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Procedura Penale Minorile, Dispense di Diritto Processuale Penale

approfondimento del processo minorile e analisi degli istituti più importanti ( irrilevanza del fatto, sospensione con messa alla prova etc.)

Tipologia: Dispense

2017/2018

Caricato il 15/06/2018

elena-barboni
elena-barboni 🇮🇹

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Scarica Procedura Penale Minorile e più Dispense in PDF di Diritto Processuale Penale solo su Docsity! PROCEDURA PENALE MINORILE: IL PROCESSO MINORILE IN GENERALE: Si basa su principi importanti tra i quali quello della "minima offensività del processo" e della "destigmatizzazione" (d.p.r. 22 settembre 1988 n. 448, "Disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni"). Si ispira ad alcuni specifici principi strettamente connessi alla cosiddetta "finalizzazione educativa" (il processo non deve interferire sulla continuità educativa) e alla cosiddetta "attitudine responsabilizzante" del processo stesso, volta a promuovere nel minore lo sviluppo di competenze autoregolative ancorate a principi socialmente condivisi. L'intervento penale costituisce un momento altamente strutturato (in relazione ai vincoli, alle prescrizioni, agli obblighi che esso comporta) che svolge una funzione strutturante per la prospettiva di vita del minore, e quindi in questo senso preventiva, in quanto fornisce alcune coordinate attorno alle quali egli può costruirsi un diverso percorso evolutivo. IMPORTANTISSIMO!!! IL CONCETTO DI IMPUTABILITA’ Prima di entrare nel merito, appare importante ricordare che il sistema penale minorile italiano si costruisce intorno al concetto di imputabilità:per poter procedere penalmente nei confronti di un minore è necessario che questi sia imputabile, ovvero che sia stata valutata la capacità del minore per essere dichiarato responsabile di un reato e essere sottoposto a una pena. PRINCIPIO DI IMPUTABILITA’: L’art. 97 del codice penale indica che il minore infraquattordicenne non è mai imputabile. L’art. 98 del codice penale indica che "è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, aveva compiuto 14 anni ma non ancora i 18, se aveva capacità di intendere e di volere." Quindi, ai sensi dell’art. 98 del c.p., per i minori dai 14 ai 17 anni la capacità di intendere e di volere in relazione al reato compiuto deve essere sempre accertata, mentre per gli adulti autori di reato è presunta. IL CODICE DI PROCEDURA PENALE PER I MINORENNI: Il D.P.R.488 del 1988 intitolato “Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni” stabilisce che le disposizioni in esso contenute si osservano nei procedimenti a carico di minorenni e che, per quanto in esso non previsto, si applicano quelle del codice di procedura penale (art.1). Con il codice di procedura penale si intende garantire una modalità processuale che riconosca che il processo penale minorile sia un evento delicato e importante nella vita del minore che deve essere adeguato alle esigenze di una personalità in fase evolutiva: ciò determina la previsione di un processo che, pur mantenendo le garanzie del processo penale ordinario, limita, per quanto possibile, gli effetti dannosi che il contatto con il circuito penale necessariamente determina sul soggetto coinvolto. Viene così a delinearsi un sistema di giustizia differenziato, con il passaggio del minore da oggetto di protezione a soggetto titolare di diritti specifici, che necessitano di specifica tutela: per la prima volta, nel nostro ordinamento, il D.P.R. parla esplicitamente di interesse del minore, esigenze educative e tutela del minore. Inoltre, il nuovo codice di procedura penale tende a dare attuazione ad alcuni principi che ispirano l’operato del sistema della Giustizia minorile e che il codice stesso interpreta e definisce fornendo gli strumenti per raggiungere i principi medesimi. Tali principi possono così sintetizzarsi: PRINCIPIO DI ADEGUATEZZA: Il processo penale minorile deve adeguarsi, sia nella sua concezione generale, sia nella sua applicazione concreta, alla personalità del minore e alle sue esigenze educative, in quanto deve essere teso alla reintegrazione del minore nella società. Il processo penale, quindi, come sede di verifica del possibile disagio del ragazzo, deve tendere a restituire il soggetto alla normalità della vita sociale, evitando gli interventi che possano destrutturarne la personalità. Ciò comporta la necessità che tutti i soggetti coinvolti nel processo debbano tenere conto delle caratteristiche di personalità del ragazzo e delle sue esigenze educative, che devono essere i parametri a cui commisurare le scelte da adottare in sede processuale. Art. 1 del D.P.R. 448/88 - Il processo deve avere finalità educative e responsabilizzanti. Infatti il giudice ha il compito di illustrare il significato del processo, i contenuti, le ragioni, anche etico-sociali delle decisioni. PRINCIPIO DI MINIMA OFFENSIVITÀ: Con tale principio viene generalmente evidenziata l’esigenza di tenere in considerazione come il contatto del minore con il sistema penale possa creare rischi allo sviluppo armonico della sua personalità e comprometterne l’immagine anche sociale con conseguente pericolo di marginalità. Ciò comporta il vincolo per i giudici e gli operatori di preoccuparsi nelle loro decisioni di non interrompere i processi educativi in atto evitando il più possibile l’ingresso del minore nel circuito penale consentendogli per quanto possibile di usufruire di strumenti alternativi. Operativamente, obiettivo di tale principio è quello di favorire una rapida uscita del minore dal circuito penale non interrompendo i processi educativi in atto attraverso misure quali: ▲ (art.32 del D.P.R. 448/88) Perdono giudiziale: quando si presume che il minorenne si asterrà dal commettere ulteriori reati. Già previsto dall’art.19 del R.D.L. 20 luglio 1934, n.1404. ▲ (art.27 del D.P.R. 448/88) Non luogo a procedere per irrilevanza del fatto: si applica quando il reato è tenue, occasionale e l’ulteriore corso del procedimento pregiudicherebbe le esigenze educative del minore. Il giudice, su richiesta del P.M., può applicare una misura di sicurezza. ▲ (art.20 del D.P.R. 448/88) Prescrizioni. Il Giudice può impartire, nell’ambito delle misure cautelari, regole di condotta inerenti attività di studio, lavoro o altre attività utili alla sua educazione, con contemporaneo affidamento del minore al controllo e all'assistenza dei Servizi minorili dell'Amministrazione della Giustizia ▲ (art.21 del D.P.R. 448/88) Permanenza in casa. Il giudice può prescrivere la misura cautelare non detentiva della permanenza in casa, che prevede l’obbligo per il minore di stare presso l'abitazione familiare o altro luogo di privata dimora, con ampia discrezionalità da parte del giudice in ordine alle esigenze di studio o di lavoro o altre attività utili all'educazione del minore, con compiti di vigilanza attribuiti al genitore o alle persone nella cui abitazione è disposta la permanenza. ▲ (art. 28 del D.P.R. 448/88) Sospensione del processo e messa alla prova. Il giudice, sentite le parti, può disporre la sospensione del processo e la messa alla prova per un periodo non superiore a tre anni quando ritiene di dover valutare la personalità del minore sulla base di un progetto di intervento elaborato dai Servizi Sociali del Dipartimento Giustizia Minorile in collaborazione con i Servizi Sociali dell’Ente locale al quale il minorenne deve dare la propria adesione e che, in genere, prevede il coinvolgimento della famiglia del minore e del contesto sociale - scuola, ente di formazione, datore di lavoro. Questo istituto giuridico si rifà all'impianto filosofico della probation inglese. PRINCIPIO DI DESTIGMATIZZAZIONE: Sempre al fine di evitare al minore il pregiudizio alla sua immagine che può derivargli dal contatto con il processo penale, l’ordinamento tende a garantire la tutela della riservatezza e dell’anonimato rispetto alla società esterna. Ciò avviene attraverso varie modalità quali, in particolare: tutelare il minore da aggressione alla privacy; tutelare l’immagine del minore la violazione di tale principio infatti vede snocciolarsi una ulteriore spirale di dolore per il minore coinvolto in un processo, oltre ad una stigmatizzazione sociale. Vd. normativa ad hoc e codice deontologico dei giornalisti in questi casi IL SISTEMA DELLA FONTI: a) FONTI SOVRANAZIONALI: ▲ PATTO INTERNAZIONALE SUI DIRITTI CIVILI E POLITICI ART 14 COMMA 4: “La procedura applicabile ai minorenni dovrà tener conto della loro età e dell'interesse a promuovere la loro riabilitazione.” Ovviamente questo è a livello generale. ▲ RACCOMANDAZIOE N 20 del 1987 È la matrice di riferimento visto che in quel momento era in atto anche la modificazione del cpp che verrà appunti modellato sulla base anche di questa raccomandazione. Ha una ratio progressista e postula: 1) minima offensività 2) supporto del minore 3)creare procedura extra ad hoc Tutto ciò viene tradotto in appositi istituti ▲ RACCOMANDAZIONE N 20 DEL 2003 È riferita solo alle limitazioni personali e possiamo definirla, rispetto alla precedente raccomandazione, un passo indietro ( di risposta ad un allarme sociale). In questo caso viene dato per scontato che una serie di misure siano indispensabili. RETROSCENA STORICO: ingresso dei paesi dell’ ex blocco sovietico, dove vi era un’ottica autoritaria e non democratica il problema dunque era quello di includerli nell’UE ma contemperare allo stesso tempo la loro visione autoritaria del diritto con i principi dell’UE. ▲ DIRETTIVA UE N 800 DEL 2016 Puntualizza, ma con eccezioni discutibili: In sintesi la direttiva prescrive, dopo aver precisato le relative definizioni, che sia garantito ai minori il diritto all'informazione circa le tutele generali e particolari assicurate dalla stessa direttiva, compresa quella concernente gli avvisi da compiere in favore degli esercenti la potestà genitoriale. Il provvedimento regola poi il diritto all'assistenza difensiva, quello ad una valutazione concreta e personalizzata della situazione del minore, quello all'esame medico in caso di provvedimenti restrittivi della libertà personale, provvedimenti che d'altronde devono costituire la extrema ratio nel trattamento del minore assoggettato al procedimento penale, con preferenza, in ogni caso, per misure alternative alla custodia in carcere. Il procedimento contro il minore dovrà svolgersi tempestivamente e con il massimo possibile rispetto per la vita privata dell'interessato, garantendo la presenza dei genitori al loro fianco. Ulteriori disposizioni sono dedicate all'assistenza difensiva, alla necessaria videoregistrazione degli interrogatori ed anche alla necessaria specifica formazione degli operatori del processo che coinvolga soggetti minorenni. Nb: in Italia il sistema minorile è avanzatissimo per quanto riguarda e norme ma si rinviene una carenza grave a livello applicativo ( il che a dir la verità è un problema da sempre esistente nel nostro ordinamento). Esempio la stanza dove avviene l’interrogatorio del minorenne: in Italia solitamente è l’ufficio del procuratore ed avviene quando il procuratore “ha tempo” mentre in altri stati vi è una stanza ad hoc e lo stesso interrogatorio avviene solo in orario extrascolastico. Una differenza rilevante si rinviene nella presenza dei PROTOCOLLI negli uffici che dicono cosa esattamente nella pratica è necessario fare, oltre che non venire dalla politica. b) FONTI ORDINARIE: area extracodicistica del rito minorile ▲ DPR N 448 del 1988: disciplina il processo in generale tale dpr viene ad essere attuato con: ▲ DPR N 272 del 1989: la domanda che ci poniamo ora è: COME SI COORDINANO QUESTE DUE NORME CON IL CPP? QUAL È LA CHIAVE DI LETTURA? La chiave di lettura è quella dell’ art 1 comma 1 del dpr n 448: “ Nel procedimento a carico di minorenni si osservano le disposizioni del presente decreto e, per quanto da esse non previsto, quelle del codice di procedura penale. Tali disposizioni sono applicate in modo adeguato alla personalità e alle esigenze educative del minorenne.” PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETA’: in primis nel processo minorile vengono ad essere applicate le norme del dpr 448 e solo laddove questo sia silente e non preveda una regolamentazione ad hoc vengono ad essere applicate le norme del cpp. Esempio: ▲ per quanto riguarda l’archiviazione uso il cpp all’art 408, in quanto non vi è una speciale regolamentazione da parte del dpr 448. ▲ Non ci sono norme speciale per incidente probatorio, quindi applico il cpp all’art 392. ▲ IRRILEVANZA DEL FATTO: nel diritto processuale per adulti è mutuata con l’istituto della tenuità del fatto ( anche se sono diversi). Ovviamente in questo caso viene ad essere applicato PRINCIPIO DI ADEGUATEZZA APPLICATIVA: Salvaguardare la specificità degli istituti del dpr 448 ( in questa ottica il cpp viene applicato solo laddove vi sia una lacuna normativa). Concetto di “ADEGUATEZZA” significa flettere la norma, necessità di individuare volta per volta sulle esigenze del minorenne. INTERPRETAZIONI DELLA LOCUZIONE “ TALI DISPOSIZIONI” SIA CPP CHE DPR 448? 