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Regole dell'esecuzione forzata: titoli esecutivi, opposizioni e sospensioni, Appunti di Diritto Processuale Civile

Le regole dell'esecuzione forzata in materia di titoli esecutivi, opposizioni e sospensioni. Viene discusso il ruolo del giudice dell'esecuzione, il processo di vendita e la possibilità di opposizione. Inoltre, vengono presentate le differenze tra l'opposizione disposta dalla legge e quella su istanza di parte, e la sospensione automatica dell'esecuzione forzata. Il documento si concentra principalmente sul diritto civile italiano.

Tipologia: Appunti

2012/2013

Caricato il 08/03/2013

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Scarica Regole dell'esecuzione forzata: titoli esecutivi, opposizioni e sospensioni e più Appunti in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity!   1   PROCESSO DI ESECUZIONE il debitore risponde delle obbligazioni assunte con tutti i suoi beni presenti e futuri e, se non adempie, il creditore può procedere ad esecuzione forzata sui suoi beni. A fronte del primo momento che dà luogo al processo di cognizione, vi è il secondo momento che integra il processo di esecuzione (o processo esecutivo o esecuzione forzata) anch’esso a carattere giurisdizionale, che serve ad attuare coattivamente la pretesa del soggetto che ha ragione, consiste nel tradurre in atto la sentenza del giudice che non è stata adempiuta, applicazione pratica della sanzione (no giudizio): - nei provvedimenti di accertamento (volti ad accertare l'esistenza o l'inesistenza di una certa situazione giuridica) e nei provvedimenti costitutivi (volti a costituire, modificare o estinguere un rapporto giuridico), il processo di cognizione è perfettamente autosufficiente a realizzare la tutela dell'istante. - nel caso dei provvedimenti condanna, funzione giurisdizionale si risolve essenzialmente in un comando contenuto nella sentenza, indipendentemente da quello che ne possa essere l'oggetto e cioè un obbligo di pagare, dare o fare, è necessario che l'ordinamento appresti i mezzi per la rea- lizzazione coattiva del diritto di costui. Tale tutela si esercita, attraverso l'uso della forza da parte dello Stato, rispettando tutta una serie di garanzie previste dalla legge, nel cui ambito quel potere di imperio deve esercitarsi. Attività che segue la pronunzia del giudice, non consiste in un'attività cognitiva, ma in un'attività materiale che rappresenta l'esecuzione coattiva del comando, tende all’attuazione coattiva di un diritto già accertato, anche contro la volontà del debitore. Due forme di processo esecutivo: • espropriazione forzata: per ottenere l'attuazione coattiva delle sentenze di condanna al paga- mento di una somma di denaro. Non realizza l'obbligazione primaria, ma dà luogo ad un'attività sostitutiva (si assoggettano i beni, si vendono e si consegna all'avente diritto la somma ricavata) che finisce per essere (o almeno dovrebbe finire per essere) equivalente all'obbligazione primaria (esecuzione in forma generica o per equivalente): • esecuzione forzata in forma specifica: per la realizzazione coattiva degli obblighi di consegnare una cosa determinata, mobile o immobile (esecuzione per consegna o rilascio: a seconda se la cosa è mobile o immobile) o di un obbligo di fare o di non fare (esecuzione di obblighi di fare e di non fare). Realizza l’obbligazione primaria (consegna di quella data cosa, mobile o immobile; realizzazione o distruzione di quella determinata opera) al contrario dell'espropriazione che produce una soddisfazione solo per equivalente. CARATTERI FONDAMENTALI DEL PROCESSO DI ESECUZIONE - anche il processo esecutivo è subordinato all'istanza di parte (divieto della giurisdizione d'ufficio). L'esecuzione forzata deve essere preceduta dalla notifica del titolo esecutivo e del precetto, attività che è posta in essere solo a richiesta dell'esecutante, ponendo come essenziale l'impulso di parte perché gli organi esecutivi possano muoversi; - anche nel processo esecutivo, l'iniziativa giudiziaria dà luogo ad una vera e propria azione cioè ad un diritto soggettivo che non solo è distinto da quello sottostante, ma anche da quello nel quale consisteva l'azione cognitiva. Il processo esecutivo è mosso da un'iniziativa distinta rispetto a quella che ha dato origine al processo di cognizione, cioè è dimostrato: a) dall’esistenza della categoria dei c.d. titoli esecutivi stragiudiziali, scritture private autenticate, titoli di credito (art. 474, n. 2) e atti pubblici (art. 474, n. 3), atti di diritto privato, creati fuori dal processo, ai quali l'ordinamento riconosce, per lo più in questione di un loro rigore formale, l'idoneità a consentire il ricorso al processo esecutivo, senza passare attraverso il processo di cognizione; b) anche per i titoli esecutivi giudiziali (art. 474, n. 1) l'azione esecutiva è del tutto distinta dall'azione di cognizione. L’actio iudicati è il diritto nascente da una sentenza di condanna   2   passata in giudicato, ossia il diritto di adire gli organi esecutivi e cioè l'azione esecutiva. L’actio iudicati, cioè l'azione che nasce dal giudicato e che serve ad attuarlo coattivamente, è del tutto autonoma rispetto a quella predisposta per l'accertamento del diritto. L’actio iudicati che origina dalla sentenza di condanna ha la proprietà di trasformare la prescrizione del diritto sostanziale, lunga o breve che sia, in un'unica prescrizione lunga decennale. - vale la distinzione fra azione in senso concreto e azione in senso astratto. Se per sollecitare l'attività dell'ufficio esecutivo è sufficiente essere in possesso del documento di legittimazione, cioè del titolo esecutivo documentale, per condurre fruttuosamente l'esecuzione fino in fondo è necessario che essa sottenda uno dei titoli sostanziali previsti dall'art. 474. - anche l'esecuzione forzata, costituisce essa stessa un processo, differente per struttura e funzione da quello di cognizione, ma come questo avente pieno carattere giurisdizionale, anche per essa debbono valere i principi del giusto processo previsti dall’art. 111 Cost. e il rispetto del principio del contraddittorio. Particolarità che distinguono in modo specifico l'azione di cognizione dall'azione esecutiva: - mentre l'azione di cognizione spetta a chiunque voglia iniziare un processo, la corrispondente azione esecutiva presuppone che l'avente diritto sia in possesso di un titolo esecutivo: cioè del documento che attesta l'esistenza di una delle situazioni sostanziali previste dall'art. 474, che sono ritenute dalla legge idonee ad assicurare una sufficiente certezza al diritto, tale da legittimare l'intervento degli organi esecutivi (azione esecutiva si dice titolata). Al processo esecutivo si può ricorrere solo se il diritto dell'agente risulta da un atto che ne attesti l'esistenza. L'efficacia di quest'ultimo potrà essere fatta cadere a posteriori attraverso procedimenti espressamente previsti, ma mai a priori impedendo all'ufficiale giudiziario di agire in executivis, poiché finché l'efficacia del titolo non è fatta venire meno attraverso un procedimento ad hoc, la sua efficacia non può essere impedita da nessun tipo di prova contraria che possa essere presentata all'ufficiale giudiziario. - la notifica del titolo esecutivo e del precetto sono atti esecutivi solo in senso lato, in quanto componenti necessari del processo di esecuzione, ma che non ne segnano ancora l'inizio. L'inizio ha luogo, per l'espropriazione forzata con l'atto di pignoramento e per l'esecuzione in forma specifica con altre particolari attività previste dalla legge. - verifica dei presupposti processuali: a) competenza: l'esecuzione civile è concentrata esclusivamente nel tribunale, si possono verificare questioni di competenza solo con riferimento a quella territoriale. Mentre nel processo di cognizione l'iniziativa processuale è diretta al giudice, nel processo esecutivo essa si esprime in un'attività rivolta ad un organo diverso, cioè all'ufficiale giudiziario, organo deputato ad effettuare il pignoramento (cioè il primo atto esecutivo) nell'espropriazione forzata, nonché ad attuare materialmente l'esecuzione in forma specifica. b) legittimazione processuale: nel processo esecutivo non è di regola richiesta la presenza del difensore, che è connessa solo «allo stare in giudizio», attività propria del solo processo di cognizione. Non si pone il problema del rilascio della procura (art. 83) e l'istante può compiere personalmente i vari atti processuali. Si richiede pur sempre la capacità di agire, tuttavia, potrebbe anche essere concepibile un processo esecutivo nei confronti di un incapace di intendere e di volere poiché l’esecutato deve solo subire atti esecutivi e non compierli. - verifica delle condizioni dell'azione: interesse ad agire è in re ipsa per il semplice fatto che esiste il titolo esecutivo attestante l'esistenza del diritto e quindi, implicitamente, anche dell'interesse ad agire in executivis. Legittimazione consiste nella corrispondenza fra i soggetti indicati nel titolo e quelli che pongono in essere o contro i quali è posta in essere l'esecuzione:   5   SUCCESSIONE NEL TITOLO ESECUTIVO: - dal lato attivo: il titolo può essere spedito oltre che alla parte anche ai suoi successori: a) a titolo universale, cioè degli eredi, i quali potranno utilizzare ai fini esecutivi il titolo del de cuius, senza bisogno di procurarsene uno nuovo a loro nome. b) a titolo particolare, sia mortis causa, quanto inter vivos, il successore che chiede il rilascio del titolo esecutivo, dovrà documentare la propria qualità di successore. - dal lato passivo: il titolo esecutivo contro il defunto ha efficacia solo contro gli eredi (non è ammessa la successione a titolo particolare nel debito). NOTIFICA DEL TITOLO ESECUTIVO E DEL PRECETTO: atti che hanno la funzioni di preannunciare al debitore il proposito del creditore di procedere all’esecuzione forzata, consentendogli in tal modo, da un lato, la possibilità di adempiere la propria obbligazione, evitando la esecuzione e le relative spese; dall’altro, la possibilità di conoscere gli elementi della esecuzione preannunciata e di contestarne, eventualmente, la legittimità. Atti preliminari in quanto devono sempre precedere l’inizio dell’azione esecutiva. Se la legge non dispone altrimenti, l’esecuzione forzata deve essere preceduta dalla notificazione del titolo in forma esecutiva (cioè con l'apposizione della formula esecutiva) e del precetto: • notifica del titolo esecutivo: serve a rendere palese all'esecutando il tenore dell'azione esecutiva, essa costituisce attuazione del contraddittorio nel processo esecutivo, in quanto palesa a costui le ragioni per cui si procede in esecuzione nei suoi confronti. Il titolo, spedito in forma esecutiva se giudiziale, va notificato al debitore personalmente a norma degli artt. 137 e ss. • precetto (art. 480): consiste nella formale intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo entro un termine non minore di 10 giorni, con l’avvertimento che, mancando l’adempimento, si procederà a esecuzione forzata (ultimo avviso che si fa a costui prima di ricorrere agli organi esecutivi). È redatto ad opera della parte che risulta legittimata dal titolo esecutivo, la quale lo sottoscrive e provvede a farlo notificare al debitore dall’ufficiale giudiziario personalmente ai sensi dell'art. 137 ss (è un atto recettizio, in quanto non produce alcun effetto se non è portato preventivamente a conoscenza del suo destinatario a mezzo della notificazione). A pena di nullità il precetto deve contenere le caratteristiche proprie degli atti di parte, (indicazione delle parti e del giudice, sottoscrizione, ecc.), con in più, sempre a pena di nullità, due ulteriori elementi: - trascrizione integrale del titolo esecutivo, quando è richiesta dalla legge (nel caso dei titoli stragiudiziali di cui al n. 2 dell'art. 474 la legge prevede che in questo caso essi non vadano notificati alla controparte in forma esecutiva, ma il loro contenuto va trascritto nell'atto di precetto e l'ufficiale giudiziario deve certificare che la trascrizione corrisponde al contenuto dell'originale), in questo caso l’ufficiale giudiziario deve certificare che la trascrizione corrisponde all’originale in possesso dell’intimante. - indicazione della data di notifica del titolo esecutivo, quando questa è stata fatta separatamente. Il precetto deve inoltre contenere (non richiesto a pena di nullità) la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio della parte istante nel Comune in cui ha sede il giudice competente per l’esecuzione. In mancanza, le opposizioni al precetto si propongono davanti al giudice del luogo in cui è stato notificato, e le notificazioni alla parte istante si fanno presso la cancelleria del giudice stesso. Il precetto va sottoscritto dal procuratore dell'istante, in forza di procura alle liti ai sensi dell'art. 83, che può essere apposta anche in calce o in margine all'atto di precetto o conferita con atto separato a questo materialmente unito e va notificato personalmente all’esecutato ai sensi dell'art. 137 ss. Diviene inefficace se l’esecuzione non è iniziata entro 90 giorni dalla sua notificazione (cessazione dell’efficacia del precetto), il termine è sospeso se contro il precetto viene proposta   6   opposizione ai sensi degli artt. 615 ss. e riprendere a decorrere per la parte dei 90 giorni che residua: - dal passaggio in giudicato della sentenza di primo grado che decide l’opposizione; - dalla comunicazione della sentenza di appello che respinge l’opposizione. Non si può iniziare l’esecuzione forzata prima che sia decorso il termine indicato nel precetto e in ogni caso non prima che siano decorsi 10 giorni dalla notificazione di esso, ma il capo dell’ufficio competente per l’esecuzione, se vi è pericolo nel ritardo, può autorizzare l’esecuzione immediata, con cauzione o senza. L'ufficiale giudiziario notificherà l'atto di precetto e