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Procedura Civile LM - Economia, Appunti di Diritto Processuale Civile

Riassunti del testo di Procedura Civile LM ( F.P. Luiso, Istituzioni di diritto processuale civile, Torino, 5, ed.2018) fatta eccezione per seguenti argomenti: - Capp. nn. XII, XVII, XIX, XX, XXIV + processo amministrativo -paragrafi nn. 10, 11 e 12 del Cap. XXI Nel file sono anche presenti approfondimenti fatti dalla prof. Paola Marzocchi, docente dell'Università di Bologna e alcune informazioni reperite online per ampliare le propria preparazione.

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 27/04/2020

AlexJobsCaravelli
AlexJobsCaravelli 🇮🇹

4.3

(8)

5 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Procedura Civile LM - Economia e più Appunti in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! Capitolo 1 – La Tutela dei Diri Qualunque sistema giuridico è composto da regole di condoa, che qualicano doverosi alcuni comportamen dei consocia. Si può traare sia di comportamen a vi (dover tenere un certo comportamento) sia di comportamen omissivi (dover non tenere un certo comportamento). Es. per il dirio penale sostanziale non ha il ne di tutelare la vita di un determinato individuo nei confron dell’omicidio, o i suoi beni nei confron del futuro, ma quello di tutelare la collevità nel suo insieme. Il processo penale ha lo scopo di applicare la sanzione penale, prevista per chi contravviene ai doveri impos da quelle norme, araverso uno strumento giurisdizionale. In sostanza, nella materia pensale lo Stato-autorità rinuncia ad applicare lui stesso la sanzione penale, e soopone la sua pretesa alla valutazione di un soggeo autonomo, indipendente e terzo (il giudice). 1.1 Le situazioni sostanziali protee Le regole di condoa che il dirio sostanziale pone non possono limitarsi a prevedere doveri di comportamento; esse possono imporre tali doveri al ne di creare situazioni sostanziali protee, cioè al ne di garanre diri", a colui che ne è tolare. E’ pertanto il dirio sostanziale a stabilire quando c’è una situazione sostanziale protea: quando, cioè, un interesse è riconosciuto all’ordinamento. 1.2 Le situazioni nali e le situazioni strumentali A seconda della pologia di interesse proteo, dal punto di vista struurale le tecniche per costruire una situazione sostanziale sono due: — da un lato, l’ordinamento può fornire il tolare dell’interesse di poteri e facoltà di comportamento, imponendo a tu" gli altri consocia il divieto di impedire l’esercizio di ques poteri e facoltà. I diri", così struura si deniscono situazioni nali, poiché l’interesse in tanto è garanto n quando il dirio sussista. Inoltre, il tolare dell’interesse proteo non ha necessità della cooperazione di altri sogge" per soddisfarsi. Es. la proprietà, i diri reali e personali di godimento, i diri della personalità in genere hanno le caraerische sopra descrie. L’interesse si soddisfa araverso l’esercizio di poteri e facoltà del tolare. Tu" gli altri devono astenersi dall’interferire. Quando il dirio si esngue, viene meno anche la protezione dell’interesse. — Dall’altro lato, l’ordinamento può prevedere che determina sogge" abbiano il dovere di tenere cer comportamen a favore del tolare dell’interesse, il quale pertanto si trova nella situazione ina"va di chi aende la collaborazione altrui. I diri", così struura, si deniscono situazioni strumentali, poiché l’interesse si realizza nel momento in cui, con la prestazione dell’obbligato, il dirio si esngue. Es. i diri di credito costuiscono pici esempi di situazioni strumentali. Il creditore deve solo aendere ce sia e/euata la prestazione. Il suo interesse è soddisfao quando il debitore adempie; con l’adempimento il credito si esngue. 1.3 L’illecito Qualunque ordinamento si deve porre il problema di cosa accade quando l’astrao dovere imposto dalla norma non è rispeato, quando il concreto comportamento è di/orme dall’astraa previsione normava. Questo fenomeno è denito illecito. Es. è illecito tanto quanto quello di chi uccide, tenendo un comportamento vietato dalla norma penale; tanto quella della pubblica amministrazione, che nega una concessione edilizia dovuta. Di fronte all’illecito, qualunque ordinamento deve prevedere dei meccanismi di reazione. Nella materia penale, lo Stato-autorità rinuncia ad applicare la sanzione penale e si soopone in via prevenva al processo giurisdizionale. Tale processo ha quindi ad oggeo, in via immediata, l’illecito. Nelle materie in cui il dovere è strumentale, perché serve a creare una situazione sostanziale protea, anche i meccanismi di reazione all’illecito non sono ni a se stessi, ma sono strumentali alla tutela di questa. Infa", in conseguenza dell’illecito, la situazione sostanziale protea si trova in stato di lesione: si trova in uno stato che è diverso da quello siologico, che la normava sostanzialmente vuole realizzare. 1 Es. secondo la normava sostanziale, il conduore deve poter esercitare sul bene, oggeo della locazione, determina poteri. Può darsi che, di fao, ciò non accada, perché qualcuno gli impedisce di esercitare tali poteri. Tuo ciò costuisce un illecito (rispeo al dovere violato), ma realizza anche e soprauo la lesione del dirio di conduore. Quindi, la reazione all’illecito qui è nalizzata in primo luogo alla tutela della situazione sostanziale protea. 1.4 La tutela dei diri e gli strumen che la realizzano Il più importante di ques strumen è costuzionalmente obbligatorio (art.24 Costuzione) è quello giurisdizionale, cioè quello che si realizza mediante l’intervento dello Stato, che è previsto nel tolo IV della Costuzione. Sono nalizza alla tutela giurisdizionale dei diri" il processo civile, il processo amministra vo, il processo tributario: essi sono tu" caraerizza dal fao, che non si limitano a reagire all’illecito, ma (araverso questa reazione) tutelano situazioni sostanziali protee. Al di là degli strumen giurisdizionali, vi sono anche altri meccanismi (non giurisdizionali) di tutela dei diri": — La stessa avità negoziale delle par (quando nalizzata ad una risoluzione di una controversia); — L’arbitrato — A"vità della pubblica amministrazione. 1.5 La tutela giurisdizionale Lo stesso codice civile prevede un quadro più ampio (la tutela dei diri"), ed all’interno di esso un seore specico (la tutela giurisdizionale dei diri"). Ci occuperemo sia degli strumen giurisdizionali sia degli strumen non giurisdizionali di tutela dei diri". Nonostante ques due strumen siano diversi, il risultato che si raggiunge è iden co. Infa" è errato a/ermare: - La giurisdizione si o"ene una certa tutela; l’arbitrato non è giurisdizione; ergo la tutela che dà l’arbitrato è diversa da quella che dà la giurisdizione; - Il contrao non è sentenza, dunque ciò che si o"ene con il contrao non può essere equivalente a ciò che si o"ene con una sentenza. 1.6 Le forme di tutela dei diri La tutela dei diri" si esplica in forma diversa in relazione ai diversi bisogni di tutela: al diverso bisogno di tutela deve corrispondere una diversa forma di tutela. Per eliminare la situazione di lesione, infa", è necessario intervenire in modo coerente con il po di dirio ed il po di illecito, che lo ha colpito. Negli ordinamen moderni, le tre forme di tutela possibili sono: la tutela dichiarava, la tutela esecuva e la tutela cautelare. Ciascuna di esse corrisponde ad un diverso bisogno di tutela, e produce conseguentemente e/e" diversi. A) LA TUTELA DICHIARATIVA La tutela dichiarava ha l’e/eo di individuare, in modo vincolante, con riferimento ad una situazione sostanziale protea, le regole di comportamento che vigono per il, o per i tolari della stessa e per il, o per i sogge" tolari dei doveri di comportamento correla a tale situazione. Es. araverso la tutela dichiarava si stabilisce se Tizio sia o meno obbligato nei confron di Caio, in virtù di un certo tolo, a pagare una determinata somma; se il licenziamento di Caio da parte di Tizio, sia o meno e1cace; se la servitù di passo a favore del fondo di Tizio sul fondo di Caio possa esercitarsi solo a piedi, oppure anche con autoveicoli e con che po di autoveicoli. La tutela dichiarava interviene quando è necessario stabilire quali siano le facoltà, i poteri e i doveri di ciascuno dei sogge" coinvol in una situazione sostanziale protea. Quando vi è tale necessità, serve un intervento che determini, ovviamente in maniera vincolante, quali sono i comportamen che ciascuno di essi può o deve tenere. Ciò ha luogo mediante la individuazione di regole di comportamento concrete. 2 Capitolo 2 – I Principi Sovranazionali e Costuzionali Le regole che la Cos tuzione dea in materia di tutela di diri, sono rivolte essenzialmente alla tutela giurisdizionale, con par colare riferimento alla tutela dichiara va. Ma prima ancora delle regole contenute nella Cos tuzione, si deve tener conto dei principi e delle norme di origine sovranazionale: la convenzione europea dei diri dell’uomo e la normava comunitaria. 1. Le norme comunitarie processuali Dal 2000, in virtù del traato di Amsterdam, gli organi comunitari hanno iniziato ad interessarsi anche del processo civile interno ai singoli Sta membri: sono sta emana dei regolamen , che hanno lo scopo di armonizzare i rappor fra i vari sistemi processuali interni. I regolamen più importan sono: — n.1215/2012: controversie civili e commerciali; 1 La normava comunitaria Le norme europee hanno un’immediata e+cacia nei singoli sta membri, ma l’Unione Europea non ha una propria struura giurisdizionale autonoma, competente per le materie regolate dal dirio comunitario o per le controversie che presen no pro.li rilevan per l’ordinamento europeo. Nell’UE sono i giudici degli sta membri a dover applicare il dirio comunitario, che prevale sul dirio interno. Vi è quindi il rischio che tali norme siano diversamente interpretate ed applicate dei singoli sta membri. L’inconveniente è fronteggiato dall’organo giurisdizionale comune: la Corte di giuszia dell’Unione Europea (Lussemburgo). Lo strumento che consente alla Corte europea di assicurare l’uniforme interpretazione ed applicazione delle norme comunitarie si iden .ca nel permeere al giudice interno (quando la norma interna risulta incompa bile con la norma comunitaria) di sospendere il processo e rimeere la ques one interpreta va di una norma alla Corte europea, la quale dà la soluzione al dubbio sollevato. Il rinvio giudiziale è obbligatorio quando il dubbio interpreta vo sorga innanzi ad una Corte suprema (in Italia: Corte costuzionale, Corte di cassazione e Consiglio di Stato). La convenzione europea dei diri dell’uomo La convenzione europea per la salvaguardia dei diri dell’uomo e delle libertà fondamentali, ra .cata dall’Italia nel 1955, con ene una disposizione di speci.co interesse per la tutela dei di. L’art.6 stabilisce “ogni persona ha dirio ad un’equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole, davan ad un tribunale indipendente e imparziale e costuito per legge, che decide […] in ordine alla controversia sui suoi diri e obblighi di natura civile..”. Se uno stato viene meno agli obblighi previs dalla convenzione, può essere convocato dalla Commissione Europea dei diri dell’uomo dinnanzi alla Corte Europea dei diri dell’uomo (Strasburgo), a+nché la Corte accertata la violazione degli obblighi, condanni lo Stato inadempiente a rimuovere gli e:e della lesione o, se ciò non è possibile, al risarcimento della parte lesa. La persona lesa può quindi ricorrere alla Commissione la quale, e:euata un’istruoria, può deferire (rimeere a giudizio) lo Stato innanzi alla Corte. Se lo Stato non adempie a quanto stabilito dalla sentenza emessa dalla Corte, può essere sospeso provvisoriamente dal Consiglio d’Europa. Lo Stato italiano è stato ripetutamente condannato per la violazione dell’art.6 per quanto riguarda l’eccessiva durata dei processi, che non rispea il “termine ragionevole”. E’ proprio in conseguenza di queste condanne, è stata introdoa il 24 marzo 2001, la legge n.89 (c.d. Legge Pinto), la quale consente alla persona lesa di ricevere dallo Stato un risarcimento per il danno subito a causa dell’eccessiva durata del processo. — n.2201/2003: controversie in materia di matrimonio e .liazione; — n.848/2015: per le procedure concorsuali; — n.1393/2007: rela vo alle no .cazioni; — n.1206/2001: rela vo alle prove; — n.861/2007: introduce un procedimento dichiara vo uniforme per le controversie di piccola en tà. I legislatori nazionali quando deano le proprie norme, tendono di fao ad adeguarsi ai principi contenu nella norma va comunitaria: ad esempio la legge n.218/1995 sul diri+o internazionale privato italiano, che regola i rappor fra la giurisdizione italiana e le giurisdizioni deli Sta non membri dell’Unione Europea, ha sostanzialmente accolto i principi della norma va europea. 2. L’art. 24 della Costuzione – diri+o di azione L’art. 24 - I comma : “ Tu possono agire in giudizio per la tutela dei propri diri e interessi legimi ”. — Rileviamo innanzitu+o la presenza della parola “tu” che si contrappone alla parola “ci+adini”. Con tu si indica qualunque soggeo di dirio, senza alcun’altra limitazione; mentre con ciadini si limita l’e+cacia della regola cos tuzionale a coloro, che sono lega allo Stato dal vincolo della ciadinanza. Poiché l’art.24 parla di “tu”, ciò signi.ca che la tutela giurisdizionale è garan ta a qualunque soggeo di dirio, per il solo fao di essere tale. — Un’altra considerazione riguarda la frase “i diri soggevi e gli interessi legimi”. l’espressione si riferisce a “tue le situazioni sostanziali protee”. Il cos tuente, usano questa terminologia, ha esaurito l’intero ambito delle situazioni sostanziali protee. Il legislatore, quindi, non può creare una situazione sostanziale protea e negare alla stessa la tutela giurisdizionale. Eccezione: diversamente le cose si sono svolte nei rappor con la pubblica amministrazione. Qui spesso il legislatore in passato ha escluso la tutela giurisdizionale, ed esempio quali.cando come non sindacabile in sede giurisdizionale un ao amministra vo. Nonostante ciò, rimangono dei seori, abbastanza circoscri nei quali la tutela giurisdizionale va incontro a limitazioni. 3. L’autodichia Il primo di ques seori è dato dalla c.d. “autodichia degli organi costuzionali” (Parlamento, Presidenza della Repubblica, Corte cos tuzionale). La parola “autodichia” è un termine ar .ciale, che signi.ca “farsi gius zia da sé”. Quindi, rispeo alla gius zia, è la stessa cosa dall’autonomia rispeo alla normazione e dell’autarchia rispeo all’amministrazione. L’autodichia degli organi cos tuzionali si veri.ca innanzituo con riferimento ai rappor con i propri dipenden . 2 Art.24 costuzione Art.111 costuzione (II comma) diri+o di azione (I comma) l'autodichia Il principio del contraddi+orio (II comma) Arbitrato obbligatorio Giurisdizione Condizionata Tenta vi obbligatori di conciliazione Corte cos tuzionale Legimità Ricorsi amministra vi preven vi Costoro, non possono chiedere la tutela giurisdizionale dei diri, derivan dal rapporto di lavoro, ma debbono richiedere al proprio datore di lavoro il riconoscimento delle proprie pretese. E’ lo stesso datore di lavoro che accoglie o rigea la richiesta del dipendente. L’altro seore nel quale si veri.ca l’autodichia riguarda l’elezione dei membri del Parlamento. Se nasce una controversia sull’elezione di un deputato o di un senatore, questa non è risolta dal giudice, ma dalla stessa assemblea, alla quale quell’elezione si riferisce. Ciò è espressamente previsto dall’art.66 della Costuzione. *Nel 2005 la Camera dei deputa ed il Senato hanno esteso l’autodichia anche ai rappor contrauali con i terzi. *L’autodichia degli organi cos tuzionali ha una ragione storica, che nasce quando la magistratura non godeva delle garanzie di cui gode aualmente, ma era largamente sooposta all’inHuenza dell’esecu vo. Oggi questa ragione storica è venuta meno, ma è rimasto l’is tuto. 4. Prima applicazione dell’art.24, comma I: L’arbitrato obbligatorio L’arbitrato si fonda sul potere disposi vo delle par , sulla loro concorde volontà negoziale di deferire ad un terzo la decisione della controversia. L’arbitrato consiste quindi nell’ a+dare/delegare a dei sogge priva (quindi no a dei magistra ), scel dalle par . Si sceglie un “collegio arbitrale” cos tuito da ogni arbitro per ogni parte, e un terzo che riveste il ruolo di presidente. In genere il presidente viene scelto dai due arbitri da comune accordo. Se non ci si accorda questo è nominato dal tribunale. Gli arbitri vengono chiama a decidere sul fao riguardante il dirio che è proprio della parte che si rivolge all’arbitro (es. veri.care che sussista il dirio di credito in capo al creditore). Gli arbitri arrivano ad una decisione (lodo arbitrale), che ha la stessa e+cacia della sentenza del giudice. Il lodo poi diventerà norma del caso concreto. E’ capitato che talvolta il legislatore abbia is tuito delle ipotesi di arbitrato obbligatorio: la legge ha previsto che determina diri dovessero essere tutela in via arbitrale, rimanendo esclusa la via giurisdizionale. In ques casi l’arbitrato viene de.nito come obbligatorio perché le par non hanno possibilità di scegliere fra la tutela giurisdizionale e la tutela arbitrale del loro dirio: se vogliono tutela, hanno a disposizione unicamente l’arbitrato. La Corte costuzionale ha ripetutamente dichiarato la illegimità delle norme che prevedono forme di arbitrato obbligatorio, in quanto ha a:ermato che il legislatore non può sorarsi all’obbligo cos tuzionale di fornire la tutela giurisdizionale a chiunque la chieda. La dorina concorda con la Corte nel condannare l’arbitrato obbligatorio. 5. Seconda applicazione dell’art.24, comma II: La giurisdizione condizionata Si parla di “Giurisdizione condizionata” laddove l’accesso alla tutela giurisdizionale non è assolutamente impedito, ma è subordinato al compimento di una certa avità: il legislatore impone alla parte, prima che questa possa chiedere tutela giurisdizionale, di tenere un certo comportamento. La tutela quindi è condizionata al compimento dell’avità, prescria dal legislatore. Il meccanismo della giurisdizione condizionata è ritenuto, dalla Corte cos tuzionale, compa bile con l’art.24 se si rispeano congiuntamente i seguen principi: a) L’avità da compiere non deve rendere troppo di-cile l’accesso alla giurisdizione : il comportamento da tenere non deve essere eccessivamente oneroso in termini di tempo, di cos , di avità da svolgere; b) L’avità deve essere .nalizzata ad un miglior funzionamento dell’apparato giurisdizionale: il coordinamento deve quindi avere una .nalità interna all’avità giurisdizionale, e non deve essere .nalizzato al raggiungimento di risulta che sono tuavia estranei all’avità giurisdizionale. QUALI ISTITUTI CONSIDERA LEGITTIMI LA CORTE COSTITUZIONALE? 3 La condizione di parità si realizza quando vi è simmetria fra i poteri delle par , nel senso che al potere dell’uno corrisponde lo speculare potere dell’altro (principio della parità delle armi). Al contraddiorio si ricollega streamente la mo vazione dell’ao .nale, poiché è in questa sede che l’autore dell’ao deve spiegare le ragioni del suo convincimento, e quindi i mo vi per cui ri ene di accogliere o respingere gli elemen addo alle par . 8. Le quesoni rilevate d’u<cio Al contraddiorio si ricollega anche il dovere dell’autore .nale di indicare alle par , e di sooporre alle loro discussioni, le quesoni rilevabili d’u<cio (da porre a fondamento). Se la quesone è rilevabile solo da una delle due par:  essa è rilevata, e allora la controparte viene necessariamente a conoscenza e può replicarla ad essa;  non è rilevata, e allora non può essere u lizzata per la decisione. Se la quesone è rilevabile anche di u-cio, può veri.carsi il fenomeno della “terza via”: nel corso del processo, le par anno discusso delle ques oni che ritenevano rilevan ; al momento dell’emanazione dell’ao .nale, l’autore dello stesso fonda il suo convincimento su una ques one, rilevata di u+cio, senza che le par abbiano potuto prendere posizione sul punto. La Costuzione dichiara inviolabile il diri+o di difesa, e canonizza il principio del contraddi+orio, sul presupposto che le quesoni discusse sono meglio decise. Infa, l’ao emanato solitariamente, senza la discussione di tu gli elemen rilevan , è is tuzionalmente meno aendibile dell’ao emanato a seguito di contraddiorio, in quanto fondato su elemen soopos a discussione. La rilevabilità d’u-cio quindi esige il contraddiorio e individua cosa deve essere preso in considerazione per l’emanazione dell’ao. Il contradditorio è il metodo che deve essere seguito per acquisire l’elemento rilevante. 9. La parità delle armi e il diri+o di difesa Il legislatore può struurare il processo come ri ene opportuno, fornendo alle par ulteriori poteri rispeo a quelli che fanno parte del nucleo minimo intoccabile. Ma se lo fa, deve garan re il rispeo del principio della parità delle armi. Dirio di azione e dirio di difesa possono interferire l’uno con l’altro : ci possono essere situazioni in cui non è possibile garan re ambedue. Traandosi di due principi, aven ambedue dignità cos tuzionale, occorre trovare un contemperamento. Uno dei requisi minimi fondamentali del dirio di difesa è cos tuito dalla instaurazione del contraddiorio: cioè dall’essere avver della pendenza del processo (se il processo va a proprio favore o meno). La parte, una volta avver ta della pendenza del processo, potrà decidere se u lizzare o meno i poteri che l’ordinamento le dà. Però, può accadere che la necessità di ins tuire il contraddiorio, e quindi garan re il dirio di difesa, è incompa bile con il dirio di azione. Es: il sequestro giudiziario è un provvedimento cautelare che serve a custodire il bene controverso. Quando si traa di un bene mobile, l’opportunità del sequestro si fonda sulla possibilità di sorazione e occultamento del bene da parte di chi lo possiede. Avverre il possessore che è stato chiesto contro di lui il sequestro, signi.ca invitarlo a nascondere il bene. In ques casi, il dirio di difesa è necessariamente compresso, perché tale compressione è l’unica soluzione per garan re il dirio di azione della controparte. 10. Modalità di a+uazione del contraddi+orio: - I processi a cognizione piena: processo ordinario e speciale (lavoro e locazione) - I processi sommari: a cognizione limitata o super.ciale 6 - I processi cautelari - I processi sommari non cautelari I PROCESSI A COGNIZIONE PIENA Un processo si quali.ca a cognizione piena quando le par possono portare il loro contributo in ordine a tue le ques oni rilevan ai .ni della decisione, u lizzando tu i mezzi che a tal .ne il sistema prevede. Sono a cognizione piena:  il processo ordinario (che cos tuisce lo strumento u lizzabile per la tutela dichiara va in genere);  i processi speciali, che sono previs per fornire la tutela dichiara va in alcune par colari categorie di controversie, in quanto sono ritenu dal legislatore più ada alla peculiarità delle stesse. Sono speciali nel seore della giurisdizione ordinaria, il processo previsto per le controversie di: - lavoro e previdenza; - locazione, a+o e comodato; - opposizione alle sanzioni amministra ve. Sono speciali nel seore della giurisdizione amministra va, il processo: - accesso ai documen amministra vi; - avverso il silenzio dell’amministrazione; - quelli previs dall’art.119 c.p.a. I PROCESSI SOMMARI Sono sommari tu quei processi che non sono a cognizione piena, in quanto non prevedono una traazione piena ed esauriente della controversia. La limitazione può derivare:  dal fao che talune ques oni, pur rilevan , vengano escluse dalla traazione;  dal fao che non possono essere u lizza tu i mezzi di prova previs dal sistema;  dal fao che l’istruoria è e:euata in modo a pico, cioè senza seguire le regole “ordinarie”; La sommarietà si esprime araverso una traazione super.ciale (cautelare), in modo a pico (sommarie informazioni anziché prova tes moniale) esclusione di prove di lunga indagine o previsione di sola prova documentale (v.o. fase pre-fallimentare); Il procedimento più di:uso nei processi sommari è il ricorso per ingiunzione: caraerizzato da assenza di contraddiorio nella prima fase e basato su prova scria (l’assenza di contraddiorio iniziale è bilanciata dall’eventuale opposizione che apre una cognizione piena-cos tuzionalità); PROCESSO SOMMARIO: il contraddiorio non è realizzato a pieno, nella sua materia pica. Ad esempio, nel caso di tutela cautelare: qui il legislatore ha ritenuto più ragionevole sacri.care la completezza dell’indagine del giudice a favore della rapidità del provvedimento. Per questo la traazione si dice “super.ciale”. La fase di istruoria viene svolta in maniera rapida, cioè “a pica”: il giudice può mandare un’ email alla banca e chiedere informazione sul c/c di una delle due par , oppure si interpella la guardia di .nanza e si richiede se ci sono sta accertamen (non si chiama il tes mone e non lo si interroga, ma si opta per una procedura più snella e veloce). Lo strumento più pico dei processi sommari è il procedimento di ingiunzione: qui il contradditorio non c’è e quindi è chiaro che il processo è velocissimo. Art. 633 in poi: è uno strumento u lizza ssimo nei rappor commerciali per il recupero credito. Esempio: La società è creditrice di 100 nei confron dell’unibo ed non è ancora stata pagata. C’è una prova scria perché c’è un contrao. A questo punto la società chiede al tribunale di accertare l’esistenza del dirio di credito, e che condanni l’unità a pagare. Qui il contraddiorio non esiste: il giudice legge il ricorso, esamina le prove, veri.ca se la prova scria corrisponde all’art.634 e poi emee il provvedimento (decreto) brevissimo, dove condanna il debitore a pagare. 