1) prima interpretazione: modificare al disciplina e stabilire volta per volta se le disposizioni del cpp sono compatibili con le norme di questo microsistema. NB: problema si legalità storcere gli istituiti a piacimento. C) In ambito amministrativo , infine, la legge prevede la predisposizione di alcuni strumenti di protezione dei minori a rischio sociale per evitare la possibilità che il minore sia implicato in situazioni di rilevanza penale. Tali misure, volte a controllare la condotta del minore anche se contro di lui non pende alcun procedimento penale, possono essere adottate dal TM quando il minore provi, con la propria condotta, alcune irregolarità caratteriali. Le misure in questione possono essere fatte cessare in qualsiasi momento. Di seguito sono specificate le competenze dei vari organigiudiziari. DPR N 448 DEL 1988: Art. 2. Organi giudiziari nel procedimento a carico di minorenni 1. Nel procedimento a carico di minorenni esercitano le funzioni rispettivamente loro attribuite, secondo le leggi di ordinamento giudiziario: a) il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni; b) il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale per i minorenni; c) il tribunale per i minorenni; il tribunale per i minorenni e il GIP sono due organi distinti d) il procuratore generale presso la corte di appello; e) la sezione di corte di appello per i minorenni; infatti NON c’è una Corte di Appello apposita, ma una sezione adibita f) il magistrato di sorveglianza per i minorenni. Nello specifico: Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni: E’ l’Ufficio del Pubblico Ministero minorile. Organo inquirente, è titolare dell’azione penale che esercita nei confronti dei minorenni imputati di reato (fascia di età 14-18 anni al momento del fatto-reato), nonché delle iniziative nei procedimenti civili (adottabilità, de potestate, cioè relativi ai rapporti con esercenti la potestà genitoriale), a tutela dei minori, nonché i cosiddetti “amministrativi” riguardanti i minori per eventuale applicazione di misure rieducative. Tribunale per i Minorenni - T.M.: E’ un organo giudiziario ordinario di primo grado, specializzato e a composizione mista, formato cioè da giudici professionali (detti anche “giudici togati”) e da giudici onorari (detti anche “componenti privati”), ossia esperti delle tematiche minorili, presente nei 29 capoluoghi di distretto di Corte d’Appello. Ha funzioni di giudice di primo grado per tutti gli affari penali e per i procedimenti civili (adottabilità, de potestate, cioè relativi ai rapporti con esercenti la potestà genitoriale), a tutela dei minori, nonché i cosiddetti “amministrativi” riguardanti i minori per eventuale applicazione di misure rieducative. Corte d’Appello: La Corte d’Appello è un organo giudiziario di secondo grado, che giudica in forma collegiale sulle decisioni emesse dal Tribunale di primo grado (Tribunale per i minorenni e Tribunale ordinario). In essa vi è una sezione specializzata per i minorenni, anch’essa a composizione mista (tre consiglieri togati affiancati da due consiglieri onorari), che tratta gli appelli contro i provvedimenti in materia civile e penale dei Tribunali per i minorenni. Pubblico Ministero : E’ un magistrato della Procura della Repubblica che svolge le indagini e sostiene l’accusa a seguito della commissione di reati. Le sue funzioni sono: conduzione delle indagini e, in caso ci siamo elementi per sostenere l’accusa, formulazione dell’imputazione e richiesta di rinvio a giudizio. In campo civile ha funzioni inquirenti a tutela dei minori. Giudice per le Indagini Preliminari - G.I.P. : E’unmagistrato che decide su singole questioni che riguardano la fase delle indagini preliminari e assume prove non rinviabili al dibattimento. Il G.I.P. minorile ha principalmente due funzioni: pronuncia dei primi provvedimenti relativi alla libertà personale e decisione di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto. Giudice nell’Udienza Preliminare - G.U.P.: In ambito minorile è un organo collegiale composto da un giudice togato e due (un uomo e una donna) giudici onorari. Formalmente il P.M. minorile cita il/la minorenne davanti al G.U.P. minorile chiedendone il rinvio a giudizio dibattimentale davanti al T.M. In udienza preliminare i procedimenti possono anche essere definiti con rito abbreviato (che prevede di regola una decisione allo stato degli atti, con uno sconto di un terzo di pena in caso di condanna) e, in taluni casi, con la condanna a sanzioni sostitutive (libertà controllata e semidetenzione). Magistrato di Sorveglianza: E’ un magistrato che ha il compito di vigilare sull’esecuzione delle condanne e delle misure di sicurezza, di autorizzare permessi e licenze ai detenuti e difissare le modalità di esecuzione delle sanzioni sostitutive (libertà controllata, semidetenzione). Il magistrato di sorveglianza minorile ha competenza nei confronti dei condannati per reati commessi durante la minore età fino al compimento dei 25 anni. Tribunale di Sorveglianza: E’ una delle funzioni dello stesso Tribunale per i minorenni, nella composizione collegiale di due giudici togati e due onorari. Provvede in particolare, in ordine alla misure alternative alla detenzione (affidamento in prova al Servizio Sociale, detenzione domiciliare, semilibertà). Collegio giudicante: Nel procedimento penale minorile le decisioni possono essere prese, a seconda della fase del procedimento, oltre che da un giudice monocratico (G.I.P.) da un organo collegiale: in udienza preliminare il Collegio è composto da un giudice togato e da due giudici onorari (un uomo e una donna); in udienza dibattimentale il Collegio è composto da due giudici togati e da due giudici onorari (un uomo e una donna). Nelle altre materie (civile e amministrativa) la composizione del Collegio giudicante è di due giudici togati e due giudici onorari (un uomo e una donna) . Il giudice togato è un magistrato e in ambito penale non può essere la medesima persona nelle fasi di indagine preliminare e di udienza preliminare di uno stesso procedimento. Il giudice onorario è un esperto delle tematiche minorili, definito “cittadino benemerito dell’assistenza sociale, cultore della biologia, psichiatria, antropologia criminale, pedagogia o psicologia” ai sensi dell’art.2 R.D.L. 20 luglio 1934, n.1404 e successive modifiche, che abbia compiuto 30 anni”. Viene nominato dal Consiglio Superiore della Magistratura per un mandato di tre anni rinnovabile per due volte Vd.SPECIALIZZAZIONE(regio decreto del ’34) Dagli appunti della prof. Cesari: COLLEGI A STRUTTURA MISTA: ▲ Magistrati togati: l’assegnazione è esclusiva / attitudine è formazione permanente anche non strettamente giuridica (?) ▲ Giudice laico: non sono magistrati di professione, sono , auspicabilmente, appartenenti a settori diversi come ad esempio la psicologia Composizione dei collegi giudicanti minorili: -GUP : è collegiale ( e questo lo avvicina all’organo collegiale del dibattimento. Infatti qui è l’udienza il baricentro con la sua ampia scelta di opzioni) 1 togato + 2 onorari NB : è un organo che adotta la decisione più su una base personologica che giuridica -TRIBUNALE 2 togati + 2 onorari -CORTE DI APPELLO 3 togati + 2 onorati - CORTE DI CASSAZIONE Nella corte di Cassazione non c’è specializzazione ( infatti più si sale più le ragioni del diritto salgono). I COMPONENTI ONORARI: ▲ Uomo e donna ( perché non solo la parità di genere è auspicabile, ma perché la presenza femminile è indispensabile per via della sensibilità ) ▲ Età pari ad almeno 30 anni ( è una soglia che andrebbe rivista, in quanto il paramento al momento della sua formulazione aveva indicato 30 anni in quanto a quell’età si era probabilmente genitori) ▲ Benemeriti dell’assistenza sociale categoria aperta alla interpretazione ( prima era chi faceva il volontario, ma ora?) ▲ Cultori di psichiatria, biologia, pedagogia, antropologia criminale e psicologia ( NB: in questo elenco manca la sociologia, questo perché prima non aveva autonomia scientifica) • “cultore” è un termine elastico ( non c’è scritto infatti “laureato”, posso essere cultore ma non essere laureato, è un parametro ambiguo che andrebbe rivisto) ma l’elenco è tassativo. Gli onorari hanno una nomina triennale che può essere rinnovata. COMPETENZA DEGLI ORGANI GIUDIZIARI: Art. 3. Competenza “1. Il tribunale per i minorenni è competente per i reati commessi dai minori degli anni diciotto. 2. Il tribunale per i minorenni e il magistrato di sorveglianza per i minorenni esercitano le attribuzioni della magistratura di sorveglianza nei confronti di coloro che commisero il reato quando erano minori degli anni diciotto. La competenza cessa al compimento del venticinquesimo anno di età.” a) COMPETENZA PER MATERIA: vd. art 3 dpr n 448 Si tiene conto dell’età al momento del compimento del fatto ciò significa che se nel mentre l’imputato e è divenuto maggiorenne la competenza resta comunque in capo a l tribunale dei minori. Ratio: regime preferenziale per l’imputato ; non è colpa sua se nel mentre è diventato maggiorenne, il problema è della lungaggine del sistema ( questo giustifica il trattamento i maggiore favore). Tanto che alcuni istituti sono elaborati sulla minore età ( valuto come era quella persona al momento del compimento del fatto) / mente alcuni istituti non sono tarati per i minorenni, ma per i maggiorenni ( es. AVVISO DI GARANZIA: sono sempre nel processo minorile ma si disapplicano per andare a creare più garanzie) Art. 7. Notifiche all'esercente la potestà dei genitori “1. L'informazione di garanzia e il decreto di fissazione di udienza devono essere notificati, a pena di nullità, anche all'esercente la potestà dei genitori.” PROBLEMA DEI GIOVANI ADULTI: Per la magistratura di sorveglianza la competenza è e resta specifica fino ai 25 anni. b) COMPETENZA PER TERRITORIO: Vi è un tribunale minorile per ogni Corte d’Appello (Coincide con la regione in pratica, salvo le regioni che hanno più corti di appello.) NB: questi due parametri sono alternativi, basta che ci sia uno dei due, tanto che la stessa norma sottolinea ciò con l’utilizzo di “o”. LA PARTE CIVILE: è radicalmente estromessa dal processo. Art. 10. Inammissibilità dell'azione civile “1. Nel procedimento penale davanti al tribunale per i minorenni non è ammesso l'esercizio dell'azione civile per le restituzioni e il risarcimento del danno cagionato dal reato. 2. La sentenza penale non ha efficacia di giudicato nel giudizio civile per le restituzioni e il risarcimento del danno cagionato dal reato. 3. Non può essere riconosciuta la sentenza penale straniera per conseguire le restituzioni o il risarcimento del danno.” RATIO: ▲ non mettere il minorenne nella condizione di affrontare qualcosa che già è stato provato (?) ▲ non si vuole alzare il tasso di conflittualità( la parte civili pensa, ovviamente, al risarcimento del danno) , si potrebbe andare infatti ad alterare il principio di minima offensività. ▲ RISARCIMENTO DEL DANNO COME FATTORE INQUINANTE in quanto viene ad essere MONETIZZATO IL DANNO DA REATO: potrei in primo luogo andare a banalizzare il dolore arrecato alla vittima, e in secondo luogo non è il minore a pagare di tasca sua ma al famiglia e in questo modo il minore non capirà, oltre al fatto che sul piano della eguaglianza qualcuno potrebbe risultare più agevolato di qualcun altro. NB: Alla luce di ciò quindi il danneggiato agirà in sede civile, dove, peraltro, la sentenza penale non ha efficacia di giudicato e l’accertamento del fatto è ex novo. ALTRI SOGGETTI PRESENTI NEL RITO MINORILE… Dalla raccomandazione 20/87 ( fonte sovranazionale) “ …diritto alla presenza dei genitori o altro soggetto”. SISTEMA ITALIANO: ▲ art 7: Notifiche all'esercente la potestà dei genitori 1. L'informazione di garanzia e il decreto di fissazione di udienza devono essere notificati, a pena di nullità, anche all'esercente la potestà dei genitori. IMP!!! È di ESERCENTE che si parla in questo articolo Tale articolo viene interpretato con una interpretatone “larga” Si parla di qualunque atto, anche avvisi che fissano l’udienza : a) decreto che fissa l’udienza b) informazioni di garanzia ( art 369, e, nb, anche il bis sarebbe opportuno modificare) ▲ art 12: Assistenza all'imputato minorenne 1. L'assistenza affettiva e psicologica all'imputato minorenne è assicurata, in ogni stato e grado del procedimento, dalla presenza dei genitori o di altra persona idonea indicata dal minorenne e ammessa dall'autorità giudiziaria che procede. 2. In ogni caso al minorenne è assicurata l'assistenza dei servizi indicati nell'articolo 6 . 3. Il pubblico ministero e il giudice possono procedere al compimento di atti per i quali è richiesta la partecipazione del minorenne senza la presenza delle persone indicate nei commi 1 e 2, nell'interesse del minorenne o quando sussistono inderogabili esigenze processuali. Analizzando i due articoli emerge che l’assistenza minorile si basa su due livelli( che sono diversi ma si saldano): 1) supporto di difesa in senso tecnico: per affrontare il rito, per spiegare cosa succede nello specifico. Bisogna infatti tener conto dei vari problemi a livello pratico come organizzare la difesa e prendere le decisioni pratiche. 