contestualmente compirà il primo atto esecutivo. In mancato rispetto di tale termine dilatorio determina la nullità insanabile del pignoramento eseguito. Mentre la notifica del titolo esecutivo, una volta fatta non perde efficacia, il precetto diventa inefficace se nel termine di 90 giorni dalla sua notificazione non è iniziata l’esecuzione (in questo caso bisogna rinnovare la notifica del precetto). GIUDICE DELL'ESECUZIONE: - nell'espropriazione forzata il giudice dell'esecuzione svolge la direzione del processo ed è presente per tutta la sua durata; - nell’esecuzione in forma specifica il giudice ha funzioni più ridotte, perché o compare solo in casi eccezionali (come avviene nell'esecuzione per consegna o rilascio, che può svolgersi per intero anche senza la sua presenza), oppure è presente solo nella fase iniziale (nell'esecuzione di obblighi di fare o di non fare). Competenza del giudice dell'esecuzione sempre al tribunale in composizione monocratica (mai al giudice di pace) giudice monocratico è nominato dal presidente del tribunale, a seguito della presentazione del cancelliere del fascicolo dell'esecuzione. - esecuzione forzata avente ad oggetto cose mobili o immobili: competente il giudice del luogo in cui le cose si trovano; - espropriazione presso terzi: competente il tribunale del luogo di residenza del terzo; - esecuzione in forma specifica: competente il giudice del luogo in cui le cose si trovano. - esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare: competente il tribunale del luogo in cui l'obbligo doveva essere adempiuto. Competenza del giudice delle opposizioni all'esecuzione: - opposizioni all'esecuzione ex art. 615: competenza si determina con riferimento al valore del credito per cui si procede; - opposizioni di terzo ex art. 619: competenza si determina con riferimento al valore dei beni controversi. È competente il giudice del luogo dell’esecuzione che può essere giudice di pace o tribunale Dunque, se tali valori rientrano nella competenza del giudice di pace, è tale giudice ad essere competente. - opposizioni agli atti esecutivi ex artt. 512 e 617: competente il giudice davanti al quale si svolge l’esecuzione, che è sempre il tribunale. Il giudizio di merito conseguente all'opposizione agli atti esecutivi proposta dopo l'inizio dell'esecuzione, va trattato da un magistrato diverso da quello che ha conosciuto dell'atto esecutivo contro il quale è proposta opposizione. Salvo che la legge disponga altrimenti (ipotesi in cui il giudice debba pronunziarsi con decreto), il giudice dell'esecuzione provvede con ordinanza, che può essere dal giudice stesso modificata o revocata finché non abbia avuto esecuzione.   7   DIFESA NEL PROCESSO ESECUTIVO: principio del contraddittorio è presente anche nel processo esecutivo essendo un requisito essenziale per il «giusto processo»: - obbligo di notifica del titolo esecutivo e del precetto all'esecutando: consente all'esecutando di adempire evitando l'esecuzione, e gli permette di tutelarsi fin da questo momento esperendo le opposizioni ex artt. 615 e 617, prima ancora che l'esecuzione forzata concretamente inizi; - audizione delle parti e degli interessati, allorché la legge lo richiede o il giudice lo ritiene necessario, il giudice stesso fissa con decreto l’udienza alla quale debbono comparire davanti a lui; - udienza esecutiva: momento fondamentale per l'espletamento del contraddittorio fra le parti, anche nel processo di esecuzione. Estinzione del processo esecutivo per la mancata comparizione delle parti a due udienze successive; - garantita la possibilità attribuita all'esecutando, di contestare il processo esecutivo attraverso le opposizioni previste dagli artt. 615 e 617, oppure di difendersi anche internamente allo stesso attraverso la proposizione al giudice dell'esecuzione di domande o istanze da proporre con ricorso o oralmente all'udienza. - esecuzione di obblighi di fare e di non fare è necessario che il giudice determini le modalità di esecuzione sentita la parte obbligata; esecuzione per consegna o rilascio prevede solo un onere di informativa dell'esecutando in caso di esecuzione per rilascio, nel caso di difficoltà insorte nel corso dell’esecuzione, consentito alle parti di richiedere al giudice i provvedimenti idonei al caso. LUOGO DELLE NOTIFICAZIONE E DELLE COMUNICAZIONI: le notificazioni e le comunicazioni - ai creditori pignoranti si fanno nella residenza dichiarata o nel domicilio letto nell’atto di precetto; - ai creditori intervenuti, nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto nella domanda di intervento. In mancanza di dichiarazione di residenza o di elezione di domicilio le notificazioni possono farsi presso la cancelleria del giudice competente per l’esecuzione. Quanto all’esecutato, una disposizione analoga vi è solo nell'espropriazione forzata: obbligo per l'ufficiale giudiziario di invitare il predetto al momento del pignoramento, ad indicare la propria residenza o ad eleggere domicilio nel circondario del giudice dell'esecuzione. In caso di inottemperanza a tale obbligo o in caso di irreperibilità nel luogo dichiarato, le notifiche si fanno anche qui presso la cancelleria di tale giudice. Nulla è detto invece per l'esecuzione per consegna o rilascio o per obblighi di fare o di non fare, nel qual caso le notifiche dovranno farsi personalmente all'esecutato ai sensi dell'art. 138 ss. FASCICOLO DELL' ESECUZIONE: i vari atti vanno inseriti in un fascicolo, previsto per la sola espropriazione forzata, ma che sussiste anche per l'esecuzione in forma specifica. Nell' esecuzione c'è solo il fascicolo d'ufficio (non esistono i fascicoli di parte).                         10   scritture onde verificare se è possibile rinvenire ulteriori beni da sottoporre a pignoramento ed anche con il potere di richiedere informazioni agli uffici finanziari sul luogo e sul modo di tenuta delle suddette scritture; 7. uso della forza pubblica: l’ufficiale giudiziario ha la facoltà di richiedere l’assistenza della forza pubblica, ove da lui ritenuto necessario. EFFETTI DEL PIGNORAMENTO • effetti processuali: consistono nel diritto di provare i singoli atti di espropriazione, quali la vendita e l’assegnazione, e nel diritto di partecipare alla distribuzione della somma ricavata; • effetti sostanziali: effetti del vincolo esecutivo - nei confronti del debitore: il debitore, a seguito del pignoramento, non perde né la proprietà né il possesso della cosa, ma non può compiere atti di disposizione, né conservare ed amministrare il bene pignorato che, a tale scopo, viene affidato ad un custode; - nei confronti dei creditori: inefficacia delle alienazioni del bene pignorato (art. 2913) il pignoramento comporta la creazione sui beni colpiti di un vincolo giuridico, che rende inefficaci nei confronti del creditore procedente e dei creditori intervenuti gli atti di alienazione o di disposizione compiuti dal debitore aventi ad oggetto i beni pignorati. Inefficacia relativa, poiché l’atto è di per se valido e non produce effetti soltanto nei confronti dell’espropriante o degli intervenuti. Il pignoramento ha l'effetto di vincolare, i beni del debitore all'esecuzione forzata, onde evitare che essi possano essere sottratti alla garanzia dei creditori. Restano comunque salvi gli effetti del possesso di buona fede per i beni mobili non iscritti in pubblici registri. Gli atti di disposizione del bene pignorato sono validi, ma non producono effetti in conseguenza del vincolo del pignoramento che grava sul bene, se il vincolo del pignoramento viene meno, l'atto di disposizione produce tutti i propri effetti ex tunc (cioè fino dal momento del suo compimento). Tale inefficacia ha carattere processuale, essendo condizionata alla presenza del processo esecutivo e solo a questo, cosicché essa viene meno se il processo cade. Il pignoramento determina un vincolo a porta aperta, nel senso che consente l'ingresso nel processo esecutivo di tutti i creditori e tutti quanti sono tutelati dall'inefficacia ex art. 2913 c.c. In ciò la differenza con il sequestro conservativo, che è invece un vincolo a porta chiusa in quanto vale nei confronti del solo creditore sequestrante, che è il solo a potersi avvalere dell'inefficacia dell'atto di disposizione della cosa sequestrata. Per rendere opponibile un atto di disposizione giuridica alla procedura esecutiva, non è sufficiente porlo in essere prima della instaurazione di quest’ultima, ma occorre che anteriori a quest’ultima siano anche quelle attività proprie di ciascun atto giuridico che servono a dirimere i conflitti tra i terzi nel campo del diritto sostanziale. La procedura esecutiva prevale sui diritti acquisiti da dai terzi non solo quando è anteriore all’atto, ma anche solo quando precede le formalità necessarie per rendere opponibili ai terzi tale atto giuridico (es. non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell’esecuzione, sebbene anteriori al pignoramento le alienazioni di beni immobili o di beni mobili iscritti in pubblici registri, che siano state trascritte successivamente al pignoramento). Per prevenire atti di disposizione materiale dello stesso (ad es. sottrazione), la tutela dei creditori è assicurata attraverso due ulteriori strumenti: - custodia del bene: il bene pignorato viene sottratto alla disponibilità materiale del debitore e affidato ad un custode, che può essere anche lo stesso debitore, il quale se investito dalla custodia continuerà a possedere ad altro titolo (di custodia, appunto) con tutte le responsabilità che ne conseguono. - responsabilità penale: a carico di chiunque (ivi compreso quindi l'esecutato non custode) compie dolosamente atti di disposizioni materiale volti a sottrarre il bene al pignoramento.   11   OGGETTO DEL PIGNORAMENTO: il pignoramento può avere ad oggetto: - beni determinati, scelti tra tutti i beni rientranti nel patrimonio del debitore; - beni appartenenti a terzi quando sono vincolati a garanzia del credito o quando sono oggetto di un atto che è stato revocato perché compiuto in pregiudizio del creditore. Comprende gli accessori, le pertinenze e i frutti della cosa pignorata. - frutti naturali o civili; - pertinenze: cose destinate in modo durevole al servizio o all'ornamento di un'altra cosa; - accessori: beni posti al servizio di una cosa principale privi di ogni autonomia rispetto alla cosa cui accedono. Il fatto che il pignoramento della cosa principale si estenda agli accessori, alle pertinenze e ai frutti, non esclude che pertinenze e frutti possano essere pignorati anche in modo autonomo, questa possibilità non esiste invece per gli accessori. PIGNORAMENTO CUMULATIVO: più creditori possono con unico pignoramento colpire il medesimo bene. Il pignoramento è unico, per cui se esso è invalido per motivi formali esso viene meno per tutti i creditori. Mentre invece i vizi relativi alle azioni esecutive dei singoli creditori, determinano l'invalidità del vincolo solo nei confronti del creditore a cui si riferiscono. PIGNORAMENTO SUCCESSIVO: il bene sul quale è stato compiuto un pignoramento può essere pignorato successivamente su istanza di uno o più creditori. Il pignoramento successivo va unito al primo ad opera del cancelliere e l'esecuzione si svolge in un unico processo, non abbiamo un pignoramento unico, ma più pignoramenti distinti. Ogni pignoramento ha effetto indipendente, anche se è unito ad altri in unico processo, per cui qui le nullità di ordine formale riguardano solo il singolo pignoramento a cui si riferiscono. Il pignoramento successivo determina l'ingresso di un ulteriore creditore nel processo esecutivo e dunque realizza il concorso dei creditori, allo stesso modo in cui lo realizza l'intervento, che è lo strumento tipico predisposto per l'attuazione del concorso. Se cade il pignoramento originario vengono meno anche gli interventi, mentre invece se gli ulteriori creditori si sono inseriti nel processo esecutivo attraverso un pignoramento successivo, questo rimane in piedi nonostante la nullità del primo pignoramento. Il pignoramento successivo può essere effettuato anche dallo stesso creditore primo pignorante, sulla base dello stesso titolo che ha dato origine al primo pignoramento, se il creditore ha ragione di temere che il primo pignoramento sia invalido, non ha che da pignorare ex novo il bene. Nel processo esecutivo, non esiste litispendenza, l'azione esecutiva può essere esperita quante volte si vuole sullo stesso bene, l'effetto è che il processo esecutivo resta unico, per cui per quanti siano i pignoramenti, il bene pignorato viene venduto una volta sola ed unica è la distribuzione della somma. COME SI SVOLGE IL PIGNORAMENTO: il creditore può scegliere liberamente i beni da pignorare, salvo che non sia titolare di pegno o ipoteca: in tal caso egli non può pignorare altri beni del debitore medesimo, se non sottopone ad esecuzione i beni gravati da ipoteca, pegno o privilegi. Organo competente ad eseguire il pignoramento è l’ufficiale giudiziario. Debitore • ha la facoltà (art. 494) di evitare il pignoramento: - versando nelle mani dell’ufficiale giudiziario l'importo per cui si procede oltre alle spese, con l'incarico di consegnarli al debitore. La procedura esecutiva non viene pertanto iniziata e l'ufficiale giudiziario resterà depositario della somma fino al momento della sua consegna al creditore. - depositando nelle mani dell’ufficiale giudiziario, il luogo delle cose pignorate, come oggetto di pignoramento, una somma di denaro uguale all’importo del credito per cui si procede e delle spese, aumentato di 2/10. Qui la somma non è versata a tacitazione del   12   creditore, ma viene sottoposta a pignoramento, per cui il processo esecutivo prosegue su di essa. • una volta effettuato il pignoramento, ha due possibilità: - chiede la conversione del pignoramento: prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione, il debitore può chiedere di sostituire alle cose o ai crediti pignorati una somma di denaro