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PROCEDURA PENALE 2 - GIUDICE DI PACE, Appunti di Diritto Processuale Penale

ARGOMENTO IMPORTANTE PER IL SUPERAMENTO DELL'ESAME

Tipologia: Appunti

2016/2017

Caricato il 21/08/2017

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Scarica PROCEDURA PENALE 2 - GIUDICE DI PACE e più Appunti in PDF di Diritto Processuale Penale solo su Docsity! d.lgs 28 agosto 2000 n. 275 – PROCEDIMENTO PENALE DAVANTI AL GIUDICE DI PACE Con la legge che istituiva il giudice di pace (1991) si era previsto il settembre ’94 come data di inizio della sua competenza penale: questo non accadde fino alla legge delega 648/1999 e con il successivo decreto legislativo 275/2000. Inizialmente si prevedeva che tale competenza dovesse entrare in vigore nell’aprile 2001 ma, visto i ritardi di implementazione, il termine venne prorogato al 2 gennaio 2002. La novella non è stata inserita all’interno del codice di procedura penale. Si è voluto andare a creare un modello di giustizia penale diverso da quello tradizionale, destinato ad affiancarsi a questo in funzione ancillare: è la sperimentazione di un modello che si vorrebbe avesse, in futuro, più ampia diffusione. Il procedimento è previsto per reati che non prevedono la pena detentiva ed è teso a valorizzare le sue funzioni conciliative e di mediazione penale, facendo maggior attenzione agli interessi della vittima del reato. Viste tutte queste peculiarità, non avrebbe avuto senso inserire la disciplina nel codice. TITOLO I – PROCEDIMENTO DAVANTI AL GIUDICE DI PACE Gli organi giudiziari ed i principi generali del procedimento penale davanti al giudice di pace Gli organi che svolgono le funzioni giudiziarie nel procedimento penale di fronte al giudice di pace sono il PR presso il tribunale nel cui circondario ha sede il giudice di pace ed il giudice stesso. Le funzioni di PM possono essere esercitata per delega del PR anche in situazioni non considerate dal 72 ord. giud. Il giudice di pace è un magistrato onorario ed ha sede in tutti i capoluoghi dei mandamenti (848). Non è stato previsto un ufficio di GIP: mancano in questo procedimento molte delle questioni che lo necessitano. L’art.2 dice che sono applicabili le altre disposizioni codicistiche, nei limiti della loro applicabilità. Si è ritenuto opportuno, in seguito, specificare l’inapplicabilità di certi istituti, come l’incidente probatorio e le misure cautelari personali. Si sarebbero potuti comprendere i procedimenti speciali ma la tenuità dei fatti giudicati hanno spinto a prevedere solo i meccanismi di oblazione, conciliazione e improcedibilità per tenuità del fatto. Nel comma 2 troviamo il principio in base al quale il giudice di pace deve favorire, per quanto possibile, la conciliazione tra le parti. Competenza per materia e per territorio del giudice di pace Le fattispecie attribuite al giudice di pace sono contenute nell’art.4: sono delitti che, oltre ad essere di agevole accertamento, costituiscono l’espressione tipica di una microconflittualità interindividuale. Sono tutte fattispecie che spesso sono state dimentica nella gestione dei tribunali, a discapito delle esigenze del cittadino. Non sempre le scelte operate dall’art.4 sembrano condivisibili: vi rientrano anche reati abbastanza gravi. Sia i delitti che le contravvenzioni attribuite a tale giudice sottolineano il suo ruolo di compositore di controversie. Nell’attuazione della legge delega che prevedeva di ricomprendere nella sua competenza anche una serie di reati previsti da leggi speciali che rispondessero a determinate caratteristiche, sono stati selezionati alcuni reati rispetto i quali non sempre appare possibile una restituito in pristinum. La competenza dei reati indicati dall’art.4 è del tribunale se sussiste una delle circostanze aggravanti ad effetto speciale previste in materia di terrorismo, mafia e discriminazione razziale. La competenza viene meno, ovviamente, nel caso di reati compiuti da minorenni. Territorialmente è competente il giudice del luogo in cui il reato è stato commesso (art.5). Nel caso di astensione o ricusazione è competente il giudice di pace più