7 Inoltre, il giudice dice che entro un certo termine (termine di legge, più o meno 45 giorni) può fare opposizione. Cioè il debitore può impugnare questo decreto portando tue le prove in tribunale (tue le ragioni documentate). Si apre un processo quindi a cognizione ordinaria piena. (manca completamente il contradditorio nella prima fase, in quanto il decreto di condanna viene emesso senza che il debitore non sappia nulla). Si lascia al debitore scegliere che strada seguire: - se è in buona fede e sa che in realtà deve pagare: gli converrà pagare e non farà ricorso; - se ri ene di non dovere pagare per le sue valide ragioni, allora l’inizia va la prenderà lui: cioè di aprire una causa a cognizione piena (con contraddiorio quindi). I PROCESSI CAUTELARI I processi sommari pongono problemi di cos tuzionalità diversi, a seconda che essi siano u lizza per la tutela cautelare o per la tutela dichiarava: Tutela cautelare Il processo deve avere necessariamente una traazione di brevissima durata, perché la funzione della tutela cautelare è quella di impedire i pregiudizi che derivano dalla durata del processo. Inoltre, la tutela cautelare non è autosu+ciente: essa è strumentale ad un’altra tutela. Pertanto, il provvedimento cautelare non ha mai e+cacia decisoria, ed al processo sommario cautelare può sempre seguire un processo di cognizione, che conduce all’emanazione di un provvedimento, i cui e:e sos tuiscono quelli de provvedimento cautelare. I PROCESSI SOMMARI NON CAUTELARI I processi sommari cautelari possono presentare problemi quando sfociano in un provvedimento suscebile di acquisire gli stessi e:e di un provvedimento emesso al termine di un processo a cognizione piena. Es. l’associazione sindacale, che riene leso un suo dirio dal comportamento del datore di lavoro, può chiedere al giudice un provvedimento, che viene pronunciato al termine di un processo sommario. Tale provvedimento, se non opposto dalla parte soccombente entro un certo termine, acquisisce gli e0e di una sentenza di idenco contenuto. I rappor fra gli art.24 e 111 Cost., e i processi sommari non cautelari sono i seguen: il legislatore può is tuire processi sommari, a condizione che ciascuna delle par possa oenere, semplicemente manifestando la sua volontà in tal senso, che il processo sommario si trasformi in processo a cognizione piena. Se la parte, che ha dirio al processo a cognizione piena (purché lo chieda), soostà al provvedimento sommario, non vi è alcun ostacolo cos tuzionale che fa si che il provvedimento sommario acquisisca gli e:e di un provvedimento a cognizione piena. Se il tolare di questo dirio non lo esercita, sono a:ari suoi. 11. L’obbligo della difesa tecnica L’ul mo argomento rela vo all’art.24 Cost, riguarda il penulmo comma: “Sono assicura ai non abbien, con apposi istu, i mezzi per agire e difendersi davan ad ogni giurisdizione”. In questo comma si impone al legislatore ordinario, di assicurare la difesa giudiziale ai non abbien . Per individuare la portata di questo principio, occorre dis nguere fra il dirio e l’obbligo della difesa tecnica. OBBLIGO della difesa: Dinnanzi agli organi giurisdizionali di solito vi è l’obbligo della difesa tecnica, cioè la parte non può compere di persona gli a del processo, ma deve incaricare della propria difesa un soggeo quali.cato: l’avvocato. L’obbligo della difesa tecnica si fonda sull’interesse pubblico a che il processo si svolga fra sogge che avendo conoscenze speci.che ed esperienza, rendono più agevole lo svolgimento del processo stesso. Non c’è l’obbligo di difesa tecnica quando: 8 La decisione passata in giudicato fa stato ad ogni e:eo fra le par , egli eredi e gli aven causa. Il giudice, nel secondo processo, si trova a dover applicare la precedente sentenza perché questa è vincolante per le par , come lo è un contrao da esse s pulato. Il giudice, dovendo statuire sui diri e obblighi delle par , deve tener conto di tu gli elemen che concorrono a determinare ques diri e obblighi: fra tali elemen , il giudicato opera, come opera un contrao e vincola direamente le par . 16. Le leggi interpretave Le leggi interpreta ve sono quelle leggi che vengono emanate in presenza di un contrasto giurisprudenziale sull’interpretazione di una certa norma. Si è sostenuta la illegimità cos tuzionale di queste norme, in quanto esse esproprierebbero il giudice in una delle sue funzioni: l’interpretazione ed applicazione del dirio. Ora, l’interpretazione ed applicazione delle norme è solo un’avità propedeu ca e strumentale allo scopo della giurisdizione. Il problema delle leggi interpreta ve è un altro, e riguarda i desnatari delle norme: le par , quindi, e non il giudice, che è chiamato ad applicarle. Per de.nizione, la norma interpreta va è retroava: pertanto essa è sooposta ai limi cos tuzionali della retroavità delle leggi. Occorre che sussista un e:evo contrasto giurisprudenziale in ordine alla norma oggeo della interpretazione legisla va, e che la scelta e:euata dal legislatore sia ragionevole. Riassumendo: l’art.101 non ha alcuna relazione né con il valore vincolante del precedente; né con il giudicato; né con i limi di ammissibilità delle norme interpreta ve. In tu ques casi, l’aenzione va focalizzata sulle par , e non sul giudice, che in quanto tale, nell’espletamento delle sue funzioni giurisdizionali, adempie doveri, e non esercita diri. 17. L’art.102 Costuzione L’art.102 dis ngue fra giudice ordinario, giudice straordinario e giudice speciale: “La funzione giurisdizionale è esercitata da magistra ordinari istui e regola dalle norme sull'ordinamento giudiziario. Non possono essere istui giudici straordinari o giudici speciali. Possono soltanto istuirsi presso gli organi giudiziari ordinari sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di ciadini idonei estranei alla magistratura”. Il giudice ordinario è quello che “è is tuito e regolato dalle norme sull’ordinamento giudiziario”. Al giudice ordinario appar ene in via di principio la funzione giurisdizionale (questa è esercitata da magistra ordinari). Al giudice ordinario si applicano gli ar+.104-110 e, quindi egli gode di tuo quel complesso di garanzie, previste dalle norme cos tuzionali e dalle norme sull’ordinamento giudiziario. Fanno parte della magistratura ordinaria sia i giudici professionali, che intraengono con lo Stato un rapporto di impiego, sia i giudici onorari (come ad esempio, i giudici di pace), che non hanno appunto un rapporto di impiego. Il giudice straordinario è quello che viene cos tuito dopo che, sul piano del dirio sostanziale, si è già veri.cata la vicenda, che sarà poi oggeo del processo; ed è appunto cos tuito con lo speci.co compito di a:rontare e risolvere tale controversia. Il giudice speciale è is tuito in maniera permanente, con un proprio ambito di giurisdizione, che viene quindi sorao al giudice ordinario: si dis ngue dal giudice ordinario perché non fa parte dell’ordinamento giudiziario, quindi non gli si applicano le garanzie previste dagli ar.104 ss., ma solo l’art.108, secondo comma: 11 Art.102 l'autonomia e l'indipendenza della magistrautra Il giudice ordinario Il giudice straordinario Il giudice speciale magistratura ordinaria giudici professionali giudici onorari “La legge assicura l'indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, del pubblico ministero presso di esse, e degli estranei che partecipano all'amministrazione della giuszia”. Sono giudici speciali i giudici amministravi, i giudici tributari, il consiglio nazionale forense, ed altri giudici di minor importanza. La Cos tuzione vieta l’is tuzione di giudici straordinari e speciali. La ragione del divieto dei giudici straordinari è palese: quali mai garanzie può dare un u+cio, composto da sogge scel proprio perché si pronuncino su una certa controversia? La ragione del divieto di cos tuire giudici speciali sta nel diverso regime ordinamentale dei giudici ordinari e di quelli speciali: - ORDINARI: solo per i primi valgono tu gli altri meccanismi (previs dagli ar.104 ss.) e che realizzano l’autonomia della magistratura, la cui componente più importante è il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM); - SPECIALI: per de.nizione, non fa parte dell’ordinamento giudiziario, e quindi non usufruisce delle garanzie previste dagli ar.104 ss. Il mo vo per cui il cos tuente ha di+dato dei giudici speciali sta proprio in ragioni organizzave, ordinamentali. Solo se si realizzano le condizioni previste dagli ar.104 ss., la magistratura può veramente essere un “ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”. La Cos tuzione, quindi, non è contraria in assoluto alle magistrature speciali, ma è contraria alle magistrature che siano organizzate in modo diverso da quello previsto dagli ar.104 ss. 18. L’autonomia e l’indipendenza della magistratura Il giudice (ma anche l’arbitro), quando risolvono una controversia, non curano un interesse che è loro aribuito. Soo questo pro.lo, la dis nzione funzionale fra giurisdizione e amministrazione è essenziale. L’amministrazione cura l’interesse pubblico che le è a<dato dalla legge; la giurisdizione tutela diri. Pertanto, quando un intervento giurisdizionale ha un signi.cato più o meno importante per lo Stato, diviene necessaria la assoluta autonomia ed indipendenza di chi decide, perché altrimen non vi è garanzia che il decidente, invece di tutelare il dirio, persegua invece un interesse pubblico. L’Art.111 – Costuzione: norma costuzionale più importante in per la tutela dei diri Art.111 I comma – Art.101 II comma  Art.111, primo comma: “La giurisdizione si aua mediante il giusto processo regolato dalla legge”. Le parole della norma richiamano l’espressione “due process of law”, che è u lizzata nella Cos tuzione degli Sta Uni d’America. Nell’contesto dell’art.111, l’espressione ha cos tuzionalizzato quanto già sostenuto dalla dorina, e cioè l’avità giurisdizionale deve essere disciplinata essenzialmente da norme primarie, e non da norme secondarie (ad es. da regolamen ). Tale regola può ricavarsi anche dall’art.101, secondo comma: se il giudice è soggeo solo alla legge, ciò vuol dire che la sua avità può essere disciplinata solo da un ao del potere legisla vo. 12 commi 1 e 2 enunciano principi che sono ricavabili da altre norme cos tuzionali Art.111 commi 6,7,8 enunciano nuovi principi, non presen in altre norme cos tuzionali Il principio cos tuzionale non esclude che la norma primaria aribuisca al giudice poteri di scelta. Essa non può certo essere intesa come se la legge dovesse deagliatamente prevedere il comportamento vincolato che il giudice deve tenere in relazione ad ogni singola vicenda che può veri.carsi nel corso del processo, lasciando al giudice solo la possibilità di accertare se la faspecie, contemplata dalla legge, si è veri.cata. Ma se è vero che il giudice non deve necessariamente essere trasformato in un soggeo privo di poteri di valutazione, è anche vero che l’art.111, primo comma, impedirebbe al legislatore ordinario di introdurre una norma del tenore di quella prevista, per l’arbitrato, dall’art.816-bis, primo comma (codice procedura civile): una norma, la quale prevede che il giudice ha la facoltà di regolare lo svolgimento del processo del modo che riene più opportuno, purché sia assicurato il rispeo del principio del contraddiorio. La ragione di ciò sta nel fao che l’avità giurisdizionale è avità pubblicista, di natura autorita va. I provvedimen del giudice si impongono alle par a prescindere dalla loro volontà. L’arbitrato si fonda sul consenso delle par le quali scelgono anche chi deve svolgere le funzioni di arbitro. Al contrario, le regole del processo giurisdizionale sono di solito inderogabili dalle par . Quindi proprio perché le par non hanno il potere di vincolare il giudice, i poteri del giudice devono essere circoscri e disciplina dalla legge in modo molto più deagliato di quanto accade per l’arbitro. Inoltre, le par se vogliono, hanno il poter di vincolare l’arbitro ad osservare le regole processuali che egli deve seguire: se le par non deano queste regole, ciò signi.ca che esse hanno .ducia che l’arbitro sceglierà le norme più acconce.  Art.111, secondo comma: “ogni processo si svolge nel contraddiorio tra le par, in condizioni di parità, davan ad un giudice terzo ed imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata”.  Art. 111, sesto comma: “ tu i provvedimen giurisdizionali devono essere mova”. La funzione della norma è costringere l’autore del provvedimento ad “uscire allo scoperto”, a meere in gioco la propria reputazione personale e professionale nell’esplicitare le ragioni della sua decisione. La norma non è 13 IMPARZIALITA’ LA RAGIONEVOLE DURATA DEL PRPOCESSO A fronte di prescrizioni di questo contenuto, di deve ricorrere alla contrapposizione tra norme preceve e norme programma che: quest’ul me sono norme che si indirizzano al legislatore ordinario, ma la cui auazione è in de.ni va rimessa alla volontà di quest’ul mo. Si a:erma che la norma cos tuzionalizza il principio di economia processuale, ricavabile implicitamente nell’art.24 e nell’art.6 della convenzione europea dei diri dell’uomo che obbliga gli Sta aderen alla convenzione a fornire una tutela giurisdizionale in “tempi ragionevoli”. La necessità che il giudice sia terzo ed imparziale conferma che la funzione giurisdizionale è incompa bile con la cura di interessi: chi deve curare un interesse è sempre, per de.nizione, parziale, e non può essere terzo rispeo all’interesse a+datogli. La imparzialità del giudice è quindi diversa dall’imparzialità della pubblica amministrazione, prevista dall’art.97: - Per l’amministrazione essere imparziali signi.ca che, nel perseguimento dell’interesse pubblico a+datole, essa deve traare tu nella stessa maniera; - Per il giudice, imparzialità signi.ca equidistanza dagli interessi in conHio. Soo questo pro.lo, anche l’arbitro deve essere imparziale allo stesso modo del giudice. Capitolo 3 – Il Dirio Processuale 3.1 Il procedimento Procedimento = si denisce procedimento una sentenza di a in virtù della quale ciascuna o presuppone quello che lo precede, e forma il presupposto del seguente: con l’eccezione del primo ao della serie e dell’ul$mo. Il procedimento è come una catena, in cui ciascun anello è sostenuto dal precedente e sosene il successivo, tranne per il primo e per l’ulmo come abbiamo già deo. 3.2 Il processo Quando il procedimento è ulizzato per la tutela dei diri esso deve struurarsi secondo contraddiorio e quindi, viene denito processo. Ora, il modo in cui operano le norme processuali è struuralmente idenco al modo con cui operano le norme sostanziali. Le prime qualicano infa taluni comportamen come doverosi, altri invece come leci. 3.3 L’illecito processuale L’illecito sostanziale implica il dirio alla tutela giurisdizionale su uno specico dirio leso, rappresenta quindi il contenuto della quesone di merito (che aene il dirio sostanziale che si assume leso).Tuavia, può presentarsi una quesone di rito, anente allo svolgimento del processo. Può essere che ad un’astraa imposizione di un dovere di natura processuale non corrisponda un concreto comportamento conforme, e pertanto si verichi un illecito di natura processuale. Es. la domanda viene proposta al giudice incompetente anziché competente; Per questo movo, occorrono meccanismi idonei a far fronte all’illecito processuale. E’ proprio qui che si riscontra una delle peculiarità dell’avità giurisdizionale. Qui infa, non esistono strumen di tutela esterni al processo. Non esiste uno strumento di terzo grado, una terza istanza a cui far ricorso avverso gli illeci processuali. È lo stesso processo che deve farsi carico di predisporre gli strumen per controllare se stesso. Es. l’accertamento che è la sentenza è e+eo del dolo del giudice, non ne determina l’automa$ca caducazione degli e+e. Occorre infa chiedere la revocazione della sentenza. 3.4 Il rito ed il merito La quesone è intesa come qualsiasi punto, di fao o di dirio, le par non sono d’accordo. Per questo chiedono al giudice di decidere in maniera autoritava. Il processo dichiaravo ha un oggeo di merito ed uno di rito. Più precisamente:  oggeo di merito riguarda la realtà sostanziale sulla quale si chiede l’intervento. Riguarda quesoni di dirio sostanziale.  oggeo di ritocostuito da esso stesso. Riguarda quesoni di dirio processuale. 3.5 Le quesoni di rito La normava processuale ha pertanto un contenuto siologico. E cosi vi sono apposite disposizioni che entrano in funzione laddove si tra di valutare se vi sono sta commessi illeci processuali. Ecco perché abbiamo deo che l’oggeo del rito è sì presente nel processo, ma allo stato “potenziale”: perché gli strumen vol a controllare il rispeo delle norme processuali entrano in funzione solo se qualcuno li ulizza. Pertanto, in un concreto processo si discuterà di quesoni processuali solo se ve ne sarà l’occasione. Naturalmente il modo con cui si pongono, si a3rontano e si risolvono le quesoni di rito è idenco a quello con il quale si risolvono le quesoni di merito. Tu i processi hanno quesoni di rito. Se la quesone di rito c’è e viene risolta in maniera negava, ci sono diverse conseguenze:  potrebbe esserci una sanatoria di un presupposto processuale;  quando non c’è sanatoria, il giudice deve emeere una sentenza, araverso cui declina la sua competenza. Si traa di una sentenza solo di un rito. Se il processo è emanato male (per esempio che c’è una violazione del contradditorio), il processo di deve fermare. Ciò accade quando mancano quei presuppos determinan a7nché il giudice esamini il merito. Ques presuppos sono i presuppos processuali, quei elemen in posivo o negavo di cedibilità della domanda. La loro esistenza consente al giudice di passare all’esame del rito. Viceversa, la loro mancanza non consente al giudice di fare ciò. Se sbaglio a chiedere il risarcimento dei danni al tribunale di Bologna anziché quello di Ravenna, il giudice, se viene sollevata l’eccezione, il giudice potrà dire solo che è incompetente, in quanto è competente quello di Ravenna. - O trasferisco il processo a Ravenna; - O posso ricominciare da capo il processo (riproporre la domanda): quindi la sentenza con cui il giudice a3erma di non poter passare all’esame del merito perché manca il presupposto processuale, è una sentenza di mero rito che non ha e7cacia. Una sentenza che dichiara l’inesistenza di un presupposto processuale, non scende ad esaminare il merito, e questo non preclude all’aore interessato di riproporre quella domanda (purché non ci siano decadenza). La riproposizione è sempre possibile. Ciò, contrasta con il principio di economia processuale. Ovviamente qui può sorgere un problema circa la ragionevole durata del processo. Quindi, la sentenza su rito, quando il giudice accerta la mancanza di un presupposto processuale, non preclude la riproposizione della stessa domanda davan ad un altro giudice, proprio perché il merito non è stato toccato. E’ evidente che il giudice deve esaminare prima queste quesoni “pregiudiziali” (cioè che vengono prima delle altre): pregiudiziali di rito e preliminari di merito. I processi, quindi, non tu si concludono con un accertamento di merito, ma può esserci anche una conclusione su rito, dove il giudice si ferma e risolve la lite. 3.6 I presuppos processuali All’interno delle quesoni di rito occorre poi disnguere dalle altre quelle che assumono una parcolare rilevanza, perché costuiscono condizioni per la pronuncia del merito. Tali quesoni sono comunemente denominate presuppos processuali, anche se la terminologia non è propriamente esaa. Infa, tali elemen non sono presuppos per l’esistenza del processo ma sono invece, presuppos perché il giudice possa emeere una pronuncia che abbia ad oggeo il merito. Vi sono quesoni di rito che non impediscono la decisione di merito (es. Tizio che rende una tes$monianza nel processo può essere rilevante per l’accoglimento o il rigeo della domanda, ma non condiziona la emanazione della decisione di merito). Vi sono poi altre quesoni, la cui importanza è tale che il legislatore subordina la possibilità di pronunzia sul merito al rispeo di determinate norme processuali (es. competenza del giudice o la capacità delle par). E’ importante soolineare che: le par hanno la possibilità di modicare, d’accordo fra loro, la disciplina dei presuppos processuali solo nei casi in cui il legislatore aribuisce loro tale potere. Non possono cioè, in mancanza di espressa previsione normava, con il loro accordo né introdurre né far venir meno determina presuppos processuali. Più in generale, tua la normava processuale è, in linea di principio, inderogabile. I presuppos processuali del giudice sono: - La competenza e la giurisdizione; I presuppos processuali delle par sono: - La capacità processuale, la legimazione ad agire e l’interesse ad agire. a) LA CAPACITÀ PROCESSUALE (1°PRESUPPOSTO PROCESSUALE) Art.75 c.p.c: “Sono capaci di stare in giudizio le persone che hanno il libero esercizio dei diri che vi si fanno valere. Le persone che non hanno il libero esercizio dei diri non possono stare in giudizio se non rappresentate, assis$te o autorizzate secondo le norme che regolano la loro capacità. Le persone giuridiche stanno in giudizio per mezzo di chi le rappresenta a norma della legge o dello statuto. Le associazioni e i comita$, che non sono persone giuridiche, stanno in giudizio per mezzo delle persone indicate negli ar$coli 36 e seguen$ del Codice civile.” La parte rappresenta il soggeo che assume un certo ruolo, di ordine sogge.vo che è coordinato con quello di altri sogge, per un risultato comune. Questo ruolo può essere sia staco (soggeo desnatario degli e3e giuridici della sentenza), dinamico (soggeo che esercita tu i doveri processuali che nascono dalla qualità di parte). Soo il prolo di fao, a7nché nasca un processo basta che sia una domanda, a prescindere da chi è proposta.  “stare in giudizio”: Non tu però possono esercitare questo potere: può esserci una discrasia fra il soggeo che è desnatario della sentenza e chi esercita avamente, per la parte, il dovere processuale. Le persone che hanno il “Libero esercizio” sono (secondo l’art.2 del codice civile) la capacità di agire. In questo caso il ruolo dinamico (la possibilità di agire) è streamente collegato alla capacità di agire. Si può fare quindi un parallelo fra l’art. 2 (sul piano sostanziale) e l’art.75 (la capacità processuale): la capacità processuale è la capacità di compiere gli a che spea a tu quei sogge che hanno la capacità di agire. Questo soggeo che ha la capacità di agire, ha la legimazione processuale.  Il conceo di parte si riferisce anche alla parte staca; L’art. 75 però non chiarisce ques due aspe (staco e dinamico), ma si riferisce solo alla capacità processuale. Nei casi in cui il soggeo è incapace di agire, occorre nominare un rappresentante (minore  patria potestà, interdeo  tutore) che agisca in nome e per conto del soggeo incapace (così come agisce sul piano sostanziale, es. sooscrivere un contrao di a7o per conto del minore). Si verica sempre una dissociazione fra il soggeo desnatario sul piano sostanziale, e il soggeo che agisce, parte ava, che deene la legimazione processuale. ! C’è un caso parcolare che riguarda un soggeo che ha la capacità di agire, e quindi in realtà può far valere i propri diri, in quanto capace di compiere gli a processuali, tranne nel caso in cui si traa dei diri patrimoniali: il fallito. Questo perché il fallito non ha più la disponibilità del suo patrimonio (assenza di legi.mazione processuale per la sfera patrimoniale). Il fallito non è interdeo, non perde la capacità di agire “tout court” (può sposarsi, può sooscrivere contra di lavoro), e quindi l’art.2 è rispeato. - Rappresentanza volontaria Si verica quando un soggeo nomina volontariamente un suo rappresentante (mandatario), che dovrà agire per suo nome e conto. La situazione cambia per gli en collevi (sia pubblici che priva): ques sono un’astrazione giuridica dove ci deve, necessariamente esserci qualcuno che agisce per in nome e per conto dell’ente. Si traa di rappresentanza organica. La volontà che esprime il rappresentante è la volontà dell’ente. Infa, se, per esempio, il rappresentante legale di una società commee un ao illecito, il risarcimento dei danni non è richiesto al rappresentante, ma all’ente. Nel caso della rappresentanza legale ciò non accade. Il rappresentato subisce gli e3e e non gli a che svolge il rappresentante: se il padre nel curare gli interessi del glio minore, compie un illecito, di questo suo comportamento sul piano penale è responsabile esclusivamente il padre. *Minore emancipato e inabilitato: rappresentanza processuale congiunta. * L’istuto dell’autorizzazione: rimuove un ostacolo, cioè rimuove l’esercizio di un potere che già esiste. Il giudice tutelare deve autorizzare gli a di ordinaria amministrazione che può compiere il rappresentante legale. - La sanabilità Art.182, comma 2 : “Quando rileva un difeo di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore, il giudice assegna alle par$ un termine perentorio per la cos$tuzione della persona alla quale spea la rappresentanza, o l'assistenza, o per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura alle li$ o per la rinnovazione della stessa. Se per caso il minore è andato dall’avvocato per iniziare una causa, e alla leura della stessa il giudice si rende conto che in realtà il soggeo è minore: si genera un difeo di rappresentanza. A questo punto, il padre si deve costuire in giudizio come rappresentante legale, e raca l’ao di citazione in giudizio emesso da giudice. In questo modo sana retroavamente l’ao inziale, e il comma connua: Art.100 c.p.c: “Per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse”. Oggi la dorina ha visto l’interesse ad agire come elemento seleore al ne di vericare le ipotesi sempre più frequen e rilevan di abuso del processo. Il processo viene ulizzato per temporeggiare, o come scopo di minaccia, con funzioni di pressione sulla parte più debole. In questo processo non c’è interesse ad agire. Per capire se c’è o no abuso del processo si guarda: - Avità processuali consente dall’ordinamento; - Avità che non hanno a che fare con l’ordinamento. Come si fa a capire se c’è l’interesse ad agire? - Es. il vicino che vuole la divisione del conne che l’altro non vuole, può farla in prima persona e poi richiedere il rimborso del denaro della recinzione che è a carico del vicino. Quindi il processo qui è inule, perché non farebbe altro che accertare i conni. L’interesse ad agire in giudizio non c’è. - Es. risoluzione di dirio di un contrao: al vericarsi di determina situazioni (es. mancato pagamento in un certo termine), il contrao si risolve autonomamente (diri potestavi). Se ho una clausola risoluva espressa a mio favore, posso esercitare la risoluzione del contrao. L’interesse ad agire in giudizio non c’è. - Es. Se non siamo di fronte ad un dirio potestavo, ma per esempio al dirio a chiedere l’annullamento di un contrao per errore, la parte non può dire che il contrao è annullabile perché c’è un errore. Il contrao quindi non può sciogliersi autonomamente, ma la parte può comunque raggiungere quel risultato tramite una rinegoziazione del contrao. - Es. Un’altra ipotesi è il licenziamento per giusta causa: il datore di lavoro risolve autonomamente il contrao. Il datore di lavoro non è tenuto ad andare di fronte il giudice per licenziare Tizio, ma lo fa da solo