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Procedura civile riassunti, Sintesi del corso di Diritto Processuale Civile

riassunti completi !!!

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

In vendita dal 05/09/2019

Ludo.rossi
Ludo.rossi 🇮🇹

4

(4)

7 documenti

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Scarica Procedura civile riassunti e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! Procedura civile PARTE 1 – PROFILI GENERALI Attività giurisdizionale La “giurisdizione” è una delle tre fondamentali attività dello Stato accanto alla legislazione (con la quale lo Stato pone in essere le norme che compongono l’ordinamento) e all’amministrazione (con la quale lo Stato persegue gli interessi pubblici attraverso i propri enti) ed è definita come l’attività volta ad applicare la norma nel caso concreto e ne distinguiamo vari tipi: • giurisdizione costituzionale (Corte Costituzionale) • giurisdizione civile (giudice di pace, tribunale, Corte d’appello e Corte di cassazione) • giurisdizione amministrativa (tribunale amministrativo regionale, Consiglio di Stato) giurisdizione contabile (Corte dei conti) • giurisdizione tributaria (commissione tributaria e Corte di Cassazione) • giurisdizione penale (giudice di pace, tribunale, Corte d’appello e Corte di cassazione) i caratteri fondamentali sono: • è strumentale • ha natura sostitutiva • terzietà La Costituzione ha introdotto il principio secondo cui la giurisdizione si attua mediante il giusto processo che prevede: 1. durata ragionevole 2. diritti giudiziari inviolabili: • il diritto di difesa (è un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento) • il principio del contraddittorio (garanzia di partecipazione delle parti al processo) • il principio di parità delle parti (garanzia di uguaglianza formale delle parti) • il principio di imparzialità del giudice (distanza del giudice dagli interessi delle parti) • l’obbligo di motivazione (motivi in base ai quali il giudice giunge alle sue decisioni) La “giurisdizione civile” è esercitata dai giudici ordinari (giudice di pace, il tribunale, la Corte d’appello e la Corte di cassazione) e presso questi possono essere istituite delle sezioni specializzate (sezioni specializzate agrarie, i tribunali per i minorenni e i tribunali regionali delle acque); e infine troviamo i giudici speciali (Consiglio di Stato e la Corte dei conti). L’art. 37 prevede il difetto di giurisdizione che nei confronti della pubblica amministrazione e dei giudici speciali ricorre quando venga proposta una domanda davanti al giudice ordinario che non può dar luogo ad alcuna esplicazione di funzione giurisdizionale (improponibilità assoluta della domanda); è anche previsto il difetto di giurisdizione per lo straniero che è rilevabile d’ufficio se il convenuto è contumace, ovvero in caso di azioni reali aventi ad oggetto immobili situati all’estero, ovvero se la giurisdizione italiana è esclusa da una norma internazionale, o su eccezione del convenuto se non ha espressamente o tacitamente accettato la giurisdizione italiana. Il regolamento di giurisdizione (art.41 comma 1) invece è uno strumento concesso alle parti per provocare una decisione definitiva e vincolante sulle questioni di giurisdizione da parte della Corte di cassazione a sezioni unite, non è un mezzo di impugnazione in quanto contesta solo la pronuncia della giurisdizione e non dà luogo a un nuovo grado di giudizio, possono proporre regolamento di giurisdizione tutte le parti del giudizio di primo grado mentre non può essere proposta d’ufficio ed i presupposti sono la pendenza di un processo e la mancanza di una decisione, il procedimento inizia con ricorso notificato alle altre parti che verrà poi depositato nella cancelleria del giudice che si occupa della causa che successivamente sospende la causa se non ritiene l’istanza manifestatamente inammissibile o infondata, il ricorrente deve chiedere alla cancelleria del giudice la trasmissione del fascicolo d’ufficio e depositare la richiesta insieme al ricorso, a questo punto la corte si pronuncerà con ordinanza in camera di consiglio, se la corte dichiara la giurisdizione del giudice ordinario le parti devono riassumere il processo entro 6 mesi a pena di estinzione, se la corte riscontra il difetto di giurisdizione si verifica la translatio iudicii dal giudice ordinario a quello speciale; caso speciale di regolamento di giurisdizione (art.41 comma 2) è quello che stabilisce che la p.a. che non è parte in causa può chiedere che sia dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario dalle sezioni unite della Corte di cassazione e si tratta quindi di un regolamento straordinario, in questo caso la richiesta si propone con decreto motivato dal prefetto notificato alle parti e al procuratore della Repubblica, il pubblico ministero comunica il decreto del prefetto al capo dell’ufficio giudiziario davanti al quale pende la causa, il processo è sospeso con decreto notificato alle parti e nel termine di 30 giorni dalla notifica del decreto la parte più diligente investe la Corte di cassazione della questione di giurisdizione con ricorso notificato. Il processo civile I principi generali del processo civile sono: • principio della domanda • principio dell’interesse ad agire • principio della legittimazione ad agire • principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato • principio di legalità • principio di disponibilità delle prove • principio della libera valutazione delle prove • principio della soccombenza • principio di oralità L’azione è il diritto ad ottenere un provvedimento sul merito e si distinguono in: 1. azioni di cognizione: tra queste distinguiamo • proprietà industriale; • concorrenza sleale; • diritto d’autore; • antitrust; • rapporti societari in genere. Il tribunale per i minorenni è responsabile sui: • giudizi riguardanti la dichiarazione di paternità o maternità 3. COMPETENZA PER TERRITORIO: - foro generale: per le persone fisiche è competente il giudice del luogo in cui il convenuto ha residenza o domicilio, della dimora o in mancanza di queste del luogo in cui risiede l’attore; per le persone giuridiche è competente il giudice del luogo dove questa ha sede, stabilimento e un rappresentate autorizzato a stare in giudizio; gli enti privi di personalità giuridica hanno sede dove svolgono attività in modo continuativo. - foro facoltativo: per le cause relative a diritti di obbligazione è anche competente il giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l’obbligazione; ulteriore foro facoltativo è il foro del domicilio eletto nel senso che può essere convenuto davanti al giudice del domicilio stesso. - foro esclusivo: cioè un solo giudice è competente territorialmente e cioè quello del luogo in cui è posto l’immobile o l’azienda per le cause relative a diritti reali sui beni immobili e affitto d’azienda; quello del luogo in cui si è verificato il fatto per le azioni possessorie, denuncia di nuova opera e danno temuto; quello del luogo in cui si è aperta la successione per le cause ereditarie; quello del luogo in cui ha sede la società o in cui si trovano i beni comuni per le cause tra soci e condomini; quello del luogo in cui si esercita la tutela o l’amministrazione per le cause relative alla gestione tutelare e amministrativa patrimoniale; quello del luogo in cui ha sede l’ufficio dell’avvocatura dello stato nel cui distretto si trova il giudice che sarebbe competente secondo le norme ordinarie per le cause in cui è parte una amministrazione dello stato; quello del luogo in cui le cose si trovano per l’esecuzione forzata su cose mobili e immobili; quello del luogo ove risiede il debitore per l’esecuzione forzata su autoveicoli, motoveicoli e rimorchi e per l’espropriazione di crediti; quello del luogo ove risiede il terzo debitore per l’espropriazione di crediti quando il debitore è una pubblica amministrazione; quello del luogo dove l’obbligo deve essere adempiuto per l’esecuzione forzata degli obblighi di fare e non fare; quello del luogo dell’esecuzione per le cause di opposizione all’esecuzione; quello davanti al quale si svolge l’esecuzione per le cause di opposizione a singoli atti esecutivi; quello del capoluogo del distretto di Corte d’appello vicino per procedimenti contro un magistrato; quello del luogo di residenza o domicilio se ubicati nel territorio dello Stato per cause in cui è parte un consumatore. - foro sussidiario: luogo stabilito dalle parti nei limiti previsti dalla legge con atto scritto e con riferimento ad uno o più determinati affari per le cause in cui il foro è stabilito per accordo dalle parti. Il legislatore ha previsto tre particolari ipotesi chiamate: 1. litispendenza: ipotesi in cui la stessa causa sia presentata davanti a giudici diversi e devono esserci stessi soggetti (personae), stessi oggetti (petitum) e stesso titolo (causa petendi), se uno di questi è diverso non si verifica litispendenza; tra i vari giudici di fronte ai quali è stata proposta sarà competente quello avanti il quale è stato radicato preventivamente il giudizio. 2. continenza: ipotesi di litispendenza parziale cioè quando ci sono elementi diversi tra loro. 3. connessione: ipotesi in cui almeno uno degli elementi (personae, petitum e causa petendi) sono comuni e quindi c’è la possibilità che le cause siano trattate nello stesso processo. Il regolamento di competenza è un mezzo di impugnazione con la funzione di investire la Corte di cassazione del potere di individuare il giudice competente; si usa distinguere tra un regolamento necessario e facoltativo a seconda del tipo di pronuncia emessa dal giudice del merito, quando si pronuncia separatamente dal merito e quindi emette ordinanza, quest’ultima può essere impugnata d’innanzi alla cassazione esclusivamente con il regolamento di competenza necessario, quando invece si pronuncia unitamente al merito ed emette sentenza può essere impugnata sia con i mezzi di impugnazione generali (appello e ricorso per cassazione) sia con il regolamento di competenza detto facoltativo. Sul regolamento decide la cassazione con ordinanza con la quale accoglie il ricorso e stabilisce in via definitiva qual è il giudice competente, oppure lo rigetta e resta competente il giudice dichiarato tale nel provvedimento impugnato; a seguito dell’ordinanza che dichiara la competenza del giudice adito e a seguito dell’impugnazione con il regolamento di competenza, il processo deve essere riassunto davanti al giudice dichiarato competente entro il termine di 3 mesi dalla comunicazione dell’ordinanza; a seguito della riassunzione il processo continua dinnanzi al nuovo giudice (translatio iudicii); può accadere però che il giudice della riassunzione contesti la sua competenza per materia e territorio e in questo caso il giudice dovrà proporre il regolamento di competenza d’ufficio dinnanzi alla Corte di cassazione, il quale non costituisce un mezzo di impugnazione, ma uno strumento di definizione del conflitto di competenza sorto tra due giudici che si ritengono entrambi incompetenti. Le parti e i difensori Nel processo le parti assumono il nome a seconda dell’attività che esercitano (attore, convenuto, ricorrente, resistente, appellante, appellato, terzo chiamato e terzo intervenuto). Per capacità processuale intendiamo i soggetti legittimati a stare in giudizio e che quindi hanno il libero esercizio dei diritti, al contrario troviamo l’incapacità processuale e consiste nella incapacità legale di agire e che quindi possono stare in giudizio solo se autorizzate, assistite o rappresentate da parte del procuratore, institore o del curatore speciale (nominato per ragioni di urgenza se manca la persona a cui spetta la rappresentanza o l’assistenza). Si parla di litisconsorzio quando vi è comunanza della lite, cioè quando le parti nel processo sono più di quelle due normalmente esistenti (attore e convenuto) e può essere: • necessario: la decisione deve essere pronunciata nei confronti di più parti e quindi devono essere convenute nello stesso processo, se questo è però promosso solo nei confronti di alcune di esse, il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio in un termine che se non viene rispettato porta all’estinzione del processo, se la sentenza è pronunciata senza che abbiano partecipato tutti i litisconsorzi necessari sia inutiliter data cioè nulla nei confronti dei soggetti pretermessi • facoltativo: sussistono ragioni che rendono opportuna la partecipazione di più parti allo stesso processo e distinguiamo la connessione oggettiva propria (cause connesse per l’oggetto o titolo) e la connessione oggettiva impropria (è opportuno che identiche questioni siano decise in un unico processo per ragioni di economia processuale e uniformità delle decisioni). Inoltre il giudice può disporre la separazione delle cause quando vi è istanza di tutte le parti o quando la decisione congiunta ritardi o renda più gravoso il processo, il provvedimento di separazione può essere emesso in sede di istruzione o di decisione della causa. Il giudice ha voluto concedere la possibilità ai terzi di intervenire in un processo già in corso tra altre parti e quindi distinguiamo: • l’intervento volontario: (art.105) ciascuno può intervenire in un processo tra altre persone per far valere in confronto di tutte le parti (intervento principale o litisconsortile) o di alcune di esse (intervento adesivo autonomo) un diritto, o per sostenere le ragioni di alcune delle parti (intervento adesivo dipendente). • l’intervento coatto: che si distingue in intervento su istanza di parte (art.106) che prevede che ciascuna parte può chiamare nel processo un terzo al quale ritiene comune la causa o dal quale pretende essere garantita e in intervento per ordine del giudice (art.107) che prevede che il processo si svolga nei confronti di un terzo al quale la causa è comune. Per estromissione intendiamo l’uscita dal processo di una delle parti mentre per successione nel processo intendiamo il venir meno di una delle parti per decesso e quindi il processo sarà proseguito dal successore (a titolo universale) o nel caso in cui nel corso del processo si trasferisce il diritto controverso per atto tra vivi a titolo particolare il processo prosegue tra le parti originarie (titolo particolare). E’ stabilito (art.82) che davanti al giudice di pace le parti possono stare in giudizio personalmente nelle cause il cui valore non eccede i 1.100 euro, mentre davanti al tribunale e alla Corte d’appello le parti devono stare in giudizio con il ministero o assistenza di un difensore e davanti alla Corte di cassazione con il ministero di un avvocato iscritto nell’apposito albo. Caso particolare è quando la parte ha le qualità necessarie per esercitare l’ufficio di difensore può stare in giudizio senza il ministero di altro difensore (art.86). L’art.83 prevede quindi che quando la parte sta in giudizio con il ministero di un difensore, questi deve essere munito di procura che può essere: • generale: quando si riferisce ad una serie indefinita di liti o a tutte le possibili liti e deve essere necessariamente rilasciata con atto pubblico o scrittura privata autenticata; • speciale: quando si riferisce ad una lite determinata e può essere apposta in determinati atti processuali, su foglio separato, su documento informatico, si presume conferita per un determinato grado del processo se non è espressa diversa volontà o con supporto cartaceo. 