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Procedura Civile Luiso I (completo), Luiso II (parziale), Dispense di Diritto Processuale Civile

Riassunto dettagliato del Manuale Luiso I (completo) e Luiso II (limitatamente agli argomenti: istruzione probatoria, L'interrogatorio libero e la consulenza tecnica, La prova documentale, L'atto pubblico, La scrittura privata, Le altre prove documentali, Prova testimoniale, la Confessione, il Giuramento, L'ispezione, L'esperimento giudiziale, Il rendiconto)

Tipologia: Dispense

2019/2020
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Caricato il 07/09/2020

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Scarica Procedura Civile Luiso I (completo), Luiso II (parziale) e più Dispense in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! Riassunti procedura civile 1 I. Il diritto sostanziale e l’attività giurisdizionale Oggetto del diritto processuale Il diritto processuale civile ricopre (latu sensu) l’area della tutela dei diritti, e quindi si caratterizza per essere una normativa secondaria che interviene laddove la normativa primaria ha fallito il proprio scopo. Alcune precisazioni: o La tutela dei diritti può avere luogo a) In via giurisdizionale (attraverso attività autoritativa dello Stato affidata alla Magistratura [titolo IV Cost.]). b) In via non giurisdizionale (attraverso arbitrato [tutela dichiarativa] o pubblica amministrazione [tutela esecutiva]) o Alla giurisdizione civile possono essere attribuiti compiti ulteriori rispetto alla tutela dei diritti (es. giurisdizione volontaria  al giudice viene attribuita la ‘cura di interessi’ [attività amministrativa in genere]). Il campo del diritto processuale civile può essere così rappresentato: Altro ambito Negli ultimi anni si è sviluppato un ulteriore settore del diritto processuale civile: quello degli strumenti non giurisdizionali di risoluzione delle controversie, ulteriori rispetto all’arbitrato (strumenti ora negoziali ora autoritativi). Struttura del diritto processuale Premessa: in qualunque ordinamento esiste una normativa che disciplina i comportamenti dei consociati. Sulla base di tale disciplina certi comportamenti sono qualificati come doverosi ( o l’astensione dagli stessi è qualificata come doverosa) altri come possibili e rimessi alla scelta del soggetto (o l’astensione dagli stessi è qualificato come possibile e rimessa all’interessato [facoltà] ILLECITO: Può accadere che di fronte ad una norma che in astratto prevede che si debbano o non si debbano tenere certi comportamenti, l’attività di un consociato si trovi ad essere difforme dall’astratta previsione normativa  si ha ILLECITO SITUAZIONI SOSTANZIALI PROTETTE: l’ordinamento, come detto, riconosce talora a determinati interessi della vita il rango si situazioni sostanziali protette, e garantisce al titolare di questi interessi la soddisfazione, la realizzazione del bene della vita protetto. TUTELA DEI DIRITTI Attività giurisdizionale finalizzata alla tutela dei diritti GIURISDIZIONE Tutela dei diritti perseguita per via non giurisdizionale Attività giurisdizionale non finalizzata alla tutela dei diritti. ≠ nel Settore penale  di fronte al reo non abbiamo il titolare di un interesse protetto: l’interesse protetto è unicamente quello generale (invece di fronte al debitore che non paga, abbiamo la figura del creditore, qual soggetto che ha un interesse garantito dall’ordinamento ad ottenere la prestazione che il debitore deve fornirgli). Questo INTERESSE è chiamato, a seconda dei settori in cui ci troviamo: diritto soggettivo o interesse legittimo. La relazione alla base del diritto processuale civile è quindi trilaterale: ordinamento – titolare del dovere – titolare del bene della vita elevato dall’ordinamento al rango di situazione sostanziale protetta. Differenza ulteriore ambito penale Settore penale  meccanismo lineare: illecito, processo, sanzione penale Settore civile  quando l’illecito è correlato a situazioni sostanziali protette talvolta l’ordinamento prevede che, al compimento dell’illecito, seguano determinate conseguenze sempre sul piano del diritto sostanziale: alla violazione di un dovere di comportamento subentra un diverso e ulteriore dovere di comportamento. Esempio Un dovere primario correlato al diritto di proprietà consiste nel non sottrarre il bene al suo proprietario; se il bene viene sottratto, dall’illecito, nasce il dovere di restituzione del bene, dei frutti e a certe condizioni anche quello del risarcimento del danno. N.B. Se anche dopo l’intervento del ‘dovere ulteriore’ anche questo risulta non adempiuto, a questo punto si innesta l’attività giurisdizionale, che ha la sua precipua funzione di intervenire laddove la normativa sostanziale è entrata in crisi. Diritto sostanziale e processo Quando le previsioni della normativa sostanziale non sono state rispettate deve intervenire quindi la tutela giurisdizionale la quale, in contrapposizione alla qualificazione di primaria (propria dell’attività sostanziale), è definita secondaria perché non opera mai in prima, ma solo in seconda battuta, con l’obbiettivo di rammendare le smagliature che si sono create nella realtà sostanziale a causa dell’illecito. II. I presupposti dell’attività giurisdizionale PRESUPPOSTO COSTANTE DELLA TUTELA GIURISDIZIONALE (penale, civile, tributaria, amministrativa): affermazione o esistenza di un illecito. PRESUPPOSTO TIPIO DELLA GIURISDIZIONE CIVILE: la violazione di un dovere (illecito) produce anche la lesione, l’insoddisfazione di una situazione sostanziale protetta. Esempio Il mancato pagamento del debito non costituisce soltanto la violazione di un dovere, ma costituisce contemporaneamente la lesione del diritto di credito. Quindi alla base della giurisdizione civile vi è un elemento in più rispetto a quella penale: vi è una situazione sostanziale da tutelare. N.B. Anche il processo amministrativo e quello tributario sono in questo senso processi <civili>, in quanto hanno come scopo la tutela dei diritti. Regola generale Il processo è al servizio del diritto sostanziale: esso costituisce non un bene in sé, ma un bene strumentale. Esempio Tizio dichiara di ritenere risolto il contratto di locazione stipulato con Caio, perché questi ha ritardato il pagamento del canone di tot giorni, e tale inadempimento è stato contrattualmente previsto come motivo di risoluzione. Se effettivamente nel contratto è stata pattuita una clausola risolutiva di quel tenore, ed effettivamente Caio ha ritardato il pagamento, il contratto si risolve, altrimenti permane. Una volta che Tizio ha manifestato la volontà di risolvere il contratto con Caio, ciascuno di essi può dunque proporre domanda, volta ad accertare se il contratto si è risolto o meno. Caso 2: altre volte il diritto potestativo si esercita giudizialmente, con la domanda giudiziale (es. annullamento del contratto) L’effetto giuridico è prodotto dal provvedimento, chi viene detto ‘costituitivo’ in quanto modifica la situazione sostanziale preesistente. Il provvedimento costitutivo, come quello di accertamento e di condanna, individua quali comportamenti le parti possono e debbono tenere in futuro. Esempio Risolto il contratto per inadempimento, il provvedimento stabilisce che ciascuna parte non deve adempiere agli obblighi nascenti dal contratto, e correlativamente che ciascuna parte non ha più diritto alla prestazione dell’altra. Quando scegliere una via o l’altra? Esercizio stragiudiziale  scelto dal legislatore quando privilegia l’esigenza della immediatezza rispetto all’esigenza di certezza. Esercizio giudiziale  esigenze di certezza superiori a quelle di immediatezza (il provvedimento giurisdizionale [scritto, con data certa, di provenienza sicura] è maggiormente percepibile dell’atto stragiudiziale di esercizio del diritto). Come può essere impartita la tutela dichiarativa? a) In via autoritativa (attraverso strumenti di diritto pubblico)  solo dalla magistratura b) Da strumenti di diritto privato (es. arbitrato, contratti finalizzati alla risoluzione delle controversie etc.) B. TUTELA ESECUTIVA FUNZIONE: si ricollega alle ipotesi in cui l’ordinamento impone ad un soggetto di tenere un comportamento funzionale alla soddisfazione, alla realizzazione di una situazione sostanziale protetta. Infatti… quando il comportamento non è stato tenuto (es. pagamento del credito non è stato effettuato), la semplice attività dichiarativa non è necessaria né sufficiente per la soddisfazione della situazione sostanziale protetta [niente garantisce che anche dopo l’emanazione del provvedimento dichiarativo, non persista ancora l’omissione del comportamento dovuto].  Se il soggetto obbligato non si attiva (a seguito di provvedimento dichiarativo) nel senso voluto dall’ordinamento, deve intervenire una diversa forma di tutela, che garantisca la soddisfazione della situazione sostanziale mediante previsione dell’obbligo di tenere quel comportamento che non è stato tenuto. Questa tutela è impartita attraverso l’attività giurisdizionale esecutiva che può manifestarsi in 2 forme: 1. ESECUZIONE FORZATA DIRETTA: si ha tutte le volte in cui l’attività non tenuta dall’obbligato è sostituita da una corrispondente attività dell’organo giurisdizionale. Esempio Tizio ha l’obbligo di consegnare un bene a Caio e non lo fa: interviene l’ufficio esecutivo, il quale prende il bene dalle mani di Tizio e ne trasferisce la materiale disponibilità a Caio. Problema: Attività surrogatoria dell’ufficio esecutivo è possibile fintanto che per il creditore è indifferente che la soddisfazione del suo diritto provenga da un soggetto diverso dall’obbligato (ma es. si pensi al caso del tenore Ferruccio obbligato a cantare un brano d’opera, non è indifferente che lo canti lui o il giudice dell’esecuzione o ufficiale giudiziario). Per questo… 2. ESECUZIONE INDIRETTA: prevede a carico dell’obbligato, il prodursi di determinate conseguenze sfavorevoli come conseguenza del persistere dell’inadempimento (es. obbligo di pagare some di denaro allo Stato o al creditore etc.) Come può essere impartita tutela esecutiva? a) In via autoritativa  anche da soggetti diversi dalla magistratura b) Strumenti del diritto privato  non possono produrla. C. TUTELA CAUTELARE Premessa: dal momento in cui colui che ha bisogno della tutela giurisdizionale, richiede l’intervento dell’organo giurisdizionale al momento in cu la tutela è effettivamente impartita passa un certo lasso di tempo. In tale tempo la realtà non si ferma e ciò rischia di sminuire o addirittura estinguere del tutto l’interesse di colui che ha richiesto la tutela giurisdizionale. Esempio Tizio richiede la restituzione del proprio immobile, ma prima che gli venga restituito passano 5 o 6 anni; se l’immobile nel frattempo non viene mantenuto, subisce dei deterioramenti, magari crolla, quando Tizio finalmente ottiene tutele, si vede restituito un bene diverso da quello cui aveva diritto: soprattutto, il bene è diverso da quello che era al momento in cui ne ha richiesto la restituzione. TUTELA CAUTELARE: costituisce una delle esplicazioni di un principio fondamentale del processo: <La durata del processo non deve danneggiare la parte che ha ragione> Caratteristiche della tutela cautelare  SOMMARIETA’ : deve essere concessa senza una preventiva, completa ricognizione di chi abbia ragione e di chi abbia torto (proprio per le finalità cui è deputata).  CONTENUTO : è vario, dalla semplice custodia del bene, a forme di anticipazione, in maniera più o meno totale, di quelli che potrebbero essere gli effetti del provvedimento finale.  NON AUTONOMIA : ha natura subordinata e non autonoma (come tutela dichiarativa e esecutiva), la sua funzione è infatti quella di garantire l’effettività delle forme di tutele giurisdizionale principali  PROVVISORIETA’ : ha durata limitata all’arco temporale del processo principale cui è funzionale, dopodichè è sostituita dalla misura giurisdizionale definitiva (di cognizione o di esecuzione) Esempio Il provvedimento di custodia del bene è destinato ad essere riassorbito dalla pronunzia definitiva, la quale attribuirà il bene all’attore o al convenuto; con ciò stesso verranno meno le ragioni della custodia del bene, il quale sarà consegnato a chi ne avrà diritto, ed il provvedimento cautelare perderà effetti. Tutela cautelare e tutela sommaria Premessa: le caratteristiche sopra illustrate sono comuni anche alla tutela sommaria non dichiarativa. Cosa rende specifica la tutela sommaria? PERICULUM IN MORA: la sua funzione di realizzare il principio, in base al quale la necessità di servirsi del processo non deve essere fonte di pregiudizio per la parte che ha ragione. Esempio Accertamento tecnico preventivo  misura cautelare (accertamenti che non potrebbero più essere verificati in seguito) Consulenza tecnica preventiva  tutela sommaria non dichiarativa IV. I PRINCIPI COSTITUZIONALI IN TEMA DI GIURISDIZIONE Art. 24 Costituzione L’articolo si struttura in 4 proposizioni. Comma 1: <Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi> Rilevanza p.d.v. soggettivo  utilizzo parola ‘tutti’: con ‘tutti’ o ‘nessuno’ si indica qualunque soggetto di diritto, senza alcun’altra limitazione; mentre con ‘cittadini’ si sarebbe limitata l’efficacia della regola costituzionale a coloro, che sono legati allo Stato dal vincolo della cittadinanza. Conseguenza: una norma che negasse l’accesso alla tutela giurisdizionale agli stranieri clandestini sarebbe incostituzionale. Rilevanza da un p.d.v. oggettivo  la norma impedisce al legislatore ordinario di creare situazioni sostanziali protette (diritti o interessi legittimi) e negare la tutela giurisdizionale delle stesse. Esistono ipotesi in cui il legislatore nega expressis verbis la tutelabilità giurisdizionale di situazioni sostanziali protette)? Ipotesi esplicite non esistono in quanto, la Costituzione nasce in un certo momento storico per cui il legislatore costituzionale ha voluto reagire affermando principi che erano stati disapplicati nel periodo immediatamente precedente (negata più che la tutela di diritti quella di interessi legittimi). Il discorso diventa più delicato quando la tutela giurisdizionale, pur non essendo esclusa del tutto, è in qualche modo compressa o condizionata. Casi in cui ci interroghiamo sulla legittimità costituzionale in relazione all’art. 24 AUTODICHIA DEGLI ORGANI COSTITUZIONALI (parlamento, presidenza della repubblica, corte costituzionale) Autodichia: significa ‘farsi giustizia da sé’. Autodichia degli organi costituzionali si verifica con riferimento o AI rapporti con i propri dipendenti  non possono costoro chiedere la tutela giurisdizionale dei diritti, derivanti dal rapporto di lavoro, ma debbono richiedere al proprio datore di lavoro il riconoscimento delle proprie pretese. E’ il datore di lavoro che accoglie o rigetta la richiesta del dipendente. Esempio L’usciere della Camera, il bibliotecario del Senato etc. se ritengono di aver diritto ad una certa somma di denaro in virtù della prestazione lavorativa effettuata, presentano una domanda all’apposita struttura dell’organo costituzionale che decide su di essa. o Rapporti con i terzi  La Camera dei deputati nel 1999 e il Senato nel 2005 hanno esteso l’autodichia anche ai rapporti con i terzi. Esempio La Camera bandisce un appalto per il riscaldamento. La ditta x viene esclusa a favore della ditta Y. La ditta X non può contestare l’esclusione in sede giurisdizionale, ma deve proporre ricorso all’apposita struttura interna della Camera. Generalizzazione della tutela cautelare: la tutela cautelare è costituzionalmente necessaria, in quanto integra un elemento indispensabile per l’effettività della difesa. (fino ad alcuni anni fa, si riteneva che la tutela cautelare fosse un dono grazioso del legislatore). b) Tutela dei diritti effettivamente esistenti Significato: si coglie nella possibilità che siano poste a carico della parte soccombente una serie di conseguenze sfavorevoli (es. spese e danni derivanti dal processo); le conseguenze della soccombenza di appalesano come doverose a garanzia, appunto, del diritto di azione e di difesa della controparte vittoriosa, la quale non deve risentire di conseguenze sfavorevoli per aver dovuto agire o essersi dovuta difendere nei confronti di pretese o resistenze altrui, poi rivelatesi infondate (basate su diritti ‘non-esistenti’). Comma 2: <la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento…> Art. 111 c.2 Cost.  ribadisce principio garantendo l’attuazione del contradditorio in ogni processo. PRINCIPIO DEL CONTRADDITTORIO Art. 101 c.p.c.  prevede in ambito civile il ‘principio del contraddittorio’: il processo civile si compone di una serie di atti, rispetto ai quali al potere di una parte corrisponde il potere simmetrico della controparte di replicare e di assumere quelle iniziative necessarie a smentire o contraddire la deduzione dell’avversario. Esso costituisce il sistema migliore per giungere, nel più alto grado possibile alla verità. N.B. Non solo le deduzioni dell’avversario, ma anche le iniziative del giudice debbono garantire il principio del contraddittorio: di fronte alle iniziative del giudice, le parti devono essere sempre in grado di poter replicare, di poter assumere iniziative contrarie a quelle che l’ufficio ha disposto. Il principio del contraddittorio deve trovare applicazione alle iniziative officiose del giudice: Questioni rilevabili di ufficio dal giudice  è necessario che esse siano preventivamente sottoposte al contraddittorio delle parti. Il giudice decide la questione dopo aver raccolto le argomentazioni delle parti. Principio del contraddittorio e processo civile Premessa: il principio del contraddittorio si realizza, nel processo civile, in forme diverse, Il processo civile, ha infatti struttura e funzioni diverse, a seconda che si debba impartire una tutela dichiarativa, una tutela esecutiva, o una tutela cautelare. Processo di cognizione: contraddittorio a bilateralità perfetta di poteri fra l’attore ed il convenuto, e tra le parti e il giudice. Processo esecutivo: il contraddittorio è meramente eventuale, in quanto è rimesso alla volontà dell’esecutato il potere di utilizzare alcuni strumenti, destinati a verificare l’esistenza del diritto, a tutela del quale di procede ad esecuzione forzata. Regola generale Art. 24 c.1 e 2 Cost. garantisce il diritto d’azione e di difesa a tutela di diritti e interessi legittimi, a condizione che questi siano effettivamente esistenti. N.B. Anche nel processo esecutivo vi è contraddittorio pieno per ciò che riguarda le misure esecutive che debbono prendere gli organi del processo (il ‘quomodo’ dell’esecuzione). c) Principio del contraddittorio e procedimenti speciali Ci sono nel dei procedimenti speciali in cui si ha una particolare attuazione del principio del contraddittorio. Processi a cognizione piena: sono quelli in cui le parti possono portare il loro contributo in ordine a tutte le questioni rilevanti ai fini della decisione, utilizzando tutti i mezzi che a tale fine il sistema prevede. Esempi Processo ordinario Processi speciali che sono previsti per fornire la tutela dichiarativa in alcune categorie di controversie in quanto ritenuti più adatti alle peculiarità delle stesse. Processi sommari: sono tutti quei processi che non sono a cognizione piena, in quanto non prevedono una trattazione piena ed esauriente della controversia. La <limitazione> può derivare:  Dal fatto che talune questioni vengono escluse dalla trattazione Es. Art. 35 c.p.c. stabilisce che, se l’eccezione di compensazione esige lo svolgimento di un’istruttoria complesso, il giudice può decidere sulla domanda e rimandare l’esame della eccezione ad un momento successivo.  