2) supporto affettivo: devo fare attenzione al fatto che il minore non sia traumatizzato, non si senta solo, si trova in una situazione di shock e umiliazione per certi versi e necessita di un supporto affettivo. NB: normalmente il genitore è anche esercente, ma non sempre è così ACCERTAMENTI SULLA PERSONALITA’ DEL MINORENNE: DIFFERENZA TRA IL PROCESSO ORDINARIO E IL PROCESSO MINORILE: A) PROCESSO ORDINARIO: ci viene fornita una conoscenza fattuale ma non sul carattere, sulla personalità o sul contesto del soggetto in questione e questo avviene per libera scelta del legislatore. Art 220 comma 2,cpp: “Salvo quanto previsto ai fini dell'esecuzione della pena o della misura di sicurezza, non sono ammesse perizie per stabilire l'abitualità o la professionalità nel reato, la tendenza a delinquere, il carattere e la personalità dell'imputato e in genere le qualità psichiche indipendenti da cause patologiche.” Nel giudizio di cognizione non è possibile ricorrere ad un'indagine peritale riguardante le qualità psichiche dell'imputato indipendenti da cause patologiche, essendo solamente ammesso, nei casi in cui siano presenti disturbi psicologici della persona idonei a incidere sulla capacità di intendere e di volere, procedere a perizia per accertare l'esistenza e la rilevanza di questi, diversamente da quanto invece è previsto in sede di esecuzione della pena (art. 678) e della misura di sicurezza (art. 679). La norma è dunque chiara: LA PERIZIA PERSONOLOGICA È VIETATA, in ossequio a un diritto penale incentrato sula fatto e non sull’autore ( visione oggettivistica): mi trovo a valutare la condotta non al persona e la sua moralità, oltre che garantire l’uguaglianza dei cittadini( uguaglianza e legalità PROCESSO PENALE BASATO SUL FATTO). B) PROCESSO MINORILE: qui, ciò che è vietato nel processo ordinario, è invece obbligatorio. L’art 9 dpr 448 è la norma cardine di questo sistema ed ha l’effetto e lo scopo di ampliare l’area dell’oggetto di prova. Art. 9. Accertamenti sulla personalità del minorenne ( dpr 448): “1. Il pubblico ministero e il giudice acquisiscono elementi circa le condizioni e le risorse personali, familiari, sociali e ambientali del minorenne al fine di accertarne l'imputabilità e il grado di responsabilità, valutare la rilevanza sociale del fatto nonché disporre le adeguate misure penali e adottare gli eventuali provvedimenti civili. 2. Agli stessi fini il pubblico ministero e il giudice possono sempre assumere informazioni da persone che abbiano avuto rapporti con il minorenne e sentire il parere di esperti, anche senza alcuna formalità.” RATIO: l’idea di fondo è quella di una giustizia individualizzata per tutto il sistema minorile, con un costruzione sartoriale ritagliata sull’utente. Cosa devono riguardare le perizie?: ▲ CONDIZIONI (1) E RISORSE(2): 1 status quo, ciò che è in quel momento ( a loro volta le sono valutate quelle personali, familiari, sociali, ambientali) : SONO PERSONALI 2 indica una prognosi, valutazioni che potranno in futuro essere usate a favore del minore: SONO AMBIENTALI In questo caso la valutazione non è statica e serve anche per soluzioni future. Come dette le condizioni che vengono valutate sono quelle: ✓ PERSONALI: carattere, abitudini, passioni, rapporto con i genitori etc. ✓ FAMILIARI: che tipo di contesto è quello in cui vive il minore; in questa ottica vengono esaminati i rapporti affettivi, il nucleo e la stabilità familiare, che lavoro fanno i genitori ✓ SOCIALI: lavoro, stabilità economica, livello di istruzione ✓ AMBIENTALE: scuola, quartiere, amici etc. ECCEZIONI solo in 2 casi il minore può esser davanti alla AG senza nessun ausilio: a) esigenze del minore: che è però contradditorio visto il dettato normativo che impone l’assistenza b)inderogabili esigenze processuali: ad esempio per mancanza di tempo e urgenza COSA SUCCEDE SE L’AG FA VALUTAZINI ARBITRARIE: • non c’è nullità perché non c’è scritto ( abbiamo solo una mera irregolarità) • ritenere che supporto affettivo e psicologico ( lett c. 178 nullità a regime intermedio ma non è l’interpretazione dominante). STRUTTURA DEI SERVIZI SOCIALI: Art.6. Servizi minorili “1. In ogni stato e grado del procedimento l'autorità giudiziaria si avvale dei servizi minorili dell'amministrazione della giustizia. Si avvale altresì dei servizi di assistenza istituiti dagli enti locali.” NB: è una caratteristica del procedimento minorile Spiega la funzione e la posizione nel procedimento dei servizi sociali: • ruolo supporto tecnico • strumento per assicurare tutela minore all’interno del processo • interfaccia (AMBIGUITA’: supporta due parti contrapposte il PM e imputato ) Il coinvolgimento dei servizi sociali nel processo comincia fin dalla notizia di reato e vengono informati quanto più possibile. La norma è perentoria: l’AG è tenuta ad avvalersi, non ha discrezionalità e scegliere di non avvalersi. COME SONO STRUTTURATI I SERVIZI SOCIALI? • Servizi sociali ministeriali, che sono: a) interdisciplinari b)rapporti con il territorio: apertura all’esterno e con gli enti locali c)separazione degli adulti • Servizi sociali degli enti locali L’articolo 6 allude ad entrambi i servizi sociali. INTERDISCIPLINARIETA’: centro inteso come personale; sedi scientifiche e consulenti esterni / servizi intesi come personale a disposizioni ed esperti. CENTRO DI PRIMA ACCOGLIENZA: quando abbiamo il fermo, l’arresto l’accompagnamento misure precautelari ; nel momento anteriore alla udienza di convalida ( sono infatti misure temporanee). • Non devono caratterizzarsi come strutture carcerarie • Si collocano presso gli uffici giudiziari minorili CARATTERI DELLA COMUNITA’: ( NB. il collocamento in comunità è una misura ad hoc) • Ambiente di tipo familiare • Clima educativamente significativo e progetti personalizzati • Non più di dieci ospiti, con minori sottoposti procedimento penale ISTITUTI DI SEMILIBERTA’: • Contenuto è dato dai servizi • Misura cautelare alternativa sostitutiva (?)rivedere • MISURE CAUTELARI REALI E PROCESSO MINORILE: Per la giurisprudenza maggioritaria si applicano ( sequestro preventivo etc.) MISURE CAUTELARI NON DETENTIVE Cosa sono: Sono misure limitative della libertà personale diverse dalla custodia cautelare che il giudice, tenuto conto delle esigenze cautelari e dell'esigenza di non interrompere i processi educativi in atto, può applicare nel corso del procedimento al minorenne imputabile: prescrizioni, permanenza in casa, collocamento in comunità. Il giudice può disporle solo quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni. Quando è disposta una misura cautelare il minorenne è affidato ai servizi della giustizia minorile affinché svolgano interventi di sostegno e controllo in collaborazione con i servizi di assistenza dell'ente locale. La misura deve essere proporzionata all'entità del fatto e alla sanzione che si ritiene possa essere irrogata. (art. 19 del d.p.r. 448 del 22 settembre 1988; art. 275 codice procedura penale) IN BREVE… ( poi saranno approfondite più avanti) • Prescrizioni Il giudice può impartire al minorenne specifiche prescrizioni inerenti attività di studio o di lavoro o altre attività utili per la sua educazione al fine di non interrompere i processi educativi in atto; tali obblighi hanno efficacia per due mesi e sono rinnovabili una sola volta, per esigenze probatorie. Il giudice, nel prendere tale decisione, ascolta l'esercente la potestà genitoriale anche al fine di coinvolgerlo nell'attività di recupero. Nel caso di gravi e ripetute violazioni delle prescrizioni, il giudice può disporre la misura della permanenza in casa. (art. 20 del d.p.r. 448 del 22 settembre 1988) • Permanenza in casa ( è simile all’arresto sostanzialmente, ma il legislatore ha voluto tenere un pudore terminologico) Con il provvedimento che dispone la permanenza in casa il giudice prescrive al soggetto minorenne di permanere presso l'abitazione familiare o in altro luogo di privata dimora. Contestualmente può disporre limiti e divieti alla facoltà del minorenne di comunicare con persone diverse da quelle che con lui coabitano o che lo assistono. Il giudice può anche consentire al minore, con separato provvedimento, di allontanarsi dall'abitazione per ragioni di studio o lavoro o per svolgere altre attività utili alla sua educazione. I genitori vigilano sul comportamento del minore consentendo, nel contempo, gli interventi di sostegno e controllo dei servizi della giustizia minorile e dell'ente locale. Nel caso di gravi e ripetute violazioni degli obblighi a lui imposti o nel caso di allontanamento ingiustificato dalla abitazione, il giudice può disporre la misura del collocamento in comunità. (art. 21 del d.p.r. 448 del 22 settembre 1988) • Collocamento in comunità Con il provvedimento che dispone il collocamento in comunità il giudice ordina che il minorenne sia affidato ad una comunità pubblica o autorizzata. Contestualmente può imporre eventuali specifiche prescrizioni inerenti attività di studio o di lavoro o altre attività utili per la sua educazione, al fine di non interrompere i processi educativi in atto. Il responsabile della comunità collabora con i servizi della giustizia minorile e dell'ente locale. Nel caso di gravi e ripetute violazioni delle prescrizioni imposte o di allontanamento ingiustificato dalla comunità, il giudice può imporre la misura della custodia cautelare, per un tempo non superiore ad un mese, qualora si proceda per un delitto per il quale è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni. (art. 22 del d.p.r. 448 del 22 settembre 1988; art. 10 d.lgs. 272 del 28 luglio 1989). ▲ Custodia cautelare Può essere applicata quando si procede per delitti non colposi per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a nove anni. Anche fuori dei casi predetti, la custodia cautelare può essere applicata quando si procede per uno dei delitti, consumati o tentati, previsti dall’articolo 380, co. 2, c.p.p. lett. e), f), g), h) nonché, in ogni caso, per il delitto di violenza carnale. Il comma 2 dell’art 19 dpr inoltre postula la non applicabilità del 3 comma dell’art 275 ( “La custodia cautelare in carcere [285] può essere disposta soltanto le altre misure coercitive o interdittive, anche se applicate cumulativamente, risultino inadeguate. Quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui agli articoli 270, 270 bis e 416 bis del codice penale, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari”) non opera in quanto si troverebbe a cozzare con il principio di individualizzazione ; oltre al fatto che sussiste la discrezionalità nel minorile. Il comma 1 bis dell’art 275 cpp ( “Contestualmente ad una sentenza di condanna, l'esame delle esigenze cautelari è condotto tenendo conto anche dell'esito del procedimento delle modalità del fatto e degli elementi sopravvenuti, dai quali possa emergere che, a seguito della sentenza, risulta taluna delle esigenze indicate nell'articolo 274, comma 1, lettere b) e c) (2).”) è applicabile! Il comma 2 ter dell’art 275 cpp è applicabile è applicabile nella misura in cui non obbliga ( è inapplicabile come automatismo). Discrezionalmente il giudice la applica d’ufficio e non c’è bisogno della richiesta del PM. PROCEDIMENTO APPLICATIVO DELLE MISURE : vd. sul libro È uguale al procedimento degli adulti con un solo correttivo presupposto degli accertamenti ex art 9. SISTEMA DELLE IMPUGNAZIONI: Art. 25 disp. Attu. n. 272 Giudice del riesame e dell'appello 1. Sulla richiesta di riesame o sull'appello proposti a norma degli articoli 309 e 310 del codice di procedura penale decide il tribunale per i minorenni del luogo dove ha sede l'ufficio del giudice che ha emesso l'ordinanza impugnata. I mezzi di impugnazione sono: • RIESAME • APPELLO • RICORSO IN CASSAZIONE LE TIPOLOGIE DI MISURE CAUTELARI : CUSTODIA IN LUOGO DI CURA ( ART 23): viene disposta nel caso di infermità; in questo cas la permanenza in casa e comunità possono essere eseguite in una casa di cura. • Non viene specificata la tipologia di infermità ( che si pensa sia mentale e fisica) e la gravità ( valutazione discrezionale del giudice). Le misure cautelari applicabili ai minori sono tassativamente individuate dal legislatore nelle prescrizioni, nella permanenza in casa, nel collocamento in Comunità e, infine, nella custodia cautelare presso un Istituto Penale Minorile. Le ipotesi tassative di misure cautelari applicabili ai minori sono dunque: 1) PRESCRIZIONI ( art 20 dpr 448): NB: speciali prescrizioni possono essere imposte dal giudice. 1. Se, in relazione a quanto disposto dall'articolo 19 comma 2, non risulta necessario fare ricorso ad altre misure cautelari, il giudice, sentito l'esercente la potestà dei genitori, può impartire al minorenne specifiche prescrizioni inerenti alle attività di studio o di lavoro ovvero ad altre attività utili per la sua educazione . Si applica l'articolo 19 comma 3. 2. Le prescrizioni previste dal comma 1 perdono efficacia decorsi due mesi dal provvedimento con il quale sono state impartite. Quando ricorrono esigenze probatorie, il giudice può disporre la rinnovazione, per non più di una volta, delle prescrizioni imposte. 3. Nel caso di gravi e ripetute violazioni delle prescrizioni, il giudice può disporre la misura della permanenza in casa. Le prescrizioni (art. 20, D.P.R. 188/1998) consistono in ordini di facere inerenti alle attività di studio, di lavoro o ad altre attività utili per la sua educazione aventi la durata massima di due mesi (decorso il termine decadono ipso iure) e rinnovabili una volta sola con ordinanza motivata. Nell’ipotesi di gravi e ripetute violazioni di tali prescrizioni il giudice può disporre la misura della permanenza in casa; • Sono delle misure sostanzialmente ad efficacia rieducativa ed il loro contenuto della prescrizioni sono stabiliti discrezionalmente dal giudice ( sono infatti le misure cautelari con il contenuto più elastico). • LE PRESCRIZIONI NEGATIVE: SONO AMMESSE? Sì, sono ammesse anche le prescrizioni che postulano un divieto ( es. “ non uscire di casa dopo le ore 20:00 / non andare nelle sale giochi). • Alcuni esempi tipici di prescrizioni sono attività di studio, di lavoro oppure altre attività utili per l’educazione dell’imputato. Per quanto riguarda al misura delle prescrizioni, queste vengono adottate in quanto le atre misure rappresentano l’extrema ratio e vengono applicate solo se l’esercente la potestà genitoriale acconsente. Hanno una durata di due mesi dopodiché perdono efficacia; sono rinnovabili una sola volta per esigenze probatorie ( si pensa anche qui per due mesi). Nel caso in cui ci dovesse essere inosservanza viene a crearsi una nullità a regime intermedio ( es. quando non viene ad essere ascoltato l’esercente). Ex art 24 dpr 448, “Quando l'imputato è scarcerato per decorrenza dei termini, il giudice può imporre le prescrizioni previste dall'articolo 20.” le prescrizioni sono le uniche misure applicabili quando un’altra misura si è estinta. 