4. il custode: si occupa della conservazione ed amministrazione dei beni pignorati o sottoposti a sequestro. 5. altri ausiliari (notaio, interprete, traduttore): compiti specifici assegnati dal giudice in relazione alle loro competenze professionali specifiche (traduzioni, inventario ecc.). Gli atti del processo Il processo civile è composto da una serie di atti, è prevista la libertà delle forme ed è necessario l’utilizzo della forma italiana o nominare un’interprete. L’art.125 stabilisce che la citazione, il ricorso, la comparsa, il controricorso e il precetto devono indicare: • l’ufficio giudiziario • le parti • l’oggetto • le ragioni • le conclusioni o l’istanza • la sottoscrizione della parte (se questa manca sull’originale dell’atto da notificare si verifica la nullità insanabile, se manca sulla copia dell’atto da notificare si determina solo una mera irregolarità). Il processo è improntato sull’oralità ed è quindi sorta la necessità di prevedere le modalità di documentazione dell’attività svolta dalle parti in modo orale di fronte al giudice che deve innanzitutto contenere: l’indicazione delle persone, le circostanze di luogo e di tempo, le attività svolte, le dichiarazioni ricevute e deve essere sottoscritto dal cancelliere che conferisce al processo la qualità di atto pubblico; l’udienza di discussione è pubblica a pena di nullità anche se ci sono casi in cui il giudice dispone che debba essere a porte chiuse per ragioni di sicurezza, ordine pubblico o buon costume; chi interviene o assiste al processo non può portare armi o bastoni, deve stare in silenzio e a capo scoperto e non può fare segni di approvazione o disapprovazione. I termini per compiere validamente i singoli atti del processo sono: • legali: quando stabiliti dalla legge; • giudiziari: quando stabiliti dal giudice; • dilatori: periodo di tempo solo decorso il quale l’attività può compiersi; • acceleratori: periodo di tempo entro il quale l’attività deve o può essere compiuta; • perentori: termini dichiarati tali dalla legge la cui inosservanza determina l’estinzione del processo o la decadenza da una facoltà processuale (non possono essere prorogati o abbreviati nemmeno sull’accordo delle parti); • ordinatori: quelli dettati per regolare l’attività processuale senza che la loro scadenza comporti decadenza (possono essere prorogati). Per quanto riguarda le modalità del computo dei termini distinguiamo se si tratta di termini: • a mesi o anni: si osserva il calendario a prescindere dal numero di giorni di ogni mese o anni; • a giorni od a ore: si escludono il giorno o l’ora iniziali; • i giorni festivi: si computano sempre nel termine salvo che coincidano con il giorno di scadenza (in tal caso sarà prorogata al primo giorno seguente non festivo); • calcolo a ritroso: se si verifica la scadenza nel giorno festivo, questa sarà anticipata al giorno precedente non festivo. Per la sospensione feriale dei termini è stabilito che il decorso dei termini processuali (civili e amministrativi) è sospeso dal 1 al 31 agosto di ciascun anno e riprende alla fine del periodo; se il decorso ha inizio durante il periodo di sospensione, questo sarà rimandato al termine del periodo stesso. La sospensione dei termini non si applica ad alcune materie (cause relative ad alimenti, procedimenti cautelari, sfratto, materia agraria, cause di opposizione all’esecuzione, cause in materia di lavoro e previdenziale e controversie relative alla dichiarazione e alla revoca del fallimento). Gli atti che provengono dal giudice si chiamano provvedimenti che sono di tre tipi: 1. sentenza: è il provvedimento tipico con i quale si attua la funzione giurisdizionale e possono essere: • di merito • di rito • di mero accertamento • di condanna • costitutiva • definitiva • non definitiva e deve contenere: • l’indicazione del giudice che l’ha pronunciata • l’indicazione delle parti e dei loro difensori • le conclusioni delle parti e del p.m. • l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione • il dispositivo • la data della deliberazione • la sottoscrizione del giudice Il deposito e la pubblicazione della sentenza coincidono e si realizzano nel momento in cui il cancelliere procede al deposito ufficiale e la comunicazione di questa avviene mediante biglietto contenente il testo integrale della sentenza in via telematica. 2. ordinanza: il giudice dispone con ordinanza quando deve emanare provvedimenti ordinatori (es. ammissione di prove, riunione di cause e sospensione del processo) o deve risolvere questioni o difficoltà sorte nel processo, e sono di vari tipi: • di incompetenza • istruttoria • collegiale • revocabile e modificabile • reclamabile • non impugnabile L’ordinanza è sempre motivata e se è pronunciata in udienza è inserita nel processo verbale mentre se è pronunciata fuori udienza è scritta in calce al processo verbale o in foglio separato; può sempre essere modificata o revocata dal giudice che l’ha pronunciata tranne: • quelle pronunciate sull’accordo delle parti se non vi è accordo anche sulla revoca; • quelle dichiarate espressamente non impugnabili dalla legge; • quelle per le quali la legge predisponga uno speciale mezzo di reclamo. Il cancelliere deve darne comunicazione alle parti solo quando l’ordinanza è pronunciata fuori udienza, l’omissione della comunicazione ad una delle parti determina la nullità del provvedimento qualora la parte non compaia all’udienza successiva. 3. decreto: è considerato il provvedimento giudiziale più semplice che non richiede motivazione ed è pronunciato d’ufficio o su istanza anche verbale della parte. Le attività mediante le quali si dà notizia dei provvedimenti alle parti, al p.m., al consulente, agli ausiliari del giudice e ai testimoni sono le: 1. comunicazioni: che possono essere effettuate dal cancelliere in modo autonomo o per ordine del giudice mediante biglietto di cancelleria ovvero a mezzo telefax o posta elettronica certificata; 2. notificazioni: sono eseguite: • su istanza di parte; • su richiesta del p.m.; • su richiesta del cancelliere; L’ufficiale giudiziario esegue la notificazione mediante consegna al destinatario di copia conforme all’originale dell’atto da notificarsi e il procedimento è distinto in tre fasi: • fase di impulso: richiesta di notificazione dell’atto; • fase di trasmissione e consegna: consegna dell’atto da notificare al competente ufficiale; • se prevista dalla legge • se l’atto manca dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo e si distingue in: • assoluta: che possono essere pronunciate d’ufficio • relativa: che possono essere pronunciate solo su istanza di parte Le conseguenze delle nullità sono: • la nullità di un atto non importa quella degli atti precedenti né di quelli successivi • la nullità di una parte dell’atto non colpisce le altre parti • se il vizio impedisce un determinato effetto l’atto può produrre quelli per cui è idoneo La notificazione effettuata dall’ufficiali giudiziario è nulla se: • non sono osservate le disposizioni circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia; • se vi è incertezza assoluta sulla persona; La sentenza può essere viziata da: • nullità derivata per nullità di atti precedenti; • da nullità propria conseguente la violazione delle regole sulla formazione della sentenza; il legislatore ha previsto la conversione dei vizi di nullità in motivi di impugnazione, se la sentenza però manca della sottoscrizione del giudice, tale disposizione non si applicherà in quanto la sentenza è inesistente essendo affetta da nullità insanabile. PARTE 2 – NEGOZIAZIONE ASSISTITA E MEDIAZIONE E’ prima di tutto previsto l’obbligo per l’avvocato di informare l’assistito della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione e delle agevolazioni discali e di ricorrere alla negoziazione; v i è quindi un vero e proprio dovere in capo all’avvocato la cui inosservanza comporterebbe: • possibile annullabilità del contratto (piano civilistico) • istaurazione di un procedimento disciplinare (piano deontologico) L’informativa deve essere chiara ed esaustiva e deve indicare i casi in cui l’esperimento del procedimento di mediazione e negoziazione assistita sono condizioni di procedibilità della domanda giudiziale, che deve essere sottoscritta dall’assistito e allegata all’atto introduttivo dell’eventuale giudizio. La negoziazione assistita Consiste in un accordo in forma scritta con il quale due o più parti tentano, con l’assistenza di avvocati, di raggiungere un accordo per la risoluzione in via amichevole di una controversia. L’esperimento del procedimento di negoziazione è condizione di procedibilità nei seguenti casi: • risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti; • domanda di pagamento di somme inferiori a 50.000 euro mentre sono esclusi dalla condizione di procedibilità i seguenti procedimenti: • di ingiunzione, inclusa l’opposizione • in camera di consiglio • nell’azione civile esercitata nel processo penale • quando la parte può stare in giudizio personalmente Per quanto riguarda il procedimento è l’avvocato che deve promuovere la negoziazione inoltrando alla controparte l’invito a stipulare la convenzione mediante lettera che deve contenere: • l’oggetto della controversia; • l’avvertimento che la mancata risposta all’invito, entro trenta giorni dalla ricezione o il suo rifiuto può essere valutato dal giudice ai fini delle spese del giudizio; • la firma del cliente certificata dallo stesso difensore se la parte che riceve l’invito lo rifiuta o non risponde entro 30 gg la condizione di procedibilità è avverata e il procedimento è concluso; al contrario invece una volta ricevuto l’invito e comunicata l’adesione al procedimento di negoziazione, spetta agli avvocati delle parti stipulare la convenzione di negoziazione assistita che deve essere: • stipulata in forma scritta a pena di nullità; • indicare il termine concordato tra le parti (non inferiore a un mese e non maggiore a tre); • precisare l’oggetto della controversia; • essere redatta dagli avvocati; • essere sottoscritta dalle parti. Se l’accordo non viene raggiunto gli avvocati delle parti sono tenuti a redigere la dichiarazione di mancato accordo e sottoscriverla e da qui le parti saranno libere di procedere in giudizio; se l’accordo viene raggiunto sarà compito degli avvocati predisporre il testo dell’accordo e sottoscriverlo con le parti, certificare le sottoscrizioni e la conformità dell’accordo alle norme imperative e al buon costume e trasmetterne la copia al Consiglio dell’Ordine di appartenenza o del luogo dell’accordo. L’accordo costituisce titolo esecutivo e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale deve essere integralmente trascritto nel precetto (art.480). La mediazione Ce ne sono tre tipi: 1. obbligatoria: imposta a pena di improcedibilità; 2. facoltativa: scelta liberamente dalle parti; 3. giudiziale o delegata: disposta dal giudice nel corso del processo. L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale nelle seguenti materie: • condominio; • diritti reali; • divisione; • successioni ereditarie; • patti di famiglia; • locazione e comodato; • affitto di azienda; • risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria; • risarcimento del danno derivante da diffamazione con mezzo di stampa o altro mezzo pubblicitario; • contratti assicurativi, bancari e finanziari non è condizione di procedibilità: • di ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione; • per convalida di licenza o sfratto fino al mutamento del rito; • di consulenza tecnica preventiva; • possessori; • di opposizione o incidentali di cognizione relativi all’esecuzione forzata in camera di consiglio; • nell’azione civile esercitata nel processo penale. perfezionamento della notificazione) sia il dies ad aquem (giorno dell’udienza) anche se comunque il giudice può abbreviare i termini fino alla metà se si tratta di cause che richiedono pronta spedizione. Per la nullità della citazione distinguiamo vari vizi: 1. vizi relativi alla vocatio in ius: • omissione o assoluta incertezza sul giudice adito; • omissione o assoluta incertezza sulla persona dell’attore o del convenuto; • mancanza dell’indicazione della data della prima udienza; • mancanza dell’avvertimento; • assegnazione di termini a comparire inferiori a quelli previsti dalla legge. Se il convenuto non si costituisce in giudizio, il giudice rilevata la nullità ne dispone d’ufficio la rinnovazione entro un termine; la rinnovazione sana i vizi e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono sin dal momento della prima notificazione; se si costituisce ed eccepisce l’inosservanza dei termini a comparire o la mancanza dell’avvertimento il giudice fissa una nuova udienza; se però costituendosi, oltre ad eccepire la nullità della citazione per violazione del termine di comparizione e a chiedere la fissazione di altra udienza svolge anche le sue difese, non sussiste il presupposto per l’applicazione dal momento che la seconda udienza sarà priva di scopo con conseguente sanatoria della nullità. 