Dal fatto che non possono essere utilizzati tutti i messi di prova previsti dal sistema. es. Art. 93 Legge fallimentare, stabilisce che la prova del credito possa essere data esclusivamente mediante documenti.  Dal fatto che l’istruttoria è effettuata in modo atipico, cioè senza seguire le regole ‘ordinarie’. Es. Art. 669-sexies c.p.c., in materia di tutela cautelare stabilisce che <il giudice, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione indispensabili in relazione ai presupposti e ai fini del provvedimento richiesto>. Fattispecie a) e b)  contraddittorio: ciascuna delle parti deve poter ottenere, semplicemente manifestando la sua volontà in tal senso, l’instaurazione di un processo a cognizione piena, il cui atto conclusivo sostituisca gli effetti prodotti dal provvedimento emesso nel processo sommario. Fattispecie c)  La giurisprudenza ritiene che il principio del contraddittorio ed il diritto di difesa sono compatibili con un processo il cui svolgimento non sia compiutamente predeterminato dal legislatore a condizione che la trattazione e l’istruttoria, ancorchè deformalizzate siano complete. Comma 3: <Difesa giudiziaria dei non abbienti> Contenuto: l’uguaglianza delle parti di fronte al giudice non si realizza, se alcune di esse non hanno capacità economica di procurarsi un difensore, il legislatore ordinario quindi ha il dovere di predisporre ‘appositi istituti’ per assicurare la difesa giudiziaria a chi non può permettersi di pagare l’avvocato. D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 Testo unico in materia di spese di giustizia (1) Linee fondamentali del sistema di difesa dei non abbienti o Vi è un limite massimo di reddito, al di sopra del quale non si ha diritto al beneficio o L’istanza è presentata al consiglio dell’ordine degli avvocati che ha sede dove è l’ufficio del giudice competente a conoscere del merito o Il ricorrente deve autoattestare la sussistenza dei presupposti di natura economica, ed indicare il diritto che intende far valere, e la tutela richiesta. o Il consiglio dell’ordine preso atto dell’autoattestazione dei presupposti, valuta la non manifesta infondatezza delle pretese dell’istante, e lo ammette al patrocinio. SE il consiglio respinge l’istanza  l’interessato può riproporla al giudice del merito. SE il consiglio (o il giudice poi) ammette l’istanza  a) se la parte è vittoriosa l’ammissione ha effetto per tutti i gradi del processo b) se la parte è soccombente deve proporre una nuova istanza, e sottoporsi ad una nuova valutazione di non manifesta infondatezza (non della domanda ma dell’impugnazione che vuole proporre). o Il difensore è scelto dalla parte ed è retribuito dallo Stato o L’ammissione determina l’esenzione dal pagamento dei tributi e delle tasse inerenti al processo, nonché la retribuzione del consulente tecnico di parte, ove il giudice disponga una consulenza tecnica di ufficio. o Se la controparte di chi è stato ammesso al patrocinio rimane soccombente, ed è condannata alle spese, queste sono versate allo Stato. N.B. Non è consentito discriminare fra cittadini e stranieri neppure con riferimento al patrocinio dei non abbienti. ART. 101 Costituzione – La giustizia è amministrata in nome del popolo Le applicazioni della norma sono molteplici Taluni vi vedono il principio di legalità: il giudice è vincolato agli atti degli altri poteri dello Stato solo se questi sono conformi alla legge, e deve disapplicare gli atti contrastanti con la legge. Il nostro ordinamento non riconosce valore vincolante al precedente giudiziale: vale solo per il caso concreto come norma agendi; per i casi analoghi può avere semplicemente efficacia di precedente. N.B. Si vedrà come i precedenti della Corte di Cassazione hanno però una funzione di nomofilachia: cioè la funzione di unificare e guidare l’evoluzione della giurisprudenza, attraverso decisioni non vincolanti ex lege, ma autorevoli e quindi convincenti. ART. 102 Costituzione Comma 2: <non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali> Giudice straordinario: è quello istituito e incaricato della materia post factum. Problema: un tale meccanismo viola l’art. 102 c. 2 Cost. perché il giudice deve essere precostituito per la fondamentale garanzia di imparzialità rispetto all’oggetto della lite. Giudice speciale: istituito dalla legge prima del fatto, con competenza solo su determinate materia, ma, nell’ambito di quella materia, per tutte le controversie che in essa rientrano. Comma 2 [procede]: <possono soltanto istituirsi presso gli organi giudiziari ordinari sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione dei cittadini idonei estranei alla magistratura> Esempio Controversie agrarie sono attribuite alla cognizione della sezione specializzata agraria, la quale è un organo giurisdizionale composto da magistrati ordinari e da cittadini estranei alla magistratura, i quali sono esperti del settore agrario. Il giudice specializzato serve ad integrare e colmare in determinati settori della esperienza giuridica le nozioni del magistrato di carriera. o La sezione specializzata non è un organo giudiziario a sé stante, ma fa parte di un ufficio (tribunale, corte d’appello), che è tendenzialmente destinato ad esaminare tutte le materia [non solo quelle specializzate]. 1. Consentire alla Corte di cassazione di potersi pronunciare su tutte le questioni di diritto esistenti nell’ordinamento, senza che tale funzione sia subordinata a scelte insindacabili del legislatore ordinario in tema di ricorribilità in cassazione dei provvedimenti giurisdizionali. 2. Non vigendo nel nostro sistema il principio del vincolo al precedente, deve essere possibile portare dinnanzi alla Corte le sentenze che si discostano dal precedente. 3. Ai fini dell’art. 111 Cost. deve interpretarsi il termine “sentenza” in senso sostanziale e non formale come <provvedimento che ha gli effetti caratteristici, la sostanza della sentenza e quindi svolge il ruolo che normalmente svolge la sentenza Perché? Nessun principio costituzionale impone che l’atto conclusivo del processo abbia la forma della sentenza, e quindi non agendo in questo modo se il provvedimento finale avesse la forma di ordinanza o decreto, verrebbe esclusa la funzione di nomofilachia della Corte in relazione alle norme, di cui in quel procedimento si fa applicazione. ALCUNE PRECISAZIONI Premessa: la Corte non riesce però ad intervenire in tutti i settori dell’ordinamento. La Corte richiede che l’ordinanza e il decreto, per essere considerati sentenza in senso sostanziale e quindi sottoponibili al ricorso per cassazione (ex art. 111 c.7 Cost.) debbano avere lo stesso contenuto [decidere di una controversia relativa ad un diritto] e la stessa disciplina [essere idonei al giudicato sostanziale] come una sentenza. Conseguenza: funzione nomofilattica non si esercita o In relazione alle norme processuali relative alla tutela cautelare (es. effetti dei provvedimenti cautelari, sono rimossi dalla sentenza pronunciata nel processo di cognizione). o In relazione ad alcune norme sostanziali (es. ordini di protezione contro gli abusi familiari mancano secondo la Corte dei requisiti della sentenza, in quanto modificabili o revocabili). o [ulteriore esclusione] Art. 111 c. 8: stabilisce che, contro le sentenze del Consiglio di stato e della Corte dei conti, il ricorso in cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione. ART. 113 Costituzione – Spetta alla legge ordinaria determinare se gli atti della pubblica amministrazione possono essere annullati dal giudice ordinario o dal giudice amministrativo. I PRINCIPI SOVRANAZIOANLI Oggetto: principi e norme di origine sovranazionale o Convenzione europea dei diritti dell’uomo o Normativa comunitaria Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali Art. 6: <Diritto ad un processo equo> o Se uno Stato viene meno agli obblighi previsti dalla convenzione, esso può essere convenuto dalla Commissione europea dei diritti dell’uomo dinnanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo (sede a Strasburgo) o Se lo Stato non adempie a quanto stabilito nella sentenza dalla Corte, può (la sentenza dello Stato) essere provvisoriamente sospesa dal Consiglio di Europa o addirittura esclusa. Lo Stato italiano è stato ripetutamente condannato per la violazione dell’art. 6, soprattutto per quanto riguarda ‘l’eccessiva durata dei processi’ per questo introdotta: Legge Pinto [l. 24 marzo 2001 n.89]  consente alla persona lesa di ricevere dallo Stato un risarcimento per il danno subito a causa dell’eccessiva durata del processo. Diritto comunitario Premessa: a) Le norme europee hanno immediata efficacia nei singoli Stati membri b) L’Unione europea non ha (eccetto Tribunale di primo grado e Corte di giustizia) una propria struttura giurisdizionale autonoma competente per le materie regolate dal diritto comunitario. Nell’UE sono i giudici degli Stai membri a dover applicare il diritto comunitario, che prevale, ove contrastante con il diritto interno. Questo inconveniente è fronteggiato dalla presenza di un organo giurisdizionale comune: La Corte di giustizia dell’Unione Europea (con sede a Lussemburgo) che agisce attraverso lo strumento del rinvio pregiudiziale. RINVIO PREGIUDIZIALE: quando il giudice di uno Stato membro si trova a dover fare applicazione di una norma comunitaria la cui interpretazione lascia qualche dubbio, può sospendere il processo innanzi a sé e rimettere la questione interpretativa alla Corte europea, la quale dà soluzione al dubbio sollevato. Corte di giustizia europea & Tribunale di primo grado Costituiscono la struttura giurisdizionale interna della comunità: essi (oltre che in materia di rinvio giurisdizionale) sono competenti a decidere le controversie che possono sorgere in materia di infrazione, da parte del Singolo Stato membro, agli obblighi posti dalle norme comunitarie, ed in materia di atti comunitarie. Regolamenti comunitari Trattato di Amsterdam del 2000  organi comunitari hanno iniziato ad interessarsi anche del processo civile interno ai singoli Stati membri: sono stati emanati regolamenti, che hanno lo scopo di armonizzare i rapporti fra i vari sistemi processuali interni. Questi regolamenti hanno influito sui legislatori nazionali, che quando dettano le proprie norme tendono ad adeguarsi ai principi contenuti nella normativa comunitaria. I PRINCIPI COMUNI ALLE VARIE FORME DI TUTELA GIURISDIZIONALE Premessa: il c.p.c. è così strutturato: 1° libro  disposizioni generali 2° libro  processo di cognizione 3° libro  esecuzione forzata 4° libro  procedimenti speciali 1° LIBRO  Disposizioni generali Pur essendo dedicato ai principi generali, e quindi contenendo disposizioni potenzialmente applicabili a tutti i processi, è stato scritto con l’ottica rivolta soprattutto del processo di cognizione, ragion per cui, per potere applicare tali principi agli altri processi, occorre adattarli alle peculiarità di questi ultimi. Carattere delle norme processuali Premessa: le norme processuali, come quelle sostanaizli, regolano i comportamenti umani: la struttura delle norme processuali non è diversa da quella delle norme sostanziali. Sappiamo che la normativa processuale è detta ‘secondaria’ in quanto all’attività giurisdizionale è devoluto il controllo della conformità dei concreti comportamenti alle astratte previsioni delle norme sostanziali (normativa primaria), onde porre rimedio agli eventuali illecita. Cosa succede se un concreto comportamento disattende invece una previsione normativa processuale? Il controllo sulla conformità dei concreti comportamenti alle astratte previsioni processuali non è devoluto a meccanismi extra giurisdizionali. E’ la stessa attività giurisdizionale ad essere dotata di idonei meccanismi per reagire alla violazione delle norme processuali, per cogliere ed eliminare eventuali illeciti che si verificano al suo interno. PROFILI STATICI E PROFILI DINAMICI La normativa processuale, dunque, ha un: Profilo statico: in cui opera come le norme sostanziali Profilo dinamico: mediante il quale individua e disciplina gli strumenti che hanno la funzione di controllare che le regole relative al primo profilo siano effettivamente rispettate, e di correggere gli illeciti che si sono verificati all’interno del processo. Esempio Art. 497 c.p.c.  stabilisce che il pignoramento perde effetti se, entro 45 giorni dal suo perfezionamento, non è proposta l’istanza di vendita. Art. 617 c.p.c.  individua lo strumento, attraverso il quale si rileva e si decide la questione (appunto il rito) che sorge quando si deve verificare se il creditore ha o meno rispettato il termine previsto all’art. 497 c.p.c. Questioni di rito e Questioni di merito Premessa: le questioni di rito nel processo di cognizione sono trattate e decise diversamente che negli altri processi (ci concentriamo su quello di cognizione). PRESUPPOSTI PROCESSUALI Premessa: non tutte le questioni di rito sono uguali tra di loro: o Questioni di rito che costituiscono requisiti indispensabili perché il giudice possa scendere all’esame del merito [presupposti processuali] o Questioni di rito che non incidono sulla possibilità di emettere la decisione di merito, ma sul suo contenuto, in quanto riguardano l’individuazione del materiale utile per decidere del merito (es. valida acquisizione delle dichiarazioni testimoniali e quindi la loro utilizzabilità, incide sul contenuto del procedimento di merito e non sulla sua emanabilità) Regola generale La decisione delle questioni di rito deve essere effettuata prima che siano decise le questioni di merito mentre la trattazione delle questioni di rito può essere svolta anche contemporaneamente alla trattazione delle questioni di merito. N.B. Se invece muta l’utilità garantita muta anche il diritto: ad es. una servitù sul bene x dà un’utilità diversa da quella che dà la piena proprietà, o usufrutto, sullo stesso bene. N.B. il discorso vale anche per i diritti assoluti non reali, ad es. i diritti della personalità, matrimonio e successione mortis causa (es. Tizio contrae matrimonio con Caia nel 2005 poi di nuovo nel 2008, ma i due sono coniugi solo una volta).  Diritti di credito aventi ad oggetto una prestazione ripetibile. Come si identificano? 1) oggetto 2) fattispecie costituiva del diritto DIRITTI ETEROINDIVIDUATI: rileva la loro fattispecie costitutiva ai fini della loro identificazione. Esempio tra Tizio e Caio è stipulato un mutuo. A favore di Tizio e nei confronti di Caio nasce un diritto di credito di 100Euro; poi tra gli stessi matura credito di 100 per papgamento dei canoni di locazione; poi matura un altro diritto di credito di 100 per risarcimento danni in relazione ad un incidente stradale. Caio quindi deve complessivamente a Tizio 300Euro: ad ogni fattispcie costitutiva consegue la nascita di un diritto diverso. N.Benissimo!!! La rilevanza della fattispcie costitutiva non deve far credere che sia sufficiente l’alterazione di un qualunque elemento di fatto, per mutare anche il diritto oggetto della domanda. Distinguiamo due casi: CASO 1: il fatto storico diverso è sussumibile nello stesso elemento della fattispecie costitutiva, e quindi si limita a delineare diversamente quell’elemento stesso. Esempio Tizio chiede a Caio il risarcimento dei danni che la prorpia autovettura ha subito in occasione dell’incidente stradale avvenuto il giorno x in località y. Il fatto che l’autovettura di Caio provenisse da sinistra, oppure che provenisse da una strada con segnale di precedenza etc. non nuta il diritto fatto valere, che rimane sempre quel diritto al risarcimento del danno: i diversi fatti sopra descritti sono tutti sussumibili nell’elemento ‘colpa’ della fattispecie del diritto, oggetto della domanda giudiziale. CASO 2: la diversità del fatto muta anche la fattispecie. In questo caso possono verificarsi due ipotesi: Ipotesi 1: La relazione tra i due diritti è tale che l’esistenza dell’uomo esclude l’esistenza dell’altro. Esempio Tizio compra un biglietto del treno, e durante il percorso resta ferito in un incidente ferroviario: i fatti storici integrano sia l’inadempimento contrattuale (art. 1681 c.c.) sia l’illecito extracontrattuale (art. 2043 c.c.) Relazione di specialità: è evidente che Tizio ha diritto alla prestazione una sola volta: nella prima ipotesi perché il contratto di trasporto costituisce un elemento in più rispetto alla fattispecie dell’illecito contrattuale Regola generale Nei diritti di obbligazione aventi ad oggetto prestazioni ripetibili, il moltiplicarsi delle fattispecie acquisitive determina il moltiplicarsi dei diritti. Esempio Tizio compie attività a favore di Caio, e va incontro a spese: egli ha diritto al rimborso delle spese sia a titolo di mandato (art. 1720 c.c.) sia a titolo di negotiorum gestio (art. 2031 c.c.). Relazione di esclusione: l’esistenza del mandato integra la prima fattispecie ed esclude la seconda. N.B. la tutela del diritto può essere chiesta solo relativamente all’una o all’altra fattispecie, MA se il diritto è negato lo è per entrambe le fattispecie. Ipotesi 2: concorso di più diritti. Nozione: i diritti sono tra di loro diversi e collegati nel senso che l’estinzione satisfattiva dell’uno comporta l’estinzione anche dell’altro. Al contrario, l’inesistenza, o l’estinzione non satisfattiva dell’uomo non ha rilevanza per l’altro. Esempio Tizio, possessore e proprietario del fondo x, viene spogliato del possesso di una servitù di passo gravante sul fondo y. Tizio può rimuovere la lesione sia col l’azione (possessoria) di spoglio, sia con l’azione (petitoria) di confessoria servitutis. Se l’una è rigettata, può sempre essere proposta l’altra. Ma una volta recuperato il possesso del bene a seguito di una domanda, l’altra diviene infondata.  Diritti potestativi Premessa: La loro identificazione è molto controversa, visto il poco tempo da cui se ne parla. Utilizziamo un esempio per analizzare le diverse ipotesi di identificazione che sono state avanzate. Esempio L’annullamento del contratto si può avere per errore, violenza o dolo. L’annullamento deriva dal verificarsi di uno di tali presupposti, più la manifestazione di volontà. Gli episodi di dolo, violenza o errore possono essere però più di uomo; rispetto allo stesso contratto possiamo ipotizzare i casi di dolo a) b) c) ciascuno dei quali sufficienti ad integrare la fattispecie di annullamento del contratto. Come si identifica il diritto? Ipotesi 1: esistono tanti diritti potestativi quanti sono i fatti storici concreti: un diritto per il dolo a), un diritto per il dolo b), uno per il dolo c). Ipotesi 2: i singoli fatti storici che integrano il dolo, la violenza o l’errore non sono di per sé identificatori del diritto potestativo: si cumulano tutti insieme per determinare un solo diritto potestativo per errore, uno per violenza ed uno per dolo. Ipotesi 3: il diritto potestativo si identifica con l’effetto giuridico che produce (cioè l’annullamento) e non per ciò che lo fonda. RILEVANZA DELLA SCELTA TRA UNA DELLE IPOTESI Ciascuna di esse corrisponde ad esigenze contrastanti: da un lato, impedire la ripetizione della domanda rigettata; dall’altro, non dare alla pronuncia di rigetto una portata eccessivamente preclusiva. Ipotesi 1 rigettata la domanda di annullamento per il dolo fondato sul fatto a), si può proporre un'altra domanda di annullamento per il dolo fondato sul fatto b). Ipotesi 3  il rigetto della domanda impedisce di proporne una successiva, anche se fondata su fatti non addotti al primo processo. Conclusione: non vi è dubbio che la tendenza è nel senso di ampliare l’oggetto del processo, e quindi di privilegiare la definitività piuttosto che la giustizia della risoluzione della controversia. 