perentorio, l’osservanza del quale sana i vizi del 182/2. La seconda fase: definizione del thema decidendum. Regolata dall’art. 183 commi 4°e5° che attengono rispettivamente ad un’attività che il giudice svolge ex officio e ad un’attività riservata all’iniziativa delle parti. a) Richiesta di chiarimenti alle parti e indicazioni delle questioni rilevabili d’ufficio  nella formulazione del 183/4 è prevista un’attività che il giudice svolge ex officio con una duplice caratterizzazione: la limitazione all’ambito dei fatti allegati dalle parti e la finalizzazione al rispetto del contraddittorio tra le parti anche sulle questioni rilevabili d’ufficio. Ed infatti il giudice può richiedere alle parti i chiarimenti che ritiene necessari, ma solo “sulla base dei fatti allegati”. Per quanto riguarda poi l’indicazione alle parti e la sollecitazione a trattare le questioni rilevabili d’ufficio deve essere poi essere assicurato il “contraddittorio” su tutte le questioni che formano oggetto del thema decidendum queste esigenze di rispetto del contraddittorio appaiono soddisfatte con l.69/2009 ove si afferma che “se ritiene di porr a fondamento della decisione una questione rilevata d’ufficio il giudice riserva la decisione ,assegnando alle parti, a pena di nullità ,un termine non inferiore a 20 e non superiore a 40 giorni dalla comunicazione per il deposito alla cancelleria di memorie contenenti osservazioni sulla medesima questione”. b) Proposizione e modifica delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni e indicazione dei mezzi di prova all’art.183 comma 5 è concesso all’attore il potere di proporre a pena di decadenza domande nuove (reconventio reconventionis) – e/o di chiamare terzi in causa e/o di sollevare eccezioni in senso stretto, ove l’esigenza sia sorta dalle difese del convenuto._ Previsione volta a tutelare la parte attrice. Inoltre ad entrambe le parti è concessa, la facoltà di precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni già formulate (jus variandi) si tratta di attività dirette alla definitiva fissazione del “thema decidendum” che possono dipendere tanto da una rinnovata riflessione delle parti su elementi inizialmente trascurati od omessi quanto da circostanze emerse nel corso del libero interrogatorio delle parti._ Ad ogni modo “queste chiarificazioni” dovranno verte su elementi secondari e non potranno tangere elementi oggettivi come il petitum o la causa petendi. Ai fini della delimitazione dello jus poenitendi – occorre tener conto della distinzione tra emendatio libelli e mutatio libelliconsiderando che si ha “mutamento della domanda”(mutatio libelli) quando la parte muti radicalmente nel corso del giudizio l’oggetto della sua pretesa originaria (petitum). Si ha invece mera modifica della domanda (emendatio) quando questa, pur incidendo sul petitum, produce solo l’estensione di questo in una direzione che risulti in concreto indispensabile per permettere l’attribuzione dello stesso bene della vita oggetto della domanda; oppure l’estensione della causa petendi, nel senso di una diversa qualificazione giuridica del fatto costitutivo della pretesa avanzata. E tale emendatio libelli, anche se comporta la deduzione di fatti nuovi (secondari), è possibile addirittura dopo la prima udienza di comparizione e trattazione. Come risulta dallo stesso art.183, 6°comma che condiziona questa eventualità a una richiesta di parte formulata la quale il giudice è tenuto a fissare un triplice termine: 1) Primo termine – “di ulteriori 30 giorni” per il deposito di memorie limitate alle sole precisazioni o modificazioni delle domande , delle eccezioni e delle conclusioni già proposte. 2) Secondo termine – anch’esso di 30giorni – per “replicare alle domande ed eccezioni nuove” o modificate dall’altra parte, per proporre le eccezioni che sono conseguenza delle domande e delle eccezioni medesime; nonché per l’indicazione dei mezzi di prova e per le produzioni documentali. 3) Terzo termine – di ulteriori 20giorni – per le sole indicazioni di prova contraria. Questi termini si definiscono tutti “perentori”, ma anche per essi vale l’art.153/2 circa la rimessione in termini. La terza fase: la definizione del thema probandum; richieste delle parti e provvedimenti ordinatori e istruttori del giudice. Esaurita l’attività delle parti di allegazione dei fatti e indicazione dei mezzi di prova; il giudice è chiamato a provvedere sulle richieste istruttorie, formulate dalle parti negli atti introduttivi oppure direttamente all’udienza. E il giudice è posto innanzi al dilemma del 183 comma7 – la cui risoluzione gli impone di effettuare una delibazione sul thema decidendum alla stregua del materiale probatorio già acquisito in processo, essenzialmente di natura documentale, ma costituito anche da eventuali confessioni di parte. Il giudice tenendo conto di tale materiale deve stabilire se la causa possa considerarsi matura per la decisione senza bisogno di assunzione di mezzi di prova richiesti dalle parti oppure se un’attività istruttoria, avente ad oggetto questi mezzi di prova sia necessariaNel primo caso, il giudice non farà altro che invitare le parti a precisare le conclusioni a norma dell’art.187 c.p.c. Nel secondo caso – dovrà provvedere sulle richieste istruttorie formulate dalle parti, ma potrà anche disporre d’ufficio di mezzi di prova nonché qualora lo ritenga utile disporre l libero interrogatorio delle parti. Quindi ove il giudice provveda direttamente in udienza – nulla questio; ove invece provveda con ordinanza fuori udienza – “questa deve essere pronunciata entro 30giorni”; l’ordinanza di ammissione dei mezzi di prova, dovrà altresì recare l’indicazione dell’udienza ex 184 c.p.c. per l’assunzione degli stessi. L’interrogatorio libero e il tentativo di conciliazione. Con la riforma del 2005 sia l’interrogatorio libero che il tentativo di conciliazione hanno perduto il carattere di adempimento necessario del giudice, risultano rimessi alla disponibilità delle parti. Resta inalterata la funzione dell’interrogatorio libero diretto a consentire alle parti una chiarificazione delle rispettive posizioni e conclusioni rispetto all’oggetto della controversia._ In altri termini la funzione dell’interrogatorio libero è quella di consentire alle parti una precisazione delle rispettive allegazioni difensive, sia in fatto che in diritto, contribuendo in tal modo alla definizione del thema decidendum. Regole generali: disponibilità delle prove e “contestazione” dei fatti (art.115), onere della prova e patti relativi. La Sezione III – dedicata all’”istruzione probatoria”ed è la fase della preparazione della causa per la decisione, che attiene quindi al reperimento del materiale probatorio. _ Ma non ci devono sfuggire 2aspetti: 1) Il primo interno alla sezione III – è rappresentato dal fatto che l enorme relative alla nomina e alle indagini de consulente tecnico risultano oste in un paragrafo che precede quello dell’assunzione dei mezzi di prova generale; ciò per isolare e distinguere le indagini e gli accertamenti del consulente dall’assunzione di tutti gli altri mezzi di prova. 2) Il secondo attiene alla natura delle prove e all’attività necessaria per la loro assunzione nel processo. non è casuale infatti che alcune prove siano collocate nel libro VI del c.c. ed altre nella III sez. del c.p.c. Dovranno quindi essere rispettate da un punto di vista soggettivo: art.2697 c.c. “onere della prova” – chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento; chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti deve provare l’eccezione” - da un punto di vista formale: art.2699 .Poi nella necessità della loro “assunzione nel processo” è necessario tener conto non solo dei rapporti tra le parti (2697), ma anche tra le parti il giudice per cui “iudex secundum alligata et probata partium decidere debet”(115) Risulta dunque il seguente sistemaanzitutto a norma del 115, il giudice è condizionato dall’iniziativa delle parti non solo per ciò che concerne l’introduzione del processo e per la determinazione del thema decidendum, ma anche per la formazione del suo convincimento in ordine ai fatti che fondano la pretesa(allegati) e alla prova di tali fatti (probata). In secondo luogo il giudice a seguito della modifica del 115, appare condizionato anche dai c.d. “fatti non contestati” dalle parti. L’art.167 c.p.c. si limita a stabilite che il convenuto deve porre tutte le sue difese, prendendo posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda; la non contestazione produce ugualmente conseguenze dell’art.186bis (pagamento somme non contestate) L’altro intervento sul 115 (sempre dalla l.69/2009) ha investito i rapporti tra le parti e il giudice in materia di prove – poiché dopo aver enunciato “che il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pm” – aggiunge – “senza bisogno di prove, può porre a fondamento della decisioni le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza; nonché i fatti contestati in modo generico”. Infine per quanto attiene al rapporto tra le parti l’art.2697 c.c. accoglie il c.d. principio di responsabilità, per il quale se chi vuol far valere un diritto in giudizio non offra la prova dei fatti che ne costituiscono il fondamento ne subisce le conseguenze negative del mancato accoglimento; così come per chi eccepisce i fatti non provi il fondamento delle eccezioni. Dunque dal 2697 c.c. sembra che l’onere della prova sia diviso tra le parti – Ma è possibile che la distribuzione dell’onere della prova, sia modificata pattiziamente dalle parti, ma solo in ordine ai diritti disponibiliart.2698 – patti relativi all’onere della prova. “sono nulli i patti con i quali è invertito l’onere della prova oppure modificato, quando si tratti di diritti di cui le parti non possono disporre” . Premesso ciò distinguiamo 4 momenti essenziali concernenti “la prova nel processo” – 1)proposizione; 2)ammissione; 3)acquisizione; 4)valutazione. Proposizione della prova: onere di specificazione e onere di contrasto probatorio. A carico di ogni parte è posto l’onere c’è l’onere di allegare i fatti e di provarli – onere distribuito secondo la regola del 2697c.c. Ma chi deduce una prova ha un ulteriore onere di specificazione, tale onere è finalizzato ad evitare l’indeterminatezza del risultato della prova ed assicurarne l’idoneità: così ad es. per la prova testimoniale, per cui la parte deve non solo elencare il numero di testimoni e formulare il capitolato di prova in articoli, ma anche indicare quali testimoni debbano essere interrogati e su quali capitoli. Analogo discorso sulle “prove documentali” – l’onere si esaurisce con la produzione del documento in giudizio; Le prove documentali offerte in comunicazione dopo la costituzione in giudizio possono essere prodotte in udienza o fuori udienza: nel primo caso devono essere depositate in cancelleria e il relativo elenco deve essere comunicato alle altre parti - nel secondo caso, la produzione deve risultare espressamente dal verbale dell’udienza. In corrispondenza – sussiste a carico del soggetto nei cui confronti “l’atto probatorio” venga allegato – un onere di contestazione del fatto che deve essere specifica, nonché un onere di contrasto probatorio – E così il soggetto nei cui confronti è deferito il giuramento decisorio può fino a quando non abbia dichiarato di essere pronto a giurare, riferirlo all’avversario, ribaltando i termini della sfida. Quanto alla prova “documentale”incombe su colui contro cui venga prodotta una scrittura privata e che intenda disconoscerla,l’onere di negar formalmente la propria scrittura o la propria sottoscrizione (214 c.p.c.). ove questo non la disconosca nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione, la scrittura privata si ha per legalmente riconosciuta. Passiamo ora all’ammissione (a) e l’acquisizione (b) dei mezzi di prova: a) Ammissione  nelle norme del c.p.c. si evince il contenuto della funzione che il giudice istruttore deve assolvere nella fase di ammissione dei mezzi istruttori, la valutazione di “ammissibilità” e di “rilevanza” di essi: Quanto al giudizio di ammissibilità – concerne i limiti che le singole disposizioni di legge pongono alla prova di determinati fatti o rapporti e si concreta in un provvedimento che assume la forma dell’ordinanza. Quanto al giudizio di rilevanza - concerne la idoneità del mezzo di prova ad assolvere l’onere che incombe sulle parti di provare i fatti che costituiscono il fondamento del diritto che si fa valere in giudizio o il fondamento della contrapposta eccezione. b) Acquisizione  in ordine all’acquisizione ci limitiamo ad osservare alcuni aspetti generali: aa) Anzitutto che la legge attribuisce al giudice un potere di determinazione delle modalità di assunzione dei mezzi di prove e che riguardano le prove costituende , giacchè è per queste prove che si pone un problema di assunzione ed è ancora per tali prove che diviene centrale l’udienza innanzi al giudice istruttore._ L’udienza è quindi il luogo in cui tale assunzione viene effettuata e dal combinato disposto tra artt.202,183,184 – si deduce che ci si riferisce all’udienza di prima comparizione e trattazione ex 183, nonché alla successiva udienza cui il giudice , su istanza di parte può rinviare la causa per l’ammissione delle prove e per la loro immediata assunzione; Ed è solo nell’ipotesi in cui tale assunzione non sia possibile nella stessa udienza in cui le prove sono ammesse, che il giudice stabilisce il tempo ed il luogo e il modo di assunzione ex 202 c.p.c., fissando a riguardo un’udienza apposita. bb) Quando si deve assumere una prova fuori della circoscrizione del tribunale (203) – il giudice potrà trasferirsi in loco, per effettuarne l’assunzione solo quando coincidano due condizioni: primo) che le parti lo richiedano concordemente e secondo) che il presidente del tribunale esprima il suo consenso._ In difetto di queste condizioni il giudice non potrà fare altro che delegare a procedervi il giudice istruttore del luogo. Il giudice così delegato viene investito di una competenza anche se ad tempus. cc) Quando la prova debba essere assunta all’estero, il giudice emette i provvedimenti per la rogatorio all’autorità giudiziaria straniere e la trasmissione per via diplomatica (204)oppure se la rogatoria riguarda cittadini italiani residenti all’estero ,delega il console competente che provvede a norma della legge consolare. dd) Al giudice istruttore competono,oltre al potere di ammissione della prova e di determinazione delle modalità per la sua assunzione, anche quello di risolvere con f) Ammissione d’ufficio della prova testimoniale. Consulenza tecnica. La differenza tra testimone e perito è data da ciò che il secondo mette in relazione una situazione oggettiva con una massima di esperienza che egli stesso formula – in altre parole l’oggetto dell’indagine del consulente e dell’ispezione deve essere presente al momento in cui le relative attività vengono compiute o attraverso la riproduzione di una prova già assunta. Presenza attuale dell’oggetto di accertamento che costituisce condizione di legittimità di tale attività istruttoria condotto d’ufficio. Mettiamo in evidenza 3 aspetti fondamentali della consulenza tecnica: 1) Che il consulente tecnica, così come il giudice, ha l’obbligo di astensione e può essere ricusato negli stessi casi in cui deve astenersi e può essere ricusato dal giudice._ Si aggiunga che il consulente non solo assiste alle udienze alle quali è invitato dal giudice istruttore, ma può essere invitato ad assistere anche alla discussione innanzi al collegio per esprimere il proprio parere (anche in camera di consiglio). 