2. vizi relativi alla editio actionis: • omissione o assoluta incertezza sulla determinazione della cosa oggetto della domanda; • omissione o assoluta incertezza dell’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda. Se il convenuto non si costituisce in giudizio, il giudice una volta rilevata la nullità, fissa all’attore un termine perentorio per rinnovare la citazione con le integrazioni necessarie; i vizi sono sanati con effetto ex nunc, se la rinnovazione non viene eseguita i giudice ordina l’estinguersi del processo; se il convenuto si costituisce in giudizio, il giudice fissa all’attore un termine perentorio per integrare la domanda, in tal caso gli effetti sostanziali e processuali si producono dalla data dell’integrazione con efficacia ex nunc. La costituzione è l’atto col quale la parte completa l’istaurazione del processo investendo il giudice della causa; il cancelliere iscrive la causa a ruolo, attribuisce il numero di ruolo generale e forma il fascicolo d’ufficio. Una volta eseguita la notifica dell’atto di citazione, l’attore entro 10 giorni dalla notificazione deve procedere alla iscrizione della causa a ruolo depositando in cancelleria la nota di iscrizione e il proprio fascicolo con l’atto di citazione e i documenti; formato il fascicolo d’ufficio, il cancelliere è tenuto a presentarlo al presidente del tribunale il quale designa il giudice davanti al quale le parti debbono comparire. Il convenuto (la parte chiamata in giudizio) deve provvedere alla sua costituzione con il deposito della comparsa di costituzione e risposta, nella quale deve proporre tutte le sue difese, nella cancelleria del giudice adito nel termine di 20 giorni; a pena di decadenza la comparsa di risposta deve contenere: • le eventuali domande riconvenzionali; • le eccezioni di incompetenza per materia, valore e territorio; • le eccezioni processuali non rilevabili d’ufficio; • le eccezioni di merito non rilevabili d’ufficio. Se dopo la notificazione della citazione nessuna delle parti si è costituita entro la data della prima udienza e la causa non è stata iscritta a ruolo il processo rimane in uno stato di quiescenza e potrà essere riassunto entro un termine di 3 mesi, in mancanza si verificherà l’estinzione. Se si è costituito tardivamente l’attore e il convenuto non si è costituito alla prima udienza il giudice deve ordinare la cancellazione della causa dal ruolo e il procedimento può essere riassunto entro il termine di 3 mesi dalla data del provvedimento di cancellazione. Se entrambe le parti si costituiscono tardivamente e dimostrino la comune volontà di dare impulso al processo, la cancellazione della causa dal ruolo non potrà essere dichiarata. Se il convenuto intende chiamare un terzo in causa deve dichiararlo espressamente nella comparsa di risposta a pena di decadenza e deve chiedere al giudice lo spostamento della prima udienza allo scopo di consentire la citazione del terzo; a questo punto il giudice provvederà con decreto, comunicato dal cancelliere alle parti, a fissare la prima udienza. Se invece è l’attore a chiamare in causa un terzo, sarà suo dovere chiederne l’autorizzazione al giudice istruttore e pena di decadenza nella prima udienza che provvederà a fissarne una nuova. Altre ipotesi di chiamata del terzo sono quelle del litisconsorzio necessario o per ordine del giudice, dove il giudice fisserà un’apposita udienza e la citazione del terzo è a carico della parte più diligente, a meno che non sia stata espressamente fissata a carico di una delle parti. I terzi chiamati devono costituirsi in giudizio con il deposito della comparsa di risposta entro 20 giorni dall’udienza e devono prendere posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda e della chiamata. La trattazione e l’istruzione probatoria Successivamente il giudice dovrà compiere una serie di attività preliminari e cioè: • verificare d’ufficio la regolarità del contraddittorio; • rilevare l’incompetenza per materia, valore e territorio; • in caso di richiesta congiunta delle parti deve fissare una nuova udienza e ordinare la comparizione personale delle parti per interrogarle liberamente e provocarne la conciliazione; • può richiedere alle parti chiarimenti necessari e indicare le questioni rilevabili d’ufficio; • dichiarare la contumacia del convenuto o dell’attore. Nelle cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica, il giudice, valutata la complessità della lite e dell’istruzione probatoria può disporre con ordinanza non impugnabile che il processo prosegua con il rito sommario di cognizione. Nella prima udienza di comparizione le parti possono svolgere attività difensiva e cioè: -l’attore: può proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto; può chiedere di essere autorizzato a chiamare un terzo in causa se l’esigenza è sorta dalle difese del convenuto. - tutte le parti: possono precisare e modificare le domande, eccezioni e le conclusioni già formulate (ius corrigendi); possono chiedere che il giudice istruttore fissi la comparizione personale delle stesse per l’interrogatorio libero e il tentativo di conciliazione; chiedere che il giudice conceda i termini perentori per il deposito delle memorie previste dal’art.183 comma 6. Possono anche accadere vicende anomale dell’udienza di prima comparizione: • se nessuna delle parti compare il giudice fissa un’udienza successiva, se nuovamente non si presenta nessuno, il giudice dichiara l’estinzione del processo. • se l’attore costituito non compare e il convenuto non chiede che si proceda in assenza di lui, il giudice fissa una nuova udienza, se nuovamente l’attore non si presenta il giudice dichiara l’estinzione del processo a meno che il convenuto non chieda che si proceda lo stesso. Si verifica la contumacia (quando non ti presenti senza giustificato motivo): • dell’attore: quando il convenuto si è costituito entro il termine fissato dall’art.166 e l’attore non si è costituito nel termine di cui all’art.171 ultimo comma; se il convenuto ne fa richiesta il giudice ordina che sia proseguito il giudizio, se non ne fa richiesta il processo si estingue. • del convenuto: quando questi non si è costituito e la notificazione dell’atto di citazione è regolare e ovviamente è avvenuta la tempestiva costituzione da parte dell’attore. il contumace può costituirsi in ogni momento del processo fino all’udienza di precisazione delle conclusioni mediante comparizione in udienza, in tal caso le sue facoltà processuali sono limitate per effetto delle preclusioni che si sono già verificate nel processo; può disconoscere nella prima udienza o nel termine assegnatogli dal giudice le scritture contro di lui prodotte; può chiedere di essere rimesso in termini (cioè ammesso a compiere le attività che gli sono precluse); tra gli atti che devono essere comunicati personalmente al contumace troviamo l’ordinanza che ammette l’interrogatorio formale o il giuramento, le comparse contenenti domande nuove o riconvenzionali; le altre comparse si considerano comunicate con il deposito in cancelleria e nessun altro atto deve essergli notificato né comunicato; la sentenza deve essere notificata personalmente alla parte. Ci sono delle ipotesi in cui pendono contemporaneamente più procedimenti relativi alla stessa causa o a cause connesse è stato previsto che si possa procedere alla “riunione di procedimenti”; se più procedimenti relativi alla stessa causa pendono davanti allo stesso giudice questi ne ordina la riunione; se la stessa causa pende davanti a due giudici o a due sezioni diverse dello stesso tribunale, il giudice istruttore o il presidente della sezione deve riferirne al presidente il quale sentite le parti ordina con decreto la riunione determinando la sezione o il giudice davanti al quale il procedimento deve proseguire; il giudice deve eseguire la stessa procedura quando si tratta di procedimenti relativi a cause connesse che pendono contemporaneamente davanti allo stesso giudice, se invece pendono davanti a giudici diversi compete al giudice del tribunale sentire le parti e ordinare che le cause siano chiamate alla medesima udienza davanti allo stesso giudice o sezione. Le cause riunite mantengono la propria autonomia sia sotto il profilo dell’efficacia delle prova, sia relativamente all’autonoma impugnabilità delle singole statuizioni. In caso di richiesta congiunta delle parti, il giudice fissa la loro comparizione al fine di interrogarle liberamente e di provocarne la conciliazione; la funzione dell’interrogatorio libero è diverso da quella dell’interrogatorio formale (io chiedo l’interrogatorio dell’altro per farlo confessare), perché in questo caso è il giudice che lo richiede per sentire le parti e farsi un’idea; le parti possono inoltre farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale (che dovrà essere munito di procura a conciliare preparati. La legge 18 giugno 2009 n°69 ha inserito nell’ordinamento la testimonianza scritta che prima non era consentita, si forma all’interno del processo in quanto è il giudice che la deve ammettere e vi deve essere l’accordo delle parti, la deposizione scritta non è libera ma è predeterminata su un modello appositamente predisposto; il testimone è tenuto ad apporre la propria sottoscrizione autenticata da un segretario comunale o dal cancelliere di un ufficio giudiziario e a spedire in busta chiusa con raccomandata la propria deposizione, il giudice una volta esaminate le risposte o le dichiarazioni può sempre disporre che il testimone sia chiamato a deporre davanti a lui o in prova delegata. 9. le riproduzioni e gli esperimenti: il potere del giudice di disporre riproduzioni fotografiche e rilevazioni cinematografiche o altre che richiedono l’impiego di mezzi, strumenti o procedimenti meccanici, nonché di disporre l’esperimento giudiziale e cioè il controllo di possibilità o verifica di una massima d’esperienza. 10. il rendimento dei conti: ha funzione ausiliaria e strumentale con la quale il giudice può ordinare la presentazione di un conto quando è necessaria la presentazione dei dati contabili e dei risultati finali dell’attività compiuta da una parte. 11. consulenza tecnica: ci sta anche questa ma non è configurata come un mezzo di prova ma la giurisprudenza la qualifica come un mezzo di indagine o istruttorio la cui finalità è quella di aiutare il giudice nella valutazione degli elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che comportino specifiche conoscenze, il giudice può nominare un consulente tecnico in qualunque momento del processo e questo, oltre ad assistere a tutte le operazioni del consulente d’ufficio, partecipa all’udienza per chiarire e svolgere le sue osservazioni sui risultati delle indagini tecniche, la sua relazione scritta è priva di valore probatorio il giudice infatti può anche non prendere in considerazione le sue conclusioni come viceversa può trarne spunto; se gli è stato affidato dal giudice l’incarico dell’esame contabile redige il processo verbale dell’avvenuta conciliazione che verrà inserito nel fascicolo d’ufficio. Le prove tipiche sono quelle che non sono previste dall’ordinamento anche se comunque è legittimo il loro ingresso nel processo e sono: 1. prove raccolte in altro processo civile 2. sentenze civili rese in altri giudizi 3. sentenze penali o atti di altri procedimenti penali 4. perizie stragiudiziali e consulenze tecniche di parte 5. scritture provenienti da terzi 6. scritture contenenti dichiarazioni provenienti dalla parte 7. verbali della pubblica amministrazione 8. la prova scientifica nel processo (scienze dure o scienze sociali) Tutti i provvedimenti istruttori che non contengono la fissazione dell’udienza successiva o del termine entro il quale le parti sono tenute a compiere gli atti processuali possono essere integrati e sono: 1. l’ordinanza per il pagamento di somme non contestate: su istanza di parte il giudice istruttore può disporre fino al momento della precisazione delle conclusioni, il pagamento delle somme non contestate dalle parto costituite; presupposto dell’ordinanza è la non contestazione delle somme contro la parte contumace; l’ordinanza costituisce titolo esecutivo ma non costituisce titolo per iscrivere ipoteca giudiziale; l’ordinanza è soggetta alla disciplina delle ordinanze revocabili. 