2) Individuazione dell’illecito Nozione: chi propone la domanda giudiziale non può limitarsi a chiedere tout court la tutela giurisdizionale di una propria situazione sostanziale protetta, ma deve anche individuare quale comportamento la controparte doveva tenere e non ha tenuto. 3) Individuazione della tutela Nozione: nella domanda si devono individuare gli effetti che si chiede al giudice di produrre. Effetti alternativi Nozione: vi sono ipotesi in cui il titolare del diritto, in presenza della medesima lesione, può chiedere effetti alternativi. Esempio Caio è inadempiente in modo rilevante (art. 1455 c.c.), con riferimento ad un contratto a prestazioni corrispettive, stipulato con Tizio. Sulla base della stessa lesione, Tizio può chiedere l’adempimento o la risoluzione. EFFETTI DELLA DOMANDA GIUDIZIALE o Effetti meramente procedimentali Nozione: non sono propriamente effetti della domanda, ma dell’atto che la contiene, e sono costituiti dal potere di compiere l’atto immediatamente successivo. Esempio Rito ordinario  domanda proposta con citazione  deposito citazione notificata alla cancelleria  iscrizione a ruolo  formazione del fascicolo etc. o Effetti processuali in senso stretto Il primo e fondamentale di questi effetti è la LITISPENDENZA cui possono ricondursi: o Litispendenza in senso proprio (art. 39 c.p.c.) o Irretrattabilità della domanda, che non può essere ritirata senza il consenso della controparte costituita (art. 306 c.p.c). o Perpetuatio instructionis (art. 5 c.p.c.) o Possibilità di successione processuale. Alcune norme rilevanti a tal proposito (es. art. 127 c.c.  “l’azione per impugnare il matrimonio non si trasmette agli eredi se no quando il giudizio è già pendente alla morte dell’attore”) Regole generale Tali effetti devono essere in astratto previsti dall’ordinamento (es. non esiste un provvedimento che produca la monacazione coatta della moglie infedele) e in concreto ammissibili con riferimento alla lesione lamentata (es. non è possibile chiedere il divorzio per infedeltà). Regola generale Gli effetti processuali in senso stretto si ricollegano al fatto che il processo e riguardano non il merito (contenuto della pronuncia), bensì il rito (incidono sull’andamento del processo) regolino diversamente la materia (art. 2 stessa legge). 2) Limiti nei confronti degli altri poteri pubblici Principio di legalità: gli organi pubblici non possono avere altri poteri se non quelli loro conferiti dalla legge e non possono, quindi, esercitare i poteri di un altro organo. Di solito il limite in questione viene inteso come limite al potere giurisdizionale nei confronti della Pubblica Amministrazione, controversie con il potere legislativo sono più difficilmente configurabili. 3) Limiti verso le giurisdizioni speciali Il criterio generale è fornito dall’art. 1 c.p.c.  Al giudice ordinario è attribuita la funzione giurisdizionale generale all’interno della quale l’ordinamento ritaglia settori, in cui attribuisce il potere giurisdizionale a soggetti diversi dal giudice ordinario. Settori di ‘carenza’ di giurisdizione del giudice ordinario : - Legittimità costituzionale dello norme primarie  sindacato attribuito alla Corte costituzionale - Giudici speciali in relazione alla materia (giudice amministrativo e giudice tributario). - Giudici speciali in relazione a certe questioni relative a controversie che deve decidere  es. per l’interpretazione di una norma comunitaria è previsto il rinvio alla Corte di giustizia dell’Unione europea. Facoltativo  quando la questione sorge di fronte ad un giudice il cui provvedimento è impugnabile Necessario  quando la questione sorge davanti ad un giudice di ultima istanza. Determinazione del criterio per stabilire quando esiste la giurisdizione Quali sono le condizioni che conferiscono la giurisdizione al giudice ordinario o a quello speciale? Premessa: la norma processuale di solito non individua nominativamente i soggetti cui è destinata, tali soggetti sono astrattamente determinati attraverso la fattispecie. Questo accade anche per i presupposti processuali, il cui effetto [possibilità di emettere un provvedimento di merito] si produce quando vengono ad esistenza il fatto o i fatti storici, che costituiscono la fattispecie del presupposto processuale. CASO 1: a volte la fattispecie è composta da un fatto compiuto non suscettibile di ripetersi nel tempo (es. art. 22 c.p.c., nel disciplinare la competenza, fa riferimento al luogo di apertura della successione, ossia all’ultimo domicilio del defunto. L’apertura della successione è un evento puntuale che non può ripetersi). CASO 2: la fattispecie è composta da un fatto storico che dura nel tempo e che quindi può mutare (es. il domicilio o la residenza di un soggetto). Come conciliare la competenza di giurisdizione rispetto alla variabilità di queste fattispecie? ART. 5 c.p.c.  la giurisdizione e la competenza si determinano con riguardo alla legge vigente ed allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda. ECCEZIONE! Laddove il mutamento della fattispecie non sia dipeso da un fatto rilevante (es. modifica domicilio) ma da ius superveniens si ha eccezione all’applicabilità di questo principio per le sentenze della Corte costituzionale che dichiarano illegittima la norma attributiva della giurisdizione o della competenza. In questo caso, se nel processo in corso la questione di giurisdizione o competenza non è ancora preclusa, essa è rilevabile da chi è legittimato a farlo. Disponibilità convenzionale delle regole della giurisdizione ART. 4 l.218/1995 Consente una deroga alle norme sulla giurisdizione nei confronti del convenuto. 1° punto: la giurisdizione italiana sussiste se le parti, con atto scritto, l’hanno accettata. 2° punto: la parti possono convenzionalmente escludere la giurisdizione italiana, con atto scritto, solo in materia di diritti disponibili. Per quanto riguarda gli altri limiti alla giurisdizione, nessuna norma stabilisce se sono derogabili o meno. Trova quindi applicazione un principio fondamentale del processo: Rilievo del difetto di giurisdizione Premessa: si è detto come il sistema processuale non può omettere (nella sua componente dinamica) la previsione di un sistema di controllo relativo al rispetto delle regole processuali. Il mezzo, attraverso il quale nel processo di cognizione si controlla il rispetto delle norme processuali è la RILEVAZIONE DELLA QUESTIONE. ‘Rilevare la questione’  significa che le questioni relative al rispetto delle norme processuali divengono oggetto di trattazione e di decisione, come le questioni attinenti al merito. ECCEZIONE  quando la rilevazione proviene dalle parti, essa prende il nome di ‘eccezione’. Questioni di giurisdizione OGGETTO: analisi delle questioni relative al rispetto delle norme processuali che sanciscono ‘competenza giurisdizionale’. Art. 37 c.p.c.  il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della pubblica amministrazione o dei giudici speciali è rilevato, anche d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo. Il ‘difetto di giurisdizione’ è rilevabile: a. Dal giudice b. Dalle parti: solo dal convenuto non anche dall’attore (è stato l’attore a scegliere il giudice della gui giurisdizione si discute). PRINCIPIO DI AUTORESPONSABILITA’: <nessun soggetto è legittimato a far valere i vizi del processo a cui egli ha dato causa>. ATTORE Può soltanto segnalare al giudice l’opportunità di controllare la giurisdizione. In particolare… Regola generale Le norme processuali sono, in via di principio e salvo previsione contraria, inderogabili dalla volontà delle parti. Regola generale La tecnica della rilevazione è utilizzabile solo nei processi di cognizione, che hanno funzione e struttura dichiarativa. GIUDICE Se nega la propria giurisdizione Attore  è titolare di una situazione processuale protetta e quindi può, impugnando, fare riesaminare la questione da un altro giudice. Convenuto  non può impugnare se ha richiesto lui al giudice di dichiararsi carente di giurisdizione. Se afferma la propria giurisdizione Attore  non può impugnare il provvedimento Convenuto  può impugnare la sentenza, sempre che non abbia chiesto al giudice di dichiararsi fornito di giurisdizione. Formazione del giudicato Analizziamo l’espressione <in qualunque stato e grado del procedimento>. SIGNIFICATO: finchè è pendente il processo, non si verificano preclusioni di alcun genere nella rilevazione del difetto di giurisdizione. Corte di cassazione: introduce delle preclusioni al rilievo del difetto di giurisdizione nei confronti dei giudici speciali: tale difetto è rilevabile Dalle parti e dal giudice: solo nel processo di 1° Dalle sole parti: con atti introduttivi del giudizio di appello. N.B. Questo principio vale per tutte le decisioni. Conseguenza: dopo che si è deciso su una questione (passaggio in giudicato) la decisione su questa questione è controllabile solo su istanza di parte (legittimata a contestarla) attraverso i mezzi di impugnazione (non più rilevabile di ufficio in qualsiasi tempo e grado). Teoria della decisione implicita  abolirebbe la categoria delle questioni di rito rilevabili in ogni stato e grado del processo. Il difetto di giurisdizione nei confronti del convenuto Il difetto di giurisdizione nei confronti del convenuto ha una disciplina diversa (art. 11 l.285 /1995). Disciplina diversa In alcuni casi il difetto di giurisdizione è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo: - Quando la controversia abbia ad oggetto beni immobili situati all’estero - Quando il convenuto è contumace - Quando la giurisdizione è esclusa per effetto di una norma internazionale PASSAGGIO IN GIUDICATO Se il giudice afferma la propria giurisdizione e il convenuto, soccombente sul punto, non ripropone la questione in sede di impugnazione, la decisione di 1° sul punto della giurisdizione passa in giudicato, ed il giudicato ne impedisce l’ulteriore rilevazione nel successivo svolgimento del processo. Regola generale SI deve trattare di una vera decisione esplicita (non di una decisione implicita ricavabile dal solo fatto che il giudice ha pronunciato nel merito, senza occuparsi di giurisdizione) Controllo da parte del giudice degli atti della P.A. ≠ Rivendicazione dell’esercizio di poteri di amministrazione attiva. Questione di giurisdizione relativa Questione di giurisdizione assoluta [vedi es. pag. 89] COMPETENZA PER MATERIA E VALORE COMPETENZA: ripartizione interna del potere appartenente a ciascun settore giurisdizionale. Ripartizione di potere tra i vari uffici giurisdizionali può essere: - Orizzontale  sono problemi di competenza territoriale che si hanno quando il tipo di ufficio competente in prima istanza è uno solo, ma vi sono più uffici giurisdizionali distribuiti sul territorio (es. giurisdizione amministrativa e tributaria) - Verticale  attiene alla giurisdizione ordinaria: i giudici ordinari competenti in primo grado sono 2: a) Giudice di pace b) Tribunale Organi che hanno competenza in 1° ma solo per l’impugnazione: Corte d’appello (in alcuni casi eccezionali è però giudice di primo e unico grado) Corte di cassazione. N.B. Appello avverso le sentenze del giudice di pace è di competenza del Tribunale quindi: Tribunale: è l’unico organo giurisdizionale che assolve ordinariamente funzioni di 1° e 2° in materia civile. Le regole di competenza attuano il principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge (art. 25 Cost.). I criteri per stabilire la competenza sono 3: - Criterio per materia - Criterio per valore - Criterio per territorio  in senso orizzontale [artt. 18-30 c.p.c.] Criterio per materia Si utilizza con precedenza rispetto al criterio per valore GIUDICE DI PACE - Cause relative ad apposizione di termini e osservanza di distanze - Cause relative alla misura e modalità d’uso dei servizi di condominio delle case - Cause relative a rapporti tra proprietari di immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni di fumo o di calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e simili propagazioni che superino la normale tollerabilità - Cause relative ad interessi o accessori da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali e assistenziali. TRIBUNALE - Materia di stato e capacità delle persone - Materia di diritti onorifici - Querela del falso In senso verticale [artt. 7-17 c.p.c.] Il Tribunale ha inoltre ‘ereditato’ le competenze per materia del pretore in base all’art. 1 d.lgs. 51/1998 (ha soppresso le preture): - Azioni possessorie - Cause di lavoro e previdenziali - Cause locative - Repressione comportamento antisindacale etc. Rilevanza esclusiva della domanda CASO 1: Principio generale : un presupposto processuale si determina dalla domanda allorché rilevanti, ai fini del presupposto processuale in parola, siano l’esistenza e/o il modo di essere della situazione sostanziale dedotta in giudizio, o più in generale fatti rilevanti anche per il merito. RATIO: l’attore con la sua affermazione, si impegna anche ai fini del merito e, se ha affermato qualcosa che il giudice poi accerta inesistente, l’attore ‘paga’ con la soccombenza nel merito della sua affermazione infondata. Esempio tribunale è competente per materia nelle cause relative ai rapporti di locazione e di comodato di immobili. Rilevante, ai fini della competenza, è l’affermazione dell’attore della sussistenza di uno di tali rapporti. L’eventuale contestazione da parte del convenuto, che si tratta invece di diritto di abitazione, di usufrutto o di appalto, non incide sulla competenza, ma solo sul merito. Il tribunale esamina nel merito la domanda e, se accerta che il rapporto effettivamente sussistente tra le parti non è quello affermato dall’attore, rigetta la domanda nel merito. CASO 2: se il presupposto processuale è integrato da fatti che non sono rilevanti anche per il merito  l’esistenza di questi fatti deve essere accertata autonomamente, non sono sufficienti le dichiarazioni dell’attore. Se sussiste competenza per materia  si procede ad individuazione della competenza territoriale. Se non è prevista competenza per materia  opera criterio del valore. Criterio del valore GIUDICE DI PACE Competente per valore per le cause relative a beni mobili di valore non superiore a 5.000 Euro. ‘Cause relative a beni mobili’ Quando si parla di beni mobili o immobili si intende cause relative a diritti reali su beni mobili o immobili. Per certe controversi (risarcimento del danno prodotto dalla circolazione dei veicoli e dei natanti) il giudice di pace è competente per materia con il limite di valore di 20.000Euro. TRIBUNALE - Cause relative a beni mobili di valore superiore a 5.000Euro (tranne quelle per le quali il giudice di pace è competente fino a 20.000Euro: in tal caso il tribunale è competente per le cause di valore superiore a 20.000Euro) Regola generale La competenza per materia si determina sulla base della domanda, cioè delle affermazioni dell’attore ART. 9 c.p.c. <Il tribunale è competente per ogni causa di valore indeterminabile>. N.B. Indeterminabile: non può essere determinato Indeterminato: in concreto non è determinato ma in astratto è determinabile. Valore della causa ai fini della competenza Una volta individuate le fasce di competenza, si deve determinare il valore della causa ai fini della competenza (artt. 10-15 c.p.c.). Rilevanza esclusiva della domanda Art. 10 c.p.c.  <il valore della causa ai fini della competenza si determina dalla domanda> Esempio Tizio chiede al tribunale un risarcimento di 10.000Euro; il tribunale riconosce che Tizio ha diritto ad un risarcimento dei danni nella misura di 500Euro. Il tribunale pronuncia nel merito e attribuisce 500Euro senza dichiararsi incompetente, perché la competenza si determina da ciò che Tizio ha chiesto [quid disputandum] e non da ciò che il giudice riconosce effettivamente dovuto [quid decisum]. Modificazione della domanda Premessa: nel corso del processo, può darsi che l’attore modifichi la sua domanda, aumentando o diminuendo le sue richieste. La modificazione è possibile fino al momento del passaggio della causa dalla fase istruttoria alla fase decisoria (quindi fino all’udienza di precisazione delle conclusioni). CASO 1: Se modifica in aumento e l’aumento fa superare il limite massimo di competenza del giudice adito  il giudice diviene incompetente e la causa deve essere rimessa al giudice superiore. CASO 2: Se modifica in diminuzione Questione: ci si chiede se la modifica in diminuzione sia rilevante ai fini della competenza oppure no Opinione 1: se la competenza si stima dalla domanda, poiché sia l’aumento che la diminuzione costituiscono modificazione della domanda, la competenza si valuta sulla domanda modificata: e quindi anche la modifica in diminuzione rileva ai fini della competenza. Opinione 2 [giurisprudenza]: la diminuzione della domanda non è rilevante ai fini della competenza ma lo è ai fini del merito, in base al principio per cui il giudice non può attribuire più di quello che gli è stato chiesto (principio della corrispondenza tra ‘chiesto e pronunciato’: art. 112 c.p.c.). Ragioni di opportunità militano a favore della seconda soluzione, anche se rispetto ad essa sono ravvisabili incongruenze: 1) Art. 10 c.p.c.  stabilisce non che la competenza si determina dalla domanda proposta originariamente, ma che si determina dalla domanda come questa eventualmente si evolve nel corso del processo (sia in aumento che in diminuzione). 2) Se è vero che il giudice può dare meno della fascia minima di sua competenza, allora dovrebbe essere possibile proporre fin dall’inizio al giudice superiore una domanda che appartiene alla competenza del giudice inferiore (ciò non è consentito). Regola generale Le modificazioni della domanda di cui si è parlato, riguardano la domanda proposta con l’atto introduttivo, non anche il fenomeno della proposizione di più domande nello stesso processo (processo cumulato). fondamentale, ai soli fini della competenza, fa riferimento a quella parte del rapporto che è in contestazione. Esempio L’acquirente fa valere la garanzia per vizi. Il valore della causa non di determina sull’intero rapporto fondamentale (i beni sono acquistati per 10.000Euro), ma sulla parte del rapporto che è in contestazione (il risarcimento richiesto per vizi è di 2.000Euro). CASO 2: non è dedotto in giudizio un singolo effetto, ma è chiesto l’accertamento dell’esistenza o inesistenza, o quantificazione del rapporto in sé.  In questo caso, il ‘criterio di semplificazione’ non è applicabile e il valore va determinato sulla base dell’intero rapporto, quindi sulla base del valore pecuniario degli effetti ella sentenza che accoglie la domanda. Esempio E’ chiesta la risoluzione di un contratto ad esecuzione continuata. La risoluzione ha effetto solo per il futuro e non peri il passato. In tale ipotesi il valore della causa è il valore delle prestazioni future, non di tutte le prestazioni oggetto del rapporto (quello è infatti il valore economico dell’accoglimento della domanda). Premessa: le norme esaminate fin ora individuano il profilo della situazione dedotta in giudizio, che è rilevante ai fini del calcolo della competenza per valore. Come si calcola invece il valore dei beni da dividere, dell’obbligazione da adempiere, del risarcimento del danno etc.? Art. 14 e 15 c.p.c.  stabiliscono come determinare il valore di una somma di denaro, di un bene mobile o immobile. Art. 14  ipotesi in cui è controversa una somma di denaro / ipotesi in cui è controverso il diritto su un bene mobile SOMMA DI DENARO Vi sono 2 alternative: 1. La somma è quantificata dall’attore (attore precisa che vuole tot Euro) Il valore si determina in base alla richiesta CONTESTAZIONE DEL CONVENUTO Circa l’esistenza o l’entità della somma sono irrilevanti ai fini della competenza, e sono rilevanti ai fini del merito (il giudice deve prendere in considerazione le difese del contenuto per stabilire se veramente la somma è dovuta e in quale entità) 2. La somma non è quantificata dall’attore (attore rinvia all’esito dell’istruttoria la determinazione della somma che pretende)  La competenza si ‘presume’ del giudice adito CONTESTAZIONI DEL CONVENUTO Sono rilevanti solo ai fini del merito. Irrilevanza, ai fini della competenza, delle contestazioni del convenuto relative all’esistenza e/o entità della somma RATIO Quando uno stesso fatto rileva sia per il rito che per il merito, per la questione di rito determinante non è ciò che il giudice accerta, ma solo ciò che l’attore afferma. Infatti, se l’attore afferma un fatto non vero, paga la sua infondata affermazione con il rigetto nel merito della sua domanda. SOMMA QUANTIFICATA Caso: l’attore quantifica in corso di causa (fino al limite massimo dell’udienza di precisazione delle conclusioni). Si possono avere 3 ipotesi in questo caso: 1. L’attore indica una somma compresa tra il limite minimo e il limite massimo di competenza del giudice adito.  