pari, oltre alle spese di esecuzione, all’importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese. Di questa possibilità l’ufficiale giudiziario deve espressamente avvertire il debitore mentre procede al pignoramento. Unitamente all’istanza deve essere depositata in cancelleria, a pena di inammissibilità, una somma non inferiore ad 1/5 dell’importo del credito per cui è stato eseguito il pignoramento e dei crediti dei creditori intervenuti indicati nei relativi atti di intervento. La somma è depositata dal cancelliere presso un istituto di credito indicato dal giudice. La somma da sostituire al bene pignorato è determinata con ordinanza dal giudice dell’esecuzione, sentite le parti in udienza non oltre 30 giorni dal deposito dell’istanza di conversione. L'ordinanza che dispone la conversione prevede anche il termine entro il quale il debitore deve versare la somma stabilita, tuttavia nel caso dell’espropriazione immobiliare, ove vi siano giustificati motivi, il debitore può essere ammesso al beneficio della conversione rateale, il debito può cioè essere frazionato in rate mensili, purché nel termine massimo di 18 mesi, con l'aggiunta degli interessi. Avvenuto il versamento della somma determinata dal giudice (o dell'ultima rata nel caso di conversione rateale) i beni pignorati sono liberati dal vincolo esecutivo con un'ulteriore ordinanza del giudice. Nel caso di inadempimento da parte del debitore e cioè quando egli non versa la somma nel termine indicato o ritarda di oltre 15 giorni il pagamento anche di una sola rata, si ha la decadenza dalla conversione: nel senso, non solo che il debitore non potrà più liberare i beni pignorati, ma anche che quanto egli ha versato fino a quel momento (e cioè il deposito del quinto e le eventuali rate pagate) verrà acquisito all'esecuzione come ulteriore oggetto del pignoramento. Con l’ordinanza che ammette la sostituzione, il giudice dispone che le cose pignorate siano liberate dal pignoramento e che la somma versata vi sia sottoposta in loro vece. I beni immobili sono liberati dal pignoramento con il versamento dell’intera somma. L'istanza di conversione non può essere proposta più di una volta, pena l’inammissibilità. - chiede la riduzione del pignoramento: su istanza del debitore o anche d’ufficio, quando il valore dei beni pignorati è superiore (eccessivo) all'importo dei crediti del pignorante e degli intervenuti e alle spese, il giudice dell’esecuzione, sentiti il creditore pignorante e i creditori intervenuti, può disporre la riduzione del pignoramento ad alcuni soli dei beni. Solo quando il valore dei crediti colpiti è manifestamente sproporzionato può essere chiesta la riduzione. Il provvedimento di riduzione è revocabile dal giudice che l'ha emesso. CESSAZIONE DELL’EFFICACIA DEL PIGNORAMENTO - art. 497 - Il pignoramento si estingue se entro 90 giorni dal suo compimento non viene proposta l'istanza di vendita o di assegnazione. Esso rimane sospeso nel caso di opposizione agli atti esecutivi; se vi è opposizione all’esecuzione, la sospensione non ha luogo automaticamente, ma deve essere ordinata dal giudice.   15   pignoramento ai beni indicati entro il termine di 30 giorni, il creditore pignorante ha diritto di essere loro preferito in sede di distribuzione. Ha la funzione di provvedere ad aumentare la massa attiva, quando essa rischi di divenire Prelazione a carattere processuale che sorge nell'ambito del processo. Nel nostro sistema, l'avere posto in essere il pignoramento non è ragione di prelazione alcuna a favore del creditore pignorante, se egli non ha una prelazione sostanziale per conto suo (pegno, ipoteca o privilegio), è considerato alla stregua di un normale chirografario, per cui ad esso sono preferiti in sede di distribuzione i creditori privilegiati (iscritti o meno), ancorché non pignoranti. L'unica prelazione che egli può conquistare è dunque quella processuale dell'art. 499, 4° co. che non lo anteporrà tuttavia ai creditori privilegiati, ma solo ai chirografari. EFFETTI DELL'INTERVENTO - art. 500 - tre effetti dell'intervento dei creditori: 1) diritto a partecipare alla distribuzione della somma ricavata; 2) diritto provocare gli atti del processo esecutivo; 3) diritto a partecipare all’espropriazione del bene pignorato (divenire, attraverso l'intervento, parti del processo esecutivo). Mentre il diritto a partecipare alla distribuzione spetta a tutti i creditori intervenuti, le altre due facoltà (di provocare gli atti esecutivi e di partecipare all'espropriazione) spettano ai creditori solo secondo le disposizioni stabilite per le singole espropriazioni e nei casi ivi previsti (es. per potere promuovere gli atti esecutivi non è sufficiente essere semplicemente intervenuto e possedere il titolo esecutivo, ma occorre anche essere intervenuti tempestivamente). INTERVENTO DEL CREDITORE DEL CREDITORE (O SOSTITUZIONE ESECUTIVA): la legge, oltre ai creditori dell'esecutato, legittima ad intervenire nell’espropriazione forzata anche coloro che sono a loro volta creditori di questi ultimi, i quali possono chiedere al giudice dell'esecuzione di essere ad essi sostituiti nella distribuzione, proponendo domanda con ricorso contenente gli stessi elementi di quello degli altri creditori intervenuti, con un estremo in più dato dalla domanda di partecipazione alla distribuzione in sostituzione dell'avente diritto. Il giudice dell’esecuzione provvede alla distribuzione anche nei loro confronti, ma le contestazioni relative alle loro domande non possono ritardare la distribuzione tra gli altri creditori concorrenti.   16   VENDITA E L'ASSEGNAZIONE FORZATA VENDITA E ASSEGNAZIONE FORZATA: servono a trasformare la massa attiva in denaro liquido da distribuire ai creditori. In prima battuta è consentita solo la richiesta di vendita, non di assegnazione la quale può essere chiesta solo in seguito alla mancata vendita (solo nell’espropriazione mobiliare di titoli di credito o di quelle cose aventi un valore determinato o determinabile da listini di borsa o mercato può essere chiesta subito l’assegnazione). Presupposto perché si possa passare alla fase di vendita o di assegnazione, cioè alla fase di liquidazione dei beni pignorati è che il creditore pignorante o un creditore intervenuto con titolo esecutivo presentino la relativa istanza di vendita o di assegnazione. Questa non può comunque essere presentata prima che siano trascorsi 10 giorni dal pignoramento (tranne nel caso di cose deteriorabili nel quale può essere disposta l'assegnazione o la vendita immediata), ma va proposta in ogni caso entro 90 giorni dal pignoramento, pena l'inefficacia di quest'atto e l'estinzione del processo esecutivo. Se si tratta di beni sottoposti a pegno o ipoteca, qualora vengano espropriati secondo le norme del codice di procedura civile, il termine di 10 giorni per presentare l'istanza di vendita decorre dalla notificazione del precetto. Vendita forzata: comporta il trasferimento della proprietà dei beni pignorati ad un terzo dietro versamento del prezzo, che sarà distribuito ai creditori. Può farsi con incanto o senza, secondo le disposizioni dettate per le varie espropriazioni, può avvenire in un unico lotto comprendente tutti i beni pignorati o in più lotti, in questo secondo caso essa deve cessare quando il ricavato ottenuto raggiunge l'importo delle spese e dei crediti del procedente e degli intervenuti. Assegnazione: attribuzione diretta del bene pignorato al creditore sulla base di un determinato valore, al fine di soddisfare il suo credito; può presentarsi in tre diverse forme: - assegnazione - vendita (o assegnazione contro versamento): diverge dalla vendita unicamente per il fatto che i beni anziché ad un terzo vengono trasferiti ad un creditore o a più creditori (vi deve essere il loro accordo complessivo), dietro pagamento di una somma determinata dal giudice che costituisce il prezzo di assegnazione. Il prezzo di assegnazione deve essere determinato dal giudice in una misura non inferiore alle spese di esecuzione ed ai crediti muniti di diritto di prelazione anteriore a quello dell'offerente. Essa deve avere luogo per un importo che consenta di soddisfare almeno i crediti con diritto di prelazione anteriore a quello dell'offerente. Se il prezzo stabilito dal giudice è superiore a quello minimo, sull'eccedenza concorrono l'offerente e gli altri creditori, osservate le rispettive cause di prelazione che li assistono. - assegnazione satisfattiva (o in solutum): non si fa dietro pagamento di un prezzo, ma a tacitazione del credito dell'assegnatario (es. pignoramento dei crediti, il credito pignorato è assegnato in pagamento, salvo esazione, ai creditori concorrenti). - assegnazione mista: nel caso dell'assegnazione delle cose d'oro e di argento si tratta di un misto tra assegnazione satisfattiva e assegnazione vendita: i creditori assegnatari pagano l'eventuale «differenza» fra il loro credito ed il «valore intrinseco» dell'oggetto, cioè un conguaglio, che nel caso che residui va dato al debitore. In sostanza, poiché l'assegnazione in questione riguarda beni di valore, essendo sattisfattiva, qualora il valore dei beni fosse superiore a quello del diritto dei creditori, questi ultimi ne riceverebbero un ingiustificato arricchimento. Ecco perché la legge impone di valutare qui il valore intrinseco del bene e la necessità di conguagliarlo da parte dei creditori. Se il valore intrinseco dei preziosi non è superiore a quello dei crediti, vi sarà pur sempre l’assegnazione (in quanto coattiva), ma senza conguaglio. L’assegnazione si fa mediante ordinanza del giudice dell’esecuzione contenente l’indicazione dell’assegnatario, del creditore pignorante, di quelli intervenuti, del debitore, ed eventualmente del terzo proprietario, del bene assegnato e del prezzo di assegnazione.   17   Vendita e assegnazione sono considerati atti processuali condizionati, in quanto posti in essere sotto condizione sospensiva: - nel caso della vendita: del versamento del prezzo (nel modo e nel termine fissato); - nel caso dell’assegnazione: dal deposito della parte di prezzo eccedente il credito dell’assegnatario o del versamento della somma non inferiore al valore minimo del bene, o del prezzo determinato dal valore dell’immobile. Una volta che la condizione si è verificata il giudice potrà pronunciare il provvedimento che trasferisce il bene; conseguentemente a tale provvedimento si verificano effetti sostanziali e processuali. ASSUNZIONE DEI DEBITI DA PARTE DELL' AGGIUDICATARIO E DELL'ASSEGNATARIO: nel caso di vendita o di assegnazione di un bene gravato da pegno o da ipoteca, l’aggiudicatario o assegnatario, con la autorizzazione del giudice dell’esecuzione, può concordare col creditore pignoratizio o ipotecario l’assunzione del debito con le garanzie ad esso inerenti, liberando il debitore. In tal caso nel provvedimento di vendita o di assegnazione si deve menzionare l’assunzione del debito. L'aggiudicatario o l'assegnatario che acquistano un bene gravato da pegno o ipoteca, anziché pagare tutto il prezzo di vendita o di assegnazione, ne paga solo una parte e per l'altra parte si accolla il debito del creditore pignoratizio o ipotecario, soddisfacendolo direttamente e liberando il debitore. E l'unico caso in cui la vendita o l'assegnazione non hanno effetto purgativo, poiché il diritto di prelazione resta in vita a favore dell'aggiudicatario o dell'assegnatario. Se l'aggiudicatario o l'assegnatario non onorano l'accollo saranno esposti ad una normale azione di cognizione da parte del creditore, per ottenere la condanna degli stessi. EFFETTI SOSTANZIALI DELLA VENDITA FORZATA E DELL'ASSEGNAZIONE • effetto purgativo della vendita e dell'assegnazione: vendita e assegnazione liberano il bene da tutti i diritti di prelazione su di esso insistenti. Con il decreto di trasferimento del bene, il giudice dell'esecuzione dispone la cancellazione dei pignoramenti e delle ipoteche. L’aggiudicatario o l’assegnatario, debbono ricevere la res pignorata purgata da ogni vincolo processuale (pignoramenti e diritti di garanzia). Vengono meno tutti i vincoli processuali sul bene non quelli sostanziali • effetto traslativo: il bene pignorato viene trasferito all'aggiudicatario o all'assegnatario nelle stesse condizioni giuridiche in cui si trovava al momento dell'inizio dell'espropriazione. La vendita forzata (ed anche l'assegnazione) trasferisce all'acquirente i diritti che sulla cosa spettavano a colui che ha subito l'espropriazione, né più ne meno. Fatta eccezione per i diritti processuali sul bene cancellati dall'effetto purgativo, se su di esso sussistevano diritti sostanziali a favore di terzi (ad es. servitù) questi non vengono estinti dalla vendita (né trasferiti a favore dell'aggiudicatario o dell'assegnatario), ma permangono in capo a quei terzi a cui originariamente spettavano (nessuno può trasferire ad altra persona diritti diversi da quelli che aveva). Per cui chi acquista il bene lo acquista gravato da quei vincoli. Neppure il provvedimento del giudice può riuscire ad estinguere i diritti reali (parziali o totali) che sul bene spettavano a terzi e a trasferirli all'acquirente. Tutto ciò, purché tali diritti sul bene siano sorti in forza di atti opponibili alla procedura esecutiva e cioè non in violazione dell'art. 2913 ss. c.c. (inefficacia delle alienazioni del bene pignorato): a) il terzo che rivendichi diritti (parziali o totali sul bene pignorato) ha a disposizione l’opposizione di terzo ex art. 619 che consente l'accertamento del diritto del terzo sul bene. In conseguenza di ciò il processo esecutivo può essere anche sospeso. Per cui, in tale eventualità, se attraverso l'opposizione viene accertato che il diritto del terzo realmente sussisteva, costui potrà riprendersi il bene che verrà così sottratto alla massa esecutiva. b) se il terzo non propone opposizione (ad es. perché nulla sa del processo esecutivo) o se la vendita non viene sospesa, per cui il bene viene trasferito