2) PERMANENZA IN CASA ( art 21 dpr 448): 1. Con il provvedimento che dispone la permanenza in casa il giudice prescrive al minorenne di rimanere presso l'abitazione familiare o altro luogo di privata dimora. Con il medesimo provvedimento il giudice può imporre limiti o divieti alla facoltà del minorenne di comunicare con persone diverse da quelle che con lui coabitano o che lo assistono. 2. Il giudice può, anche con separato provvedimento, consentire al minorenne di allontanarsi dall'abitazione in relazione alle esigenze inerenti alle attività di studio o di lavoro ovvero ad altre attività utili per la sua educazione. 3. I genitori o le persone nella cui abitazione è disposta la permanenza del minorenne vigilano sul suo comportamento. Essi devono consentire gli interventi di sostegno e di controllo dei servizi previsti dall'articolo 6 nonché gli eventuali ulteriori controlli disposti dal giudice. 4. Il minorenne al quale è imposta la permanenza in casa è considerato in stato di custodia cautelare, ai soli fini del computo della durata massima della misura, a decorrere dal momento in cui la misura è eseguita ovvero dal momento dell'arresto, del fermo o dell'accompagnamento. Il periodo di permanenza in casa è computato nella pena da eseguire, a norma dell'articolo 657 del codice di procedura penale (1). 5. Nel caso di gravi e ripetute violazioni degli obblighi a lui imposti o nel caso di allontanamento ingiustificato dalla abitazione, il giudice può disporre la misura del collocamento in comunità. La permanenza in casa (art. 21, D.P.R. 448/1998) consiste nel provvedimento con cui il giudice prescrive al minorenne di rimanere presso l’abitazione familiare o altro luogo di privata dimora e talvolta impone anche limiti o divieti alla facoltà del minore di comunicare con persone diverse da quelle che con lui coabitano o che lo assistono. Il minorenne a cui è imposta la permanenza in casa è considerato in stato di custodia cautelare, ai soli fini del computo della durata massima della misura, a decorrere dal momento in cui la misura è eseguita ovvero dal momento dell’arresto, del fermo o dell’accompagnamento. Il periodo di permanenza in casa è computato nella pena da eseguire, a norma dell’articolo 657 del codice di procedura penale. Nel caso di gravi e ripetute violazioni degli obblighi a lui imposti o nel caso di allontanamento ingiustificato dall’abitazione, il giudice può disporre la misura del collocamento in comunità; • È una misura distinta dagli arresti domiciliari, anche se a livello di contenuto è uguale ( pudore terminologico del legislatore). CONTENUTO DELLA MISURA: • "Non luogo a procedere per irrilevanza del fatto" • Perdono giudiziale a) "Non luogo a procedere per non imputabilità" per i soggetti minori di quattordici anni Non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva compiuto i quattordici anni in quanto, al di sotto di tale età, un soggetto non può essere considerato capace d'intendere e di volere. Pertanto, in ogni stato e grado del procedimento il giudice, quando accerta che l'imputato è minore degli anni quattordici, pronuncia, anche d'ufficio, sentenza di non luogo a procedere trattandosi di persona non imputabile. Quando vi è incertezza sulla minore età dell'imputato è previsto che il giudice possa disporre, anche d'ufficio, una perizia. Quando anche dopo la perizia permangano dubbi sulla minore età, questa è presunta ad ogni effetto. Nei confronti dei soggetti non imputabili che hanno posto in essere fatti previsti dalla legge come delitto e che risultino "pericolosi", tenuto conto della gravità del fatto, il giudice può disporre una misura di sicurezza (articoli 85 e 97 del codice penale; articoli 8 e 26 del D.P.R. 448 del 22 settembre 1988) b) "Non luogo a procedere per non imputabilità" per incapacita' di intendere e di volere (immaturità) E' imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, aveva compiuto i quattordici anni, ma non ancora i diciotto anni, se aveva capacità d'intendere e di volere; ma la pena è diminuita. La "capacità di intendere e di volere" in un minorenne non è mai presunta ma deve essere sempre dimostrata. La valutazione concerne l'accertamento della capacità del minorenne, al momento della commissione del fatto, di rendersi conto del significato antisociale del reato compiuto e di valutarne le conseguenze. (art. 98 codice penale; art.11 del r.d.l. 20 luglio 1934, n.1404 e successive modifiche; art.9 del D.P.R. 448 del 22 settembre 1988) c)"Non luogo a procedere per irrilevanza del fatto" Durante le indagini preliminari il pubblico ministero può chiedere al giudice sentenza di "non luogo a procedere per irrilevanza del fatto" quando esistono tre condizioni: il reato è tenue, il comportamento del minorenne è occasionale, l'ulteriore corso del procedimento pregiudicherebbe le esigenze educative del minorenne. In presenta di tali condizioni, nell'udienza preliminare, nel giudizio direttissimo e nel giudizio immediato, il giudice pronuncia di ufficio sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto. Recentemente la Corte Costituzionale, con sentenza n.149 del 5 - 9 maggio 2003 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art.27, comma 4, del D.P.R. 22 settembre 1988, n.488, nella parte in cui prevede che la sentenza di proscioglimento per irrilevanza del fatto possa essere pronunciata solo nell'udienza preliminare, nel giudizio immediato e nel giudizio direttissimo (art. 27 del D.P.R. 448 del 22 settembre 1988; art. 26 del D.Lvo 272 del 28 luglio 1989). Art. 26. Obbligo della immediata eclaratoria della non imputabilità: 1. In ogni stato e grado del procedimento il giudice, quando accerta che l'imputato è minore degli anni quattordici, pronuncia, anche di ufficio, sentenza di non luogo a procedere trattandosi di persona non imputabile. d)Perdono giudiziale Il giudice, tenuto conto della gravità del reato e della "capacità a delinquere" del minorenne, può astenersi dal pronunciare il rinvio a giudizio o, qualora si proceda al giudizio, può astenersi dal pronunciare condanna, quando si presume che il minorenne si asterrà dal commettere ulteriori reati. Tale istituto giuridico può essere concesso una sola volta in relazione alla quantità di pena detentiva e pecuniaria da irrogare; la prima non deve essere superiore a due anni, la seconda non deve essere superiore a 3 milioni di lire (nei calcoli occorre tener conto della diminuente per la minore età). (artt. 133 e 169 del codice penale; art. 32 del D.P.R. 448 del 22 settembre 1988). L’IRRILEVANZA DEL FATTO (ART 27 DPR 448): Art. 27. Sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto (1) 1. Durante le indagini preliminari, se risulta la tenuità del fatto e l'occasionalità del comportamento, il pubblico ministero chiede al giudice sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto quando l'ulteriore corso del procedimento pregiudica le esigenze educative del minorenne. 2. Sulla richiesta il giudice provvede in camera di consiglio sentiti il minorenne e l'esercente la potestà dei genitori, nonché la persona offesa dal reato. Quando non accoglie la richiesta il giudice dispone con ordinanza la restituzione degli atti al pubblico ministero. È una figura nuova per il nostro ordinamento, prevista dall’articolo 27 del codice di procedura penale minorile, secondo cui “durante le indagini preliminari, se risulta la tenuità del fatto e l’occasionalità del comportamento, il pubblico ministero chiede al giudice sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto quando l’ulteriore corso del procedimento pregiudica le esigenze educative del minorenne” 3. Contro la sentenza possono proporre appello il minorenne e il procuratore generale presso la corte di appello. La corte di appello decide con le forme previste dall'articolo 127 del codice di procedura penale e, se non conferma la sentenza, dispone la restituzione degli atti al pubblico ministero. 4. Nell'udienza preliminare, nel giudizio direttissimo e nel giudizio immediato, il giudice pronuncia di ufficio sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto, se ricorrono le condizioni previste dal comma 1. (2) (1) La Corte costituzionale, con sentenza 22 maggio-6 giugno 1991, n. 250 (G. U. n. 23 del 12 giugno 1991 S. S.), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 27 del presente decreto. Successivamente l’articolo è stato così sostituito dall'art. 1, L. 5 febbraio 1992, n. 123 (G. U. n. 41 del 19 febbraio 1992). L'art. 3 della stessa legge ha, inoltre, così disposto: “Art. 3. 1. Nei procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge la sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto prevista dall'articolo 27 del citato testo approvato con D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, come modificato dall'articolo 1 della presente legge, può essere pronunciata in ogni stato e grado del procedimento.” (2) La Corte costituzionale, con sentenza 5-9 maggio 2003, n. 149 (G. U. n. 19 del 14 maggio 2003 Prima S.S.), ha dichiarato l'illegittimità del presente comma, nella parte in cui prevede che la sentenza di proscioglimento per irrilevanza del fatto possa essere pronunciata solo nell'udienza preliminare, nel giudizio immediato e nel giudizio direttissimo. • Il concetto di irrilevanza del fatto nasce grazie all’elaborazione della categoria dei reati bagatellari, e, quindi, come risposta alla diffusione della criminalità di massa. • È uno dei principali istituti di definizione del processo penale minorile L’art. 27 d.p.R. 448/1988 introduce nell’ordinamento di giustizia minorile l’istituto dell’irrilevanza del fatto. In forza di questa norma il giudice può, o meglio deve, emettere la sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto laddove ricorrano congiuntamente i tre presupposti indicarti dall’art. 27, comma 1. In particolare, il fatto di reato deve poter essere definito, alla luce dei parametri indicati dall’art. 133 c.p., come tenue; inoltre, il comportamento del minore deve poter essere giudicato, alla luce delle relazioni rese dai servizi sociali e delle dichiarazioni del minore e delle altre parti, occasionale, cioè a dire, riassumendo un complesso dibattito dottrinale e giurisprudenziale, che la condotta non risulti il frammento di una vita dedita al crimine e che tale comportamento sia determinato da fattori ambientali, sociali e personali tali da non essere prevedibilmente ripetibili. Oltre a ciò, il giudice dovrà valutare se proseguire l’iter processuale significhi arrecare un pregiudizio alle esigenze educative del minore, e solo in caso di risposta positiva, ossia solo nel caso in cui il processo si qualificherebbe come una risorsa non utile per il minore a fronte di un percorso di crescita e di responsabilizzazione compiuto dal minore, dovrà pronunciarsi ai sensi dell’art. 27 d.p.R. 448/1988. Ai tre presupposti indicati dalla norma, secondo una linea interpretativa manifestata sia in dottrina sia in giurisprudenza, si aggiunge un ulteriore presupposto implicito: la responsabilità del minore. La declaratoria di irrilevanza del fatto può essere pronunciata, in ossequio al dato letterale, durante l’indagine preliminare e ad esito dell’udienza preliminare. La declaratoria di irrilevanza del fatto pronunciata in queste due fasi deve essere, secondo la linea esegetica prevalente, preceduta dal consenso del minore alla definizione anticipata del processo. Un tale esito può anche concludere il giudizio immediato, il giudizio direttissimo e, a seguito dell’intervento della Corte Costituzionale, anche la fase dibattimentale. Si tratta di un istituto che permette di perseguire due differenti finalità: da un lato rende possibile concentrare l’attenzione sulla personalità del minore, realizzando sia il principio di minima offensività sia il principio di adeguatezza, sancito dall’art. 1 d.p.R. 448/1988; dall’altro lato persegue una finalità deflattiva nella misura in cui permette di estromettere dal circuito penale quei fatti di reato che si caratterizzano per una scarsa offensività ed allarme sociale e posso, in estrema sintesi, definirsi come reati bagatellari. ✓ L’istituto è molto simile alla tenuità del fatto per gli adulti, ma vale la pena sottolineare che quest’ultima è stata mutuata dalla dal sistema minorile. “La corte dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 27, comma 4, del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni), nella parte in cui prevede che la sentenza di proscioglimento per irrilevanza del fatto possa essere pronunciata solo nell’udienza preliminare, nel giudizio immediato e nel giudizio direttissimo.” Non c’è per la corte ragione di