2. l’ordinanza – ingiunzione: fino al momento della precisazione delle conclusioni la parte può chiedere al giudice istruttore, in ogni stato del processo, di pronunciare con ordinanza, ingiunzione di pagamento o di consegna; l’ordinanza può essere pronunciata anche se le somme sono contestate e anche se la parte è contumace; se il processo si estingue l’ordinanza acquista efficacia esecutiva e costituisce titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale. 3. l’ordinanza successiva alla chiusura dell’istruzione: esaurita l’istruzione, il giudice istruttore, su istanza di parte che ha proposto la domanda di condanna al pagamento di somme ovvero alla consegna o al rilascio di beni, può disporre con ordinanza il pagamento ovvero la consegna o il rilascio, nei limiti in cui ritiene già raggiunta la prova; non può essere pronunciato nel processo del lavoro e in appello; è a titolo esecutivo e acquista l’efficacia della sentenza impugnabile sull’oggetto dell’istanza in due casi: se il processo si estingue e se la parte intimata non notifica entro 30 giorni il ricorso con il quale chiede sia pronunciata la sentenza. La fase di decisione Il giudice istruttore, esaurita l’istruzione, ovvero quando ritiene la causa matura per la decisione o quando non sono necessari ulteriori mezzi di prova, invita le parti a precisare le conclusioni al fine di fissare in modo definitivo le domande. Le conclusioni si precisano in apposita udienza fissata dal giudice o anche nella stessa in cui il giudice invita le parti a farlo, a verbale o con foglio separato da allegare al verbale o con apposita memoria. La causa è rimessa a decisione davanti al giudice stesso o davanti al collegio. In caso di connessione tra cause che debbono essere decise dal tribunale in composizione collegiale e cause che debbono essere decise dal tribunale in composizione monocratica il giudice ne ordina la riunione e le rimette al collegio. Le parti possono depositare le comparse conclusionali entro il termine perentorio di 60 giorni dalla rimessione della causa; le conclusionali e le repliche devono essere depositate con modalità telematiche e la parte che non ha depositato la comparsa conclusionale non può depositare le note di replica. Ciascuna delle parti nel precisare le conclusioni, può chiedere che la causa sia discussa dinnanzi al collegio (decisione del collegio); il presidente fissa con decreto la data dell’udienza di discussione da tenersi entro 60 giorni; all’udienza, dopo che il giudice istruttore fa la relazione sulla causa, le parti possono discutere oralmente; la decisione viene adottata dal collegio in segreto, in camera di consiglio, sotto la direzione del presidente; la decisione è presa a maggioranza dei voti e il presidente scrive e sottoscrive il dispositivo mentre la stesura della motivazione è di competenza del relatore; la sentenza diventa giuridicamente esistente solamente con il deposito in cancelleria. La decisione del tribunale in composizione monocratica avviene con tutti i poteri del collegio e la fase preliminare alla decisione può avvenire in tre modi diversi: 1. trattazione scritta: scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica; 2. trattazione mista: scambio delle sole comparse conclusionali e fissa l’udienza di discussione orale; 3. trattazione orale: discussione orale. Mentre per le prime due ipotesi la sentenza è pubblicata con il deposito in cancelleria, nel terzo caso la sentenza si intende pubblicata con la sottoscrizione da parte del giudice del verbale che la contiene ed è depositata in cancelleria. Il giudice può pronunciare sentenza di condanna generica alla prestazione dovuta, disponendo con ordinanza la prosecuzione del processo per la liquidazione ed occorrono le seguenti condizioni: • sussistenza del diritto • la quantità della prestazione dovuta ancora controversa (sarà oggetto di liquidazione nella fase successiva) • l’istanza di parte Il difensore, al momento del passaggio in decisione della causa, deve unire al fascicolo di parte la nota delle spese; poiché il giudice liquida l’ammontare delle spese insieme con gli onorari di difesa, la norma prevede che la nota deve essere redatta indicando in modo distinto e specifico, gli onorari e le spese. La sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva tra le parti; la parte che subisce l’esecuzione provvisoria, se non ottiene la sospensione in caso di riforma della sentenza può ottenere direttamente la condanna alla restituzione da parte del giudice superiore. La sentenza deve essere notificata al procuratore costituito e deve avvenire nel domicilio eletto e deve essere notificata la sentenza al procuratore. Il procedimento di correzione delle sentenze e delle ordinanze irrevocabili che risultino affette da omissioni o errori materiali o di calcolo è pronunciata dallo stesso giudice che ha emesso il provvedimento viziato da errore materiale; il procedimento ha inizio con l’istanza di parte, se tutte le parti concordano nel chiedere la stessa correzione, il giudice provvede con decreto, se invece l’istanza è proposta da una sola delle parti, deve essere instaurato il contraddittorio: il giudice con decreto fissa l’udienza nella quale le parti debbono comparire davanti a lui; all’esito dell’udienza il giudice provvede con ordinanza da annotarsi, da parte del cancelliere, sull’originale del provvedimento. Gli eventi particolari del processo L’obiettivo della parte che ha instaurato un processo è giungere alla sua conclusione; nel corso del processo si verificano pero degli eventi che non consentono di pervenire alla conclusione del processo immediatamente, ma solo dopo che le cause ostative sono state rimosse; il altri casi il processo non giunge alla decisione finale per volontà delle parti o per eventi che si verificano, a questi sono dedicati gli art.295 a 310. Parliamo di sospensione necessaria del processo che è tale quando la previa definizione di un’altra controversia civile, penale o amministrativa, sia imposta da una disposizione di legge (cioè quando costituisce l’indispensabile antecedente logico – giuridico dal quale dipende la decisione della causa pregiudicata; altre ipotesi di sospensione sono: concordata, cioè il giudice, su istanza di tutte le parti, può disporre che il processo rimanga sospeso per un periodo non superiore a tre mesi, occorre dunque che il giudice istruttore, alla luce dei motivi addotti, ne valuti la sussistenza; e impropria, conseguente alla pronuncia di non manifesta infondatezza dell’eccezione di illegittimità costituzionale di una norma di legge; il giudice emette ordinanza con la quale dispone la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale. Nell’ipotesi di sospensione per pregiudizialità, le parti debbono presentare l’istanza di riassunzione; il ricorso e il decreto che fissa l’udienza devono essere notificati alle altre parti nel termine stabilito dal giudice; il processo sospeso rimane in fase di quiescenza temporanea e non possono essere compiuti atti del procedimento, ma la sospensione interrompe i termini in corso i quali ricominciano a decorrere dal giorno della nuova udienza; è possibile, nonostante la sospensione del processo, ricorrere alla tutela d’urgenza. L’interruzione comporta l’arresto temporaneo del processo e gli eventi che gli danno luogo sono: Le impugnazioni Le parti possono contestare la sentenza proponendo impugnazione al fine di ottenere un riesame del giudizio e si distingue in: • giudicato interno: si forma all’interno del processo; • giudicato esterno: si è formato in un diverso processo. Per esercitare il potere di impugnazione occorre: • l’interesse ad impugnare; • legittimazione ad impugnare (solo i soggetti che sono stati parte del giudizio); • la possibilità giuridica di impugnazione (deve essere impugnabile); Anche se il codice non lo prevede, i mezzi di impugnazione si distinguono in: • ordinari: (appello, ricorso per cassazione, regolamento di competenza ad istanza di parte e revocazione ai sensi dell’art.395 n 4 e 5) e hanno l’effetto di impedire alla sentenza di passare in giudicato e si propongono a un giudice diverso da quello che ha reso la sentenza stessa; • straordinari: (revocazione ai sensi all’art.395 n 1,2,3 e 6 e opposizione di terzo ai sensi dell’art.404) esperibili anche nei confronti di una sentenza passata formalmente in giudicato che si propongono allo stesso giudice che ha reso la sentenza impugnata. La proposizione dell’impugnazione è soggetta a termini perentori che, una volta scaduti, si verifica la decadenza e l’impugnazione è inammissibile; i termini cambiano a seconda se è stata notificata la sentenza decorre il termine breve quindi quello per i mezzi di impugnazione ordinari è di 30 giorni mentre quello per ricorso in cassazione è di 60 giorni; se non è stata notificata l’impugnazione deve essere proposta entro il termine lungo di 6 mesi dalla pubblicazione della sentenza, decorso il quale non possono più essere proposti. Le impugnazioni non sono proponibili quando vi sia stata acquiescenza, cioè accettazione della sentenza, questa può essere: • espressa: sufficiente la sua esteriorizzazione e non è necessaria l’accettazione della controparte; • tacita: quando l’interessato abbia posto in essere atti dai quali si desume il proposito di non contrastare gli effetti giuridici della pronuncia; • tacita qualificata: in funzione della quale l’impugnazione parziale importa acquiescenza alle parti della sentenza non impugnate. Le regole per la notificazione sono le seguenti: • se la parte che ha notificato la sentenza, nell’atto di notificazione, indica la propria residenza o elegge il domicilio, la notifica dell’impugnazione deve essere eseguita in questi; • se non è stata notificata la sentenza o se nella sentenza non è stato eletto un diverso domicilio, la notifica dell’impugnazione deve essere eseguita presso il procuratore costituito o nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per il giudizio; • in caso di morte della parte avvenuta dopo la notificazione della sentenza, l’impugnazione può essere effettuata nei luoghi di cui sopra, collettivamente e impersonalmente agli eredi; • se manca la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nella circoscrizione del giudice che ha pronunciato la sentenza, ovvero dopo un anno dalla pubblicazione della sentenza, l’impugnazione, se è ancora ammessa, deve essere notificata personalmente alla parte. L’appello E’ un mezzo di impugnazione costituente gravame in senso stretto , essendo proponibile indipendentemente dal fatto che si lamenti ingiustizia; al giudice di appello le parti chiedono un nuovo esame della causa; il giudizio di appello ha carattere sostitutivo, in quanto la sentenza di secondo grado è destinata a sostituirsi a quella di primo grado. Possono essere impugnate con l’appello le sentenze pronunciate in primo grado purchè l’appello non sia escluso dalla legge o dall’accordo delle parti. Sono inappellabili: • le sentenze pronunciate secondo equità; • le sentenze rese dal giudice del lavoro in una controversia di valore non più di 25,82 euro; • le sentenze rese nei giudizi di opposizione agli atti esecutivi; • le sentenze emesse dalla Corte d’appello nei giudizi di impugnazione per nullità del lodo; Le sentenze del giudice di pace pronunciate secondo equità sono appellabili esclusivamente per: • violazione delle norme sul procedimento; • violazione di norme costituzionali o comunitarie; • violazione dei principi regolatori della materia; Contro le sentenze di “condanna generica” e “sentenze non definitive”, la parte può fare riserva di appello e cioè differire l’impugnazione della sentenza con quella definitiva. La dichiarazione di riserva deve essere effettuata dalla parte soccombente, a pena di decadenza, entro il termine per appellare e non oltre la prima udienza dinnanzi al giudice istruttore successiva alla comunicazione della stessa sentenza. La riserva può essere effettuata: • con dichiarazione orale (da inserirsi nel processo verbale) • con dichiarazione scritta ( su foglio a parte da allegare ad esso) • con atto notificato (ai procuratori delle altre parti costituite) la riserva è vincolante ed irreversibile cioè una volta dichiarata preclude alla parte la facoltà di proporre l’impugnazione immediata. A decidere l’appello è competente il giudice superiore a quello che ha reso la sentenza di primo grado. E’ competente il tribunale (in composizione monocratica) per decidere l’appello avverso le sentenze del giudice di pace; mentre è competente la Corte d’appello per decidere l’appello avverso le sentenze del tribunale. L’appello deve essere motivato e l’atto deve possedere i seguenti requisiti a pena di inammissibilità: • indicazione delle parti del provvedimento che si intende appellare; • indicazione delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto rispetto a quella compiuta dal giudice di primo grado; • indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione di legge; • indicazione della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata. Nel giudizio di appello non possono proporsi domande nuove, e a questo divieto fa eccezione quello riguardante le domande aventi ad oggetto gli interessi, i frutti e gli accessori maturati dopo la sentenza impugnata, e non possono proporsi nuove eccezioni che non siano rilevabili anche d’ufficio. Le domande e le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado se non riproposte si intendono rinunciate. Il giudice di appello può riformare in peggio la decisione impugnata, solamente nel caso di accoglimento dell’appello proposto dall’altra parte in via incidentale. L’appellato deve proporre appello incidentale quando è rimasto soccombente nel precedente grado di giudizio su una domanda; la parte rimasta parzialmente soccombente in relazione ad una domanda od eccezione, di cui intende ottenere l’accoglimento, ha l’onere invece di proporre appello incidentale, pena il formarsi del giudicato sul rigetto della stessa. L’appellato può anche proporre appello incidentale condizionato, proposto esclusivamente a scopo precauzionale per l’ipotesi in cui venga accolto l’appello principale. L’appello incidentale si propone, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta da depositarsi in cancelleria e cioè 20 giorni prima dell’udienza di comparizione. Se l’interesse a proporre l’appello incidentale sorge dall’impugnazione proposta da altra parte che non sia l’appellante principale, l’appello si propone nella prima udienza successiva alla proposizione dell’impugnazione stessa. Nel giudizio di appello è ammesso l’intervento: • dei terzi • del litisconsorte necessario • successore a titolo particolare La costituzione in appello avviene secondo le forme e termini per i procedimenti davanti al tribunale. L’appellante deve costituirsi in giudizio depositando in cancelleria il proprio fascicolo che deve contenere il fascicolo di parte della fase di primo grado e l’appellante deve inserire