all'aggiudicatario o all'assegnatario, la legge gli consente di ricorrere all' evizione, nei confronti dell'acquirente del bene.   20   (di proprietà del terzo ingiustamente coinvolto nell'esecuzione o dell'aggiudicatario evitto), che si trasformerebbero in diritti reali sul prezzo in virtù di quel fenomeno "surrogazione reale". • stato di riparto: sulla massa così depurata si forma lo stato di riparto, cioè l'ordine di collocazione dei creditori. - primo rango: vengono soddisfatti i creditori privilegiati, tanto se sono intervenuti tempestivamente che tardivamente, cioè prima dell'udienza di vendita o della presentazione del ricorso per l’intervento. Vengono soddisfatti per intero in ragione del grado di prelazione, cioè il creditore con prelazione di grado anteriore va soddisfatto integralmente e solo dopo si passa a soddisfare quello con prelazione di grado successivo. Per cui può avvenire che se il ricavato non è sufficiente per pagare integralmente il creditore avente la prelazione che va soddisfatta per prima, gli altri restino a mani vuote. - secondo rango: è eventuale, va soddisfatto il credito del primo pignorante, quando a suo favore sia maturata la prelazione processuale di cui all'art. 499, 4° co. (estensione del pignoramento ad altri beni) Il creditore pignorante, nel nostro sistema non ha di per se una collocazione preferenziale, ma può ottenerla in conseguenza dell'esercizio della facoltà di cui alla norma citata. Tale prelazione non sopravanza comunque le prelazioni sostanziali, in quanto la norma può operare solo nei confronti dei «creditori chirografari». - terzo rango: creditori chirografari tempestivi, questi, a differenza dei privilegiati, vengono soddisfatti proporzionalmente in relazione all'entità del loro credito, non sussistendo fra i chirografari gradi differenti di preferenza. - quarto rango: creditori chirografari tardivi, anch'essi da soddisfare in proporzione ai loro crediti. - se c'è un residuo spetta al debitore o al terzo che ha subito l'espropriazione. ACCANTONAMENTI E RIPARTI PARZIALI: accantonamenti: somme che spetterebbero ai creditori intervenuti privi di titolo esecutivo i cui crediti non siano stati in tutto o in parte riconosciuti dal debitore, tali accantonamenti sono disposti dal giudice dell'esecuzione per il tempo necessario affinché i predetti creditori possano munirsi del titolo, ma in ogni caso per un periodo non superiore a 3 anni decorrente dalla scadenza dei 30 giorni dall'udienza di verifica, termine entro il quale debbono avere iniziato il procedimento per l'acquisizione del titolo. Nel frattempo il giudice dell'esecuzione può procedere ad un riparto parziale a favore di quei creditori i cui crediti non siano stati oggetto di contestazione. Alla scadenza dei 3 anni (o anche prima, se i creditori contestati si sono già muniti di titolo esecutivo) il giudice dell'esecuzione, dispone la distribuzione delle somme accantonate fissando all'uopo un'udienza di comparizione del debitore e dei creditori con l'eccezione di coloro che siano già stati integralmente soddisfatti. Se riparto parziale vi è stato, a questo seguirà la ripartizione definitiva delle somme accantonate (alla scadenza dei 3 anni o anche prima), di tale ripartizione definitiva beneficeranno i creditori che sono riusciti a procurarsi il titolo esecutivo. Sia che il riparto avvenga in un'unica soluzione, sia che abbiano avuto luogo riparti parziali, il provvedimento di distribuzione è sempre costituito da un’ordinanza, emanata a seguito dell'udienza di comparizione delle parti. L'ordinanza diviene definitiva per le parti con la scadenza del termine per proporre l’opposizione ex art. 617, mentre per il giudice permane il potere di revoca fino a quando essa non abbia avuto esecuzione; l'esecuzione dell'ordinanza di distribuzione si ha, con l'emissione dei mandati di pagamento da parte del cancelliere a favore dei creditori, con i quali costoro potranno prelevare quanto ad essi attribuito dal provvedimento del giudice. CONTROVERSIE IN SEDE DI DISTRIBUZIONE – art. 512 – se, in sede di distribuzione, sorge controversia tra i creditori concorrenti o tra creditore e debitore o terzo assoggettato all’espropriazione, circa la sussistenza o l’ammontare di uno o più crediti o circa la sussistenza di diritti di prelazione, il giudice dell’esecuzione sentite le parti e compiuti i necessari accertamenti,   21   procede con ordinanza impugnabile nelle forma e nel termine di cui all’art. 617, 2° co. (opposizione agli atti esecutori: si propongono con ricorso al giudice dell’esecuzione nel termine perentorio di 20 giorni dal primo atto di esecuzione, se riguardano il titolo esecutivo o il precetto, oppure dal giorno in cui i singoli atti furono compiuti). Il giudice può anche con ordinanza sospendere, in tutto o in parte, la distribuzione della somma ricavata. a) il debitore, dopo il riconoscimento, potrà solo contestare: - la sussistenza di eventuali diritti di prelazione; - l'esistenza o l'ammontare dei crediti da lui non riconosciuti, i cui titolari nel frattempo abbiano conseguito il titolo esecutivo. b) se vi è stato un riparto parziale, deve escludersi che possano nel prosieguo essere contestati crediti inseriti in quel riparto, rispetto al quale l'ordinanza di distribuzione sia divenuta definitiva. c) le contestazioni in tema di riparto sono decise in via abbreviata, sentite le parti, con un sistema probatorio ridotto («compiuti i necessari accertamenti»), e definite con ordinanza, impugnabile con l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617. STABILITÀ DELLO STATO DI RIPARTO: nessuno degli accertamenti che avvengono in sede esecutiva ha un'efficacia superiore a quella processuale (no efficacia di giudicato), decisioni fatte con ordinanza valgono solo per quel dato processo. L'incontestabilità extra-processuale compete solo a quei soli crediti che, a seguito della contestazione del debitore, siano stati fatti oggetto di un giudizio di cognizione piena (e quindi definito con sentenza), al fine di procurarsi un titolo esecutivo.   22   ESPROPRIAZIONE  MOBILIARE   Procedura di cui all'art. 513 ss. per il pignoramento mobiliare si applica ai soli beni corporali: - beni mobili iscritti nel pubblico registro automobilistico; - proprietà o diritti parziari sul bene, purché si tratti di diritti alienabili, come ad es. l'usufrutto; - universalità di mobili aventi per oggetto cose corporali con destinazione unitaria o cose incorporali. - pertinenze, premesso che il pignoramento della cosa principale si estende automaticamente anche ad esse, è possibile anche il pignoramento delle stesse separatamente dalla cosa a cui accedono. - titoli di credito (es. azioni delle s.p.a.); - quote di società di persone. PIGNORAMENTO MOBILIARE: presenta due particolarità che lo differenziano dalle altre forme di espropriazione: - si effettua in loco: l'ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo e del precetto, deve recarsi nel luogo in cui si trovano i beni (mentre, tanto il pignoramento presso terzi, quanto quello immobiliare, si realizzano attraverso una notifica). Possibilità di un pignoramento a distanza, quando l'ufficiale giudiziario, pignorati i beni e constatatane la loro insufficienza ai fini della soddisfazione dei creditori, invita il debitore ad indicare ulteriori beni pignoragli che si trovano in altri luoghi. Se il debitore indica cose mobili, fino da tale indicazione recepita nel verbale di pignoramento, esse sono considerate pignorate, dunque questi ulteriori beni vengono assoggettati senza alcun impatto materiale con gli stessi. - è l'unica nella quale, oltre all'attuazione del pignoramento, all'ufficiale giudiziario spetta anche la previa ricerca dei beni da pignorare (che nel pignoramento presso terzi e in quello immobiliare vanno invece indicati dal creditore). L’ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo e del precetto, può ricercare le cose da pignorare nella casa del debitore o in altri luoghi a lui appartenenti. Tutti i beni che si trovano in detti luoghi sono reputati del debitore, onde potranno essere assoggettati tutti quanti al vincolo esecutivo quand'anche il debitore ne neghi la proprietà (dicendo ad es. che appartengono a terzi). L'ufficiale giudiziario potrà arrestarsi solo se il diritto reale altrui risulti incontestabilmente ex actis (ad es. da atto scritto con data certa), deve trattarsi di un diritto reale del terzo, non di un diritto meramente obbligatorio. L’ufficiale giudiziario ha il potere di rimuovere direttamente con la forza eventuali ostacoli materiali al pignoramento, provvedendo secondo le circostanze ad aprire porte, ripostigli o recipienti, vincere la resistenza opposta del debitore o da terzi, oppure allontanare persone che disturbano l'esecuzione del pignoramento. Se necessario, l'ufficiale giudiziario può farsi assistere dalla forza pubblica. E anche consentito all'ufficiale giudiziario di ricercare le cose da pignorare sulla persona del debitore (ad es. per reperire denaro), osservando le opportune cautele per rispettarne il decoro. Due situazioni particolari, che consentono di effettuare la ricerca dei beni da pignorare anche in luoghi non appartenenti al debitore: 1) cose del debitore che si trovino in luoghi a lui non appartenenti, ma delle quali egli può direttamente disporre (ad es. auto del debitore posteggiata entro un pubblico garage di pro- prietà di terzi), in questo caso il pignoramento è pur sempre possibile, ma richiede l'autorizzazione (con decreto) del presidente del tribunale, per l'accesso al luogo del terzo. 2) in ogni caso l'ufficiale giudiziario può sottoporre a pignoramento le cose del debitore che il terzo possessore consente di esibirgli: ipotesi delle cose del debitore che si trovano presso un terzo ma delle quali il primo non può direttamente disporre senza la collaborazione del terzo. Scelta delle cose da pignorare: rinvenuti i beni del debitore, l’ufficiale giudiziario deve preferire il denaro contante, gli oggetti preziosi, i titoli di credito e ogni altro bene che appaia di   25   b) nel caso di denaro contante, si saltano la vendita e l'assegnazione e si passa immediatamente alla fase di distribuzione. Sull'istanza di vendita o di assegnazione, da proporre con ricorso al quale va unito il certificato di iscrizione degli eventuali privilegi gravanti sui beni pignorati, il giudice dell'esecuzione provvede fissando l’udienza per la comparizione delle parti, nella quale queste possono fare osservazioni circa il tempo o le modalità della vendita e debbono proporre a pena di decadenza le eventuali opposizioni agli atti esecutivi che siano ancora proponibili, anche se non è decorso il termine di cui all'art. 617. Se non vi sono opposizioni o se su di esse si raggiunge un accordo, il giudice provvede sull'istanza di vendita o di assegnazione, mentre se nessun accordo si raggiunge, il giudice dovrà decidere le opposizioni con sentenza e solo all'esito di tale decisione potrà disporre la vendita o l'assegnazione. La vendita è disposta con ordinanza, ma nel caso della piccola espropriazione mobiliare, qualora non vi siano interventi tempestivi il giudice provvede direttamente con decreto inaudita altera parte. Nel caso invece di interventi tempestivi, occorrerà anche in questo caso fare luogo alla comparizione delle parti. La vendita può avvenire senza incanto (art. 532) o con incanto (art. 534) a scelta del giudice dell'esecuzione: - vendita senza incanto a mezzo commissionario - artt. 532 ss. - si svolge a trattativa privata, le cose pignorate devono essere affidate all’istituto vendite giudiziarie o, con provvedimento motivato, ad altro soggetto specializzato nel settore di competenza. Costoro provvederanno alla vendita in qualità di commissionario (il quale è un mandatario a vendere). Nello stesso provvedimento il giudice dopo aver sentito, se necessario, uno stimatore, fissa il prezzo minimo della vendita e l’importo globale fino al raggiungimento del quale la vendita deve essere eseguita, e può imporre al commissionario una cauzione. Per i preziosi (oggetti di oro o di argento) il prezzo minimo di vendita non può essere inferiore al loro «valore intrinseco»; per le cose il cui prezzo risulta da listini di borsa o di mercato la vendita non può essere fatta a prezzo inferiore al minimo segnato nel listino. Nella vendita senza incanto non si può vendere se non per contanti, qualora la vendita senza incanto non avvenga nel termine di un mese dal provvedimento di autorizzazione, il commissionario, salvo che il termine sia prorogato su istanza di tutti i creditori intervenuti, deve riconsegnare i beni, affinché siano venduti all’incanto. - vendita all'incanto - art. 534 - si svolge con il sistema dell’asta pubblica (l'enunciazione del prezzo raggiunto durante l'incanto deve essere pubblica), per cui del provvedimento di vendita (che deve indicare il giorno, l'ora e il luogo dell'incanto), deve essere data pubblicità. La vendita all’incanto si svolge, secondo le determinazioni del giudice, sotto la direzione del cancelliere o dell'ufficiale giudiziario o di un istituto apposito. Il giudice col provvedimento di vendita stabilisce il giorno, l’ora e il luogo della vendita, nonché il prezzo di apertura dell’incanto (sentito quando occorre uno stimatore), oppure dispone che la vendita avvenga al miglior offerente senza determinare il prezzo minimo, se le circostanze lo consigliano (tranne che per le cose il cui valore risulta dai listini di borsa o di mercato, per le quali il prezzo base va obbligatoriamente fissato nella misura del minimo del giorno precedente alla vendita; e per i preziosi di cui all'art. 539, per i quali il prezzo di apertura va necessariamente determinato, giacché essi non possono essere venduti per un importo inferiore al loro valore intrinseco). L'incanto viene espletato dopo la ricognizione delle cose da vendere confrontandole con la descrizione contenuta nel processo verbale di pignoramento. L’aggiudicazione al maggior offerente segue quando, dopo una duplice pubblica enunciazione del prezzo raggiunto, non è fatta una maggiore offerta. Qualora la cosa messa all’incanto resti invenduta, il soggetto a cui è affidata l’esecuzione fissa un nuovo incanto a un prezzo base inferiore di 1/5 rispetto a quello precedente. Nell'ipotesi che anche il secondo incanto vada deserto, i beni vanno riconsegnati al debitore ed il processo esecutivo si chiude.   