escludere per la declaratoria per irrilevanza il dibattimento ordinario ( il problema era sorto perché l’art 27 parlava solo di direttissimo e immediato). OGGI QUINDI L’IRRILEVANZA È APPLICABILE A TUTTO L’ITINERARIO ( indagini, udienza, qualsiasi tipo di dibattimento, appello). FASE DELLE INDAGINI PRELIMINARI E IRRILEVANZA DEL FATTO: ▲ COMMA 1 ART 27: “Durante le indagini preliminari, se risulta la tenuità del fatto e l'occasionalità del comportamento, il pubblico ministero chiede al giudice sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto quando l'ulteriore corso del procedimento pregiudica le esigenze educative del minorenne.” L’esito che abbiamo qui è la sentenza quindi c’è l’esercizio dell’azione penale da qualche parte ed è peculiare , in quanto il PM chiede il non luogo a procedere ( cioè una criptocondanna) e non sentenza di condanna non luogo a procedere come FORMA SPECIALE DI ESERCIZIO DELL’AZIONE PENALE. ▲ COMMA 2 ART 27: “Sulla richiesta il giudice provvede in camera di consiglio sentiti il minorenne e l'esercente la potestà dei genitori, nonché la persona offesa dal reato. Quando non accoglie la richiesta il giudice dispone con ordinanza la restituzione degli atti al pubblico ministero.” Dopo l’esercizio dell’azione penale interviene il GIP ( e questa è un’anomalia) che qui decide nel merito. In questo caso infatti il GIP assume un ruolo particolare: l’anomalia che si crea è quindi doppia in quanto è un organo monocratico ma non ha conoscenza extragiudiziale ≠GUP collegiale e decide nel merito. Tali anomalie si giustificano per velocizzare e far uscire il minore dal circuito giudiziale prima possibile ( prima dell’udienza). Prima della decisione del GIP c’è comunque l’esigenza di un contraddittorio ed è per questo che viene fissata un’udienza in camera di consiglio ( con avviso notificato alle parti dal giudice) qui la norma di riferimento per l’udienza in camera di consiglio è l’art 127 cpp. Ex art 127 cpp “ Il pubblico ministero, gli altri destinatari dell'avviso nonché i difensori sono sentiti se compaiono.” alla luce del dettato codicisitco le parti vengono ascoltate se compaiono, non c’è una partecipazione necessaria, il che postula una tutela debole. In questa ottica infatti non essendoci una partecipazione necessaria le parti devono esser messe nelle condizioni di comparire e se compaiono devono essere sentiti, altrimenti c’è una nullità a regime intermedio. IL MINORE: PROBLEMA DI GARANZIE: quando il minorenne viene “ sentito”, questo formalmente non è un interrogatorio, ma all’atto pratico si questo crea problemi sul fronte della tutela in quanto non vengono assicurate al minore le stesse garanzie che invece avrebbe se fosse un interrogatorio ( tanto più che il minore viene ad essere “ sentito” da un magistrato togato). LA PERSONA OFFESA: ( vd. art 90 cpp): qui non è parte ( non c’è nemmeno la costituzione di parte civile). Qui il “sentire la persona offesa” è funzionale alla valutazione del giudice circa la tenuità, in quanto si vuole sapere la percezione della vittima rispetto al danno subito. Può decidere di comparire o meno, se non compare il giudice potrebbe desumere che non ha interesse ad una domanda di giustizia ( parametro per valutare la tenuità). QUINDI, RICAPITOLANDO: A seguito della richiesta del pubblico ministero il giudice fissa apposita udienza, nel corso della quale sente liberamente il ragazzo al fine di valutare la sua personalità, e quindi, se ritiene equa la richiesta, pronuncia sentenza di proscioglimento. Ove, invece, non accolga la richiesta, il giudice restituisce gli atti al pubblico ministero, il quale non ha altra strada che chiedere il rinvio a giudizio del minore. In effetti, con la richiesta di proscioglimento per irrilevanza del fatto, il pubblico ministero ha comunque elevato l’imputazione nei confronti del minore, e quindi ha esercitato l’azione penale ; ne consegue che, stante il principio della irretrattabilità dell’azione penale, l’unico sbocco processuale appare la celebrazione dell’udienza preliminare (o la richiesta di giudizio immediato, sussistendone i presupposti)33. In tale ipotesi, appare ragionevole ritenere, pur in mancanza di espressa previsione, che la richiesta di rinvio a giudizio non debba essere preceduta dagli adempimenti previsti dall’articolo 415bis del codice di procedura penale, surrogati, per così dire, dalla celebrazione dell’udienza ex articolo 27. La pronuncia di irrilevanza può essere comunque adottata, anche d’ufficio, all’esito dell’udienza preliminare, nel giudizio abbreviato, nel giudizio direttissimo, e finanche nel corso del dibattimento34. IL SISTEMA DELLE IMPUGNAZIONE NELL’IRRILEVANZA DEL FATTO EX ART 27: COMMA 3 :“Contro la sentenza possono proporre appello il minorenne e il procuratore generale presso la corte di appello. La corte di appello decide con le forme previste dall'articolo 127 del codice di procedura penale e, se non conferma la sentenza, dispone la restituzione degli atti al pubblico ministero” NB: la corte d’appello decide in camera di consiglio ex art 127 cpp Sospensione del processo e messa alla prova: Il giudice può disporre la sospensione del processo e la messa alla prova quando ritiene di dover valutare la personalità del minorenne all'esito della prova stessa. Il processo è sospeso per un periodo non superiore a 3 anni quando si procede per reati per i quali è prevista la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a 12 anni. Negli altri casi per un periodo non superiore ad 1 anno. Il giudice provvede sulla base di un progetto elaborato dai servizi della giustizia minorile in collaborazione con i servizi dell'ente locale, al quale il minorenne deve dare la propria adesione e che in genere prevede il coinvolgimento della famiglia del minore e del tessuto sociale. Con l'ordinanza di sospensione il giudice affida il minorenne ai servizi minorili dell'amministrazione della giustizia per interventi di osservazione, trattamento e sostegno anche in collaborazione con i servizi degli enti locali. Inoltre, il giudice può impartire prescrizioni dirette a riparare le conseguenze del reato e a promuovere la Imp!!! Al momento della messa alla prova il soggetto non deve necessariamente essere minorenne conciliazione del minorenne con la persona offesa dal reato. Decorso il periodo di sospensione, il giudice, tenuto conto del comportamento del minorenne e dell'evoluzione della sua personalità, se ritiene che la prova abbia dato esito positivo, dichiara estinto il reato. (articoli 28 e 29 del D.P.R. 448 del 22 settembre 1988; art. 27 del D.Lvo 272 del 28 luglio 1989). QUINDI… La sequenza giudiziaria è in standby per il tempo dell’ordinanza del giudice, in questo tempo il soggetto è affidato ai servizi sociali. Alla fine del programma rieducativo i processo si riapre e se c’è stato esito positivo alla messa alla prova il processo si chiude ed il reato è dichiarato estinto. È da sottolineare che l’ordinanza che sospende il processo non sospende l’accertamento della responsabilità del soggetto, ma sospende la pronuncia di essa e le sue conseguenze penali, confermando quanto ha affermato la Corte Costituzionale nella sentenza n. 125 del 1995, secondo la quale la messa alla prova si inserisce in una fase anteriore alla pronuncia sulla re judicanda. Art. 28. Sospensione del processo e messa alla prova: 1. Il giudice, sentite le parti, può disporre con ordinanza la sospensione del processo quando ritiene di dover valutare la personalità del minorenne all'esito della prova disposta a norma del comma 2. Il processo è sospeso per un periodo non superiore a tre anni quando si procede per reati per i quali è prevista la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a dodici anni; negli altri casi, per un periodo non superiore a un anno. Durante tale periodo è sospeso il corso della prescrizione (1). 2. Con l'ordinanza di sospensione il giudice affida il minorenne ai servizi minorili dell'amministrazione della giustizia per lo svolgimento, anche in collaborazione con i servizi locali, delle opportune attività di osservazione, trattamento e sostegno. Con il medesimo provvedimento il giudice può impartire prescrizioni dirette a riparare le conseguenze del reato e a promuovere la conciliazione del minorenne con la persona offesa dal reato. 3. Contro l'ordinanza possono ricorrere per cassazione il pubblico ministero, l'imputato e il suo difensore. 4. La sospensione non può essere disposta se l'imputato chiede il giudizio abbreviato o il giudizio immediato (2). 5. La sospensione è revocata in caso di ripetute e gravi trasgressioni alle prescrizioni imposte. RATIO: responsabilizzazione del minore. È un meccanismo di rieducazione, che evita, inoltre la stigmatizzazione. Oltre al fatto che vi è un rimando al principio di minima offensività ( il minore è risocializzato fuori dal processo penale, nel quale rientra solo per essere giudicato). L’istituto della messa alla prova, disciplinato dagli art. 28-29 del processo penale minorile, rientra in quella serie di strumenti processuali che rispondono all’esigenza di fornire una soluzione al processo minorile prescindendo, ove possibile, dall’irrogazione di una condanna strictu sensu. Alla base dell’istituto vi è la convinzione che in molti casi la pena detentiva sia una soluzione inutile, non portando ad una risocializzazione del reo, e, anzi, dannosa, per i fenomeni di stigmatizzazione e di etichettamento che comporta. PRESUPPOSTI DELLA MESSA ALLA PROVA NEL PROCEDIMENTO MINORILE: I presupposti sono qui formulati in modo così generico che risulta difficile non dubitare delle norme, anche se nessuno fino ad ora ha sollevato la questione per genericità. Analizziamo ora i presupposti… Si preferisce disporre la sospensione nell’udienza preliminare, perché meglio garantisce lo scopo sotteso all’istituto che è quello appunto di far sostare meno tempo possibile il minore nel circuito penale. Diversamente per i reati più gravi, proprio per verificare la maturità necessaria del minore, l’applicazione della prova viene disposta in sede di udienza dibattimentale. IMP!!! È chiaro che durante le indagini preliminari non è possibile adottare il provvedimento perché è necessario che ci sia stato l’esercizio dell’azione penale. Alcune importanti precisazioni: • la messa alla prova non necessariamente è uno strumento deflattivo, tanto che il processo potrebbe trovarsi ad avere anche un durata maggiore ( max 3 anni, dato che questo è il termine massimo per la messa alla prova). • Oltre al fatto che la parentesi della messa alla prova viene a configurarsi come una attività amministrativa, dove intervengono sia i servizi sociali sia il giudice minorile L’ORDINANZA E IL PROVVEDIMENTO SOSPENSIVO: È da sottolineare che l’ordinanza che sospende il processo non sospende l’accertamento della responsabilità del soggetto, ma sospende la pronuncia di essa e le sue conseguenze penali, confermando quanto ha affermato la Corte Costituzionale nella sentenza n. 125 del 1995, secondo la quale la messa alla prova si inserisce in una fase anteriore alla pronuncia sulla re judicanda. CONTENUTO E FORMA: ▲ forma il provvedimento sospensivo ha la forma dell’ordinanza ▲ contenuto misto L’ordinanza fissa il termine per la messa alla prova, sospende il processo, affida il minore ai servizi sociali*, dispone lo svolgimento dell’attività. Ex art 28 * “Con l'ordinanza di sospensione il giudice affida il minorenne ai servizi minorili dell'amministrazione della giustizia per lo svolgimento, anche in collaborazione con i servizi locali, delle opportune attività di osservazione, trattamento e sostegno. Con il medesimo provvedimento il giudice può impartire prescrizioni dirette a riparare le conseguenze del reato e a promuovere la conciliazione del minorenne con la persona offesa dal reato.” Qui per servizi sociali si intende quelli ministeriali come primo punto di riferimento, anche se poi si passa a tener conto dei servizi sociali degli enti locali. ATTIVITA’ DEI SERVIZI SOCIALI: ▲ OSSERVAZIONE viene intesa come supervisione, come coordinamento in funzione del supporto al minore ▲ TRATTAMENTO percorso come valenza di recupero ( ottica di indirizzare il minore verso la via “giusta” ▲ SOSTEGNO Che sarebbero al traduzione delle probation anglosassoni ( La nostra traduzione risulta essere però più formale): ▲ TO ASSISTENT ▲ TO ADVICE ▲ TO E FRIEND Dall’articolo 27 delle disposizioni attuative emerge il ruolo fondamentale che rivestono i servizi sociali. La collaborazione fra i servizi minorili dell’amministrazione della giustizia e i servizi locali permette di unire la specializzazione dei primi nel settore della devianza minorile con la conoscenza dei secondi delle risorse del territorio. I servizi locali, infatti, individuano le risorse disponibili sul territorio, determinando la concreta praticabilità di un progetto. L’attività dei servizi sociali non si esaurisce con l’elaborazione del progetto, ma prosegue con il sostegno al minore durante il periodo della prova, la verifica dell’andamento della prova, oggetto di relazioni al giudice, le informazioni allo stesso in relazione all’evoluzione del caso. RAPPORTO TRA IL CONTENUTO DELL’ORDINANZA E LA DECISIONE DEL GIUDICE: art 28+ art 27 disp. att. ▲ L’articolo 27 delle disposizioni di attuazione del processo minorile stabilisce che la decisione di sospendere il processo per mettere alla prova il minore deve essere presa sulla base di un progetto di intervento elaborato dai servizi minorili