2) Riguarda il contenuto dell’ordinanza con cui il giudice disciplina lo svolgimento della consulenza tecnica. Prevede art.195 c.p.c. che al fine di garantire il contraddittorio tra le parti, nell’udienza in cui il consulente tecnico d’ufficio presti il suo giuramento, il giudice deve emettere un’ordinanza contenente un triplice termine: primo) per la trasmissione della relazione del CTU alle parti; secondo) entro il quale le parti devono inviare al CTU le loro osservazioni sulla relazione; terzo) anteriore alla successiva udienza, entro il quale il CTU deve depositare la sua relazione ,con le osservazioni delle parti e una valutazione su di esse. 3) Che per le stesse ragioni di rispetto del contraddittorio,le parti hanno diritto a intervenire alle operazioni svolte dal consulente tecnico sia di persona, si a a mezzo di consulenti di parte designati ad hoc. Inoltre il consulente tecnico se lo richiede il giudice quando le indagini siano svolte con il suo intervento e in ogni caso quale le indagini siano compiute senza tale intervento, deve redigere una relazione delle indagini compiute (195) con la risposta ai quesiti formulati dal giudice._ Restano sempre riservate al giudice la verifica e valutazione dell’attività svolta, quindi potrà disporre la rinnovazione della consulenza, e sussistendo gravi motivi anche la sostituzione del consulente (196) – Inoltre il giudice, non è mai vincolato dalle conclusioni raggiunte dal consulente. Tuttavia, se nella decisione finale, si discosti da tali conclusioni è tenuto a motivare adeguatamente le ragioni di tale decisione. Ispezione, riproduzioni meccaniche ed esperimenti. L’ispezione può avere ad oggetto luoghi,cose mobili o immobili oppure persone e deve essere compiuta personalmente dal giudice, facendosi assistere, quando occorre, da un consulente tecnico e ciò anche quando l’ispezione debba eseguirsi fuori della circoscrizione del tribunale. Solo nell’ipotesi in cui l’esigenze di servizio impediscano al giudice istruttore di allontanarsi dalla sede, il potere di compiere l’ispezione può delegarsi al giudice del luogo in cui l’ispezione deve avvenire. La tutela della persona sottoposta all’ispezione è assicurata sia adottando tutele caute dirette a garantire il rispetto della persone ,sia permettendo all’interessato di farsi assistere da persone di sua fiducia che sia riconosciuta idonea dal giudice. Per ciò che riguarda infine gli esperimenti, i calchi e le riproduzioni fotografiche è previsto che il giudice presieda l’esperimento affidandone l’esecuzione ad un esperto (261). La richiesta di informazioni. La richiesta di informazioni è un surrogato dell’ispezione e ha consentito di chiarire il suo carattere “suppletivo” rispetto alle altre prove. L’esercizio di tale potere del giudice è assolutamente discrezionale,tanto che il giudice non sarebbe neppure tenuto a motivare l’adozione o meno del provvedimento . L’esercizio del potere di chiedere informazioni può avvenire tuttavia non nei confronti di qualsiasi terzo o per qualsiasi documento, bensì solo nei confronti della PA e limitatamente ai suoi documenti. I singoli mezzi di prova Esibizione delle prove. Se l’esibizione è volontaria o spontanea di un documento a cura della parte interessata, ha normalmente ad oggetto una prova precostituita, che essendo nella disponibilità della parte stessa non ha necessità di “assunzione”, giacchè la sua acquisizione si realizza con la mera produzione i processo; l’esibizione coatta conseguente all’ordine di esibizione dl 210 ha ad oggetto una prova che sia pur materialmente preesistente, non può assurgere al rango di prova se non acquisita al processo in ottemperanza all’ordine del giudice. In tal modo si può distinguere l’esibizione “spontanea” da quella”coatta” – sottolineando come la prima abbia ad oggetto prove precostituite, quando la secondo viceversa ha ad oggetto prove costituende. Esaminiamo ora i presupposti che legittimano l’emanazione dell’ordine di esibizione anzitutto dal mero confronto tra 118 e 210 risulta che se l’ispezione può essere disposta d’ufficio, l’esibizione richiede sempre l’istanza di parte. Quanto all’oggetto dell’ordine di esibizione ossia “ le cose in possesso di una parte o di un terzo” – può sembrare coincidente con l’ispezione; ma questa somiglianza è smentita nel fatto che i documenti possono formare oggetto dell’esibizione, ma non dell’ispezione. Nel caso dell’esibizione è sufficiente che l’acquisizione della cosa o del documento sia “necessaria”, quando nel cado dell’ispezione l’acquisizione della cosa o ispezione di cose e perone sia “indispensabile” per conocere i fatti di causa. Diverse sono anche le conseguenze del rifiutoSe si rifiuti di eseguire l’ordine di ispezione – il giudice potrà irrogare a carico del terzo una pena pecuniaria e se è la parte ch rifiuta l’esecuzione dell’ordine senza giusto motivo, potrà da questo rifiuto desumere argomenti di prova a norma del 116. _ Viceversa nel caso di rifiuto di eseguire l’ordine di esibizione le conseguenze negative ricadranno non sulla parte che ha opposto il rifiuto , bensì sulla stessa parte che ha proposto l’istanza. ma analizzando del conseguenze e i possibili rimedi al rifiuto dell’ordine di esibizione, si ha l’occasione per individuare tali rimedi al rifiuto attenzione al “sequestro giudiziario” che può essere utilizzato su libri,registri, modelli, campioni e ogni altra cosa di cui si pretende desumere elementi di prova” – e quindi ove una delle parti o un terzo espressamente o tacitamento , con l’inosservanza dell’ordine del giudice contesti il diritto di esibizione del documento e si dimostri che è opportuno provvedere alla sua custodia, si potrà legittimamente ricorrere al sequestro. In seguito si tratta di verificare quando sussiste il diritto della parte all’esibizione; tale diritto deve ritenersi senz’altro escluso nei casi di indisponibilità legale (quando il documento deve rimanere segreto o riservato) o convenzionale (il codice deontologico degli avvocati preclude la possibilità di produrre la corrispondenza riservata e quella comunque scambiata trai difensori al dine di comporre o prevenire la lite) del documento. In definitiva il diritto all’esibizione concerne sì il diritto al documento, ma è condizionato dal contenuto di questo e cioè dall’oggetto o fatto rappresentato; capiamo che non tutti i documenti possono formare oggetto di esibizione su istanza di parte; difatti deve trattarsi di documenti”comuni”,che rappresentano un “fatto comune” alla parte che lo richiede e al soggetto nei cui confronti l’ordine di esibizione è posto. Vediamo quando esiste questa comunanzainvero la richiesta di esibizione può essere legittimamente avanzata sia che si tratti di un contratto preliminare tra le parti, sia di un atto di recente creazione come ad es. l’atto di puntazione dello Stato di avanzamento di una trattativa tra le parti – trattandosi in entrambi i casi di un documento comune,che attesta un fatto comune. – difficoltà sorgono quando invece il documento sia di deve essere depositato il documento impugnato e di tale deposito viene redatto processo verbale in presenza delle parti e del Pm, contenente la descrizione dello stato in cui si trova il documento. cc) Contenuto prescritto a pena di nullità, concerne l’indicazione degli elementi delle prove della falsità Quanto al modus procedendi nel caso di querela proposta in via incidentale è necessario distinguere le attività del collegio e quelle del giudice istruttore. L’attività del giudice istruttore si articola in 3 fasi: aa) interpello della parte che ha esibito il documento perché dichiari se intende avvalersene in giudizio; l’eventuale risposta negativa (cui si equipara la mancata comparizione) preclude l’utilizzazione del documento in giudizio. bb) risposta positiva all’interpello consegue invece la “valutazione di rilevanza del documento”: cc) riconosciuta la rilevanza del documento, il giudice istruttore autorizza la proposizione della querela in udienza ed emette i necessari provvedimenti istruttori. L’attività del collegio consiste invece nella “decisione” sulla querela e l’emanazione dei provvedimenti conseguenti, che sono ovviamente diversi a seconda la decisione sia di rigetto o di accoglimento: aa) Nell’ipotesi di rigetto viene disposta l’annotazione del provvedimento sul documento o sulla relativa copia e inoltre viene condannato il querelante al pagamento di una pena pecuniaria. bb) Nell’ipotesi di accoglimento – il collegio deve dare anche d’ufficio, i provvedimenti previsti dal 57 c.p.p.e quindi dichiarata la falsità,deve essere ordinata la cancellazione totale o parziale del documento. Si badi che il “rigetto di una querela” non ne preclude la riproponibilità allorchè siano fatti valere altri profili di falsità. Le prove orali. Confessione e interrogatorio. La confessione della parte nel processo civile è definita all’art.2730 c.c. “la confessione è la dichiarazione che una parte fa delle verità dei fatti ad essa sfavorevoli e favorevoli all’altra parte; può essere giudiziale o stragiudiziale”. Essa forma piena prova contro colui che l’ha fatta. A ciò la legge collega un vincolo di libero convincimento del giudice, il quale sarà appunto tenuto a ritenere per veri i fatti affermati nella contra se declaratio. Qualora poi la dichiarazione di contenuto sfavorevole abbia invece ad oggetto l’intera pretesa avversaria non si avrà confessione nel senso appena descritto, ma vero e proprio “riconoscimento della pretesa avversaria”. La confessione ha ad oggetto la verità dei fatti nella loro dimensione storica, non è pertanto possibile attribuire efficacia di confessione ad una dichiarazione contenente i giudizi di valore o valutazioni giuridiche. L’introduzione dell’istituto della confessione richiede di illustrare le differenze rispetto alle figure contigue di “ammissione” e”non contestazione” – quanto alla prima si considerano tutte quelle dichiarazioni “contra se” cui la legge non attribuisce valore confessorio, ad esempio le dichiarazioni rese dalla parte in sede di interrogatorio libero, oppure quelle provenienti da difensori con le quali si attua il riconoscimento delle allegazioni avversarie. Quanto alla natura della confessione – l’istituto si riconduce al piano probatorio e precisamente comporta un limite precostituito al libero convincimento del giudice._ Il valore di prova legale della confessione è tale che una volta acquistata con essa la piena dimostrazione del fatto non è possibile compiere alcuna ulteriore attività istruttoria, né contrastare l’efficacia raggiunta con le prove in precedenza raccolte. Dal punto di vista soggettivo l’art.2731 c.c. “capacità richiesta per la confessione”: subordinala la confessione alla capacità del dichiarante di disporre del diritto a cui i fatti confessati si riferiscono, precisando altresì che, qualora la dichiarazione sfavorevole sia resa da un rappresentante la confessione vincoli il rappresentato solo nei limiti in cui il primo abbia il potere di disporre dei diritti del secondo. L’effetto di piena prova è poi escluso in materia di diritti oggettivamente indisponibili. Al fine di attribuire alla dichiarazione “contra se” valore di “confessione”, la giurisprudenza ritiene necessario verificare la sussistenza in capo al dichiarante dell’animus confitendi – ossia della volontà e consapevolezza della parte di affermare la verità di fatti obiettivamente a sé sfavorevoli e invece favorevoli all’avversario,indipendentemente dalla coscienza delle conseguenze giuridiche che ne derivino. Una volta resa la confessione in questi termini – l’efficacia di piena prova legale che ad essa accede può essere superata nelle sole ipotesi di dichiarazione determinata da errore di fatto o indotta con violenza (2732c.c. revoca della confessione). Se l’efficacia probatoria tipica della contra se declaratio è quella di prova legale, non mancano tuttavia ipotesi disposte dallo stesso legislatore in cui la confessione della parte è considerata prova libera, ossia soggetta alla valutazione del giudice secondo il suo prudente apprezzamentoil caso è della dichiarazione sfavorevole resa da uno od alcuni soltanto dei litisconsorti necessari, che può essere “liberamente apprezzata dal giudice” ovviamente nei confronti di tutti i soggetti coinvolti; altra ipotesi è quella di dichiarazione “complessa o qualificata” del confidente, ossia contenete anche elementi favorevoli allo stesso quindi ove la “dichiarazione contra se” faccia difetto di taluni dei suoi requisiti necessario, non deve essere esclusa la sua valenza probatoria in toto, ma sarà soggetta al libero apprezzamento del giudice._Un’altra ipotesi di degradazione della contra se declaratio a prova liberamente valutabile dal giudice è quella in materia di “diritti indisponibili”. La confessione giudiziale. Se l’efficacia probatoria della confessione giudiziale è all’art.2733 c.c. – per il suo ingresso nel processo ci riferiamo al codice di procedura – art.288 c.p.c. “la confessione giudiziale è spontanea o provocata mediante interrogatorio formale” : a) Confessione spontanea: può essere contenuta ex art.229 in qualsiasi atto processuale firmato dalla parte personalmente._ Lo stesso art. fa salvo l’art.117 ossia l’ipotesi delle dichiarazioni rese durante l’interrogatorio non formale. È opinione corrente ch l’interrogatorio libero, non tende a provocare la confessione, come l’interrogatorio formale,bensì ha lo scopo di chiarire le allegazioni di fatto; ciò però significa che dato per scontato che nell’interrogatorio libero, la confessione della parte non può essere provocata dalle domande del giudice, non si può escludere che la parte, dichiari spontaneamente la verità di un fatto a se sfavorevole, dando così luogo a una confessione che non è provocata, ma appunto spontanea. b) Confessione provocata: è quella che consegue all’interrogatorio formale e in particolare alla risposta positiva della parte ai capitoli di prova articolati dalla controparte e ammessi dal giudice. L’interrogatorio formale è dunque un mezzo che ciascuna delle parti può utilizzare per dimostrare il fondamento della pretesa o dell’eccezione. Per ottenere l’ammissione, il richiedente deve assolvere l’onere di specificazione imposto ex230 c.p.c., quindi deve dedurre i fatti , articolandoli per capitoli separati; il giudice può poi respingere la richiesta di interrogatorio perché ammissibile o irrilevante. Sotto il profilo oggettivo l’interrogatorio formale è inammissibile: a) In materia di diritti indisponibili. b) In relazione alla stipulazione di atti con forma scritta ad substantiam i limiti oggettivi all’ammissibilità del giuramento sono di quadruplice ordine; in quanto è esclusa la deperibilità e la riferibilità del giuramento per: aa) per la decisione di cause relative a diritti di cui le parti non possono disporre. bb) sopra un fatto illecito, ossia qualsiasi fatto contrastante con nome imperative di ordine pubblico. cc) sopra un contratto per il quale sia richiesta la forma scritta ab substantiam. dd)per negare un fatto che da un atto pubblico risulti avvenuto alla presenza del pubblico ufficiale che ha formulato l’atto b) Soggetti  va precisato ch il giuramento può essere deferito solo dalla parte che abbia la capacità di disporre del diritto cui i capitoli del giuramento si riferiscano;inoltre l’art.233 c.p.c. fa riferimento soltanto alla parte o al procuratore munito di mandato speciale. Quanto invece alla parte nei cui confronti il giuramento può essere deferito, di deve ritenere che possa trattarsi sia di persona fisica che di enti collettivi, che dovrà prestarlo a mezzo di colui che la rappresenta. c) Circa la forma e il tempo  l’art.233cpc. – dispone al comma2, che questo debba sempre essere formulato in articoli separati, in modo chiaro e specifico, ossia su fatti “rigorosamente distinti ed individuati”; il deferimento può poi essere richiesto in forma scritta oppure oralmente, in quest’ultimo caso la relativa dichiarazione può essere effettuata nel corso dell’udienza istruttoria e documentata nel relativo processo verbale. Quanto al “tempo” – del deferimento del giuramento – il legislatore dice “in qualunque stato della causa davanti al giudice istruttore”, ma l’assunto si deve interpretare in relazione alle cause nelle quali il tribunale giudica in composizione monocratica (50 ter, cpc) nonché a quella in cui giudica in composizione collegiale (50bis): per queste ultime si deve escludere che il giuramento decisorio possa essere deferito innanzi al collegio; per le prime si ritiene che la dichiarazione possa essere effettuata fino a quando non vengono precisate le conclusioni innanzi al giudice unico. _ inoltre si deve coordinare con l’altro art.345 c.p.c. per cui si ricava che il giuramento può essere deferito non solo in qualunque stato innanzi al giudice istruttore, ma anche nei successivi gradi di impugnazione