la quantificazione ha effetto ai fini del merito, ma non incide sulla competenza. 2. La somma indicata supera il limite massimo di valore del giudice adito  il giudice deve dichiararsi incompetente e la causa va trasferita al giudice superiore. 3. La somma indicata è inferiore al limite minimo di competenza del giudice adito  la quantificazione non rileva ai fini della competenza ma solo ai fini del merito, ciò in virtù di quanto detto relativamente all’art. 10 c.p.c. (gli aumenti rilevano ai fini della competenza, le diminuzioni no) SOMMA NON QUANTIFICATA Caso: la domanda non è quantificata inizialmente, né in corso di causa; passa in decisione e l’attore continua a chiedere la somma che risulterà “di giustizia”. Art. 14 ultimo comma c.p.c.  <il valore della causa rimane fissato anche agli effetti del merito nei limiti della competenza del giudice adito> Esempio Tizio chiede il risarcimento dei danni per un incidente stradale al giudice di pace, senza mai quantificare. Il giudice di pace gli riconosce un credito risarcitorio di 20.000Euro (magari a fronte i una consulenza tecnica, che quantifica il danno in 25.000Euro). Tizio non può chiedere il residuo in un successivo processo, perché il giudicato si forma sull’intero diritto. N.B. Lo stesso risultato si ha quando l’attore propone una domanda “nei limiti della competenza del giudice adito”: ciò che accade quando, per ragioni di velocità o comodità, si vuole una decisione del giudice di pace, rinunciando a priori all’eventuale maggior credito spettante. CAUSE RELATIVE A BENI MOBILI Premessa: anche in questo caso l’attore può attribuire o meno un valore, espresso in moneta, al bene mobile. Se l’attore quantifica il valore del bene  la competenza si stima sulla base della somma indicata dall’attore. Se l’attore non quantifica il valore del bene  la causa si presume di competenza del giudice adito. Regole generali - Se si arriva alla decisione senza che l’attore abbia attribuito un valore al bene, si applica l’ultimo comma dell’art. 14: il valore rimane fissato, anche agli effetti del merito, nei limiti della competenza del giudice adito. - La sentenza che attribuisce la proprietà del bene non trova ostacoli nel limite massimo della competenza del giudice adito. Esempio Niente impedisce a giudice di pace di scrivere nella sentenza <quel quadro è di proprietà dell’attore>; se poi il quadro vale 10Euro, Regola generale La decisione (con attribuzione di una somma pari al massimo della competenza) forma giudicato sull’oggetto del processo, e la differenza non può essere richiesta in un altro processo. 1.000Euro, 1Milione di euro non cambia nulla. L’attribuzione della proprietà vale ugualmente se fatta da un giudice di pace quanto se fatta da un tribunale. Conclusione: CONSEGUENZA: per i beni mobili, la contestazione che il convenuto fa del valore dichiarato dall’attore o del valore presunto è rilevante ai fini della competenza del giudice adito. Se il convenuto, nella prima difesa, contesta il valore, dichiarato o presunto, del bene mobile, il giudice decide, ai soli fini della competenza, sulla base di quello che risulta dagli atti e senza apposita istruzione. CAUSE RELATIVE A BENI IMMOBILI Premessa: vediamo come si determina il valore delle cause relative a beni immobili, per la precisione relative a diritti reali su beni immobili (proprietà, usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, servitù). Art. 15  istituisce una valutazione automatica del valore del bene attraverso il riferimento a due elementi rilevanti in materia tributaria: - Reddito dominicale dei terreni - Rendita catastale dei fabbricati SPIEGAZIONE I beni immobili sono ‘accatastati’, cioè descritti all’ufficio tecnico erariale, che ha le mappe dei terreni e dei fabbricati. Ogni terreno ed ogni fabbricato sono individuati catastalmente attraverso un numero ed è loro attribuito un reddito che si chiama ‘Reddito dominicale’ per i terreni / ‘Rendita catastale’ per i fabbricati. Per individuare il valore delle cause relative ai diritti reali su beni immobili si moltiplica: Reddito catastale x200: se si tratta di controversia relativa a proprietà Reddito catastale x100: se si tratta di diritto reale minore Reddito catastale del fondo servente x50: se si tratta di servitù VANTAGGIO REGOLA DI CUI ART. 15 C.P.C.: è sufficiente applicare un’operazione aritmetica per individuare il giudice competente. N.B. Se il bene non è accatastato  il giudice decide sulla base degli atti. Se dagli atti non emerge niente che consenta di stimare il valore del bene  causa è di valore indeterminabile Oggi l’art. 15 è inoperante, perché in materia di diritti reali sui beni immobili ha competenza solo il tribunale. Regola generale Per le somme di denaro, il valore è rilevante ai fini del merito; per i beni mobili, il valore non è rilevante ai fini del merito. Derogabilità ECCEZIONE! Anche la competenza territoriale è inderogabile nelle ipotesi di cui art. 28 c.p.c. Art. 28 individua una serie di casi tra i quali i più importanti sono quelli previsti dall’art. 70 c.p.c. Art. 70 c.p.c.  norma che regola le ipotesi in cui il pubblico ministero deve obbligatoriamente essere avvertito della pendenza del processo civile, in quanto oggetto del processo sono diritti indisponibili, cioè quei diritti, rispetto ai quali non ha efficacia la volontà. RATIO: il foro territoriale è inderogabile, perché le parti non vadano a scegliersi l’ufficio giudiziario che, magari, ha una giurisprudenza più favorevole. Accordo di deroga Premessa: escluse le ipotesi di competenza territoriale inderogabile, in tutti gli altri casi, le parti possono derogare convenzionalmente alla competenza, attraverso un accordo delle parti preventivo rispetto alla instaurazione della controversia. CARATTERISTICHE: - Deve riferirsi a possibili controversie determinate (es. non è valido l’accordo con cui due soggetti individuano un certo foro territoriale per tutte le controversie che dovessero fra loro sorgere) - In genere è inserito come clausola accessoria in un contratto (non è escluso che vengano stipulati accordi autonomi). - L’accordo deve risultare da atto scritto - L’accordo non toglie la competenza dei giudici individuati secondo le regole ordinarie e quindi istituisce un altro foro concorrente - Affinchè venga esclusa la competenza dei giudici individuati in base all’applicazione delle regole legali, occorre che le parti stabiliscano espressamente che l’unico giudice competente è quello da loro individuato. - L’accordo può essere articolato in modi diversi (es. giudice territorialmente competente può essere individuato a) identificandolo con il nome del luogo [es. giudice di Pisa] b) sulla base di criteri di competenza ulteriori rispetto a quelli previsti dalla legge [es, giudice del luogo dove si trova il bene mobile nel momento in cui sorge la controversia etc.). LA RILEVAZIONE E DECISIONE DELLE QUESTIONI DI COMPETENZA Premessa: si passi ora ad esaminare i profili ‘patologici’ o ‘dinamici’: sono quelli che riguardano gli strumenti volti ad affrontare e risolvere le contestazioni che possono sorgere in ordine al rispetto delle norme attributive della competenza. Regola generale L’accordo delle parti può derogare soltanto alla competenza territoriale, ma non anche alla competenza per materia e per valore. La differenza tra ‘norme statiche’ [quelle analizzate sino ad ora] e ‘norme dinamiche’ relative alla competenza emerge paragonando due articoli: - Art. 9 c.p.c.[statica]  stabilisce qual è la competenza del tribunale - Art. 38 c.p.c.[dinamica]  parla della rilevazione dell’incompetenza e quindi disciplina i modi e i tempi con cui può contestarsi la conformità del diritto alla scelta effettuata dall’attore. ART. 38 c.p.c. Identifica due regole di rilevazione dell’incompetenza a seconda che si tratti di: Competenza per materia, territorio inderogabile e valore Competenza territoriale derogabile Rilevazione dell’incompetenza da parte del giudice L’incompetenza per materia, territorio inderogabile e valore è rilevabile, dal giudice, non oltre l’udienza di cui all’art. 138 c.p.c. ART. 38 & ART. 14 – APPARENTE CONTRASTO Art. 14 c.p.c.  stabilisce che il convenuto (non anche il giudice) solo nella sua prima difesa (e non anche alla prima udienza) può contestare il valore attribuito dall’attore ai beni mobili. Coordinamento tra le due norme STEP 1: Art. 38  presuppone, per essere applicabile, che il valore della causa sia numericamente determinato. Sulla base dell’art. 14 ciò può avvenire: a) Se si tratta di somma di denaro: perché l’attore la quantifica b) Se si tratta di bene mobile: perché si arriva ad attribuirgli un valore attraverso il meccanismo di contestazione e decisione allo stato degli atti, previsto dall’art. 14 c.2 c.p.c. STEP 2: Quando si è determinato il valore della causa il giudice può rilevare d’ufficio la propria incompetenza per valore. N.B. E’ chiaro come quindi l’applicazione delle due norme sia consequenziale. Incompetenza territoriale derogabile deve essere rilevata d’ufficio dal giudice laddove rilevi una clausola di deroga alla competenza stipulata da un consumatore. Spiegazione Nei contratti tra professionista e consumatore, la competenza territoriale è convenzionalmente derogabile, ma solo in base ad una trattativa individuale. Rilevazione dell’incompetenza da parte del convenuto N. Benissimo! Regola generale Il convenuto può rilevare l’incompetenza per materia, valore e territorio (derogabile o inderogabile) solo nella comparsa di risposta tempestivamente depositata. Se vi è una pluralità di fori concorrenti, il convenuto deve contestare tutti i profili di competenza astrattamente applicabili alla causa [vedi esempio pag. 120 in basso] Art. 38 c.1  preclude dunque il potere di eccezione del convenuto (prima difesa) prima che si precluda il concorrente potere di rilevazione del giudice (udienza di cui art. 138). CONSEGUENZA: alla prima udienza il convenuto potrà ancora ‘segnalare’ al giudice l’incompetenza, ma senza avere alcuna situazione processuale protetta, che gli assicuri per un verso una risposta del giudice e, per altro verso, il potere di sindacare tale risposta o mancata risposta. Se manca questa indicazione l’eccezione si ha come non proposta. RATIO: l’indicazione del giudice competente serve ad innescare un possibile meccanismo di accordo endoprocessuale, che risolve in via breve la questione di competenza. Per questo motivo, si deve ritenere che l’eccezione di incompetenza per territorio inderogabile non soggiaccia allo stesso onere (non esiste potere negoziale delle parti in ordine alla determinazione della competenza). Accordo sulla competenza Se le altre parti accettano la indicazione del convenuto che ha sollevato la eccezione si realizza un accordo sulla competenza. Ne esistono 2 tipologie: 1° tipo di accordo  artt. 28- 29 c.p.c. si realizza prima della proposizione della domanda. 2° tipo di accordo [in esame] CASO 1: le parti aderiscono ed accettano la proposta del convenuto. Se ciò accade, il giudice adito chiude il processo con un provvedimento meramente ordinatorio: dispone con ordinanza la cancellazione dal ruolo e la causa non è più riportata davanti a lui in udienza. Limiti temporali di efficacia dell’accordo L’accordo endoprocessuale ha effetti limitati nel tempo, perché è condizionato alla riassunzione della causa entro 3 mesi. CASO 2: le parti non aderiscono all’indicazione del giudice competente Conseguenza: il giudice deve affrontare la questione di competenza. TRATTAZIONE N.B. Il giudice non deve decidere subito della questione di competenza: egli può continuare a svolgere l’attività di trattazione ed istruzione relativa al merito, salvo affrontare la questione della competenza quando la causa sarà totalmente istruita (prima della pronuncia nel merito). ISTRUTTORIA Premessa: per decidere delle questioni di competenza il giudice può trovarsi nella necessità di compiere attività istruttoria. Regola generale Il convenuto, quando eccepisce l’incompetenza territoriale del giudice adito, deve anche individuare il giudice a suo avviso competente e, se sono più i fori concorrenti, tutti i giudici a suo avviso competenti. Regole di coordinamento 1° regola di coordinamento CASO 1: Se il regolamento di competenza è proposto prima dell’impugnazione ordinaria - I termini per proporre l’impugnazione ordinaria si sospendono in attesa che sia deciso il regolamento - Se la sentenza che decide il regolamento conferma la competenza del primo giudice  i termini riprendono a decorrere e può essere proposta l’impugnazione ordinaria - Se la sentenza dichiara il primo giudice non competente  i termini non decorrono più perché la sentenza travolge la pronuncia di merito (effetto espansivo interno: art. 336 c.1. c.p.c.). 2° regola di coordinamento CASO 2: se prima viene proposta l’impugnazione ordinaria (le altre parti possono comunque proporre il regolamento di competenza) - Il convenuto, finché non viene impugnato dall’attore il capo di merito, non ha interesse ad impugnare la questione di competenza [quindi il convenuto, vittorioso nel merito ma soccombente nel rito, è un soccombente ‘virtuale’] - A questo punto nasce un problema di strategia processuale per il convenuto: Se è forte nel merito lascia passare in giudicato la questione di rito [non la impugna] e si difende solo nel merito, in sede di impugnazione  Se è debole nel merito coltiva la questione di competenza [la impugna] perché in sede di impugnazione la sentenza di merito può essere ribaltata contro di lui (e se ciò accade, il convenuto non può più ‘ripescare’ la questione di competenza, in quanto la sentenza di 1° sul punto della competenza è già passata in giudicato. In questo caso il convenuto può scegliere tra due strumenti distinti: a) Riproporre la questione di competenza di fronte al giudice adito dall’attore con l’impugnazione ordinaria b) Utilizzare il regolamento di competenza (gli esiti possibili sono quelli già visti nella 1° regola di coordinamento) CONVERSIONE Premessa: un concorso tra il regolamento di competenza e i mezzi di impugnazione ordinari, può avvenire anche per la sentenza emessa in grado di appello o in unico grado. In questo caso a concorrenza ha luogo fra: - Ricorso ordinario (art. 360 c.p.c.) - Regolamento di competenza DIFFERENZE i. Il termine per proporre il regolamento è di 30gg. dalla comunicazione del provvedimento da impugnare. Il termine per il ricorso in cassazione è di 60gg. dalla notificazione della sentenza (o in mancanza di notificazione, 6 mesi dalla pubblicazione [deposito della sentenza in cancelleria da parte del giudice]) ii. Per il ricorso ordinario: è necessario conferire mandato speciale ad un legale iscritto in uno speciale albo, nell’albo dei patrocinanti di fronte ai giudici superiori (Corte costituzionale / Consiglio di stato / Corte dei conti / Corte di cassazione) Per il regolamento: questo può essere proposto dallo stesso legale che ha rappresentato la parte di fonte al giudice che ha emesso la sentenza impugnata. Dati gli elementi comuni tra istanza di regolamento e ricorso ordinario, è possibile che fra tali due atti si verifichi una conversione: - L’istanza di regolamento, erroneamente proposta può convertirsi in ricorso ordinario; il ricorso ordinario, erroneamente proposto può convertirsi in istanza di regolamento. PROCEDIMENTO i. Il regolamento si propone alla Corte di cassazione entro 30gg. a) Dalla comunicazione del provvedimento che ha pronunciato sulla competenza Comunicazione del provvedimento: consiste nell’avviso che il cancelliere fa, ai legali delle parti, dell’avvenuta pubblicazione (deposito in cancelleria) della sentenza o dell’ordinanza da parte del giudice. b) [o] Dalla notificazione della impugnazione ordinaria della controparte nei casi si soccombenza virtuale sulla competenza. ii. Il ricorso è notificato alla o alle controparti e depositato nella cancelleria della Corte, alla quale il cancelliere del giudice a quo rimette il fascicolo. iii. Le parti possono costituirsi di fronte alla Corte depositando i loro atti, iv. La Corte decide poi, in camera di consiglio, sulla base degli scritti difensivi delle parti e statuisce sulla competenza indicando quale è il giudice competente. Caso 1: la Cassazione afferma la competenza del giudice adito  il processo va avanti di fronte a quel giudice, gli atti compiuti sono validi. Caso 2: la Cassazione dichiara l’incompetenza del giudice adito  il processo si azzera e deve essere ricominciato da capo innanzi al giudice indicato dalla Cassazione come competente. Regola generale Il fenomeno della conversione è possibile solo quando l’atto errato ha tutti i requisiti dell’atto giusto. Regola generale La pronuncia della Corte è vincolante per tutti i giudici dell’ordinamento. N. Benissimo! Sanatoria dei vizi dei presupposti processuali Premessa: per capire cosa si intenda con <riassunzione> della causa, si affronti il problema della sanatoria dei vizi dei presupposti processuali. I vizi processuali possono essere: - Vizi sanabili: vizi rispetto ai quali è possibile acquisire al processo quel quid, la cui carenza determina il vizio in questione. N. Benissimo! L’acquisizione deve potere avvenire attraverso l’attività di colui che ha proposto la domanda. - Vizi insanabili: in questo caso il processo non può giungere ad una decisione di merito, esso deve essere chiuso di rito. Se l’attività (intimata dal giudice) non viene posta in essere, allora diviene inevitabile la chiusura di rito del processo. Se tale rilievo proviene dalla controparte, oppure la parte stessa è in grado di rendersi conto del vizio Secondo la Cassazione non si deve attendere che il giudice dia quelle disposizioni, ma occorre attivarsi immediatamente per porre in essere l’attività necessaria. Processi che inizialmente sono affetti dal vizio di un presupposto processuale, poi sanato Due considerazioni: - Necessariamente trascorre del tempo tra la proposizione della domanda giudiziale ed il momento in cui si è avuta la sanatoria Regola generale Il processo non viene necessariamente iniziato ex novo; esso può essere “trasferito” innanzi al giudice competente con un ATTO DI RIASSUNZIONE. Regola generale Una tendenza del nostro ordinamento è quella di prevedere, ove si accerti la carenza di un presupposto processuale sanabile, che il giudice non possa chiudere immediatamente il processo, ma debba dare le disposizioni idonee per acquisire al processo ciò che manca, e quindi sanare il vizio del presupposto processuale. Regola generale Il giudice deve dare disposizioni idonee a sanare il processo solo ove il rilievo dei vizi sia effettuato dal giudice o Ipotesi di incompetenza per valore e territorio derogabile Pronuncia di incompetenza è vincolante sia per la parte negativa che per quella positiva. o o Ipotesi di incompetenza per materia e territorio inderogabile Pronuncia di incompetenza è vincolante solo per la parte negativa  il giudice indicato come competente non è vincolato all’indicazione di competenza e può a sua volta rilevare la propria incompetenza. In che modo? Deroga alla regola normale  il giudice deve richiedere il regolamento di competenza di ufficio; deve cioè emettere un’ordinanza di rimessione degli atti alla Corte di cassazione perché decida sul conflitto di competenza. Mancata riassunzione Se dopo la pronuncia di incompetenza non impugnata, la causa non è riassunta nei termini di cui all’art. 50 c.p.c. il processo si estingue (si perdono gli effetti della domanda) N.B. Il fenomeno è identico a quello che si ha se il processo si estingue dopo il regolamento di competenza con l’aggiunta però di effetti ulteriori Effetti ulteriori (art. 310 c.p.c.) Non sono salvate dall’estinzione le pronunce di rito emesse dal giudice di merito (diversamente da quelle della Corte di cassazione) quindi: - La causa può essere riproposta allo stesso giudice che si è dichiarato incompetente - Questi può sollevare la questione o il convenuto eccepirne l’incompetenza - La causa può essere riproposta al giudice che era stato dichiarato come competente (dal 1° giudice), e ancora una volta questi può rilevare di ufficio la propria incompetenza. Quando la causa è riproposta, il giudice indicato come competente, se si ritiene incompetente, non solleva il conflitto di competenza d’ufficio, ma decide della questione. LA REGOLARE COSTITUZIONE DEL GIUDICE; L’ASTENSIONE E LA RICUSAZIONE. Terzo presupposto processuale [attinente all’ufficio]: regolare costituzione del giudice. Art. 158 c.p.c.  si limita a stabilire che <la nullità derivante da vizi relativi alla costituzione del giudice è insanabile e deve essere rilevata d’ufficio salva la previsione dell’art. 161 c.p.c.