sciogliendo il rapporto di lavoro. Nel licenziamento per giusta causa l’interesse ad andare davan ad un processo non c’è. - Es. un concorso pubblico per la copertura di un unico posto, Tizio lo superiamo, oeniamo l’idoneità e siamo pos in graduatoria, ma sono arrivato al secondo posto. Tizio riene che la commissione giudicatrice abbia sbagliato perché ha valutato poco i suoi toli. Tizio raggiunge 95 pun, mentre il vincitore raggiunge 100 pun. Tizio fa il ricordo al TAR, spiega al giudice la situazione, e conclude che con i toli valuta in modo correo Tizio avrebbe raggiunto 99. Qui l’interesse al risultato del processo non c’è, è inule fare un processo. Anche se i giudici accertassero e3evamente che i toli sono valuta erroneamente, Tizio non arriverebbe mai a 100. - Es. testamento falso: il testamento viene impugnato, per accertare la rma falsa. Si traa di un processo costoso, che dura tanto. Nel corso del processo ci si rende conto che seguendo la legima, e quindi le regole della successione legima (e non del testamento), si arriverebbe comunque allo stesso risultato economico a cui portava il testamento ritenuto falso. A quel punto, in ogni caso, chi agisce in giudizio, anche se mai oenesse una sentenza favorevole, comunque non raggiungerebbe il risultato sperato. In realtà i giudici non si pongono il problema di vericare sin dall’ inizio l’interesse ad agire sussiste o no. Spesso l’indagine della verica del presupposto si intreccia nell’indagine di merito. Quindi solo nella sentenza nale, il giudice verica se c’è l’interesse. In ques casi è molto raro che il giudice si fermi con una sentenza di rito, dicendo che non può proseguire perché manca l’interesse ad agire, in quanto la sentenza di rito ha e3eo solo tra le par. L’interesse può riguardare il processo come mezzo. Il giudice deve vericare, a priori, se è indispensabile iniziare una causa per oenere il risultato, o se questo risultato si può oenere anche autonomamente. L’interesse ad agire è importante anche soo il prolo del risultato, e non solo come mezzo. L’interesse ad agire diventa il ltro più importante e indispensabile nelle cause di mero accertamento. In queste cause non c’è una vera e propria lesione del dirio. La sentenza di mero accertamento mira a vericare se e3evamente esiste una situazione sostanziale protee. Nel mero accertamento chi agisce non si limita a richiedere che venga faa chiarezza sulla situazione sostanziale protea. Es. azione per accertare il fao di avere una servitù di passaggio: in ques casi, l’aore cerca dal giudice una conferma della legimità della situazione in essere, e quindi riconoscere il dirio di servitù di passaggio sul fondo. L’aore quindi chiede che si deno le regole di comportamento relave a quel rapporto sostanziale, al ne di eliminare l’incertezza giuridica. Con questa sentenza si ssa il dirio concreto e la norma applicabile. Ciò signica, che la tutela che si richiede è minima (si chiede solo di fornire una regola), non c’è una lesione del dirio. L’illecito è minimo, per questo la tutela è minima (tutela dichiarava). Soo il prolo della realizzazione della sentenza, si dice che la sentenza in ques casi è autosu7ciente. Con una simile sentenza non posso ricorrere ad un u7ciale giudiziario per il pignoramento dei beni. Qui, la sentenza è ne a sé stessa, non apre le porte dell’esecuzione, in quanto autosu7ciente (proprio perché deve solo accertare l’esistenza di un dirio). L’accertamento che il giudice fa, può essere posivo (accertare che l’aore sia tolare di un dirio) o negavo (accertare che il convenuto non ha la proprietà di un bene. L’interesse ad agire in questo caso quindi fa la di3erenza, in quanto è dato dalla mera contestazione del dirio (non occorre la lesione). La mera contestazione però deve essere e3eva, cioè deve comportare delle conseguenze sul piano economico e giuridico negave. *La sentenza di rito e di merito. La sentenza di rito è il la sentenza che chiude il processo, che investe solo la irregolarità della macchina processuale. La domanda di tutela giurisdizionale può essere riproposta (come idenca a prima). La sentenza di mero rito ha un’e7cacia limitata a quel processo, non si espande sul piano sostanziale. La sentenza di merito, che decide sul dirio, e dice chi ha ragione o chi ha torto. L’accertamento di merito vincola le par, gli eredi e gli aven causa (eDeo di giudicato sostanziale). Ciò vuol dire che quel rapporto giuridico non può essere messo in discussione mai, e quindi la domanda non può essere riproposta. Capitolo 4 – La tutela dichiarava in generale Tale forma di tutela ha la funzione di determinare, in maniera vincolante per le par, i comportamen possibili e diversi che ciascuna di esse può o deve tenere con riferimento ad una situazione protea (dirio soggevo o interesse legimo). Gli elemen comuni a tue le ipotesi di tutela dichiarava sono:  la domanda  la traazione  la decisione 4.1 La domanda La domanda ha un contenuto minimo costante, "nalizzato ad individuare ciò che si chiede al soggeo (giudice, arbitro etc.) fornito del potere di deare in modo involante le regole di comportamento. Per raggiungere tale "nalità ogni domanda deve: a) individuare la situazione sostanziale protea, di cui si chiede tutela b) individuare l’illecito che ha prodoo la lesione, di cui si chiede la rimozione c) individuare gli e&e, che si chiede di produrre al "ne appunto di rimuovere le conseguenze negave che l’illecito ha prodoo sulla situazione sostanziale protea. 4.2 L’oggeo del processo La domanda determina l’oggeo del processo, che è nozione delle molteplici applicazioni.  Innanzituo è sull’oggeo che si determina la maggior parte dei presuppos processuali: giurisdizione, competenza, capacità, legimazione.  Poi, l’oggeo del processo è ciò che consente di stabilire quali sono i da rilevan che occorrerà acquisire nella fase di traazione.  In"ne, l’oggeo del processo determina l’oggeo della decisione. La domanda rappresenta dunque il collegamento fra il dirio sostanziale e il processo, così come la decisione opera il collegamento inverso fra il processo e il dirio sostanziale. 4.3 Gli ee della domanda La domanda produce degli e&e. Fra di essi i più importan sono gli ee sostanziali , che concorrono a realizzare, insieme ad altri istu, uno dei postula fondamentali dei rappor fra dirio sostanziale e processo, secondo il quale la necessità di servirsi del processo non deve danneggiare la parte che ha ragione. Gli e&e della domanda invece, impediscono che il pregiudizio, alla parte che ha ragione, derivi dall’applicazione di determinate norme sostanziali ai fa che si veri"cano nel corso del processo. Possiamo dire che tu i meccanismi che producono una stabilizzazione della realtà sostanziale esistente divengono inapplicabili, nel corso del processo, se pregiudizievoli alla parte che avrà ragione. Es. la domanda di rivendicazione interrompe l’usucapione che si sta maturando a favore del convenuto; ed inoltre il possesso del convenuto nel corso del processo non è idoneo a far maturare l’usucapione: se anche il processo dura oltre 20 anni, l’usucapione a favore del convenuto non si applica. Gli strumen sostanziali di stabilizzazione non si applicano nel corso del processo, e riprendono a prodursi dal momento in cui il processo si chiude, con il passaggio in giudicato della sentenza. 4.4 La traazione L’altro momento logicamente necessario della tutela dichiarava è la traazione. Si traa di stabilire se la domanda è fondata, e quindi se egli ha dirio di oenere gli e&e richies: a tal "ne occorre veri"care se il dirio, di cui si chiede la tutela, è e&evamente esistente; se si è e&evamente veri"cata la lesione a&ermata; se a seguito di tale lesione, possono e&evamente essere prodo gli e&e richies. Occorre quindi procedere ad una ricognizione della realtà giuridica esistente. Lo strumento si denomina processo di cognizione. Ma l’espressione, come già ancipato, non è correa e può trarre in inganno perché il "ne del processo non è la conoscenza della realtà esistente, che è solo il mezzo, lo strumento araverso il 2. Il caso in cui vi sia stato un vizio nella istaurazione del contraddiorio 3. Il caso in cui la sentenza è manifestatamente contraria all’ordine pubblico dello Stato membro, nel quale dovrebbe esplicare i suoi ee0. L’eeo dichiaravo della sentenza: se il caso è stato già deciso nel nostro stato, non si può chiedere in un altro stato una sentenza diversa per aggirare quella del proprio stato. Tuavia, nel caso di contradditorio, se il convenuto non ha potuto difendersi, a causa del mancato avviso di noca della sentenza, si può richiedere che la sentenza venga emessa da un altro stato straniero. Stessa cosa se la sentenza è contraria all’ordine pubblico. 5.4 I criteri di collegamento Un prolo molto importante riguarda i criteri di collegamento che vengono individua per aermare o per escludere la giurisdizione italiana. Ques criteri possono riguardare il convenuto o l’oggeo della controversia, ma mai l’aore. Non è necessario che l’aore avvia un collegamento con lo Stato italiano perché sussista la giurisdizione italiana (Art. 24 Cost la tutela dei diri0 spea a “tu0”). Individua così i conni esterni della giurisdizione, dobbiamo subito ricordare che la tutela dichiarava giurisdizionale può provenire sai dalla giurisdizione ordinaria sia dalle giurisdizioni speciali cioè dai giudici che, per denizione, non fanno parte dell’ordinamento giudiziario. 5.5 I rappor fra la giurisdizione ordinaria e le giurisdizioni speciali Ora, i conni tra giurisdizione ordinaria e speciale sono determina sulla base del criterio della residualità: la giurisdizione è, in linea di principio, aEdata ai giudici ordinari; i giudici speciali hanno giurisdizione laddove l’ordinamento espressamente lo prevede. La giurisdizione ordinaria è quindi generale e il suo ambito si ricava soraendo dal complesso generale della giurisdizione, ciò che è aribuito ai giudici speciali. Questa caraerisca si ripete anche all’interno dei processi. Il codice di procedura civile conene le norme che riguardano il processo civile in qualunque sia la sua sede giurisdizionale, salve le norme speciche previste per i processi dinanzi a giudici speciali. Per la giurisdizione amministrava e per quella tributaria esistono specici tes normavi, che però non sono autosuEcien, e si limitano a deare le norme parcolari relave ai processi che si svolgano davan a tali giurisdizioni speciali. Ma laddove non esistono norme speciche si applica il codice di procedura civile: art 39 c.p.a.; art 1 dlgs n 546/1992 sul processo tributario. Per quanto riguarda il difeo di giurisdizione nei confron di un giudice straniero , l’art 11 della l. n 218/1995 stabilisce che tale difeo è rilevabile d’uEcio dal giudice, se il convenuto non si è costuito, in ogni stato e grado del processo; se invece il convenuto si è costuito, speerà a lui rilevare il difeo di giurisdizione, sempre in ogni stato e grado. Però deve farlo non appena si costuisce. Per quanto riguarda invece, il difeo nei confron dei giudici speciali, esso è rilevabile in ogni stato e grado del processo sia dal giudice sia dal convenuto. Quando il giudice si dichiara carente di giurisdizione, le conseguenze sono diverse:  se la giurisdizione spea ad un giudice straniero il vizio del processo è sanabile. La sentenza dichiara il difeo e tuo si chiude li  se la giurisdizione spea ad un altro giudice dell’ordinamento è possibile sanare il vizio trasferendo la causa davan al giudice fornito di giurisdizione. Se ciò avviene entro tre mesi da quando passa in giudicato la sentenza che declina la giurisdizione, gli ee0 sostanziali e processuali della prima domanda si conservano. Se il convenuto si è costuito davan al giudice, deve sollevare l’eccezione, che è lo strumento di difesa del convenuto. Il convenuto contesta la rilevabilità dei fa0 al ne di dimostrare l’infondatezza della domanda. L’eccezione può essere rilevata d’uEcio e in ogni stato del processo. Lo stesso strumento esiste fra i rappor tra i giudici ordinari (di caraere generale) e giudici speciali (deputa alla tutela dichiarava). Anche in questo caso l’eccezione può essere sollevata sia dalla parte che dal giudice. Art.37 c.p.c “Il difeo di giurisdizione del giudice ordinario nei confron della pubblica amministrazione o dei giudici speciali è rilevato, anche d'u-cio, in qualunque stato e grado del processo”. Se inizio una causa davan al tribunale per impugnare un ao di un ente tributario, ma mi sollevano l’eccezione: accade che ci sarà (come l’ipotesi di riparto di giurisdizione) una sentenza sul processo (di mero rito). Cioè il giudice dirà che sarà la commissione tributaria a decidere sul caso. E’ possibile entro 3 mesi della sentenza trasferire la causa al giudice giusto, e durante ques 3 mesi si conservano tu0 gli ee0 sostanziali verica. C’è un grande vantaggio: perché se si sbaglia ad andare davan al tribunale, non si rischia di perdere tuo! Caraerische: - È rilevabile d’uEcio in ogni stato e grado; - La sentenza che chiude il processo è di mero rito (perché dice che il processo si è chiuso male); - Entro 3 messi può essere trasferita davan al giudice; Invece, quando si sbaglia a scegliere il giudice (fra giudice italiano e straniero) le conseguenze sono peggiori perché non c’è la possibilità di trasferire la causa al giudice che ha la giurisdizione, ma si deve ricominciare da capo. La magistratura onoraria italiana, nell'ordinamento giudiziario italiano, indica l'insieme dei magistra onorari. L'agge0vo "onorario" sta ad indicare che svolge le proprie funzioni in maniera non professionale, poiché di regola esercita la giurisdizione per un lasso di tempo determinato senza ricevere una retribuzione, ma solo un'indennità per l'a0vità svolta. - GOA: è un magistrato onorario chiamato giudice onorario aggregato (GOA). Aesa la loro origine nalizzata allo smalmento dell'arretrato essi dovevano durare 5 anni, prorogabili una sola volta per la durata di un anno, ma con alcune proroghe essi sono tuora in a0vità. Si può dire che la loro funzione al 2007 sia del tuo terminata, rimanendone alcuni per le cause ancora penden. - GOT: Con la riforma operata col d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 vennero istuite due nuove gure: il giudice onorario di tribunale e il vice procuratore onorario. In realtà, le due gure scindono quella che era l'a0vità del vice pretore onorario, magistrato onorario soppresso con la gura del pretore dalla riforma del 1998. La disciplina piuosto è stata poi integrata da apposite circolari del Consiglio superiore della magistratura pubblicate con Decre Ministeriali. Il giudice onorario di tribunale (GOT) ha competenza in materia civile e penale in tu& i casi in cui la competenza è monocraca, salvo per i rea per i quali è prevista l'udienza preliminare, ovvero di un unico giudice secondo le norme dei codici di rito. La sua durata è di 3 anni rinnovabili per un ulteriore triennio. Anche in questo caso ricevono un compenso per l'a0vità svolta ma, a dierenza del giudice di pace, in forma di geone di presenza per ciascuna udienza svolta, a prescindere dal numero di provvedimen emessi. Passando ora alla competenza, constaamo che il potere giurisdizionale all’interno della giurisdizione ordinaria è diviso fra uEci: 1. Giudice di pace non è un magistrato di professione, bensì un magistrato onorario. In sostanza, il potere giurisdizionale esercitato è idenco a quello esercitato dai magistra di carriera: la dierenza sta nel rapporto magistrato – PA. Il giudice di pace fa parte a tu0 gli ee0 dell’ordinamento giudiziario e quindi è un magistrato ordinario! 2. Tribunale è composto prevalentemente da magistra professionali, che hanno un rapporto di impiego con lo Stato amministrazione, ma vi sono anche magistra onorari.  Nonostante il nome, aualmente il tribunale pronuncia normalmente come giudice monocraco: è un solo magistrato a decidere la controversia. Soltanto in parcolari materie decide in composizione collegiale.  Altra parcolarità sta nel fao che esso è sia giudice di primo grado per le controversie di sua competenza che giudice d’appello per le sentenze pronunciate dal giudice di pace.  Il suo ambito territoriale di competenza si chiama circondario, e coincide con la provincia. Il tribunale è giudice di primo grado, ma in alcuni casi può anche essere giudice d’appello nei confron delle sentenze di giudice di pace in materia di risarcimento danni per inciden stradali (no a 20.000 euro decise dai giudici di pace). 3. Corte d’appello composta normalmente da magistra professionali, svolge essenzialmente la funzione di giudice d’appello nei confron delle sentenze dei tribunali.  Eccezionalmente è competente per primo, e quindi necessariamente in un unico grado. Ad esempio, per l’impugnazione del lodo arbitrale e per la determinazione dell’indennizzo speante a chi viene espropriato per la pubblica ulità etc. In ogni caso, la corte pronuncia sempre nella composizione di 3 magistra, quindi decide collegialmente.  Le sentenze della corte d’appello sono impugnabili in cassazione.  Il suo ambito territoriale di competenza è il distreo. 4. Corte di Cassazione assolve a funzioni essenzialmente di nomo$lachia, cioè vigila sull’esaa e uniforme interpretazione della legge. Pertanto, deve essere necessariamente in un unico uEcio. L’altra funzione assegnata è quella di essere giudice di verce per quanto a0ene la giurisdizione. La Corte di cassazione è giudice solo di impugnazione: può essere investa solo esclusivamente tramite ricorso avverso un provvedimento emesso da altro giudice. La Corte pronuncia a a. Sezioni Semplici, 5 magistra b. Sezioni Unite, 9 magistra. Intervengono in 3 ipotesi i. Decidere una quesone di giurisdizione ii. Decidere una quesone, che è stata diormemente decisa dalle sezioni semplici oc he sia di parcolare importanza iii. Una sezione semplice riene errato un precedente delle sezioni unite e quindi, invece di decidere applicando tale precedente si rimee la decisione alle stesse sezioni unite. 5.10/11/12/13 La competenza Ovviamente, essendoci una pluralità di uEci giudiziari competen, occorrono dei criteri per distribuire il carico di lavoro fra ques uEci. Ques criteri sono forni dalla competenza, che possiamo denire come una riparzione interna della giurisdizione, necessaria tue le volte in cui vi siano più uEci giurisdizionali, che possono fornire la tutela richiesta. Le regole di competenza sono di due pi:  Orizzontale (per territorio)  serve ad individuare, fra più uEci giudiziari dello stesso po quello a cui proporre la domanda. Es. A quale fra ai tribunali esisten va proposta la domanda di divorzio? A quale ora gli u-ci di giudice di pace va proposta l’opposizione ad una sanzione per divieto di sosta? A tal ne, sono ulizza dal legislatore una serie di criteri di collegamento fra controversia e uEcio. Le regole di competenza territoriale sono suEcien quando vi è un solo po di uEcio competente in primo grado: cosi ad esempio nella giurisdizione amministrava ed in quella tributaria. Nella giurisdizione ordinaria invece, non basta sapere se competente è un uEcio di Lucca o Pisa, occorre anche stabilire se la domanda va posta al giudice di pace o al tribunale. ESEMPI COMPETENZA ORIZZONTALE Art. 18 c.p.c: “Salvo che la legge disponga altrimen, è competente il giudice del luogo in cui il convenuto ha la residenza o il domicilio e, se ques sono sconosciu, quello del luogo in cui il convenuto ha la dimora. Se il convenuto non ha residenza, né domicilio, né dimora nella Repubblica o se la dimora è sconosciuta, è competente il giudice del luogo in cui risiede l'aore”. Art.20 c.pc.: “Per le cause relave a diri* di obbligazione è anche competente il giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l'obbligazione dedoa in giudizio “. Art.21c.p.c: “Per le cause relave a diri* reali su beni immobili, per le cause in materia di locazione e comodato di immobili e di a-o di aziende, nonché per le cause relave ad apposizione di termini ed osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamen o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi, è competente il giudice del luogo dove è posto l'immobile o l'azienda. Qualora l'immobile sia compreso in più circoscrizioni giudiziarie, è competente il giudice della circoscrizione nella quale è compresa la parte soggea a maggior tributo verso lo Stato; quando non è sooposto a tributo, è competente ogni giudice nella cui circoscrizione si trova una parte dell'immobile. Per le azioni possessorie e per la denuncia di nuova opera e di danno temuto è competente il giudice del luogo nel quale è avvenuto il fao denunciato”. 6.8 legi&mazione straordinaria Art.81 cpc enuncia l’eccezione: “fuori dai casi espressamente previs dalla legge nessuno può far valere, in un processo, in nome proprio e per conto altrui”.)  legi&mazione straordinaria. Quindi solo nei casi previs dalla legge è possibile che un sogge*o faccia valere in giudizio un diri*o di cui egli a$erma l’altrui tolarità. In questo po di legimazione gli e$e degli a processuali sono imputa al legimato straordinario, che non è però tolare della situazione sostanziale prote*a portata in giudizio (in quella ordinaria si, perché il sogge*o è lo stesso) Due ipotesi di legimità straordinaria: 1. In materia di diri& disponibili : è cos tuito dall’azione surrogatoriail creditore, per assicurare che siano soddisfa*e/conservate le sue ragioni può esercitare le azioni che spe*ano verso terzi al proprio debitore. Il creditore agisce in nome proprio e per la tutela dei diri altrui (per conto altrui) in deroga al principio della legimazione ad agire. 2. In materia di diri& indisponibili : il pubblico ministero può proporre una domanda dove il legimato ordinario res inerte, quindi l’organo pubblico agisce facendo valere situazioni giuridiche altrui. Dunque solo il legislatore può valutare se debba prevalere l’interesse del tolare del diri*o a decidere liberamente cosa fare del suo diri*o, oppure l’interesse del terzo a far valere il diri*o altrui (consentendo la legimazione straordinaria). 6.10 le di+erenze con la rappresentanza La legimazione straordinaria prevede che il sogge*o legimato agisca in nome proprio e per conto altrui (per la tutela del diri*o altrui), mentre il rappresentante agisce in nome e per conto del rappresentato( gli e$e dell’avità giuridica del rappresentante sono dire*amente imputabili alla sfera giuridica del rappresentato. Des natario degli a processuali compiu :  Rappresentanza  rappresentato  Legimazione straordinaria legimato straordinario 6.11 il difeo di legi&mazione  È rilevabile in ogni stato e grado del processo anche d’u5cio (come il dife*o di capacità).  È insanabile perché chi ha proposto la domanda non può fare niente per a*ribuirsi la legimazione che gli manca  comporta l’immediata chiusura in rito del processo. 6.12 l’interesse ad agire Art 100 cpc “ per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse”. L’interesse ad agire è un sele*ore per impedire lo svolgimento di un avità rela va al merito, quando la pronuncia di merito non è u le: ha dunque la funzione di (ltro processuale nelle ipotesi in cui lo strumento di a*acco o di difesa usato dalle par potrebbe essere fondato ma sarebbe inu le (funzione di economia processuale). 6.13-6.14 l’interesse di mezzo e di risultato L’interesse ad agire può essere carente (inu le) con rifermento a:  Mezzo processuale: l’e$e*o chiesto al giudice è u le, ma la parte può o*enerlo per una via diversa da quella giurisdizionale (strumen di natura sostanziale)  Risultato del processo: gli e$e richies possono essere o*enu solo in via giurisdizionale (c’è l’interesse di mezzo), tali e$e però non servono perché lasciano in richiedente nella stessa situazione di prima. 6.15 il difeo di interesse  Rilevabile in ogni stato e grado del processo anche d’u5cio  Per funzionare bene deve funzionare subito, in quanto ha funzione di economia processuale evitando il compimento di avità inu le. Capitolo 7- Il Processo di Cognizione di Rito Ordinario 7.1 La citazione A livello formale l’a o introduvo del processo può essere:  Citazione viene prima portata a conoscenza della/e contropar e successivamente depositata nella cancelleria del giudice; è l’a o introduvo ulizzato nel processo di rito ordinario.  Ricorso è depositato prima nella cancelleria e poi portato a conoscenza delle contropar La domanda deve essere necessariamente inserita nel primo a o del processo (a o introduvo) al #ne di evidenziare:  Ogge o del processo (edito aconis): senza il quale il processo non ha i requisi minimi indispensabili per giungere a una decisione di merito.  Instaurazione del contradditorio (vocao in ius): il quale costuisce una condizione per il giudizio di merito. Se l’a o introduvo conene più domande , oppure altre domande sono inserite in altri a del processo, si ha un processo cumulato. 7.2 La nocazione La no#cazione è lo strumento previsto dall’ordinamento per garanre che la controparte venga a conoscenza della domanda che è stata proposta nei suoi confron. L’avità di no#ca è a.data a:  U.ciale giudiziario  consegna della copia dell’a o  Per posta in un plico chiuso posno restuisce a chi ha richiesto la no#ca la cartolina dove si a esta l’avvenuta no#ca  se desnatario obbligato ad averla  PEC  no#cazione e2e uata all’estero convenzione dell’ Aja 7.3 L’ordine di esame delle quesoni Il giudice deve primariamente veri#care che sussistano tu e le condizioni per la decisione di merito e questo costuisce l’ambito della cognizione di rito. Tale veri#ca avviene generalmente d’u.cio, vi sono però delle eccezioni previste dal legislatore dove la quesone è rilevabile solo su eccezione di parte (es. materia di competenza territoriale: il convenuto contesta la competenza del giudice che non è residente né domiciliato nella circoscrizione territoriale dell’u.cio adito) . La quesone di rito per diventare ogge o di cognizione deve essere rilevata da un sogge o legimato: giudice, una delle par(non quella che via ha dato causa). Inoltre, la correezza del processo è condizione fondamentale per la validità di esso, vi sono però delle eccezioni date da casi in cui la norma ha funzione di economia processuale: se la tra azione della quesone è più complessa della decisione di merito si può ome ere l’esame e passare dire amente al merito. Esempio: se è necessario stabilire se una precedente decisione tra le par sullo stesso oggeo è o meno e e cace, e la causa è già matura per una decisione di merito di contenuto idenco a quella precedente decisone, sarebbe assurdo compiere a$ che non servono. Nei processi moderni la tra azione riguarda promiscuamente il rito e il merito dunque non si può più parlare di una vera e propria fare “preliminare del processo”. Al momento della decisione la pregiudizialità logica fra rito e merito impone solo che il giudice non possa decidere il merito prima di aver deciso le quesoni di rito. Quesoni di rito  assumono rilevanza nel processo solo quando divengono ogge o di cognizione, ovvero quando vengono rilevate dalle par o dal giudice (quando sorge una controversia in ordine alle regole stesse). 