eccetto quello in cassazione. d) Con il riferimento del giuramento la parte destinataria del deferimento ha la possibilità di ribaltare la sfida ricevuta dall’avversario; consiste nel comportamento del delato che, anziché prestare giuramento o astenersene decide di chiamare la parte deferente a giurare essa stessa sulle medesime circostanze oggetto del deferimento, ma senza alcuna modificazione o riduzione dell’ambito oggettivo della stessa. Identici sono i presupposti soggettivi di capacità e i soggetti legittimati – A detti limiti se ne aggiungono altri ex 234 c.p.c. per cui “la parte che ha riferito il giuramento decisorio non può più revocarlo quando l’avversario abbia dichiarato di essere pronto a giurare”. e) La revocabilità del deferimento  o del riferimento è possibile per la parte che ha deferito/riferito siano a quando l’avversario non dichiari di essere pronto a prestarlo; ma è sempre concessa quando il giudice nell’ammettere il giuramento decisorio, abbia modificato i capitoli che la parte ha articolato (236). f) Il provvedimento di ammissione del giuramentoriveste la forma dell’ordinanza, la quale deve essere notificata per intero, a cura del deferente alla parte personalmente. In caso di eventuali contestazioni in ordine all’ammissibilità del giuramento , la competenza per la decisione spetti al collegio. g) La prestazione del giuramento - è un atto personalissimo della parte cui il giuramento è stato deferito – ex 238cpc. “il giuramento è prestato personalmente dalla parte ed è ricevuto dal giudice istruttore. Questi ammonisce il giurante sull’importanza religiosa e morale dell’atto e sulle conseguenze penali di dichiarazioni false. Il giurante in piedi pronuncia la formula sacra..” h) Efficacia del giuramento prestato la mera riposta condiziona l’esito della controversia determinando la decisione della causa in senso favorevole al giurante; l’art.2738 c.c. afferma che alla parte soccombente è inoltre preclusa non solo la facoltà di chiedere prova contraria, ma anche la possibilità di domandare la revocazione straordinaria della sentenza. Prosegue il 2738 – che può tuttavia domandarsi il risarcimento dei danni nel caso di condanna penale per falso giuramento. Se la condanna penale non può essere pronunziata perché il reato è estinto, il giudice civile può conoscere del reato al solo fine del risarcimento. Inoltre in caso di litisconsorzio necessario, il giuramento prestato da alcuni soltanto dei litisconsorti è liberamente apprezzato dal giudice. i) La mancata prestazione del giuramento deferito o riferitoi concreta nel rifiuto espresso di prestarlo oppure nel rifiuto tacito – determina invece la soccombenza della parte cui il giuramento era deferito o riferito, rispetto alla domanda relativamente alla quale il giuramento era ammesso. Mentre nel caso di mancata presentazione della parte per giustificato motivo, il giudice se ritiene sussistente un legittimo impedimento, può in conformità con quanto previsto per mancata risposta all’interrogatorio (239/2) può disporre l’assunzione del giuramento anche fuori dalla sede giudiziaria. Il giuramento suppletorio. Di questo giuramento (sempre previsto dal 2736 c.c.)- risultano due sottospecie: “semplice” - “giuramento estimatorio” diversi sono i presupposti e la natura rispetto al decisorio; a cui si aggiunge la differenza di regime processuale, fra cui spicca il fato che il giuramento suppletorio può essere deferito, non già su istanza di parte, ma solo ed esclusivamente d’ufficio. _ nonostante ciò i due giuramenti (suppletorio e decisorio) hanno in comune i limiti oggettivi di ammissibilità(2739) e l’efficacia (2738). Giuramento suppletorio semplice. Presuppone l’esistenza della “semiplena probatio”, essendo ammissibile al fine di decidere la lite soltanto quando la domanda o le eccezioni non siano pienamente provate, ma nemmeno del tutto sfornite di prova. Ma può trovare ingresso solo quando, esaurita l’assunzione dei mezzi di prova che la parte aveva a disposizione,questi abbiano offerto una dimostrazione incompleta della pretesa o dell’eccezione – e quindi il mero completamento della semiplena probatio – avviene con il giuramento suppletorio. i capisce che la valutazione della “semiplena probatio” può avvenire solo una volta completata l’attività istruttoria e quindi solo nella fase decisoria. L’ammissione del giuramento suppletorio spetta al collegio nelle cause di competenza collegiale, oppure al giudice unico nelle controversie da decidere in composizione monocratica, i quali stabiliscono a quale delle parti il giuramento debba essere deferito. – Il giuramento suppletorio ex242cpc. deferito dal giudice a una parte non può da questa essere riferito all’altra . La giurisprudenza ritiene che il criterio di individuazione della parte chiamata al giuramento debba essere relazionato alla parte “maggiormente favorita dalle risultanze della prova esperita o meritevole di fiducia, anche in considerazione del comportamento processuale”. Il giuramento suppletorio si presenta come una testimonianza giurata della parte provocata dall’ordine del giudice, ma idonea a produrre gli stessi effetti del giuramento decisorio – di modo che se il giuramento sia stato prestato , l’altra parte non è ammessa a provare il contrario è può chiedere la revocazione della sentenza. Alla parte soccombente, danneggiata dal giuramento dichiarato falso in sede penale, è previsto la possibilità di chiedere un risarcimento dei danni. aa)La prova per testimoni è anzitutto esclusa quando si tratti di patti aggiunti o contrari stipulati anteriormente o contemporaneamente alla stipulazione del documento. bb) solo nell’ipotesi in cui si alleghi che tali patti sono stati stipulati posteriormente è conferito al giudice il potere di consentire la prova per testimoni, potere che può essere esercitato quando il giudice, valutati i criteri del 2721 (contratti non superiori a 2,58euri) – riconosca che appare verosimile che siano state fatte aggiunte o modificazioni verbali. c) In considerazione di situazioni particolari – le limitazioni sull’oggetto non operano eccezionalmente nei casi espressi dall’art.2724 c.c. ossia: aa) quando vi è un principio di prova per iscritto proveniente dalla persona contro la quale è diretta la domanda o dal suo rappresentante, che faccia ritenere verosimile la stipulazione del contratto o del patto aggiunto o contrario. bb) quando il contraente è stato nell’impossibilità morale o giuridica di procurarsi una prova scritta della pattuizione. cc) infine quando il contraente ha perduto senza sua colpa il documento che gli forniva la piena prova d) Quanto al modo di operare – allorquando si tratti di diritti disponibili è corretto affermare che,essendo le limitazioni suddette poste nell’esclusivo interesse delle parti, la loro inosservanza può essere eccepita solo dalla parte interessata. Quando viceversa,si tratti di diritti indisponibili ne consegue che l’inosservanza di tali limiti può essere rilevata anche d’ufficio. Segue – limiti quoad subiectum. Le limitazioni concernenti i soggetti che possono rendere testimonianza sono stabilite dal codice di procedura – riguardano l’incapacità, divieto di testimoniare e la facoltà di astensione del testimone: a) Incapacità di testimoniare art.246 cpc “non possono essere assunte come testimoni le persone aventi nella causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudiczio”. b) Il divieto di testimoniare art.247 cpc. “non possono deporre il coniuge sebbene separato, i parenti o affini in linea retta e coloro che sono legati a una delle parti da vincoli di affiliazione, salvo che la causa non verta su questioni di stato, di separazione personal o relative a rapporti di famiglia.” Art 248 cpc. “i minori di quattordici anni possono essere sentiti solo quando l loro audizione è resa necessaria da particolari circostanze. Essi non prestano giuramento.” c) La facoltà di astensione art.249 cpc. “si applicano all’audizione dei testimoni gli artt.200,201,202 del cpp. Relative alla facoltà di astensione dei testimoni” introducendo le fattispecie del “segreto professionale”, per cui il testimone non può essere obbligato dal giudice a deporre. _ “segreto d’ufficio” – in cui l’astensione costituisce per il testimone non una facoltà, ma un obbligo. Le categorie in favore delle quali il cpp del 1930 concedeva la “facoltà di astensione” erano: ministri di culto, avvocati, consulenti tecnici e gli esercenti professioni sanitarie. Regole processuali sull’espletamento della prova. Le regole concernenti le varie fasi in cui si svolge la prova testimoniale sono: a) Iniziativa delle parti – alle parti è attribuito l’onere di formulare la prova testimoniale per articoli separati con indicazione specifica delle persone da interrogare (244); al giudice è concesso il potere di ridurre le liste dei testimoni (245) salva la possibilità di disporre successivamente l’audizione dei testimoni esclusi – e sempre nella fase di assunzione di rivolgere al testimone le domande che ritiene utili per chiarire i fatti intorno ai quali il testimone è chiamato a deporre._ secondo il 281ter è anche previsto che il giudice possa chiamare dei testimoni d’ufficio quando le parti si siano riferite nelle loro esposizioni a persone che appiano in grado di conoscere la verità. b) La intimazione dei testimoni – si tratta di intimazione di comparire in udienza; al 250/3 è previsto che l’intimazione ai testimoni possa essere effettuata, direttamente dal difensore, attraverso l’invio della copia del relativo atto, oppure a mezzo pec o telefax._ La disposizione del 250 deve integrarsi con l’art.103 disp.att.cpc. ai sensi del quale l’intimazione deve contenere l’indicazione della parte richiedente e della controparte; nonché generalità ed indicazione del giorno,luogo e ora di comparizione e del giudice innanzi al quale comparire; deve esserci l’espresso avvertimento che la mancata comparizione del testimone senza giustificato motivo potrà essere sanzionata con la condanna a pena pecuniaria. Ai sensi del 250/4 – infine il difensore è tenuto a depositare in cancelleria la copia dell’atto inviato, attestandone la conformità all’originale, nonché l’avviso di ricevimento. c) Giuramento del teste – Corte cost.5 maggio1995 – ha inciso sia sul contenuto dell’ammonizione rivolta dal giudice al testimone sia sulla formula del giuramentoquanto alla formula – questa è stata sostituita dall’impegno a dire “tutta la verità e non nascondere nulla di quanto sia a mia conoscenza”. d) Identificazione – il testimone si identifica con il luogo e la data di nascita, restando fermo l’accertamento del rapporto del testimone con le parti,volto a accertarne la terzietà. e) Interrogazione – art.253 “il giudice istruttore interroga il testimone sui fatti introno ai quali è chiamato a deporre. Può altresì rivolgergli d’ufficio o su istanza di parte, tutte le domande che ritiene utili a chiarire i fatti medesimi – è vietato alle parti e al pm, interrogare i testimoni direttamente.” f) Confronto dei testimoni – è finalizzato allo scopo di risolvere le divergenze tra le deposizioni di due o più testimoni con il loro confronti diretto; che può essere attuato anche senza l’intermediazione del giudice e cioè lasciando che gli stessi testimoni si interroghino a vicenda. g) Assunzione della testimonianza scritta – il modus procedendi nella testimonianza scritta ex257bis, prevede che il giudice nel provvedimento con cui ammette la testimonianza scritta,dispone che la parte che ne ha richiesto l’assunzione predisponga il modello di testimonianza in conformità agli articoli ammessi e lo faccia notificare al testimone. Spetta inoltre al testimone sottoscrivere la deposizione apponendo la propria firma autenticata su ciascuna delle facciate del foglio e consegnare il tutto alla cancelleria del giudice. Il rendimento di conti Il conto e il rapporto sostanziale di gestione. Art.263 c.p.c. “presentazione e accettazione del conto” – “se il giudice ordina la presentazione di un conto, questo deve essere depositato in cancelleria con i documenti giustificativi, almeno 5giorni prima dell’udienza fissata per la discussione di esso. Se il conto viene accettato il giudice istruttore ne dà atto nel processo verbale o ordina il pagamento delle somme che risultano dovute.. l’ordinanza non è impugnabile e costituisce titolo esecutivo.” Art. 264 c.p.c. “impugnazione e discussione” – “la parte che impugna il conto deve specificare le partite che intende contestare; se chiede un termine per la specificazione, il giudice istruttore fissa un’udienza a tale scopo. Se le parti in seguito alla discussione concordano nel risultato del conto , il giudice provvede a norma del comma 2 faccia richiesta, altrimenti dispone la cancellazione della causa dal ruolo e il processo si estingue. Come sappiamo infatti l’estinzione del processo non “estingue l’azione”, ossia l’attore dopo la pronunzia d’estinzione,potrà riproporre la medesima domanda in un nuovo giudizio, è proprio per questo che il convenuto potrebbe decidere di continuare la causa per ottenere una “assoluzione nel merito” così che l’azione non sia più proponibile dall’attore. Contumacia del convenuto – 291 – quando la parte che non si sia costituita in giudizio sia il convenuto,il giudice può dichiararne la contumacia solo se si verificano 3 condizioni: a) Che l’attore si sia tempestivamente costituito. b) Che il convenuto non si sia costituito entro la prima udienza. c) Che la notificazione dell’atto di citazione sia immune da vizi che ne importino nullità. Quando si verifichino tutte le tre condizioni, l giudice trascorsa 1ora dall’apertura della prima udienza ne dichiara la contumacia. Non è invece configurabile contumacia “di entrambe le parti” – difatti questa ipotesi implica la cancellazione della causa dal ruolo. Può osservarsi che oggi la contumacia ha perso qualsiasi carattere punitivo e si può anzi osservare che la sua disciplina speciale è rivolta a favore e non a favore del contumace in quanto pone deroghe alle norme comuni in senso a lui favorevole in modo che non abbia a patire, per effetto della contumacia, altre conseguenze sfavorevoli che non siano dipendenti dalla mancata partecipazione al giudizio; ovviamente senza che ciò si risolva in un pregiudizio per la parte che si sia costituita. Il regime del processo contumaciale. La conferma dell’esclusione di qualsiasi carattere sanzionatorio della contumacia è offerta dall’analisi degli artt.290 ss. che contengono una disciplina essenzialmente a favore della parte contumacecostituirsi in giudizio e difendersi è infatti un onere e non un obbligo – sicchè il processo una volta instaurato il contraddittorio e nei limiti del thea decidendum prosegue indifferentemente alla mancata partecipazione del contumace._ Tre sono gli aspetti fondamentali di questo regime. 1) Il primo concerne il controllo del giudice sulla regolarità del contraddittorio, come condizione per la dichiarazione di contumacia della parte che regolarmente convenuta in giudizio , non si sia costituita. si badi che la dichiarazione di contumacia non è impedita dalla possibilità che il convenuto non abbia avuto conoscenza dell’atto di citazione regolarmente notificato, oppure non abbia potuto costituirsi in giudizio per caso fortuito o forza maggiore, possibilità questa che invece potrebbe giustificare la rimessione in termini. 2) Il secondo – riguarda la posizione del contumace rispetto alle preclusioni che si producono nei suoi confronti; nonché rispetto agli atti che vengono compiuti nel processo,che,di regola non gli devono essere comunicati o notificati personalmente, salvo che: aa) Non modifichino il thema decidendum e quindi l’ambito oggettivo sul quale il contraddittorio era stato instaurato La ratio di questa disposizione, prende le mosse dalla supposizione che il contumace non si sia costituito a seguito di una matura valutazione della domanda proposta contro di lui e degli effetti che ne sarebbero derivati; quindi a seguito della modifica del thema decidendum, la parte non costituita potrebbe,nelle sue valutazioni,ritenere opportuna la difesa attiva nel giudizio._ l’inosservanza dell’obbligo di notificazione personale al contumace delle comparse contenenti domande nuove non può essere dedotta dalle altre parti né rilevata d’ufficio . bb) non impongano a suo carico il compimento di atti,dalla cui omissione possa derivare soccombenza o un pregiudizio della sua posizione rispetto alla decisione della causa; pertanto devono essergli notificate le ordinanze che ammettono il suo interrogatorio o il suo giuramento, in virtù delle conseguenze che deriverebbero dalle mancate riposte._ Ovviamente la mancata comparizione del contumace alle udienze fissate per l’interrogatorio o il giuramento, dovute alla mancata notifica delle ordinanze non implica le conseguenze della mancata risposta. Anche le sentenze definitive e non – debbono notificarsi al contumace sicchè avendone conoscenza possa tempestivamente impugnarle. 