> La disposizione è scarna, ci si deve basare quindi sull’esperienza pratica che si è avuta per capire cosa si intenda con ‘regolare costituzione del giudice’. 1. Ipotesi : questioni relative all’investitura del potere giurisdizionale [a] GIUDICE PROFESSIONALE: è necessario che ci sia l’atto di nomina, che non vi sia stato pensionamento, dimissioni, trasferimento ad altro ufficio. GIUDICE ONORARIO: è necessario che ci sia stato l’atto di nomina, ed essendo nominati a tempo, che non ci sia stata la scadenza. GIUDICE ONORARIO: si sono uffici giurisdizionali ricoperti da soggetti che non hanno un rapporto di pubblico impiego es. i giudici di pace. N. benissimo! Non rientrano fra le questioni, relative ai vizi sulla regolare costituzione del giudice, quelle sulla validità dell’atto di nomina, queste rientrano nella giurisdizione del giudice amministrativo e costituiscono controversia che si svolge in quella sede. [b] Questioni relative all’assegnazione del magistrato all’ufficio (rientrano in questa fattispecie) E’ un profilo che riguarda solo i magistrati professionali, perché l’atto di nomina dei magistrati onorari contiene anche la designazione all’ufficio. Magistrato professionale  può esercitare le sue funzioni presso un ufficio o presso un altro, la sua costituzione è regolare solo se il processo è condotto da un magistrato assegnato a quell’ufficio. 2. Ipotesi : questione relativa alla composizione numerica dell’organo giudicante, se questo è collegiale Es. il tribunale o la Corte di appello devono essere composti da 3 magistrati, non da 2 o da 4. 3. Ipotesi : principio di unitarietà della fase decisoria Principio di unitarietà: i giudici, a cui è affidata la causa nella fase decisoria, non possono essere sostituiti. Se, per una qualunque ragione, è impossibile portare a termine la fase decisoria con gli stessi giudici coi quali è stata iniziata (es. uno muore, o va in pensione etc.), bisogna ripetere la fase stessa [bisogna riprendere il processo dal momento successivo alla precisazione delle conclusioni e ripercorrere la fase successiva]). Che cosa NON costituisce vizio relativo alla regolare costituzione del giudice? Le questioni relative all’assegnazione a un certo giudice all’interno dello stesso ufficio, non producono vizio di regolare costituzione, perché si ritiene che ciò che conta è l’assegnazione del magistrato a un certo ufficio; l’attribuzione del lavoro all’interno dell’ufficio integra un fatto meramente organizzativo irrilevante all’esterno. (es. in certi tribunali di grandi dimensioni ci sono sezioni specializzate in materia di famiglia o fallimento etc. anche se una causa relativa al diritto di famiglia viene affidata ad un giudice che non fa parte di quelle sezioni, ciò non comporta vizio attinente alla regolare costituzione del giudice). Rilevazione del vizio Art. 158 c.p.c. <la nullità derivante da vizi relativi alla costituzione del giudice è insanabile e dev’essere rilevata d’ufficio>. ANALISI Il vizio è rilevabile in ogni stato e grado del processo anche d’ufficio. Regola generale  vuole che tale ‘rilevazione’ incontri un ostacolo nella formazione del giudicato. MA [Eccezione!!] Alcuni vizi (attinenti ai presupposti processuali) sopravvivono al giudicato, cioè possono essere fatti valere al di fuori del processo in cui si sono verificati: ciò accade per alcuni (non tutti) dei vizi relativi alla regolare costituzione del giudice. Essi ricadono nella disciplina dell’art. 161 c.2 c.p.c. Art. 161 c.2. c.p.c.  ipotesi di sentenza inesistente SENTENZA INESISTENTE: es. sentenza emessa da un soggetto che non ha il potere giurisdizionale è inesistente. Imparzialità del giudice E’ una delle caratteristiche della giurisdizione e deve essere assicurata sotto un duplice profilo: - Soggettivo o Personale [profilo che attiene all’ufficio giuridico] l’ordinamento prevede l’istituto della astensione e ricusazione, disciplinato dagli artt. 51 ss. c.p.c. - Oggettivo o Funzionale [profilo che attiene al giudice come persona fisica] in questo senso sono fondamentali le norme dell’ordinamento giudiziario richiamate dall’art. 102 c.1 Cost. ASTENSIONE Le ipotesi di astensione e ricusazione sono riunite in 5 gruppi ed elencate nell’art. 51 ss. c.p.c. 1. Il giudice ha interesse nella causa o in altra vertenza su identica questione di diritto 2. Il giudice o il coniuge sono parenti fino al 4° grado, o il giudice è legato da vincoli di affiliazione, o convivente o commensale abituale di una delle parti o dei difensori. 3. Il giudice o coniuge hanno causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito con una delle parti o dei difensori 4. Il giudice ha dato consiglio o prestato patrocinio nella causa o vi ha deposto come testimone, oppure ne ha conosciuto come magistrato in altro grado del processo, oppure vi ha svolto le funzioni di arbitro o di consulente tecnico. 5. Il giudice è tutore, curatore, procuratore, agente o datore di lavoro di una delle parti; amministratore o gerente di un ente, di un’associazione anche non riconosciuta, di un comitato, di una società o stabilimento che ha interesse in causa. Come si agisce? In tutte queste ipotesi il giudice ha l’obbligo di astenersi, comunicando al capo dell’ufficio la sussistenza di uno dei casi esaminati. Il capo dell’ufficio nominerà un altro giudice che sostituirà quello astenutosi. Art. 51 c.2.  Astensione facoltativa E’ prevista una facoltà di astensione in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. In questo caso è il singolo giudice che deve chiedere l’autorizzazione al capo dell’ufficio, il quale può anche negarla se ritiene che tali gravi ragioni non sussistano. Astensione obbligatoria: valutazione della sussistenza di una delle condizioni dell’astensione è effettuata dallo stesso giudice che si astiene. Astensione facoltativa: è valutata dal capo dell’ufficio su iniziativa esclusiva del giudice interessato. RICUSAZIONE Nozione: nelle stesse ipotesi in cui si ha astensione obbligatoria, ciascuna delle parti può ricusare il giudice che doveva astenersi, e che non si è astenuto. Regole generali - E’ proposta nei modi e termini di cui all’art. 52 c.p.c. Rilevazione del vizio Art. 158 c.p.c.  la nullità derivante dai vizi relativi all’intervento del p.m. è insanabile e deve essere rilevata d’ufficio. Se il vizio non è colto durante la pendenza del processo… RIMEDIO STRAORDINARIO: il p.m. può usufruire della ‘revocazione’ (art. 397 c.p.c.). Art. 397 c.p.c.  nelle cause in cui è obbligatorio l’intervento del p.m., le sentenze possono da lui essere impugnare per revocazione quando egli non è sentito, cioè quando non gli sono stati comunicati gli atti. LA COSA GIUDICATA: I LIMITI OGGETTIVI Premessa: la ‘cosa giudicata’ fa parte del 2° gruppo dei presupposti processuali, quelli attinenti all’oggetto della controversia. I tre argomenti da affrontare in tema di giudicato riguardano i limiti oggettivi, soggettivi e temporali: in altri termini che cosa statuisce la sentenza, nei confronti di chi, e fino a quando. Alcune precisazioni Noi parliamo, in questa sede, di <effetti della cosa giudicata o del giudicato> ma sarebbe più corretto parlare di <effetti della sentenza passata in giudicato>  perché il giudicato non è un ulteriore effetto che si aggiunge a quelli della sentenza, ma è una qualità che consiste nella stabilità degli effetti. GIUDICATO FORMALE PASSAGGIO IN GIUDICATO: art. 324 c.p.c. <si intende passata in giudicato la sentenza che non è più soggetta né a regolamento di competenza, né ad appello, né a ricorso per cassazione, né a revocazione per i motivi di cui ai nn. 4 e 5 dell’art. 395> ANALISI L’art. 324 c.p.c. definisce implicitamente anche i mezzi di impugnazione ordinari. Mezzi di impugnazione ordinari: l’impossibilità di una loro impugnazione determina il passato in giudicato della sentenza. Mezzi di impugnazione straordinari: sono suscettibili di essere utilizzati anche contro sentenza passate in giudicato formale, e sono: - Revocazione per i motivi di cui ai nr. 1, 2, 3, e 6 art. 395 c.p.c. - Opposizione del terzo (art. 404 c.p.c.) GIUDICATO SOSTANZIALE Premessa: la seconda questione da affrontare è quella relativa al ‘contenuto della pronuncia’. La sentenza può essere: Di rito: ha ad oggetto il processo, ed afferma o nega la possibilità di pronunciare nel merito a causa della esistenza/inesistenza di un presupposto processuale. Non produce effetti sul terreno del diritto sostanziale, in quanto enuncia regole di comportamento processuali e non sostanziali. Di merito Dobbiamo dunque introdurre un ulteriore distinzione tra:  Cosa giudicata formale [riguarda tutte le pronunce]  Cosa giudicata sostanziale [consiste negli effetti delle pronunce di merito] Doppiamo poi distinguere:  Giudicato interno: è quello formatosi nello stesso processo  Giudicato esterno: è quello formatosi in un processo diverso IMPORTANZA DISTINZIONE: - In ordine al potere di rilevazione del giudicato stesso. Per lungo tempo  giurisprudenza ha affermato che solo il giudicato interno poteva essere rilevato ex officio e che il giudicato esterno aveva il regime dell’eccezione proponibile solo dalla parte. Poi  Cassazione ha ritenuto rilevabile ex officio anche il giudicato esterno, purchè esista agli atti la relativa prova. - In ordine all’efficacia della sentenza al di fuori del processo in cui è stata emessa. OPINIONE DOMINANTE: la sentenza di rito (eccetto quella sulla ‘competenza’ e ‘giurisdizione’ pronunciata dalla Corte di cassazione) non ha effetto al di fuori del processo in cui si è formata: sicchè la sentenza di rito passata in giudicato non ha neppure effetti nel successivo processo, instaurato tra le stesse parti, in ordine allo stesso oggetto, qualora all’interno di questo 2° processo dovesse sorgere la stessa questione di rito già affrontata e decisa dalla precedente sentenza. Oggetto del giudicato sostanziale Che cos’è l’oggetto del giudicato sostanziale? C’è concordia nel ritenere che il punto di riferimento del giudicato è la situazione sostanziale per la quale è stata richiesta la tutela giurisdizionale. Se si richiama la funzione della tutela dichiarativa, diviene semplice concludere GIUDICATO SOSTANZIALE: consiste nella determinazione autoritativa e perciò vincolante di regole di condotta appartenenti al diritto sostanziale. Oggetto della domanda e oggetto del giudicato Premessa: l’avere ribadito che la pronuncia consiste nella statuizione autoritativa circa il modo di dover essere della realtà sostanziale, ci consente di individuare la correlazione fra oggetto della domanda e oggetto della pronuncia. Precisazione Si è detto ‘tendenzialmente’, perché può accadere che vi sia una non coincidenza fra l’oggetto della domanda e l’oggetto della decisione. Tale non coincidenza può essere:  Fisiologica (se avviene ‘secundum ius’)  non dipende da errori del giudice Si ha nelle ipotesi di una pluralità di domande fra loro alternative o condizionate: può ben essere che le domande proposte siano più di quelle decise.  Patologica (se avviene ‘contra ius’) dipende da errori del giudice Infrapetizione: il giudice non decide di domande che doveva decidere (oggetto del processo più ampio di quello della decisione) Regola generale Tendenzialmente, ciò che è oggetto della domanda diventa anche oggetto della sentenza, per cui noi possiamo parlare dell’oggetto della domanda /oggetto del processo / oggetto della decisione, come tra aspetti di un unico fenomeno. Ultrapetizione: il giudice decide di domande che non gli sono state proposte (oggetto della decisione è più ampio dell’oggetto del processo) Premessa: per affrontare i problemi relativi alla cosa giudicata (limiti oggettivi, soggettivi, temporali) dobbiamo sempre presupporre che vi sono sempre 2 processi, uno chiuso con la sentenza passata in giudicato, e l’altro aperto, all’interno del quale si deve stabilire se e in che limiti la prima sentenza produca gli effetti. Rapporti tra l’oggetto della 1° decisione e l’oggetto del 2° processo Le relazioni astrattamente ipotizzabili sono 3: 1. IDENTITA’ 2. DIPENDENZA 3. PREGIUDIZIALITA’ IDENTITA’ Nozione: si ha quando l’oggetto del secondo processo coincide con l’oggetto della decisione passata in giudicato. DIPENDENZA & PREGIUDIZIALITA’ Per spiegare la relazione di dipendenza & di pregiudizialità bisogna partire da una premessa. Premessa: sappiamo che la norma, di solito, quando prevede il verificarsi di un effetto giuridico descrive una fattispecie alla cui presenza l’effetto si verifica. Schematizzando: Al verificarsi dei fatti A, B, C si verifica l’effetto X  A + B + C = X Complicazione L’ordinamento però non necessariamente individua come elementi della fattispecie dei ‘meri fatti storici’ ma può spesso prevedere che uno o più elementi della fattispecie siano costituiti dall’esistenza, inesistenza o modo di essere di un altro effetto giuridico. Esempio L’ordinamento prevede che la fattispecie risarcitoria possa essere composta non solo dal danno ingiusto [fatto storico] e dal fatto illecito [fatto storico], ma anche da un altro elemento giuridico che è la proprietà dell’oggetto [effetto giuridico] che ha prodotto il danno (es. il proprietario dell’autovettura che ha prodotto il danno è responsabile per il risarcimento dei danni prodotti). Nell’esempio utilizzato, un elemento della fattispecie è il diritto di proprietà, che è un effetto giuridico, un diritto, e non un mero fatto. Schematizzando: A + B + C = X [diritto di proprietà] X + D [danno ingiusto] + E [fatto illecito] = Y [fattispecie risarcitoria] ANALISI Lo schema descritto integra il rapporto di pregiudizialità-dipendenza perché: Regola generale In queste ipotesi ciò che rileva ai fini del giudicato è il ‘quid decisum’ (cioè l’oggetto della sentenza) e non il ‘quid disputandum’ (cioè l’oggetto della domanda), in quanto il giudicato si forma sulla decisione, cioè sulla res in iudicio decisa e non sulla res in iudicium deducta. RAPPORTO GIURIDICO = X (effetto 1) + Y (effetto 2) + Z (effetto 3) […] 1° processo: ha ad oggetto uno di questi effetti (quindi diritti) per decidere in merito al quale si fa riferimento al rapporto giuridico di cui è elemento costituente. 2° processo: valgono le posizioni prese dal giudice relativamente al rapporto giuridico? Esempio Tizio chiede a Caio il pagamento della tredicesima, affermando l’esistenza di un rapporto di lavoro dipendente. Il giudice, per statuire sulla tredicesima, porta la sua cognizione sull’esistenza del rapporto di lavoro dipendente, perché solo nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato si ha diritto alla tredicesima. La sentenza accoglie la domanda e passa in giudicato. In seguito Caio chiede a Tizio il risarcimento dei danni per violazione dell’obbligo di fedeltà. Ci si chiede: se nel 2° processo è vincolante la qualificazione che, nella 1° sentenza, il giudice ha dato del tipo di rapporto intercorrente tra le parti? Al problema sono state date due soluzioni differenti: 1. Vale lo stesso criterio che si applica per la pregiudizialità in senso tecnico (art. 34 c.p.c.) 2. La pregiudizialità in senso logico si innesta su un modo di essere della realtà sostanziale diverso da quello della pregiudizialità in senso tecnico. Spiegazione Mentre nella pregiudizialità in senso tecnico la situazione pregiudiziale è un vero e proprio diritto che attribuisce un bene della vita, il rapporto giuridico di per sé non è una situazione sostanziale attributiva di alcun bene della vita. L’utilità non nasce dal rapporto in sé, ma dai singoli effetti del rapporto  CONSEGUENZA: nessun elemento si può trarre dall’art. 34 c.p.cp. perché altro è che pregiudiziale sia un diritto vero e proprio (ecco perché si chiama ‘pregiudizialità in senso tecnico’), altro è che si discuta dell’esistenza e qualificazione di un rapporto che è solo un’entità strumentale e artificiale [rapporto giuridico] che ha l’unico scopo di rendere omogenei i più effetti, i più diritti che da esso scaturiscono. SOLUZIONE Regole generali - Risalire al rapporto per decidere del diritto non è sempre necessario (es Tizio chiede la condanna di Caio al pagamento della tredicesima maturata nel 1983. Caio eccepisce la prescrizione. Il giudice può decidere della domanda senza doversi occupare del problema dell’esistenza del rapporto di lavoro dipendente. Egli può rigettare la domanda affermando che, se anche il diritto esisteva perché il rapporto di lavoro doveva qualificarsi di lavoro subordinato, ormai si è prescritto) - Anche l’accoglimento della domanda (in casi rari) può prescindere dall’accertamento dell’esistenza e/o qualificazione del rapporto (es. Tizio chiede a Caio la restituzione del bene da lui detenuto a titolo di comodato, per l’avvenuta scadenza del termine; Caio eccepisce che non di comodato si tratta ma di locazione. Tizio replica che, anche se si trattasse di locazione, il rapporto sarebbe ugualmente scaduto. Se il giudice ritiene fondata la replica, può condannare Caio al rilascio senza prendere posizione sulla qualificazione del rapporto, perché questa nel caso concreto è irrilevante) I LIMITI SOGGETTIVI Il criterio da usare per la pregiudizialità logica è quello dell’antecedente logico necessario: Se il giudice, per decidere dell’effetto (diritto) dedotto in giudizio, si è dovuto occupare (antecedente logico) della esistenza e qualificazione del rapporto a cui tale diritto appartiene, allora ciò che il giudice ha stabilito del rapporto forma giudicato ove venga in discussione, in un successivo processo, un altro diritto che appartiene allo stesso rapporto. Regola generale Il problema dei limiti soggettivi si pone solo quando, sulla base delle regole sui limiti oggettivi, si giunge alla conclusione che la precedente sentenza è rilevante per la decisione della seconda controversia. RATIO: se la 1° sentenza non è rilevante nel 2° processo, il terzo (cioè il soggetto che è parte nel 2° processo ma non è stato parte nel 1°) non ha la necessità di essere difeso da una efficacia che non lo riguarda: egli è un terzo c.d. indifferente. Dobbiamo quindi concentrarci sui terzi che potenzialmente sono pregiudicati dalla precedente sentenza. Principio del contraddittorio La differenza fondamentale tra le ipotesi in cui il 2° processo si svolge tra gli stessi soggetti che hanno preso parte al 1°, e le ipotesi in cui il 2° processo vede come parte un soggetto che è stato terzo nel 1° processo è la seguente: chi è stato parte al 1° processo ha avuto modo di difendersi, di usufruire del contraddittorio garantito dagli artt. 24 e 111 Cost. Chi, invece, non ha preso parte al precedente processo non ha avuto modo di usufruire di quelle garanzie. Possibile soluzione: a questo punto si potrebbe ritenere chiuso l’argomento: se il diritto di difesa è inviolabile (art. 24 c.2 Cost.) e la massima lesione dello stesso è vincolare all’esito di un processo chi non è stato messo in grado di parteciparvi, le ipotesi di efficacia ultra partes della sentenza dovrebbero essere escluse a priori. PROBLEMA: art. 24 Cost. non garantisce solo il ‘diritto di difesa’ ma anche il ‘diritto di azione’. Questione: è necessario trovare un criterio per stabilire quando si deve estendere l’efficacia della pronuncia al terzo, comprimendo il sui diritto di difesa ma realizzando il diritto di azione della parte vittoriosa nel 1° processo & quando invece, si deve negare l’efficacia della pronuncia dei confronti del terzo così tutelando il suo diritto di difesa, ma comprimendo il diritto di azione della parte vittoriosa. Dobbiamo distinguere 2 ipotesi:  CASO 1: Il diritto o l’obbligo del terzo sorgono dopo l’inizio del processo, al quale egli non è stato chiamato a partecipare, e che si conclude con la sentenza, della cui efficacia si discute nel 2° processo. Esempio Tizio propone domanda nei confronti di Caio, per far accertare l’esistenza di una servitù di passo a favore del suo fondo e sul fondo di Caio (confessoria servitutis), ed ottiene una sentenza che accoglie la domanda. Nel corso del processo o dopo che esso è terminato, Caio vende ill proprio fondo a Sempronio, il quale impedisce a Tizio di utilizzare la strada. Tizio dunque propone una nuova confessoria servitutis contro Sempronio, e fa valere la sentenza che ha dichiarato esistente la servitù. Può Sempronio replicare: <res inter alios iudicata>? Può Sempronio appellarsi al suo <inviolabile> diritto di difesa, per costringere Tizio a dimostrare di nuovo che la servitù esiste? SOLUZIONE Tutelato diritto di azione della parte vittoriosa a sacrificio del diritto di difesa del terzo Art. 111 c.4 c.p.c.  “la sentenza pronunciata contro le parti originarie spiega sempre i suoi effetti contro il successore a titolo particolare” (colui che in pendenza del processo ha acquistato un diritto o un obbligo da una delle parti in causa). Art. 2909 c.c.  “la sentenza passata in giudicato fa stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi e aventi causa” (cioè coloro che hanno acquistato un diritto o un obbligo dopo il passaggio in giudicato) N. Benissimo! La compressione del diritto di difesa del terzo, in applicazione del principio del ‘minimo mezzo’, deve essere limitata a quel tanto che serve per garantire il diritto di azione della parte che è stata o che risulterà vittoriosa  il terzo ha gli stessi poteri processuali delle parti, con la sola differenza che sarà lui a dovere intervenire nel processo o più in generale a prendere l’iniziativa per esercitare i propri poteri, senza che le parti lo debbano avvertire della pendenza del processo o dell’emanazione della sentenza.  CASO 2: la situazione del terzo nasce prima che venga proposta la domanda Esempio Tizio propone la confessoria servitutis nei confronti di Caio dopo che questi ha già venduto il fondo servente a Sempronio (dichiarandolo). Questione: qui il discorso si rovescia: sono le parti de 1° processo che non hanno tenuto conto della realtà sostanziale, che hanno trascurato la situazione del terzo, che già esisteva quando la 1° domanda è stata proposta. SOLUZIONE Si tutela il diritto di difesa del terzo, piuttosto che il diritto di azione della parte vittoriosa. N. Benissimo! il problema, che abbiamo affrontato, si pone solo quando la sentenza è favorevole alla controparte del dante causa. Se, al contrario, essa è favorevole al titolare del diritto o dell’obbligo pregiudiziale non vi è alcuna esigenza di tutelare né il diritto di azione della controparte soccombente, né il diritto di difesa dell’avente causa della parte vittoriosa. PREGIUDIZIALITA’ ISTANTANEA Premessa: finora abbiamo ragionato in termini di diritto di difesa e diritto di azione, e quindi ci siamo posti sul piano del diritto processuale. In quest’ottica, il terzo, la cui situazione sia sorta prima della proposizione della domanda, è immune dagli effetti della sentenza. Tuttavia, a certe condizioni non è esclusa un’efficacia della sentenza nei confronti del terzo, la cui situazione sia sorta prima della proposizione della domanda, ma non per ragioni di diritto processuale, sibbene per motivi di diritto sostanziale, per il tipo di struttura sostanziale che lega la situazione intercorrente tra le parti (oggetto del 1° processo) e la situazione del terzo. Pregiudizialità istantanea: la situazione pregiudiziale deve esistere nel momento in cui sorge la situazione dipendente, le modificazioni della situazione pregiudiziale, in un momento successivo alla nascita della situazione dipendente, dal punto di vista del diritto sostanziale sono ininfluenti. Esempio Sempronio è creditore ipotecario di Tizio. Perché l’ipoteca sorga efficacemente è necessari oche colui che la concede sia proprietario nel momento in cui l’ha concessa. Se poi, successivamente all’iscrizione dell’ipoteca, colui che ha concesso l’ipoteca dispone del suo diritto di proprietà, ciò ai fini dell’esistenza del diritto di ipoteca è irrilevante. N.B. L’ordinamento può però anche stabilire una relazione sostanziale di tipo diverso: Pregiudizialità permanente: la situazione pregiudiziale deve esistere non solo nel momento in cui sorge la situazione dipendente, ma deve persistere anche successivamente. Esempio Tizio dà in locazione un bene a Caio; Caio dà in sublocazione lo stesso bene a Sempronio. Qui esiste un rapporto principale di locazione fra Tizio e Caio ed un rapporto dipendente di sublocazione tra Caio e Sempronio. L’art. 1595 c.c. stabilisce che la condizione, affinchè persista il diritto del sub conduttore nei confronti del locatore principale, è che continui ad esistere la locazione principale. Se cade la locazione principale, si travolge anche il diritto del sub conduttore Sempronio nei confronti del locatore Tizio. CONCLUSIONE: più attendibile la tesi minoritaria, ne consegue che la preclusione del <dedotto e deducibile> non opera laddove il fanno non fosse conosciuto dalla parte. Fattispecie complessa Esempio Se i 20 anni di possesso si compiono il giorno successivo all’udienza di precisazione delle conclusioni, l’effetto prodotto dall’usucapione non ricade nella preclusione del dedotto e del deducibile. PROVVEDIMENTO DI ACCOGLIMENTO Premessa: resta da stabilire quali fatti sopravvenuti sono idonei ad incidere sugli effetti della sentenza. A tal proposito distinguiamo:  Sopravvenienze possibili rispetto alle sentenze si accoglimento della domanda  Sopravvenienze possibili rispetto alle sentenze di rigetto. Piccola perla In teoria la vera distinzione dovrebbe essere tra: - Sentenze che hanno dichiarato che si è prodotto un effetto giuridico (che esiste un diritto) - Sentenze che hanno negato che si è prodotto un effetto giuridico (non esiste un diritto) CASO 1: il giudice ha dichiarato che l’effetto giuridico si è prodotto Fatti sopravvenuti che possono incidere sugli effetti della sentenza: - Fatti modificativi ed estintivi del diritto accertato esistente - Fatti costituivi: solo in caso di ‘accoglimento futuro’  quando uno o più fatti, componenti la fattispecie costitutiva, si collocano temporalmente (anche) in un momento che prosegue oltre l’udienza di precisazione delle conclusioni del processo. Esempio Tizio chiede gli alimenti a Caio. Il diritto fatto valere ha come fattispecie costitutiva due elementi (abbienza di Caio; necessità incolpevole di Tizio) che durano anche al di là dell’udienza di precisazione delle conclusioni. Può darsi che, successivamente a tale momento, Tizio riceva una cospicua eredità, oppure Caio abbia un rovescio finanziario. Esempio Il giudice quantifica il danno tenendo conto della necessità di un futuro intervento chirurgico. Se l’intervento non si rende più necessario (evoluzione effettiva) può essere richiesta la riduzione del risarcimento. CASO 2: sentenza ha negato il verificarsi dell’effetto giuridico Regola generale Ove l’effetto giuridico sia prodotto da una fattispecie complessa la preclusione del <dedotto e deducibile> scatta solo se, al momento della precisazione delle conclusioni, la fattispecie si è completata e si è dunque prodotto l’effetto. Regola generale In tutte le ipotesi in cui (parte del)la fattispecie costitutiva del diritto fatto valere si proietta nel futuro, il giudice deve fare una previsione, sulla base della situazione di fatto esistente al momento della precisazione delle conclusioni. che conta, in queste ipotesi, per consentire la riproponibilità della domanda è uno scostamento della evoluzione effettiva della situazione fattuale rispetto alla evoluzione prevista dal giudice. Problema: la sentenza di rigetto non ha una portata precettiva predeterminata come la sentenza di accoglimento (es. è stato chiesto il pagamento di un credito e il giudice rigetta la domanda. Può rigettarla perché il credito è già stato pagato: oppure perché non è ancora scaduto etc.). Soluzione: la portata precettiva della pronuncia si determina con riferimento a quell’elemento della fattispecie che il giudice ha ritenuto carente. Fatti sopravvenuti che possono incidere sugli effetti della sentenza: devono integrare quell’elemento della fattispecie che il giudice ha ritenuto carente. Esempio se il giudice ha rigettato richiesta di pagamento di un credito affermando che questo è stato pagato; non si potrà agire di nuovo dicendo che il termine (non scaduto nel 1° processo) è successivamente scaduto. Conclusione: la portata precettiva della sentenza di rigetto è estremamente variabile. A riconferma di ciò ci possono essere: - Motivi di rigetto che chiudono il discorso una volta per tutte (es. in relazione ai diritti di credito, rigetto fondato su fatti estintivi) - Motivi di rigetto che consentono riapertura del discorso (es. licenziamento intimato senza rispetto della procedura, domanda può essere riproposta dopo che procedura è stata rispettata). Referente temporale: QUESTIO IURIS Caso: problema dei limiti temporali nel caso in cui, fermi rimanendo i fatti, cambia la legge applicabile. N.B. La novità normativa deve essere applicata anche alla Corte di cassazione. L’applicazione di tale ‘novità normativa’, se il processo si trova già nella fase decisoria avviene in modo differenziato a seconda che le novità diano rilevanza a:  FATTI DIVERSI rispetto a quelli rilevanti per l’applicazione della normativa previgente  è necessario che la causa torni in istruttoria  FATTI UGUALI  è sufficiente che il giudice solleciti, in sede decisoria, il contraddittorio delle parti circa l’applicazione della nuova norma. Ius superveniens & Giudicato Questione: è necessario stabilire a che condizioni e fino a che punto la norme nuova può alterare le regole di condotta contenute nella sentenza. Schema: Regole generale Rispetto alla QUESTIO IURIS, l’ultimo momento utile per applicare il mutamento normativo è la pubblicazione della sentenza. BA X X  effetto giuridico disciplinato dalla sentenza pubblicata nel momento A A  pubblicazione della sentenza B  entrata in vigore della nuova norma Occorre procedere ad alcune distinzioni: Effetti giuridici relativi ad un interesse istantaneo Nozione: si ha con riferimento alla fattispecie acquisita o estintiva di qualunque diritto, nonché con riferimento al contenuto di situazioni strumentali Effetti giuridici relativi ad un interesse permanente Nozione: si ha con riferimento al contenuto di situazioni finali Nuove norme sono retroattive Nuove norme sono irretroattive Ius superveniens irretroattivo Regola: se la nuova norma non è retroattiva, X resta sempre disciplinato dalla sentenza; le regolaa di comportamento in questa contenute non entrano mai in conflitto con le diverse regole di comportamento contenute nella nuova normativa. Ius superveniens retroattivo Regola: la norma tendenzialmente sovrappone la sua disciplina a quella che la sentenza ha determinato sulla base della normativa preesistente. Premessa: la sentenza, nell’individuare i comportamenti doverosi e leciti delle parti, opera sostituendo le regole di condotta da essa stessa determinate al consueto meccanismo norma astratta/fattispecie concreta Esempio Quando il giudice stabilisce che Tizio deve tot a Caio per risarcimento danni da un certo incidente stradale, la regola di condotta così individuata sostituisce il meccanismo: incidente stradale/art. 2054 c.c. CONSEGUENZA: [interesse istantaneo] la norma retroattiva non si applica alla fattispecie presa in considerazione dalla sentenza, poiché tale fattispecie è divenuta irrilevante per la produzione dell’effetto giuridico in questione, che resta ormai disciplinano esclusivamente dalla sentenza. N.B. lo stesso accade quando il diritto è oggetto di attività negoziale tra le parti. Eccezione! Interesse giuridico permanente  la sentenza pronuncia sulla base della situazione esistente al momento della pubblicazione della sentenza stessa, e non può sterilizzare la normativa futura. CONSEGUENZA: la norma retroattiva produce effetti retroattivi, fino al momento A in cui la sentenza è pubblicata. Due ultime precisazioni:  Alla norma retroattiva debbono essere equiparate le sentenze di accoglimento della Corte costituzionale (retroattive per definizione).  Si dà per scontato che la retroattività dello ius superveniens non incontri ostacoli di costituzionalità. PROBLEMA: secondo l’opinione prevalente, il nostro ordinamento ha fatto una scelta di diritto positivo diversa: ha stabilito che normalmente le sentenze di rito valgono solo come giudicato interno (art. 310 c.2 c.p.c.). Questione: l’opinione prevalente non persuade, in quanto si fonda sulla indebita estensione della disciplina di cui art. 310 c.2. c.p.c. per le sentenze non definitive di rito, anche alle sentenze definitive di rito. Sentenza non definitiva di rito  dichiara possibile la pronuncia di merito per la sussistenza di tutti i presupposti processuali.  non è destinata a produrre effetti al di fuori del processo in cui è emessa, poiché accerta che quel processo ha le carte in regola, e dunque la sua portata precettiva sarà assorbita dalla pronuncia di merito Sentenza definitiva di rito  dichiara non possibile la pronuncia di merito, per la carenza di un presupposto processuale. E’ in grado di produrre i suoi effetti al di fuori del processo, se non li produce si verificano dei rilevanti inconvenienti.  La stessa domanda potrebbe essere riproposta all’infinito Esempio Tizio propone domanda contro Caio, il quale eccepisce che quella domanda non può essere decisa nel merito perché Tizio non è legittimato. Il 1° giudice dà ragione a Caio, ed emetta una pronuncia definitiva di rito. Tizio ripropone la stessa domanda. Secondo opinione maggioritaria, se Caio risolleva di nuovo la stessa questione processuale, il 2° giudice non potrebbe fondarsi sulla precedente sentenza.  La impossibilità di far valere in un diverso processo la sentenza definitiva di rito può portare a insolubili contrasti Esempio Tizio propone dinnanzi al giudice una domanda di risoluzione del contratto stipulato con Caio; Caio eccepisce la esistenza di una convenzione di arbitrato. Il giudice accoglie l’eccezione, e chiude il processo in rito. A questo punto Caio propone, in sede arbitrale, una domanda di risoluzione: Tizio eccepisce che la convenzione di arbitrato è inesistente o invalida. Se la prima sentenza non fosse spendibile anche nel 2° processo, ben potrebbe accadere che in sede arbitrale si dichiari inefficace la convenzione di arbitrato. LA LITISPENDENZA, LA CONTINENZA E LA CONNESSIONE Profili statici LITISPENDENZA Regola generale Fanno eccezione a questa regola le pronunce della Cassazione in tema di competenza e giurisdizione: hanno efficacia di giudicato esterno. In senso ampio  situazione che si verifica tra la proposizione della domanda giudiziale ed il passaggio in giudicato formale della sentenza. In senso ristretto  fenomeno, in virtù del quale di fronte a uffici giudiziari diversi, sono pendenti due processi che hanno lo stesso oggetto. Presupposti necessari alla litispendenza Una ‘stessa causa’ deve essere proposta a giudici diversi. Quando può parlarsi di ‘stessa causa’? RISPOSTA: quando due cause hanno lo stesso oggetto. L’identità di oggetto tra due cause dipende però da tre fattori: 1) Soggetti 2) Causa petendi (ragioni della domanda) 3) Petitum (ciò che è chiesto al giudice) Se, nei due processi, manca la coincidenza di uno solo di questi 3 elementi, allora non si ha litispendenza. 1) SOGGETTI RATIO: la diversità di soggetti porta normalmente ad una diversità di situazioni sostanziali, in quanto il diritto di A è diverso da quello di B, quand’anche ricadano sullo stesso bene. Poiché normalmente, ciascun soggetto può far valere in giudizio solo i suoi diritti, se i due processi vedono come parti soggetti diversi, ciò significa che anche l’oggetto del processo è diverso. ECCEZIONE! Legittimazione straordinaria (non vale regola appena esposta). 2) CAUSA PETENDI Dobbiamo ricordare la distinzione tra: - Diritto autoindividuato  i fatti costitutivi non sono rilevanti per identificarlo, poiché al loro moltiplicarsi non si moltiplica anche il diritto. CASO: se una controversia ha ad oggetto un diritto autoindividuato in relazione ad una certa causa petendi (una certa fattispecie costitutiva di tale diritto), e di fronte ad un altro giudice è pendente una controversia relativa allo stesso diritto ma sulla base di un'altra fattispecie costitutiva, ciò non toglie che l’oggetto dei due processi sia lo stesso (si ha litispendenza). - Diritto eteroindividuato  la fattispecie costitutiva (causa petendi) è rilevante per l’individuazione del diritto, al moltiplicarsi delle fattispecie costitutive segue la nascita di altrettanti diritti. CONSGUENZA: per stabilire se c’è litispendenza occorre vedere se le fattispecie costitutive del diritto oggetto dei due processi coincidono. Se si, c’è litispendenza. 3) PETITUM Nozione: è il provvedimento che si domanda, cioè il tipo di tutela che si chiede al giudice in relazione alla lesione. CONTINENZA Art. 39 c.p.c.  è un istituto che si applica a 2 diversi fenomeni: 1. Quando l’oggetto di uno dei due processi rappresenta, sotto qualche aspetto, un ‘quid minus’ rispetto all’oggetto dell’altro processo (un processo contiene l’altro). ‘Quid minus’ può verificarsi in relazione: - Al tipo di tutela richiesta - Ai diritti dedotti in giudizio. 