7.4 La traazione Traazione della causa  si rende necessaria per conoscere il modo di essere della realtà sostanziale, ovvero individuare l’ogge o per capire la stru ura di riferimento del diri o sostanziale. Essa dunque veri#ca l’esistenza dei seguen a: o Fa# costuivideterminano la nascita di un diri o (spulazione di un contra o) o Fa# impedivi integrano la faspecie costuva (annullabilità del contra o) o Fa# modicavi  modi#cano il diri o precedentemente nato (concessione di una dilazione nell’adempimento) o Fa# esnvi esnzione del diri o (prescrizione del diri o) o I fa impedivi e modi#cavi ed esnvi sono chiama eccezioni di merito, mentre le eccezioni di rito riguardano la corre a del processo. 7.5 L’allegazione L’allegazione dei fa rilevan è il primo momento della tra azione della causa ed è ciò che determina la fondatezza o infondatezza della domanda. L’allegazione consiste nell’introduzione in giudizio di fa# storici rilevan che possono essere:  rilevan  corrispondono alla faspecie astra a del diri o di cui si chiede la tutela  irrilevan  se i fa allega non combaciano con la faspecie astra a L’istruoria è una so ofase della tra azione desnata a dimostrare che il fa o storico allegato è e2evamente esistente (fase che occupa poco spazio nei processi civili perché si tra a spesso di diri disponibili e ci sono poche controversie). 7.6-7.7 I diri# indisponibili e disponibili Diri disponibili (art 1321 cc) (diri a contenuto patrimoniale): le par possono, a raverso propri a negoziali, regolare o esnguere la situazione sostanziale prote a. Talvolta le par si accordano quindi in tu o e per tu o e la controversia dunque nasce solo in relazione alla diversa interpretazione e applicazione delle norme e alle conseguenze giuridiche di tali fa –> controversia di puro dirio. Nel caso dei diri disponibili visto che gli a negoziali delle par sono e.caci vincolano il giudice, quindi anche gli a processuali disposivi hanno lo stesso e2e o vincolante. Diri indisponibili (diri alla persona) le par non hanno potere negoziale; visto che tali a non sono e.caci e quindi non vincolano il giudice, neppure gli a processuali disposivi hanno e2e o vincolante nel processo. Capitolo 8- Il provvedimento e i suoi ee 8.1-8.2 L’ordinanza, decreto e la sentenza L’ao nale all’interno del processo è il provvedimento del giudice. Vi sono 2 pi di provvedimen che si dierenziano in base al rispevo regime giuridico: 1. Decreto/ordinanza: il giudice con il provvedimento non esaurisce il potere(dovere) giurisdizionale in ordine alla quesone decisa. 2. Sentenza: il giudice con la pronunzia esaurisce il potere(dovere) giurisdizionale in ordine alla quesone decisa. Spea alla legge determinare in quali casi usare l’uno o l’altro provvedimento ( art.279 cpc), dunque non può essere il giudice a scegliere se decidere una quesone in modo “provvisorio” o “denivo”. Ne deriva che se il giudice usa il provvedimento sbagliato, questo ha gli ee di quello previsto dalla legge in base a quanto previsto del principio della prevalenza della forma prevista dalla legge sulla forma il concreto usata dal giudice. 8.3-8.4-8.6-8.7 sentenza di rito e di merito In relazione al contenuto delle sentenze, esse si dividono in sentenze di rito e sentenze di merito:  Di rito: è il provvedimento che aerma o nega la possibilità di pronunciare nel merito, stabilisce quindi se ci sono i presuppos o meno per arrivare a una decisione di merito. Tale sentenza non produce ee sul terreno del dirio sostanziale. Va deo che se una sentenza nega la possibilità di decisone del merito costuisce un fallimento del processo ma ciò non deve in1uenzare il giudice in quanto le condizioni per una pronuncia di merito sono requisi di aendibilità del risultato del processo (devono essere tu presen). Se vi sono dei vizi processuali, nel caso siano eliminabili, è necessario operare una sanatoria; diversamente è bene che il processo si chiuda in rito perché l’eventuale sentenza di merito sarebbe istuzionalmente errata. Se un soggeo è in grado, da solo senza la collaborazione di un terzo, di far acquisire al processo l’elemento carente, il vizio è sanabile. Nel caso di vizi sanabili: il giudice comunica a colui che ha proposto la domanda che per oenere una decisone nel merito deve compiere l’avità necessaria e idonea a sanare il vizio del processo e ssa una successiva udienza (solo se l’avità sanante viene compiuta, diversamente lo chiude in rito). Se si traa si un vizio insanabile il giudice pronuncia immediatamente la sentenza di rito che chiude il processo.  Di merito: tale sentenza è il contao fra il processo e la realtà sostanziale (ricuce lo strappo prodoo dall’illecito). Essa determina in modo vincolante per le par le rispeve regole di condoa con riferimento a una situazione sostanziale protea (è sentenza di merito anche quella che nega la tutela a causa dell’infondatezza della domanda). Tale sentenza, in base al contenuto può essere: 1. Di(mero) accertamento: è quella che imparsce la tutela dichiarava, ovvero da delle regole di condoa parametrate alla situazione sostanziale preesistente al processo. 2. Di condanna: il dovere che essa determina a carico di uno sei sogge consiste in una prestazione che la parte deve aualmente fare per soddisfare il dirio della controparte. Se il condannato non adempie apre al tolare del dirio la strada della tutela esecuva. 3. Di sentenze costuve: il giudice dà delle regole di condoa che ricava della sua stessa sentenza, in un momento logicamente antecedente alla determinazione di queste regole. La sentenza costuva determina quindi le regole di condoa sulla base della situazione sostanziale che essa stessa in un momento logicamente antecedente ha prodoo. 8.8 gli e#e$ L’ambito degli ee della sentenza di merito va arontato in 3 direzioni: limi oggevi (pregiudiziale) ovvero su cosa pronuncia la sentenza; limi oggevi ovvero per chi sono vincolan le regole di condoa individuate nella sentenza; limi temporali cioè no a quando l’individuazione delle regole è vincolante. 8.9 l’ambito ogge$vo L’ambito oggevo della sentenza è determinato dall’oggeo del processo il quale è a sua volta individuato dalla domanda. Dunque la determinazione delle regole di condoa, viene eeuata con riferimento a quello specico oggeo del processo. La coincidenza fra ogge(o della domanda e ogge(o del processo può venire meno a causa di faori:  Fisiologici: ovvero quando il giudicato ha in ambito oggevo inferiore a quello della domanda. Ad esempio, nel caso in cui vengano poste due domande in subordine (restuzione bene o pagamento del controvalore dello stesso); se viene accolta la prima, la seconda è assorbita e quindi non viene decisa.  Patologici: il giudice, errando, decide una domanda non proposta; oppure non decide una domanda proposta. Ipozzando che una volta formatosi il giudicato fra le par sorga una nuova controversia; è necessario capire se la sentenza passata in1uisca o meno: stabilendo che relazione passa fra l’oggeo del giudicato e l’oggeo della nuova controversia. Le relazioni che possono determinare un’e:cacia del giudicato si una successiva controversia sono: di identà, di pregiudizialità, di dipendenza. 8.10 l’iden*tà Si verica quando la successiva controversia coincide con quanto già deciso. Ove sussista tale relazione, l’e:cacia dichiarava prodoa dal giudicato vincola in via direa le par e in via indirea anche colui(arbitro o giudice) che si troverà a decidere della seconda controversia. 8.11 la pregiudizialità-dipendenza (vedi esempio libro pagina 131) Si ha questa relazione tue le volte in cui, nella faspecie di un eeo giuridico, è rilevante l’esistenza(inesistenza) o comunque il modo di essere di un altro eeo giuridico. - A+B+C=X con X=giudicato - X+D+E=Y  nuova controversia a) Il giudicato relavo ad X ha ee anche il relazione alla successiva controversia che ha per oggeo Y? b) Il giudicato relavo ad Y ha ee anche quando la successiva controversia abbia per oggeo x? c) l’art 2909 cpc dice che “ l’accertamento, contenuto della sentenza passata in giudicato fa stato ad ogni eeo”. Ciò signica che vale sia per la relazione di identà, ma anche quando per decidere è rilevante stabilire il modo di essere della situazione pregiudiziale. d) L’eventuale cognizione della situazione pregiudiziale X, che sia eeuata solo al ne di decidere la controversia dipendente Y non forma giudicato in ordine alla situazione pregiudiziale. La situazione pregiudiziale è conosciuta solo al ne di poter decidere della domanda relava alla situazione dipendente. L’e:cacia del giudicato scende quindi dall’alto verso il basso, ma non risale dal basso verso l’alto in quanto il compito della tutela dichiarava è stabilire regole di condoa per il futuro e non l’accertamento di fa storici (è solo uno strumento alla tutela). Il giudicato ha avrà quindi ee solo nei casi di rappor di identà e pregiudizialità-dipendenza. 8.12 l’ambito sogge$vo Il linea generale la sentenza può avere eeo solo tra le par, ovvero coloro che hanno avuto modo di esercitare i poteri processuali che l’ordinamento prevede. Vi sono parcolari situazioni in cui però il dirio d’azione ad una tutela eeva della parte vioriosa può entrare il con1io con il dirio di difesa del terzo: - L’e:cacia degli ee della sentenza al terzo, garansce alla parte vioriosa una tutela eeva ledendo il dirio di difesa del terzo. - L’ine:cacia della sentenza verso il terzo, garansce il suo dirio di difesa, lede il dirio della parte vioriosa ad una tutela eeva. (vedi esempio a pagina 133) Generalizzando, in base gli art.111 e 2909 c.p.c. si può quindi stabilire che la sentenza è ine:cace verso tu i terzi, che acquisno un dirio o un obbligo dipenden prima che la domanda sia proposta; la sentenza è e:cace verso coloro che, nel corso del processo o addiriura dopo la ne dello stesso, acquistano un dirio o un obbligo dipenden dell’oggeo del processo o addiriura della sentenza. Dato che la durata del processo non deve pregiudicare la parte che ha ragione, va valutato se il dirio o l’obbligo del terzo è sorto prima o dopo la domanda (non prima o dopo la sentenza). Dunque, se si traa di dirio o obblighi autonomi, mancano i presuppos oggevi perché la sentenza possa esplicare ee nei confron dei terzi. Il problema arontato si pone solo quando la sentenza è favorevole alla controparte del dante causa. 8.13 l’ambito temporale I limi temporali si riferiscono a no a quando dura l’e:cacia vincolante del giudicato. Una volta che la lesione è “riparata”, la realtà sostanziale connua a 1uire siologicamente. La novità (creazione di una nuova realtà sostanziale) che si realizza dal punto di vista sostanziale, e può meere in discussione la sentenza, può derivare da: - Sopravvenienze di fa(o (nuovi fa$ rilevan*) : creano una nuova realtà sostanziale; si vericano successivamente all’ulmo momento ule nel quale la realtà dei fa può essere introdoa nel processo. Per “ulmo momento ule” per allegare i fa storici si intende l’ulma udienza di traazione delle fasi di merito (primo e secondo grado). I fa anteriori a tale momento devono essere fa valere nel processo; se non sono sta fa valere nel processo, restano irrilevan in virtù del principio per cui il giudicato preclude il dedoo e il deducibile. Quindi tu i fa posteriori a tale momento non possono essere fa valere nel processo. - Sopravvenienze in diri(o (nuova norma e illegi$mità di una norma): quelle che si vericano successivamente all’ulmo momento ule, nel quale la norma può essere applicata nel processo. Se la modicazione normava è antecedente a tale discrimine temporale, allora essere applicata dal giudice. Se il giudice errando non la applica, la parte deve usare il mezzo di impugnazione; se non la ulizza, e passa in giudicato una sentenza che fa applicazione di una regola non più esistente, resta ferma la disciplina imparta dalla sentenza. “L’ulmo momento ule” per applicare le novità normave è il momento di pubblicazione della sentenza (no a quel momento il giudice deve applicare la nuova norma). La Cassazione esamina le censure proposte dalle par e, se rigea il ricorso, la sentenza impugnata non viene toccata; se viceversa il ricorso è accolto, la sentenza impugnata è annullata. o Se non sono necessari ulteriori accertamen di fao, la Cassazione sostuisce, con la propria, la sentenza annullata; o Se sono necessari ulteriori accertamen di fao, la Cassazione dopo aver annullato la sentenza, rinvia la causa ad un giudice di pari grado di quello che ha emesso la sentenza impugnata, il quale emeerà una pronuncia sostuva di quella cassata. Con riferimento alle quesoni di rito, la Cassazione è giudice anche del fao processuale, nel senso che esamina direamente gli a di causa per veri)care se la sentenza impugnata è o meno invalida.  LA REVOCAZIONE: è ulizzabile per far fronte a speci)ci e determinan vizi della sentenza. I movi di revocazione sono tu anen al merito della decisione e sono sei: 1) Il dolo di una parte ai danni dell’altra; 2) Il fao che la decisione si sia fondata su prove false; 3) La scoperta, dopo il processo, di un documento decisivo che la parte non ha potuto produrre in giudizio; 4) L’errore di fao; 5) La contrarietà ad un precedente giudicato; 6) Il dolo del giudice. La revocazione si propone all’u%cio giudiziario che ha pronunciato la sentenza e non al giudice “superiore” (come accade per la Cassazione). Il giudice, la cui revocazione è proposta, veri)ca se e$evamente sussiste il vizio denunciato. o Qualora lo riscontri esistente, annulla la sentenza e provvede ad emeerne una nuova, immune da quel vizio, svolgendo, se del caso, l’avità istruoria necessaria; o Qualora la rievocazione sia ritenuta infondata, essa è rigeata, e la sentenza impugnata resta ferma.  L’OPPOSIZIONE DI TERZO: è il mezzo di impugnazione a disposizione di chi non è stato parte del processo, che ha portato alla sentenza impugnata. Essa si arcola su due diverse ipotesi: - L’opposizione di terzo ordinaria è ulizzabile dal terzo, che è pregiudicato dalla sentenza altrui, ma non è vincolato ad essa. - L’opposizione di terzo revocatoria è ulizzabile dal terzo, che è pregiudicato dalla sentenza altrui, ed è vincolato ad essa. Proprio per questo, il terzo deve dimostrare che la sentenza è fruo del dolo o della collusione delle par ai suoi danni, cioè per esempio che le par hanno messo in piedi un processo simulato, per arrivare ad una sentenza che pregiudica il terzo. All’interno dei mezzi di impugnazione, una disnzione fondamentale deve essere faa fra: Le ipotesi in cui l’impugnazione è proponibile )n dal momento in cui la sentenza è pronunciata (vizi palesi). L’appello, il ricorso per cassazione, il regolamento di competenza e la revocazione riguardano vizi palesi: onde il termine per proporli decorre dalla propria denuncia della sentenza. le ipotesi, in cui l’impugnazione è proponibile solo quando l’interessato viene a conoscenza del presupposto, che consente l’impugnazione (vizi occul). La revocazione per i restan movi e l’opposizione di terzo revocatoria riguardano vizi occul: onde il termine per proporli non può decorrere da un momento antecedente a quello, in cui si è venu la conoscenza del vizio. 6. I mezzi ordinari e i mezzi straordinari I mezzi di impugnazione, che debbono essere propos in un termine di decadenza decorrente da un dies a quo certo (emanazione della sentenza) si chiamano ordinari, e l’impossibilità di ulizzarli produce il passaggio in giudicato formale della sentenza. Il giudicato sostanziale riguarda gli e$e di una sentenza di merito passata in giudicato formale. Il giudicato formale riguarda tue le sentenze, qualunque sia il loro contenuto. I mezzi di impugnazione, che possono essere propos in un termine di decadenza decorrente da un dies a quo futuro e incerto (la conoscenza del presupposto che fonda l’impugnazione) si chiamano straordinari, potendo essere esperi anche contro una sentenza già passata in giudicato formale. Con il prodursi del giudicato formale, il processo si chiude, cessa la lispendenza e diviene applicabile il principio, in virtù del quale la “giuszia” della decisione non può essere contestata, e la sentenza può essere rimossa per “ingiuszia” solo araverso i mezzi di impugnazione straordinari. E’ importante soolineare che gli e$e sostanziali della domanda cessano con il giudicato formale, e medio tempore (cioè fra la formazione del giudicato e la proposizione del mezzo di impugnazione straordinario) si applicano invece gli istu sostanziali che hanno la funzione di stabilizzare la realtà esistente. Sicché, quando a distanza di anni, verrà proposto il mezzo di impugnazione straordinario, e si produrranno dei nuovi e$e sostanziali della domanda, occorrerà tener conto delle “stabilizzazioni” prodoesi medio tempore: e l’impugnazione straordinaria, che magari è fondata, può divenire inule se il dirio, che si vuol vedere tutelato, si è esnto, o il dirio avversario incompabile è ormai sorto. Il processo civile si apre o con un ao di citazione o con un ricorso. L’art.112 c.pc. “Il giudice deve pronunciare su tu a la domanda e non oltre i limi di essa; e non può pronunciare d'u2cio su eccezioni, che possono essere proposte soltanto dalle par ”. Capitolo 2 – I Principi Sovranazionali e Cos5tuzionali Le regole che la Cos-tuzione de4a in materia di tutela di diri6, sono rivolte essenzialmente alla tutela giurisdizionale, con par-colare riferimento alla tutela dichiara-va. Ma prima ancora delle regole contenute nella Cos-tuzione, si deve tener conto dei principi e delle norme di origine sovranazionale: la convenzione europea dei diri. dell’uomo e la norma2va comunitaria. 1. Le norme comunitarie processuali Dal 2000, in virtù del tra4ato di Amsterdam, gli organi comunitari hanno iniziato ad interessarsi anche del processo civile interno ai singoli Sta- membri: sono sta- emana- dei regolamen-, che hanno lo scopo di armonizzare i rappor- fra i vari sistemi processuali interni. I regolamen- più importan- sono: — n.1215/2012: controversie civili e commerciali; 1 La norma5va comunitaria Le norme europee hanno un’immediata e+cacia nei singoli sta- membri, ma l’Unione Europea non ha una propria stru4ura giurisdizionale autonoma, competente per le materie regolate dal diri4o comunitario o per le controversie che presen-no pro.li rilevan- per l’ordinamento europeo. Nell’UE sono i giudici degli sta- membri a dover applicare il diri4o comunitario, che prevale sul diri4o interno. Vi è quindi il rischio che tali norme siano diversamente interpretate ed applicate dei singoli sta- membri. L’inconveniente è fronteggiato dall’organo giurisdizionale comune: la Corte di gius2zia dell’Unione Europea (Lussemburgo). Lo strumento che consente alla Corte europea di assicurare l’uniforme interpretazione ed applicazione delle norme comunitarie si iden-.ca nel perme4ere al giudice interno (quando la norma interna risulta incompa-bile con la norma comunitaria) di sospendere il processo e rime4ere la ques-one interpreta-va di una norma alla Corte europea, la quale dà la soluzione al dubbio sollevato. Il rinvio giudiziale è obbligatorio quando il dubbio interpreta-vo sorga innanzi ad una Corte suprema (in Italia: Corte cos5tuzionale, Corte di cassazione e Consiglio di Stato). La convenzione europea dei diri< dell’uomo La convenzione europea per la salvaguardia dei diri6 dell’uomo e delle libertà fondamentali, ra-.cata dall’Italia nel 1955, con-ene una disposizione di speci.co interesse per la tutela dei di6. L’art.6 stabilisce “ogni persona ha diri?o ad un’equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole, davan5 ad un tribunale indipendente e imparziale e cos5tuito per legge, che decide […] in ordine alla controversia sui suoi diri< e obblighi di natura civile..”. Se uno stato viene meno agli obblighi previs- dalla convenzione, può essere convocato dalla Commissione Europea dei diri6 dell’uomo dinnanzi alla Corte Europea dei diri. dell’uomo (Strasburgo), a+nché la Corte accertata la violazione degli obblighi, condanni lo Stato inadempiente a rimuovere gli e:e6 della lesione o, se ciò non è possibile, al risarcimento della parte lesa. La persona lesa può quindi ricorrere alla Commissione la quale, e:e4uata un’istru4oria, può deferire (rime4ere a giudizio) lo Stato innanzi alla Corte. Se lo Stato non adempie a quanto stabilito dalla sentenza emessa dalla Corte, può essere sospeso provvisoriamente dal Consiglio d’Europa. Lo Stato italiano è stato ripetutamente condannato per la violazione dell’art.6 per quanto riguarda l’eccessiva durata dei processi, che non rispe4a il “termine ragionevole”. E’ proprio in conseguenza di queste condanne, è stata introdo4a il 24 marzo 2001, la legge n.89 (c.d. Legge Pinto), la quale consente alla persona lesa di ricevere dallo Stato un risarcimento per il danno subito a causa dell’eccessiva durata del processo. I tenta2vi obbligatori di conciliazione e i ricorsi amministra2vi preven2vi I tenta2vi obbligatori di conciliazione: La Corte cos-tuzionale ha ritenuto cos-tuzionalmente legi6mi i tenta-vi obbligatori di conciliazione, cioè quelle ipotesi in cui chi vuole proporre una domanda deve previamente instaurare con la controparte, dinanzi ad una stru4ura pubblica (camera di commercio, u+cio del lavoro) o privata (organismi di mediazione, associazioni sindacali), un procedimento volto a veri.care se le par- possono trovare un accordo. Ques- soddisfano il principio b), poiché hanno un e:e4o di deHazione sul carico giudiziario: infa6, se il tenta-vo riesce, l’apparato giurisdizionale viene sgravato di quella controversia. I ricorsi ammnistra2vi preven2vi: a4raverso ques-, l’interessato può richiedere la tutela della propria situazione sostanziale prote4a, ed a suo avviso lesa dall’a6vità della pubblica amministrazione. L’interessato può proporre un ricorso talvolta allo stesso u+cio. La Corte cos-tuzionale, .no all’incirca al 1990, ha ritenuto legi6me le norme, che imponevano l’esperimento dei ricorsi amministra-vi, come condizione per l’accesso alla giurisdizione. Poi ha cambiato idea, ed ha iniziato a dichiarare illegi6me quelle norme. Infa6, i ricorsi amministra-vi preven-vi possono condizionare l’accesso alla giurisdizione solo se essi funzionano bene, se tutelano e:e6vamente il diri4o o l’interesse legi6mo: cioè se l’amministrazione riesce a porsi in una posizione di terzietà, riconoscendo, se vi sono, i propri errori. Qualora l’organo des-natario del ricorso amministra-vo di fa4o rige4a sempre il ricorso, esso perde la sua funzione “gius-ziale”, e diviene uno strumento funzionale alla sola pubblica amministrazione. Il mutamento di opinione della Corte cos-tuzionale non è dipeso da mutamen- norma-vi, ma è dovuto al fa4o che la Corte è passata da una valutazione astra4a ad una valutazione concreta delle .nalità dei ricorsi amministra-vi, contestando il fa4o che essi non avevano una funzione endoprocessuale. Dunque, ha iniziato ad eliminarli. E’ necessario accertare che in concreto i tenta-vi di conciliazione danno un risultato favorevole in un apprezzabile percentuale. Occorre bilanciare l’interesse privato di chi vuole proporre una domanda, e deve preven-vamente esperire un tenta-vo di conciliazione, con l’interesse pubblico a deHazionare l’accesso alla giurisdizione. 6. Il diri+o ad una tutela e7e.va ed il diri+o a tutelare Dall’art.24, primo comma, si ricava l’esistenza del diri4o ad una tutela giurisdizionale e0e<va, diri4o che ciascun sogge4o di diri4o (“tu6”) ha verso lo Stato. Tale diri4o (il diri4o cos-tuzionalmente garan-to), non coincide e non deve essere confuso con il diri4o sostanziale, che si vuol vedere tutelato a4raverso l’intervento giurisdizionale. Altro è, quindi, il diri?o (processuale) alla tutela, altro il diri?o (sostanziale) da tutelare, che si ha (o si pretende di avere) verso la controparte. Se si chiede e si o6ene dallo Stato un intervento giurisdizionale a tutela di un diri4o sostanziale (che si accerta poi essere) inesistente, l’e:e4o dell’intervento giurisdizionale può produrre, nei confron- della controparte, un illecito appunto di natura sostanziale. “ho esercitato il mio diri?o di azione, e quindi non posso aver commesso un illecito”: questa a:ermazione si fonda su un equivoco linguis-co, perché qui i diri6 in gioco sono due: quello (processuale) alla tutela, che si ha verso lo Stato, e quello (sostanziale) da tutelare che si ha verso la controparte. Se, u-lizzando il primo senza avere il secondo, si o4engono risulta- di:ormi da quanto prevede la norma-va sostanziale, ques- risulta- sono e restano un illecito, nonostante che siano sta- o4enu- a4raverso l’esercizio del diri4o di azione. Il diri4o alla tutela (sia essa giurisdizionale o non giurisdizionale) può essere paragonato ad un’arma, che un sogge4o ha il diri4o di acquistare e portare con sé (in quanto abbia un porto d’armi); ma se poi la usa male e, anziché per difendersi, la u-lizza per comme4ere un omicidio, il responsabile è lui e non l’armaiolo che gli ha venduto la pistola. Il diri4o alla tutela non implica la possibilità di u-lizzare l’intervento giurisdizionale per produrre risulta- illeci- sul piano del diri4o sostanziale. 