dell’amministrazione della giustizia, in collaborazione con i servizi socio-assistenziali degli enti locali. I giudice provvede quindi sulla base del progetto ( questo significa che prima dell’ordinanza si sa già cosa si deve fare). ▲ Art 28, comma 2: “Con il medesimo provvedimento il giudice può impartire prescrizioni dirette a riparare le conseguenze del reato e a promuovere la conciliazione del minorenne con la persona offesa dal reato. “ Il potere del giudice di impartire prescrizioni si configura come potere accessorio. La domanda che ci si pone è però la seguente: il giudice che si vede attribuito tale potere, può esercitare solo questo, oppure può esercitarne anche altri? PRIMA: la giurisprudenza si era orientate nel dire che, se il giudice avesse scritto l’atto del progetto da solo, si sarebbe incorsi in un difetto assoluto di giurisdizione, ex art 606 cpp, perché avrebbe esercitato un potere della PA con un atto della PA. DOPO: inseguito la giurisprudenza si è aperta è si sono avuti tre orientamenti 1) 2)il giudice rinvia l’udienza be suggerisce ai servizi sociali di modificare il progetto 3) il giudice integra il progetto dei servizi sociali, ma non lo riscrive ex novo COSA C’È EFFETTIVAMENTE NEL PROGETTO DEI SERVIZI SOCIALI? Il progetto ha un contenuto a maglie larghe, e deve prevedere: art. 27 disp. att. “… Il progetto di intervento deve prevedere tra l'altro: a) le modalità di coinvolgimento del minorenne, del suo nucleo familiare e del suo ambiente di vita; b) gli impegni specifici che il minorenne assume; c) le modalità di partecipazione al progetto degli operatori della giustizia e dell'ente locale; d) le modalità di attuazione eventualmente dirette a riparare le conseguenze del reato e a promuovere la conciliazione del minorenne con la persona offesa” 1)COINVOLGIMENTO DEL MINORE E DEL NUCLEO FAMILIARE: “Le modalità di coinvolgimento del minore, del suo nucleo familiare e del suo ambiente di vita”. ( art 27) Tale previsione comporta, innanzitutto, che il minore debba prestare il suo pieno consenso al progetto. La consensualità è sicuramente in linea con l’attitudine responsabilizzante dell’intero processo penale minorile, oltre a costituire il presupposto necessario per far sì che la messa alla prova non sia destinata al fallimento. Affinché la prova dia esito positivo, il coinvolgimento del minore deve essere volontario e deve avvenire dopo una adeguata prospettazione delle conseguenze dell’eventuale esito negativo della prova. Ed è per questo che devono essere coinvolti nel progetto anche la famiglia del minore e il suo ambiente di vita, per facilitare il rispetto degli impegni contenuti nel progetto, rendendo anche tali soggetti partecipi delle difficoltà che il minore ha manifestato con la commissione del reato. Questa interazione fra soggetti diversi, legati al minore, mira anche a ricreare quella rete di controllo sociale spontaneo, che si era interrotto o che non aveva mai funzionato. ▲ Nella pratica le modalità di coinvolgimento consistono nelle modalità con cui deve rapportarsi il minore al progetto e agli operatori ( es. quanto spesso devono incontrarsi etc). ▲ Coinvolgimento della famiglia: terapia di gruppo/ genitori che accompagnano il minore etc. NB: alcuni dubitano dell’utilità del coinvolgimento in tutti i casi infatti il giudice è tenuto a valutare l’opportunità o meno del coinvolgimento caso per caso CONTENUTO INTERPRETATIVO E NON PERENTORIO. Esempio: sarà escluso il coinvolgimento della famiglia qualora sia proprio quest’ultima il primo contesto criminogeno ( esempio nei contesti mafiosi). Per quanto riguarda il coinvolgimento dunque è obbligatorio valutare caso per caso se questo sia necessario o meno, ma non è obbligatorio applicarlo. Nel caso in cui il coinvolgimento venga negato è necessario escluderlo motivando. 2)IMPEGNI SPECIFICI DEL MINORE: Il citato articolo 27 stabilisce che il progetto di intervento deve prevedere anche gli impegni specifici che il minore assume. Tali impegni devono essere adatti alla sua personalità, alle sue esigenze, alle sue capacità, nonché al tipo di reato commesso. L’esigenza di adeguatezza del progetto alle capacità del soggetto e dell’ambiente si desume dall’esigenza che la prova si concluda positivamente. 3) CONCILIAZIONE E RIPARAZIONE: Così, ad esempio, è possibile che un ragazzo sottoposto ad una prova della durata di un anno, durante tale periodo abbia sempre lavorato, ma non sia andato agli incontri fissati con gli membri dei servizi sociali, a causa del suo carattere introverso: a quest'inottemperanza del programma non dev'essere data un'eccessivo peso, il tribunale deve giudicare i minori per il loro atteggiamento complessivo e deve adeguarsi alla loro personalità, non deve, invece, cercare di modificare il loro carattere 2) SOGGETTIVO: valuto l’evoluzione della personalità Questo risulta essere un parametro con contorni più sfumati. La valutazione è quella di un’evoluzione rispetto alla capacità di un vivere civile visto nella sua totalità. Quindi dovrà essere apprezzata la maturazione psicologica conseguita dal minore durante la prova. Solo in questo caso, infatti, la prova avrà prodotto dei mutamenti in positivo nel minore e potrà dirsi che essa ha avuto esito positivo. IMPORTANTE!!! In questa ottica inoltre è importante sottolineare che è possibile che sia stato soddisfatto il paramento oggettivo ma non quello soggettivo, questa è sì una situazione marginale, ma non inesistente ( es. il soggetto ha adempiuto tutte le prescrizione ma in modo passivo, nella sola ottica del “dover ubbidire”) in questi casi c’è una REVOCA, ma non vera e propria. Dopo gli accertamenti possiamo trovarci davanti a due possibili esiti: a) ESITO POSITIVO: ( cui consegue quindi l’estinzione del reato) Art. 29. Dichiarazione di estinzione del reato per esito positivo della prova “Decorso il periodo di sospensione, il giudice fissa una nuova udienza nella quale dichiara con sentenza estinto il reato se, tenuto conto del comportamento del minorenne e della evoluzione della sua personalità, ritiene che la prova abbia dato esito positivo.” Verrà pronunciata, in sede di udienza preliminare, una sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell’articolo 425 del codice di procedura penale, o, in sede di dibattimento, una sentenza di non doversi procedere ai sensi dell’articolo 531 di tale codice. La sentenza così pronunciata non è suscettibile di iscrizione nel casellario giudiziale (articolo 3 della legge n. 313 del 14 novembre 2002), a conferma della natura destigmatizzante propria del probation. Abbiamo già osservato la natura di causa di estinzione del reato propria della sentenza emessa a seguito dell’esito positivo della prova. In presenza di un giudizio positivo sulla persona, lo Stato rinuncia alla sua pretesa punitiva, in quanto essa appare sostituita dalla condotta post delictum posta in essere dal soggetto, che ha dimostrato di non possedere qualità penalmente rilevanti. Lo Stato autolimita la sua pretesa di perseguire i reati, sulla base della sostituzione intervenuta fra il fatto reato e la condotta del soggetto. b) ESITO NEGATIVO: Il processo prosegue nelle sue forme ordinarie (articolo 29 che ci dice che in caso di esito negativo il giudice provvede a norma degli artt. 32 e 33). In questo caso se siamo in udienza preliminare ci sarà un rinvio a giudizio; se invece siamo nel dibattimento verrà pronunciata sentenza di condanna. Poiché nel momento in cui il minore è stato sottoposto alla prova si è operato un accertamento sulla sua responsabilità penale e sulla sua capacità di intendere e di volere, comprensiva del riferimento alla sua maturità, che gli ha consentito di prestare il suo consenso alla prova stessa, a seguito dell’esito negativo della prova non potranno essere pronunciate sentenze di proscioglimento, nemmeno per incapacità. Potrà, invece, essere concesso il perdono giudiziale. MA… la normativa in realtà non impedisce al giudice di arrivare a determinati punti ed ogni esito resta possibile, anche se poco probabile. Infatti la messa alla prova ha portato ad una sospensione , durante la quale potrebbero essere emerse nuove conoscenze ( e potrebbero allora esserci irrilevanza del fatto, ad esempio). IL PERDONO GIUDIZIALE: Il giudice, tenuto conto della gravità del reato e della "capacità a delinquere" del minorenne, può astenersi dal pronunciare il rinvio a giudizio o, qualora si proceda al giudizio, può astenersi dal pronunciare condanna, quando si presume che il minorenne si asterrà dal commettere ulteriori reati. Tale istituto giuridico può essere concesso una sola volta(e purchè non siano state già riportate condanne per precedenti delitti) in relazione alla quantità di pena detentiva e pecuniaria da irrogare; la prima non deve essere superiore a due anni, la seconda non deve essere superiore a 3 milioni di lire (nei calcoli occorre tener conto della diminuente per la minore età). (artt. 133 e 169 del codice penale; art. 32 del D.P.R. 448 del 22 settembre 1988). ART 169 CP: “Se, per il reato commesso dal minore degli anni diciotto, la legge stabilisce una pena restrittiva della libertà personale non superiore nel massimo a due anni, ovvero una pena pecuniaria non superiore nel massimo a cinque euro, anche se congiunta a detta pena, il giudice può astenersi dal pronunciare il rinvio a giudizio, quando, avuto riguardo alle circostanze indicate nell'articolo 133, presume che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati (1). Qualora si proceda al giudizio, il giudice può, nella sentenza, per gli stessi motivi, astenersi dal pronunciare condanna. Le disposizioni precedenti non si applicano nei casi preveduti dal numero 1 del primo capoverso dell'articolo 164. Il perdono giudiziale non può essere conceduto più di una volta.” RATIO: L'istituto del perdono giudiziale ha una chiara funzione emendativa, in quanto la rinuncia a condannare il colpevole di un reato, in considerazione della sua giovane età, risponde all'esigenza di consentirgli un più rapido recupero sociale. Note: La norma richiama l'istituto del perdono giudiziale, un provvedimento irrevocabile con cui il giudice può decidere per l'estinzione del reato, solo però se questo è stato commesso da minorenne e al ricorrere dei requisiti previsti. Si ricordi che deve considerarsi minorenne il soggetto che all'epoca in cui ha commesso il fatto non aveva superato il diciottesimo anno d'età, ma aveva comunque già compiuto gli anni quattordici, dal momento che questa è la soglia minima prevista per l'imputabilità. Il perodno giudiziale può poi applicarsi se il minore abbia commesso un reato la cui pena non sia superiore nel massimo a due anni, ovvero non superiore nel massimo a cinque euro. Si tratta di limiti che non vanno determinati con riferimento al massimo della pena stabilita dalla legge per il reato commesso dal minore, bensì con riferimento alla sanzione che in concreto il giudice ritenga si debba applicare. Infine condizione essenziale per l'applicazione del perdono giudiziale è la ragionevole presunzione, da parte del giudice, che la mancata irrogazione della pena contribuisca al recupero del minore, lasciando presupporre, quindi, una sua buona condotta per il futuro. Pertanto, il perdono giudiziale non può essere concesso al minore già condannato in precedenza per un delitto doloso, colposo, tentato o consumato. ▲ È una causa d estinzione del reato, legato ad una prognosi di non recidiva L’istituto in questione si pone come causa estintiva del reato, facendo venir meno la punibilità in astratto del fatto commesso ed accertato, pur comportando, in concreto, un positivo accertamento di responsabilità penale, riportata nel certificato penale (ma fino al ventunesimo anno di età), ed eventualmente ostativa ad una successiva concessione di attenuanti generiche ▲ Si configura come una misura clemenziale e non può concedersi più di una volta ▲ Non sembra avere contenuto rieducativo NB: sembra illogico concedere il perdono giudiziale dopo un esito negativo della messa alla prova, ma ciò viene giustificato con varie ragioni: 1) non è vietato dalla legge 2) l’esito della messa alla prova non è legato alla prognosi di recidiva ( ma ci sono dubbi) 3)è comunque “ peggiore” della messa alla prova in quanto concedibile sono una volta, mentre la messa alla prova è concessa in un numero di volte non definito Nonostante ciò appare diseducativo concedere il perdono dopo l’esito negativo della messa alla prova: è infatti contraddittorio e il minore potrebbe interpretare il perdono come un “ ti è andata male la messa alla prova ma non pagherai comuqnue”. Più che altro il perdono sembra essere, alle volte, la riparazione ex post ad errori di strategia ( es. arriva a posteriori la prova che il minore non è imputabile e che la messa alla prova non ci sarebbe dovuta essere e prosciolgo per difetto di imputabilità). PRESUPPOSTI PER APPLICARE IL PERDONO: 1) il reato sia stato commesso durante la minore età, non essendo previsto nulla di analogo per i maggiorenni. 2) necessario che non debba essere irrogata in concreto una pena superiore a due anni di reclusione o arresto. Il legislatore non ha previsto, dunque, determinate categorie di reati in astratto, facendo riferimento soltanto alla quantità di pena applicabile nel caso concreto. Potrà, pertanto, concedersi il perdono anche in relazione a reati puniti astrattamente con pena edittale ben superiore ai due anni (ad esempio rapina, estorsione, ecc.), purchè la sanzione concreta che il giudice decida di applicare – all’esito anche delle eventuali comparazioni di circostanze del reato, e concessa la diminuente della minore età – sia contenuta nel limite previsto dall’articolo 169 del codice penale. 