26   Gli oggetti d’oro e d’argento non possono in nessun caso essere venduti per un prezzo inferiore al valore intrinseco, se restano invenduti, sono assegnati per tale valore ai creditori (assegnazione sattisfattiva con conguaglio). Non ve invece nessuna possibilità di assegnazione a seguito di una vendita andata deserta dei beni il cui prezzo risulta dai listini di borsa o di mercato, per i quali o si chiede l'assegnazione immediata o se ciò non avviene e la vendita va deserta, non può più avere luogo un'assegnazione successiva. Rivendita forzata se il prezzo non è pagato dall'aggiudicatario il giudice provvede immediatamente a disporre un nuovo incanto a spese e sotto la responsabilità dell'aggiudicatario inadempiente. Se la nuova vendita comporta il trasferimento del bene per un prezzo inferiore a quello della precedente, il precedente aggiudicatario sarà tenuto al pagamento della differenza. Delega delle operazioni di vendita: nel solo caso che il pignoramento abbia per oggetto beni mobili registrati, il giudice dell'esecuzione, sentiti gli interessati, anziché sovraintendere personalmente alle operazioni di vendita, può delegarle ad un altro soggetto, un istituto di vendite giudiziarie e solo in subordine (in caso di sua assenza in loco), un notaio, un avvocato o un commercialista. In tal caso il giudice dell'esecuzione si occuperà solo della distribuzione del ricavato (o della restituzione dei beni al debitore nel caso di vendita infruttuosa), potendo nella fase di vendita tutt'al più intervenire, per risolvere eventuali contestazioni. Il professionista delegato alla vendita, nel caso di difficoltà insorte durante le operazioni di vendita, può fare ricorso al giudice dell'esecuzione il quale provvede con decreto. Contro tale decreto e contro gli atti del professionista, le parti possono proporre reclamo allo stesso giudice, il quale provvede con ordinanza. Il ricorso del professionista non ha effetto sospensivo delle operazioni di vendita, salvo che il giudice ne disponga la sospensione concorrendo gravi motivi. Inoltre, il reclamo delle parti non priva queste ultime del diritto di proporre opposizione ex art. 617 contro gli atti del soggetto delegato alla vendita. DISTRIBUZIONE DEL RICAVATO: la somma ricavata dalla vendita è immediatamente consegnata al cancelliere per essere depositata con le forme dei depositi giudiziari. - distribuzione amichevole – art. 541 – se i creditori concorrenti chiedono la distribuzione della somma ricavata secondo un piano concordato, il giudice dell’esecuzione, sentito il debitore, provvede in conformità dichiarando chiusa la distribuzione e ordinando al cancelliere l'emissione dei mandati di pagamento. Se non l'approva, si provvede alla distribuzione giudiziale. - distribuzione giudiziale – art. 542 – se i creditori non raggiungono l’accordo per la distribuzione amichevole o il giudice dell’esecuzione non approva, ognuno di essi può chiedere che si proceda alla distribuzione della somma ricavata (può proporre istanza di distribuzione). Il giudice dell’esecuzione, sentite le parti, distribuisce la somma ricavata a norma degli artt. 510 ss. e ordina il pagamento delle singole quote. INTEGRAZIONE SUCCESSIVA DEL PIGNORAMENTO MOBILIARE: riforma del 2009 ha aggiunto l’art. 540-bis che prevede la possibilità che nell’espropriazione mobiliare le cose pignorate: - risultino invendute a seguito del secondo o successivo esperimento ovvero - la somma assegnata, ai sensi degli artt. 510 (distribuzione della somma ricavata), 541 (distribuzione amichevole), 542 (distribuzione giudiziale), non sia sufficiente a soddisfare le ragioni dei creditori. In tal caso, il giudice, ad istanza di uno dei creditori, dispone l’integrazione del pignoramento e l’ufficiale giudiziario riprende senza indugio le operazioni di ricerca dei beni. Se in tal modo sono pignorate nuove cose, il giudice ne dispone la vendita senza che vi sia necessità di nuova istanza. In caso contrario, dichiara l’estinzione del procedimento, salvo che non siano da completare le operazioni di vendita. Notifica titolo esecutivo Possibile notifica congiunta ll giudice dell'esecuzione decide con ordinanza la precetto vendita all'incanto I Dopo 10 e non oltre 90 gg. dalla notifica del Affidandola al cancelliere o all'ufficiale giudiziario o ad precetto un istituto autorizzato oppure delegando le operazio- ni ad un notaio, un avvocato 0 un commercialista scri negli elenchi di cui all'art. 179 ter disp. att. c.p.c. Notif Pignoramento mobiliare Stabilendo il prezzo, se c'è un prezzo di listino 0 di mercato, oppure fissando egli stesso il prezzo minimo Dopo 10 e non oltre 90 gg. dal pignoramento decidendo di vendere al migliore offerente Svolgimento dell'incanto ex art. 597 c.p.c. Presentazione istanza con cui si chiede I l'assegnazione o la vendita e termine per l'intervento dei creditori nel caso in cui il pignoramento non superi 20.000 euro Non ci sono offerte e nessun creditore chiede ll bene è aggiudicato al l'assegnazione maggiore offerente Udienza perl'audizione Termine per delle parti e per l'asse- intervento dei gnazione o la vendita creditori Nuovo incanto È AGR mmc L'aggiudicatario deve Vendita forzata oppure Assegnazione quallasi ctirta pagare per contanti dal giudice in caso di Progetto di distibuzione redatto — pe | mancateisocerioodi Se non avviene il dai creditori mancata approvazione pagamento del progetto Nuovo incanto a spese e responsabi Distribuzione Possibili controversie tà dell'aggiudicatario somma ricavata exart.512 pe.   30   della propria struttura un'estensione pressoché illimitata, dato che il creditore non sa a priori qual'è l'entità delle cose che si trovano presso il terzo o l'importo del credito al cui pagamento quest'ultimo è tenuto. La notifica è potenzialmente idonea a sottoporre a vincolo tutte le cose del debitore detenute dal terzo o l’integrale importo del credito che il debitore vanta nei confronti del terzo. Lo scorporo della parte residua dovrebbe aversi solo al momento dell'assegnazione. Riforma 2005 ha limitato l’obbligo di custodia da parte del terzo all'importo del credito precettato aumentato della metà (es. pignoramento del deposito bancario in cui il credito precettato ammonta- va a € 100, il deposito bancario diviene vincolato per la somma di € 150, mentre il resto di € 9850 può essere restituito dalla banca a Caio). Nel caso di pignoramento eseguito presso più terzi, il debitore può chiedere la riduzione proporzionale dei singoli pignoramenti ovvero la dichiarazione di inefficacia di taluno di essi; il giudice dell’esecuzione, convocate le parti, provvede con ordinanza non oltre 20 giorni dall’istanza. CREDITI IMPIGNORABILI - art. 545 – quasi tutte le limitazioni sono state dichiarate incostituzionali: a) crediti aventi per oggetto sussidi di grazia e sostentamento a persone comprese nell'elenco dei poveri oppure sussidi dovuti per maternità, malattie o funerali da enti di assicurazione, assistenza o beneficenza. b) crediti alimentari sono pignorabili solo per causa di alimenti. c) stipendi e altre indennità relative al rapporto di lavoro erogati da privati, sono pignorabili per causa di alimenti nella misura indicata dal presidente del tribunale o da un giudice da lui delegato. Nei limiti di un quinto invece per ogni altro credito. d) restano ferme le altre limitazioni alla pignorabilità contenute in speciali disposizioni di legge. Il pignoramento per il simultaneo concorso delle cause indicate precedentemente non può estendersi oltre la metà dell’ammontare del credito pignorato. INTERVENTO DEI CREDITORI: rinvio alla disciplina del pignoramento mobiliare, salvo che per quello che riguarda il discrimine fra interventi tempestivi e tardivi, che qui è segnato dall'udienza di comparizione delle parti. ASSEGNAZIONE E VENDITA DI COSE DOVUTE DAL TERZO: se oggetto del pignoramento presso terzi sono cose mobili, dopo che il terzo se ne è dichiarato possessore o il suo possesso è stato accertato nel giudizio, si applicano le regole per la vendita e assegnazione nell'espropriazione mobiliare. Nel caso di pignoramento di crediti bisogna distinguere: - se il credito è esigibile immediatamente o in un termine non maggiore di 90 giorni, il giudice lo assegna d'ufficio in pagamento ai creditori. L'assegnazione avviene fra di essi in misura proporzionale, salvo le cause legittime di prelazione. Trattasi di assegnazione satisfattiva prò solvendo, nella quale cioè il debito dell'esecutato si estingue solo con la riscossione del credito assegnato. - nel caso in cui il credito è esigibile in un termine maggiore di 90 giorni, l'assegnazione è subordinata alla richiesta congiunta dei debitori. Altrimenti se i creditori non ne chiedano d'accordo l'assegnazione, si applicano le regole della vendita di cose mobili. L'assegnazione prevede qui la richiesta dei creditori perché non si può costringerli a vedersi assegnati coattivamente crediti esigibili in tempi particolarmente lunghi. Secondo buona parte della dottrina essa dovrebbe essere poi pro soluto, ed anche ciò giustificherebbe la necessità della preventiva richiesta dei creditori. L’ordinanza di vendita e di assegnazione è titolo esecutivo nei confronti dei terzi, non si è altrettanto sicuri che tale carattere competa anche all'ordinanza di assegnazione. Notifica titolo esecutivo e precetto al debitore Dopo 10 gg. dalla notifica E non oltre 90 gg. dalla notifica Notifica atto L'ufficiale giudiziario Pignoramento | deposita l'atto noti- mobiliare pres- ficato in cancelleria so terzi Dopo 10 gg. Udienza di compa- rizione delle parti ; Nell’udienza di comparizione il terzo I Può tenere tre comportamenti diversi / I I Dichiarare di essere 2 | Rifiutare di fare la 3 |Non comparire in possesso di cose dichiarazione all'udienza del debitore o di es- sere suo debitore I Il giudice ordinerà la vendita o l'assegnazio- ne dei beni pignorati Si inizierà un processo di cognizione per accertare la posizione del terzo   32   ESPROPRIAZIONE IMMOBILIARE L’espropriazione immobiliare ha per oggetto i beni immobili del debitore con le loro pertinenze, nonché i diritti reali di godimento su beni immobili (es. superficie) È sempre di competenza del tribunale del luogo in cui si trova il bene immobile; si differenzia da quella mobiliare, oltre che per l’oggetto, anche per le conseguenze rigorosamente connesse alle esigenze della pubblicità immobiliare: la scelta dei beni da pignorare va fatta non dall’ufficiale giudiziario al momento del pignoramento, ma dallo stesso creditore, che, optando per tale forma di espropriazione, dovrà già conoscere quali beni siano di proprietà del debitore ed il loro valore approssimativo, compiendo opportune ricerche presso i pubblici registri immobiliari. L’unico limite è previsto per il creditore ipotecario che non può pignorare altri immobili se non sottopone a pignoramento prima gli immobili gravati da ipoteca. Il pignoramento immobiliare ha luogo, quindi, attraverso due diverse fasi (notifica del pignoramento al debitore e successiva trascrizione dell’atto nei registri immobiliari), aventi ciascuna una sua distinta finalità produttiva di effetti giuridici diversi: - nei confronti del debitore: dal momento della notifica; - nei confronti dei terzi: dalla data della trascrizione. FORMA DEL PIGNORAMENTO IMMOBILIARE: analogamente al pignoramento presso terzi, anche il pignoramento immobiliare si realizza attraverso un atto scritto da notificare al debitore, contenente oltre alla consueta ingiunzione a quest'ultimo prevista dall'art. 492, anche la precisa indicazione del bene immobile (o dei diritti immobiliari: ad es. usufrutto) che si intende sottoporre a vincolo. Il pignoramento è anche in questo caso frutto di un atto complesso, alla cui formazione concorre tanto il creditore che provvederà ad indicare il bene, quanto l'ufficiale giudiziario che formula l'in- giunzione al debitore (l'atto di pignoramento dunque è predisposto dal primo e consegnato al secondo che vi apporrà l'ingiunzione e provvederà alla notifica). Trattasi inoltre anche qui di fattispecie a formazione progressiva, giacché alla notifica segue l'obbligo della trascrizione dell'atto presso la conservatoria dei pubblici registri. Quest'ultima attività può essere compiuta tanto dall'ufficiale giudiziario, quanto dal creditore procedente al quale l'ufficiale giudiziario, se richiesto deve consegnare la copia dell'atto notificato e la nota di trascrizione. Deposito dell’atto di pignoramento: l’ufficiale giudiziario che ha eseguito il pignoramento deve depositare immediatamente nella cancelleria del tribunale competente per l’esecuzione l’atto del pignoramento e, appena possibile, la nota di trascrizione restituitagli dal conservatore dei registri immobiliari. Il creditore pignorante deve depositare il titolo esecutivo e il precetto entro 10 giorni dal pignoramento. Il cancelliere al momento del deposito dell’atto di pignoramento forma il fascicolo dell’esecuzione. Per gli immobili, il pignoramento non può dirsi realizzato finché non è trascritto (a differenza del pignoramento presso terzi nel quale, il pignoramento è già in essere e produttivo di tutti gli effetti con la sola notifica), per cui è a tale attività che si riportano gli effetti essenziali del vincolo. Alla notifica si riconduce il solo effetto prodromico della custodia, ed anche le responsabilità connesse (civile e penale). CUSTODIA DEI BENI PIGNORATI: riforma del 2005 ha modificato il sistema della custodia nel pignoramento immobiliare: sui due fronti della sostituzione del