4 E’ chiaro che la divaricazione fra il diri4o alla tutela ed il diri4o da tutelare si realizza più facilmente in sede di tutela esecu-va e cautelare, posto che spe4a alla tutela dichiara-va accertare il modo di essere del diri4o sostanziale; per cui la responsabilità per l’u-lizzazione abusiva del processo si ha il più delle volte quando, a4raverso la tutela esecu-va o cautelare, si produce un e:e4o, che, poi, in sede di processo dichiara-vo verrà accertato l’illecito, perché contrastante con la realtà sostanziale, quale accertata nel processo dichiara-vo. 7. L’art.24 della Cos2tuzione - il principio del contraddi+orio L’art.24 della Cos-tuzione, secondo comma, dichiara la difesa: “diri?o inviolabile in ogni stato e grado del processo”. L’art.111, secondo comma “ogni processo si svolge nel contradditorio tra le par5, in condizioni di parità, davan5 a un giudice terzo e imparziale”. Ques- due ar-coli canonizzano il principio del contraddi+orio: il procedimento è una sequenza di a6, tali che ciascuno di essi è il presupposto di quello che segue e presuppone quello che precede. Quando il procedimento si stru+ura secondo il contraddi+orio, allora abbiamo il processo . Il contraddi4orio, e quindi il processo, non sono speci.ci dell’a6vità giurisdizionale; secondo il contraddi4orio si stru4urano l’arbitrato, ed anche buona parte delle a6vità della pubblica amministrazione. Spiegazione II comma art.24 : la difesa è un diri4o inviolabile in ogni stato e grado del procedimento  il diri4o di difesa non può essere leso in alcun modo;  il diri4o di difesa è il riHesso del diri4o di azione. I due contenden- devono essere pos- sullo stesso piano (contraddi4orio). Ques- devono dire come a loro avviso si sono svol- i fa6, o come i fa6 vengono interpreta-. Entrambe le par- devono avere simmetrici poteri di prova, che sono imprescindibili. L’impugnazione è lo strumento che consente a chi è risultato soccombente (cioè la parte che ha perso) di richiedere ad un giudice di grado superiore di rivedere la materia (diri4o di impugnare), perché per esempio la sentenza emessa dal giudice è fru4o di un errore. Ovviamente, questo diri4o spe4a solo al soccombente. Quindi il contraddi4orio, nel suo contenuto minimo si rifà al diri4o di difesa dell’a4ore e del convenuto. Ciò è stato stabilito dalla Corte Cos-tuzionale. Spiegazione dell’ art.111 della cos5tuzione :  Sono sta- introdo6 3 commi nuovi;  Si dà la de.nizione di giusto processo (due process of law): rappresenta il principio fondamentale della cos-tuzione americana, vuol dire “processo governato dalla legge” ed esprime il principio di legalità. *“giusto processo”, vuol dire anche “giusto”, cioè equo: il più possibile teso verso la verità e che siano rispe4a- diri4o e doveri delle par- in egual misura.  Assunzione di responsabilità del giudice (terzo e imparziale, cioè equidistante);  La legge ne assicura la ragionevole durata (del processo): è una norma programma-ca, in quanto invita il legislatore ad e:e4uare un processo di ragionevole durata; *L’art. 6 dei diri6 dell’uomo prevede che i processi abbiamo una ragionevole durata. E’ un fa4ore importante per l’e:e6vità della tutela giurisdizionale: chi subisce un processo civile/penale/amministra-vo di eccessiva durata, può ricorrere alla Corte dei diri6 dell’uomo per il risarcimento dei danni subi-. Legge pinto: stabilisce la durata di ogni singolo processo (8 anni fallimento, 6 anni per il primo grado).  Non si può dichiarare nulla la clausola se non si dimostra che questa clausola è stata ogge4o di tra4a-ve.  Comma 6: onere di mo-vazione: assunzione di responsabilità del G. trasparenza funzione giurisdizionale e per impugnazione. Si ha contraddi4orio quando, nella fase di ricognizione dei presuppos- per l’emanazione di un certo a4o (giurisdizionale o meno, quindi o sentenza o lodo arbitrale) coloro, che sanno essere des-natari degli e:e6 di tale a4o, hanno la possibilità di partecipare al procedimento, in condizioni di parità, al .ne di fornire all’autore dell’a4o tu6 gli elemen- rilevan- per determinare se l’a4o debba essere emesso o quale debba essere il suo contenuto. 5 La condizione di parità si realizza quando vi è simmetria fra i poteri delle par-, nel senso che al potere dell’uno corrisponde lo speculare potere dell’altro (principio della parità delle armi). Al contraddi4orio si ricollega stre4amente la mo-vazione dell’a4o .nale, poiché è in questa sede che l’autore dell’a4o deve spiegare le ragioni del suo convincimento, e quindi i mo-vi per cui ri-ene di accogliere o respingere gli elemen- addo6 alle par-. 8. Le ques2oni rilevate d’u<cio Al contraddi4orio si ricollega anche il dovere dell’autore .nale di indicare alle par-, e di so4oporre alle loro discussioni, le ques2oni rilevabili d’u<cio (da porre a fondamento). Se la ques5one è rilevabile solo da una delle due par5:  essa è rilevata, e allora la controparte viene necessariamente a conoscenza e può replicarla ad essa;  non è rilevata, e allora non può essere u-lizzata per la decisione. Se la ques5one è rilevabile anche di u-cio, può veri.carsi il fenomeno della “terza via”: nel corso del processo, le par- anno discusso delle ques-oni che ritenevano rilevan-; al momento dell’emanazione dell’a4o .nale, l’autore dello stesso fonda il suo convincimento su una ques-one, rilevata di u+cio, senza che le par- abbiano potuto prendere posizione sul punto. La Cos2tuzione dichiara inviolabile il diri+o di difesa, e canonizza il principio del contraddi+orio, sul presupposto che le ques2oni discusse sono meglio decise. Infa6, l’a4o emanato solitariamente, senza la discussione di tu6 gli elemen- rilevan-, è is-tuzionalmente meno a4endibile dell’a4o emanato a seguito di contraddi4orio, in quanto fondato su elemen- so4opos- a discussione. La rilevabilità d’u-cio quindi esige il contraddi?orio e individua cosa deve essere preso in considerazione per l’emanazione dell’a?o. Il contradditorio è il metodo che deve essere seguito per acquisire l’elemento rilevante. 9. La parità delle armi e il diri+o di difesa Il legislatore può stru4urare il processo come ri-ene opportuno, fornendo alle par- ulteriori poteri rispe4o a quelli che fanno parte del nucleo minimo intoccabile. Ma se lo fa, deve garan-re il rispe4o del principio della parità delle armi. Diri?o di azione e diri?o di difesa possono interferire l’uno con l’altro : ci possono essere situazioni in cui non è possibile garan-re ambedue. Tra4andosi di due principi, aven- ambedue dignità cos-tuzionale, occorre trovare un contemperamento. Uno dei requisi- minimi fondamentali del diri4o di difesa è cos-tuito dalla instaurazione del contraddi4orio: cioè dall’essere avver-- della pendenza del processo (se il processo va a proprio favore o meno). La parte, una volta avver-ta della pendenza del processo, potrà decidere se u-lizzare o meno i poteri che l’ordinamento le dà. Però, può accadere che la necessità di ins-tuire il contraddi4orio, e quindi garan-re il diri4o di difesa, è incompa-bile con il diri4o di azione. Es: il sequestro giudiziario è un provvedimento cautelare che serve a custodire il bene controverso. Quando si tra?a di un bene mobile, l’opportunità del sequestro si fonda sulla possibilità di so?razione e occultamento del bene da parte di chi lo possiede. Avver5re il possessore che è stato chiesto contro di lui il sequestro, signi.ca invitarlo a nascondere il bene. In ques- casi, il diri4o di difesa è necessariamente compresso, perché tale compressione è l’unica soluzione per garan-re il diri4o di azione della controparte. 10. Modalità di a+uazione del contraddi+orio: - I processi a cognizione piena: processo ordinario e speciale (lavoro e locazione) - I processi sommari: a cognizione limitata o super.ciale 6 - la causa è di bassissimo valore, perché in tal caso vi è la concreta possibilità che le spese legali siano maggiori del valore del diri4o in contesa; - la parte, quale abbia la abilitazione a difendere altri innanzi a quell’organo giurisdizionale, possa difendersi da sola, senza dover ricorrere ad un difensore tecnico (es. un sogge4o che è avvocato si può difendere da solo); ad eccezione a quanto de4o, nel penale l’imputato-avvocato deve comunque avere un difensore; - In sede arbitrale, la parte può sempre difendersi da sola, o incaricare della sua difesa chi vuole: il vicino, la suocera, ecc. ciò perché, essendo l’arbitrato un processo privato, i cui cos- sono sostenu- dalle par-, lo Stato si disinteressa del modo più o meno scorrevole, in cui esso si svolge. DIRITTO della DIFESA: L’ordinamento non può vietare alla parte di farsi difendere da un legale, ed obbligarla a difendersi da sola. E’ naturale che sia così, perché il diri4o di difesa non sarebbe garan-to, se la parte fosse costre4a a difendersi di persona. *La difesa dei non abbien5*: anche per le ipotesi in cui non vi è l’obbligo della difesa tecnica, occorre provvedere a chi non è in grado, per ragioni economiche, di far fronte all’onere .nanziario di corrispondere il compenso dovuto al legale. Le linee fondamentali del sistema di difesa dei non abbien- sono le seguen-:  C’è un limite massimo di reddito al di sopra del quale non si ha diri4o al bene.cio;  L’istanza è presentata al consiglio dell’ordine degli avvoca2 che ha sede dove è l’u+cio del giudice competente a conoscere del merito;  Il ricorrente deve auto-a+estare la sussistenza dei presuppos- di natura economica, ed indicare il diri4o, che intende far valere, e la tutela richiesta. Il consiglio dell’ordine valuta la non manifesta infondatezza delle pretese dell’istante, e lo amme4e al patrocinio (= protezione accordata). Se il consiglio dell’ordine respinge l’istanza, l’interessato può riproporla al giudice del merito. L’ammissione ha e:e4o per tu6 i gradi del processo, se la parte ammessa è vi4oriosa; se è soccombente, deve proporre una nuova istanza, e so4oporsi ad una nuova valutazione di non manifesta infondatezza.  Il difensore è scelto dalla parte, ed è retribuito dallo Stato. Inoltre, l’ammissione determina l’esenzione dal pagamento dei tribu- e delle tasse ineren- al processo, nonché la retribuzione del consulente tecnico di parte, ove il giudice disponga di una consulenza tecnica di u+cio. Se la controparte di chi è stato ammesso al patrocinio rimane soccombente, ed è condannata alle spese, queste sono ovviamente versate allo stato. 12. Il giudice naturale L’art.25, primo comma: “Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precos5tuito per legge”. Nel primo comma c’è un principio applicabile al processo civile: il principio del giudice naturale precos2tuito per legge. Il legislatore cos-tuente ha obbligato il legislatore a prevedere meccanismi di individuazione del giudice che non siano sogge6 al potere discrezionale di una qualunque autorità, sia essa il parlamento, il governo o anche la stessa magistratura. “precos5tuito per legge”: signi.ca che spe4a ad una norma primaria (legge, decreto legge o decreto legisla-vo) stabilire la fa6specie, in presenza delle quali si individua il giudice fornitor del potere giurisdizionale. In queste fa6specie non possono assumere rilevanza poteri discrezionali di una qualunque autorità. Es. sarebbe incos5tuzionale una norma che prevedesse, nei casi in cui nel processo è coinvolta la pubblica amministrazione, che spe< al prefe?o individuare il tribunale competente. Non sono, viceversa, incos-tuzionali le norme, che prevedono la rilevanza di un a4o non discrezionale dei pubblici poteri. 9 Es. sarebbe cos5tuzionale una norma che prevedesse l’aumento della competenza del giudice di pace in conseguenza dell’aumento del costo della vita, accertato da un decreto ministeriale sulla base degli indici ISTAT. Nei processi civili le regole sulla competenza sono idonee a realizzare il principio della precos2tuzione per legge del giudice. A4raverso le regole sulla competenza, si giunge ad individuare in modo automa-co l’u+cio giudiziario fornito del potere giurisdizionale (es. TAR Lazio). Ma il principio della precos-tuzione per legge del giudice non si limita ad esigere la individuazione dell’u+cio giudiziario: è altre4anto importante, una volta individuato tale u+cio, anche assicurare che l’inves-tura del singolo magistrato avvenga con criteri obie6vi non discrezionali.In conclusione, nei processi civili, amministra-vi e tributari, il principio del giudice naturale precos-tuito per legge è realizzato con riferimento all’u+cio giudiziario; non è invece, a4uato all’interno del singolo u+cio, per quanto a6ene all’individuazione del magistrato. 13. La soggezione del giudice alla legge Art.101 Cost, secondo comma: “i giudici sono sogge< soltanto alla legge”.  Signi.ca in primo luogo, che l’organizzazione della magistratura deve essere disciplinata secondo i principi e le norme degli art. 102 e ss.  Oltre a ciò, l’art.101 è stato ritenuto il fondamento del principio di legalità, cioè di quel principio in virtù del quale il giudice è vincolato solo alle norme primarie (leggi, decre- legge e legisla-vi). Se nel processo acquista rilevanza un a4o, di natura pubblica, di qualunque natura o contenuto (regolamento, provvedimento amministra-vo, ecc), il giudice ne -ene cono solo se conferme alla norma primaria. Altrimen- lo disapplica. 14. Il vincolo al precedente La regola della soggezione del giudice soltanto alla legge pone il problema di legi6mità cos-tuzionale di un eventuale vincolo del giudice al precedente. Nei sistemi di common law vige il principio del precedente, de4o stare decisis. in virtù di tale principio, la risoluzione di una ques-one di diri4o da parte di un giudice è vincolante in tu6 i casi in cui la stessa ques-one si ripresen- in un’altra controversia. Nei sistemi di diri4o con-nentale ciò non accade: neppure le sentenze dei giudici di ver-ce (Cassazione) sono vincolan- in processi diversi, da quelli in cui sono state pronunciate. E’ sicuramente compa-bile con l’art.101 un meccanismo che, senza obbligare il giudice a conformarsi al precedente, gli imponga di seguire un diverso iter processuale, quando egli ritenga errato il precedente ed intenda quindi non adeguarsi ad esso. In tal caso, la libertà di decisione del giudice è salvaguardata. Es. in materia di controversie di lavoro, qualora la Corte di cassazione si sia già pronunciata sulla e-cacia, validità e interpretazione di una clausola di un contra?o colle<vo nazionale, il giudice di altra causa che ri5ene di non uniformarsi alla pronuncia della Corte, deve decidere con sentenza sulla sola ques5one rela5va alla validità, e-cacia o interpretazione della clausola. 15. Il vincolo al giudicato Non è contrario al 101 il vincolo nascente dal giudicato. 10 Art.101 Le leggi interpreta2ve La soggezione del giudice alla legge Il vincolo al precedente Il vincolo al giudicato La decisione passata in giudicato fa stato ad ogni e:e4o fra le par-, egli eredi e gli aven- causa. Il giudice, nel secondo processo, si trova a dover applicare la precedente sentenza perché questa è vincolante per le par-, come lo è un contra4o da esse s-pulato. Il giudice, dovendo statuire sui diri6 e obblighi delle par-, deve tener conto di tu6 gli elemen- che concorrono a determinare ques- diri6 e obblighi: fra tali elemen-, il giudicato opera, come opera un contra4o e vincola dire4amente le par-. 16. Le leggi interpreta2ve Le leggi interpreta-ve sono quelle leggi che vengono emanate in presenza di un contrasto giurisprudenziale sull’interpretazione di una certa norma. Si è sostenuta la illegi6mità cos-tuzionale di queste norme, in quanto esse esproprierebbero il giudice in una delle sue funzioni: l’interpretazione ed applicazione del diri4o. Ora, l’interpretazione ed applicazione delle norme è solo un’a6vità propedeu-ca e strumentale allo scopo della giurisdizione. Il problema delle leggi interpreta-ve è un altro, e riguarda i des2natari delle norme: le par-, quindi, e non il giudice, che è chiamato ad applicarle. Per de.nizione, la norma interpreta-va è retroa.va: pertanto essa è so4oposta ai limi- cos-tuzionali della retroa6vità delle leggi. Occorre che sussista un e:e6vo contrasto giurisprudenziale in ordine alla norma ogge4o della interpretazione legisla-va, e che la scelta e:e4uata dal legislatore sia ragionevole. Riassumendo: l’art.101 non ha alcuna relazione né con il valore vincolante del precedente; né con il giudicato; né con i limi- di ammissibilità delle norme interpreta-ve. In tu6 ques- casi, l’a4enzione va focalizzata sulle par-, e non sul giudice, che in quanto tale, nell’espletamento delle sue funzioni giurisdizionali, adempie doveri, e non esercita diri6. 17. L’art.102 Cos2tuzione L’art.102 dis-ngue fra giudice ordinario, giudice straordinario e giudice speciale: “La funzione giurisdizionale è esercitata da magistra5 ordinari is5tui5 e regola5 dalle norme sull'ordinamento giudiziario. Non possono essere is5tui5 giudici straordinari o giudici speciali. Possono soltanto is5tuirsi presso gli organi giudiziari ordinari sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di ci?adini idonei estranei alla magistratura”. Il giudice ordinario è quello che “è is-tuito e regolato dalle norme sull’ordinamento giudiziario”. Al giudice ordinario appar-ene in via di principio la funzione giurisdizionale (questa è esercitata da magistra- ordinari). Al giudice ordinario si applicano gli ar+.104-110 e, quindi egli gode di tu4o quel complesso di garanzie, previste dalle norme cos-tuzionali e dalle norme sull’ordinamento giudiziario. Fanno parte della magistratura ordinaria sia i giudici professionali, che intra4engono con lo Stato un rapporto di impiego, sia i giudici onorari (come ad esempio, i giudici di pace), che non hanno appunto un rapporto di impiego. Il giudice straordinario è quello che viene cos-tuito dopo che, sul piano del diri4o sostanziale, si è già veri.cata la vicenda, che sarà poi ogge4o del processo; ed è appunto cos-tuito con lo speci.co compito di a:rontare e risolvere tale controversia. Il giudice speciale è is-tuito in maniera permanente, con un proprio ambito di giurisdizione, che viene quindi so4ra4o al giudice ordinario: si dis-ngue dal giudice ordinario perché non fa parte dell’ordinamento giudiziario, quindi non gli si applicano le garanzie previste dagli ar4.104 ss., ma solo l’art.108, secondo comma: 11 Art.102 l'autonomia e l'indipendenza della magistrautra Il giudice ordinario Il giudice straordinario Il giudice speciale magistratura ordinaria giudici professionali giudici onorari quindi .nalizzata alla possibile impugnazione della sentenza. Certamente il controllo sulla decisione è possibile solo se questa è mo2vata: il verde4o, -pico della giuria (“colpevole” o “non colpevole”) non è controllabile. Diviene ancora più importante che i provvedimen- giurisdizionali siano mo-va-, al Fne di rendere trasparente l’esercizio di un potere non controllabile ab externo. Questo obbligo non è assoluto, in quanto ci sono dei provvedimen- che il giudice non deve mo-vare. Questo si veri.ca laddove il comportamento del giudice sia rigidamente vincolato, e non sussistano margini di scelta.  Art.111, se.mo comma: “contro le sentenze e contro i provvedimen5 sulla libertà personale, pronuncia5 dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge”. La norma garan-sce il ricorso in Cassazione, limitatamente agli errori consisten- nella “violazione di legge”, cioè agli errori di diri4o, che cos-tuiscono tu6 errori di diri4o sostanziale o processuale. Di solito si a:erma che l’art.111, se6mo comma, introduce la cosidde4a garanzia cos%tuzionale del ricorso in Cassazione. Nel nostro sistema, come in tu6 i sistemi europei (ad eccezione del common law), il precedente non ha valore vincolante: il giudice che si discosta da un precedente non contenente un illecito, cioè non pronuncia, per ciò solo, un provvedimento contra ius. Tu4avia, l’inesistenza del vincolo al precedente non signi.ca che non sia opportuna l’esistenza, all’interno di un ordinamento, di un giudice di ver-ce, il quale assicuri l’uniforme e ordinaria interpretazione delle norme, nonché l’evoluzione dell’interpretazione stessa in conseguenza dei mutamen- della società: un altre parole che svolga una funzione di nomo'lachia. Come si può giungere a questo risultato? 1. Innanzitu4o, vi è l’autorevolezza dell’organo. Le sentenze della Corte possono indurre gli altri giudici adeguarsi. Il precedente in tal caso si impone perché il giudice è convinto che la soluzione data dalla Corte di cassazione sia corre4a. 2. In secondo luogo, se è vero che il giudice è libero di discostarsi dal precedente della Cassazione, è altre4anto vero che la parte soccombente deve poter impugnare la sentenza “dissenziente”, e di farla annullare dalla Cassazione. Ciò può anche indurre il giudice ad adeguarsi al precedente, anche se egli non è del tu4o convinto, sapendo che la sua decisione divergente sarebbe annullata. Ecco quindi, che anche nei sistemi che non prevedono il vincolo al precedente, la funzione di nomo.lachia può essere svolta dal giudice di ver-ce. Oggi la funzione principale dell’art.111 si ar-cola sui seguen- pun-: a) Consen-re alla Corte di cassazione di potersi pronunciare su tu4e le ques-oni di diri4o esen- nell’ordinamento, senza che tale funzione sia subordinata a scelte insindacabili del legislatore ordinario in tema di ricorribilità in cassazione dei provvedimen- giurisdizionali; b) Non vigendo nel nostro sistema il principio del vincolo al precedente, e non essendo quindi il giudice vincolato alla soluzione, che della ques-one ha dato la Corte, deve essere possibile portare dinnanzi alla Corte le sentenze che si discostano dal precedente: altrimen- la nomo.lachia cadrebbe nel ridicolo; c) La nozione di “sentenza” è quella di “a4o che ha la forma della sentenza”, cioè quella forma prevista dall’art.132 c.p.c e si di:erenzia dall’ordinanza e dal decreto. Non esiste alcun principio cos-tuzionale che imponga al legislatore di prevedere che l’a4o conclusivo del processo abbia la forma della 14 Nomo.lachia è parola do4a, ch signi.ca “custodia della norm ” d il cui contenuto è ben individuato dall’art.65 dell’ordinamento giudiziario il qual a:erma che la Corte “assicura l’esa?a osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diri?o ogge<vo nazionale, il rispe?o dei limi5 delle diverse giurisdizioni”. E’ compito della Cassazione, quindi consen-re il progressivo ed ordinato sviluppo dell’interpretazione ed applicazione delle norme, evitando che ciò avvenga “a macchio di leopardo”, e che si creino tante “giurisprudenze” quan- sono gli organi giudiziali. sentenza. Il legislatore può liberamente ed insindacabilmente prevedere che il provvedimento .nale sia un decreto o un’ordinanza. Ed è per questa ragione che, dopo l’entrata in vigore della Cos-tuzione, la Corte di cassazione ha interpretato il termine “sentenza” dell’art.111 non in senso formale, sebbene sostanziale: non come provvedimento che ha la forma della sentenza, ma come provvedimento che ha gli e:e6 cara4eris-ci. E’ questo il signi.cato da dare ai due requisi- che la Corte di cassazione richiede per amme4ere il ricorso ex art.111: la decisorietà e la de.ni5vità.  Art.111, o+avo e ul2mo comma: limitano il ricorso in Cassazione nei confron- delle sentenze del Consiglio di Stato e della Corte dei Con-. Il ricorso è possibile non per “violazione di legge”, cioè per tu4e le ques-oni di diri4o, ma solo per le ques-oni di giurisdizione. 15 Capitolo 3 – Il Diri.o Processuale 3.1 Il procedimento Procedimento = si de6nisce procedimento una sentenza di a: in virtù della quale ciascuna .o presuppone quello che lo precede, e forma il presupposto del seguente: con l’eccezione del primo a.o della serie e dell’ul$mo. Il procedimento è come una catena, in cui ciascun anello è sostenuto dal precedente e sos3ene il successivo, tranne per il primo e per l’ul3mo come abbiamo già de9o. 3.2 Il processo Quando il procedimento è u3lizzato per la tutela dei diri= esso deve stru9urarsi secondo contraddi9orio e quindi, viene de?nito processo. Ora, il modo in cui operano le norme processuali è stru9uralmente iden3co al modo con cui operano le norme sostanziali. Le prime quali?cano infa= taluni comportamen3 come doverosi, altri invece come leci3. 3.3 L’illecito processuale L’illecito sostanziale implica il diri9o alla tutela giurisdizionale su uno speci?co diri9o leso, rappresenta quindi il contenuto della ques3one di merito (che a=ene il diri9o sostanziale che si assume leso).Tu9avia, può presentarsi una ques3one di rito, a=nente allo svolgimento del processo. Può essere che ad un’astra9a imposizione di un dovere di natura processuale non corrisponda un concreto comportamento conforme, e pertanto si veri?chi un illecito di natura processuale. Es. la domanda viene proposta al giudice incompetente anziché competente; Per questo mo3vo, occorrono meccanismi idonei a far fronte all’illecito processuale. E’ proprio qui che si riscontra una delle peculiarità dell’a=vità giurisdizionale. Qui infa=, non esistono strumen3 di tutela esterni al processo. Non esiste uno strumento di terzo grado, una terza istanza a cui far ricorso avverso gli illeci3 processuali. È lo stesso processo che deve farsi carico di predisporre gli strumen3 per controllare se stesso. Es. l’accertamento che è la sentenza è e+e.o del dolo del giudice, non ne determina l’automa$ca caducazione degli e+e:. Occorre infa: chiedere la revocazione della sentenza. 3.4 Il rito ed il merito La ques3one è intesa come qualsiasi punto, di fa9o o di diri9o, le par3 non sono d’accordo. Per questo chiedono al giudice di decidere in maniera autorita3va. Il processo dichiara3vo ha un ogge9o di merito ed uno di rito. Più precisamente:  ogge9o di merito riguarda la realtà sostanziale sulla quale si chiede l’intervento. Riguarda ques3oni di diri9o sostanziale.  ogge9o di ritocos3tuito da esso stesso. Riguarda ques3oni di diri9o processuale. 