copia della sentenza impugnata. In modo analogo l’appellato deve costituirsi seguendo le formalità previste per il convenuto nel giudizio di primo grado (cioè con il deposito della comparsa di costituzione). Se l’appellante non si costituisce l’appello è dichiarato improcedibile, anche d’ufficio; se l’appellato non si costituisce viene dichiarata la sua contumacia. La trattazione davanti alla Corte d’appello è collegiale; davanti al tribunale l’appello è invece trattato e deciso dal giudice monocratico. Nella prima udienza di trattazione il giudice d’appello: • verifica la regolare costituzione del giudizio; • se occorre ordina l’integrazione del contraddittorio; • se occorre ordina la notificazione dell’impugnazione; • se occorre dispone che si rinnovi la notificazione dell’atto di appello; • dichiara la contumacia dell’appellato; • per nullità della sentenza o del procedimento; • per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Il ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità: • le indicazioni delle parti; • le indicazioni della sentenza o decisione impugnata; • esposizione sommaria de fatti della causa • i motivi per i quali si chiede la cassazione, con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano; • l’indicazione della procura; • l’indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi nel testo integrale a pena di inammissibilità; • l’elezione di domicilio; • la sottoscrizione; Ipotesi di inammissibilità sono: • quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa, facendo riferimento agli error in judicando o in procedendo; • quando è manifestatamente infondata la censura relativa alla violazione dei principi regolatori del giusto processo. Il ricorso deve essere notificato entro 60 giorni, se è stata notificata la sentenza oggetto dell’impugnazione, o entro il termine lungo di 6 mesi se non è stata notificata. Il deposito può avvenire direttamente nel termine di 20 giorni dall’ultima notificazione, ovvero anche a mezzo di posta. La parte contro la quale il ricorso è diretto ha due possibilità: contraddire mediante controricorso (contenente eventualmente il ricorso incidentale) oppure non fare nulla e scegliere se partecipare o meno esclusivamente alla discussione orale. Il controricorso deve essere sempre sottoscritto da avvocato scritto all’albo speciale e deve avere i medesimi contenuti e requisiti previsti per il ricorso principale. L’eventuale ricorso accidentale deve essere proposto nel controricorso e contenere l’impugnazione delle parti sfavorevoli della sentenza, con motivi che rispondano ai requisiti di specificità, completezza e riferibilità e con indicazione delle norme di diritto su cui si fondano; sono legittimati a proporlo i soccombenti parziali o reciproci e la parte vittoriosa nel giudizio di appello che intenda riproporre in cassazione accezioni di litispendenza o di giudicato, già respinte, per evitare la preclusione e il formarsi del giudicato interno, ovvero questioni pregiudiziali o preliminari superate o respinte. Il controricorso (anche se contenente il ricorso incidentale) deve essere notificato al ricorrente, nel domicilio da questi eletto entro 40 giorni dalla notifica del ricorso principale. Le parti hanno la possibilità di presentare al giudice di pace, al tribunale o al presidente del collegio ricorso per la sospensione dell’esecuzione della sentenza oggetto di impugnazione; il procedimento si svolge in camera di consiglio e si conclude con ordinanza non impugnabile. Per quanto riguarda il procedimento: introdotto il giudizio e depositati il ricorso ed eventualmente il controricorso, il primo presidente assegna i ricorsi ad una apposita sezione denominata “filtro” alla quale sono chiamati magistrati appartenenti a tutte le sezioni ed alla quale è demandato un esame per verificare se sussistono i presupposti per la pronuncia immediata in camera di consiglio e cioè quando è necessario: • dichiarare l’inammissibilità del ricorso principale; • accogliere o rigettare il ricorso principale; Se il relatore della sezione filtro ritiene definibile il giudizio in via immediata il presidente fissa con decreto l’adunanza della Corte, indicando se è stata ravvisata ipotesi di inammissibilità, manifesta infondatezza o manifesta fondatezza del ricorso; il decreto deve essere notificato ai difensori delle parti almeno 20 giorni prima dell’adunanza; la Corte quindi con ordinanza dichiara l’inammissibilità o accoglie o rigetta il ricorso se ritiene che non ricorrano le ipotesi sopra indicate e quindi non accoglibile la proposta del relatore, rimette la causa alla pubblica udienza davanti alla sezione semplice. Se il relatore invece ritiene non definibile il giudizio in via immediata il presidente rimette gli atti alla sezione semplice. La Corte emette sentenza deliberata in camera di consiglio dopo la discussione della causa; in caso di infondatezza del ricorso, la pronuncia è di rigetto. Quando invece accoglie il ricorso si può verificare un duplice fenomeno e cioè: 1. cassazione con rinvio • la Corte rinvia la causa ad altro giudice di grado pari a quello che ha pronunciato la sentenza cassata, quando accoglie il ricorso per motivi diversi da quelli di giurisdizione e competenza; • la Corte accoglie il ricorso per saltum; • la Corte rinvia la causa ad altro giudice quando accoglie il ricorso riscontrando una nullità del giudizio di primo grado; • la Corte accoglie il ricorso proposto nel caso di ordinanza di ammissibilità pronunciata dal giudice d’appello; 2. cassazione senza rinvio • quando né il giudice del quale era stato impugnato il provvedimento né qualsiasi altro giudice, hanno giurisdizione in quella materia; • quando la domanda non poteva essere proposta o il processo proseguito; • quando decide direttamente la causa nel merito non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto. La dottrina distingue tra: • il giudizio di rinvio proprio: che si verifica quando il giudice di rinvio deve emettere una sentenza di merito in sostituzione di quella cassata (fase rescissioria); • giudizio di rinvio improprio: con portata restitutoria come nella remissione al primo giudice per nullità della sentenza o del procedimento (portata restitutoria). Il giudizio di rinvio si introduce con atto di citazione o ricorso in riassunzione davanti al giudice nel termine di non oltre tre mesi dalla pubblicazione della sentenza; non è richiesta una nuova procura; l’atto deve essere notificato personalmente a tutte le parti; deve essere prodotta copia autentica della sentenza di cassazione; gli effetti della decisione finale della causa sono vincolanti non solo per il giudice di rinvio ma anche per la corte di cassazione quando venga nuovamente investita del ricorso avverso la sentenza pronunziata dal giudice di rinvio la quale è soggetta alle impugnazioni ordinarie. Le sentenze e le ordinanze rese dalla Corte non sono impugnabili, le uniche eccezioni attengono al vizio di inesistenza che consente la proposizione dell’actio nullitatis, l’opposizione di terzo e la revocazione ai sensi dell’art.391 bis; quest’ultima norma prevede la possibilità di chiedere la correzione degli errori materiali e di introdurre il giudizio di revocazione delle ordinanze e delle sentenze della cassazione viziate da errori di fatto. L’art.391 ter prevede invece la possibilità di richiedere la revocazione straordinaria delle pronunce con le quali la Corte di cassazione ha deciso la causa nel merito, per i motivi dell’art.395 comma 1 dei numeri 1,2,3 e 6 e per opposizione di terzo. La revocazione E’ considerata un mezzo di impugnazione a carattere eccezionale che concorre o si aggiunge all’appello o al ricorso per cassazione e può essere: 1. ordinaria: riguarda i vizi che possono essere rilevati sulla base della sola sentenza: • la sentenza è l’effetto di un errore di fatto; • la sentenza è contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata Il termine per proporre la revocazione ordinaria è di 30 giorni e decorre dalla notificazione della sentenza. 2. straordinaria: possono essere fatti valere i “vizi occulti” cioè non rilevabili dalla sentenza: • quando la sentenza è effetto del dolo di una delle parti in danno dell’altra; • se si è giudicato in base a prove riconosciute o dichiarate false; • se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi; • se la sentenza è effetto del dolo del giudice. Il termine per proporre la revocazione straordinaria è di 30 giorni e decorre dal giorno in cui è stato scoperto il dolo e la falsità o la collusione o è stato recuperato il documento. • formula una proposta transattiva o conciliativa; • ordina la discussione immediata: • autorizza le parti, se ricorrono gravi motivi, a modificare le domande, eccezioni e conclusioni già formulate; • dispone l’immediata assunzione dei testimoni. 2. fase istruttoria: • disporre la prova testimoniale; • richiedere informazioni; • disporre l’accesso sul luogo di lavoro; • ordinare la comparizione; • disporre il pagamento delle somme non contestate; • nominare uno o più consulenti tecnici; • autorizzare la registrazione delle deposizioni dei testimoni. 3. fase decisoria: esaurita la discussione orale e sentite le conclusioni delle parti, il giudice pronuncia sentenza con cui definisce il giudizio dando lettura del dispositivo, delle ragioni di fatto e di diritto della decisione; se ritiene la controversia troppo complessa, dà solo lettura del dispositivo, fissando il termine non superiore a 60 giorni per il deposito della sentenza in cancelleria che deve essere pubblicata entro 15 giorni dalla pronuncia dove il cancelliere avrà l’onere di darne comunicazione alle parti. L’appello contro le sentenze rese nelle controversie di lavoro deve essere proposto con ricorso davanti alla Corte d’appello che deve essere motivato e deve contenere, a pena di inammissibilità: • l’indicazione delle parti del provvedimento che si intende appellare; • le modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto; • l’indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata ed è introdotto con ricorso, dove una volta depositato, il presidente della Corte d’appello nominerà il giudice relatore e fisserà non oltre 60 giorni l’udienza di discussione dinnanzi al collegio; la sentenza deve essere depositata in cancelleria entro 15 giorni dalla pronuncia. Ulteriori controversie in cui si osserva il rito del lavoro sono: 1. le controversie previdenziali 2. le controversie in materia locatizia (controversie in materia di locazione e comodato di immobili urbani e in materia di affitto di azienda) 3. le controversie agrarie 4. rito Fornero in materia di licenziamenti (strutturato in due fasi: necessaria e eventuale) I procedimenti in materia di famiglia La separazione giudiziale può essere chiesta quando si verificano, anche indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi di coniugi, fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare pregiudizio all’educazione della prole. La competenza per materia appartiene al tribunale territorialmente competente: • del luogo dell’ultima residenza comune dei coniugi; • residenza o domicilio; • del luogo di residenza o di domicilio del ricorrente se il coniuge convenuto è residente all’estero o risulti irreperibile; • di qualsiasi luogo della Repubblica se anche questi è residente all’estero. La domanda si propone con ricorso che deve contenere l’esposizione dei fatti sui quali la domanda è fondata e nel quale deve essere indicata l’esistenza di figli e devono essere allegate le ultime dichiarazioni dei redditi presentate dal ricorrente; il presidente del tribunale fissa con decreto la data dell’udienza di comparizione dei coniugi davanti a sé e il termine per la notificazione al convenuto e il termine entro il quale il coniuge convenuto può depositare memoria difensiva e documenti. All’udienza, i coniugi debbono comparire personalmente davanti al presidente del tribunale con l’assistenza del difensore e dopo averli sentiti esperisce il tentativo di conciliazione, se questa riesce il presidente fa redigere il processo verbale, se non riesce emanerà i provvedimenti temporanei e urgenti. In caso di separazione il presidente valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati ad entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli siano affidati. L’ordinanza del presidente del tribunale ha efficacia di titolo esecutivo e conserva la sua efficacia anche dopo l’estinzione del processo. Esaurita la fase presidenziale, il procedimento di separazione personale entra nella fase di cognizione ordinaria davanti al giudice istruttore; il ricorrente ha l’onere di depositare, nel termine fissato dal presidente, la memoria integrativa; il convenuto ha anche l’onere di costituirsi in giudizio con comparsa di risposta nella quale deve proporre tutte le proprie difese e sollevare le relative eccezioni processuali; è inoltre prevista la possibilità per il tribunale di pronunciare, in sede collegiale, sentenza non definitiva sulla separazione, nel caso in cui il processo debba continuare per la richiesta di addebito, per l’affidamento dei figli o per le questioni economiche. Con la separazione consensuale i coniugi possono trovare l’accordo in ordine alle condizioni di separazione autonomamente, prima di ricorrere all’autorità giudiziaria. In tal caso, raggiunto l’accordo, questi possono presentare ricorso congiunto al tribunale; elemento fondamentale qui è la manifestazione del consenso. I coniugi in qualunque momento possono chiedere la modificazione dei provvedimenti e la domanda può essere proposta solo dopo che si sia formato il giudicato sulla separazione; la competenza per materia spetta al tribunale ordinario; nei procedimenti riguardanti la revisione dei provvedimenti sull’affidamento dei figli minori è competente il tribunale del luogo di residenza del minore; il procedimento si instaura a seguito di presentazione del ricorso e il tribunale