2. L’oggetto di un processo è maggiore rispetto all’oggetto dell’altro processo [LITISPENDENZA PARZIALE] (es. in un processo è richiesta la risoluzione del contratto e nell’altro, oltre alla risoluzione, anche la condanna al risarcimento del danno). Quest’ultima è la configurazione tradizionale di ‘continenza’ anche se oggi costituisce il fenomeno meno frequente. Infatti la continenza ha assunto uno sviluppo in altra direzione riconducibile a: CASO: sono pendenti in processi separati due effetti diversi scaturenti da un unico rapporto. Esempio In un processo il lavoratore dipendente chiede il pagamento della 13°, e in un altro processo chiede il pagamento delle ferie. ANALISI Non si ha litispendenza perché il diritto che si fa valere p diverso nei due processi, ancorché entrambi trovino fondamento nello stesso rapporto giuridico. Problema: ambedue i processi sono ‘potenzialmente’ produttivi di giudicato sullo stesso rapporto fondamentale. ‘potenzialmente’  il contrasto è solo potenziale perché non necessariamente la decisione relativa al singolo diritto dipendente dal rapporto produce giudicato relativamente al rapporto stesso: solo laddove il giudice per decidere della domanda proposta debba portare l’attenzione sull’esistenza, inesistenza o modo di essere. SOLUZIONE: nonostante il contrasto sia solo ‘potenziale’ per ovviare a questo problema entra in gioco il ‘rimedio della continenza’. Profili dinamici Nozione: ci chiediamo ‘come nascono’ e ‘come si risolvono’ le questioni relative alla litispendenza e alla continenza. Profili dinamici litispendenza Peculiarità: essendo l’oggetto dei due processi lo stesso, uno dei due è superfluo. La tutela può provenire indifferentemente dalla sentenza di ciascuno dei due processi. Regole generali Regola generale La litispendenza e la continenza sono rilevabili in ogni stato e grado del processo anche d’ufficio. competenza [cioè quella che ha attratto l’altra, o che comunque avrebbe attratto l’altra, se questa non fosse ricaduta (secondo le regole di competenza ordinarie) nella stessa competenza della prima]. CASO PARTICOLARE: se fra le due cause non ve ne è una attraente rispetto all’altra e tutte e due di per sé appartengono alla competenza dello stesso giudice… Conseguenza: il rito è quello della causa di maggior valore.  Una delle cause cumulate è una causa di lavoro o previdenziale e l’altra è da trattare con rito speciale. Conseguenza: ipotesi non disciplinata, ma è logico pensare che vadano trattate con rito del lavoro.  CASO PARTICOLARE: una causa di competenza del giudice di pace è connessa ad una causa di competenza del tribunale Conseguenza: causa di competenza del tribunale attrae quella del giudice di pace. CAPACITA’ PROCESSUALE Nozione: rientra nei presupposti processuali che attengono alle parti. Distinguiamo: CAPACITA’ DI ESSERE PARTE: di assumere ruolo di soggetto del processo, e di essere destinatario degli effetti degli atti processuali. Nozione: assimilabile alla capacità giudica art. 1 c.c. (soggetto di diritto). Chi possiede ‘capacità di essere parte’  è parte in senso processuale CAPACITA’ PROCESSUALE: di compiere atti del processo Nozione: corrisponde sul piano sostanziale alla capacità di agire (art. 2 c.c.). Art. 75 c.p.c.  si ha ‘capacità di compiere atti nel processo’ quando si ha il libero esercizio dei diritti oggetto del processo stesso. Chi possiede ‘capacità processuale’  è parte in senso formale. Rappresentanza & Autorizzazione Art. 75 c.p.c.  gli incapaci debbono stare in giudizio rappresentati o assistiti o autorizzati, secondo le norme che regolano le loro capacità d’agire. RAPPRESENTANZA LEGALE Nel processo in cui è parte un incapace, questi è destinatario degli effetti giuridici del processo (parte in senso processuale), mentre colui che compie gli atti processuali è il suo rappresentante legale (parte in senso formale). Curatore speciale  viene nominato ai sensi degli artt. 78, 79, 80 c.p.c., quando l’incapace manchi di un rappresentante o il rappresentante è in conflitto di interessi con il rappresentato. RAPPRESENTANZA VOLONTARIA Il rappresentato volontario ha il potere di compiere anch’egli gli atti del processo (potere che il rappresentato legale non ha). Regola generale Un soggetto, capace giuridicamente ma senza capacità di agire in relazione ad un certo diritto, può essere destinatario degli effetti degli atti processuali ma non li può compiere. RAPPRESENTANZA ORGANICA Art. 75 c.p.c.  ipotesi di chi sta il giudizio per - Le persone giuridiche, comprese quelle di diritto pubblico (es. Comuni, Province, Regioni, Stato) - Soggetti di diritto che non sono persone giuridiche (comitati, associazioni non riconosciute e società di persone). Peculiarità: all’ente si imputano non solo gli effetti dell’attività compiuta, sibbene l’attività stessa [gli atti del rappresentante organico sono atti dell’ente]. N.B.: ciò rileva soprattutto per quanto riguarda la responsabilità per gli atti illeciti. AUTORIZZAZIONE Art. 182 Nozione: colui che compie gli atti processuali deve essere munito, se ciò è previsto, dell’autorizzazione di un altro soggetto. E’ un fenomeno che riguarda normalmente la rappresentanza legale e organica. Regole generali - L’autorizzazione non incide sulle parti come destinatarie degli effetti, ma sulla possibilità che il rappresentante compia validamente gli atti processuali. - Ciascun soggetto che deve essere autorizzato, ha l’onere di procurarsi la propria autorizzazione. Inosservanza onere  comporta l’invalidità di tutti gli atti processuali compiuti dal soggetto non munito della prescritta autorizzazione, essendo invalida la sua costituzione in giudizio Violazione norme sulla rappresentanza vs Violazione norme sull’autorizzazione Violazione norme rappresentanza: impedisce sempre la pronuncia di merito (è violato un presupposto processuale). Violazione norme autorizzazione: - Se manca l’autorizzazione dell’attore  è invalida la domanda giudiziale, è impedita la pronuncia di merito. - Se manca l’autorizzazione del convenuto  il convenuto è considerato come ‘convenuto contumace’, non è impedita la pronuncia di merito. Difetto di RAPPRESENTANZA E’ suscettibile di sanatoria perché quell’elemento, che manca per integrare il presupposto, può essere acquisito al processo su iniziativa di chi ha proposto la domanda. Regole generali - Gli atti processuali già compiuti devono essere compiuti di nuovo, tranne che si abbia la ratifica dell’interessato. - Per quanto riguarda gli effetti della domanda, la sanatoria ha carattere retroattivo. Difetto di AUTORIZZAZIONE E’ suscettibile di sanatoria: l’autorizzazione può essere data in qualunque momento, anche nel corso del processo, finché il giudice non abbia emesso un provvedimento che abbia accertato il difetto di autorizzazione. Incapacità naturale Art. 428 c.c.  incapacità naturale rileva come motivo di annullamento degli atti compiuti da un soggetto incapace di intendere e di volere (anche transitoriamente). N.B. Se l’incapacità naturale ha inciso sul diritto di difesa del soggetto, può essere utilizzata la ‘rimessione’. LA LEGITTIMAZIONE AD AGIRE E’ un presupposto processuale. Disciplina: si ricava ‘a contrario’ dall’art. 81 c.p.c.  enuncia l’eccezione che è la legittimazione straordinaria. Legittimazione ordinaria: legittimato è colui, nei cui confronti si produrranno gli effetti della misura giurisdizionale. Regole generali - La legittimazione si determina dalla domanda: il giudice non procede ad un’indagine nel merito, volta ad accertare se colui che agisce è veramente titolare del diritto fatto valere (se poi dovesse venire fuori ciò, il giudice rigetterà ‘nel merito’ la domanda). Legittimazione straordinaria TASSATIVITA’: solo nei casi espressamente previsti dalla legge è possibile che un soggetto faccia valere in giudizio un diritto di cui egli afferma l’altrui titolarità. Ipotesi di legittimazione straordinaria o AZIONE SURROGATORIA (art. 2900 c.c.): il creditore per assicurare che siano soddisfatte o conservate le sue ragioni, può esercitare i diritti e le azioni che spettano verso terzi al proprio debitore. o AZIONE DEL PUBBLICO MINISTERO (art. 69 c.p.c.): in quanto organo pubblico agisce facendo valere situazioni giuridiche altrui. o IPOTESI Art. 9 . 267/ 2000: “ciascun elettore può far valere in giudizio le azioni e ricorsi che spettano al comune e alla provincia”. Funzioni della legittimazione Garantire il titolare di una situazione sostanziale protetta dalle ingerenze altrui (es. si pensi agli effetti che si avrebbero se due coniugi litigano ferocemente: e chiunque potesse chiedere al giudice di pronunciare la separazione legale degli stessi). Regola generale Nel processo, l’incapacità naturale non ha una rilevanza immediata e diretta: essa non può essere fatta valere dalla controparte, spetta all’incapace stesso scegliere se far valere o meno la sua capacità. RATIO Per individuare la ratio dell’istituto dobbiamo distinguere due ipotesi: DIRITTO ALLA DIFESA LEGALE (profilo della ‘possibilità’ della parte di essere tecnicamente rappresentata). RATIO: consentire alla parte di affidare la cura dei suoi interessi ad un soggetto che, per le sue cognizioni specialistiche e per il rapporto di fiducia intercorrente con la parte, sia in grado di meglio difendere gli interessi della parte stessa. Analisi La ‘possibilità’ di difesa tecnica deve essere ricollegata al diritto di difesa (art. 24 c. 2 Cost). OBBLIGO DELLA DIFESA LEGALE (profilo dell’obbligo della parte di essere tecnicamente rappresentata). RATIO: esigenza pubblicistica, di garantire che gli atti del processo siano compiuti da soggetti i quali sappiano ‘come muoversi’ e quindi non creino intralci nello svolgimento del processo stesso. Analisi L’obbligo di difesa tecnica è connesso alle esigenze pubblicistiche di corretto svolgimento del processo giurisdizionale. N.B. Da questa differente ‘ratio’ si comprende perché nell’ambito dell’arbitrato [processo non giurisdizionale] la parte ha sempre il diritto ma mai l’obbligo della difesa tecnica. L’arbitrato è un processo privato. Mandato alle liti Rappresentanza tecnica VS Mandato con rappresentanza Rispetto alla disciplina contenuta nel c.c. sul mandato con rappresentanza, con riferimento alla rappresentanza tecnica sussistono 2 deroghe:  1° DEROGA Art. 1722 c.c. [mandato con rappresentanza]  rinuncia e revoca del mandato fanno estinguere il mandato automaticamente Art. 85 c.p.c. [mandato di rappresentanza tecnica] revoca e rinuncia fanno estinguere il mandato sono quando vi sia stata nomina di un nuovo difensore [ULTRATTIVITA’ DEL MANDATO]  2° DEROGA Mandato con rappresentanza  morte del mandante estingue il mandato automaticamente Mandato di rappresentanza tecnica  morte del cliente ha effetto estintivo del mandato solo quando lo stesso difensore dichiara nel processo la morte del suo cliente. PROCURA Art. 83 c. 2 <la procura alle liti può essere generale oppure speciale, e deve essere conferita con atto pubblici o scrittura privata autenticata>. Regole generale Il difensore tecnico è legato alla parte da un ‘mandato con rappresentanza’, poiché compie attività giuridica in nome e per conto della parte che rappresenta [artt. 83 c.1 / 84 c.1. c.p.c.] o PROCURA SPECIALE: il mandato è riferibile ad un singolo processo che la parte vuole instaurare o che contro la parte è stato instaurato. o PROCURA GENERALE: la parte fornisce il difensore tecnico del potere di difenderla in tutti i possibili processi che saranno proposti nei confronti di essa o che essa proporrà. Prescrizioni di forma: o Atto pubblico o Scrittura privata autenticata Art. 83 c.3  la procura speciale può anche essere apposta in calce o al margine di un atto processuale ed in questi casi l’autografia della sottoscrizione della parte viene certificata dallo stesso difensore. Difesa personale Premessa: la regola generale è che il soggetto deve essere difeso da un rappresentante tecnico. Tuttavia è consentito, in particolari casi che la parte non si faccia rappresentare tecnicamente. Quando? Nei processi di minor valore. Alcuni esempi: - Art. 82 c.1 c.p.c.  davanti al giudice di pace le parti possono stare: a) Nelle controversie di valore < 1.100Euro: in giudizio di persona. b) Nelle controversie di valore > 1.100Euro: in giudizio di persona solo se il giudice autorizza la parte con decreto valutandone l’opportunità in relazione alla natura ed entità della causa. - Art. 417 c. 1 c.p.c.  in materia di processo del lavoro, la parte, in 1°, può stare in giudizio personalmente quando il valore della causa non superi i 129,11 Euro. - Art. 6 c.9 d.lgs. 150/2001  in materia di opposizione alle sanzioni amministrative, consente alle parti di difendersi da sole senza limiti. Divieto di difesa legale Profili dinamici - Difetto di rappresentanza tecnica è rilevabile anche di ufficio in ogni stato e grado del processo, salvo il giudicato che si sia formato sulla questione. - Difetto di rappresentanza che riguarda l’attore  vizio del presupposto processuale, è impedita pronuncia nel merito. - Difetto di rappresentanza che riguarda il convenuto  contumacia della parte, non è impedita pronuncia nel merito. - Il difetto di rappresentanza tecnica è sanabile retroattivamente con salvezza degli effetti della domanda. Regola generale E’ incostituzionale il divieto di rappresentanza tecnica (il legislatore non può impedire ad una parte di farsi rappresentare o assistere da un legale). - Art. 182 c. 2 c.p.c.  si applica anche al ‘difetto di rappresentanza tecnica’: il giudice dispone per la sanatoria del vizio, assegnando un termine <per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa>. ‘Rilascio procura alle liti’: per l’ipotesi in cui la parte sta in giudizio personalmente quando questo non è consentito. ‘Rinnovazione procura alle liti’: ipotesi in cui la parte sia difesa da un legale, al quale l’incarico è stato conferito mediante una procura invalida. ATTO INTRODUTTIVO Premessa: dobbiamo ora passare ad analizzare il contenuto di merito della decisione. La DOMANDA GIUDIZIALE è un contenuto che esige un contenente: un atto del processo, nel quale sia inserita e mediante il quale è proposta. N.B. Svariati atti del processo ‘possono’ contenere la domanda giudiziale, ma solo uno ‘deve’ contenerla: ATTO INTRODUTTIVO DEL PROCESSO (sotto forma di ‘citazione’ o ‘ricorso’). N.B. Gli elementi propri della domanda giudiziale, sono sufficienti per individuare l’oggetto del processo, e quindi per stabilire se la decisione di merito è possibile, ma sono insufficienti (o comunque non i soli rilevanti) per determinare il contenuto della decisione di merito. CONSEGUENZA: dobbiamo vedere quali sono e come si acquisiscono al processo questi ulteriori elementi rilevanti per determinare il contenuto della decisione di merito. TRATTAZIONE Premessa: con riferimento alla trattazione dobbiamo distinguere il diverso ruolo che giocano la: - Questio facti - Questio iuris QUESTIO FACTI E’ di esclusiva spettanza delle parti e si realizza attraverso una specifica attività che è l’ALLEGAZIONE. ALLEGAZIONE: è la dichiarazione con cui le parti introducono nel processo determinati fatti storici in modo da vincolare il giudice a prenderli in considerazione. Per i diritti eteroindividuati  l’allegazione dei fatti è necessaria anche ai fini della individuazione dell’oggetto del processo (limitatamente al nucleo dei fatti che individua il diritto). Per i diritti autoindividuati l’allegazione dei fatti costitutivi rileva esclusivamente ai fini della trattazione. Regola generale Secondo la Corte di Cassazione, la sanatoria di cui art. 182 c.2 c.p.c., non si applica al processo di Cassazione Disciplina: artt. 137 ss. c.p.c. Chi può compiere notificazione?  UFFICIALE GIUDIZIARIO: su istanza di parte o su richiesta del PM o del cancelliere.  AVVOCATI: hanno la possibilità di notificare gli atti relativi ai propri assistiti a mezzo di: Posta Pec: Posta Elettronica Certificata ITER (IN BREVE) - Per notificare un atto sono necessari tanti esemplari dell’atto quanti sono i soggetti a cui deve essere eseguita la notificazione più uno (c.d. originale) - La notificazione si esegue: a) Consegnando a ciascun destinatario una copia dell’atto da notificare b) Attestando sia in calce all’originale sia in calce alla copia il ‘giorno’ e il ‘modo’ dell’avvenuta consegna. c) Restituendo l’originale a chi aveva chiesto la notificazione, con l’attestazione dell’avvenuta consegna. TERMINI La notificazione ha effetti per il notificato dal momento in cui essa si perfeziona, secondo le varie previsioni normative che disciplinano l’iter della notificazione stessa. Nell’ipotesi in cui il notificante debba effettuare la notificazione entro un certo termine, tale termine si intende rispettato dal momento in cui il notificante ha richiesto la notifica all’ufficiale giudiziario (o è stata consegnata all’ufficio postale / o accettata da sistema [pec]). N. Benissimo! Quest’ultima regola esposta, presuppone che la notifica abbia buon esito. Se essa non si perfeziona, la salvezza del termine viene meno. Esempio dopo aver notificato l’atto di appello, Tizio deve costituirsi in giudizio dinanzi al giudice di appello nel termine di 10 giorni dalla notificazione della citazione dell’appellato. Tale termine decorre per Tizio dal perfezionamento della notificazione per l’appellato. Competenza Premessa: per effettuare la notificazione vi è una competenza concorrente, sono alternativamente competenti: a. L’ufficiale giudiziario addetto all’ufficio giudiziario al quale l’atto da notificare si riferisce  Può eseguire la notificazione in tutti i moti previsti b. L’ufficiale giudiziario del luogo dove si deve eseguire la notificazione. Regola generale Ove vi sia difformità fra l’esemplare notificato e quello che viene restituito al notificante, ciò che conta è l’esemplare consegnato (c.d. copia), e non quello restituito (c.d. originale). Regola generale La data di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario è rilevante solo per quanto attiene al rispetto del ter ine imposto al notificante, mentre ad ogni altro effetto continua a valere la data di perfezionamento della stessa. In questo caso, ove si tratti di uffici unici (adibiti a più uffici giudiziari) la competenza si determina sulla base territoriale della sede principale del tribunale.  può eseguire la notificazione fuori dal proprio mandamento soltanto per posta. PROBLEMA: notificazione effettuata dall’ufficiale giudiziario incompetente - Opinione 1 : poiché l’ufficiale giudiziario può formare atti pubblici solo nell’ambito della sua competenza, si deve ritenere che l’attestazione di avere compiuto le attività riportate nella relata di notifica non è coperta da pubblica fede. - Opinione 2 [Corte di cassazione]: non si può parlare di vera e propria ‘competenza’ dell’ufficiale giudiziario, e quindi la notifica effettuata dall’ufficiale giudiziario ‘incompetente’ è perfettamente valida. Notificazione per posta MODO: si esegue inserendo in una busta la copia dell’atto che deve essere notificato e inviandola al destinatario con raccomandata.  Se l’atto viene consegnato: la notificazione si considera effettuata dal momento in cui l’atto è consegnato.  