vicino. L’attribuzione al giudice di pace della competenza per il reato di ingresso e soggiorno illegale in Italia Nel 2009 è stata aggiunta la lett. s-bis all’art.4 includendo nella competenza del giudice di pace il reato di ingresso e di soggiorno illegale nel territorio dello Stato. Ciò ha suscitato non poche perplessità: viene discutibilmente attribuito a questo giudice la competenza in tema di convalida dell’esecuzione dell’espulsione amministrativa e del trattenimento presso i CIE. Tale ampliamento ha portato anche ad un nuovo rito. Il regime della connessione, della riunione e della separazione dei processi La connessione rileva esclusivamente nei casi in cui l’unicità dell’azione o dell’omissione evidenzia l’opportunità di un unico processo per evitare il rischio di duplicazioni. Competente è il giudice superiore, davanti al quale trovano applicazione le disposizioni sulle sanzioni irrogabili dal giudice di pace. La connessione non opera se non è possibile la riunione dei processi: l’impossibilità può anche essere apprezzata liberamente dal giudice. Anche la connessione omogenea ha una disciplina derogatoria rispetto a quella codicistica: gli effetti sono ristretti alle ipotesi in cui il fatto da giudicare si presenta storicamente unico, per cui rilevano solo il concorso o la cooperazione di più persone nel medesimo reato ed il concorso formale di reato. Territorialmente è competente il giudice dove è stato commesso il primo reato o quello del luogo in cui è iniziato il primo dei procedimenti connessi: il criterio dalla maggiore gravità del reato è, in questa sede, irriproducibile (sono tutti simili). La riunione dei processi si potrà avere nei casi di connessione omogenea sempre che non pregiudichi la rapida definizione degli stessi oppure nei casi di reati commessi da più persone in danno reciproco o in altre situazioni simili ma solo nel caso in cui ciò giovi alla celerità ed alla completezza dell’accertamento. Anche per le ipotesi di separazione si sono previste regole molto elastiche: questa è possibile se la riunione può pregiudicare il tentativo di conciliazione o la rapida definizione di uno dei processi riuniti. Le indagini preliminari: l’attività della polizia giudiziaria Anche le ip hanno contenuti molti diversi. Nella legge delega si diceva che l’attività di indagine deve essere, di regola, affidata esclusivamente alla polizia giudiziaria (si vuole alleggerire il lavoro delle procure). La fase delle ip non è un passaggio necessario per arrivare a giudizio: è prevista anche una forma di vocatio in iudicium con la quale la persona offesa ricorre direttamente al giudice. Nelle ipotesi in cui sia la polizia giudiziaria a ricevere la notizia di reato, deve compiere di propria iniziativa tutti gli atti d’indagine necessari per la ricostruzione del fatto e l’individuazione del colpevole, per poi riferirne al PM entro quattro mesi con relazione scritta. Con questa la polizia chiede di essere autorizzata a disporre la comparizione dell’indagato davanti al giudice di pace. In pratica si attribuisce alla polizia il compito di svolgere un’investigazione completa, che deve mettere il PM in condizione di effettuare la scelta tra archiviazione ed esercizio dell’azione penale. Per il compimento di accertamenti tecnici irripetibili, interrogatorio o confronti a cui partecipi l’indagato, perquisizioni o sequestri, la polizia dovrà chiedere l’autorizzazione al PM. Segue. L’attività del pubblico ministero Se la notizia di reato è ricevuta dal PM e questo non ritiene necessari atti di indagine, può direttamente chiedere l’archiviazione o formulare l’imputazione. Quando questi siano necessari non provvede personalmente ma attiva la polizia giudiziaria. Chiusura delle indagini preliminari ed archiviazione Una volta ricevuta la relazione, il PM deciderà se avanzare la richiesta di archiviazione od esercitare l’azione penale, formulando l’imputazione o autorizzando la citazione dell’imputato. Il PM potrà anche disporre ulteriori indagini personalmente o avvalendosi della polizia giudiziaria, impartendo eventualmente direttive o delegare il compimento di atti specifici. Quest’attività