provvede, dopo aver sentito le parti, all’eventuale ammissione dei mezzi istruttori e può delegare, per l’assunzione, uno dei suoi componenti. Ove il procedimento non possa essere immediatamente definito, il tribunale può adottare provvedimenti provvisori; la decisione è reclamabile alla Corte d’appello e la sentenza di secondo grado può essere impugnata mediante ricorso per cassazione. E’ prevista la possibilità di ricorrere al tribunale per la soluzione di controversie insorte tra i genitori in ordine all’esercizio della responsabilità genitoriale o delle modalità dell’affidamento. La competenza è: • del giudice del procedimento in corso; • del tribunale del luogo di residenza del minore, se il procedimento si è concluso; A seguito del deposito del ricorso, il giudice convoca le parti e adotta i provvedimenti opportuni. In caso di gravi inadempienze o violazioni che arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento, il tribunale può modificare i provvedimenti in vigore e può irrogare sanzioni come: • ammonimento del genitore inadempiente; • condanna di uno dei genitori al risarcimento dei danni a favore del minore; • condanna di uno dei genitori al risarcimento dei danni a favore dell’altro genitore; • condanna del genitore inadempiente al pagamento di una sanzione pecuniaria. Attraverso il procedimento di divorzio uno dei coniugi può domandare lo scioglimento del matrimonio quando sussiste uno dei requisiti previsti dall’art.3 della legge 898/1970, se questo è stato contratto a norma del codice civile (cessazione degli effetti civili del matrimonio), se è stato celebrato con rito religioso e regolarmente trascritto. La domanda si propone al tribunale: • dell’ultima residenza o domicilio del coniuge convenuto; • del luogo di residenza o domicilio del ricorrente, se il convenuto risiede all’estero o è irreperibile; • si qualsiasi luogo della Repubblica se anche il ricorrente risiede all’estero. La domanda si propone con ricorso che deve contenere l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali la domanda è fondata e nel quale deve essere indicata l’esistenza di figli di entrambi i coniugi e devono essere allegate le ultime dichiarazioni dei redditi presentate dal ricorrente; il presidente del tribunale fissa con decreto la data dell’udienza di comparizione dei coniugi e il termine per la notificazione al convenuto del ricorso e il termine entro il quale il coniuge convenuto può depositare memoria difensiva e documenti; all’udienza i coniugi devono comparire personalmente con l’assistenza di un difensore; il presidente del tribunale, una volta sentiti i coniugi, prima separatamente e poi congiuntamente, esperisce il tentativo di conciliazione, se questa riesce il presidente farà redigere il processo verbale, se non riesce emana i provvedimenti temporanei e urgenti. Esaurita la prima fase, il procedimento di divorzio entra nella fase di cognizione ordinaria davanti al giudice istruttore; il ricorrente ha l’onere di depositare la memoria integrativa e il convenuto ha l’onere di costituirsi in giudizio; il tribunale dovrà pronunciare in sede collegiale sentenza non definitiva relativa allo scioglimento o alla cessazione degli effetti civili del matrimonio, nel caso in cui il processo debba continuare per la determinazione dell’assegno. Il processo si chiude con sentenza definitiva che è impugnabile da ciascuna delle parti e dal p.m. limitatamente agli interessi patrimoniali dei figli minori o legalmente incapaci; la sentenza quando sia passata in giudicato deve essere trasmessa in copia autenticata all’ufficiale dello stato civile del comune in cui il matrimonio fu trascritto per le annotazioni e le ulteriori imcombenze; i coniugi possono presentare domanda congiunta di scioglimento indicando le condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici con ricorso al tribunale del luogo di residenza o domicilio di uno dei due; il tribunale in camera di consiglio sente i coniugi e decide con sentenza. PARTE 5 – I PROCEDIMENTI SPECIALI (DI COGNIZIONE SOMMARIA) Il procedimento di ingiunzione O anche detto “monitorio” è caratterizzato dall’assenza di contraddittorio e dalla sommarietà della cognizione ed è articolato in due fasi: 1. su iniziativa di colui che si afferma creditore senza contraddittorio; 2. è eventuale, su iniziativa del debitore ingiunto il quale, tramite l’opposizione, instaura il giudizio ordinario di cognizione. L’esercizio dell’azione di cognizione tramite questo procedimento speciale è subordinato all’esistenza di “condizioni di ammissibilità”: • con riguardo al diritto che si fa valere: il credito deve essere liquido, cioè esigibile, ed avere per oggetto o una somma di denaro o una quantità di cose fungibili ovvero la consegna di una cosa mobile determinata; • con riguardo alla prova: il diritto di credito deve risultare da prova scritta; • con riguardo all’ipotesi che il diritto dipenda da una controprestazione o da una condizione: il ricorrente deve offrire elementi idonei atti a far presumere l’adempimento della controprestazione o l’avveramento della condizione. Costituiscono prove scritte: • le polizze; • le promesse unilaterali per scrittura privata (promessa di pagamento, ricognizione di debito, promessa al pubblico, la cambiale, l’assegno bancario); • i telegrammi, le copie degli ordini a mezzo telex e titoli rappresentativi regolati dall’art.1996 c.c.; Se il creditore è un imprenditore commerciale o un lavoratore autonomo sono prove scritte idonee: • gli estratti autentici delle scritture contabili previste dal codice civile purchè bollate e vidimate nelle forme di legge e regolarmente tenute; • gli estratti autentici delle scritture contabili prescritte dalle leggi tributate, purchè regolarmente tenute. Se il creditore è lo Stato o un ente sono: • i libri o registri della p.a., se un funzionario autorizzato o un notaio ne attesta la regolare tenuta; • gli accertamenti eseguiti dall’ispettorato del lavoro e dai funzionari. Per quanto riguarda il procedimento, l’atto introduttivo è il ricorso, che deve contenere, oltre i requisiti previsti dall’art.125, l’indicazione delle prove che si producono, del procuratore del ricorrente, la dichiarazione di residenza o domicilio e deve essere indirizzato al giudice di pace o al tribunale in composizione monocratica; per quanto riguarda la competenza per territorio trovano applicazione sia i fori generali, concorrenti e esclusivi; per la competenza per valore invece si sommano con il capitale gli interessi scaduti fino al giorno del deposito del ricorso; a seguito del deposito si apre la fase di cognizione sommaria da parte del giudice il quale può: • rigettare il ricorso; • chiedere l’integrazione probatoria (se il ricorrente non risponde all’invito o non ritira il ricorso il giudice rigetta la domanda); • accogliere la domanda (emettendo decreto e il termine è di 60 giorni); a questo punto il ricorrente: • in caso di rigetto: può proporre la domanda con altro ricorso e in via ordinaria; • in caso di accoglimento: deve notificare il ricorso e il decreto in copia autentica al debitore entro 60 giorni dalla pronuncia. Il ricorrente con il ricorso può chiedere che il decreto ingiuntivo sia dichiarato provvisoriamente esecutivo quando il ricorso sia fondato su atti aventi una particolare efficacia o sussista la presunzione di incontestabilità del credito, la norma prevede due ipotesi: • il giudice deve concedere la provvisoria esecutorietà se il credito è fondato su cambiale, assegno bancario, assegno circolare, certificato di liquidazione di borsa, su atto ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato; • il giudice può concedere la provvisoria esecutorietà se ritiene che sussista pericolo di grave pregiudizio nel ritardo, ovvero se il ricorrente ha prodotto documentazione sottoscritta dal debitore comprovante il diritto fatto valere. Se il ricorso e il decreto sono stati notificati nei termini previsti e il debitore ingiunto non ha svolto l’opposizione, il ricorrente può chiedere al giudice che ha pronunciato il decreto che lo dichiari esecutivo. Il debitore ingiunto, cui è stato notificato nei termini il decreto ingiuntivo, può proporre l’opposizione, con atto di citazione, davanti all’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto; la competenza dell’ufficio al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto è funzionale e inderogabile. L’opposizione avverso un decreto ingiuntivo in una delle materie di cui agli art.409 e 442 deve essere proposta con ricorso. Il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è destinato a chiudersi con sentenza avverso la quale sono esperibili gli ordinari mezzi di impugnazione e diversi sono gli effetti: • se l’opposizione è rigettata con sentenza passata in giudicato o provvisoriamente esecutiva il decreto acquista efficacia esecutiva; • se l’opposizione è accolta solo in parte, il titolo esecutivo è costituito esclusivamente dalla sentenza, ma gli atti di esecuzione già compiuti in base al decreto conservano i loro effetti nei limiti della somma o della quantità ridotta; • se l’opposizione è accolta integralmente, il giudice è tenuto a revocare il decreto o a dichiararne la nullità; • se il giudice dichiara l’estinzione del processo, il decreto ingiuntivo acquista efficacia esecutiva; • se le parti si conciliano, il giudice dichiara o conferma l’esecutorietà del decreto oppure riduce la somma o la quantità a quella stabilita dalle parti. Se l’opponente non si è costituito il giudice, su istanza del ricorrente, lo dichiara esecutivo; se invece si è costituito ma l’opposizione non è fondata su prova scritta o di pronta soluzione, il giudice, su istanza del creditore, può concedere l’esecuzione provvisoria, ed è previsto che la deve sempre concedere se la parte che l’ha chiesta offre cauzione. L’opposizione tardiva al decreto ingiuntivo è ammessa nelle ipotesi previste dall’art.650 comma 1 e cioè quando il debitore ingiunto sia in grado di provare di non aver avuto tempestiva conoscenza del decreto ingiuntivo: • o per irregolarità della notificazione; • o per forza maggiore o caso fortuito. Il procedimento per convalida di sfratto Questo procedimento è di condanna a cognizione sommaria nel quale vige il rispetto del contraddittorio ed è a carattere facoltativo. Il procedimento può essere utilizzato esclusivamente per la locazione immobiliare, al fine di far valere il diritto al rilascio, in forza di un contratto tipico ovvero quando la locazione costituisce elemento accessorio e secondario di un contratto d’opera o di lavoro subordinato. Il legislatore ha regolamentato tre istituti: • la licenza per finita locazione: il locatore può intimare al conduttore, licenza per finita locazione, prima della scadenza del contratto, con la contestuale citazione per la convalida; • lo sfratto per finita locazione: il locatore può intimare lo sfratto dopo la scadenza del contratto è esclusa la tacita riconduzione; • lo sfratto per morosità: il locatore può intimare lo sfratto in caso di mancato pagamento del canone di affitto, alle scadenze, ed esercita in questo modo un’azione costitutiva di risoluzione del contratto per inadempimento che consente di ottenere una condanna al pagamento dei canoni scaduti nelle forme proprie del decreto ingiuntivo. Per quanto riguarda il procedimento, per tutti e tre gli istituti, la competenza funzionale e territoriale è inderogabile e spetta al tribunale del luogo in cui si trova la cosa locata e rimane sia nella fase di convalida sia con l’eventuale opposizione; l’atto introduttivo contiene l’intimazione di licenza o di sfratto e contestualmente la citazione; il locatore deve dichiarare la propria residenza o eleggere domicilio; la citazione per la convalida deve avere i requisiti di cui all’art.125 tranne quelli previsti dall’art.163 n.7; tra la data della notificazione e quella per l’udienza di comparizione debbono intercorrere 20 giorni. Nella prima udienza di comparizione, a seconda del comportamento delle parti, possono verificarsi diverse situazioni: • il locatore non compare: gli effetti dell’intimazione cessano e il giudice deve dichiarare estinto il procedimento di convalida; e il procedimento si chiude sempre con l’emanazione di ordinanza: • di accoglimento o di rigetto della domanda; • di conferma, modifica o revoca del provvedimento emanato con decreto inaudita altera parte, in caso di contraddittorio differito. il giudice emette provvedimento negativo quando nega la tutela cautelare per: • ragioni di merito; • ragioni di rito. Se l’ordinanza di accoglimento è pronunciata su domanda proposta prima dell’inizio della causa di merito, diversi sono gli effetti a seconda che il provvedimento cautelare sia conservativo o anticipatorio: • per i provvedimenti cautelari di natura conservativa; • per i provvedimenti cautelari anticipatori. Contro l’ordinanza con la quale è stato concesso o negato il provvedimento cautelare, le parti possono proporre reclamo nel termine di 15 giorni che decorre dalla pronuncia in udienza o dalla data della notificazione dell’ordinanza se avvenuta in data anteriore rispetto alla comunicazione. Contro i provvedimenti del giudice monocratico, il reclamo si propone al tribunale in composizione collegiale; contro i provvedimenti emessi dalla Corte d’appello, il reclamo si propone ad altra sezione della medesima Corte o alla Corte d’appello più vicina. Il reclamo cautelare è considerato quale nuovo giudizio, in quanto possono essere proposte circostanze e motivi sopravvenuti al momento della proposizione del reclamo, il giudice può assumere informazioni e acquisire nuovi documenti: il collegio, convocato dalle parti, pronuncia non oltre 20 giorni dal deposito del ricorso, ordinanza non impugnabile con la quale conferma, modifica o revoca il provvedimento cautelare. Il provvedimento cautelare può essere revocato o modificato se si verificano mutamenti delle circostanze e