3) per la concessione del perdono è rappresentato dalla valutazione prognostica favorevole circa la possibilità che l’imputato possa astenersi dal reiterare in futuro condotte di reato. Ed è proprio quest’ultimo l’elemento fondamentale e caratterizzante l’istituto in esame. Lo Stato rinuncia alla sua potestà punitiva solo nel momento in cui si trova davanti un soggetto che è diverso da quello che aveva posto in essere la condotta di reato, un soggetto che nel frattempo ha continuato in maniera regolare il suo percorso educativo e di crescita, lasciandosi alle spalle quello che può essere definito un “incidente di percorso”. Ai fini di GIP la sent di non luogo a procedere, il GIP fissa l’udienza e si va alla mediazione. In realtà la mediazione serve per rendere tenui fatti cha non lo sono ( il fatto non nasce tenue ma ce lo faccio divenatare) in udienza infatti non ci sarebbero risvolti positivi quando il fatto non è tenue. PROCEDIMENTI SPECIALI : PREMESSA: Uno degli aspetti più peculiari e qualificanti del nuovo codice di procedura penale del 1988 era rappresentato dai procedimenti speciali, verso cui avrebbero dovuto confluire, nell’ottica del legislatore, la maggior parte dei procedimenti, così deflazionando il dibattimento, da riservare ai casi più complessi e significativi. Per quanto riguarda il processo minorile, la legge delega non prestò particolare attenzione a questo aspetto, implicitamente risolvendolo secondo i principi generali di sussidiarietà ed adeguatezza. Art. 25. Procedimenti speciali, dpr 448: “1. Nel procedimento davanti al tribunale per i minorenni non si applicano le disposizioni dei titoli II e V del libro VI del codice di procedura penale. 2. Le disposizioni del titolo III del libro VI del codice di procedura penale si applicano solo se è possibile compiere gli accertamenti previsti dall'articolo 9 e assicurare al minorenne l'assistenza prevista dall'articolo 12. 2-bis. Salvo quanto previsto dal comma 2, il pubblico ministero può procedere al giudizio direttissimo anche nei confronti del minorenne accompagnato a norma dell'articolo 18-bis (1). 2-ter. Il pubblico ministero non può procedere al giudizio direttissimo o richiedere il giudizio immediato nei casi in cui ciò pregiudichi gravemente le esigenze educative del minore (2).” I RITI ESCLUSI: PATTEGGIAMENTO E DECRETO PENALE L’esclusione del patteggiamento e del procedimento per decreto trova la sua ragione principale sulla base di una valutazione di incompatibilità con i principi e le finalità del processo minorile. 1) PATTEGGIAMENTO : il patteggiamento richiede, anzi presuppone, una capacità di valutazione e decisione che richiedono piena maturità e consapevolezza di scelta, che nel minore sono normalmente assenti o comunque non pienamente strutturate; d’altro canto, è stato fatto notare che potrebbe apparire diseducativo per il minore la contrattazione e la transazione sulla pena. Oltre al fatto che è un procedimento burocratico in cui non c’è spazio per gli accertamenti sulla personalità. LA CORTE COSTIUZIONALE: Per semplificare e schematizzare, si può pertanto affermare che nel rito minorile vi sono: ▲ riti speciali la cui applicazione non è ammessa (il patteggiamento ed il decreto penale) ▲ riti ammessi soltanto a determinate condizioni (il giudizio direttissimo) ▲ riti ammessi incondizionatamente (il giudizio abbreviato ed il giudizio immediato) La scelta legislativa è stata confortata dalla Corte Costituzionale, secondo cui l'esclusione del "patteggiamento" nel processo minorile non è irragionevole - dato che il recepimento dell'accordo preclude una pronuncia di tipo assolutorio – alla luce del carattere e della specificità del processo penale minorile, nel quale il giudice è dotato di amplissimi poteri caratterizzati dall'esigenza primaria del recupero del minore, un soggetto dalla personalità ancora in formazione, per cui sono previste misure che, in vista di tale esigenza, possono portare a far concludere il processo in modi e con contenuti diversi da quelli propri del processo penale ordinario. Queste misure (perdono giudiziale; sospensione del processo e messa alla prova; sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto; più ampio ambito di applicazione delle sanzioni sostitutive) sarebbero invece precluse, nell'attuale configurazione, dal "patteggiamento", istituto quest'ultimo che, pertanto, rispetto al minore, potrebbe condurre a risultati incoerenti rispetto all'accennata finalità e dunque lesivi dei principi fondamentali cui si ispira la giustizia minorile. Con altra sentenza, la 272/00, la Corte è tornata sull’argomento per precisare che la scelta del legislatore di escludere espressamente l'operatività nel processo penale minorile dell'istituto del patteggiamento anche nei confronti degli imputati che siano divenuti maggiorenni nel corso del giudizio, non è censurabile per ingiustificato e deteriore trattamento riservato all'imputato minorenne rispetto all'imputato maggiorenne al momento del fatto; essa trova, infatti, la sua ragione giustificatrice, non tanto nella mancanza di maturità e di capacità di valutazione del minore in ordine alla scelta del rito, quanto nel ponderato bilanciamento operato dal legislatore, tra le esigenze di economia processuale connesse al c.d. patteggiamento e la peculiarità del modello di giustizia minorile adottato nell'ordinamento italiano, indirizzato al recupero del minore e alla tutela della sua personalità e, dunque, caratterizzato da obiettivi pedagogico- rieducativi piuttosto che retributivo-punitivi. Per inciso, la Corte ha però osservato che ciò non ostacola la possibilità che il legislatore, nella sua discrezionalità, preveda, tra gli epiloghi anticipati del procedimento nei confronti dei minorenni, forme di accordo sulla misura della pena, compatibilmente con i principi e le finalità dell'attuale sistema della giustizia penale minorile. 2) PROCEDIMENTO PER DECRETO: Ciò si giustifica sulla base di una duplice spiegazione: da un lato tale procedimento non consentirebbe alcuna possibilità di valutazione della personalità dell’imputato, dall’altro avrebbe scarsa se non alcuna incidenza educativa, atteso che il minore non gode di alcuna forma di autonomia (e conseguentemente, di responsabilità) patrimoniale. NB: sono stati inoltre estromessi dal processo minorile in quanto non si sapeva come si sarebbero potuti coordinare con altri istituti tipici del minorile ( come ad esempio l’irrilevanza del fatto, la messa alla prova etc.) I RITI AMMESSI A DETERMINATE CONDIZIONI: 1) GIUDIZIO DIRETTISSIMO: Per disporlo è necessario lo stato di arresto in flagranza( e accompagnamelo) ovvero la confessione, con instaurazione del rito entro termini ristrettissimi: entro 48 ore dall’arresto, se lo stesso non è stato ancora convalidato; entro 30 giorni dall’arresto (il termine originario era di 15 giorni, poi modificato dal d.l. 92/08), se esso è stato già convalidato; entro i 30 giorni (originariamente 15) dall’iscrizione del registro degli indagati, in caso di confessione . ACCERTAMENTI EX ART 9 Si è già visto dalla lettura dell’art. 25 del DPR 448/88 che l’instaurazione del giudizio direttissimo nel processo minorile è subordinato alla possibilità di compiere gli accertamenti sulla personalità e di assicurare la necessaria assistenza psicologica ed affettiva all’imputato. Gli accertamenti sulla personalità come anticipato sopra, necessitano di un tempo ragionevole per essere portati a compimento, dovendosi effettuare colloqui, anche psicologici, con il minore, i familiari, eventualmente gli operatori scolastici, per cui prima di qualche settimana (se non qualche mese) non si riesce ad avere un minimo di informazioni che possa orientare il giudice nella scelta delle decisioni che intende adottare. In pratica la troppa accelerazione della macchina processuale potrebbe compromettere l’applicabilità degli artt. 9 e 12. Nella prassi, non emerge un utilizzo del giudizio direttissimo per i minorenni: a Milano non se ne vedono da tantissimi anni, ma la stessa situazione si registra anche nelle altre sedi, tranne Napoli e Roma. La spiegazione, infatti, sta proprio nel tempo ristrettissimo entro cui instaurare il giudizio, e che non consente quasi mai di avere notizie sufficienti sulla personalità e comunque di avviare un qualsivoglia programma educativo. Da ciò deriva che è possibile procedere al giudizio direttissimo solo laddove l’imputato sia già conosciuto dai servizi (magari in ragione della pregressa commissione di reati), per cui in tal caso si dispone già di notizie utili, che andranno eventualmente soltanto aggiornate con veloci colloqui. In realtà, in determinati casi (minore già noto per precedenti arresti o denunce) il procedimento per direttissima potrebbe apparire anche compatibile con le esigenze educative e di responsabilizzazione del minore, in quanto fornirebbe una risposta pronta e chiara alla commissione del reato, ponendo l’imputato immediatamente a contatto con il giudice, le istituzioni, la persona offesa, e magari favorendone anche la rapida fuoriuscita dal circuito penale. ▲ Il direttissimo può attivarsi anche dopo 18 bis, l’accompagnamento a seguito di flagranza ▲ Il problema di fondo del direttissimo è la tempistica troppo rapida : infatti ci sono solo 15 giorni e potrebbe creare problemi per l’attivazione di istituti come l’irrilevanza perché potrebbero non esserci i tempi tecnici ▲ Inoltre dopo le modifiche del 2008 immediato e direttissimo apportano grave pregiudizio alle indagini CONDIZIONI DI AMMISSIONI PER IL DIRETTISSMO: arresto( come per adulti) / accompagnamento( legato al minorile)/ confessione( come per adulti) la flagranza è in punto centrale della struttura in pratica applico il direttimo nel momento in cui: ▲ Posso applicare artt. 9 e 12 ▲ Non creo grave pregiudizio alle indagini 2) GIUDIZIO IMMEDIATO: Viene applicato in luogo degli stessi presupposti che ci sono per gli adulti e solo se non reca grave pregiudizio. I RITI AMMESSI INCONDIZIONATAMENTE: Sono il GIUDIZIO ABBREVIATO ed il GIUDIZIO IMMEDIATO. SIA NELL’IMMEDIATO CHE NEL DIRETTISSIMO LA RATIO È QUELLA DI NON ANDARE A CREARE UN DEFICIT DI GARANZIA PER I MINORI PER FAVORIRE ESIGENZE DI CELERITÀ . L’UDIENZA PRELIMINARE: Art. 31. Svolgimento dell'udienza preliminare 1. Fermo quanto previsto dagli articoli 420-bis e 420-ter del codice di procedura penale, il giudice può disporre l'accompagnamento coattivo dell'imputato non comparso (1). 2. Il giudice, sentite le parti, può disporre l'allontanamento del minorenne, nel suo esclusivo interesse, durante l'assunzione di dichiarazioni e la discussione in ordine a fatti e circostanze inerenti alla sua personalità. 3. Dell'udienza è dato avviso alla persona offesa, ai servizi minorili che hanno svolto attività per il minorenne e all'esercente la potestà dei genitori. 4. Se l'esercente la potestà non compare senza un legittimo impedimento, il giudice può condannarlo al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da euro 25 a euro 516. In qualunque momento il giudice può disporre l'allontanamento dell'esercente la potestà dei genitori quando ricorrono le esigenze indicate nell'articolo 12 comma 3. 5. La persona offesa partecipa all'udienza preliminare ai fini di quanto previsto dall'articolo 90 del codice di procedura penale. Il minorenne, quando è presente, è sentito dal giudice. Le altre persone citate o convocate sono sentite se risulta necessario ai fini indicati nell'articolo 9 (2). CARATTERISTICHE: L’udienza preliminare a carico del minorenne è stata pensata come la sede naturale di definizione del processo, con il duplice obiettivo di massima deflazione processuale, da un lato, e di rapida conclusione, e dunque fuoriuscita del minore dal circuito penale, dall’altro. L’udienza preliminare nel minorile ha della caratteristiche del tutto particolari: ▲ È un’udienza che costituisce una sorta di rito speciale a sé ed è il baricentro del sistema ▲ Nel minorile c’è stata un conversione dell’udienza da filtro per le accuse azzardate a meccanismo funzionale alla trattazione del merito ▲ Attiva gli istituti di diversion senza dover arrivare al dibattimento ▲ Si volge in camera di consiglio ▲ GUP collegiale STRUTTURA DELL’UDIENZA EX ART 31: Lo schema procedimentale è essenzialmente quello previsto dal codice di procedura penale, con delle opportune significative aggiunte. GLI AVVISI: Innanzitutto, l’avviso della fissazione dell’udienza è dato, oltre che all’imputato ed al difensore , alla persona offesa, all’esercente la potestà genitoriale nonché ai servizi minorili che hanno svolto attività per il minorenne. ▲ SERVIZI MINORILI: Per quanto riguarda i servizi minorili, essi dovranno fornire al giudice gli elementi di cui all’articolo 9; la loro presenza, infatti, come pure quella dei genitori, consentirà al giudice, sin da questa fase, una conoscenza diretta del giovane imputato ed una compiuta valutazione della sua personalità, dei suoi problemi, delle sue risorse. Nel caso non vi sia stato ancora alcuna attività da parte dei servizi, essi andranno comunque avvisati e debbono intervenire, effettuando, anzi iniziando l’osservazione del minore proprio in vista, evidentemente, dell’udienza preliminare. Nel caso in cui venisse omesso di dare