3) Il terzo aspetto concerne la costituzione del contumace e i relativi effetti. Precisato che il dies ad quem per la costituzione in giudizio del contumace è costituito dall’udienza di precisazione delle conclusioni; il contumace ha la possibilità di: aa) di disconoscere le scritture private a lui attribuite o contro di lui prodotte in giudizio (293/3). bb) di chiedere al giudice la rimessione in termini per il compimento di attività che gli sarebbero precluse,purchè dimostri che la nullità della citazione o notificazione gli abbiano impedito di avere conoscenza del processo, oppure che la costituzione è stata impedita da cause a lui non imputabili( rimessione in termini 294). Sospensione e interruzione del processo. Inquadramento sistematico. Il codice di procedura del 1940 – dedicava due sez.autonome alla “sospensione” e “all’interruzione” del processo (295-298 – 299-304). i due istituti pur presentando diversità di presupposti,struttura e funzione – sono caratterizzati da identità di effetti._ Ambedue si sostanziano nell’impossibilità giuridica di compiere atti idonei a modificare la situazione processuale che si è determinata sino a quel momento._ Mentre le diversità trai due istituti sono palesi nella fase di “riassunzione”del processo,in particolare nella determinazione del dies a quo per il decorso di 6mesi per la riassunzione. Difatti per la “sospensione” – il dies a quo si fa coincidere con il momento in cui viene a cessare la causa stessa che ha determinato la sospensione. Mentre nell’interruzione – si fa invece risalire al momento in cui si sia completata la fattispecie interruttiva. Questi aspetti strutturali sono espressione di una diversità fondamentale che connota le categorie generali di “interruzione” e “sospensione” – per cui mentre con la prima si ha una semplice cesura nello sviluppo di una fattispecie; con la seconda si ha l’inserimento in questa fattispecie di una vera e propria pausa, che ha la peculiarità di procrastinare ,per il tempo corrispondente alla pausa stessa il completamento della fattispecie. Si ritiene opportuno affrontare ora – il tema della loro funzione: Funzione sospensionecorrisponde a una situazione che investe il giudice adito e che si sostanzia in un’impossibilità attuale del giudizio._ Si tratta cioè sempre dell’impossibilità attuale di esercitare il potere giurisdizionale, pronunciando su quella causa._ Impossibilità che non è nè“totale” e “definitiva” ,ma temporanea o limitata,alla soluzione di altra controversia ex 295. – Sicchè risolta tale controversia, verrò meno la causa della sospensione e il primo giudice potrà esercitare il suo potere giurisdizionale, decidendo la causa davanti a lui pendente. L’interruzione del processo ex299e301 cpc- è provocata dalla morte o perdita della capacità di stare in giudizio di una delle parti o del suo rappresentante legale o dalla cessazione di tale rappresentanza; oppure se è costituita mezzo d difensore, dalla morte,radiazione o sospensione di quest’ultimo. Tutti questi eventi hanno in comune quello di incidere sulla parte in modo da paralizzarne la sua possibilità di esercitare l’azione nel processo._ Ma anche questa crisi non è definitiva, si tratta di “vacatio” che è solo provvisoria d è legata al tempo necessario perché il chiamato alla successione accetti e possa esercitare le azioni di cui era titolare il dante causa. La sospensione del processo: tipologie e presupposti. La sospensione concordata. Art.296 – “il giudice istruttore su istanza i tutte le parti ,ove sussistano giustificati motivi, può disporre, per una sola volta, che il processo rimanga sospeso per un periodo non superire a 3 mesi, fissando l’udienza per la prosecuzione del processo medesimo”. La sospensione “facoltativa” e la sospensione “impropria”. È stata la giurisprudenza a costruire un’ipotesi di sospensione definita come “facoltativa”, in virtù dell’asserita sussistenza in capo al giudice di un potere discrezionale di arrestare momentaneamente il giudizio per ragioni di opportunità. Quanto alla “sospensione impropria”è stata invece elaborata dalla dottrina per classificare quelle ipotesi di sospensione previste dalle norme processuali contenute nel codice o previste in leggi speciali o altri atti normativi si tratta di fattispecie cui la legge impone la sospensione del processo di merito non perché penda una controversia su “materiale” pregiudiziale, ma perché in seno al processo sospeso,si apre una sua fase speciale “determinata dalla necessità di far decidere una delle questioni del processo da un giudice diverso esclusivamente competente”; il processo sarebbe allora solo “apparentemente”sospeso perché di fatto continuerebbe in un’altra sede, davanti ad un altro giudice. Effetti della sospensione e disciplina della riassunzione del processo sospeso. Effetti della sospensione. Art.298 cpc. – sancisce la regola che durante la sospensione non possono essere compiuti atti del procedimento; non indica quale sanzione colpisca gli atti posti in essere in violazione del divieto,, ma siamo propensi a ritenere che siano inefficaci che tale inefficacia possa essere eccepita da tutte le parti e rilevata d’ufficio._ Non sono vietati invece i provvedimenti cautelari, né gli atti che il giudice ritenga urgenti. Lo stesso art.298 – prende anche in considerazione gli effetti della sospensione sui termini in corso, effetti che di regola stabilendo che essi siano “interrotti” e non “sospesi”, la successiva previsione secondo cui riprendono a decorrere dal giorno della nuova udienza fissata nel provvedimento di sospensione o stabilita nel provvedimento emesso a seguito dell’istanza di riassunzione dovrebbe essere interpretata nel senso che essi riprendono a decorrere per intero e non per il residuo,come si verificherebbe,invece nell’ipotesi in cui fossero sospesi. La riassunzione. A norma dell’art.297 la riassunzione del processo richiede un’istanza di parte diretta ad ottenere la fissazione di una nuova udienza. L’istanza deve essere proposta con ricorso al giudice istruttore o in mancanza al tribunale entro il termine perentorio di 3mesi, che si fanno decorrere dal “passaggio in giudicato sella sentenza che definisce la controversia” che ha dato causa alla sospensione. Per la sospensione concordata ex 296 c.p.c. la domanda di riassunzione deve essere proposta 10giorni prima della scadenza del termine di sospensione. Il t termine di 10giorni non è perentorio. L’interruzione del processo – tipologia e presupposti Può essere che per la morte o il venir meno di una parte non si applichino gli artt.110-111 cpc. (norme sulla successione nel processo e sulla successione a titolo particolare nel diritto controverso), bensì l’art.299 e ss. Non sempre il venir meno di una parte (società) implica l’interruzione perché magari il processo può continuare in capo al successore,mentre invece è sempre causa di interruzione la morte, perdita di capacita, cancellazione dall’albo. Bisogna ora capire che l’evento interruttivo, non provoca sempre l’interruzione, perché una fattispecie ben più ampia: 1) Può essere che l’evento interruttivo colpisca la parte che non si è costituita in giudizio perché muore prima che scada il termine per costituirsi. 2) Può essere che l’evento interruttivo colpisca la parte costituitasi personalmente. 3) Può essere che l’evento interruttivo colpisca il difensore. In queste 3 ipotesi l’interruzione è automatica; quando però degli atti fossero stati compiuti – questi sono nulli. comunque se non sono a conoscenza dell’evento interruttivo,il termine di riassunzione del processo potrebbe cominciare successivamente. Interruzione non automaticaquesta ipotesi si ha: 1) L’evento interruttivo colpisce la parte costituitasi per mezzo di difensore – il difensore può notificare l’atto di comunicazione dell’evento interruttivo e il termine inizia a decorrere – sarà poi il giudice a dichiarare l’interruzione. 2) L’evento interruttivo colpisce il contumace – qui l’interruzione si ha su richiesta dell’altra parte che documenta l’evento interruttivo (qui il convenuto che facesse così lo farebbe nella speranza che nessuno riassuma il processo, perché sa di essere in torto). Art.301 “morte o impedimento del procuratore” – “se la parte è costituita a mezzo di procuratore, il processo è interrotto dal giorno della morte, radiazione o sospensione del procuratore dall’albo.” Art.302 “prosecuzione del processo” – “ nei casi previsti dagli artt. precedenti la costituzione per proseguire il processo può avvenire all’udienza o a norma dell’art.166, se non è fissata alcuna udienza la parte può richiedere con ricorso al giudice istruttore o in mancanza al presidente del tribunale la fissazione dell’udienza. Il ricorso o il decreto sono notificati alle altre parti a cura dell’istante.” Art.303 “riassunzione del processo” – “se non avviene la prosecuzione del processo a norma dell’articolo precedente l’altra parte può chiedere la fissazione dell’udienza, notificando quindi il ricorso e il decreto a coloro che debbono costituirsi per proseguirlo. In caso di morte della parte il ricorso deve contenere gli estremi della domanda e la notificazion entro un anno dalla morte può essere fatto collettivamente agli eredi, nell’ultimo domicilio del defunto. Se vi sono altre parti in causa, il decreto è notificato anche ad esse. Se la parte che ha ricevuto la notificazione non compare all’udienza fissata – si procede in contumacia.” Art.305 “mancata prosecuzione o riassunzione” – “il processo deve essere proseguito entro il termine perentorio di 3 mesi dall’interruzione, altrimenti si estingue”. L’estinzione del processo – caratteri generali. Sembra che l’art.306 c.p.c. abbia riunito due istituti che hanno ben poco in comune tra loro – la rinuncia agli atti del giudizio – e – l’estinzione del processo per inattività delle parti. Questi due istituti non possono avere cittadinanza che in un processo di tipo dispositivo, caratterizzato, dall’attribuzione alla parte del potere di iniziare il procedimento, di determinarne l’abito oggettivo della cognizione del giudice e di condizionarne il giudizio con allegazioni e prove. L’ultima manifestazione di questo “principio dispositivo” è appunto offerta dall’attribuzione alla parte del potere di disporre della conclusione anticipata del processo,prevedendo e precludendo il giudizio del magistrato. Con questi due istituti: rinuncia agli atti (a). Art.306 cpc. – con la dichiarazione di rinuncia e con l’accettazione delle parti costituite che potrebbero avere interesse alla prosecuzione, si realizza un tipico accordo processuale che, deve necessariamente provenire dalle parti personalmente o dai loro procuratori speciali._ Effettuata la rinuncia e l’accettazione con dichiarazioni verbali in udienza, non resta che la verifica da parte del giudice della loro regolarità, al che consegue senz’altro la dichiarazione di estinzione del processo. Il modo di operare dell’estinzione del processo per inattività di parti è regolato dall’ult. comma del 307 c.p.c. come modificato dalla l.69/2009 – che ha eliminato la necessità dell’eccezione di parte e previsto puramente e semplicemente che “l’estinzione opera di diritto ed è dichiarata anche d’ufficio, con ordinanza del giudice istruttore oppure con sentenza del collegio” – resta quindi solo la questione della funzione che viene assolta dal provvedimento che “dichiara” l’estinzione. A tale dichiarazione non può essere riservata altra funzione che quella di chiudere il procedimento innanzi al giudice con l’accertamento da parte del giudice istruttore o del collegio che, a seguito dell’intervenuta estinzione è anche venuto meno il potere dovere del giudice di pronunciarsi sulla domanda e sulle eccezioni di parte. Effetti dell’estinzione. La problematica degli effetti dell’estinzione deve affrontarsi distinguendo tra “giudizio di primo grado” e “giudizi di impugnazione”: Quanto agli effetti dell’estinzione del giudizio di primo grado sono all’art.310: a) Azione: l’art.310 proclama il principio che l’estinzione del processo non estingue l’azione – sia quando l’estinzione consegua alla rinuncia agli atti del giudizio sia quando consegua ad inattività delle parti. Non possono dunque essere ignorati gli effetti indiretti che sul rapporto sostanziale e sull’azione l’estinzione del processo produce anche alla stregua di espresse disposizioni di legge. b) Gli atti compiuti: l’inefficacia conseguente all’estinzione è limitata agli effetti processuali degli atti compiuti. Quanto agli effetti sostanziali, tali effetti sopravvivono all’estinzione del processo._ regime particolare è previsto dal 310/2 per “i provvedimenti del giudice” – in questo regime si esonerano espressamente dall’inefficacia le due categorie di provvedimenti: le sentenze di merito pronunciate nel corso del processo e i provvedimenti che regolano la competenza. c) Le prove: 310 ult. Comma sancisce invece la regola che tali prove “sono valutate dal giudice a norma del 116/2” – per cui il giudice potrà desumere argomenti di prova, dal che si capisce che tutte le prove assunte nel processo estinto degradano al rango di meri argomenti di prova. LE ORDINANZE ANTICIPATORIE DI CONDANNA. Queste nascono nel rito del lavoro – con queste il giudice istruttore emette un ordinanza che anticipa in parte gli effetti di una sent. di condannaQuesto per ovviare alle lentezze del processo. Potrebbe essere che gli effetti di questa ordinanza possano soddisfare gli attori (cfr. art.423 nel rito del lavoro, sul pagamento di somme non contestate). le ordinanze dell’art.423 cpc. – “il giudice su istanza di parte in ogni stato del giudizi, dispone con ordinanza, il pagamento di somme non contestate. Egualmente in ogni stato e grado del giudizio, il giudice puà su istanza dal lavoratore, disporre con ordinanza il pagamento di una somma a titolo provvisorio quando ritenga il diritto accertato e nei limiti della quantità per cui ritiene raggiunta la prova” - hanno titolo esecutivo ma non possono essere oggetto di ipoteca giudiziale; ovviamente sono modificabili e revocabili dalla sentenza definitivo . Si aggiunga che nel processo del lavoro se la soma soddisfa il pretendente questo nel processo del lavoro può abbandonare il processo e tenersi la somma. Inoltre come già visto nel 423 – si parla di “somme non contestate”Il legislatore del’90 ha detto che non possono considerarsi “non contestate” somme dal contumace, ma il professore pensa sia una bufala perché non è giusto che un soggetto lucri vantaggi dal silenzio e dal non essersi costituiti- però il legislatore dice che ci vuole un comportamento attivo. Nel 1990 – si introduco le ordinanze anticipatorie di condanna nel rito ordinario – si ricorda che alcune norme concernenti il rito ordinario sono applicabili anche nel rito del lavoro (186 ter). 186 bis “ordinanza per il pagamento di somme non contestate” – è simile al 423 – il giudice istruttore può disporre il pagamento delle somme non contestate con ordinanza – qui per la non contestazione è sempre necessario un comportamento attivo – si tratta di ordinanze revocabili e modificabili – è ultrattiva, quindi se il processo si estingue mantiene i suoi effetti esecutivi. 