competente a ciò è: • il giudice istruttore, se è iniziata la causa di merito; • il giudice che ha provveduto sull’istanza cautelare, se il giudizio di merito non è stato iniziato o se sia stato dichiarato estinto; • il giudice che ha emanato il provvedimento cautelare, se la causa di merito è devoluta alla giurisdizione di un giudice straniero o ad arbitrato ovvero se l’azione civile è stata esercitata o trasferita nel processo penale l’ordinanza di rigetto dell’istanza cautelare di revoca non sia reclamabile, mentre in caso di accoglimento si ritiene il provvedimento reclamabile. Ci sono delle ipotesi nelle quali il provvedimento cautelare perde efficacia e cioè quando: • il procedimento di merito non è iniziato; • non sia stata versata la cauzione; • la sentenza italiana o straniera abbia dichiarato inesistente il diritto a cautela; • non sia stata presentata domanda di esecutorietà della sentenza straniera o del dolo arbitrale nei termini previsti. Il sequestro è considerato il provvedimento di natura cautelare e sommaria maggiormente caratteristico e ce ne sono vari tipi: • giudiziario ai fini di una fruttuosa esecuzione diretta; • giudiziario, quale sequestro di prove; • conservativo che può essere autorizzato su beni mobili o immobili del debitore o sulle somme a lui dovute, quando il creditore ha timore di perdere la garanzia del proprio credito; • liberatorio che può essere ordinato sulle somme o sulle cose che il debitore ha offerto o messo a disposizione del creditore per la sua liberazione La fase di introduzione e autorizzazione del sequestro segue le forme stabilite per il modello procedurale uniforme sopra esaminato. Il sequestro giudiziario si esegue nelle forme dell’esecuzione in forma specifica per consegna o rilascio per i beni mobili; se invece si deve procedere al sequestro di immobili l’esecuzione avviene mediante la trascrizione del provvedimento autorizzativo del sequestro. L’esecuzione del sequestro avviene con le forme proprie del pignoramento per quanto riguarda l’esecuzione del sequestro presso terzi; se il sequestro conservativo deve essere eseguito sui beni mobili iscritti in pubblici registri, l’esecuzione si effettua tramite la trascrizione nei registri una volta avvenuta la notifica del provvedimento al debitore. Il sequestro conservativo sugli immobili si esegue con la trascrizione del provvedimento presso l’ufficio del conservatore dei registri immobiliari. Per quanto riguarda le azioni di nunciazione riguardano la denuncia di nuova opera, avendo carattere preventivo, in quanto mira ad evitare un danno, può essere promossa, sia per difendere il possesso che per difendere il diritto di proprietà od un qualsiasi altro diritto reale, quando la nuova opera non sia ancora terminata; l’azione di denuncia di nuova opera è diretta ad ottenere le misure più immediate per evitare danni alla cosa posseduta mediante il procedimento sommario che si esaurisce con l’emanazione del provvedimento di rigetto o di accoglimento della pretesa cautelare; la domanda si propone con ricorso al giudice competente e cioè al tribunale del luogo, mentre se vi è causa pendente per il merito, la denuncia si propone al giudice della stessa; è facoltativa per le parti l’instaurazione del giudizio di merito; se la parte alla quale è fatto divieto di compiere l’atto dannoso o di mutare lo stato di fatto contravviene all’ordine, il giudice può disporre che le cose siano rimesse al pristino stato a spese del contravventore; il giudice può determinare le modalità di attuazione. Il requisito richiesto del periculum in mora consiste nel timore che venga a mancare la possibilità di escutere testimoni in un processo ovvero nella necessità di far verificare lo stato di luoghi o la qualità o condizione di cose; tali procedimenti sono caratterizzati dal fatto che normalmente vengono proposti prima dell’introduzione della causa di merito e possono avere per oggetto: • l’assunzione di testimoni: il ricorso deve specificare i motivi dell’urgenza e i fatti sui quai debbono essere interrogati i testimoni; il giudice fissa l’udienza di comparizione delle parti e quindi assunte quando occorre sommarie informazioni provvede con ordinanza non impugnabile; • l’accertamento tecnico preventivo e l’ispezione giudiziale: il ricorso deve specificare i motivi dell’urgenza che rendono necessario far verificare lo stato dei luoghi o la qualità o condizione delle cose; • la consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite: l’istanza si propone con ricorso al giudice anche quando non sussistono le condizioni per dar luogo all’accertamento tecnico preventivo. Tali procedimenti possono essere esperiti anche avanti il giudice di pace. I provvedimenti di urgenza sono caratterizzati da: • atipicità: i presupposti per la concessione del provvedimento richiesto non sono predeterminati; è sufficiente che vi sia un pregiudizio imminente e irreparabile, che può riguardare qualunque diritto; • residualità: si può fare ricorso a tale tipo di procedimento solamente quando non esistono altri tipi di procedimento cautelare espressamente previsti per tutelare il diritto. I procedimenti possessori Questi rientrano nella fattispecie dei procedimenti speciali ma non in quelli cautelari. L’azione di spoglio o di reintegrazione può essere esercitata da chi è stato violentemente od occultamente spogliato del possesso, entro l’anno dal sofferto spoglio, al fine di chiedere la reintegrazione del possesso. La legittimazione attiva compete al possessore al momento dello spoglio nonché al detentore qualificato. L’azione di manutenzione può essere esercitata da chi è stato molestato nel possesso di un immobile, di un diritto reale sopra un immobile o entro l’anno dalla turbativa, al fine di chiedere la manutenzione del possesso. La legittimazione attiva compete al possessore il quale abbia posseduto ininterrottamente il bene per oltre un anno. Nel giudizio possessorio assume rilievo esclusivo la situazione di fatto esistente al momento dello spoglio e della turbativa ed è sufficiente un possesso qualsiasi anche se illegittimo o abusivo di mala fede. La legittimazione passiva compete all’autore dello spoglio o della molestia denunziati; quando gli atti siano riferibili a più soggetti e non ricorre alcuna ipotesi di litisconsorzio necessario. Nella struttura del procedimento la domanda si propone con ricorso al giudice competente e dunque al tribunale del luogo in cui si è verificato il fatto denunciato; se invece pende già il giudizio petitorio, la tutela possessoria, per fatti che avvengono durante il giudizio, è devoluta al giudice petitorio; i provvedimenti possessori emessi dal giudice del petitorio hanno carattere puramente incidentale e sono destinati ad essere assorbiti dalla sentenza; i convenuto nel giudizio possessorio non può proporre giudizio petitorio, finchè il primo giudizio non sia definito e la decisione non sia stata eseguita. I procedimenti di giurisdizione volontaria E’ l’attività di tipo amministrativo affidata ad organi giurisdizionali per la trattazione di affari non contenziosi, la dottrina distingue: • procedimenti unilaterali; • procedimenti bi o plurilaterali; • procedimenti camerali contenziosi; • procedimenti camerali non contenziosi; Il precetto è l’atto prodromico all’esecuzione forzata, nel senso che non si può procedere alla stessa se non sono stati notificati il titolo in forma esecutiva e il precetto e consiste nell’intimazione di adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo entro un termine non minore di 10 giorni e nell’avvertimento al debitore che il mancato adempimento spontaneo comporterà l’inizio della esecuzione forzata e deve contenere, a pena di nullità: • l’indicazione delle parti; • la data di notificazione; • la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio; • la sottoscrizione; • l’avvertimento che il debitore può porre rimedio alla situazione di sovra – indebitamento; Una volta notificato titolo esecutivo e precetto, l’esecuzione forzata può essere iniziata non prima che sia decorso il termine indicato nel precetto e, in ogni caso, non prima che siano decorsi 10 giorni dalla notificazione. L’esecuzione forzata deve però essere iniziata entro 90 giorni dalla notificazione del precetto, pena l’inefficacia del precetto. L’espropriazione forzata E’ il procedimento esecutivo che consente al creditore di far sottrarre coattivamente al debitore i suoi beni per soddisfare il proprio credito. L’espropriazione è sempre diretta dal giudice dell’esecuzione il quale adotta i provvedimenti nella forma dell’ordinanza che può essere sempre modificata o revocata; i provvedimenti, insieme agli atti compiuti dal cancelliere e dall’ufficiale giudiziario e a quelli depositati dalle parti, vengono inseriti nel fascicolo dell’esecuzione che il cancelliere forma per ogni procedimento. Il pignoramento è l’ingiunzione che l’ufficiale giudiziario fa al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito i beni specificamente individuati ed i loro frutti; il creditore, dopo aver notificato il titolo esecutivo e il precetto, entro il termine di 90 giorni, deve chiedere all’ufficiale giudiziario di procedere al pignoramento, ma non può farlo prima di 10 giorni: • deve contenere l’invito al debitore ad effettuare la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio; • il pignoramento deve contenere l’avvertimento al debitore che può chiedere di restituire alle cose o ai crediti pignorati una somma di denaro; • il pignoramento deve contenere l’invito al debitore a indicare i beni utilmente pignorabili, i luoghi in cui si trovano quindi le generalità dei terzi debitori; • deve essere formato processo verbale sottoscritto dal debitore; • il creditore procedente può richiedere all’ufficiale giudiziario di procedere al pignoramento dei beni indicati dal debitore; • il medesimo bene può essere pignorato da più creditori o successivamente su istanza di altri creditori; • il debitore può evitare il pignoramento effettuando il pagamento; • il debitore può chiedere la riduzione del pignoramento; • il pignoramento perde efficacia se, nei 45 giorni successivi, il creditore non richiede l’assegnazione o la vendita. Il debitore può evitare che i beni pignorati siano venduti o assegnati, mediante l’istituto della conversione del pignoramento e cioè chiedendo di sostituire alle cose o ai crediti pignorati una somma di denaro. Il debitore è tenuto a depositare, a pena di inammissibilità, una somma non inferiore ad un 1/6 dell’importo del credito. Il cancelliere provvede a depositare la somma presso un istituto di credito indicato dal giudice, il quale fissa l’udienza di comparizione di tutte le parti nei 30 giorni successivi che è necessaria al fine di determinare le somme da sostituire ai beni pignorati che il debitore è tenuto a versare entro un preciso termine: • se il debitore esecutato provvede al versamento i creditori si soddisfano mediante l’assegnazione delle somme depositate; le cose pignorate sono libere dal pignoramento con il versamento dell’intera somma; • se il debitore esecutato non provvede al versamento decade dalla conversione e il giudice dispone la vendita dei beni pignorati. Ai creditori che hanno diritti di prelazione risultante da pubblici registri, deve essere notificato, da parte del creditore pignorante, un avviso contenente l’indicazione del credito per il quale si procede, del titolo e delle cose pignorate. Possono intervenire nell’esecuzione tutti i creditori che nei confronti del debitore hanno: • un credito fondato su titolo esecutivo; • eseguito un sequestro sui beni pignorati; • un diritto di pegno o di prelazione risultante da pubblici registri; • un credito di somma di denaro risultante dalle scritture contabili. L’intervento nell’esecuzione avviene mediante ricorso che deve essere depositato prima che sia tenuta l’udienza in cui è disposta la vendita o l’assegnazione; in questo caso l’intervento è tempestivo, se effettuato dopo tali termini l’intervento è tardivo. Il creditore intervenuto, munito di titolo esecutivo, si trova in una situazione paritetica a quella del creditore procedente, potendo sia l’uno sia l’altro dare impulso al processo esecutivo. Una disciplina particolare è prevista per il creditore privo di titolo esecutivo che intende intervenire nell’esecuzione: stabilisce che questi deve notificare al debitore la copia del ricorso di intervento e dell’estratto autentico notarile attestante il credito. Il debitore è tenuto quindi a comparire all’udienza successiva e a dichiarare quali crediti intenda riconoscere in tutto o in parte: • se non compare o se riconosce il credito, si formerebbe un titolo esecutivo avente efficacia ai soli fini dell’esecuzione; • se compare e non riconosce il credito, il creditore è tenuto ad instaurare l’azione necessaria per munirsi del titolo esecutivo. L’intervento nell’espropriazione dà diritto a partecipare alla distribuzione della somma ricavata a partecipare all’espropriazione del bene pignorato e a provocarne i singoli atti. La nota di iscrizione a ruolo e le copie degli atti, pena l’inefficacia del pignoramento, devono essere depositate: • entro 15 giorni quando si procede con espropriazione mobiliare presso il debitore e con espropriazione immobiliare; • entro 30 giorni quando si procede con espropriazione presso terzi. Entro 45 giorni dal compimento del pignoramento, il creditore può presentare l’istanza di assegnazione o di vendita dei beni pignorati; la vendita forzata avviene senza incanto, cioè tramite offerte di acquisto da depositarsi nella cancelleria; il giudice può infatti disporre la vendita con incanto solo quando ritiene probabile che la stessa abbia luogo ad un prezzo superiore della metà rispetto al valore del bene; l’assegnazione può essere: • satisfattiva; • mista; • assegnazione-vendita. Il giudice può disporre la chiusura anticipata del processo esecutivo, quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori. Il