3.5 Le ques<oni di rito La norma3va processuale ha pertanto un contenuto ?siologico. E cosi vi sono apposite disposizioni che entrano in funzione laddove si tra= di valutare se vi sono sta3 commessi illeci3 processuali. Ecco perché abbiamo de9o che l’ogge9o del rito è sì presente nel processo, ma allo stato “potenziale”: perché gli strumen3 vol3 a controllare il rispe9o delle norme processuali entrano in funzione solo se qualcuno li u3lizza. Pertanto, in un concreto processo si discuterà di ques3oni processuali solo se ve ne sarà l’occasione. Naturalmente il modo con cui si pongono, si a3rontano e si risolvono le ques3oni di rito è iden3co a quello con il quale si risolvono le ques3oni di merito. Tu= i processi hanno ques3oni di rito. Se la ques3one di rito c’è e viene risolta in maniera nega3va, ci sono diverse conseguenze:  potrebbe esserci una sanatoria di un presupposto processuale;  quando non c’è sanatoria, il giudice deve eme9ere una sentenza, a9raverso cui declina la sua competenza. Si tra9a di una sentenza solo di un rito. Se il processo è emanato male (per esempio che c’è una violazione del contradditorio), il processo di deve fermare. Ciò accade quando mancano quei presuppos3 determinan3 a7nché il giudice esamini il merito. Ques3 presuppos3 sono i presuppos3 processuali, quei elemen3 in posi3vo o nega3vo di cedibilità della domanda. La loro esistenza consente al giudice di passare all’esame del rito. Viceversa, la loro mancanza non consente al giudice di fare ciò. “L'osservanza del termine sana i vizi, e gli e+e: sostanziali e processuali della domanda si producono 6n dal momento della prima no$6cazione”. Qui si risponde ad un principio di economia processuale: non si fa cadere tu9o, ma si ricorre ad una sanatoria retroa=va. La rappresentanza tecnica è l’equivalente di difesa tecnica. Occorre essere rappresenta3 in giudizio da un avvocato o da un commercialista, cioè da un sogge9o che parli lo stesso linguaggio tecnico del giudice. Essa è obbligatoria, tranne in alcuni casi (es. avvocato che inizia una causa per sé stesso). LA RAPPRESENTANZA È L'ISTITUTO, MENTRE LA PROCURA È L'ATTO CHE ATTRIBUISCE TALE POTERE Art. 83, comma 1: “Quando la parte sta in giudizio col ministero di un difensore, ques3 deve essere munito di procura”. Art-83, comma 2 disciplina la procura : “La procura alle li3 può essere generale o speciale, e deve essere conferita con a.o pubblico o scri.ura privata auten$cata.” Art. 83, comma 3: “La procura speciale può essere anche apposta in calce o a margine della citazione, del ricorso, del controricorso, della comparsa di risposta o d'intervento del prece9o o della domanda d'intervento nell'esecuzione, ovvero della memoria di nomina del nuovo difensore, in aggiunta o in sos3tuzione del difensore originariamente designato. In tali casi l'autogra?a della so9oscrizione della parte deve essere cer3?cata dal difensore. La procura si considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato che sia però congiunto materialmente all'a9o cui si riferisce o su documento informa3co separato so9oscri9o con ?rma digitale e congiunto all'a9o cui si riferisce mediante strumen3 informa3ci, individua3 con apposito decreto del Ministero della gius3zia. Se la procura alle li3 è stata conferita su supporto cartaceo, il difensore che si cos3tuisce a9raverso strumen3 telema3ci ne trasme9e la copia informa3ca auten3cata con ?rma digitale, nel rispe9o della norma3va, anche regolamentare, concernente la so9oscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documen3 informa3ci e trasmessi in via telema3ca”. Art.83, comma 4: “La procura speciale si presume conferita soltanto per un determinato grado del processo, quando nell'a9o non è espressa volontà diversa”. LA PROCURA Nel processo civile la procura è l’a9o con cui la parte conferisce l’incarico al difensore. Con la nomina, il difensore può compiere e ricevere gli a= processuali in nome della parte, a eccezione di quelli che la legge riserva espressamente a quest’ul3ma e di quelli con cui si dispone del diri9o controverso, a meno che non ne sia stato conferito speci?co potere (art. 84 c.p.c.). La procura deve essere conferita per a9o pubblico o per scri9ura privata auten<cata dal difensore e può essere generale, se ha a ogge9o tu9e le controversie, o speciale, se ne ha a ogge9o una sola (art. 83). La parte può sempre revocare la procura e il difensore può rinunciarvi, ma revoca e modi?ca non hanno e3e9o nei confron3 dell’altra parte ?nché non viene sos3tuito il professionista (art. 85). LA SCRITTURA PRIVATA Una scri9ura privata è il documento reda9o per iscri9o (con qualunque mezzo: manuale, meccanico, ele9ronico) e so9oscri9o con ?rma autografa da il sogge9o che, in virtù della so9oscrizione, prende il nome di autore. Il documento deve soddisfare i requisi3 di privatezza, auten<cità e genuinità. La scri9ura privata "fa piena prova, ?no a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l'ha so9oscri9a se colui contro il quale è prodo9a ne riconosce la so9oscrizione ovvero se questa è legalmente considerata come riconosciuta". La regola di prova legale, però, non concerne la veridicità delle dichiarazioni stesse, che è sempre rimessa al libero convincimento del giudice. La legge considera sempre riconosciuta la scri9ura privata cosidde9a "auten3cata", che è stata so9oscri9a alla presenza di un pubblico u7ciale che, previo accertamento, a9esta l'iden3tà della persona che so9oscrive. Può anche essere reda9o in forma digitale secondo le disposizioni del codice dell'amministrazione digitale. Nel processo civile la scri9ura privata non auten<cata è riconosciuta quando “la parte alla quale la scri.ura è a.ribuita o contro la quale è prodo.a è contumace ovvero, se cos$tuita, non la disconosce nella prima udienza o nella prima difesa successiva alla produzione (art. 215 c.p.c.)”. Alla parte rimasta contumace deve essere no3?cato il verbale di causa in cui si dà a9o della produzione della scri9ura privata. In ogni caso, ai sensi dell'art. 293, ul3mo comma, c.p.c., "il contumace che si cos3tuisce può disconoscere nella prima udienza o nel termine assegnatogli dal giudice istru9ore, le scri9ure contro di lui prodo9e". La scri9ura privata può essere so9oposta all'auten3cazione di ?rma di un notaio, che veri?ca l'iden3tà e la piena consapevolezza delle par3, mentre ?rmano in sua presenza (art. 2703 c.c.). L’ATTO PUBBLICO Nel processo civile, l’a9o pubblico va ricollocato tra le prove legali, per quel che riguarda tu9e le a=vità avvenute alla presenza del pubblico u7ciale, incluso l’avvenuto rilascio di dichiarazioni. L’unico strumento esistente nel nostro ordinamento giuridico per eliminare l’e7cacia di prova legale è dato dalla querela di falso (art. 221 ss. c.p.c.). Il rela3vo procedimento può essere instaurato in via principale o incidentale; la competenza esclusiva è del tribunale in composizione collegiale ed è previsto l’intervento obbligatorio del pubblico ministero. La querela deve contenere l’indicazione degli elemen3 e delle prove della falsità. Se viene proposta in via incidentale, il giudice deve preven3vamente interpellare la parte che ha prodo9o il documento circa la volontà di servirsi dello stesso: si procede con la querela in caso di risposta posi3va. La sentenza, di cara9ere cos3tu3vo (Azione cos3tu3va), può essere eseguita solo a seguito del passaggio in giudicato: se la querela è accolta occorre far risultare, a norma dell’art. 537 c.p.p., la falsità dal documento; anche se non è accolta deve esserne fa9a menzione sullo stesso. b) LEGITTIMAZIONE AD AGIRE (2° PRESUPPOSTO PROCESSUALE) Denota qual è, e quanto è stre9o il legame fra il processo e il diri.o sostanziale. Il signi?cato si ricava dall’art.81 c.p.c “Fuori dei casi espressamente previs$ dalla legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diri.o altrui”.  Divieto di intromissione degli interessi altrui: a3ermazione del principio disposi3vo (art.99), il che a3erma “la domanda è proponibile da chi vuol fare valere un diri9o violato”. - Legi.mazione a.va - Legi.mazione passiva La domanda va presentata da chi vanta (a3erma/sos3ene: ancora non c’è l’accertamento della lesione del diri9o) di avere un diri9o leso, nei confron3 della parte che lo ha leso. Il diri9o di azione serve proprio per reintegrare il diri9o leso, e quindi per questo mo3vo, deve essere proposto solo dal sogge9o che vanta la 3tolarità del diri9o. !Ci sono dei casi in cui la legge consente una deviazione alla regola: - Quando ci sono degli interessi pubblici prevalen3, più importan3; Art.69: “Il pubblico ministero esercita l'azione civile (1) nei casi stabili$ dalla legge”. Il processo può essere iniziato dal pubblico ministero perché l’interesse pubblico deve essere tutelato. - Surrogatoria: consente al creditore (a), che cerca di farsi pagare il credito dal proprio debitore (b), di agire nei confron3 dei debitori (c) del proprio debitore. Fa valere i propri credi3 nei confron3 dei debitori (c) del proprio debitore (b). Azione surrogatoria, art.2900 codice civile: “Il creditore, per assicurare che siano soddisfa.e o conservate le sue ragioni, può esercitare i diri: e le azioni che spe.ano verso i terzi al proprio debitore e che ques$ trascura di esercitare, purché i diri: e le azioni abbiano contenuto patrimoniale e non si tra: di diri: o di azioni che, per loro natura o per disposizione di legge, non possono essere esercita$ se non dal loro $tolare. Il creditore, qualora agisca giudizialmente, deve citare anche il debitore al quale intende surrogarsi. Il legi=mato straordinario subisce gli e3e= processuali (es. paga le spese del processo), mentre gli e3e= sostanziali ricadono sul 3tolare del diri9o. c) INTERESSE AD AGIRE (3° PRESUPPOSTO PROCESSUALE) Per “interesse ad agire” si intende che può iniziare una causa, solo colui che vede leso il suo diri9o. Occorre che il processo gli consenta di o9enere, a9raverso la sentenza ?nale, un bene?cio concreto (conforme al diri9o). A7nché ci sia un bene?cio concreto, ci deve essere una lesione concreta ed e3e=va del diri9o. Art.100 c.p.c: “Per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse”. Oggi la do9rina ha visto l’interesse ad agire come elemento sele9ore al ?ne di veri?care le ipotesi sempre più frequen3 e rilevan3 di abuso del processo. Il processo viene u3lizzato per temporeggiare, o come scopo di minaccia, con funzioni di pressione sulla parte più debole. In questo processo non c’è interesse ad agire. Per capire se c’è o no abuso del processo si guarda: - A=vità processuali consen3te dall’ordinamento; - A=vità che non hanno a che fare con l’ordinamento. Come si fa a capire se c’è l’interesse ad agire? - Es. il vicino che vuole la divisione del con?ne che l’altro non vuole, può farla in prima persona e poi richiedere il rimborso del denaro della recinzione che è a carico del vicino. Quindi il processo qui è inu3le, perché non farebbe altro che accertare i con?ni. L’interesse ad agire in giudizio non c’è. - Es. risoluzione di diri9o di un contra9o: al veri?carsi di determina3 situazioni (es. mancato pagamento in un certo termine), il contra9o si risolve autonomamente (diri= potesta3vi). Se ho una clausola risolu3va espressa a mio favore, posso esercitare la risoluzione del contra9o. L’interesse ad agire in giudizio non c’è. - Es. Se non siamo di fronte ad un diri9o potesta3vo, ma per esempio al diri9o a chiedere l’annullamento di un contra9o per errore, la parte non può dire che il contra9o è annullabile perché c’è un errore. Il contra9o quindi non può sciogliersi autonomamente, ma la parte può comunque raggiungere quel risultato tramite una rinegoziazione del contra9o. - Es. Un’altra ipotesi è il licenziamento per giusta causa: il datore di lavoro risolve autonomamente il contra9o. Il datore di lavoro non è tenuto ad andare di fronte il giudice per licenziare Tizio, ma lo fa da solo sciogliendo il rapporto di lavoro. Nel licenziamento per giusta causa l’interesse ad andare davan3 ad un processo non c’è. - Es. un concorso pubblico per la copertura di un unico posto, Tizio lo superiamo, o9eniamo l’idoneità e siamo pos3 in graduatoria, ma sono arrivato al secondo posto. Tizio ri3ene che la commissione giudicatrice abbia sbagliato perché ha valutato poco i suoi 3toli. Tizio raggiunge 95 pun3, mentre il vincitore raggiunge 100 pun3. Tizio fa il ricordo al TAR, spiega al giudice la situazione, e conclude che con i 3toli valuta3 in modo corre9o Tizio avrebbe raggiunto 99. Qui l’interesse al risultato del processo non c’è, è inu3le fare un processo. Anche se i giudici accertassero e3e=vamente che i 3toli sono valuta3 erroneamente, Tizio non arriverebbe mai a 100. - Es. testamento falso: il testamento viene impugnato, per accertare la ?rma falsa. Si tra9a di un processo costoso, che dura tanto. Nel corso del processo ci si rende conto che seguendo la legi=ma, e quindi le regole della successione legi=ma (e non del testamento), si arriverebbe comunque allo stesso risultato economico a cui portava il testamento ritenuto falso. A quel punto, in ogni caso, chi agisce in giudizio, anche se mai o9enesse una sentenza favorevole, comunque non raggiungerebbe il risultato sperato. In realtà i giudici non si pongono il problema di veri?care sin dall’ inizio l’interesse ad agire sussiste o no. Spesso l’indagine della veri?ca del presupposto si intreccia nell’indagine di merito. Quindi solo nella sentenza ?nale, il giudice veri?ca se c’è l’interesse. In ques3 casi è molto raro che il giudice si fermi con una sentenza di rito, dicendo che non può proseguire perché manca l’interesse ad agire, in quanto la sentenza di rito ha e3e9o solo tra le par3. L’interesse può riguardare il processo come mezzo. Il giudice deve veri?care, a priori, se è indispensabile iniziare una causa per o9enere il risultato, o se questo risultato si può o9enere anche autonomamente. L’interesse ad agire è importante anche so9o il pro?lo del risultato, e non solo come mezzo. L’interesse ad agire diventa il ?ltro più importante e indispensabile nelle cause di mero accertamento. quale si da un contenuto al provvedimento conclusivo del processo. La sua funzione non è quella di conoscere il passato, sibbene di porre regole per il futuro. 4.5 L’istruzione probatoria All’interno della tra9azione una fase essenziale è svolta dall’istruzione probatoria. I fa< storici allega5 dalle par5 debbono essere prova5 a ciò è des5nata l’istruzione probatoria, a9raverso la quale si acquisisce al processo la prova del fa9o allegato. 4.6 La decisione L’ul5mo momento logicamente necessario di un processo dichiara5vo è l’a9o "nale. Tale a9o, se giurisdizionale, assume il nome di sentenza, se arbitrale il nome di lodo.  Sentenza  a9o di natura pubblica in quanto l’autore ne è un sogge9o inves5to del potere giurisdizionale  Lodo a9o privato, pronunciato da un quisque de populo, cui le par5 hanno volontariamente conferito il potere di de9ar loro le rispe<ve regole di comportamento. La sentenza è so9oponibile a determina5 mezzi di impugnazione. Tu9avia, "nché la sentenza ed il lodo producono e&e<, i loro e&e< sono perfe9amente iden5ci. Ambedue stabiliscono in modo vincolante per le par5, le rispe<ve regole di comportamento con riferimento ad una situazione sostanziale prote9a. E difa< l’art. 824 bis cc a&erma che il lodo ha gli e6e7 della sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria, non dice “è” una sentenza bensì ne ha gli e&e<. Colui che si è visto dar torto può e se si in quale maniera, contestare l’a(o? Quali censure possono essere avanzate nei confron2 della sentenza o del lodo? In linea generale, le contestazioni ponibili sono logicamente due:  La prima, con cui si sos5ene che l’a9o contrasta con il diri9o processuale perché nel processo non sono state rispe9ate le regole, appunto processuali, che disciplinano il modo con il quale quel processo si deve svolgere. In questa ipotesi la contestazione a<ene ad un error in procedendo, e porta ad a&ermare la invalidità della decisione. Es. il giudice non aveva giurisdizione; l’arbitro non aveva il potere di decidere perché mancava la convenzione di arbitrariato; una delle par2 era incapace  La seconda, riguarda invece il merito della decisione. Con essa si sos5ene che l’a9o non rispecchia la realtà sostanziale esistente. In questa ipotesi la contestazione a<ene ad un error in iudicando, e porta ad a&ermare l’ingius5zia della decisione. Es. il giudice o l’arbitro, ha dichiarato il diri(o es2nto per prescrizione, applicando alla fa7specie una prescrizione quinquennale mentre doveva applicarne una decennale. Capitolo 5 – La Giurisdizione Ordinaria 5.1 I con)ni esterni Il primo problema che dobbiamo a/rontare riguarda il fa5o che, la giurisdizione italiana, si trova a dover coesistere con le giurisdizioni degli altri Sta;: e ciascun ordinamento con;ene norme, che determinano i con=ni della propria giurisdizione con le giurisdizioni straniere. Queste norme prendono il nome di diri5o internazionale processuale. Inoltre, in sos;tuzione delle norme di diri5o internazionale processuale vi sono delle regole contenute nelle convenzioni, che lo Stato italiano ha s;pulato con altri Sta;. E’ ovvio che una norma contenuta in una convenzione prevale sulla norma di diri5o internazionale processuale. Ma ancor più importante è la norma;va europea. 5.2 I regolamen4 comunitari In materia di processo civile dobbiamo dire che l’Ue ha e/e5uato numerosi interven;, tra i quali forse il più importante è quello che riguarda la ripar;zione del potere giurisdizionale fra i vari Sta; membri, ed il riconoscimento in ciascuno Stato delle sentenze pronunciate in un altro Stato. Oggi, i regolamen; n 1215/2002 e 2201/2003 hanno sos;tuito la vecchia convenzione di Bruxelles rispe0vamente per le controversie civili e commerciali e per le controversie in materia di matrimonio. Per ciò che a0ene alla individuazione della giurisdizione statale competente, il criterio fondamentale u;lizzato dai due regolamen; indica; è quello del domicilio del convenuto: le persone domiciliate nel territorio di un determinato Stato membro possono essere convenute esclusivamente davan; ai giudici di tale Stato membro. Naturalmente vi sono ipotesi in cui, eccezionalmente, una persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro può essere convenuta anche davan; ai giudici di un altro Stato membro. In ques; casi si tra5a di competenza concorrente, in quanto la giurisdizione spe5a a ambedue le giurisdizioni Es. Tizio, domiciliato in Italia, s=pula con Caio, domiciliato in Francia, un contra5o di appalto per la realizzazione, in Italia, di un complesso turis=co. Caio può essere convenuto da Tizio sia in Francia sia in italia. Viceversa per Tizio. Vi sono poi le ipotesi di competenza esclusiva, nelle quali la giurisdizione non spe5a al giudice dello Stato nel quale il convenuto è domiciliato, ma alla giurisdizione di un altro Stato Es. Tizio, domiciliato in Francia, acquista una villa in Italia e sorge una controversia con Caio, domiciliato in Germania, proprietario di una villa con$nante in Italia. Sia Tizio che Caio possono essere convenu= solo in Italia. Dal punto di vista dinamico, ciascun giudice decide sulla propria giurisdizione. Se la stessa controversia è posta a più giudici, il primo di essi che sia stato adito decide sulla giurisdizione, mentre nel fra5empo, il giudice adito successivamente sospende il processo dinanzi a sé. Es. Tizio, domiciliato in italia e Caio, domiciliato in Francia, s=pulano un contra5o. Sorta controversai, Tizio per primo agisce contro Caio dinanzi a un giudice francese chiedendo la risoluzione del contra5o per inadempimento. Caio successivamente a$sce dinanzi a un giudice italiano, chiedendo l’adempimento. Il giudice francese che è stato adito per primo, decide a chi spe* la competenza, e se dichiara, come è probabile, di essere competente, il giudice italiano deve dichiararsi incompetente. *Però per alcune ;pologie di materie, si può scegliere: - O il luogo dove si esegue il contra5o; - O il luogo dove si subisce il danno; 5.3 Il riconoscimento delle sentenze straniere L’altra ques;one riguarda il riconoscimento delle sentenze pronunciate in un altro Stato. Il principio fondamentale è il seguente: le decisioni emesse in uno Stato membro sono riconosciute negli altri Sta= membri senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento. Cos;tuiscono le principali eccezioni a tale principio: 1. Il caso in cui, fra le stesse par;, vi sai già una decisione vincolante emessa in uno qualunque degli Sta; membri. 2. Il caso in cui vi sia stato un vizio nella istaurazione del contraddi5orio 3. Il caso in cui la sentenza è manifestatamente contraria all’ordine pubblico dello Stato membro, nel quale dovrebbe esplicare i suoi e/e0. L’e;e<o dichiara4vo della sentenza: se il caso è stato già deciso nel nostro stato, non si può chiedere in un altro stato una sentenza diversa per aggirare quella del proprio stato. Tu5avia, nel caso di contradditorio, se il convenuto non ha potuto difendersi, a causa del mancato avviso di no;=ca della sentenza, si può richiedere che la sentenza venga emessa da un altro stato straniero. Stessa cosa se la sentenza è contraria all’ordine pubblico. 5.4 I criteri di collegamento Un pro=lo molto importante riguarda i criteri di collegamento che vengono individua; per a/ermare o per escludere la giurisdizione italiana. Ques; criteri possono riguardare il convenuto o l’ogge<o della controversia, ma mai l’a5ore. Non è necessario che l’a5ore avvia un collegamento con lo Stato italiano perché sussista la giurisdizione italiana (Art. 24 Cost la tutela dei diri0 spe5a a “tu0”). Individua; così i con=ni esterni della giurisdizione, dobbiamo subito ricordare che la tutela dichiara;va giurisdizionale può provenire sai dalla giurisdizione ordinaria sia dalle giurisdizioni speciali cioè dai giudici che, per de=nizione, non fanno parte dell’ordinamento giudiziario. 5.5 I rappor4 fra la giurisdizione ordinaria e le giurisdizioni speciali Ora, i con=ni tra giurisdizione ordinaria e speciale sono determina; sulla base del criterio della residualità: la giurisdizione è, in linea di principio, aEdata ai giudici ordinari; i giudici speciali hanno giurisdizione laddove l’ordinamento espressamente lo prevede. La giurisdizione ordinaria è quindi generale e il suo ambito si ricava so5raendo dal complesso generale della giurisdizione, ciò che è a5ribuito ai giudici speciali. Questa cara5eris;ca si ripete anche all’interno dei processi. Il codice di procedura civile con;ene le norme che riguardano il processo civile in qualunque sia la sua sede giurisdizionale, salve le norme speci=che previste per i processi dinanzi a giudici speciali. Per la giurisdizione amministra;va e per quella tributaria esistono speci=ci tes; norma;vi, che però non sono autosuEcien;, e si limitano a de5are le norme par;colari rela;ve ai processi che si svolgano davan; a tali giurisdizioni speciali. Ma laddove non esistono norme speci=che si applica il codice di procedura civile: art 39 c.p.a.; art 1 dlgs n 546/1992 sul processo tributario. Per quanto riguarda il dife5o di giurisdizione nei confron= di un giudice straniero , l’art 11 della l. n 218/1995 stabilisce che tale dife5o è rilevabile d’uEcio dal giudice, se il convenuto non si è cos;tuito, in ogni stato e grado del processo; se invece il convenuto si è cos;tuito, spe5erà a lui rilevare il dife5o di giurisdizione, sempre in ogni stato e grado. Però deve farlo non appena si cos;tuisce. Per quanto riguarda invece, il dife5o nei confron= dei giudici speciali, esso è rilevabile in ogni stato e grado del processo sia dal giudice sia dal convenuto. Quando il giudice si dichiara carente di giurisdizione, le conseguenze sono diverse:  se la giurisdizione spe5a ad un giudice straniero il vizio del processo è sanabile. La sentenza dichiara il dife5o e tu5o si chiude li  se la giurisdizione spe5a ad un altro giudice dell’ordinamento è possibile sanare il vizio trasferendo la causa davan; al giudice fornito di giurisdizione. Se ciò avviene entro tre mesi da quando passa in giudicato la sentenza che declina la giurisdizione, gli e/e0 sostanziali e processuali della prima domanda si conservano. Se il convenuto si è cos;tuito davan; al giudice, deve sollevare l’eccezione, che è lo strumento di difesa del convenuto. Il convenuto contesta la rilevabilità dei fa0 al =ne di dimostrare l’infondatezza della domanda. L’eccezione può essere rilevata d’uEcio e in ogni stato del processo. Lo stesso strumento esiste fra i rappor; tra i giudici ordinari (di cara5ere generale) e giudici speciali (deputa; alla tutela dichiara;va). Anche in questo caso l’eccezione può essere sollevata sia dalla parte che dal giudice. Art.37 c.p.c “Il dife5o di giurisdizione del giudice ordinario nei confron= della pubblica amministrazione o dei giudici speciali è rilevato, anche d'u-cio, in qualunque stato e grado del processo”.  Ver4cale può essere di due ;pi o Per Materia fa riferimento all’ogge5o del processo. Es. il tribunale è competente per materia per le cause rela=ve allo Stato e capacità delle persone, per le cause di matrimonio etc. A sua volta, il giudice di pace è competente per materia ad esempio nelle cause rela=ve alla misura e modalità d’uso dei servizi condominiali. Quando non si trova una competenza per materia, allora si applica quella per valore. ESEMPIO COMPETENZA VERTICALE – PER MATERIA Art.7, c.p.c: competenza giudice di pace: “Il giudice di pace è competente per le cause rela=ve a beni mobili di valore non superiore a cinquemila euro, quando dalla legge non sono a5ribuite alla competenza di altro giudice. Il giudice di pace è altresì competente per le cause di risarcimento del danno prodo5o dalla circolazione di veicoli e di natan=, purché il valore della controversia non superi ven=mila euro. È competente qualunque ne sia il valore: 1) per le cause rela=ve ad apposizione di termini ed osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamen= o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi; 2) per le cause rela=ve alla misura ed alle modalità d'uso dei servizi di condominio di case; 3) per le cause rela=ve a rappor= tra proprietari o detentori di immobili adibi= a civile abitazione in materia di immissioni di fumo o di calore, esalazioni, rumori, scuo=men= e simili propagazioni che superino la normale tollerabilità. 3-bis) per le cause rela=ve agli interessi o accessori da ritardato paga- mento di prestazioni previdenziali o assistenziali” Quando il criterio della materia non è suEciente, si ricorre anche al criterio per valore. o Per Valore a0ene al contenuto economico della controversia, calcolato sulla domanda. Il giudice di pace è competente per le domande rela;ve a diri0 reali su beni mobili e a diri0 di credi di valore non superiore a 5k. Se si tra5a di risarcimento dei danni derivan; dalla circolazione dei veicoli, sale =no a 20k. La competenza si determina da ciò che è chiesto e non da ciò è a5ribuito dal giudice. ! Nella giurisdizione tributaria e amministra=va non ci sono pluralità di giudici di primo grado. Si deve solo scegliere so5o il pro=lo territoriale qual è il giudice competente (es. TAR di Bologna). 5.14 L’incompetenza L’art 38 c.p.c stabilisce che l’incompetenza è rilevabile talvolta anche dal giudice ma solo entro la prima udienza del processo di primo grado. Talaltra solo dal convenuto che, deve eccepirla nella comparsa di cos;tuzione, depositata in cancelleria almeno ven; giorni prima della prima udienza =ssata con la citazione. Il dife5o di competenza è sanabile, trasferendo la causa - entro 3 mesi dal passaggio in giudicato del provvedimento che dichiara l’incompetenza – innanzi al giudice competente. Art.38: “L'incompetenza per materia, quella per valore e quella per territorio sono eccepite, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta tempes=vamente depositata. *L’eccezione di incompetenza per territorio si ha per non proposta se non con=ene l’indicazione del giudice che la parte ri=ene competente. Fuori dei casi previs= dall'ar=colo 28, quando le par= cos=tuite aderiscono all'indicazione del giudice competente per territorio, la competenza del giudice indicato rimane ferma se la causa è riassunta entro tre mesi dalla cancellazione della stessa dal ruolo. L'incompetenza per materia, quella per valore e quella per territorio nei casi previs= dall'ar=colo 28 sono rilevate d'u-cio non oltre l'udienza di cui all'art. 183. Le ques=oni di cui ai commi preceden= sono decise, ai soli $ni della competenza, in base a quello che risulta dagli a* e, quando sia reso necessario dall'eccezione del convenuto o dal rilievo del giudice, assunte sommarie informazioni”. Capitolo 6 – La capacità, la legi1mazione e l’interesse ad agire I presuppos) processuali che riguardano le par) i più importan) sono la capacità, la legi7mazione e l’interesse ad agire. 