custode e dei suoi obblighi. Con il pignoramento, il debitore è costituito custode dei beni pignorati e degli accessori, comprese le pertinenze e i frutti, senza diritto a compenso (nomina automatica del debitore a custode). Il giudice dell’esecuzione, su istanza del creditore pignorante o di un creditore intervenuto, e sentito il debitore, può nominare custode una persona diversa dallo stesso debitore (sostituzione ad istanza del creditore). Sono state introdotte tre forme di sostituzione che operano d'ufficio:   35   pignorante e i chirografari tempestivi. Sulla eventuale somma che «sopravanza» anche dopo la liquidazione di costoro, concorrono i creditori tardivi purché anche questi ultimi non siano intervenuti oltre l'udienza di vendita o assegnazione. VENDITA E ASSEGNAZIONE: fase della vendita e dell'assegnazione si apre con l’istanza di vendita (non è ammessa in prima battuta l'assegnazione), che può essere proposta dal creditore pignorante o da un qualsiasi creditore munito di titolo esecutivo, trascorsi 10 giorni dal pignoramento. - istanza di vendita: il creditore che richiede la vendita deve provvedere, entro 120 giorni dal deposito del ricorso, ad allegare allo stesso l’estratto del catasto, nonché i certificati delle iscrizioni e trascrizioni relative all’immobile pignorato effettuate nei 20 anni anteriori alla trascrizione del pignoramento; tale documentazione può essere sostituita da un certificato notarile attestante le risultanze delle visure catastali e dei registri immobiliari. Il termine suddetto può essere prorogato dal giudice di ulteriori 120 gg., su istanza dei creditori o dell'esecutato, se concorrono giusti motivi. E previsto poi che il giudice, ove ritenga la documentazione incompleta, possa concedere al creditore un ulteriore termine di 120 gg. per completarla. La somma dei termini equivale ad un anno, la sanzione per l'inosservanza dei termini di cui sopra (come anche per il caso di mancata concessione della proroga del termine) è l'inefficacia del pignoramento relativo al bene per il quale non è stata depositata la documentazione, inefficacia che il giudice deve dichiarare anche d'ufficio con ordinanza, con la quale dispone anche la cancellazione del pignoramento e, se non vi sono altri beni pignorati, anche l'estinzione del processo esecutivo. - determinazione del valore dell’immobile: agli effetti dell’espropriazione il valore dell’immobile viene determinato da un esperto nominato dal giudice entro 30 giorni dal completo deposito della documentazione prevista, fissando altresì la data per la successiva prima udienza di vendita. La relazione dell'esperto va inviata almeno 45 gg. prima dell'udienza fissata per la vendita ai creditori e al debitore (anche se non costituito in giudizio), i quali possono depositare all'udienza fissata per la vendita eventuali note, purché le abbiano comunicate all'esperto almeno 15 gg. prima, sulle quali quest'ultimo è obbligato all'udienza a fornire i necessari chiarimenti. - determinato il valore del bene, segue l'udienza per l'autorizzazione alla vendita: tale udienza è designata come prima udienza fissata per l'autorizzazione della vendita (proprio perché la vendita può anche non seguire) ed è con riferimento ad essa che viene stabilita la tempestività e la tardività degli interventi. In tale udienza, che si svolge nel contraddittorio delle parti e della quale vanno avvertiti anche i creditori ex art. 498, le parti possono fare osservazioni sul tempo e sulle modalità della vendita e debbono proporre (anche qui come nell'espropriazione mobiliare) a pena di decadenza le eventuali opposizioni ex art. 617 che siano ancora proponibili. Dopodiché, decise con sentenza le eventuali opposizioni, se vi sono (e nelle more del giudizio, l'udienza di vendita va ulteriormente rinviata), il giudice dispone con ordinanza la vendita, che in prima battuta è quella senza incanto prevista dall'art. 570 ss.. Dell'ordinanza di vendita è data notizia a cura del creditore che ha chiesto la vendita ai creditori ex art. 498 non intervenuti ed è data la pubblicità prevista. TIPI DI VENDITA IMMOBILIARE • vendita senza incanto: riforma del 2005 ha eliminato il potere discrezionale del giudice di scegliere fra la vendita all'incanto e quella senza incanto, stabilendo l'obbligatorietà della seconda (in prima battuta, non è consentito qui chiedere l'assegnazione). Si svolge attraverso la presentazione di offerte di acquisto in cancelleria che vanno depositate nel termine fissato nell'ordinanza di vendita, accompagnate dal versamento della cauzione che non deve essere inferiore al 1/10 del prezzo proposto dall'offerente (senza gara tra concorrenti)   36   Sulle offerte il giudice delibererà ad un'apposita udienza successiva, anch'essa preventivamente fissata nell'ordinanza di vendita. Se l’offerta è unica, deve essere valutata dal giudice e dai creditori; se vi sono più offerte, si effettua una gara tra gli offerenti. Le offerte (che possono essere presentate da chiunque, tranne che dal debitore), sono formulate dalla parte personalmente o a mezzo di un procuratore legale (che però deve avere una procura di diritto sostanziale e non semplicemente quella ad litem prevista dall'art. 83 e che può presentare l'offerta tanto per il rappresentato, quanto per persona da nominare). Esse vanno depositate in busta chiusa in cancelleria. Le offerte non sono efficaci: a) se fatte fuori termine; b) se sono inferiori al prezzo stabilito dal giudice; d) se non sono accompagnate dalla cauzione nella misura prevista dalla legge. Le offerte sono irrevocabili, salvo che il giudice non sia pronunziato su di esse entro 120 gg. o che abbia ordinato l'incanto. La scelta dell'offerta che determina l'aggiudicazione del bene avviene in un'udienza successiva a quella di autorizzazione alla vendita (e che, va indicata nell'ordinanza di vendita), che si tiene nel contraddittorio delle parti e della quale vanno nuovamente notiziati i creditori ex art. 498 che non siano intervenuti. a) se l'offerta è superiore al valore dell'immobile determinato dal giudice (cioè, in pratica, al prezzo di vendita), aumentato di un quinto, allora va senz'altro accolta. b) se l'offerta è inferiore, è sufficiente il dissenso del creditore procedente o la convinzione del giudice di una seria possibilità di miglior vendita con il sistema dell'incanto, per respingerla. c) se vi sono più offerte (sia superiori al valore del bene aumentato di un quinto, sia inferiori quando rispetto ad esse non si sia verificato alcun dissenso del procedente ed il giudice non abbia ritenuto di provvedere all'incanto), non si sceglie l'offerta più alta, ma viene fatta una gara sull'offerta più alta. La gara non riapre la possibilità di offrire, ma è circoscritta solo agli offerenti e presuppone l'adesione di costoro (ciascuno degli offerenti è pertanto libero di ritirarsi). Effettuata la gara, il giudice deve aggiudicare il bene a chi ha fatto l'offerta più alta. Se non può effettuarsi la gara (perché nessuno degli offerenti aderisce), allora il giudice non ha vincoli, potendo stabilire discrezionalmente di aggiudicare il bene a chi aveva fatto in pre- cedenza l'offerta più alta, oppure ordinare l'incanto. La fase conclusiva della vendita è caratterizzata dalla emanazione di due decreti da parte del giudice: - decreto di vendita: con cui il giudice stabilisce le modalità ed i termini per il versamento del prezzo. L'aggiudicazione avviene con ordinanza, ma non è immediatamente operativa, giacché ed essa deve seguire il versamento del prezzo nei modi e nei tempi stabiliti dal giudice con decreto emesso nel momento in cui effettua l'aggiudicazione. Diversamente da quanto avviene nell'espropriazione mobiliare ove il prezzo è pagato all'atto dell'aggiudicazione, nell'espropriazione immobiliare esso è versato in un momento successivo, stabilito all'atto dell'aggiudicazione. - decreto di trasferimento della proprietà: con cui il giudice trasferisce la proprietà del bene, dopo l’avvenuto versamento del prezzo, e con il quale si cancellano le trascrizioni delle ipoteche e dei pignoramenti sul bene. Esso costituisce altresì titolo per la trascrizione della vendita, nonché titolo esecutivo per il rilascio del bene. • vendita con incanto: si realizza attraverso una pubblica enunciazione delle varie offerte e l'aggiudicazione al maggior offerente (gara pubblica). A differenza di quella con incanto essa presuppone la pubblicità non solo nel momento dell'aggiudicazione, ma anche in quello dell'offerta. Alla vendita con incanto, che non può mai essere realizzata in prima battuta, si passa in tre ipotesi:   37   a) nel caso che la vendita senza incanto non possa tenersi per mancanza o inefficacia delle offerte; b) nel caso di offerte che non superino il valore dell'immobile aumentato di un quinto, e che non siano state accolte; c) nel caso in cui non possa effettuarsi la gara tra gli offerenti per mancanza di adesione degli offerenti ed il giudice non abbia ritenuto di aggiudicare il bene al maggior offerente. Il procedimento di vendita con incanto si apre con un'ulteriore ordinanza, che deve contenere varie prescrizioni: - prezzo base dell'incanto; - giorno e ora dell'incanto; - importo della cauzione ed il termine per il suo versamento; - misura dell'aumento da apportarsi alle offerte; - termine non superiore a 60 giorni dall'aggiudicazione per il versamento del prezzo. Anche qui come nella vendita senza incanto v'è un divieto per il debitore di fare offerte ed anche qui le offerte possono essere fatte personalmente o tramite mandatario munito di procura spe- ciale, anche per persona da nominare, purché in questo caso l'offerta sia fatta da un procuratore legale. In quest'ultima ipotesi comunque il procuratore, entro 3 giorni dall'aggiudicazione, deve dichiarare in cancelleria il nome della persona per la quale ha fatto l'offerta e depositare il mandato: in mancanza diviene aggiudicatario in proprio. Per offrire all’incanto è necessario avere prestato la cauzione. L'incanto ha luogo di fronte al giudice dell'esecuzione in pubblica udienza. L'immobile è aggiudicato all'ultimo offerente la cui offerta non sia stata seguita da un offerta maggiore nel termine di 3 minuti. Agli offerenti non divenuti aggiudicatari è restituita la cauzione, purché però abbiano partecipato all'incanto o non vi abbiano partecipato per un giustificato motivo. Altrimenti è restituita solo nella misura di nove decimi. Offerte dopo l’incanto: l'aggiudicazione non è definitiva, la legge ammette che entro 10 giorni da essa siano fatte nuove offerte, purché superino di un quinto il prezzo raggiunto all’incanto. Se ciò avviene, si fa luogo ad una gara tra coloro che abbiano fatto le nuove offerte ed il primo aggiudicatario: tale gara si fa secondo le norme della vendita senza incanto in busta chiusa e mediante deposito in cancelleria, accompagnate da una cauzione pari al doppio di quella che era prevista nell'ordinanza che disponeva l'incanto. Alla gara possono partecipare oltre agli offerenti di aumento di quinto, anche l'aggiudicatario e gli offerenti al precedente incanto (purché nel termine fissato dal giudice abbiano integrato la cauzione). Perché possa svolgersi la gara è sufficiente che vi sia anche un solo offerente di aumento di quinto. Se nessuno degli offerenti in aumento partecipa alla gara, le loro offerte decadono, essi perdono la cauzione che è trattenuta al processo (salvo che la mancata adesione alla gara, sia dipesa da un «documentato e giustificativo motivo») e l'aggiudicazione provvisoria del vincitore dell'incanto diventa definitiva. Costui deve comunque pagare il prezzo nel termine previsto nell'ordinanza e consegnare al cancelliere il documento comprovante il relativo versamento. Se ciò non avviene si ha anche qui la decadenza dell'aggiudicatario e la rivendita forzata. Dopo il pagamento del prezzo segue il decreto di trasferimento. Se l’aggiudicatario non versa il prezzo nel termine stabilito, il giudice con decreto: - dichiara la sua decadenza; - pronuncia la perdita della cauzione; - dispone un nuovo incanto secondo le forme ordinarie: c.d. rivendita forzata a spese sotto la responsabilità dell'aggiudicatario inadempiente. La rivendita forzata è una nuova vendita che avviene sempre nelle forme dell'incanto, anche nel caso che l'inadempimento dell'acquirente si riferisca alla vendita senza incanto. Nofifica titolo esecutivo Notifica precetto Dopo 10 e non oltre 90 gg. dalla notifica Possibile notifica congiunta Notifica atto di pignoramento e successivo deposito nella cancelleria del tribunale dell'atto e, appena possibile, della nota di trascrizione del pignoramento nei registri immobiliari Aggiudicazione e versamento Dopo 10 g9. e non oltre 90 dalla trascrizione del pignoramento Se vi sono più creditori entro 30 gg. dal versamento del prezzo Presentazione da parte dei creditori di una istanza in cui si chiede la vendita Udienza per l'audizione delle parti e per stabilire le modalità della vendita. ___ Il giudice decide con ordinanza, Termine per Il giudice, 0 il professionista delegato, con la quale può altresì delegare l'intervento dei redige un progetto di distribuzione le operazioni di vendita a un notaio creditori exart. 