ricavato dalla vendita forzata dei beni pignorati o dall’assegnazione degli stessi, dove essere distribuito ai creditori: • in caso di creditore unico: il giudice dispone il pagamento per capitale, interessi e spese; • in caso di pluralità di creditori: il giudice distribuisce la somma ricavata tra i creditori seguendo un determinato ordine. L’udienza di discussione del progetto di distribuzione conclude il processo esecutivo ed impedisce la proposizione delle opposizioni. L’espropriazione forzata può avere tre forme diverse: 1. espropriazione mobiliare presso il debitore: il pignoramento mobiliare presso il debitore è effettuato dall’ufficiale giudiziario il quale può ricercare le cose da pignorare: • nella casa del debitore; • negli altri luoghi a lui appartenenti; • sulla persona del debitore. Il creditore può chiedere di essere presente alle operazioni di pignoramento; l’ufficiale giudiziario è tenuto a redigere processo verbale delle operazioni ne quale dà atto delle cose • il simulato alienante. L’esecuzione in forma specifica Il creditore può ottenere la consegna coatta di cose mobili e il rilascio di immobili sulla base di un titolo esecutivo di carattere giudiziale e costituito da atto ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale. Il creditore è tenuto ad indicare nel precetto anche la descrizione sommaria dei beni . Il procedimento di consegna dei beni mobili è improntato alla semplicità l’ufficiale giudiziario, munito di titolo esecutivo e del precetto, si reca sul luogo in cui le cose si trovano e le ricerche. Provvede quindi a consegnarle alla parte istante o alla persona designata. Il procedimento di rilascio di immobili inizia con la notifica del preavviso, con il quale l’ufficiale giudiziario comunica alla parte il giorno e l’ora in cui procederà. L’ufficiale giudiziario si reca sul luogo dell’esecuzione e immette la parte istante nel possesso dell’immobile e quando occorre può chiedere l’intervento della forza pubblica. Parliamo anche di esecuzione forzata di obblighi di fare e di non fare ed è ammesso come titolo esecutivo anche il verbale di conciliazione giudiziale. L’esecuzione non è affidata direttamente all’ufficiale giudiziario, bensì al giudice dell’esecuzione: la parte deve chiedere con ricorso che siano determinate le modalità dell’esecuzione, il giudice dopo aver sentito la parte obbligata, nell’ordinanza che emette, designa l’ufficiale giudiziario che deve procedere all’esecuzione; i mezzi di impugnazione sono l’opposizione all’esecuzione e gli atti esecutivi. Per quanto riguarda le spese, al termine dell’esecuzione la parte istante presenta al giudice dell’esecuzione la nota chiedendo decreto di ingiunzione. Le opposizioni Per evitare che il processo esecutivo si svolga quando la situazione rappresentata dal titolo è venuta meno (es. il credito è stato pagato) o sulla base di atti illegittimi, il legislatore ha previsto che tali questioni devono essere fatte valere in un autonomo processo di cognizione, su istanza del soggetto che subisce l’esecuzione o del terzo che vi è assoggettato mediante: 1. l’opposizione all’esecuzione: i motivi dell’opposizione possono consistere in: • difetto originale del titolo esecutivo; • difetto sopravvenuto del titolo esecutivo; • contestazione del credito; • impignorabilità dei beni Il giudizio di opposizione ha modalità di svolgimento diverse a seconda che sia instaurato prima o dopo l’inizio dell’esecuzione. Infatti: • se l’esecuzione non è ancora iniziata deve essere proposta con atto di citazione davanti al giudice competente per materia, valore o territorio secondo le normali regole; • se l’esecuzione è iniziata si propone con ricorso al giudice dell’esecuzione, se competente per la causa è l’ufficio giudiziario cui appartiene il giudice dell’esecuzione, questi fissa un termine per l’introduzione del giudizio del merito; se non è competente, rimette la causa all’ufficio giudiziario competente assegnando un termine per la riassunzione. 2. l’opposizione agli atti esecutivi: i casi di opposizione sono costituiti da: • irregolarità formale del titolo esecutivo; • irregolarità formale del precetto; • irregolarità della notificazione del titolo esecutivo; • irregolarità della notificazione del precetto; • irregolarità dei singoli atti di esecuzione Questa si introduce mediante atto di citazione o ricorso a seconda che: • prima che sia iniziata l’esecuzione (l’opposizione si propone davanti al giudice competente per l’esecuzione, con atto di citazione da notificarsi entro il termine di 20 giorni dalla notificazione del titolo esecutivo; quando è iniziata l’esecuzione si propone con ricorso al giudice che fissa l’udienza con decreto e il termine per la notificazione del ricorso e del decreto alle parti; alle parti si applica il rito camerale; il giudice emana i provvedimenti che ritiene indilazionabili ovvero sospende la procedura; fissa un termine per l’introduzione del giudizio di merito; l’accoglimento dell’opposizione agli atti esecutivi comporta esclusivamente che l’atto è dichiarato nullo e può essere rinnovata. 3. l’opposizione di terzo: anche il terzo che ha subito un pignoramento che ritiene illegittimo può proporre opposizione al fine di far accertare che il diritto di proprietà o altro diritto reale sui beni pignorati appartiene a lui e non al debitore; l’opposizione si propone con ricorso al giudice dell’esecuzione prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione dei beni; il giudice fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé e il termine per la notificazione del ricorso e del decreto; il giudice, se è competente fissa un termine per l’introduzione del giudizio di merito; se non è competente rimette la causa all’ufficio giudiziario competente assegnando un termine per la riassunzione della causa. La sospensione e l’estinzione del processo La sospensione del processo esecutivo consiste nella sospensione dell’esecuzione che può essere attuata in forza di un provvedimento: • del giudice dell’esecuzione; • del giudice davanti al quale è impugnato il titolo esecutivo; • o nei casi previsti dalla legge. L’ipotesi di sospensione su istanza delle parti: se tutti i creditori, muniti di titolo esecutivo, ne fanno richiesta, il giudice dell’esecuzione, può sospendere il processo fino a 24 mesi. L’istanza può essere proposta in udienza: • nell’espropriazione immobiliare: fino a 20 giorni prima della scadenza del termine per il deposito delle offerte di acquisto; • nell’espropriazione mobiliare: non oltre la fissazione della data di asporto; • nell’espropriazione presso terzi: prima della dichiarazione del terzo. La sospensione può essere disposta per una sola volta. L’estinzione del processo esecutivo avviene con la distribuzione della somma ricavata dall’espropriazione, con la consegna o il rilascio o con l’adempimento dell’obbligo di fare o non fare e dunque con il raggiungimento del suo scopo. Vi sono però dei casi anormali e eccezionali cioè: • per rinunzia agli atti del giudizio: prima dell’aggiudicazione o dell’assegnazione, il creditore procedente e i creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo rinunciano agli altri; se invece è già avvenuta la vendita, il processo si estingue se rinunciano tutti i creditori concorrenti, anche quelli non muniti di titolo esecutivo; • per inattività delle parti: conseguente alla inattività delle parti, per mancata prosecuzione o riassunzione del processo nel termine stabilito dalla legge o dal giudice; l’estinzione opera di diritto ed è dichiarata anche d’ufficio con ordinanza dal giudice dell’esecuzione; contro l’ordinanza che dichiara l’estinzione o rigetta l’eccezione relativa è possibile esperire reclamo nel termine di 20 giorni dall’udienza o dalla comunicazione; il collegio provvede in camera di consiglio sentenza, avverso la quale è ammesso appello; • per mancata comparizione all’udienza: in caso di mancata comparizione delle parti alle due udienze consecutive, il giudice dell’esecuzione dichiara con ordinanza l’estinzione del processo esecutivo; avverso l’ordinanza è esperibile reclamo al collegio; • per pregiudizialità costituzionale. Gli arbitri hanno diritto ad ottenere il rimborso delle spese e l’onorario per l’opera prestata, gli stessi possono subordinare la prosecuzione del procedimento al versamento anticipato delle spese prevedibili. Il legislatore non ha disciplinato in modo organico l’istruzione probatoria e si è limitato a prevedere: • la possibilità che l’istruttoria o i singoli atti di istruzione possono essere delegati dal collegio ad uno degli arbitri; • la possibilità per gli arbitri di assumere direttamente la testimonianza; • la possibilità per gli arbitri di richiedere al presidente del tribunale della sede dell’arbitrato che ordini la comparizione del testimone davanti a loro, quando ha rifiutato di comparire; • la possibilità per gli arbitri di farsi assistere da uno o più consulenti tecnici, persone fisiche o enti; • la possibilità per gli arbitri di chiedere alla p.a. informazioni scritte relative ad atti e documenti che è necessario acquisire a giudizio. Nel silenzio della norma, sono ritenuti ammissibili i seguenti mezzi di prova: • l’interrogatorio formale delle parti; • il giuramento decisorio; • il giuramento suppletorio. Il lodo Gli arbitri debbono completare il procedimento e pronunciare il lodo entro il termine fissato dalle parti o entro 240 giorni dall’accettazione. Il termine può essere prorogato nelle seguenti ipotesi: • su accordo delle parti; • da parte del presidente del tribunale; • ex lege. Il lodo è deliberato a maggioranza di voti con la partecipazione di tutti gli arbitri ed è redatto per iscritto e deve avere i seguenti requisiti formali: • il nome degli arbitri; • l’indicazione della sede dell’arbitrato; • l’indicazione delle parti; • l’indicazione della convenzione di arbitrato e delle conclusioni delle parti; • l’esposizione sommaria dei motivi; • il dispositivo; • la sottoscrizione degli arbitri; • la data delle sottoscrizioni tre dei requisiti (come l’esposizione sommaria dei motivi, il dispositivo e la sottoscrizione) costituiscono un requisito fondamentale in quanto la loro mancanza può dar luogo a nullità del lodo. Gli arbitri sono tenuti a dare comunicazione del lodo a ciascuna parte, mediante consegna o spedizione in plico raccomandato, di un originale o di una copia entro 10 giorni dalla sottoscrizione del lodo. La correzione del lodo è possibile quando è necessario: • correggere nel testo omissioni o errori materiali o di calcolo; • integrare il lodo con uno degli elementi la cui mancanza non è sanzionata da nullità. Il giudizio arbitrale non prevede un secondo grado di giudizio e neppure la possibilità di esperire il ricorso per cassazione. I mezzi di impugnazione sono quelli previsti dall’art.827 (per nullità, revocazione e per opposizione del terzo), esperibili immediatamente dopo che il lodo è stato sottoscritto. • Il lodo che decide parzialmente il merito della controversia è immediatamente impugnabile; • Il lodo che risolve solo alcune delle questioni insorte, è impugnabile solo unitamente al lodo definitivo. L’impugnazione può essere: • per nullità • per revocazione • per opposizione di terzo Tra le altre figure troviamo: 1. il lodo straniero: può essere riconosciuto nello Stato italiano secondo la procedura prevista dagli art.839 a 840 che recepiscono le convenzioni internazionali; chi deve far valere un lodo straniere deve proporre ricorso al presidente della Corte d’appello, che può rifiutare il riconoscimento o l’esecuzione del lodo straniero, se accerta che la controversia non poteva formare oggetto di compromesso secondo la legge italiana o se il lodo contiene disposizioni contrarie all’ordine pubblico. 2. l’arbitrato irrituale: è un istituto atipico, derogatorio dell’istituto tipico dell’arbitrato rituale; la norma prevede la possibilità per le parti di stipulare per iscritto una convenzione di arbitrato, preveda che la controversia sia definita dagli arbitri mediante determinazione contrattuale. E’ escluso che al lodo conseguano gli effetti della sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria perché, con l’arbitrato irrituale, le parti devolvono agli arbitri la decisione di una controversia, ma accettando che la stessa sia una determinazione contrattuale e, cioè, una decisione privata che non può ottenere il riconoscimento e l’esecutività; non si applicano le norme sull’impugnazione del lodo; il lodo contrattuale è annullabile dal giudice per i seguenti motivi: • se la convenzione d’arbitrato è invalida; • se gli arbitri non sono stati nominati con le forme e nei modi stabiliti dalla convenzione arbitrale; • se il lodo è stato pronunciato da chi non poteva essere nominato arbitro; • se gli arbitri non si sono attenuti alle regole imposte dalle parti; • se non è stato osservato nel procedimento arbitrale il principio del contraddittorio. 3. l’arbitraggio e la perizia contrattuale: le parti con la figura dell’arbitraggio conferiscono ad un terzo (arbitratore) l’incarico di determinare, di regola secondo equità, uno degli elementi di un negozio in formazione, non ancora perfezionato per la mancanza di quell’elemento; in buona sostanza, con la clausola di arbitraggio, inserita in un negozio incompleto in uno dei suoi elementi, le parto demandano ad un terzo arbitrato la determinazione della prestazione, impegnandosi ad accettarla; diversa è la figura della perizia contrattuale, che ricorre quando le parti deferiscono ad uno o più soggetti, scelti per la loro particolare competenza tecnica, il compito di formulare un accertamento tecnico che esse, preventivamente, si impegnano ad accettare; nel caso di perizia contrattuale è esclusa l’esperibilità della tutela tipica prevista dall’art.1349 c.c. per manifesta erroneità o iniquità della determinazione del terzo.
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