di indagini deve essere compiuta nel termine massimo di quattro mesi che decorre dal giorno di iscrizione della notizia di reato: questo può esser prorogato per altri due mesi. Il sindacato del giudice di pace avviene successivamente all’emissione dell’atto con cui se ne dispone la prosecuzione: il giudice di pace circondariale se non ritiene sussistenti i motivi, dichiara entro 5 giorni la chiusura delle ip o riduce il termine indicato. Dalla diversa organizzazione dei termini potrebbe ricavarsi un ostacolo all’applicabilità dal 415-bis nel procedimento davanti al giudice di pace: tale garanzia viene esclusa e l’interpretazione è stata accolta anche dalla Corte costituzionale. Esaurita la fase delle ip il PM presenterà al giudice di pace circondariale una richiesta di archiviazione nelle ipotesi previste dal cpp o anche nei casi previsti dall’art. 34-1-2 dove si disciplina l’esclusione della procedibilità nei casi di particolare tenuità del fatto. Il procedimento di archiviazione presenta delle differenze rispetto al modello codicistico: il contraddittorio è solo cartolare. Se viene presentata opposizione della persona offesa o il giudice non ritiene di dover accogliere la richiesta. Il giudice, senza sentire le parti, dispone Nell’udienza di comparizione il giudice ha il compito di promuovere la conciliazione tra le parti; gli viene riconosciuta una funzione di stimolo e di ricerca della soluzione compositiva dei contrasti. A tal fine può rinviare l’udienza (non oltre due mesi) e può avvalersi dell’attività di mediazione di centri e strutture pubbliche o private. Le dichiarazioni rese dalle parti in questa sede non possono essere usate ai fini della deliberazione. Prima dell’apertura del dibattimento può essere anche presentata domanda di oblazione. Quando si arrivi ad una conclusione in questa fase, l’udienza di comparizione prosegue con i provvedimenti sull’ammissione delle prove. Il giudice potrà negare l’ingresso di prove ritenute superflue o irrilevanti. Peculiare è anche la formazione del fascicolo per il dibattimento: le parti sono invitate ad indicare gli atti da raccogliere ai sensi del 431 subito dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento. L’omessa citazione dei testi e dei consulenti tecnici determina la decadenza da tale prova: questa norma sembra severa. Nei giudizi a presentazione immediata ci sono delle regole particolari per l’introduzione della prova testimoniale, simili a quelle del giudizio direttissimo. La mancata comparizione nell’udienza di comparizione della persona offesa che ha fatto ricorso comporta l’improcedibilità dell’azione e la condanna di questo al pagamento delle spese processuali. Si poteva anche prevedere un’estinzione del reato simile alla remissione della querela, ma le SU negano questa ipotesi. Il ricorrente se è stata emessa l’ordinanza ex art.30 può presentare al giudice di pace la fissazione di una nuova udienza ove non sia potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore. Ciò deve avvenire entro dieci giorni dalla cessazione del fatto impeditivo. In questi casi sarà convocata una nuova udienza. Il dibattimento e la sentenza di condanna alla pena della permanenza domiciliare Le previsioni sul dibattimento richiamano i contenuti del 507 ed introducono solo profili di semplificazione rispetto alla disciplina dettata per il tribunale monocratico. Sull’accordo delle parti l’escussione di periti o testimoni può essere condotta dal giudice. Il verbale viene redatto in forma solo riassuntiva e non è richiesto il consenso delle parti. La motivazione della sentenza viene redatta in forma abbreviata e depositata entro quindici giorni dalla lettura del dispositivo: questa deve ispirarsi a criteri di brevità e chiarezza, evitando sovrabbondanti spiegazioni. Per quanto non previsto dall’art.32 si rinvia alle disposizioni codicistiche. Una notevole peculiarità è dovuta al fatto che l’esecuzione continuativa della permanenza domiciliare e la pena del lavoro di pubblica utilità trovano applicazione solo se l’imputato lo richiede. Definizioni alternative del procedimento: l’esclusione della procedibilità per