596 c.p.o. ‘oppure a un avvocato 0 un commercialista iscritti negli elenchi di cui all'art. 179ter disp. att. c.p.c. Udienza di discussione n È lel caso in cui del progetto di distribuzione _ l'incanto non abbia Vendita forzata luogo per mancanza (può avvenire all'incanto di offerte entro 10 o senza incanto) 99. dalla già fissata data dell'incanto ] Approvazione del progetto Mancata approvazione Ogni creditore può del progetto chiedere l'assegna- zione del bene Ma se non vi sono domande di assegnazione 0 il giudice decide di Il giudice, o il professionista non accoglierle si provvederà per delegato, ordina il pagamento ‘Sorge una controversia l'amministrazione giudiziaria delle quote exart.512 cpc. Il giudice decide la vendita ‘senza ii incanto Pubblicazione avviso di vendita ex art. 490 c.p.c. (art.570 c.p.c.) Deposito offerte in cancelleria Il giudice decide la vendita con incanto con le modalità di cui all'art. 576 c.p.0. Udienza perlo svolgimento dell'incanto Sono ammesse offerte da parte di chiunque escluso il debitore Se sono più di una il giudice dispone una gara ex art. 573 c.p.0. Se superiore ad 1\5 del valore dell'immobile modalità per Il giudice dispone la vendita indicando con decreto le il versamento del prezzo Versamento del prezzo Decreto di trasferimento della proprietà Se dopo tre minuti dall'offerta non è presentata un'of- ferta più alta Avviene l'aggiudicazione al maggiore offerente che versa una cauzione I Versamento del prez- zo da parte dell'ag- >; giudicatario Decreto di trasferi- mento della proprie- tà del bene all'ag- giudicatario Eventuale mancato ‘versamento del prez- zo nel termine stabi- lito dal giudice Il giudice dichiara decaduto l’aggiudi- catario, che perde la cauzione a titolo di multa, e dispone un nuovo incanto Non vi sono offerte 10 gg. prima Della già fissata data per l'incanto ciascun creditore pùò presentare istanza di assegnazione ex art. 589 c.p.c. I II giudice Î Se la vendita non ha luogo e vi sono domande di assegnazio- ne provvede su di esse stabi- lendo il termine entro il quale l'assegnatario dovrà versare l'eventuale conguaglio Versamento del prezzo dell'eventuale conguaglio e successivo decreto di tra- sferimento della proprietà Se non vi sono domande di assegnazione o il giu- dice ritiene di non acco- glierle Dispone l'amministrazio- ne giudiziaria oppure provvede perché si proce- da ad un nuovo incanto   45   ESPROPRIAZIONE  CONTRO  IL  TERZO  PROPRIETARIO   L'espropriazione contro il terzo proprietario di cui all'art. 602 ss. (che nulla ha a che vedere con l'espropriazione presso terzi di cui all'art. 543, perché qui non si procede «presso» il terzo, ma «contro» il terzo) si attua in tre ipotesi distinte che vedono la scissione fra debito e responsabilità per cui viene assoggettato al processo esecutivo un soggetto diverso dal debitore (terzo ha una posizione processuale analoga a quella del debitore): a) quando il terzo è proprietario di un bene gravato da ipoteca (datore di ipoteca) o di cosa soggetta a pegno (datore di pegno). In questo caso il terzo garantisce il pagamento del debito di un altro soggetto. Nel caso di inadempimento del debitore gli effetti sono gli stessi, per cui anche qui il titolo esecutivo contro quest'ultimo può legittimare l'espropriazione prevista dall'art. 602, diret- tamente nei confronti del terzo datore. b) quando il terzo ha acquistato beni gravati da ipoteca o cose date in pegno. L'ipoteca attribuisce al creditore il diritto di espropriare i beni su cui essa grava anche in confronto del terzo acquirente. Sulla base del titolo esecutivo contro il debitore, l'esecuzione potrà farsi direttamente nei confronti del terzo acquirente sulla base dell'art. 602 ss. c) quando l’alienazione del bene da parte del debitore è stata revocata per frode: avvenuto impiego con successo dell'azione revocatoria che abbia portato alla dichiarazione dell'inefficacia rispetto ai creditori dell'atto di vendita. Anche in tal caso sulla base del titolo esecutivo, costituito dalla sentenza di revoca, l'azione esecutiva può essere condotta direttamente nei confronti del terzo acquirente, senza bisogno di fare prima rientrare il bene nel patrimonio del debitore. Ottenuta la dichiarazione dell'inefficacia della cessione, il creditore può promuovere nei confronti dei terzi acquirenti le azioni esecutive. PROCEDURA ESECUTIVA: l'esecutato non è il debitore bensì il terzo, il quale è il soggetto colpito dalla sanzione esecutiva. Il titolo esecutivo, contro l'originario debitore (non occorre procurarsene uno contro il terzo), per coinvolgere nell'esecuzione il terzo deve sempre avere carattere composito, dovendo essere accoppiato all'atto che consente di assoggettare alla responsabilità quest'ultimo: e cioè all'atto di costituzione del pegno o dell'ipoteca da parte del terzo (nel caso a ) , all'atto di cessione al terzo del bene gravato da ipoteca, (nel caso b ) , alla sentenza di revoca (nel caso c). - poiché il terzo non risponde con tutti i suoi beni, ma solo con quelli oggetto della garanzia reale o la cui cessione è stata revocata, occorre che nel precetto siano indicati i beni del terzo che si intendono espropriare. - il titolo esecutivo ed il precetto vanno notificati oltre cha al debitore, anche al terzo, giacché quest'ultimo è il soggetto contro il quale si compie l'espropriazione. Il pignoramento e in generale gli atti d'espropriazione si compiono nei confronti del terzo al quale si applicano tutte le disposizioni relative al debitore, tranne il divieto, per il quale il debitore non può fare offerte all'incanto, che non si applica al terzo. Ogni volta in cui secondo le norme generali dell'espropriazione deve essere sentito il debitore, è sentito anche il terzo (giacché è quest'ultimo ad essere l'esecutato). Debitore è comunque solo parte formale, giacché la parte sostanziale contro cui si dirige l'esecuzione è come si è più volte detto, solo il terzo. PARTICOLARITÀ IN TEMA DI INTERVENTO DEI CREDITORI: - i creditori del debitore diversi dal creditore procedente non possono intervenire, in quanto il diritto di seguito connesso alla garanzia reale o la dichiarazione di inefficacia della cessione che si ha con l'azione revocatoria sono strumenti esclusivamente processuali, che giovano soltanto a chi li utilizza, cioè al creditore a favore del quale è stata costituita la garanzia reale o che ha esperito l'azione revocatoria. In sostanza, è solo a favore di questo creditore che opera l'inefficacia della vendita del bene gravato dal diritto di seguito, si tratta cioè di un'inefficacia   46   «relativa» al solo creditore a favore del quale era stata costituita la garanzia o che ha esperito la revoca. Per tutti gli altri creditori del debitore il bene è come se fosse ancora nel patrimonio del terzo. Fanno ovviamente eccezione eventuali creditori del debitore che avessero anch'essi garanzie reali sul bene o che avessero anch'essi esperito l'azione revocatoria. - possono intervenire i creditori del terzo e ciò in quanto l'esecuzione si compie nei confronti di costui. Tuttavia costoro dovranno in questo caso essere sempre postergati al creditore procedente, giacché il diritto di garanzia a suo favore o la revoca che egli ha ottenuto, fungono da prelazioni «processuali» nei suoi confronti in quanto incidono sul bene del terzo a suo vantaggio, prima di qualsiasi altro creditore. Per cui i creditori del terzo potranno beneficiare solo di ciò che rimane dalla vendita del bene del terzo, dopo che è stato soddisfatto il creditore procedente. se c'è un residuo dopo che sono stati soddisfatti i creditori, questo spetta al terzo e non al debitore del procedente.       47   ESECUZIONE  IN  FORMA  SPECIFICA   Casi in cui il diritto del creditore può essere realizzato nella sua identità specifica, e cioè mediante la consegna del bene o il compimento della attività che ne costituisce lo specifico oggetto e non con la trasformazione in denaro. Consente la realizzazione dell'obbligo primario (ad es. consegnare quella data cosa, eseguire quel determinato fare, ecc.) e non semplicemente una soddisfazione per equivalente, come avviene per l'espropriazione forzata. Tranne nell'ipotesi in cui l'obbligo abbia per oggetto una prestazione indivisibile a favore di più parti, tale tipo di esecuzione non consente dal lato attivo la partecipazione di altri soggetti che non siano il procedente (esclude in senso assoluto ogni forma di intervento e di concorso). Si dice anche diretta, in quanto consente la realizzazione coattiva dell'obbligo o dell'obbligazione attraverso l'intervento degli organi esecutivi, escludendo la volontà dell'obbligato. ESECUZIONE FORZATA PER CONSEGNA O RILASCIO - art. 2930 c.c. – Se non è adempiuto l’obbligo di consegnare una cosa determinata, mobile o immobile, l’avente diritto può ottenere la consegna o il rilascio forzati a norma delle disposizioni del c.p.c. Art. 605 ss. c.p.c.: consentono di ottenere coattivamente il trasferimento del possesso di una cosa mobile o immobile determinata (trasferimento del possesso). Nell'ipotesi di cosa mobile, si ha l'esecuzione per consegna (art. 606), mentre se la cosa è immobile si parla di esecuzione per rilascio (art. 608). Competente per materia per tale procedura è il tribunale del luogo in cui si trovano le cose mobili da consegnare o le cose immobili da rilasciare. Caratteristiche di questa forma di esecuzione sono: - la mancanza del giudice dell’esecuzione, in quanto l’organo prepostovi è direttamente l’ufficiale giudiziario; - la mancanza di un fascicolo d’ufficio. Esecuzione per consegna ed esecuzione per rilascio presentano alcuni tratti comuni quanto alle attività preliminari di notifica dal titolo esecutivo e del precetto, per poi divergere nel seguito della procedura. La notifica del titolo esecutivo e del precetto presenta per entrambe le esecuzioni, le due particolarità previste dall'art. 605: il precetto per consegna di beni mobili o il rilascio di beni immobili deve contenere, oltre le indicazioni di cui all'art. 480 (invito a rilasciare i beni entro il termine di 10 giorni), anche la descrizione sommaria della cosa mobile o immobile, da consegnare o rilasciare. Se il titolo esecutivo prevede il termine della consegna o del rilascio, l’intimazione contenuta nel precetto va fatta con riferimento a tale termine. A differenza dell'espropriazione forzata alla quale può ricorrersi sulla base di ogni titolo esecutivo, l'esecuzione ex art. 605 ss. può effettuarsi solo in presenza dei titoli previsti dal n. 1 (titoli giu- diziali) e dal n. 3 (atti pubblici) dell'art. 474. È esclusa pertanto la possibilità di impiego dei titoli di cui al n. 2 della norma e cioè la scrittura privata autenticata e i titoli di credito. PROCEDIMENTO DI CONSEGNA DI COSA MOBILE: – art. 606 – La consegna si effettua negli stessi modi previsti dall'art. 513 per l'espropriazione mobiliare. Decorso il termine l'ufficiale giudiziario, col titolo e con il precetto, si reca nel luogo nel quale si trova la cosa mobile, la apprende e ne fa consegna alla parte istante o a persona da lei designata, che può essere anche il difensore. Se le cose da consegnare sono pignorate, la consegna si blocca fin quando l'avente diritto alla consegna non dimostri attraverso l'impiego dell'opposizione ex art. 619 che la cosa non era di proprietà del debitore, ma la sua.   50   Provvedimento: la procedura ha inizio con la presentazione del ricorso al giudice, con cui la parte istante chiede che siano determinate le modalità dell’esecuzione. Ciò può avvenire, comunque, sempre dopo la notifica del precetto. Il giudice provvede, con ordinanza, a determinare tempo e modalità della esecuzione (dovrà in stabilire, il quomodo dell'esecuzione, mentre l’an è già stato stabilito nel titolo esecutivo), sentita la parte obbligata. Tale previa audizione è sempre obbligatoria, anche nel caso in cui abilitato ad eseguire le opere sia lo stesso creditore. Per la determinazione della modalità di esecuzione, il giudice potrà servirsi di un consulente tecnico. Con la sua ordinanza il giudice designa l’ufficiale giudiziario che deve procedere all’esecuzione, nonché le persone che devono materialmente provvedere al compimento dell’opera non eseguita o alla distruzione di quella compiuta. Chi effettua le operazioni materiali del fare e del disfare non può essere l'ufficiale giudiziario, essendo necessario l'intervento di persone esperte e organizzate. La sua presenza non serve pertanto a dirigere tali attività, ma a renderle «giurisdizionali» e cioè espressione del potere dello Stato che attua coattivamente la pretesa esecutiva. Difficoltà sorte nel corso dell’esecuzione: l’ufficiale giudiziario può farsi assistere dalla forza pubblica se sorgono ostacoli da rimuovere nel corso dell'esecuzione e deve chiedere al giudice dell’esecuzione le opportune disposizioni per eliminare le difficoltà che sorgono nel corso dell’esecuzione. Il giudice dell’esecuzione provvede con decreto. Rimborso delle spese: l'anticipazione delle spese per l'esecuzione delle opere (che possono essere anche elevate se l'opera è di particolare consistenza: ad es. demolizione di un edificio) è a carico della parte istante la quale le recupererà alla fine dell'esecuzione, presentando al giudice una nota delle stesse allegata ad un ricorso per ingiunzione (la nota deve essere vistata dall'ufficiale giudiziario giacché il giudice può non sapere se tutte le spese siano o meno attinenti all'esecuzione). Il giudice dell’esecuzione, quando riconosce giustificate le spese denunciate, provvede con decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo. Nel caso di obbligo di fare, a differenza degli obblighi di non fare, il creditore può sempre ottenere il risarcimento del danno subito. Esecuzione dei provvedimenti di consegna dei minori: l. 74 del 1987: all'attuazione dei provvedimenti relativi all'affidamento della prole provvede il giudice del merito, l'esecuzione dell'obbligo di consegna dei minori deve attuarsi in via breve attraverso disposizioni date dal giudi- ce del divorzio (o della separazione), sollecitato dal genitore che intende ottenere l'esecuzione dell'obbligo. Dopo l'emanazione della sentenza di separazione o di divorzio il giudice del merito ha esaurito ormai ogni funzione e più non esiste. Per cui, se il provvedimento è ormai divenuto definitivo, si ripiega, sulle forme del processo esecutivo, che dovrebbero essere quelle dell'art. 612 (esecuzione forzata degli obblighi di fare e non fare se si segue l'interpretazione della Cassazione) o dell'art. 605 (esecuzione per consegna o rilascio se si seguono gli ultimi sviluppi della dottrina). In ogni caso la tutela dell'avente diritto dovrebbe essere rinforzata, quantomeno nel divorzio, dalla