6.1-6.2 La parte in senso procedurale, parte in senso formale Con il termine “parte” si fa riferimento a 2 fenomeni diversi:  La capacità di essere parte: cioè la capacità di essere des)natario degli e$e7 degli a7 processuali (equiparata alla capacità giuridica). Colui che è des)natario degli e$e7 degli a7 processuali è de(nito parte in senso procedurale.  Capacità processuale: capacità di compiere a7 del processo (equiparata alla capacità di agire), ha capacità processuale chiunque ha la capacità di agire. Colui che compie a7 nel processo è de(nito parte in senso formale. Nel caso in cui un sogge*o sia capace di essere parte (giuridicamente) ma non abbia la capacità processuale (capacità di agire) si ha una scissione fra le due par). A fronte di tale situazione l’art 75 cpc stabilisce che gli incapaci (hanno capacità giuridica e non quella di agire) devono stare in giudizio rappresenta) mediante la rappresentanza legale, assis)) o autorizza) secondo le norme che regolano la loro capacità di agire. 6.3 la rappresentanza volontaria Diversamente dalla rappresentanza legale, il rappresentato volontario ha il potere di compiere (oltre al rappresentante) anch’egli gli a7 del processo. Gli a7 illeci) compiu) dal rappresentante legale e volontario fanno sorgere nei confron) di esso l’obbligo di risarcire il danno. 6.4 La rappresentanza organica Fa riferimento a un sogge*o che sta in giudizio per le persone giuridiche comprese quelle di diri*o pubblico (stato ,province…) o per sogge7 di diri*o che non sono persone giuridiche (comita), associazioni non riconosciute, società di persone) In questo caso all’ente si imputano non solo gli e$e7 della rappresentanza compiuta ma l’a7vità stessa, gli a7 del rappresentante organico sono in realtà dell’ente. Per gli a7 illeci) risponde dire*amente l’ente rappresentato (diversamente dalla legale e volontaria). 6.5 il dife>o di capacità  È rilevabile anche d’u5cio in ogni stato e grado del processo  È susce7bile di sanatoria per chi ha proposto la domanda può far acquisire al processo quell’elemento che manca per integrare il presupposto (chi ha proposta la domanda nei confron) di un incapace può chiamare in giudizio il rappresentante legale). Se il vizio del presupposto è susce7bile di sanatoria il giudice non può immediatamente chiudere il processo di rito, ma deve prima deve prima dare disposizioni a5nché sia sanato il vizio. 6.6 la sanatoria Successivamente alla sanatoria per rendere validi gli a7 processuali già compiu) ci sono 2 modi:  Ra!"ca dell’interessato: comportamento a7vo dell’interessato (colui che entra nel processo) che manifesta la volontà di far propri gli a7 compiu) dall’altro sogge*o(che stava nel processo al suo posto). Esempio: il padre si cos>tuisce il giudizio ra>?ca gli a1 compiu> dal ?glio minorenne. 6.7 la legi&mazione ordinaria Anche la legi7mazione ad agire è una condizione a5nché il processo possa giungere a decisone di merito. Esse prevede che ci propone la domanda deve essere )tolare del diri*o di cui chiede tutela e colui, nei cui confron) la domanda è proposta, deve essere )tolare del dovere contrapposto al diri*o. Il giudice deve valutare la legi7mazione ad agire solo sulla base della domanda e non a*raverso un’indagine di merito. 6.8 legi&mazione straordinaria Art.81 cpc enuncia l’eccezione: “fuori dai casi espressamente previs) dalla legge nessuno può far valere, in un processo, in nome proprio e per conto altrui”.)  legi&mazione straordinaria. Quindi solo nei casi previs) dalla legge è possibile che un sogge*o faccia valere in giudizio un diri*o di cui egli a$erma l’altrui )tolarità. In questo )po di legi7mazione gli e$e7 degli a7 processuali sono imputa) al legi7mato straordinario, che non è però )tolare della situazione sostanziale prote*a portata in giudizio (in quella ordinaria si, perché il sogge*o è lo stesso) Due ipotesi di legi7mità straordinaria: 1. In materia di diri& disponibili : è cos)tuito dall’azione surrogatoriail creditore, per assicurare che siano soddisfa*e/conservate le sue ragioni può esercitare le azioni che spe*ano verso terzi al proprio debitore. Il creditore agisce in nome proprio e per la tutela dei diri7 altrui (per conto altrui) in deroga al principio della legi7mazione ad agire. 2. In materia di diri& indisponibili : il pubblico ministero può proporre una domanda dove il legi7mato ordinario res) inerte, quindi l’organo pubblico agisce facendo valere situazioni giuridiche altrui. Dunque solo il legislatore può valutare se debba prevalere l’interesse del )tolare del diri*o a decidere liberamente cosa fare del suo diri*o, oppure l’interesse del terzo a far valere il diri*o altrui (consentendo la legi7mazione straordinaria). 6.10 le di+erenze con la rappresentanza La legi7mazione straordinaria prevede che il sogge*o legi7mato agisca in nome proprio e per conto altrui (per la tutela del diri*o altrui), mentre il rappresentante agisce in nome e per conto del rappresentato( gli e$e7 dell’a7vità giuridica del rappresentante sono dire*amente imputabili alla sfera giuridica del rappresentato. Des)natario degli a7 processuali compiu):  Rappresentanza  rappresentato  Legi7mazione straordinaria legi7mato straordinario 6.11 il dife>o di legi&mazione  È rilevabile in ogni stato e grado del processo anche d’u5cio (come il dife*o di capacità).  È insanabile perché chi ha proposto la domanda non può fare niente per a*ribuirsi la legi7mazione che gli manca  comporta l’immediata chiusura in rito del processo. 6.12 l’interesse ad agire Art 100 cpc “ per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse”. L’interesse ad agire è un sele*ore per impedire lo svolgimento di un a7vità rela)va al merito, quando la pronuncia di merito non è u)le: ha dunque la funzione di (ltro processuale nelle ipotesi in cui lo strumento di a*acco o di difesa usato dalle par) potrebbe essere fondato ma sarebbe inu)le (funzione di economia processuale). 6.13-6.14 l’interesse di mezzo e di risultato L’interesse ad agire può essere carente (inu)le) con rifermento a:  Mezzo processuale: l’e$e*o chiesto al giudice è u)le, ma la parte può o*enerlo per una via diversa da quella giurisdizionale (strumen) di natura sostanziale)  Risultato del processo: gli e$e7 richies) possono essere o*enu) solo in via giurisdizionale (c’è l’interesse di mezzo), tali e$e7 però non servono perché lasciano in richiedente nella stessa situazione di prima. 6.15 il dife>o di interesse  Rilevabile in ogni stato e grado del processo anche d’u5cio  Per funzionare bene deve funzionare subito, in quanto ha funzione di economia processuale evitando il compimento di a7vità inu)le. Il processo civile si apre o con un a?o di citazione o con un ricorso. L’art.112 c.pc. “Il giudice deve pronunciare su tu>a la domanda e non oltre i limi7 di essa; e non può pronunciare d'u cio su eccezioni, che possono essere proposte soltanto dalle par7 ”. ATTO DI CITAZIONE Art. 163 c.p.c , ne disciplina il contenuto “La domanda si propone mediante citazione a comparire a udienza -ssa. Il presidente del tribunale stabilisce al principio dell'anno giudiziario, con decreto approvato dal primo presidente della corte di appello, i giorni della se$mana e le ore delle udienze des7nate esclusivamente alla prima comparizione delle par7”. Elemen6 sogge#vi L’a-o di citazione deve contenere: 1. l’indicazione del tribunale davan; al quale si propone la domanda. Qui può nascere il problema della competenza. 2. il nome, cognome, residenza, codice #scale dell’a-ore e del convenuto; se il convenuto è incapace bisogna indicare il rappresentante legale. Se il convenuto è una persona giuridica, la citazione deve indicare la denominazione o la di-a con l’indicazione dell’organo /u.cio che ha la rappresentanza d’u.cio. 3. Il nome e il cognome del procuratore (o l’avvocato o il rappresentante tecnico) e l’indicazione della procura qual ora questa è stata già rilasciata; Elemento ogge#vo: “estrinsecare il contenuto del diri>o di azione, cioè dell’ogge>o per cui si richiede tutela al giudice”. L’elemento ogge2vo consta di due elemen;: a) Determinazione della cosa ogge-o della domanda (causa petendi): la causa petendi è la mo;vazione della richiesta (qual è la norma sostanziale che la parte ri;ene violata); questa a che fare con i fa2 concre; che cos;tuiscono la fonte del diri-o, cioè i fa2 cos;tu;vi. Cer; casi però a che fare con i fa2 lesivi (anche se non sempre necessario). La parte deve indicare la norma applicabile, in quanto si deve fornire la norma del diri-o sostanziale che è stata violata. Il conce-o di causa petendi è una sorta di “intreccio” fra il fa-o cos;tu;vo e la norma.  Es. il contra-o di vendita: s;pulo un contra-o di vendita con A, vendendole una collezione di giurisprudenza italiana. Il prezzo di vendita è di 5euro, solo per il trasporto del bene. Il venditore an;cipa i soldi del trasporto, ma A non li res;tuirà mai. A questo punto, il venditore fa causa ad A davan; al giudice di pace. Il fa-o cos;tu;vo è il contra-o, in quanto da esso nascono reciproche obbligazioni (art. 1476 c.c). Il venditore deve chiedere al giudice sia di condannare A di pagare il prezzo convenuto per tutelare il suo diri-o di credito, ma deve anche indicare (per integrare la causa petendi) qual è la norma di diri/o sostanziale che gius;#ca la sua pretesa (art.1498 c.c, obbligo del compratore di pagare integralmente il prezzo). b) Esposizione dei fa2 e degli elemen; di diri-o cos;tuen; le ragioni della domanda con le rela;ve conclusioni (pe6tum mediato e immediato); Esiste un pe7tum mediato e uno immediato: la richiesta al giudice si indirizza in due modi diversi, perché da un lato chiediamo al giudice un provvedimento speci-co (pe;tum immediato), dall’altro abbiamo il pe7tum mediato, cioè un comportamento fare/non fare, o-enere la riconsegna del bene, ecc. La par;colarità dell’a-o di citazione è la voca%o in ius: l’a-o presuppone la chiamata in giudizio di colui che è inadempiente. L’a-o normalmente deve contenere una speci#ca chiamata in giudizio del convenuto, indicando la data dell’udienza. Art.163-bis c.p.c: “Tra il giorno della no;#cazione della citazione e quello dell'udienza di comparizione debbono intercorrere termini liberi non minori di novanta giorni se il luogo della no;#cazione si trova in Italia e di centocinquanta giorni se si trova all'estero”.  quando l’a-ore predispone l’a-o di citazione deve “tenersi largo”, contando 90 giorni dal momento della no;#ca.  “termini liberi” (art.155 c.p.c): è il termine che viene calcolato senza tener conto del giorno inziale e #nale. Il primo comma, dice che 30/90 giorni devono essere pieni (se no;#co il 12 febbraio, il termine non scade il 90° giorno a par;re dal 13 febbraio, ma sarà il 91 giorno perché appunto i giorni devono essere pieni). Il mancato rispe-o del termine vizia l’a-o di citazione. Oltre ad indicare il termine, l’a-ore deve avver;re il convenuto che se non si cos;tuirà entro il termine, potrebbero veri#carsi le decadenze previste dall’art.38 e 167 c.p.c. Deve inoltre, alla #ne trarre le proprie conclusioni. Il ricorso va #rmato dal legale, non è necessaria una so-oscrizione dire-a della parte (in quanto questa so-oscrive dire-amente la procura). Se l’a-o di citazione non è fa-o bene, vuol dire che ci sono dei vizi che portano alla sua nullità. Nelle peggiori delle ipotesi, può essere riproposta la domanda e la legge prevede una possibilità di sanatoria e quindi di rimediare agli errori. Capitolo 8- Il provvedimento e i suoi e4e5 8.1-8.2 L’ordinanza, decreto e la sentenza L’a$o 'nale all’interno del processo è il provvedimento del giudice. Vi sono 2 6pi di provvedimen6 che si di:erenziano in base al rispe=vo regime giuridico: 1. Decreto/ordinanza: il giudice con il provvedimento non esaurisce il potere(dovere) giurisdizionale in ordine alla ques6one decisa. 2. Sentenza: il giudice con la pronunzia esaurisce il potere(dovere) giurisdizionale in ordine alla ques6one decisa. Spe$a alla legge determinare in quali casi usare l’uno o l’altro provvedimento ( art.279 cpc), dunque non può essere il giudice a scegliere se decidere una ques6one in modo “provvisorio” o “de'ni6vo”. Ne deriva che se il giudice usa il provvedimento sbagliato, questo ha gli e:e= di quello previsto dalla legge in base a quanto previsto del principio della prevalenza della forma prevista dalla legge sulla forma il concreto usata dal giudice. 8.3-8.4-8.6-8.7 sentenza di rito e di merito In relazione al contenuto delle sentenze, esse si dividono in sentenze di rito e sentenze di merito:  Di rito: è il provvedimento che a:erma o nega la possibilità di pronunciare nel merito, stabilisce quindi se ci sono i presuppos6 o meno per arrivare a una decisione di merito. Tale sentenza non produce e:e= sul terreno del diri$o sostanziale. Va de$o che se una sentenza nega la possibilità di decisone del merito cos6tuisce un fallimento del processo ma ciò non deve in1uenzare il giudice in quanto le condizioni per una pronuncia di merito sono requisi6 di a$endibilità del risultato del processo (devono essere tu= presen6). Se vi sono dei vizi processuali, nel caso siano eliminabili, è necessario operare una sanatoria; diversamente è bene che il processo si chiuda in rito perché l’eventuale sentenza di merito sarebbe is6tuzionalmente errata. Se un sogge$o è in grado, da solo senza la collaborazione di un terzo, di far acquisire al processo l’elemento carente, il vizio è sanabile. Nel caso di vizi sanabili: il giudice comunica a colui che ha proposto la domanda che per o$enere una decisone nel merito deve compiere l’a=vità necessaria e idonea a sanare il vizio del processo e 'ssa una successiva udienza (solo se l’a=vità sanante viene compiuta, diversamente lo chiude in rito). Se si tra$a si un vizio insanabile il giudice pronuncia immediatamente la sentenza di rito che chiude il processo.  Di merito: tale sentenza è il conta$o fra il processo e la realtà sostanziale (ricuce lo strappo prodo$o dall’illecito). Essa determina in modo vincolante per le par6 le rispe=ve regole di condo$a con riferimento a una situazione sostanziale prote$a (è sentenza di merito anche quella che nega la tutela a causa dell’infondatezza della domanda). Tale sentenza, in base al contenuto può essere: 1. Di(mero) accertamento: è quella che impar6sce la tutela dichiara6va, ovvero da delle regole di condo$a parametrate alla situazione sostanziale preesistente al processo. 2. Di condanna: il dovere che essa determina a carico di uno sei sogge= consiste in una prestazione che la parte deve a$ualmente fare per soddisfare il diri$o della controparte. Se il condannato non adempie apre al 6tolare del diri$o la strada della tutela esecu6va. 3. Di sentenze cos1tu1ve: il giudice dà delle regole di condo$a che ricava della sua stessa sentenza, in un momento logicamente antecedente alla determinazione di queste regole. La sentenza cos6tu6va determina quindi le regole di condo$a sulla base della situazione sostanziale che essa stessa in un momento logicamente antecedente ha prodo$o. 8.8 gli e#e$ L’ambito degli e:e= della sentenza di merito va a:rontato in 3 direzioni: limi6 ogge=vi (pregiudiziale) ovvero su cosa pronuncia la sentenza; limi6 ogge=vi ovvero per chi sono vincolan6 le regole di condo$a individuate nella sentenza; limi6 temporali cioè 'no a quando l’individuazione delle regole è vincolante. Capitolo 9 – Il Regime Giuridico della Sentenza Quando parliamo di “regime giuridico della sentenza” facciamo riferimento alla fase in cui si esamina la sentenza come a6o. Si può ipo:zzare uno “stato di natura” cioè un ordinamento, nel quale non sono previs' i mezzi di impugnazione. 1. L’invalidità In questo ordinamento, tu? i mo:vi di invalidità dell’a6o-sentenza portano all’ine8cacia della stessa, in quanto, allo stato di natura, l’a6o per qualsiasi mo:vo di$orme dal modello norma:vo, e quindi invalido, è necessariamente ine%cace. E, dato che non è previsto né uno speci)co strumento per far valere l’invalidità della sentenza, né un termine per u:lizzare un tale strumento, la invalidità può essere fa6a valere in qualunque sede, anche in via incidentale, )nché non abbiano operato i meccanismi sostanziali (prescrizione, usucapione, es;nzione, ecc.), vol: a stabilizzare la realtà di fa6o esistente. 2. L’ingius'zia In tale “stato di natura” è radicalmente irrilevante l’eventuale “ingius'zia” della sentenza, cioè il fa6o che le regole di condo6a, enunciate nella sentenza, non trovavano fondamento nella realtà sostanziale esistente, sia a fronte di errori di fa6o, sia a fronte di errori di diri6o commessi da quel giudice. Infa?, qualunque a6o di accertamento (e quindi anche la sentenza) non può essere messo in discussione, contestando la realtà sostanziale: altrimen:, la sentenza perderebbe la sua funzione, che è appunto quella di individuare regole di condo6a, che sono vincolan: a prescindere dalla loro corrispondenza a quanto esistente. Dunque:  Gli errores in procedendo sono sempre rilevan: e, producendo l’invalidità della sentenza, portano all’ine%cacia della stessa;  Gli errores in iudicando, producendo l’ingius:zia della sentenza, sono sempre irrilevan:; Questo stato di natura non è riscontrabile negli ordinamen' moderni : tu6avia, qualche traccia è ancora riscontrabile. Ad esempio, il lodo arbitrale è sempre e comunque impugnabile per gli errores in procedendo (quindi per l’invalidità dello stesso), mentre l’impugnazione per gli errores in iudicando (quindi per l’ingius:zia dello stesso) deve essere espressamente prevista dalle par:. 3. L’inesistenza Il regime giuridico della sentenza però è a6ualmente vigente in riferimento all’ipotesi di inesistenza della sentenza: questa ipotesi, prevista dall’art.161 c.p.c., secondo comma, per la sentenza non so oscri a dal giudice, è stata estesa dalla giurisprudenza e dalla do6rina anche ad altre fa?specie di vizi par:colarmente gravi. Quando la sentenza è inesistente, l’invalidità/ine%cacia della stessa è rilevabile senza limi: di tempo, ed in qualunque sede. 4. Gli ordinamen' moderni Ma al di là di questo caso, tu? gli ordinamen: moderni hanno operato un riavvicinamento fra gli estremi oppos: dalla totale irrilevanza degli errores in iudicando e dalla illimitata rilevanza dagli errroes in procedendo. Ingius'zia – Invalidità a) Per gli errori in procedendo (invalidità della sentenza) l’ordinamento ha previsto che essi, tranne nel caso in cui determino l’inesistenza della sentenza, debbono essere fa? valer a6raverso apposi: strumen:: cioè i mezzi di impugnazione, da a6uare in un termine perentorio previsto dalla legge. Con ciò il sistema ha fa6o applicazione dell’onere dell’impugnazione, cioè del principio in base al quale “per o6enere un determinato e$e6o è previsto uno speci)co strumento”. Es. il vizio della sentenza pronunciata da un giudice incompetente non può essere eccepito in qualunque sede e senza limi; di tempo, ma deve essere fa o valere a raverso l’impugnazione della stessa, da esperirsi con lo strumento previsto e nel termine previsto; in mancanza di che, il vizio di incompetenza diviene irrilevante. Il principio dell’onere dell’impugnazione è espresso dall’art.161, primo comma, c.p.c. Esso ha portata generale e vale anche al di fuori del se6ore dei mezzi di impugnazione delle sentenze: ad es, l’invalidità dell’a6o amministra:vo o tributario può essere fa6a valere solo a6raverso la tempes:va impugnazione dello stesso rispe?vamente dinnanzi al TAR o alla commissione tributaria. Dove l’onere dell’impugnazione non si applica, perché manca lo strumento per far valere quel vizio di processo, allora torna applicabile la disciplina “naturale”. b) Nella direzione degli errores in iudicando, l’ordinamento ha creato degli strumen: ( i mezzi di impugnazione) per far valere l’ingius:zia della sentenza. Es. con il ricorso per cassazione, da proporsi nei modi e nei termini stabili;, si può (e quindi si deve) far valere sia la nullità processuale, che terminala invalidità della sentenza, sia la violazione della norma sostanziale, che ne determina l’ingius;zia. La ragione di ciò è evidente. Da un lato, la so6razione del regime di invalidità della sentenza alla disciplina naturale della rilevabilità in ogni tempo e luogo degli errores in procedendo produce un alto grado di certezza circa l’applicazione delle regole di condo6a, enunciate nella sentenza. Dall’altro lato, l’estensione della u:lizzabilità dei mezzi di impugnazione anche gli errores in iudicando consente di o6enere una sentenza, il cui contenuto rispecchi in misura maggiore la realtà sostanziale esistente. La decisione emessa in sede di impugnazione è presumibilmente più giusta, in quanto in quella sede si lavora su un materiale già tra6ato: il giudice dell’impugnazione ha a disposizione la decisione già emessa ed i mo:vi di censura della stessa, avanza: dalle par: con l’impugnazione della sentenza. Quindi: qualunque a6o di accertamento non è contestabile in ragione della sua “ingius:zia”, cioè della sua non conformità alla situazione accertata. Nel caso dell’a6o di accertamento che risolve una controversia giudiziaria (transazione, lodo, sentenza), il vincolo riguarda le regole di condo6a delle par: con rifrimento ad una situazione sostanziale prote6a. Dal punto di vista funzionale, quindi, l’a o di accertamento deve essere vincolante, mentre non necessariamente deve essere giusto. 5. I mezzi di impugnazione Nel processo civile, i mezzi di impugnazione sono: l’appello, il ricorso per cassazione, il regolamento di competenza, la revocazione e l’opposizione di terzo. Essi hanno natura 'pica, nel senso che non è dato alle par: “inventare” mezzi di impugnazione ulteriori, rispe6o a quelli elenca:.  L’APPELLO: cos:tuisce lo strumento a6raverso il quale si può far valere ogni :po di censura nei confron: della sentenza di primo grado: mo:vi di rito e di merito, di fa6o e di diri6o. Il giudice di appello ha gli stessi iden:ci poteri del giudice di primo grado quando la sua pronuncia ha sempre e$e6o sos:tu:vo di quella appellata, anche quando, rige6ando l’appello, la conferma. o Giudice di appello avverso le sentenze del giudice di pace è il tribunale; o Giudice di appello avverso le sentenze del tribunale è la corte di appello.  IL REGOLAMENTO DI COMPETENZA: è des:nato ad impugnare le sentenze che decidono sulla competenza: esso è proposto dalla Corte di cassazione, perché la Corte di cassazione è giudice di ver:ce. Il regolamento di competenza serve a me6ere la parola “)ne” alla ques:one di competenza, poiché la Corte di cassazione individua in modo incontrover:bile il giudice competente.  IL RICORSO PER CASSAZIONE: (proponibile nei confron: delle sentenze pronunciate in primo grado di appello o in unico grado), cos:tuisce lo strumento, a6raverso il quale si fanno valere, rela:vamente al merito, esclusivamente censure di diri6o. Ciò perché la Corte di cassazione svolge essenzialmente funzioni di nomo)lachia, e perciò si interessa solo di quel :po di ques:oni (ques;oni di diri o) che possono presentarsi anche in altre controversie (mentre le ques:oni di fa6o sono :piche del caso singolo). Es. se il giudice ha a-ermato che l’accordo rela;vo ad un certo contra o è stato o meno raggiunto, si può far di nuovo intervenire sul punto il giudice di appello; ma la ques;one non è proponibile in Cassazione, poiché è una ques;one di fa o e non una ques;one di diri o. Se, viceversa, si tra a di stabilire quale norma del c.c. si applica a quell’accordo, allora la ques;one può essere proposta sia al giudice di appello sia alla Cassazione. La Cassazione esamina le censure proposte dalle par: e, se rige6a il ricorso, la sentenza impugnata non viene toccata; se viceversa il ricorso è accolto, la sentenza impugnata è annullata. o Se non sono necessari ulteriori accertamen: di fa6o, la Cassazione sos:tuisce, con la propria, la sentenza annullata; o Se sono necessari ulteriori accertamen: di fa6o, la Cassazione dopo aver annullato la sentenza, rinvia la causa ad un giudice di pari grado di quello che ha emesso la sentenza impugnata, il quale eme6erà una pronuncia sos:tu:va di quella cassata. Con riferimento alle ques:oni di rito, la Cassazione è giudice anche del fa6o processuale, nel senso che esamina dire6amente gli a? di causa per veri)care se la sentenza impugnata è o meno invalida.  LA REVOCAZIONE: è u:lizzabile per far fronte a speci)ci e determinan: vizi della sentenza. I mo:vi di revocazione sono tu? a?nen: al merito della decisione e sono sei: 1) Il dolo di una parte ai danni dell’altra; 2) Il fa6o che la decisione si sia fondata su prove false; 3) La scoperta, dopo il processo, di un documento decisivo che la parte non ha potuto produrre in giudizio; 4) L’errore di fa6o; 5) La contrarietà ad un precedente giudicato; 6) Il dolo del giudice. La revocazione si propone all’u%cio giudiziario che ha pronunciato la sentenza e non al giudice “superiore” (come accade per la Cassazione). Il giudice, la cui revocazione è proposta, veri)ca se e$e?vamente sussiste il vizio denunciato. o Qualora lo riscontri esistente, annulla la sentenza e provvede ad eme6erne una nuova, immune da quel vizio, svolgendo, se del caso, l’a?vità istru6oria necessaria; o Qualora la rievocazione sia ritenuta infondata, essa è rige6ata, e la sentenza impugnata resta ferma.  