186 ter “istanza di ingiunzione” - (decreto ingiuntivo,è un decreto che su richiesta del creditore, emette il giudice contro il debitore per la consegna di somma di denaro o cosa mobile e se il debitore non volesse dare tale somma, sarà lui a dover avviare un nuovo processo di cognizione a sue spese, con il rischio alto di perderlo) – La parte può chiedere al giudice in ogni stato e grado del giudizio, di pronunciare con ordinanza l’ingiunzione di pagamento o consegna. – Questa ordinanza (diversamente dal 186bis) in quanto espressamente previsto, possono costituire titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale. 186 quater “ordinanze post istruttorie di condanna” – esaurita l’istruzione - su istanza della parte che ha proposto domanda di condanna al pagamento o alla consegna – il giudice istruttore può disporre con ordinanza il pagamento o consegna nei limiti per cui ritiene già raggiunta la prova. È a titolo esecutivo – è revocabile con sentenza che definisce il giudizio_ L’ordinanza acquista effetto di sentenza impugnabile sull’oggetto dell’istanza se la parte non manifesta entro 30giorni con ricorso notificato all’altra parte la volontà che sia pronunciata la sentenza. LA CONCLUSIONE NORMALE DEL PROCESSO. Il passaggio dalla fase istruttoria alla fase decisoria. Sia che il giudice istruttore operi in funzione di giudice unico, sia che la decisione della controversia sia attribuita (50bis) al collegio – il passaggio dalla fase istruttoria alla fase decisoria deve essere preceduto dalla precisazione delle conclusioniA questo fine il giudice istruttore deve sempre inviare le parti a precisare davanti a lui le conclusioni. Esse devono “precisarsi” nei limiti di quelle formulate negli atti introduttivi o a norma del 183; devono inoltre contenere espressamente, se le parti concordano, l’istanza per il giudizio di equità(114), nonché su istanza di una sola parte la richiesta che la causa venga discussa oralmente (275). Si deve poi ricordare che l’eventuale omissione della parte, che non provveda ad effettuare tale precisazione, non comporta alcuna rinuncia, giacchè i presume che abbia inteso confermare le conclusioni già formulate in precedenza. Viceversa ove la parte, effettuando la precisazione delle conclusioni, ometta di riproporre, tra queste una domanda o un’eccezioni inizialmente proposta, la domanda o l’eccezione pretermesse devono presumersi abbandonate. Precisate le conclusioni, le parti hanno la possibilità di svolgere per scritto le proprie difese; tale diritto è concesso dall’art.190 c.p.c. per le cause nelle quali il tribunale giudica in composizione collegiale e dall’at.281quinquies, per le cause che vanno decise dal tribunale in composizione monocratica ed ha quindi , la propria fonte nella legge. Per le cause attribuite al giudice monocratico, il diritto di depositare difese scritte (281 qunquies) può essere esercitato solo se il giudice non intenda ordinare l’immediata trattazione orale del 281 sexies, che attribuisce al giudice monocratico il diritto di far discutere oralmente la causa nella medesima udienza in cui sono tate precisate le conclusioni oppure su istanza di parte, in una udienza successiva senza lo scambio delle comparse conclusionali e con lettura, al termine delle ragioni di fatto e diritto della decisione. Quanto alla trattazione scritta, che precede la decisione della l’art.190 cpc. comparse conclusionali e memorie – e l’art. 281 quinquies , nel disciplinare il regime delle difese scritte, assicurano il rispetto del principio del contraddittorio con la previsione di un doppio termine: a) Di sessanta giorni – dalla rimessione della causa al collegio per il deposito di “comparse conclusionali”, termine che per le cause che devono essere decise dal giudice istruttore in funzione di giudice unico, decorre dal provvedimento dello collegio comporta che, s medio tempore, viene meno , per qualsiasi ragione, uno dei giudici che ha seguito la discussione , la causa deve essere rimessa sul ruolo, per permettere lo svolgimento di una nuova udienza e quindi la deliberazione con identica composizione del consiglio. cc) il modus procedendi – riguarda sia l’ordine di osservare nell’esame delle singole questioni, sia l’ordine delle votazioni; art.276/2 – prevede che il collegio decide, prima le questioni pregiudiziali, e quindi le questioni di merito. La legge nulla dice, ma l’interpreta non può ignorare che esiste un ordine logico sia all’interno delle questioni pregiudiziali, sia all’interno delle questioni di merito. Una regola generalissima è quella di riconoscere precedenza alla questione che si pone come antecedente logico rispetto alle altre._ L’inosservanza del principio di cui al 276/2 – concernente l’ordine delle questioni può rilevare all’esterno se ha condizionato la motivazione della sentenza,viziandone la linea logica e determinandone contraddittorietà censurabili in sede di impugnazione. Conclusione della fase di deliberazione: redazione del dispositivo e della motivazione. La fase c.d. interna si conclude on la redazione scritta e sottoscrizione da parte del presidente, o nel caso di giudice monocratico – con la trattazione scritta o mista del dispositivo da parte del giudice, e la successiva redazione della motivazioneQuanto alla stesura della motivazione, nella prassi c’è la stesura della motivazione da parte del relatore, sempre che egli abbia espresso un voto conforme alla decisione – e la devoluzione dello stesso compito ad altro membro del collegio, solo quando il relatore si sia trovato in minoranza rispetto all’opinione che ha prevalso nella decisione. La l.69/2009 – ha ridefinito la “motivazione” come “la concisa esposizione delle ragioni di fatto e diritto della decisione”. La pubblicazione della sentenza. Con la pubblicazione della sentenza si esaurisce la fase c.d. interna: l’atto-sentenza esce dalla disponibilità del giudice e diviene operante all’esterno a tutti gli effetti. Il segno del divenire “pubblica” e di uscire dalla disponibilità del giudice è dato da ciò che sino al momento della pubblicazione, il giudice può sempre modificare la decisione e tener conto dello jus superveniens. La pubblicazione della sentenza necessità chiarimenti circa la sua forma e gli effetti che ne conseguono.: Formaè ex 133/1 resa pubblica mediante deposito nella cancelleria del giudice che l’ha pronunciata. Sicchè il perfezionamento si ha con il mero “atto di deposito”; il cancelliere dà atto del deposito in calce alla sentenza e vi appone data e firma. Poi c’è l’avviso del deposito della sentenza emesso dalla cancelleria, contenente il dispositivo della sentenza – questo dolo la l.2005 può essere effettuato anche a mezzo pec o telefax. Effettil’effetto proprio della pubblicazione è il distacco dell’atto sentenza dal suo autore, con i corollari dell’immutabilità per il giudice medesimo e dell’imperatività per le parti, consegue all’atto della consegna all’originale di essa dal giudice al cancelliere._ ulteriori effetti, quali il decorso del termine di decadenza dall’impugnazione non si possono determinare a carico di un soggetto che non sia stato messo in grado di conoscere l’atto. I provvedimenti della fase decisoria. In quest’ultima fase, il giudice non deve pronunciare necessariamente una sentenza. Infatti in correlazione e dipendenza del contenuto dei provvedimenti che di volta in volta vengono pronunciati, questi possono assumere forma di “ordinanza”, “di sentenza” oppure di una sentenza contestuale a separata ordinanza. a) Il giudice pronuncia ordinanza – in due ipotesi: aa) Quando come affermato dall’art.279 comma1 – “provvede soltanto su questioni relative all’istruzione della causa, senza definire il giudizio”._ ipotesi che si può verificare quando il giudice ritenga ammissibile un mezzo di prova che non è stato ammesso in fase istruttoria e la cui richiesta sia stata reiterata in sede di precisazione delle conclusioni. bb) in secondo luogo quando decide soltanto su questioni di competenza. b) Il giudice prnuncia sentenza – e quindi un provvedimento di contenuto decisorio – quando decide in tutto o in parte la controversia. Veniamo cos in contatto con la distinzione tra Sentenze definitive e non definitive (279,278,277): aa) Possono qualificarsi come sentenze definitive – anzitutto quelle che in caso di pluralità di “domande”proposte allo stesso giudice, limitano la decisione ad alcune soltanto di esse e cioè quelle per le quali “non sia necessaria un ulteriore istruzione”. Così come quelle al n.5 del 279, giacchè anche qui si ha la decisione di “alcune delle cause sino a quel momento riunite”; alla stessa categoria appartengono le sentenze che accogliendo la domanda di parte, pronuncino la condanna generica alla prestazione, senza disporre che il processo continui davanti allo stesso giudice per la liquidazione,la quale avverrà in separato giudizio. Sono infine definitive quelle sentenze – che decidono integralmente il merito decidono negativamente una questioni di giurisdizione o di competenza (dichiarando difetto di giurisdizione o di competenza), oppure decidono questioni pregiudiziali attinenti al processo, nel senso che il processo non poteva essere iniziato o proseguito; oppure le questioni preliminari di merito che precludono lo svolgimento ulteriore. bb) alla categoria di sentenze non definitive – si riconducono quelle che pronunciano la condanna generica ad una prestazione ,dispongono con ordinanza che la liquidazione avvenga in una fase ulteriore dello stesso giudizio (278); oppure quelle che decidono in senso positivo le questioni di giurisdizione e competenza; o decidono questioni pregiudiziali relative al processo o preliminare di merito, nel senso che il processo può proseguire o deve continuare per la valutazione nel merito della domanda. La provvisoria esecuzione della sentenza e l’inibitoria. Il problema dell’esecuzione “provvisoria”. Art.282 c.p.c. “la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva tra le parti” – questo articolo ha due significati: 1) Che l’esecutività della sentenza può essere sospesa dal giudice dell’impugnazione. 2) Che il conferimento dell’esecutività alla sentenza, è nel processo civile ,anticipato rispetto al momento in cui la sentenza diventa incontrovertibile. Regime dell’esecuzione provvisoria. È stato con l’intervento della l.26 novembre1990 che si è modificato l’art.282 affermando che la sentenza di primo grado fosse provvisoriamente esecutiva tra le parti. Quindi si tratta di “esecutività provvisoria”, nel senso che la stessa può essere soggetta a sospensione ex 283 cpc. – Con la disciplina in esame il legislatore ha dato vita al principio di anticipazione dell’efficacia esecutiva della sentenza rispetto al giudicato. La specificazione che poi il legislatore fa nel 282 – affermando “esecutività tra le parti” consente di escludere dal novero dei destinatari di quell’efficacia esecutiva tutti coloro che risultino terzi. La provvisorietà che caratterizza la sentenza ex 282 – si rapporta con l’esistenza del regime dell’inibitoria – di cui al successivo 283 c.p.c. Così la nuova regola che conferisce la provvisoria esecuzione ex lege a tutte le sentenze di primo grado, trova un temperamento nella possibilità concessa alla parte, di proporre nell’atto d’appello principale o incidentale, istanza al giudice d’appello affinchè sospenda in “tutto o in parte l’efficacia esecutiva l’esecuzione della sentenza impugnata”_ Siffatta sospensione si connette necessariamente col giudizio d’appello, dal quale non può prescindere. Il giudice è quello dell’appello: il provvedimento è di solito un ordinanza , ma se sussistono “giusti motivi d’urgenza” che impongono di pronunziare sulla sospensione prima dell’udienza di comparizione in appello, il giudice monocratico di tribunale o il presidente PARTE PRIMA: IL MODELLO “ORDINARIO SEMPLIFICATO” NEL PROCEDIMENTO INNANZI AL GIUDICE DI PACE. Premessa. Il d.lgs.19febbraio 1998 – ha soppresso l’ufficio del pretore determinando l’esistenza di due soli giudici di primo grado: “tribunale” e “giudice di pace” – il processo innanzi ai “giudici minori” è ovvio che anche se le controversi dovrebbero essere tutte uguali,e non dovrebbero esserci differenze nel giudicare una causa di grande valore da una di piccolo valore, tuttavia la giustizia è profondamente influenzata dal valore della controversia, non fosse altro per questo: che la macchina del processo è costosa e non vale la pena metterla in moto quando le spese per il suo funzionamento superino quelle che il risultato della causa potrebbe offrire. È questa la ragione che fonda l’istituzione di giudici inferiori. Altro motivo è che quando la causa scende sotto un certo valore – il bene “giustizia” cede il passo al valore “pace” – per questo esistono i giudici di pace - che oggi hanno il potere di decidere secondo equità solo le cause il cui valore non eccede 1’100euro, fatti salvi i limiti di cui si darà conto più avanti. Caratteri generali del procedimento davanti al giudice di pace. Il giudice di pace è un magistrato onorario – che non viene reclutato a seguito di concorso, ma è selezionato, trai laureati in giurisprudenza di età non inferiore ai 30anni e non superiore ai 70 – che abbiano cessato l’esercizio di qualsiasi attività lavorativa e,se avvocati, purchè non esercitino la professione forense nel circondario del tribunale ove ha sede l’ufficio. Si retribuisce con compenso che tiene conto di udienze tenuto e provvedimenti decisori emessi._ Dura in carica per 4anni e alla scadenza può essere rinominato una volta sola per la stessa durata. Il giudice di pace decide le cause c.d. “bagatellari” – con processo particolare con estrema semplificazione di forme rispetto all’ordinari._ In particolare: La domanda introduttiva può proporsi anche oralmente. a) Il contenuto della domanda è semplificato ai sensi del 318 cpc – è sufficiente oltre all’indicazione del giudice e delle parti, l’esposizione dei fati e l’indicazione dell’oggetto. Nessuna sanzione di nullità è comminata espressamente. b) Il termine minimo di comparizione si riduce alla metà. c) La costituzione si può fare tanto in cancelleria quanto in udienza, il giorno stesso in cui è tenuta e senza per questo incorrere in decadenze. d) La lingua è quella italiana; salvo nel processo le parti non appartengano a una minoranza linguistica. Profili particolari del procedimento. Art.311 cpc. “il procedimento davanti al giudice di pace, per tutto ciò che non è regolato nel presente titolo, è retto dalle norme relative al procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica”. consente ll’applicazione integrale di istituti fondamentali con gli adattamenti che il rito semplificato impone,quali la contumacia, l’intervento,la sospensione, l’interruzione ed estinzione del giudizio. Per ciò che attiene al procedimento – va detto che per le controversie il cui valore non eccede i 516 euro, le parti possono stare in giudizio personalmente; negli altri casi debbono essere rappresentate da un avvocato. In entrambe le suddette ipotesi, peraltro è fatta salva per le parti la possibilità di farsi rappresentare da persona munita di apposito mandato scritto in calce all’atto di citazione. Il giudice di pace è oggi competente per le controversie che abbiano un valore non superiore ai 5'000 euro; ma esiste anche una competenza mista (per materia e valore) relativamente alle cause concernenti danni derivanti dalla circolazione di auto e natanti (ove la competenza arriva sino a 20’000euri) oltre a duna competenza per materia (indipendentemente dal valore) per le cause di apposizione termini, distanze ,immissioni, piantamento siepi e alberi. Ad ogni modo in caso di connessioni di cause tra tribunale e giudice di pace – vince sempre il tribunale che attrae a sé tutto. L’art.320 c.p.c. “sulla trattazione della causa” – dispone che il giudice di pace, alla prima udienza, interroga liberamente le parti tentando di conciliarle; se la conciliazione riesce, se ne redige processo verbale, che costituisce titolo esecutivo; altrimenti il giudice invita le parti a precisare definitivamente i fatti posti a fondamento delle rispettive pretese (quindi domande ed eccezioni) e produrre i documenti ed a richiedere mezzi di prova da assumere._ Il giudice peraltro può anche fissare una nuova udienza per lo svolgimento di tali attività. La fissazione di un’ulteriore udienza per nuovi mezzi di prova (320/4) ,avviene una sola volta. I poteri istruttori del giudice di pace incontrano un limite nella produzione della “querela di falso”, avverso n documento prodotto in giudizio da una delle parti – in tale