Se l’atto non è consegnato: a) viene lasciato in giacenza presso l’ufficio postale b) il destinatario viene avvisato con raccomandata c) la notificazione si considera effettuata al momento del ritiro dell’atto presso l’ufficio postale / dopo 10 giorni di giacenza se l’atto non viene ritirato. N. Bene! Gli avvocati non possono notificare gli atti del processo esecutivo, che sono propri del solo ufficiale giudiziario. Notificazione per mani proprie MODO: avviene attraverso la consegna della copia direttamente alla persona interessata, ovunque l’ufficiale giudiziario la trovi nell’ambito della propria competenza. N.B. Se il destinatario rifiuta di ricevere l’atto, la notifica si considera effettuata. Notificazione alla residenza o domicilio MODO: se la notifica non è possibile ‘a mani proprie’, la notifica si può effettuare nel luogo dove il destinatario ha l’abitazione, l’ufficio o esercita l’industria o il commercio. - Se in tale luogo l’ufficiale giudiziario trova il destinatario  gli fa la notifica a mani proprie - Se non trova il destinatario: a) Se l’ufficiale trova qualcuno della famiglia o qualcuno addetto, o dipendente dell’impresa  l’ufficiale consegna la compia a questo soggetto (oppure al portiere o a un vicino di casa se nessuno di questi soggetti è presente) b) Se non torva nessuno  affigge un avviso sulla porta dell’ufficio o della abitazione / porta l’atto alla segreteria del Comune / manda una raccomandata al destinatario avvertendolo che l’atto è depositato presso il Comune e lì può ritirarlo. N.B. La notificazione si perfeziona per il destinatario, con il ricevimento della raccomandata o, comunque, decorsi 10 giorni dalla spedizione. Notificazione all’estero MODO: se la notificazione deve essere effettuata a persone residenti all’estero occorre anzitutto verificare se alla fattispecie è applicabile il regolamento comunitario 29 maggio 2000 n.1348 Quando è applicabile il regolamento? Quando la notificazione sia richiesta in uno Stato membro e deve essere effettuata in un altro Stato membro. In questo caso, l’ufficiale giudiziario si rivolge direttamente al suo collega all’estero, il quale provvede alla notificazione. - Se il regolamento non è applicabile ma esiste una convenzione internazionale tra l’Italia e lo Stato ove la notificazione deve essere effettuata  si segue la convenzione. - Se non ci sono convenzioni  si applica l’art.142 c.p.c. Problema: è assai meno garantista, perché prevede una serie di attività che non assicurano l’effettiva ricezione dell’atto da parte del destinatario. La notificazione si considera effettuata trascorsi 20gg. dal compimento delle formalità previste dall’art. 142, senza che magari il destinatario abbia avuto effettiva conoscenza dell’atto. Notificazione a soggetto di residenza, domicilio e dimora sconosciuti Caso: se del soggetto, che deve ricevere la notificazione, non si conoscono né residenza, né domicilio, né la dimora, e la parte che chiede la notificazione non ne può venire a conoscenza con la normale diligenza. Conseguenza: si ricorre alla forma di notificazione prevista dall’art.143 c.p.c. MODO: si attua attraverso la affissione di una compia dell’atto nel comune di ultima residenza o di nascita del destinatario, e l’affissione di un’altra copia nell’albo dell’ufficio di fronte al quale si procede. Problema: attraverso questo tipo di notificazione difficilmente il destinatario verrà a conoscenza dell’atto notificato. N.B. Le notificazioni di cui agli artt. 142, 143 c.p.c. non garantiscono che il destinatario venga effettivamente a conoscenza dell’atto notificato. Ciò peraltro, si giustifica nell’ambito del contemperamento del diritto di azione e di difesa. Notificazione per PEC MODO: è possibile se il destinatario possiede un indirizzo e-mail risultante dal pubblico registro delle caselle di pec, ovvero se l’indirizzo è dichiarato dal destinatario. Profili patologici Art. 160 c.p.c.  disciplina la nullità della notificazione dando rilevanza ad alcuni elementi di essa: - Disposizioni circa la persona a cui deve essere consegnata la copia Infatti Regola generale Se la controparte successivamente dimostra che, in realtà, chi ha richiesto la notificazione sapeva dove si trovava il notificato, la notificazione è invalida. quegli stessi che il giudice avrebbe comunque dovuto affrontare e risolvere d’ufficio. Eccezioni Premessa: con l’eccezione il convenuto arricchisce di nuovi fatti la cognizione del giudice. Per chiarire il punto ci si soffermi sulla nozione di ‘eccezione’ e sulla ‘regola dell’onere della prova’ [art. 2697 c.c.]. Art. 2697:  chi vuole far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento (fatti costitutivi). Chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti (impeditivi, modificativi o estintivi) su cui l’eccezione si fonda. QUESTIONE 1: Secondo la lettera dell’art. 2697 c.c.: La prova dei fatti costituivi dovrebbe scaturire solo dai mezzi di prova acquisiti al processo su iniziativa di chi afferma l’esistenza del diritto. La prova dei fatti impeditivi, modificativi e estintivi dovrebbe scaturire solo dai mezzi di prova acquisiti al processo su iniziativa di chi nega l’esistenza del diritto. SOLUZIONE: nel nostro sistema, l’onere della prova non comporta anche l’onere dell’iniziativa probatoria: . Esempio il convenuto chiede l’ammissione di una prova testimoniale per provare un fatto estintivo, e i testimoni raccontano fatti costitutivi. Il giudice può trarne la prova dei fatti costitutivi. CONSEGUENZA: proprio perché esiste il principio di acquisizione, la regola sull’onere della prova deve considerarsi applicabile in presenza di un fatto ‘affermato e non provato’ (mancata prova) QUESTIONE 2: Premessa1: considerata la fattispecie di una norma nella sua globalità sappiamo che questa può distinguersi in due parti: a) Settore dei fatti costitutivi b) Settore delle eccezioni (fatti modificativi, impeditivi, estintivi) Premessa2: sappiamo che la struttura della decisione è tale per cui Se la domanda viene accolta  allora la fattispecie costitutiva è stata integrata in tutti i suoi elementi e mancano completamente gli elementi della fattispecie impeditiva, modificativa, estintiva. Se la domanda viene rigettata  allora manca anche uno solo dei fatti costitutivi o è presente anche una sola delle eccezioni. Questione: è importante distinguere, fra i fatti descritti dal legislatore, quali devono essere ascritti alla prima parte della fattispecie e quali alla seconda (per sapere quali conseguenze trarne in ordine al contenuto della decisione) Infatti… Principio di acquisizione: quando una prova è legittimamente acquisita al processo, il giudice può trarre da essa ciò che serve per provare indifferentemente tutti i fatti allegati, chiunque sia il soggetto che ha preso l’iniziativa per acquisire al processo la prova in questione Fatti costitutivi VS Fatti modificativi & estintivi Distinguerli è facile, i secondi sono successivi nel tempo ai fatti costitutivi. Problema: distinzione tra Fatti costitutivi & Fatti impeditivi (sono contemporanei nel tempo). ANALISI il problema, che a prima vista sembra assurdo, dipende da che la nozione di ‘fatto giuridico’ è diversa dalla nozione di ‘fatto storico’: rilevante nella fattispecie può essere sia l’esistenza sia l’inesistenza di un fatto storico. Esempio In talune ipotesi di ‘licenziamento infondato’, se il dipendente è addetto a un settore autonomo dell’impresa in cui siano occupati +15 dipendenti egli ha diritto alla reintegrazione. Se invece l’unità produttiva, a cui è addetto il dipendente licenziato, impiega <15 dipendenti, il lavoratore dipendente inefficacemente licenziato ha diritto, a scelta del datore di lavoro, o alla prosecuzione del rapporto o al pagamento di un’indennità. SPIEGAZIONE Il problema nasce quando manca la prova, perché se si deve applicare l’art. 2697 c.c.; ma a tal fine è necessario sapere se la presenza di +15 dipendenti è fatto costitutivo, oppure la presenza di 15 o meno dipendenti è fatto impeditivo. Nell’esempio quindi, il fatto rilevante può essere alternativamente o la presenza di +15 dipendenti (fatto costitutivo) con onere a carico di chi richiede la reintegrazione; oppure l’assenza di +15 dipendenti (fatto impeditivo) con onere a carico di chi si oppone alla reintegrazione. SOLUZIONE: non esiste un’unica soluzione, ma esistono una serie di criteri per decidere alcuni casi dubbi, non risolti dal legislatore. o CRITERIO 1: Regola ed eccezione Dalla struttura della norma si ricava che il legislatore descrive la fattispecie nei termini seguenti: al verificarsi di certi fatti, si verificano taluni effetti, “tranne che” / “ad eccezione che” / “questa disposizione non si applica quando”. Tutto ciò che segue tale locuzione è un fatto impeditivo. o CRITERIO 2: Negativa non sunt probanda Esempio L.431/1998 sulle locazioni abitative, prevede che, alla 1° scadenza del contratto, questo possa essere non rinnovato se il locatore intenda vendere l’immobile e non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione. Se la mancanza di atri beni fosse fatto costitutivo, il locatore sarebbe onerato di una prova negativa (di non avere altri immobili), la prova negativa è molto difficile e incerta. Per questo in applicazione del criterio che stiamo esaminando: non la ‘non presenza’ di altri beni è fatto costitutivo del diritto alla risoluzione anticipata del rapporto, ma la presenza di altri beni è fatto impeditivo di tale diritto. o CRITERIO 3: Vicinanza alla prova Essendo incerto se un fatto appartiene alla fattispecie costitutiva oppure a quella impeditiva, di deve scegliere quella soluzione, in virtù della quale diventa onerato della prova il soggetto per cui la prova è più facile. Esempio del licenziamento sopra visto, la prova di dimostrare quanti dipendenti ha in forza è del datore. Eccezioni in senso stretto & Eccezioni in senso lato ECCEZIONI IN SENSO LATO: sono le eccezioni rilevabili ‘anche’ d’ufficio (dal giudice) ECCEZIONI IN SENSO STRETTO: sono le eccezioni rilevabili sono dalla parte. N.B. Non ci sono eccezioni rilevabili ‘solo’ d’ufficio. Come distinguere le eccezioni in senso lato da quelle in senso stretto? Certe volte il legislatore lo dichiara (Esempio: art. 1421 c.c.  in tema di nullità, stabilisce che “la nullità può essere rilevata d’ufficio dal giudice). Funzione dell’eccezione in senso stretto: il legislatore crea queste eccezioni quando vuole che l’interessato valuti l’opportunità di far valere quel certo fatto impeditivo, modificativo o estintivo, cioè quando ritiene inopportuna l’operatività automatica di quel fatto. N.B. Il ragionamento è simile a quello che sta alla base del regime dell’annullabilità (può essere fatta valere solo da chi vi ha interesse in base a valutazioni di opportunità) e dell’esercizio dei diritti potestativi. Problema: quando il legislatore non dichiara di che tipo di ‘eccezione’ si tratta? SOLUZIONE: IL PROCESSO CUMULATO. L’ACCERTAMENTO INCIDENTALE Premessa: si passi ora ad analizzare il processo strutturalmente complesso (più di un oggetto e/o più di due parti). 3 principi che reggono il processo oggettivamente cumulato: 1. Autonomia processuale: la sussistenza dei presupposti processuali deve essere autonomamente valutata per ciascuna causa cumulata. Infatti… se il processo è oggettivamente cumulato  vi sono più domande  quindi più oggetti del processo  quindi più decisioni. N.B. Solo con riferimento a taluni presupposti processuali (giurisdizione e competenza) il cumulo comporta variazioni alle regole ordinarie (es. artt. 31-36 c.p.c.: stabiliscono delle regole speciali per la competenza, prevedendo la deroga delle regole ordinarie, di modo che le più cause possano essere trattate dallo stesso giudice, competente per una di esse, ma non per le altre). 2. Principio di acquisizione: la trattazione delle più cause cumulate è unica, e gli atti compiuti in relazione ad una di esse sono utilizzabili, in via di principio, e salvo eccezioni, per le altre. Esempio Tizio chiede nei confronti di Caio l’adempimento contrattuale; nello stesso processo, anche Caio chiede nei confronti di Tizio l’adempimento della controprestazione nascente dallo stesso contratto. L’attività istruttoria he le parti svolgono in relazione al contratto, è utilizzabile per decidere tutte e due le cause indifferentemente. 3. Rilevanza dei nessi sostanziali: gli elementi rilevanti per la disciplina del cumulo riguardano i nessi di diritto sostanziale esistenti fra i diritti coinvolti nella vicenda giurisdizionale SPIEGAZIONE: è il tipo di connessione sussistente tra i vari oggetti del processo che determina l’applicazione delle regole sul cumulo, non lo strumento o l’occasione, attraverso i quali il cumulo si è realizzato. Modificazioni della competenza per ragioni di connessione Regola generale Art. 112 c.p.c .: il giudice può pronunciare d’ufficio su Competenza per materia La giurisprudenza ritiene che il Principio di assorbimento da parte del giudice superiore opera solo per la competenza per valore e non anche per la competenza per materia. Competenza per territorio Se il giudice è territorialmente competente per la causa dipendente originariamente proposta, a non per quella pregiudiziale, egli acquista la competenza territoriale derogata anche per quella pregiudiziale. LA COMPENSAZIONE ART. 35 Contenuto: disciplina la compensazione nei suoi profili processuali Profili sostanziali Artt. 1241 ss. c.c. - Se fra due soggetti sussistono rapporti incrociati di credito-debito per una quantità di cose fungibili, i due rapporti si estinguono vicendevolmente - La compensazione presuppone che la relazione credito-debito nasca da due rapporti distinti - La compensazione opera ‘ipso iure’, ma richiede una manifestazione di volontà, cioè occorre che il controcredito sia opposto in compensazione da uno dei due soggetti, - Quando uno dei due soggetti manifesta la volontà di utilizzare il proprio credito per estinguere il controcredito, l’effetto è retroattivo al momento in cui i due crediti sono venuti a coesistenza (divenuti ambedue esigibili). CONSEGUENZA: se uno dei crediti si è prescritto successivamente, e anche solo per un momento i due crediti sono stati coesistenti, la compensazione opera ugualmente. - La compensazione non può essere rilevata d’ufficio dal giudice. Profili processuali Connessione per compensazione Quale tipo di connessione intercorre tra i due crediti opposti in compensazione? RISPOSTA: esiste una doppia connessione incrociata tra credito originario e controcredito: nel momento in cui il titolare del credito Y decide di usare il suo controcredito come fatto estintivo del credito X, elimina il diritto X, ma nel far ciò sacrifica una parte corrispondente del suo diritto. Ecco perché la compensazione è un modo di estinzione delle obbligazioni: - Oneroso  per estinguere il diritto altrui occorre spendere il proprio - Satisfattivo  ciascuno vede sì estinto un proprio diritto, ma contemporaneamente anche un proprio obbligo. Domanda fondata sul controcredito Premessa: ciascun credito, sul piano del diritto sostanziale, si presenta in due dimensioni diverse: a. E’ una situazione sostanziale perfetta che il titolare può far valere come qualunque altra situazione sostanziale. b. E’ un potenziale fatto estintivo di un altro diritto. CONSEGUENZA: questa duplicità del modo di essere, sul piano sostanziale, dei due diritti corrisponde, sul piano processuale, ad un duplice modo con cui ciascuno di essi può essere fatto valere: A. Come diritto: il soggetto in questo caso può proporre la domanda In un autonomo, separato processo Come causa riconvenzionale all’interno dell’unico processo [ipotesi di processo cumulato]. B. Come eccezione: ossia come fatto estintivo del diritto altrui oggetto dell’unica domanda dell’attore. SPIEGAZIONE Caso 1: controcredito come eccezione Il convenuto chiede ad es. che sia rigettata la domanda dell’attore a) perché il suo credito non è mai sorto b) perché l’ha pagato c) perché lo compensa con il suo controcredito. E’ chiaro che il convenuto non chiede la tutela del suo diritto, ma lo utilizza solo per far rigettare la domanda dell’attore. Cos’ se il giudice dovesse ritenere che il diritto dell’attore non è mai sorto, non esamina l’eccezione di compensazione, che viene assorbita. CASO 1: è chiaro come invece nelle ipotesi in cui il convenuto richiede la tutela del suo diritto, la domanda avente ad oggetto il suo controcredito non può essere assorbita. Principio della ragione più liquida Premessa: si è visto come per rigettare la domanda non si impone un ordine logico di esame delle varie questioni di merito: se risulta fondata un’eccezione il giudice può rigettare la domanda anche senza accertare la sussistenza dei fatti costitutivi (‘se anche il diritto fosse sorto, comunque esso attualmente si sarebbe estinto’). RATIO: il convenuto, con la compensazione, estingue sì il suo debito, ma ‘spendendo’ il suo controdiritto (è come se lo pagasse). Quindi egli ha interesse a far esaminare l’eccezione di compensazione per ultima, in modo che il giudice utilizzi il controcredito per respingere la domanda solo dopo aver accertato l’attuale esistenza del diritto dell’attore. Esame dell’eccezione di compensazione Regola generale Se il controcredito è oggetto di domanda, questa non può essere assorbita: se, al contrario, è oggetto di eccezione, questa può essere assorbita. Regola generale Il ‘Principio della ragione più liquida’ non si applica nei confronti dell’eccezione di compensazione. CASO 1: il giudice assorbe l’eccezione di compensazione  non c’è pronuncia sull’eccezione di compensazione, il controcredito rimane impregiudicato per un successivo processo. CASO 2: il giudice rileva l’esistenza del credito originario.  deve esaminare l’eccezione di compensazione Soluzione 1: se il giudice ritiene che il controcredito (convenuto) esiste, rigetta la domanda dell’attore, ma per far questo avrà utilizzato una parte del controcredito del convenuto, di entità corrispondente al credito dell’attore. Soluzione 2: se il giudice ritiene che il controcredito (convenuto) non esiste, accoglie la domanda dell’attore e il convenuto si è bruciata ugualmente la somma corrispondente a quella riconosciuta all’attore (l’ha persa perché è stata riconosciuta inesistente). Controcredito maggiore Premessa: la fattispecie di cui all’art. 35 c.p.c., si pone solo quando il controcredito opposto in compensazione (convenuto) come eccezione è maggiore del credito originario (attore). Quando il controcredito è uguale o minore al credito dell’attore  i problemi di ci si occupa l’art. 35 c.p.c. non si hanno perché, se l’eccezione viene esaminata, il controdiritto si estingue totalmente; se non viene esaminata, rimane del tutto impregiudicato. Quando il controcredito è maggiore al credito dell’attore  PROBLEMA: la statuizione del giudice riguardo l’esistenza o meno del controcredito forma giudicato sulla parte rimanente rispetto al credito originario dell’attore? RISPOSTA Art. 35 c.p.c.  stabilisce quando si forma il giudicato sul residuo e quando no. ITER: allorché il convenuto eccepisce in compensazione un controcredito maggiore del credito dell’attore, egli ‘spezza’ il suo credito in due parti: Una: di valore equivalente al credito dell’attore (sulla quale si fonda l’eccezione) Altra: di valore equivalente al residuo (che rimane comunque estranea al processo) Eccezione! Se l’attore contesta l’esistenza del controcredito, non si verifica la scissione del controcredito originario in due sottocrediti: il credito si ricompone ad unità (ciò per ragioni di economia processuale). Conseguenza: si ha l’accertamento con efficacia di giudicato dell’intero controcredito. N.B. Il frazionamento del controcredito comporta la possibilità di pronunce discordanti, mentre l’accertamento unitario del controcredito impedisce pronunce discordanti. Art. 35 c.p.c.  si occupa del fenomeno appena prescritto nell’ottica della competenza. Problema: se occorre decidere con efficacia di giudicato dell’intero controcredito, perché esso è contestato e il suo ammontare supera il credito originario, può darsi che il giudice, competente per la quantità minore del credito originario, non lo sia per la quantità maggiore del credito opposto in compensazione. Regole generale Se l’eccezione di compensazione è esaminata, la parte di entità equivalente al credito vantato dall’attore viene dedotta in giudizio; il residuo ne resta fuori (impregiudicato).
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