L’OPPOSIZIONE DI TERZO: è il mezzo di impugnazione a disposizione di chi non è stato parte del processo, che ha portato alla sentenza impugnata. Essa si ar:cola su due diverse ipotesi: - L’opposizione di terzo ordinaria è u:lizzabile dal terzo, che è pregiudicato dalla sentenza altrui, ma non è vincolato ad essa. - L’opposizione di terzo revocatoria è u:lizzabile dal terzo, che è pregiudicato dalla sentenza altrui, ed è vincolato ad essa. Proprio per questo, il terzo deve dimostrare che la sentenza è fru6o del dolo o della collusione delle par: ai suoi danni, cioè per esempio che le par: hanno messo in piedi un processo simulato, per arrivare ad una sentenza che pregiudica il terzo. All’interno dei mezzi di impugnazione, una dis:nzione fondamentale deve essere fa6a fra: Le ipotesi in cui l’impugnazione è proponibile )n dal momento in cui la sentenza è pronunciata (vizi palesi). L’appello, il ricorso per cassazione, il regolamento di competenza e la revocazione riguardano vizi palesi: onde il termine per proporli decorre dalla propria denuncia della sentenza. le ipotesi, in cui l’impugnazione è proponibile solo quando l’interessato viene a conoscenza del presupposto, che consente l’impugnazione (vizi occul'). La revocazione per i restan: mo:vi e l’opposizione di terzo revocatoria riguardano vizi occul:: onde il termine per proporli non può decorrere da un momento antecedente a quello, in cui si è venu: la conoscenza del vizio. 6. I mezzi ordinari e i mezzi straordinari I mezzi di impugnazione, che debbono essere propos: in un termine di decadenza decorrente da un dies a quo certo (emanazione della sentenza) si chiamano ordinari, e l’impossibilità di u:lizzarli produce il passaggio in giudicato formale della sentenza. Il giudicato sostanziale riguarda gli e$e? di una sentenza di merito passata in giudicato formale. Il giudicato formale riguarda tu6e le sentenze, qualunque sia il loro contenuto. I mezzi di impugnazione, che possono essere propos: in un termine di decadenza decorrente da un dies a quo futuro e incerto (la conoscenza del presupposto che fonda l’impugnazione) si chiamano straordinari, potendo essere esperi: anche contro una sentenza già passata in giudicato formale. • Art.103, secondo comma: tale tutela, non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti. La posizione istituzionale della P.A., quale soggetto pubblico munito di poteri autoritativi, non la rende immune dal sindaco giurisdizionale: se la P.A. non rispetta la legge, e con i suoi illeciti lede una situazione sostanziale protetta, quest’ultima deve essere tutelabile in sede giurisdizionale. Sarebbe inutile prevedere che la legge deve regolare l’attribuzione e l’esercizio del potere pubblico, se non vi fosse chi fa rispettare le prescrizioni normative; ma sarebbe ugualmente inutile che vi fosse un giudice, se il pubblico potere non avesse un limite normativo da rispettare: non vi potrebbe mai essere alcun illecito, se l’attività della P.A. non dovesse essere conforme a regole prestabilite. • Art.103, terzo comma: contiene una regola fondamentale per quanto riguarda i poteri della giurisdizione ordinaria nei confronti della P.A., poiché consente al legislatore di attribuire anche al giudice ordinario il potere di annullare gli atti della pubblica amministrazione. 3. Il TAR e il Consiglio di Stato: com’è organizzata la giurisdizione amministrativa In primo grado, la competenza spetta ai TAR (tribunali amministrativi regionali): ne esiste almeno uno in ogni regione; in alcune regioni vi sono anche sezioni distaccate. Nel sistema della giustizia amministrativa non vi è una pluralità di organi competenti in primo grado (come nella giurisdizione civile: giudice di pace e tribunale), pertanto le regole di competenza sono soltanto orizzontali (competenza per territorio) e non anche verticali (competenza per materia). La competenza si determina con riferimento all’ente o all’organo, il cui atto è impugnato: è competente il TAR del luogo dove si trova l’ente e degli altri enti pubblici ultraregionali, che ha emesso l’atto. Giudice di appello è il Consiglio di Stato, che è unico in tutto il sistema, ed è anche giudice di vertice di tutta la giustizia amministrativa, poiché (come prevede l’art.111, ultimo comma) le sentenze del Consiglio di Stato sono impugnabili in Cassazione solo per motivi attinenti alla giurisdizione. Pertanto, nelle materie attribuite alla giurisdizione amministrativa, il Consiglio di Stato esercita quella stessa funzione nomofilattica, che la Cassazione esercita per la giurisdizione ordinaria. 4. La legge del 1865 Per capire il fondamento ed i contenuti della giurisdizione generale di legittimità (quella che tutela gli interessi legittimi) del giudice amministrativo è necessario far riferimento alla storia. Bisogna tornare all’unità d’Italia: nel 1865 si provvide all’unificazione normativa del neonato Regno d’Italia e, oltre all’entrata in vigore dei nuovi codici (civile, di commercio e di procedura civile): - fu riformato il sistema della tutela giurisdizionale nei confronti della P.A; - fu affidata alla giurisdizione ordinaria la tutela dei diritti soggettivi lesi dall’attività autoritativa della P.A; L’art.2 dispone : “sono devolute alla giurisdizione ordinaria … tutte le materie nelle quali si faccia questione di un diritto civile o politico, comunque vi possa essere interessata la pubblica amministrazione, e ancorché siano esaminati provvedimenti del potere esecutivo o dell’autorità amministrativa”. Al giudice ordinario, si va quindi per chiedere la tutela di un “diritto civile o politico, cioè quello che oggi chiamiamo diritto soggettivo. L’art.3 dispone: “ gli affari non compresi nell’articolo precedente, saranno attribuiti alle autorità amministrative, le quali, ammesse le deduzioni e le osservazioni in iscritto delle parti interessate, provvederanno con decreti immotivati..”. Quindi, laddove non vi fosse un diritto soggettivo da tutelare, doveva essere la PA a trovare in sé stessa i rimedi al proprio agire. Si sarebbe avuta così un’ipotesi di tutela in via amministrativa. Nel periodo successivo al 1865 si verificarono due fenomeni che hanno segnato profondamente il nostro sistema di giustizia amministrativa. a) Da un lato, prevalse l’opinione in base alla quale il diritto soggettivo non può resistere all’esercizio, ancorché illegittimo, del potere amministrativo. Si sarebbe potuto sostenere che l’atto della PA, proprio perché contrastante con la legge, lede il diritto soggettivo, ed è il titolare dello stesso può far valere tale lesione dinnanzi al giudice ordinario. Ma questa impostazione non ha prevalso. Se si parte dall’impostazione che ha prevalso, è chiaro che un diritto soggettivo può esistere a fronte dell’esercizio di poteri autoritativi della PA, e quindi la sua lesione può radicare la giurisdizione del giudice ordinario, solo se tale diritto è preesistente all’esercizio del potere amministrativo, e alternativamente vi è: - Carenza del potere esercitato; - Il potere autoritativo della PA è strettamente vincolato a presupposti di fatto compiutamente descritti dalla legge, sicché la PA non ha alcun potere discrezionale o anche solo valutativo. b) Dall’altro lato, la PA si dimostrò incapace di assumere quella sufficiente posizione di terzietà, quel sufficiente distacco da sé stessa necessari per potersi dare torto, accogliendo il ricorso. 5. La riforma del 1889 Nel 1889 si cercò di porre rimedio a questa situazione, ed il rimedio fu trovato nell’attuare la tutela amministrativa degli interessi di cui all’art.3 (che non sono meri interessi di fatto, ma sono considerati dalla legge, da qui l’espressione interessi legittimi) ad una particolare struttura della PA: al Consiglio di Stato, organo amministrativo con funzione esecutiva del Governo. Fu quindi creata una IV sezione del Consiglio di Stato e fu previsto che, percorsi tutti i rimedi amministrativi previsti dall’art.3, ci si poteva rivolgere al Consiglio di Stato quale ulteriore, ed ultima, istanza amministrativa la quale avrebbe dato maggiori garanzie di terzietà e distacco dall’ <<affare>>. La natura non giurisdizionale del Consiglio di Stato, e dell’attività da esso svolta attraverso le sez.IV, V e VI, è resa palese anche dalla denominazione formale degli atti, che per lunghissimo tempo non si sono chiamati “sentenze”, sibbene “decisioni”. Poco per volta, però, il Consiglio di Stato ha acquisito la consapevolezza di esercitare una funzione oggettivamente giurisdizionale, a tutela degli interessi legittimi: e questa sua funzione è stata canonizzata dalla Costituzione. 6. L’interesse legittimo L’interesse legittimo è quella situazione sostanziale, di cui è titolare la controparte della PA, quando questa esercita un potere: - Autoritativo: che, se agisce con gli strumenti del diritto privato, la giurisdizione è senz’altro quella ordinaria; - Esistente: che, se vi è radicale carenza di potere, in realtà l’atto amministrativo non è annullabile/efficace, sibbene nullo/inefficace; - A contenuto discrezionale o quanto meno valutativo: che, se l’azione della PA è rigidamente vincolata ai presupposti di fatto descritti dal legislatore, la controparte è titolare di un diritto soggettivo; Secondo l’opinione maggioritaria, questa situazione sostanziale ha la sua causa petendi nell’agire illegittimo della PA, che non rispetta le regole di comportamento contenute nelle norme che disciplinano l’esercizio del potere autoritativo. Colui che è leso da tale agire, ha il diritto di ottenere l’annullamento dell’atto da parte del giudice amministrativo: il petitum tipico della giurisdizione generale di legittimità è quindi la richiesta di annullamento dell’atto amministrativo illegittimo. La giurisdizione generale di legittimità si caratterizza quindi per questi due elementi: causa petendi=illegittimità; petitum=annullamento. 7. Gli interessi oppositivi e pretensivi Gli interessi oppositivi si hanno a fronte di provvedimenti amministrativi che restringono la sfera giuridica dell’interessato e che quindi si denominano “provvedimenti ablatori” (es. espropriaizone, imposizione di un vincolo su un bene, ecc.). Gli interessi pretensivi si hanno a fronte di provvedimenti amministrativi che ampliano la sfera giuridica dell’interessato e che quindi si denominano “provvedimenti autorizzativi” (es. permesso di guida) e “concessori” (es. concessione di terreno demaniale). Mentre nel caso degli interessi legittimi oppositivi l’annullamento dell’atto amministrativo illegittimo è autosatisfattivo dell’interesse sostanziale, nel caso di interessi legittimi pretensivi l’annullamento non soddisfa l’interesse sostanziale sottostante. La lesione dell’interesse sostanziale sottostante agli interessi legittimi pretensivi non è eliminata con il solo annullamento dell’atto; occorre che la PA prosegua nella sua azione amministrativa, ed emetta il provvedimento richiesto. E’ soprattutto qui che si innesta il problema della tutela esecutiva nei confronti della PA. 8. L’oggetto del processo L’oggetto del processo amministrativo di legittimità è dato dalla illegittimità dell’atto (causa petendi) e dalla richiesta di annullamento (petitum). Es: Tizio ha, da tempo, una concessione per la derivazione di acqua. Un giorno, la PA competente emette un provvedimento di revoca della concessione. Tizio impugna l’atto di revoca dinnanzi al giudice amministrativo, che lo annulla. Il giorno dopo, la PA emette un nuovo provvedimento di revoca identico al precedente, che Tizio impugnava. Se veramente oggetto del processo amministrativo è l’annullamento dell’atto Il secondo atto di revoca determina un diverso oggetto del processo, e pertanto nel secondo processo si dovrà discutere e decidere ex novo nel merito della illegittimità del secondo atto. Annullato il secondo, la pubblica amministrazione potrebbe mettere un terzo, identico atto di revoca, che Tizio dovrebbe impugnare. 9. Gli effetti della sentenza La sentenza del giudice amministrativo quindi come la sentenza del giudice civile laddove la pubblica amministrazione leda un diritto soggettivo, oltre ad annullare l'atto amministrativo impugnato determina anche le future regole di comportamento che la pubblica amministrazione dovrà seguire nell'esercitare il potere pubblico, Di cui è affidataria. L'illegittimità dell'atto amministrativo lede interesse sostanziale sottostante, E far sorgere l'interesse legittimo; impugnazione dell’atto per ottenere l'annullamento dello stesso, costituisce l'occasione che ti dà luogo al processo giurisdizionale, al termine del quale si determineranno anche le regole di condotta che disciplinano l'esercizio del potere pubblico. Sono le regole generali del giudicato a dirci in che limiti la pubblica amministrazione può reiterare l'atto annullato: tutto dipende dal tipo di vizio, che ne ha determinato l'annullamento. Si tratta di un vizio emendabile, se cioè la pubblica amministrazione è in grado di emettere un nuovo a atto che non presenti in vizio che ha determinato l'annullamento del presidente, allora la ripetizione dell'atto è possibile e legittima. 11. La giurisdizione di merito Una sottospecie della giurisdizione generale di legittimità costituita dalla giurisdizione di merito, che è disciplinata dall’art.134 del c.p.a. Tale norma prevede che il giudice amministrativo esercita la giurisdizione di merito in cinque categorie di controversie. Differenza tra giurisdizione di merito e giurisdizione generale di legittimità. Nella giurisdizione di legittimità, l’atto amministrativo può essere sindacato dal punto di vista della legittimità, in quanto cioè il comportamento della pubblica amministrazione sia contrastante con una norma. Il giudice non può invece sindacare l'opportunità dell'atto, La cui valutazione resta integralmente esclusivamente affidata alla pubblica amministrazione. In questa fede l'alternativa legittimità -merito ha un significato ben diverso da quello che ha sede di giudizio di Cassazione. In questa sede le censure possono riguardare solo la conformità dell'operato della pubblica amministrazione alle norme che tale operato disciplinano, e non anche la opportunità/ inopportunità delle scelte effettuate dall'amministrazione. Esempio: l’atto di espropriazione per pubblica utilità di un terreno, Al fine di costruire una strada, può essere impugnato se si allega che la pubblica amministrazione non ha rispettato le norme che disciplinano l'espropriazione per pubblica utilità, e non anche allegando che la costruzione della strada è inopportuna. L'ambito dei poteri del giudice amministrativo determina anche degli effetti della sentenza, poiché questa annulla la impugnato, ma non può sostituirlo, avendo il giudice poteri inferiori a quelli della pubblica amministrazione. Dopo l'annullamento, si riapre il procedimento amministrativo, e la pubblica amministrazione potrà o dovrà emettere un nuovo atto. Laddove invece il giudice abbia giurisdizione anche nel merito, egli controlla la amministrativo non solo sotto il profilo della sua legittimità ma anche sotto ogni altro profilo, anche di discrezionalità: qui il giudice ha poteri uguali a quelli dell'amministrazione, Il cui atto impugnato. La sua sentenza sostituisce l’atto amministrativo a tutti gli effetti. Questa particolarità della sentenza, è prevista dall'articolo 7 laddove si afferma che" nell'esercizio di tale giurisdizione il giudice amministrativo può sostituirsi all’amministrazione”. Capitolo 11 – La giurisdizione contabile Art 103 Cost. “La corte dei conti ha giurisdizione cnelle materie della contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge” 11.1 L’origine La Corte dei conti nasce come organo di controllo a garanzia della corretta gestione della finanza pubblica. Nella sua qualità di organo di controllo, svolge una funzione non propriamente amministrativa, sibbene neutrale. Nel nostro ordinamento, la Corte dei conti ha acquisito in seguito anche funzioni giurisdizionali, ed in tale veste è prevista appunto dall’art.103 comma 2 Cost. 11.2 L’organizzazione La Corte dei conti ha uffici di primo grado in ogni regione. Le decisioni emesse in primo grado sono appellabili alle sezioni giurisdizionali centrali, che hanno sede a Roma. Analogamente a quanto accade per il Consiglio di Stato, infatti, le sentenze della Corte dei conti sono impugnabili in Cassazione solo per motivi attinenti alla giurisdizione 11.3 Il giudizio di conto Colui che si trova a gestire denaro e altri beni della PA deve rendere conto della sua attività: cioè deve indicare le partite attive e passive e giustificare le stesse. Il conto può chiudersi con un avanzo oppure con una perdita 11.4 Il giudizio di responsabilità Attualmente l’attribuzione giurisdizionale più importante della Corte dei conti è peraltro costituita dal giudizio di responsabilità per danni cagionati alla pubblica amministrazione dai suoi dipendenti. Es. Tizio, ricoverato in ospedale, a causa di un errore del dipendente sanitario Sempronio subisce una lesione; egli quindi chiede ed ottiene il risarcimento del danno nei confronti della ASL. L’ente pubblico ha subito un danno a causa del comportamento illecito del suo dipendente: nei confronti di Sempronio può essere promosso il giudizio di responsabilità innanzi alla Corte dei conti da parte del pubblico ministeri istituito presso la stessa Corte. La responsabilità contabile ha carattere più sanzionatorio che risarcitorio. Inoltre, se il fatto dannoso è causato da più persone non dà luogo a responsabilità solidale. Essa si estende invece agli eredi solo nel caso in cui l’illecito abbia dato luogo ad un arricchimento ingiustificato del dante causa 11.5 Le controversie sulle pensioni La terza attribuzione giurisdizionale della Corte dei conti riguarda le controversie in materia di pensioni dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni e pensioni di guerra. Questa competenza non è coperta dall’art 103 Cost e rientra perciò nelle “altre materie specificate dalla legge”. La materia delle pensioni dei dipendenti pubblici viene attribuita alla Corte in ragione delle diversità di disciplina con le pensioni dei dipendenti privati. Capitolo 13 – La risoluzione negoziale delle controversie 13.1 La controversia Abbiamo visto che attraverso la tutela giurisdizionale dichiarativa, si perviene al risultato di determinare, in modo per loro vincolante, le regole di condotta di due o più soggetti con riferimento ad una situazione sostanziale protetta. Tale risultato ha come conseguenza quella di risolvere la controversia. Con il termine “ controversia” si indica una diversità di opinioni intorno ad un quid. Di per sé questo termine non ha connotazione negativa, anzi dobbiamo considerare che il progresso umano è dipeso e dipende essenzialmente da controversie. La stessa considerazione vale anche quando si tratta di una controversia giuridica. Anche la scienza giuridica si evolve in virtù appunto, di controversie. Tuttavia, il termine assume una connotazione negativa laddove proprio coloro, il cui comportamento, dovrebbe essere regolato dalla regola in questiona, hanno opinioni diverse circa la portata della norma stessa, e quindi circa i loro rispettivi obblighi e diritti. Questo significa che, la normativa sostanziale fallisce la sua specifica funzione che è quella di disciplinare la convivenza fra consociati. Vi è solo un modo per risolvere una controversia che sorge fra i diretti interessati: individuare le regole di condotta mediante un atto vincolante. In questo modo, ciascuno resta libero di sostenere il contrario di quanto stabilito: la sua libertà non è ovviamente coartata, ma la sua contestazione risulta, a questo punto, giuridicamente irrilevante. Se l’atto, viceversa, non è vincolante, non si ha la risoluzione della controversia, ma qualcosa di diverso ( un parere, un consiglio etc.) 13.2 La risoluzione giudiziale e stragiudiziale La risoluzione giudiziale delle controversie è solo una species del genus “risoluzione delle controversie”. Accanto ad esse vi sono anche i c.d. strumenti alternativi di risoluzione delle controversie. Dobbiamo dire che i rapporti fra la giurisdizione e gli altri mezzi debbono essere tuttavia impostati sulla base del principio di sussidiarietà: ove questi altri strumenti siano idonei a raggiungere lo scopo, ad essi deve essere data la precedenza cronologica, lasciando la giurisdizione come ultima chance, per l’ipotesi in cui le altre non abbiano funzionato. Vedremo infatti, che non sempre gli strumenti alternativi sono in grado di portare alla risoluzione della controversia. Dunque, alla giurisdizione deve essere riconosciuta una posizione di centralità nella tutela dei diritti, ma non una posizione di priorità. • E’ centrale, perché è l’unico strumento che funziona sempre • Non è prioritaria o Né in senso logico, nel senso cioè che attraverso di esse si possa ottenere più di quanto diano gli strumenti alternativi o Né in senso cronologico, nel senso che gli altri strumenti costituiscano dei ripieghi e che, dunque nel momento in cui si rende necessario risolvere la controversia, si debba immediatamente far ricorso alla tutela giurisdizionale, senza prima verificare la possibilità di altre opzioni. 13.3 La risoluzione autonoma ed eteronoma Passiamo ora a vedere le caratteristiche degli strumenti alternativi. Una prima fondamentale distinzione è quella tra autonomi ed eteronomi. • Strumenti autonomià sono quelli, nei quali l’atto, finalizzato a determinare in modo vincolante le regole di condotta, è opera degli stessi destinatari dei suoi effetti. • Strumenti eteronomià quelli, nei quali l’atto in questione è opera di un terzo. Sono costituiti essenzialmente da o Giurisdizione o Arbitrato Ora dobbiamo soffermarci sui primi, gli strumenti autonomi. A tal proposito, per individuare correttamente il fondamento di questi strumenti dobbiamo far riferimento all’autonomia negoziale. Ai sensi dell’art 1321 cc le parti possono con una loro manifestazione di volontà negoziale, “costituire regolare o estinguere un rapporto giuridico patrimoniale”. Fra gli scopi, ben può esservi anche quello di risolvere la controversia fra loro insorta. Il risultato è un atto che ha fra le parti “forza di legge”. Ciò conferma dunque che i risultati conseguibili con gli strumenti alternativi non sono inferiori a quelli conseguibili in via giurisdizionale. A riguardo, il codice civile prevede un contratto tipico, che ha come causa la risoluzione della controversia: si tratta della transazione, disciplinata dagli art 1965 ss, c.c.. Questo però non esclude la possibilità che vi siano anche contratti atipici, anche se dalla disciplina della transazione riusciamo ad individuare i profili generali del contratto risolutivo delle controversie. 13.4 La natura disponibile del diritto Il primo elemento da sottolineare è costituito da ciò, che la risoluzione della controversia in via negoziale presuppone che essa riguardi diritti disponibili (Art 1966 comma 2, c.c.). Sul concetto di “disponibilità del diritto” vi sono svariate opinioni: ma in materia di strumenti alternativi di risoluzione delle controversie, diritto disponibile significa diritto, rispetto al quale l’ordinamento riconosce effetti alla volontà negoziale delle parti. Sicché la risoluzione negoziale non è possibile laddove, le parti non possono autoprodurre regole di auto condotta. Se le parti non possono, attraverso l’esercizio del loro potere negoziale, darsi regole di condotta in generale, è chiaro che esse non possono darsi regole di condotta neppure con lo specifico fine di risolvere una controversia. Es. l’art 1031 consente alle parti di costituire o estinguere una servitù mediante atto consensuale di volontà. Conseguentemente possono anche risolvere una controversia relativa all’esistenza o meno della servitù mediante un proprio atto negoziale. Al contrario, i coniugi non possono sciogliere il matrimonio consensualmente. Quindi non possono nemmeno conseguentemente risolvere una controversia relativa alla validità o meno del matrimonio. Laddove, dunque la controversia abbia ad oggetto un diritto indisponibile, l’unica strada possibile per risolvere il contrasto è la giurisdizione: come vedremo infatti, l’arbitrato non è utilizzabile. 13.5 I rapporti con la realtà sostanziale Una seconda considerazione riguarda i rapporti fra l’assetto pattuito dalle parti e la realtà sostanziale preesistente. Abbiamo visto che il legislatore si preoccupa in modo particolare che il contenuto della sentenza sia “giusto”, che rispecchi cioè la realtà sostanziale pre-esitente, garantendo il rispetto del principio del contraddittorio e addirittura istituendo a tal fine appositi strumenti. Gli strumenti negoziali di risoluzione della controversia prescindono invece, dalla giustizia dell’atto negoziale, poiché qui le parti prima determinano il contenuto dell’atto secondo valutazioni di opportunità e convenienza e poi lo approvano rendendo l’atto per se stesse vincolante. Tuttavia, i mezzi di impugnazione straordinari consentono in via eccezionale di far valere i profili di ingiustizia della sentenza stessa, così la disciplina della transazione prevede ipotesi specifiche di annullabilità della stessa in ragione della sua ingiustizia. Si tratta in particolare delle fattispecie previste dagli artt. 1973,1974,1975 c.c. 13.6/7/8 Vantaggi e svantaggi della risoluzione autonoma Una volta esaminate le caratteristiche fondamentali dei mezzi autonomi di risoluzione delle controversie, dobbiamo ora chiederci quali sia gli svantaggi ed i vantaggi degli stessi se confrontati ai mezzi eteronomi: in particolar modo se confrontati alla giurisdizione. • Svantaggioà il principale svantaggio è ovvio: la risoluzione delle controversia richiede che le parti raggiungano un accordo sul contenuto dell’atto che tale controversia risolve. Pertanto. Ove tale accorso non venga concluso, lo strumento non può raggiungere il suo scopo. La giurisdizione invece è sempre in grado di farlo. • Vantaggià per quanto riguarda i vantaggi invece, si evidenziano due direzioni una costante e l’altra eventuale. o L’atipicità del contenutoà il vantaggio sempre presente è già in parte prefigurato nel secondo comma dell’art 1965c.c. con la transazione, “ si possono creare, modificare, o estinguere anche rapporti diversi da quello che costituisce l’oggetto delle controversia”. Questo consente alla soluzione negoziale della controversia di assumere contenuto atipico Es. fra Tizio, concedente e Caio, coltivatore del fondo concesso in affitto, sorge controversia relativamente alla durata del rapporto. Tizio ritiene che esso sia cessato il 30 giugno 2018 mentre secondo Caio, esso si è rinnovato tacitamente fino al 30 giugno 2028. Se la controversia p posta alla decisione del giudice gli esiti possono essere solo due: o ha ragione Tizio, e Caio deve rilasciare il fondo immediatamente; oppure ha ragione Caio e Tizio potrà ottenere la disponibiltà del fondo solo al 1 Luglio 2028. Se invece, le parti giungono ad una soluzione negoziale essa potrà articolarsi in svariati modi: rilascio del bene al 30 giugno 2023; rilascio immediato dietro pagamento di una somma in denaro; rilascio dei terreni e prosecuzione relativamente alla casa di abitazione; rilascio e nascita di un comodato.
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