ipotesi è infatti previsto ch il giudice di pace, ove ritenga il documento impugnato rilevante per la decisone che dovrà assumere nel merito, sospende il giudizio e rimette l parti davanti a tribunale per il relativo procedimento di falso. Art.321 c.p.c. “sulla decisione “- esaurita l’istruttoria il giudice di pace invita le parti a precisare le conclusione e a discutere la causa: attività che può essere contestuale. La sentenza dovrà essere depositata in 15giorni in cancelleria. Avverso la sentenza del giudice di pace che ha deciso secondo diritto è “ammesso l’appello al tribunale” (che deciderà in composizione monocratica). Quanto alla “conciliazione”questa può anche avviene in sede non contenziosa (322)e cioè nel caso in cui il giudice di pace sia invocato perché interponga i suoi uffici al fine di conciliare le parti prima di instaurare processo._ Ove la controversia rientri nelle sue competenze, la conciliazione avrà titolo esecutivo; ove non vi rientri avrà valore di scrittura privata. Il giudizio di equità del giudice di pace. L’indicazione del valore della causa al di sotto della quale il giudice di pace deve decidere secondo equità è stata rimodulata a 1100 euro(113/2). In secondo luogo – sono state sottratte al necessario giudizio di equità le causa “derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità di cui al 1342 c.c.” oppure “mediante la sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali”. È stato poi previsto che le sentenze pronunciate dal giudice di pace ex 113 ,secondo equità, sono appellabili, anche se esclusivamente per violazione delle norme costituzionali o comunitarie, oppure di principi regolatori dalla materi PARTE SECONDA: IL MODELLO “ORDINARIO SEMPLIFICATO” INNANZI AL TRIBUNALE (RITO DEL LAVORO) Premessa e ambito di applicazione. Introdotto con l.11 agosto 1973 n.533 – per la soluzione di “controversie di lavoro”questo modello avrebbe dovuto garantire quei principi di oralità, immediatezza e concentrazione che il modello “ordinario” non riuscì ad attuare. MA la prevalenza della forma scritta nelle domande ed eccezioni – l’inevitabile dilatazione dei tempi, hanno mostrato come fosse difficile realizzare un processo con quei caratteri. Ad ogni modo se lo si paragona col modello ordinario – non può negarsi che “l’ordinario semplificato” per le controversie di lavoro, presenta caratteri di maggiore snellezza. In questo – si realizza una maggiore presenza e rafforzamento dei poteri del giudice: presenta che si riscontra sin dalla fase introduttiva del giudizio,giacchè compete al giudice fissare con decreto e su ricorso della parte l’udienza di discussione; rafforzamento che si cc) in terzo luogo si devono esaminare i problemi relativi al cambiamento del rito di un procedimento che svolga ,in fase d’appello439 “cambiamento rito in appello” – “La corte d’appello se ritiene che il procedimento in primo grado non si sia svolto secondo il rito prescritto procede a norma del 426-427”. Nella prima ipotesi) – C’è una relazione tra il 439 e il 426 – che comporta semplicemente l’adeguamento del rito nella fase s’appello; per cui il giudice d’appello dovrà fissare l’udienza di discussione prevista dal 420 c.p.c. ed il termine per l’integrazione di atti e documenti; l’ulteriore corso del processo d’appello si svolgerà nelle forme del lavoro. Nella seconda ipotesi) – qui c’è relatio tra il 439 e 428 e si deve verificare preliminarmente se la controversia fosse di competenza del tribunale,ed in caso affermativo il procedimento, svoltosi in primo grado secondo il rito del lavoro, proseguirà in appello secondo il rito ordinario._ Se viceversa, il tribunale non era competente, ma era competente il giudice di pace, la Corte d’appello, laddove tale incompetenza sia stata eccepita, nel giudizio di primo grado, dovrà dichiarare l0incompetenza del giudice di primo grado e rimettere la causa al giudice competente; altrimenti non potrà che ordinare il mutamento del rito e pronunciare nel merito in grado di appello. FASI DEL MODELLO “ORDINARIO SEMPLIFICATO”. Il giudizio di primo grado: (a) fase introduttiva. Il giudizio di primo grado, nella sua fase introduttiva , anzitutto la proposizione della domanda si effettua con “ricorso” e non con citazione. Diversità che caratterizza la presenza del giudice anche nella fase introduttiva del giudizio. Quindi con il ricorso ex 414 – è il giudice adito,che con proprio decreto,fissa l’udienza di discussione. Tale differenza risponde a criteri di economia processuale: infatti il procedimento introduttivo del rito del lavoro impedisce l’instaurazione di giudizi con la contumacia dell’attore. Esaurita l’iniziativa dell’attore – appunto con ricorso, spetta al convenuto costituirsi in giudizio con il deposito in cancelleria di una memoria difensiva, nella quale devono essere formulate, a pena di decadenza, eventuali domande riconvenzionali ed eccezioni processuali._ Nell’ipotesi di domanda riconvenzionale il convenuto deve chiedere la fissazione di una nuova udienza,richiesta la cui omissione è sanzionata dalla decadenza di proporre tal domanda. Parliamo ora dei termini, contenuto degli atti di parti (ricorso e memorie): 1) I termini – il 415 stabilisce che tra la data di notifica del ricorso e quella dell’udienza di discussione deve intercorrere un termine non inferiore a 30giorni, ma poiché il convenuto deve costituirsi in giudizio depositando la sua memoria in cancelleria, almeno 10 giorni prima dell’udienza di discussione, il tempo a sua disposizione per predisporre le difese articolare una riconvenzionale è di circa 20giorni._ MA abbiamo visto che quando il convenuto propone la riconvenzionale,deve chiedere al giudice l’emanazione di un nuovo decreto per la fissazione dell’udienza. Ora l’art.418 stabilisce che ta la proposizione della riconvenzionale e la nuova udienza non devono intercorrere meno di 50 giorniCosì il convenuto ha a disposizione 20 giorni per esaminare il “ricorso dell’attore” e decidere se proporre la riconvenzionale – l’attore invece non solo ha tutto il tempo per decidere se effettuare ricorso o meno, ma nel caso in cui venisse proposta la riconvenzionale ha un tempo larghissimo (non meno di 20+50 giorni) per esaminarla. 2) Contenuto degli atti di parte – il secondo aspetto riguarda il contenuto dei due atti : “ricorso introduttivo dell’attore” e “memorie difensive del convenuto”per quanto concerne il “ricorso” il 414,non fa che ripetere quanto previsto dal 163,stabilendo che deve contenere “il nome, cognome, nonché la residenza o il domicilio eletto dal ricorrente nel comune in cui ha sede il giudice adito e gli stessi dati del convenuto”. – “ la determinazione dell’oggetto della domanda” – “l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui fonda la domanda con relative conclusioni” – “l ‘indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e in particolare dei documenti che si intendono offrire in comunicazione”. Per quanto concerne le memorie difensive del convenuto, 416/2 sancisce che in questa memoria devono essere proposte “a pena di decadenza” – “le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio” – si tratta di una “decadenza endoprocessuale”. Lo stesso art. stabilisce che il convenuto deve prendere posizione in maniera precisa “e non limitata ad una generica contestazione” circa i fatti affermati dall’attore e nell’articolare le sue difese deve indicare specificamente i mezzi di prova ed i documenti di cui intende avvalersi. sempre con riferimento alla “fase introduttiva” esaminiamo ancora due norma: art.419 – “intervento volontario”in causa del terzo, stabilisce che tale intervento deve essere effettuato,depositando presso la cancelleria una memoria,nello stesso termine di 10giorni prima dell’udienza di discussione, fissato per la costituzione del convenuto. Art.420 – “udienza di discussione della causa” – secondo cui le parti possono modificare le domande,eccezioni e conclusioni già formulate solo se ricorrono “gravi motivi” e previa “autorizzazione del giudice”I “gravi motivi”possono essere riportati a due categorie fondamentali: aa) La prima, omogenea, si riferisce essenzialmente all’attore ed è connessa alle domande, ed eccezioni proposta dal convenuto nella usa memoria difensiva; proprio in dipendenza dell’atteggiamento assunto dal convenuto e delle eccezione e delle domande da questo proposte può nascere l’esigenza per l’attore di modificare le domande e le conclusioni inizialmente proposte. bb) La seconda eterogenea,investe il modo di partecipare al processo della parte, cioè l’esercizio della sua azione nel processo con la intermediazione di un difensore, o più in generale, fatti gravi che abbiano impedito il corretto esercizio del suo diritto di difesa. Osservazioni preliminari sull’udienza di discussione. Nell’udienza di discussione il giudice: a) Interroga liberamente le parti. b) Effettua il tentativo di conciliazione (abrogato perché non conforme al diritto di difesa. c) Ammette i mezzi di prova. d) Dispone l’eventuale chiamata in causa di terzi per l’integrazione necessaria del contraddittorio;oppure su istanza di parte o jussu judice. e) Invita i difensori alla discussione. f) Dispone la riunione di cause connesse. g) Pronuncia la sentenza. Si deve poi rilevare che per attuare il postulato inattuabile della “concentrazione” del processo, questa dovrebbe svolgersi in un unico giorno, la stessa legge non può ovviamente escludere la necessità e l’opportunità di consentire un rinvio ad un’altra udienza, che può avere luogo in 5ipotesi fondamentali: 1) Quando il giudice ammette prove “nuove”,richieste da una delle parti, oppure disposte ex officio. 2) Quando l’espletamento delle prove ammesse non possa essere completato nell’arco di un’unica udienza. 3) Quando le parti chiedano,prima della discussione ,un termine che non può essere superiore a 10giorni, per il deposito di note difensive. 4) Quando il giudice non ammette nella prima udienza prove, ma rinvii l’ammissione e l’assunzione ad un’altra udienza, che dev’essere fissata nei successivi 10giorni. 5) Nei casi di chiamata in causa di terzi ad istanza di parte o per l’integrazione necessaria del contraddittorio, quando il giudice deve fissare una nuova udienza per la costituzione del terzo. Fase di conciliazione (b). integrante un procedimento di ingiunzione in corso di causa, essa trovi applicazione anche nel rito del lavoro,in particolare per la sua idoneità a costituire titolo per l’ipoteca. La sentenzala l.6 agosto2008, ha modificato l’art.429 cpc. – eliminando la regola della dissociazione e dello sfasamento cronologico di dispositivo e motivazione e sostituendola con quello della loro coincidenza. _ In virtù di tale modifica il giudice del lavoro deve procedere nell’udienza i discussione – una volta udite le conclusioni delle parti – alla pronuncia della sentenza con cui si definisce il giudizio,effettuando una lettura del dispositivo unitamente alla “esposizione delle ragioni di fatto e diritto delle controversie” – è tuttavia previsto che nei casi di “particolare complessità della controversia” il giudice possa fissare “nel dispositivo un termine non superiore a 60giorni per il deposito della sentenza”. Art.431cpc. – attribuisce già al dispositivo quando contenga una pronuncia di condanna del datore di lavoro al pagamento di somme di denaro per crediti derivanti dal rapporto di lavoro,esecutorietà immediata, potendo il lavoratore iniziare l’esecuzione dopo aver notificato il dispositivo e il precetto. Sempre 431, commi 3°e 4° - consente al datore di lavoro di ottenere dl giudice di appello nelle cause di lavoro la sospensione dell’esecuzione, così iniziatasi, purchè da essa derivi per il datore di lavoro un a”gravissimo danno” ed a condizione che l’esecuzione abbia ad oggetto somme di denaro superiori a 258euri. Volendo poi schematizzare le differenze tra la disciplina dettata per le sentenze pronunciate a favore del lavoratore e la normativa dettata per le sentenze pronunciata a favore del datore di lavoro può dirsi: a) Soltanto le sentenze a favore del lavoratore possono essere messe in esecuzione sulla base del solo dispositivo. b) Di conseguenza soltanto queste possono essere appellate con riserva dei motivi. c) Per la sospensione della loro esecuzione è necessaria la sussistenza di un “gravissimo danno” e non solo “di gravi motivi”. d) Nonostante l’inibitoria, l’esecuzione provvisoria resta autorizzata in ogni caso sino alla somma di 258euri. Infine l’art.432 c.p.c. “valutazione equitativa della prestazione” – consente quando sia certo l diritto ma non sia possibile determinare la somma dovuta, che il giudice la liquidi con valutazione equitativa. – Ricordiamo che avendo il giudice nel processo del lavoro la possibilità di attingere in qualsiasi momento ad ogni mezzo di prova, si conclude che “la valutazione equitativa”avviene solo quando non si abbia la possibilità neanche con il ricorso a queste prove, di stabilire il quantum debeatur. L’accertamento pregiudiziale sull’efficacia, validità e interpretazione dei contratti ed accordi collettivi – 420bis. Art.420bis: “quando per la definizione di una controversia di cui all’art.409 è necessario risolvere in via pregiudiziale una questione concernente l’efficacia, la validità o l’interpretazione delle clausole di un contratto o accordo collettivo nazionale,il giudice decide con sentenza tale questione, impartendo distinti provvedimenti per l’ulteriore istruzione o prosecuzione della causa fissando una successiva udienza in data non anteriore 90 giorni”.(comma1). “la sentenza è impugnabile soltanto con ricorso immediato per cassazione da proporsi entro 60giorni dalla comunicazione dell’avviso di deposito della sentenza; copia del ricorso per cassazione deve, a pena di inammissibilità del ricorso essere depositato presso la cancelleria del giudice che ha emanato la sentenza impugnata entro20giorni dalla notificazione del ricorso alle altre parti; il processo è sospeso dalla data del deposito.” CAPITOLO VI LE IMPUGNAZIONI SIGNIFICATO DI “IMPUGNAZIONE”. È opinione corrente che quando si parla di impugnazione – ci si riferisce ad una “contestazione”; se si analizza il termine e se ne ricorda l’origine latina in-pugnare, si coglie non solo il momento iniziale dell’attacco, ma anche quello conseguente ed essenziale del verbo “combattere”. Quindi è proprio in considerazione della fallibilità dell’attività di giudizio, in quanto attività umana – l’ordinamento prevede che tra la pronuncia della sentenza ed il suo passaggio in giudicato vi sia la possibilità di uno o più ulteriori giudizi, tradizionalmente esperibili da soggetti diversi,rispetto al giudice, ossia dalle parti e/o dal pm, che prendono il nome di impugnazioni. Dal punto di vista oggettivo – impugnazione rappresenta uno strumento di perfezionamento dell’accertamento giudiziale; mentre dal punto di vista soggettivo,l’impugnazione rappresenta una garanzia offerta alle parti che intendano contestare la legittimità del procedimento giurisdizionale o della regola di diritto sostanziale affermata nella sentenza. Tradizionalmente si ritiene che i vizi che possono affliggere la sentenza siano di due generi: a) Error in procedendo – potendo derivare dalla violazione di norme processuali, disciplinanti l’attività delle parti e del giudice. b) Error in judicando – derivanti dalla violazione di norme sostanziali (statiche) e dei criteri di giudizio,che si verifica nella fase di individuazione e applicazione di tali norme alle questioni di fatto e di diritto dedotte in giudizio. L’analisi che verrà fatta tiene conto dell’ “oggetto” dell’impugnazione e dei “mezzi” con cui l’impugnazione si esercita. DISTINZIONE DELLE IMPUGNAZIONI QUOAD OBIECTUM. Per l’analisi quad obiectum, si prendono le mosse da 3 postulati fondamentali: 1) Anzitutto che l’impugnazione può avere ad oggetto non solo un atto processuale, ma anche atti di natura diversa, come quelli sostanziali. 2) È che l’impugnazione di atti di natura sostanziale può essere effettuata con forme processuali. 3) Che per gli atti di diritto sostanziale,il risultato dell’eliminazione dei loro effetti sfavorevoli può essere conseguito anche senza l’instaurazione di un processo. Regime degli atti di natura sostanziali. Qui ci si riferisce al terzo postulato – concernente la non necessarietà del processo per l’eliminazione di effetti sfavorevoli di atti di diritto sostanziale – a dimostrazione è sufficiente richiamare l’art.2113 c.c.