avviso ai sevizi minorile si avrebbe NULLITA’ RELATIVA. ▲ ESERCENTE POTESTA’ GENITORIALE: La presenza dell’esercente la potestà è prevista nell’ottica di una più completa difesa del minorenne. Da notare che la norma usa il termine di “esercente la potestà” e non genitore, come previsto, ad esempio, nell’articolo 12, comma 1, a proposito dell’assistenza psicologica ed affettiva assicurata al minore in ogni fase del processo. Se ne può dedurre che l’avviso in questione (analogamente a quanto previsto nell’articolo 7) spetti soltanto a colui che esercita “effettivamente” la potestà genitoriale, secondo le norme civilistiche in materia. In giurisprudenza si ritiene, altresì, sufficiente, nel caso di potestà esercitata da entrambi i genitori, dare l’avviso ad almeno uno dei due. Ove l’imputato sia nel frattempo divenuto maggiorenne, non è più richiesta la presenza del genitore, non spettandogli più, pertanto, il relativo avviso. Se venisse omesso l’avviso all’esercente la potestà genitoriale si ha NULLITA’ A REGIME INTERMEDIO. ▲ PERSONA OFFESA: La persona offesa non ha molti poteri da esercitare, se non quelli di cui all’articolo 90 del codice di procedura penale (nel processo minorile non è prevista la costituzione di parte civile). La sua presenza può risultare utile, in qualche caso, per finalità conciliative e riparatorie (cfr. articolo 28 comma 2). PROVVEDIMENTI DELL’UDIENZA PRELIMINARE: Il ventaglio decisorio che troviamo in udienza è molto ampio, in ragione della centralità di tale fase nel minorile: • Sentenza di non luogo a procedere • Decreto che dispone il giudizio • Perdono giudiziale • Irrilevanza del fatto • Messa alla prova • Difetto di imputabilità • Sentenza di condanna a pena pecuniaria o sanzione sostitutiva In questa ottica il GUP ha molte possibilità di chiudere tutto prima del dibattimento. PROBLEMA TECNICO: da quando è stato modificato art 11 cost sono sorti problemi, in quanto in udienza preliminare possono essere emesse sentenze di condanna o di criptocondanna ( tecnicamente sono di proscioglimento ma sono ipotesi in cui il fatto sussiste e l’imputato lo ha commesso, solo si rinuncia a condannare). Provvedimenti udienza preliminare: ART. 32. PROVVEDIMENTI 1. Nell'udienza preliminare, prima dell'inizio della discussione, il giudice chiede all'imputato se consente alla definizione del processo in quella stessa fase, salvo che il consenso sia stato validamente prestato in precedenza. Se il consenso è prestato, il giudice, al termine della discussione, pronuncia sentenza di non luogo a procedere nei casi previsti dall'articolo 425 del codice di procedura penale o per concessione del perdono giudiziale o per irrilevanza del fatto (1). 2. Il giudice, se vi è richiesta del pubblico ministero, pronuncia sentenza di condanna quando ritiene applicabile una pena pecuniaria o una sanzione sostitutiva. In tale caso la pena può essere diminuita fino alla metà rispetto al minimo edittale. 3. Contro la sentenza prevista dal comma 2 l'imputato e il difensore munito di procura speciale possono proporre opposizione, con atto depositato nella cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza, entro cinque giorni dalla pronuncia o, quando l'imputato non è comparso, dalla notificazione dell'estratto. La sentenza è irrevocabile quando è inutilmente decorso il termine per proporre opposizione o quello per impugnare l'ordinanza che la dichiara inammissibile. (2) Alternative classichetipiche del minorile • La sentenza si revoca e il tribunale dei minorenni decide con il contraddittorio ex novo ( non vale la reformatio in peius e nel caso di processo cumulativo se c’è proscioglimento ne giovano tutti e si estende). L’opposizione vale come meccanismo solo per la sentenza di condanna che sostituisce il decreto PERO’ la sent. n 77/1993 corte cost afferma che: il meccanismo dell’opposizione è applicabile anche per le sentenza di non luogo a procedere di criptocondanna (nb: nel 1991 non c’era ancora il CONSENSO PREVENTIVO). QUINDI ATTUALEMENTE CI SONO SIAIL CONENSO CHE L’OPPOSIZIONE SIA PER IL NON LUOGO A PROCEDERE DI CRIPTO CONDANNA CHE PER LA SENTENZA DI CONDANNA. Il problema che si viene a creare è quello di un eccesso di garanzie: posso infatti prima dare il consenso e poi chiedere l’opposizione. Da qui sono sorti vari orientamenti: 1) sentenza n 77 ha perso efficacia dopo la modifica normativa del 2001 2) è incostituzionale ex art 3 e per la ragionevole durata del processo 3)dottrina e giur sostengono che possono coesistere perché complementari in quanto manifestazioni che hanno oggetti diversi: - il consenso ha come oggetto quello di voler chiudere l’udienza - l’opposizione serve all’imputato per dolersi di quello specifico esito ( è il diritto al contraddittorio che non ha garanzie perché c’è reformatio in peius) In tutti ciò sorge anche il problema che la REVOCA è applicabile. • Se la sentenza di non luogo a procedere è di condanna è revocabile ex art 434 cpp • Se la sentenza di non luogo è di cripto condanna è opponibile e non è revocabile nella parte in cui attiene alla colpevolezza; quindi la revoca c’è se metto in discussione un elemento specifico ( es. irrilevanza non c’è perché il danno non è più di 10 euro ma 20.000) Inoltre nell’art 32 non è prevista la sentenza di non luogo per difetto di imputabilità, ma si desume che possa esseerci perché: • Art 26 proscioglimento to per infra quattordicenne in ogni stato e grado del processo presuppone anche udienza preliminare. • Art 37 RICAPITOLANDO: Esauriti gli adempimenti istruttori, e prima di iniziare la discussione, il giudice chiede all’imputato, secondo quanto previsto dall’articolo 32 comma 1, se consente alla definizione del processo in questa fase, con un giudizio allo stato degli atti. In caso positivo, il giudice può pronunciare sentenza di non luogo a procedere nei casi previsti dall’articolo 425 del codice di procedura penale, o per concessione del perdono giudiziale, o per irrilevanza del fatto. Pervero, la formulazione originaria dell’articolo 32 prevedeva, al primo comma, che ove il giudice ritenesse di poter decidere allo stato degli atti, pronunciava sentenza di non luogo a procedere nei casi previsti dall’articolo 425 del codice di procedura penale, o per concessione del perdono giudiziale, o per irrilevanza del fatto. Al secondo comma veniva, invece, prevista la possibilità di una sentenza di condanna, alla duplice condizione della richiesta in tal senso del pubblico ministero e della possibilità di applicazione di una pena pecuniaria ovvero di una sanzione sostitutiva. Dette previsioni consentivano, effettivamente, di poter chiudere in udienza preliminare la stragrande maggioranza dei processi a carico di imputati minorenni, riservando la sede dibattimentale soltanto per i casi più rilevanti e complessi. Il primo comma dell’articolo 32 è stato poi riscritto dall’articolo 22 della legge 63/01 (legge sul c.d. “giusto processo”). Nessuna modifica è stata invece apportata al secondo comma dell’articolo 32. La novella legislativa ha dato luogo a non pochi problemi. Dal tenore letterale della norma sembra evincersi che, in mancanza del consenso dell’imputato, il giudice non potrebbe mai pronunciare sentenza di proscioglimento, dovendo unicamente disporre il rinvio a giudizio, il cha appare assurdo sul piano logico, prima che giuridico. Inoltre, la necessità del consenso non parrebbe incidere sul contenuto del secondo comma, per cui ben sarebbe possibile condannare l’imputato, ma non proscioglierlo. Un primo intervento della Corte Costituzionale (n. 195/02)sulla disposizione novellata ha fatto sì che si possa comunque pronunciare, anche in assenza di consenso alla definizione in udienza preliminare, sentenza di proscioglimento che non presupponga un accertamento di responsabilità: quindi le ipotesi di proscioglimento “pieno”, per insussistenza del fatto ovvero estraneità dell’imputato, mentre resterebbero escluse le ipotesi di concessione del perdono giudiziale, la pronuncia di irrilevanza del fatto o di difetto di imputabilità. Il giudice di legittimità, in questo caso, ha attuato un intervento minimo e “scontato”: non è concepibile che il giudice dell’udienza preliminare abbia bisogno del consenso dell’imputato per pronunciare il proscioglimento con le formule previste dall’articolo 425 del codice di rito, e comunque non sarebbe giustificabile nel processo minorile tale inspiegabile differenziazione rispetto al processo ordinario. Un successivo intervento interpretativo del giudice costituzionale ha invece chiarito che il tenore testuale del primo periodo del comma 1 dell’articolo 32 del D.P.R. n. 448 del 1988, unitamente alla ratio della norma, indubbiamente finalizzata a riconoscere al minorenne la facoltà di non prestare il consenso alla pronuncia in udienza preliminare di sentenze che comunque presuppongono un accertamento di responsabilità (cfr. sentenza n. 195 del 2002), permette di ritenere che il consenso vada riferito in via generale alla possibilità di definire il processo nell’udienza preliminare e non ad uno specifico esito dell’udienza stessa (C.Cost. 208/03). ESPRESSIONE DEL CONSENSO ALLA DEFINIZIONE. Quanto alla espressione del consenso alla definizione in udienza preliminare, la giurisprudenza di legittimità, interpretando il nuovo testo dell’articolo 32, ha ritenuto che esso vada prestato dall’imputato personalmente, in quanto egli soltanto può decidere di rinunziare al dibattimento ed alle facoltà difensive ivi esercitabili: nel caso, pertanto, di contumacia dell’imputato, il giudice potrebbe solo adottare decisioni interamente liberatorie, con preclusione di tutte le altre formule di proscioglimento o di pronunce di condanna. A tale interpretazione si contrappone l’impostazione fatta propria da alcuni giudici di merito, secondo cui la facoltà di esprimere il consenso alla definizione del procedimento all’udienza preliminare, spetta oltre che all’imputato anche al difensore privo di procura speciale, in forza della norma generale di cui all’articolo 99 del codice di procedura penale. Infatti, nei casi in cui il legislatore ha previsto la riserva esclusiva in favore dell’imputato delle facoltà a lui spettanti, ha utilizzato l’avverbio “personalmente” indicando espressamente come equivalente alla dichiarazione dell’imputato la presentazione di procura speciale al difensore. Nell’ipotesi prevista dall’art. 22 legge n. 63/01 il legislatore ha invece fatto riferimento soltanto ad una dichiarazione validamente prestata e, dunque, non necessariamente personale o espressa da soggetto munito di procura speciale (cfr. Trib. Min. Milano, 13.4.01, in Foro ambrosiano, 2001, 224. Tale interpretazione viene, unanimemente, seguita presso il Tribunale per i minorenni di Milano, con l’adesione del foro locale) . Quest’ultima impostazione, sicuramente più razionale, è avvalorata anche dalla lettura dell’articolo 12 del disegno di legge recante Modifiche alla composizione ed alle competenze del tribunale per i minorenni, approvato dal Consiglio dei Ministri in data 1.3.2001, e poi “naufragato” in sede parlamentare, che prevedeva un’ulteriore modifica dell’articolo 32 del DPR 448/88, nel senso di consentire al giudice di applicare una pena pecuniaria o una sanzione sostitutiva solo in presenza di espresso consenso dell’imputato o del difensore munito di procura speciale: ciò rappresenta la conferma, quindi, che allo stato attuale il consenso ben può essere prestato, indifferentemente, dall’imputato ovvero dal difensore non munito di procura speciale. SENTENZA DI CONDANNA IN UDIENZA PRELIMINARE. Con riguardo invece alla possibilità di emettere all’udienza preliminare una sentenza di condanna, l’articolo 32, comma 2, del DPR 448/88 esige, come visto, una richiesta in tal senso da parte del pubblico ministero. Il tenore letterale della norma induce a ritenere tale richiesta di condanna come “vero e proprio presupposto di ammissibilità del giudizio di colpevolezza”, elemento indispensabile in assenza del quale non potrebbe il giudice emettere una condanna “d’ufficio” . Detta interpretazione, per quanto corretta sul piano formale, genera qualche dubbio sul piano logico e sistematico, “legando” ingiustificatamente le mani al giudice al momento della decisione, o meglio vincolandolo alla richiesta di proscioglimento del pubblico ministero: l’unica alternativa possibile, in caso di ritenuta colpevolezza dell’imputato, sarebbe l’emissione del decreto di rinvio a giudizio. Ma in tal modo verrebbe ulteriormente tradito lo spirito e la ratio dell’udienza preliminare nel processo minorile. Ulteriore presupposto, infine, per una pronuncia di condanna all’udienza preliminare è la possibilità di irrogare o una pena pecuniaria ovvero una sanzione sostitutiva; pertanto, solo nel caso il giudice si determini ad applicare una pena detentiva non superiore a due anni, e quindi sostituibile con quella della semidetenzione (per eguale periodo), o della libertà controllata (per un periodo doppio rispetto a quello della detenzione), potrà definire il processo con decisione nel merito; in caso contrario, si imporrà il rinvio al dibattimento. La possibilità di avere una condanna con pena sostituita rende molte volte la definizione in udienza preliminare più favorevole rispetto anche al giudizio abbreviato, nel quale l’imputato potrà usufruire dell’ulteriore sconto di un terzo di pena, ma non del più favorevole effetto della sostituzione.
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