particolare tenuità del fatto Come detto, al posto dei riti alternativi si sono previsti appositi meccanismi di definizione del procedimento. Una prima ipotesi è legata alla possibilità per il giudice di dichiarare l’improcedibilità nei casi di particolare tenuità del fatto (ipotesi che trova un precedente nel rito minorile). L’art.34 individua con scrupolo le condizioni che consentono di ritenere il fatto di particolarità tenuità: ciò si ha quando rispetto all’interesse tutelato, l’esiguità del danno o del pericolo e l’occasionalità ed il grado della colpevolezza, non si giustifica l’esercizio dell’azione penale. Inoltre è necessario un altro presupposto: la carenza di interesse della persona offesa all’accertamento processuale. Non si ritiene tuttavia la sussistenza della prova in positivo che l’interesse non risulti, ma ci si accontenta della mancanza di prove circa l’esistenza dell’interesse. Dopo l’esercizio dell’azione penale la particolare tenuità del fatto potrà essere dichiarata con sentenza solo se l’imputato e la persona offesa non si oppongono. Segue. L’estinzione del reato conseguente a condotte riparatorie Questa viene disciplinata dall’art.35. Il giudice, sentite le parti e l’eventuale persona offesa (ma anche contro il relativo parere) dichiara con sentenza estinto il reato quando l’imputato dimostra di aver proceduto, prima dell’udienza di comparizione, alla riparazione del danno cagionato dal reato (restituzioni, risarcimento ed eliminazione delle conseguenze dannose e pericolose del reato). La declaratoria può essere pronunciata solo se le condotte riparatorie sono idonee a soddisfare le esigenze di riprovazione del reato e quelle di prevenzione (il sindacato sulla congruità dei comportamenti è del giudice). Il giudice può disporre la sospensione (massimo tre mesi) ed imporre specifiche prescrizione se l’imputato in udienza di comparizione chiede di poter provvedere in tal senso. La disciplina delle impugnazioni L’art.36 riconosce sempre al PM la possibilità di impugnare le sentenze di condanna del giudice di pace che hanno applicato una pena diversa da quella abrogata. Nel 2006 gli è stata tolta la possibilità di appellare le sentenze di proscioglimento relative a reati punito con pena alternativa. L’art.37 dice che l’imputato può solo appellare le sentenze di condanna che applicano una pena diversa da quella pecuniaria e quelle che applicano questa pena se viene impugnato il capo relativo al risarcimento del danno. Sia l’imputato che il PM possono ricorrere per cassazione contro le sentenze inappellabili. Il ricorrente ex 21 è legittimato ad impugnare anche agli effetti penali la sentenza di proscioglimento negli stessi casi in cui è ammesso l’appello del PM. In conseguenza delle sentenze costituzionali che hanno quasi eliminato la riforma del 2006, era lecito chiedersi che cosa ne sarebbe stato di questo quadro: la cassazione ha pertanto sollevato questione di legittimità costituzionale, relativamente all’esclusione per il PM di appellarsi contro le sentenze di proscioglimento. La Corte ha tuttavia confermato la disciplina: in questo caso la disparità non eccedeva i limiti della ragionevolezza. Competente per l’appello è il tribunale in composizione monocratica del circondario in cui ha sede il giudice di pace. L’unica differenza con l’appello delle sentenze di primo grado è che il contumace può ottenere la rescissione della sentenza ed una nuova pronuncia di primo grado. TITOLO II – SANZIONI APPLICABILI DAL GIUDICE DI PACE Le disposizioni sull’esecuzione e le sanzioni applicabili dal giudice di pace I contenuti delle nuove pene principali della permanenza domiciliare e del lavoro di pubblica utilità si può rinviare agli artt.34 e 35. La prima riguarda l’obbligo di permanenza a casa nei giorni di sabato e domenica (ma è possibile concordare una modalità diversa). Riguardo il lavoro di pubblica utilità questo deve avere una durata massima di sei ore settimanali senza pregiudizio per le varie esigenze del condannato (si può anche concordare la prestazione continuata per non più di otto ore al giorno).
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