(su rinunzie e transazioni) – che dopo aver proclamato il principio che rinunzie e transazioni, aventi ad oggetto diritti del prestatore di lavoro non sono valide e aver previsto che l’impugnazione deve essere proposta a pena di decadenza,entro 6mesi dalla data di cessazione del rapporto o da quella della rinunzia, se queste sono intervenute dopo la cessazione della medesima, ammette che tale impugnazione può essere effettuata “con qualsiasi atto anche stragiudiziale, del lavoratore idoneo a renderne nota la volontà”. Impugnazione con forme processuali degli atti di natura sostanziale. Qui ci riferiamo al secondo postulato – una volta ammesso che l’impugnazione di atti di diritto sostanziale può essere effettuata con forme processuali, si deve precisare che a questo fine, se tale impugnazione viene proposta in via di azione è necessario instaurare un rapporto processuale ad hoc e solo se l’impugnazione si fa valere in via d’eccezione è possibile sollevare tale eccezione e proporre l’eventuale domanda riconvenzionale in un giudizio già in corso. Mezzi di impugnazione degli atti processuali. Per gli atti processuali questa problematica, si presenta con caratteri particolari e idonei ad effettuare una prima sistemazione dei vari “mezzi di impugnazione” e in genere di tutela 1) L’opposizioneart.645 c.p.c. come ad es. l’opposizione al decreto ingiuntivo che si propone appunto davanti allo stesso ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto. 2) Reclamo rappresenta esempio del reclamo contro i provvedimenti emessi in camera di consiglio che si propongono al giudice superiore (739). NULLITA E IMPUGNAZIONI: IL SISTEMA DI PROCESSO CHIUSO. Il tema dei rapporti tra nullità e impugnazione deve essere affrontato riprendendo in esame una disposizione già vistaart.161 cpc. “la nullità della sent. soggette ad appello o a ricorso in cassazione – può essere fatta valere soltanto nei limiti e secondo le regole proprie di questi mezzi di impugnazione – la disposizione non si applica quando manchi la sottoscrizione del giudice”. Questa enuncia il principio dell’assorbimento o della conversione della nullità in motivi di impugnazione. di qui due rilievi: a) Che nell’art.161 non si parla delle sole nullità per difetto di forme. b) Che vengono prese in considerazione le nullità del procedimento idonee ad assurgere a causa di nullità della sentenza, sicchè restano fuori dalla previsione della norma quelle nullità di singoli atti del processo che , per effetto di sanatoria o preclusione non incidono sulla sentenza. Dunque diciamo che si deve riconoscere che l’art.161 pur riferendosi alla “nullità della sentenza” con particolare riguardo alle sentenze soggette ad appello o cassazione, offre un argomento positivo per la conferma dell’esistenza di un sistema di “processo chiuso” al quale è estranea la possibilità di un’autonoma “querela nullitatis” contro la sentenza. IL POTERE DI IMPUGNAZIONE: SOGGETTI LEGITTIMATI, INTERESSE AD IMPUGNARE Il potere di impugnare la sentenza è conferito esclusivamente a quei soggetti che sono stati formalmente parti della fase di giudizio che si è conclusa con la sentenza impugnanda – deve quindi ritenersi inammissibile l’impugnazione proposta da chi non fu parte nella precedente fase di giudizio. MA costituiscono eccezioni a tale principio: a) L’opposizione di terzo,ordinaria o revocatoria, che riconosce la legittimazione al soggetto che è rimasto estraneo al processo. b) La revocazione del pubblico ministero ex 397, nel caso di mancata partecipazione di questo, ove fosse necessaria. c) La legittimazione prevista dall’ult.comma del 111c.p.c. a favore del successore a titolo particolare. Ma una volta delimitato l’ambito soggettivo entro il quale può essere astrattamente individuato il soggetto legittimato all’impugnazione – si tratta ancora di accertare a quale parte del processo può essere riconosciuto il potere di impugnazione. In dottrina e giurisprudenza si parla di “interesse ad impugnare” oltre che di “soccombenza”al riguardo si distingue la: a) soccombenza formale: che si ha riguardo alla mancata corrispondenza tra il chiesto(dal convenuto o attore) e il pronunciato (del giudice); b) soccombenza materiale: i dà rilievo alla prospettiva di vantaggio dell’impugnante, raffrontando il contenuto reale della sentenza impugnata e quello potenziale della sentenza di accoglimento dell’impugnazione. Altra distinzione tra: a)soccombenza totale:nell’ipotesi in cui il giudice adito non riconosca nulla di quanto chiesto; b)soccombenza parziale: si realizza invece quando il giudice accoglie solo in parte le pretese dell’attore. E proprio il riferimento alla soccombenza induce l’interprete a portare la propria indagine nel concreto in cui si può manifestare l’ingiustizia della sentenza a carico del soccombente – cioè nel concreto rapporto tra chiesto e pronunciato. Con riguardo al “chiesto” – si è detto che quanto è stato chiesto costituisce il limite oltre il quale non v’è stata soccombenza. Circa il “pronunciato” – si esclude la legittimazione ad impugnare in ordine agli obiter dicta e in genere rispetto a tutto ciò che non potendo formare oggetto di giudicato, non può pregiudicare in futuro la parte. Il limite di questa affermazione è rappresentato dalla decisione sfavorevole alla parte di questioni – “soccombenza virtuale” – che sarebbero preclusa dal passaggio in giudicato della sentenza. Tutto ciò tenendo in considerazione l’effetto di “cosa giudicata”, che potrà essere attribuito alla sentenza una volta preclusi ex. 324 cpc. i mezzi di impugnazione ordinari. I TERMINI PER IMPUGNARE Il regime delle impugnazioni è caratterizzato dall’esistenza di termini perentori – e sono qualificati come tali i “termini brevi” che ex 326 cpc. iniziano a decorrere dalla notificazione della sentenza. Quanto al “termine lungo” – ridotto da 1anno a 6mesi – decorre dalla pubblicazione della sentenza, e la sua perentorietà si ricava dall’art.327 ch usa la locuzione “decadenza dall’impugnazione”. Si ricorda che la notificazione della sentenza si perfeziona nei confronti del notificante al momento della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario e per il destinatario al momento della sua ricezione. Segue – il termine “breve”. Il termine breve con riferimento alle “impugnazioni ordinarie” – decorre dalla notificazione della sentenza fatta al difensore costituito. Questo è di 30 giorni per proporre l’appello o la revocazione o l’opposizione di terzo (404) - ed anche di 30 giorni per proporre la revocazione e l’opposizione di terzo contro la sentenza della Corte d’appello. _ Il termine per il ricorso in cassazione è 60 giorni. Se durante la decorrenza del termine si verifica uno degli eventi previsti al 299 c.p.c. “morte o perdita della capacità prima della costituzione” – il termine stesso è interrotto e il nuovo decorre dal giorno in cui la sentenza viene rinnovata contro coloro cui spetta stare in giudizio._ L’effetto interruttivo del termine breve e la conseguente decorrenza del nuovo termine si verificano con riferimento a tutti i contendenti, ossia non solo nel caso la morte riguardi la parte alla quale la sentenza si notificata, ma anche se colpisca la parte che procede a tale notifica. Segue – il termine “lungo”. Prima era di 1anno poi la l.69/2009 lo ha portato a 6mesi, come termine di decadenza dall’impugnazione ordinaria ex 327 – esso decorre dalla pubblicazione della sentenza, che si ha con il deposito in cancelleria. Il comma 2 del 327 – attenua il rigore, escludendo la decadenza per decorso del termine di 6mesi nei confronti della parte contumace che dimostri di non aver avuto conoscenza del processo per nullità della citazione o della notificazione di essa, nonché per nullità della notificazione delle comparse contenenti domande nuove o riconvenzionali. Infine con riguardo al termine lungo l’art. 328 prevede l’ipotesi che sopraggiunga un evento interruttivo (morte o perdita della capacità) – e qualora l’evento si verifichi dopo sei mesi dalla pubblicazione della sentenza – il termine di impugnazione viene prorogato di sei mesi per tutte le parti,con decorrenza dal giorno in cui si è realizzato l’evento. La notificazione dell’impugnazione. Le modalità di “notifica dell’impugnazione” sono ex330 c.p.c. a) La parte che ha effettuato la notifica della sentenza può,in quest’atto, indicare la residenza o elegge il domicilio nella circoscrizione del giudice che ha emesso la decisione. l’impugnazione di una statuizione che costituisce premessa di altra statuizione giudiziale, impone la riesaminabilità di quest’ultima da parte del giudice dell’impugnazione, quanto meno nei limiti dell’incidenza della specifica questione condizionante sollevata. In questa prospettiva che si deve effettuare la rimeditazione del problema della “definizione” di “parte” di sentenza – per cui ai fini del 329/2 – si intenderà parte di sentenza non solo i capi di domanda, ma ogni questione proposta nel corso del giudizio e che ha formato oggetto di decisione. Da ciò consegue che l’area dell’acquiescenza parziale coincide con quella dei motivi di censura proponibili ma non proposti in sede di impugnazioneQui opera infatti il precetto dell’art.346 c.p.c. che impone sulla parte non l’onere d’impugnazione,bensì l’onere di riproposizione delle domande ed eccezioni pretermesse dalla sentenza, con sanzione, in difetto, di una decadenza endoprocessuale. Simultaneus processus e litisconsorzio nelle fasi di impugnazione. Il problema del litisconsorzio nell’ambito delle impugnazioni,comportando la partecipazione necessaria di una pluralità di soggetti al giudizio, è determinato da ragioni sostanziali e da esigenze connesse al principio del simultaneus processus – nelle fasi di impugnazione. Secondo il “principio romano” – l’impugnazione anche se proposta da uno solo di più soccombenti o contro uno solo di più vincitori, riproduceva la lite nel grado superiore in tutta la sua ampiezza, portava cioè ad una nuova decisione che valeva per tutti. Si giunge così ad un sistema attuato nel codice del1940 – il quale si fonda sul duplice presupposto per cui, in caso di litisconsorzio necessario, non è ammissibile una fase di impugnazione cui non partecipino tutte le parti del giudizio conclusosi con la sentenza oggetto di impugnazione, e ove anche le parti non siano “litisconsorti necessari” si deve comunque realizzare questo simultaneus processus – evitando che si svolgano ,nei confronti della stessa sentenza, separati giudizi di impugnazione. La riunione di impugnazioni separate. Nell’eventualità che più parti notifichino separati atti di impugnazione art.335 cpc. “riunioni di impugnazioni separate” – garantisce al giudice dell’impugnazione il potere di disporre, anche d’ufficio , la riunione in un solo processo di tutte le impugnazioni proposte separatamente contro la stessa sentenza; il fine è di garantire e ripristinare l’unità del processo di impugnazione. Questa riunione – si definisce “obbligatoria”, solo ove le impugnazioni proposte separatamente investano il medesimo provvedimento giurisdizionale e non già provvedimenti diversi, che – pure emessi nei confronti degli stessi contraddittorio concernano materie distinte per petita e causa petnedi. L’integrazione del contraddittorio e la notificazione dell’impugnazione. La seconda eventualità è provocata dal comportamento della parte che ha proposto l’impugnazione, è che questa non sia stata notificata a tutti coloro che siano stati parti della precedente fase del giudizio. Ex “comunione ereditaria” – certo il titolare di una quota ereditaria o di un bene in comunione può, disporre separatamente della sua quota oppure chiedere lo scioglimento della comunione – ma se intende chiedere lo scioglimento della comunione tale scioglimento deve essere pronunciato nei confronti di tutti i comunisti – e l’art.784 cpc. gli impone di proporre la relativa domanda nei confronti di tutti i comunisti._ Diversa è ovviamente la situazione processuale, nel caso di rapporti plurimi, ma scindibili pensiamo ad es. alle obbligazioni solidali. Coerenti con questa differenzaa seconda che si tratti di “litisconsorzio necessario” per rapporti “inscindibili” – oppure di “rapporti scindibili” sono le previsioni del 331 (integrazione del contraddittorio in cause inscindibili) e il 332 (notificazione dell’impugnazione relativa a cause scindibili) Sono state individuate ipotesi di inscindibilità: a) Nel litisconsorzio necessario sostanziale. b) Nel litisconsorzio unitario (o quasi necessario). c) Nell’intervento ad adiuvandum. d) Nell’intervento del p.m. e in quello iussu iudicis. e) Nei regolamenti di competenza e di giurisdizione. Tutto ciò precisando che per causa “inscindibile” il legislatore finice per intendere “processo inscindibile” essenico l’inscindibilità riferita non al contenuto, ma al contenente – la ratio è evitare che sull’unica causa possano sussistere più pronunce contraddittorie rese in diverse fasi e nei confronti di diverse parti. Mentre si considerano “scindibili” tutte le cause trattate unitariamente in primo grado, le cui rispettive decisioni contenute nell’unica sentenza, non sono condizionate dalla decisione di altra causa, contenuta nella medesima sentenza, oggetto di impugnazione. Ebbene quando si tratti di “rapporti inscindibili”per i quali il processo è svolto nei confronti di tutti i partecipanti al rapporto (litisconsorzio necessario) – se la sentenza non è stata impugnata nei confronti di tutti, il giudice deve ordinare l’integrazione (331) fissando il termine per la notificazione – e se nessuna delle parti provveda ad integrare il contraddittorio nel termine l’impugnazione è inammissibile. Quando invece si tratti di “cause scindibili”non si pone il problema di integrazione del contraddittorio nella fase di impugnazione, bensì solo di evitare le impugnazioni separate, garantendo il “simultaneus processus” nei confronti di tutti coloro che sono stati parti nelle precedenti fasi del giudizio – qui l’inosservanza dell’ordine di notifica non determina l’inammissibilità dell’impugnazione, ma la mera sospensione del processo sino a che non siano decorsi i termini per l’impugnazione delle sentenza. L’impugnazione incidentale. Una volta realizzata l’integrità del contraddittorio, o comunque notificato l’atto di impugnazione a tutti coloro che sono stati parti nella precedente fase di giudiziosi pone il problema del coordinamento delle varie impugnazioni proponibili contro la stessa sentenza. Il primo presupposto sostanziale dell’impugnazione c.d. incidentale è la soccombenza parziale, cos che l’interesse ad impugnare spetta, nel processo bilaterale, ad entrambe le parti e nel processo plurilaterale ad almeno due parti. Secondo presupposto formale – è che l’impugnazione c.d. principale, sia stata già proposta,ragione per cui se una delle parti parzialmente soccombente riceve la notificazione dell’impugnazione – dall’altra parte, nel processo bilaterale o da una delle parti nel processo plurilaterale, deve proporre a pena di decadenza, la sua impugnazione nello stesso processo, appunto in via incidentale. Impugnazioni incidentali tardive. L’art.334 cpc. sancisce “ le parti contro le quali è stata proposta impugnazione e quelle chiamate ad integrare il contraddittorio a norma del 331, possono proporre impugnazione incidentale anche quando per esse fosse decorso il termine o hanno fatto acquiescenza alla sentenza; in tal caso l’impugnazione principale è dichiarata inammissibile quella incidentale perde ogni efficacia” Non capito bene – rileggi pag. 391 VOl.2. AUTORITA’ ED EFFICACIA DELLA SENTENZA. L’art.336 c.pc. regola il c.d. effetti espansivi “interni” o “esterni” della sentenza, mentre l’art.337 cpc. comma 2 regola l’invocazione della sentenza in un diverso processo. Invocazione della sentenza in un diverso processo. L’autorità e l’efficacia “naturale” possono essere anzitutto,invocate in un diverso processo. L’invocazione che potrebbe essere effettuata anche in un processo al quale siano estranee le parti del primo giudizio. Pensiamo alla controversie tra due parti che abbia ad Secondo il 393 c.p.c. se si estingue il processo in fase di rinvio dalla Corte di cassazione, si estingue l’intero processo, ma la sentenza della Cassazione,con il principio di diritto affermato conserva il suo effetto vincolante anche nel nuovo processo che venga instaurato con la riproposizione della domanda. Resta da considerare inoltre che nelle ipotesi di revocazione straordinaria ai sensi degli art.395 nn.1,2,3,6 l’estinzione opera solo sullo stesso procedimento di revocazione e non incide in alcun modo sul passaggio in giudicato della sentenza impugnata. CAPITOLO VII L’APPELLO IL DOPPIO GRADO DI GIURISDIZIONE. La proposizione dell’appello comporta la cognizione della stessa causa da parte di due giudici diversi – posti nel nostro ordinamento in “ordine gerarchico” senza che ciò significhi mai dipendenza del giudice inferiore a quello superiore. Carattere sostitutivo, che è costante, ad eccezione dei casi di sentenza meramente rescindente, con rimessione della causa al primo giudice (353,354) Si realizza così quel doppio grado di giurisdizione – tale principio non è stato elevato però a precetto costituzionale, giacchè è apparso al legislatore costituente sufficiente, per garantire il diritto di difesa della parte, assicurare nei confronti di ogni provvedimento, la possibilità di proporre ricorso per cassazione straordinario ex 111 cost. comma7. Si riscontra però una differenza essenziale – se infatti il ricorso per cassazione è mezzo che opera in modo prevalente per far valere i vizi della sent. impugnabile, l’appello viceversa, solo strumentalmente ha questa funzione, giacchè l’oggetto della cognizione devoluta al giudice di secondo grado è sia pure in via mediata la stessa controversia già decisa da quello di primo grado. Tale devoluzione al giudice superiore è rimessa alla volontà delle parti, che hanno l’onere di riproporre le domande ed eccezioni non accolte in primo grado (346) di dedurre vizi che determinano la nullità della sent. (161). L’APPELLO è novo judicium oppure una revisio prioris instantiae? La l.26 novembre 1990 n.353 ha soppresso lo “ius novarum” in appello, precludendo la facoltà di proporre domande nuove, ma anche quella di sollevare nuove eccezioni – per cui è venuta meno la possibilità di definire l’appello come novo judicium. Ora analizziamo 3 aspetti fondamentali: a) Ambito oggettivo dell’appello e il suo effetto devolutivo. b) Ambito soggettivo. c) Effettiva portata dell’abolizione dello jus novorum. Effetto devolutivo dell’appello e ambito oggettivo (a). La determinazione dell’ambito oggettivo – si esamina dal coordinamento di 3disposizioni gli artt.329,346,345. Art.329 c.p.c.  “acquiescenza totale o parziale” – abbiamo già avuto modo di vedere l’effetto parzialmente devolutivo che l’impugnazione può determinare allorquando l’interessato non impugni alcune parti della sent. rispetto alle quali risulti soccombente._ La giurisprudenza è da tempo orientata nel senso di determinare l’oggetto del giudizio d’appello,in rapporto al materiale di cognizione di primo grado, in funzione del principio del tantum devolutum quantum appellatum . Ormai nella prassi prevale un orientamento assai più rigoroso che affida ai motivi specifici dell’appello la funzione di individuare le singole questioni di fatto e o diritto ,investite dall’impugnazione, e di impedire che su essi si formi acquiescenza ed il conseguente giudicato interno. Sulla scorta di questo orientamento la giurisprudenza e la dottrina hanno elaborato una concezione diversa dei motivi di appello,secondo la quale essi assolvono a una funzione “vincolante” e preclusiva in ordine ai temi di cognizione da far riemergere dinnanzi al giudice di grado superiore._ I motivi specifici di appello rappresenterebbero così il tramite necessario per individuare quali, tra le questioni di atto o di diritto inerenti al thema decidnendum di primo grado si intende devolvere al giudice d’appello. Ciò comporta, quanto all’appello, che quando il giudice di primo grado respingendo una domanda o un’eccezione, sia incorso in un error in iudicando o in procedendo - nella posizione delle premesse di fatto e/o di diritto della sua pronuncia è rimessa al soccombente la scelta se proporre o meno l’impugnazione, con la conseguenza, nell’un caso della devoluzione al giudice d’appello delle questioni investite dai motivi, nell’altro caso, dell’acquiescenza sulle questioni medesime e la preclusione del riesame delle stesse per intervenuto giudicato interno. Art.346 c.p.c diversa qui è la situazione ove si prevede una “presunzione di rinuncia per le domande e le eccezioni “non accolte” nella sentenza di primo grado che non “vengano espressamente riproposte” in appello._ Quindi riguarda le domande c.d. “assorbite”, che non siano state esaminate dal giudice di primo grado per essere divenute irrilevanti a seguito dell’esame di una questione pregiudiziale o preliminare, oppure perche la domanda decisa e quella pretermessa erano alternative. Più problematico è stabilire il meccanismo del 346 cpc. – se possa o meno valere per consentire alla parte totalmente vittoriosa nel merito di far riemergere le questioni aventi carattere preliminare o pregiudiziale che il giudice di prima istanza abbia risolto a suo sfavore, salvo poi darle interamente ragione nel merito.; o se di contro è da considerarsi a tal fine necessaria l’interposizione dell’appello incidentaleLa giurisprudenza ritiene sufficiente il meccanismo della riproposizione ex 346 anche per consentire alla parte totalmente vittoriosa nel merito di far riemergere dinnanzi al giudice d’appello le singole questioni che siano state risolte dal giudice di primo grado in senso ad essa sfavorevole. Stante poi – l’assenza di indicazioni con cui la parte che intende evitare la presunzione di rinuncia del 346 cpc. deve reiterare le domande e le eccezioni non accolte in primo grado, si deve ritenere che tale riproposizione può avvenire senza particolari formalità, in qualsiasi veste esteriore idonea a evidenziare la volontà di riaprire la discussione e sollecitare la decisione su esse. N.B – pur se prima di forme l riproposizione deve essere fatta in modo specifico, non essendo sufficiente un generico richiamo ed entro il termine della precisazione delle conclusioni. L’esatta portata del tantum devolutum quntum appellatum – ha indotto a superare un indirizzo fino a qualche tempo fa consolidato, secondo cui il giudice di secondo grado, nel caso di contumacia dell’appellato, avrebbe dovuto riesaminare d’ufficio tutte le ragioni ed eccezioni proposte dal medesimo appellato nel giudizio di primo grado ed ivi non accolte per assorbimentoLa Corte suprema ha affermato che non ci fosse ragione di distinguere tra la posizione dell’appellato costituito e quella dell’appellato contumace il quale, scegliendo di non costituirsi ha manifestato il suo disinteresse a riproporre le questioni avanzate in primo grado; ne segue che il giudice d’appello non può rilevare d’ufficio le ragioni ed eccezioni sollevate in primo grado, ed ivi rimaste assorbite, dall’appellato rimasto contumace nel giudizio di secondo grado. Inoltre sul punto è intervenuta la Cassazione a sez unite per precisare che – l’appellante ha l’onere di fornire la dimostrazione della fondatezza delle specifiche censure proposte contro le singole parti della sentenza impugnata, onere che sussiste a prescindere dalla posizione processuale assunta dall’appellante in giudizio (attore o convenuto ). In mancanza della suddetta dimostrazione l’appello dovrà essere respinto con conseguente conferma dei capi della sent. impugnati. L’ambito soggettivo (b). La tendenza a far coincidere l’ambito soggettivo di tale giudizio con quello del giudizio di primo grado, tendenza che si manifesta sia nei confronti di coloro che sono stati parti del giudizio di primo grado,sia di eventuali terzi. Invero quando si tratti di cause inscindibili, se la sentenza non sia stata impugnata nei confronti di tutte le parti, l’integrazione del contraddittorio è sempre necessaria; sicchè il giudice deve ordinarla in ogni caso,fissando il considerarsi sempre producibili in fase d’appello._ La Cassazione accogliendo le sollecitazioni provenienti da altra parte della dottrina, aveva invece chiarito, che dovendo i nuovi documenti considerarsi mezzi di prova a tutti gli effetti, il divieto deve estendersi anche per questi E’ infine intervenuta la l.18 giungo 2009 n.69 che ha chiuso la questione, modificando il 345 , parificando il trattamento dei “nuovi documenti” a quello dei “nuovi mezzi di prova” (vedi sopra). Altre due precisazioni importanti: 1) Che la rinnovazione totale o parziale dell’assunzione della prova già avvenuta in primo grado – è una rinnovazione che certamente esperibile in appello ex 356 comma1. 2) La seconda precisazione investe il problema del diritto di difesa della parte e impone che,in analogia con quanto disposto dall’art.184 cpc. comma3 – nel caso in cui siano disposti mezzi di prova d’ufficio, o vengano depositati nuovi documenti , venga concessa alle parti la possibilità di dedurre i mezzi di prova che si rendono necessari proprio in relazione ai mezzi di prova prodotti ex officio o dalla controparte. Altrettanto si dica per quei mezzi che la parte “dimostri di non aver prodotto per causa a lei non imputabili”. I PROVVEDIMENTI APPELLABILI. L’ambito dei provvedimenti appellabili è fissato all’art.339 c.p.c. “appellabilità delle sentenze” – “possono essere impugnate con appello le sentenze pronunciate in primo grado purchè l’appello non sia escluso dalla legge o dall’accordo delle parti a norma dell’arto 360 – è inappellabile la sentenza che il giudice ha pronunciato secondo equità a norma del 114 – le sentenze del giudice di pace pronunciate secondo equità sono appellabili solo per violazione delle norme procedimentale quelle costituzionali”. Quanto all’individuazione del giudice innanzi al quale va proposto l’appello , l’art.341 c.p.c. determina come giudice funzionalmente competente a decidere dell’appello, quello di grado immediatamente superiore a quello di cui si intende impugnare la sentenza, territorialmente individuato dal riferimento alla circoscrizione in cui ha sede l’ufficio di quest’ultimo, adito in primo grado._ Per cui le sent. di primo grado andranno impugnate al tribunale e le sentenze emesse dal Tribunale saranno appellate alla Corte d’appello. L’art. 339 contempla anche le eccezioni – stabilendo che l’esclusione dell’appellabilità può trovare fondamento daa) disposizioni di legge – b) per accordo delle parti (360/2) le parti possono accordarsi per omettere la fase d’appello e proporre immediatamente al ricorso in cassazione. Quanto alle ipotesi di esclusione dell’appellola legge sancisce l’inappellabilità della sentenza o in ragione della natura del procedimento che con essa si conclude, oppure in ragione del contenuto della sentenza (come ad es. le sentenze del giudice di pace pronunziate secondo equità ad eccezione dei casi ex 339). Infatti si desume dai dati normativi che bisogna distinguere ai fini dell’appellabilità delle pronunce di equità – tra le ipotesi in cui il potere di giudicare secondo equità viene attribuito al giudice da una disposizione di legge (113/2 la legge attribuisce il potere al trib di giudicare secondo equità) dalle ipotesi in cui – tale potere gli è conferito dall’accordo delle parti (114, sia in primo grado che in appello):a) difatti il primo caso è “equità necessaria” escludendosi le sent. dei giudici di pace che hanno regime diversificato, si può affermare che la regola è rappresentata dalla ordinaria appellabilità della sentenza che il giudice ha pronunciato secondo equità in virtù del potere conferitogli ex lege._ B) Nel secondo caso, ossia quando sia stat l’accordo delle parti a conferire tale potere al giudice,la legge stessa esclude l’appellabilità di queste sentenze. Occorre in conclusione verificare in che misura sia consentito coltivare l’appello nei confronti dei provvedimenti che,emanati in forma diversa dalla sentenza abbiano quel contenuto decisorio, che di regola è assunto dalle sentenze. A tal proposito è necessario distingure: a) Quei provvedimenti a contenuto decisorio che avrebbero dovuto essere assunti con sentenza,ma che , per un errore del giudice, rivestono forma diversa – ad es. ordinanza  in tali casi la giurisprudenza ha affermato il c.d. principio della prevalenza della sostanza sulla forma, il principio cioè secondo il quale al fine di stabilire se un provvedimento abbia natura di ordinanza o di sentenza – occorre guardare non la “forma” ma la sostanza. b) Quei provvedimenti per i quali è la legge stessa a prevedere la forma dell’ordinanza pur trattandosi di provvedimenti che incidono su situazioni soggettive la giurisprudenza ne ammette l’appellabilità qualora questi risolvano una controversia e di conseguenza cadano ad incidere con efficacia di giudicato su diritti soggettivi – avendo carattere di definitività e decisorietà. RISERVA DI IMPUGNAZIONE E SIMULTANEUS PROCESSUS. La riserva d’appello ex art.340 cpc “riserva facoltativa di appello contro sentenze non definitive” presuppone la pronuncia di sentenze non definitive immediatamente impugnabili – sono le sentenze previste dall’art.278 (condanna generica, provvisionale) – e dai nn.4,5 del 279 ,nella prospettiva di una duplicità di pronuncia – non definitiva, definitiva – e dell’eventualità di una duplicità di impugnazioni contro le due sentenze che possono dare vita a due giudizi autonomi di appello. Essa ha quindi la funzione di realizzare – quoad obiectum – nei confronti quindi delle 2sentenze – il simultaneus processus. Quanto al tempo – della riserva questa deve essere proposta entro un termine per appellare, e in ogni caso non oltre la prima udienza dinanzi al giudice istruttore successiva alla comunicazione della sentenza. Quanto alla forma – se la riserva viene effettuata in udienza, può assumere la forma della dichiarazione da inserire (se è orale) o da richiamare (se è redatta su foglio separato) nel relativo verbale. Altrimenti deve formare oggetto di dichiarazione ad hoc d notificare alla controparte. Quanto agli effetti – della riserva, la sua formulazione preclude alla parte che l’ha effettuata di proporre appello immediato, ma non impedisce alle altre parti di farlo. E l’impugnazione immediata delle altre parti, rendendo inefficace la riserva già proposta, fa ricadere sul soggetto che ha formulato la riserva l’onere di proporre appello incidentale. Ad ogni modo – esclusa l’eventualità dell’appello immediato proposto da altre parti, l’effetto conservativo della riserva produce la necessaria confluenza e connessione dell’appello contro la sentenza “non definitiva”, con quello contro la “sentenza definitiva”, sicchè i due appelli andranno proposti congiuntamente nel termine di ammissibilità dell’appello contro la sent. definitiva. Inoltre – l’art.279 c.p.c. – comma4 – dispone che “il giudice istruttore,su istanza concorde delle parti, qualora ritenga, che i provvedimenti dell’ordinanza collegiale siano dipendenti da quelli contenuti nella sentenza impugnata, può disporre con ordinanza non impugnabile che l’esecuzione o la prosecuzione dell’ulteriore istruttoria sia sospesa sino alla definizione del giudizio d’appello”. Nel caso di sospensione, se la sentenza venisse confermata in appello , il giudizio in primo grado dovrà essere riassunto entro 6mesi; diversamente in caso di “riforma” della sent. non definitiva impugnata, si distinguono 2ipotesi: a)la sentenza di riforma è passata in giudicato;b) la sentenza di riforma non è ancora passata in giudicato. Infine un ultimo accenno si fa all’ipotesi di estinzione del processo di primo grado – successiva alla proposizione dell’appello avverso una sentenza non definitivaA tal proposito il 129/4 disp. Att. Prevede che le sentenze non definitive di merito, acquistano efficacia di sentenza definitiva dal momento in cui diventa irrevocabile l’ordinanza o passa in giudicato la sentenza che pronuncia l’estinzione del processo. Da questa data , decorrono i termini previsti dagli artt.325,327 cpc. per l’impugnazione della sent. non definitiva di merito divenuta definitiva. L’ATTO DI APPELLO.
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