misura coercitiva della l. div., che prevede la sanzione penale nel caso di inadempimento dell'obbligo di consegna del minore. Misure coercitive disposte dalla riforma del 2009, volte all'attuazione di un obbligo di fare infungibile o di non fare, in alternativa all'esecuzione forzata Attuazione degli obblighi di fare infungibile o di non fare - art. 614-bis (enunciata una forma di esecuzione indiretta) – non prevede che il debitore sia costretto con la forza ad adempiere l’obbligazione infungibile, ma consente al giudice, salvo che non sia manifestamente iniquo e su richiesta di parte, di condannare chi si è reso inadempiente di obbligo di non fare o di fare infungibile anche al pagamento di una somma di denaro per ogni violazione o inosservanza successiva, oppure per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento. Introduce l'impiego di misure coercitive per la rapida attuazione di un fare infungibile o di un obbligo di non fare, prescindendo dall'esecuzione forzata. Ha introdotto anche nel nostro ordinamento l’istituto delle aistrentes previste soprattutto in Francia. Trattasi di una sanzione limitata alle sole ipotesi in cui l’oggetto della condanna sia un fare infungibile o la distruzione dell’opera compiuta in violazione di un obbligo di non fare.   51   I problemi più gravi nascono comunque dal testo stesso della norma: - che senso abbia una condanna ad un «fare infungibile» (ad es. il facere dell'artista), se il fare è infungibile, non pare avere alcun senso chiederne esecuzione, essendo ovvio che bisognerebbe optare per il risarcimento del danno. La norma pertanto sotto tale profilo praticamente non serve. - anche ammesso che la suddetta misura possa adempiere allo scopo con riferimento al fare infungibile o agli obblighi di non fare, non è chi non veda come la norma presenti un'altra grave pecca, data dal fatto che non si comprende a che cosa debba o possa commisurarsi l'eventuale «violazione o inosservanza» successiva o il «ritardo» nell'esecuzione del provvedimento, non essendovi in proposito alcun riferimento cronologico (giorni, mesi) al quale ricollegare l'inadempienza. - disposizione in ogni caso non lascia alcun margine discrezionale al giudice di decidere se applicare o meno la sanzione, ma gli impone l'obbligo di farlo («... il giudice ...fissa»), salvo che ciò sia «manifestamente iniquo». Quale siano i criteri che consentano di determinare quando si sia di fronte alla «manifesta iniquità», non è però dato sapere e non sembra possibile rinvenire alcun elemento che possa servire alla bisogna. Il giudice determina l’ammontare della somma tenuto conto del valore della controversia, della natura della prestazione, del danno quantificato o prevedibile e di ogni altra circostanza utile. Anche per la determinazione del quantum da porre a carico dell'obbligo i problemi non sono minori, essendo questo correlato a molti vaghi parametri, tutti quanti concorrenti e di difficile specificazione. - ammesso che la misura prevista dall'art. 614-bis, possa servire a qualche scopo, si deve rilevare che essa non è applicabile ai rapporti di lavoro subordinato, nonché ai rapporti di collaborazione «coordinata e continuativa» di cui all'art. 409 c.p.c. In pratica, la norma non si applica a nessuna delle situazioni previste dall'art. 409 c.p.c. - la norma prevede che il provvedimento di condanna, costituisca titolo esecutivo anche per la parte in cui prevede il pagamento delle somme per l'ipotesi di mancata attuazione dell'obbligo, limitando però tale efficacia al caso della violazione o inosservanza successiva e non a quello del ritardo nell'esecuzione del provvedimento. Notifica titolo esecu- tivo solo giudiziale Possibile notifica congiunta Notifica precetto I Deposito ricorso nella cancelleria del tribunale in cui si chiede che siano determinate le modalità del- l'esecuzione v Il giudice dell’esecuzione in calce al ricorso fissa con decreto la data d’udienza di comparizione delle parti v Udienza di compari- zione delle parti Il giudice con ordinanza designa l'ufficiale giudi- ziario e le persone che devono eseguire l’opera non eseguita o distruggere quella eseguita deter- minando, se occorre, le modalità pratiche v Esecuzione con eventuale assi- stenza della forza pubblica v Se sorgono difficoltà di natura giu- ridica ex art. 613 c.p.c. v Il giudice le risolve con decreto su richiesta dell'ufficiale giudiziario (1) Nel caso di obblighi di fare infungibile e di non fare il giudice, salvo che non sia manifestamente iniquo e su richiesta di parte, può condannare chi si è reso inadempiente di obbligo di non fare o di fare infungibile anche al pagamento di una somma di denaro per ogni violazione 0 inosservanza successiva, oppure per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento (art.614bis, aggiunto dalla L. 69/2009 ed applicabile ai giudizi instaurati successivamente al 4-7-2009).   55   • orizzontale: è territorialmente competente il giudice del luogo dell'esecuzione (del luogo cioè in cui si effettua l'esecuzione). Tale competenza ha però per presupposto che nell'atto di precetto il creditore istante abbia eletto domicilio nel luogo in cui intende promuovere l'esecuzione. Se manca l'elezione di domicilio, l'opposizione «a precetto» (e solo questa) si propone di fronte al giudice del luogo in cui tale atto è stato notificato. L’opposizione si può proporre prima dell’esecuzione o durante: - prima dell’inizio dell'esecuzione l’opposizione si propone come opposizione al precetto, mediante citazione proposta davanti al giudice competente per valore e per territorio. L'atto introduttivo del giudizio sarà costituito da un atto di citazione ai sensi dell'art. 163 (da notificare con il rispetto dei termini di cui all'art. 163-bis). - se l'esecuzione è iniziata (e cioè si è avuto il pignoramento o è stato posto in essere l'atto introduttivo delle esecuzioni) o se si tratta di esecuzione con cui si contesta la pignorabilità dei beni, il giudizio si introduce con ricorso da presentare al giudice dell'esecuzione il quale fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé e il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto. Se competente per la causa, il giudice dell’esecuzione, procede all’istruzione fissando un termine perentorio per l’introduzione del giudizio di merito (il che dovrà avvenire attraverso un separato atto di citazione), previa iscrizione a ruolo a cura della parte interessata, nel rispetto dei termini a comparire di cui all’art. 163-bis, o altri se previsti, ridotti della metà; altrimenti rimette le parti al giudice competente assegnando un perentorio per la riassunzione. Il giudice dell’esecuzione può non coincidere con quello competente per l'opposizione, che, può essere sotto il profilo verticale anche il giudice di pace. Il giudizio di opposizione all'esecuzione è sempre un episodio autonomo rispetto al processo esecutivo, quand'anche vi sia una perfetta coincidenza fra il giudice dell'esecuzione e quello dell'opposizione: esso ha natura di azione di accertamento negativo Il giudice dell’esecuzione, concorrendo gravi motivi, sospende su istanza di parte l’efficacia esecutiva del titolo. L'opposizione all'esecuzione non è legata ad alcun termine di decadenza, salvo quello della conclusione del processo esecutivo (dopodiché non è ovviamente più proponibile). Il giudizio di opposizione (la cui udienza di comparazione si svolge secondo il rito camerale ex. artt. 737 ss. nel caso in cui l’esecuzione sia già iniziata) si conclude con sentenza (che dopo la riforma del 2009 torna ad essere impugnabile), che può essere: - di rigetto: in tal caso il processo esecutivo riprende il suo corso. Se l'opposizione è rigettata e la sentenza passa in giudicato, non sarà più possibile riproporre l'opposizione all'esecuzione per lo stesso motivo già dedotto. Resta salva la possibilità di proporre altra opposizione per motivi diversi. - di accoglimento: in tal caso diventano illegittimi tutti gli atti esecutivi compiuti, l’accoglimento fa cadere l'intero processo esecutivo.   56   OPPOSIZIONE AGLI ATTI ESECUTIVI art. 617: si contesta la regolarità formale del titolo esecutivo, del precetto (e della notificazione del titolo esecutivo e del precetto) o degli altri atti del procedimento di esecuzione (es. pignoramento). Essa è diretta a sollevare una questione puramente processuale, impugnandosi con essa il singolo atto esecutivo, di cui si sostiene la invalidità. Quando è diretta contro il titolo esecutivo o il precetto, essa consente di dedurre esclusivamente i vizi del titolo esecutivo processuale di cui all'art. 475: cioè l'irregolarità degli atti che precedono l'esecuzione (ad es. la mancanza della formula esecutiva). Nel caso che l'opposizione ex art. 617 sia diretta contro gli atti esecutivi veri e propri, essa potrà concernerne per es. l'avere effettuato il pignoramento oltre il termine di cui all'art. 481. A differenza dell'opposizione all'esecuzione, l'opposizione ex art. 617 non concerne l’an dell'esecuzione, ma il quomodo della stessa, per tale motivo essa è definita anche quale opposizione di forma (a differenza dell'esecuzione di cui all'art. 615, che è chiamata «opposizione di merito»). L’opposizione può essere diretta: - a contestare la regolarità formale degli atti del processo, e cioè: a) la regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto;   57   b) la regolarità formale della notificazione del titolo e del precetto e quella dei singoli atti esecutivi. - a contestare l’opportunità degli atti esecutivi. Legittimati attivi: a differenza di quella ex art. 615 che spetta esclusivamente al debitore, può essere proposta anche da soggetti diversi dal debitore, purché abbiano uno specifico «interesse» in proposito (es. credito pignorante, intervenuti, e i terzi che si trovano ad essere coinvolti nel processo esecutivo). Legittimato passivamente: è il soggetto che ha compiuto l’atto al quale ci si oppone. L'op- posizione ex art. 617 determina sempre un litisconsorzio necessario con il debitore e con tutti i creditori, pena la nullità del processo rilevabile anche d'ufficio in sede di legittimità. Procedimento: a differenza dell'opposizione all'esecuzione che è senza termine, salvo quello finale della chiusura dell'esecuzione, l'opposizione agli atti esecutivi va proposto nel termine perentorio di 20 giorni che decorre: 1) dalla notifica del titolo esecutivo e del precetto se l'opposizione concerne le irregolarità del titolo esecutivo o del precetto; 2) dal primo atto di esecuzione, se concerne l'irregolarità della notifica del titolo esecutivo e del precetto, oppure eventuali irregolarità del titolo esecutivo e del precetto che non sia stato possibile fare valere nel termine di cui sopra al punto 1); 3) dal compimento del singolo atto di esecuzione, per atti diversi. L’opposizione, la cui udienza di comparizione si svolge secondo il rito camerale ex art. 737 ss. e sarà decisa con sentenza non impugnabile, va proposta con citazione, prima dell’inizio dell’esecuzione; con ricorso, se proposta dopo tale momento. È competente il giudice dell'esecuzione e quindi sempre il tribunale. Può variare solo la competenza per territorio, (nell'opposizione ex art. 617 si sposta solo la competenza «orizzontale», non quella «verticale»): - prima dell'inizio dell'esecuzione essa spetta anche qui al giudice del luogo in cui il creditore procedente ha eletto domicilio nel precetto o, in mancanza, al giudice del luogo in cui è stato notificato il precetto, di fronte ai quali l'opposizione si propone con citazione; - dopo l'inizio dell'esecuzione, la competenza spetta al giudice dell'esecuzione, di fronte al quale l'opposizione si deduce con ricorso e di fronte al quale però saranno pronunciati solo i «provvedimenti opportuni»: il seguito del giudizio si svolge a parte, previa la sua autonoma introduzione con un successivo atto di citazione, notificato nel termine perentorio disposto dal giudice all'udienza, con i termini di comparizione dell'art. 163-bis ridotti a metà. Il giudice dell’esecuzione fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé e il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto, e dà, nei casi urgenti, i provvedimenti opportuni. All’udienza dà con ordinanza i provvedimenti che ritiene indilazionabili ovvero sospende la procedura. In ogni caso fissa un termine perentorio per l’introduzione del giudizio di merito, previa iscrizione a ruolo della causa a cura della parte interessata, osservati i termini a comparire di cui all’art. 163-bis ridotti a metà. La causa è decisa con sentenza non impugnabile. L'accoglimento dell'opposizione determina la nullità dell'atto esecutivo opposto, la nullità del singolo atto non determina la nullità di quelli che ne sono indipendenti, se invece la nullità si è ripercossa sugli atti successivi, tutti gli atti conseguenti saranno nulli (es. la nullità del pignoramento non sanata, travolge tutti gli atti conseguenti ed anche l'ordinanza di vendita). La nullità degli atti esecutivi precedenti la vendita o l'assegnazione, non invalida queste ultime, in quanto «non ha effetto riguardo all'acquirente o all' assegnatario» (salvo il caso di «collusione» fra l'acquirente o l'assegnatario ed il creditore procedente: art. 2929 c.c.). In sostanza la catena delle nullità degli atti esecutivi, si ferma alla vendita e all'assegnazione. Resta salva la possibilità di dedurre la nullità degli atti successivi (ad es. della distribuzione), che possono anche invalidare tutta quanta l'esecuzione. La vendita e l'assegnazione rappresentano una barriera nel processo esecutivo   60   che dimostri che il bene è del terzo). L'ufficiale giudiziario non può esimersi dal pignorare i beni che trova, potendo quindi coinvolgere anche beni che appartengano a potenziali terzi. L’opposizione di terzo può essere proposta dal momento in cui il bene viene colpito dall’azione esecutiva (es. dal momento del pignoramento): - tempestiva: se proposta prima della vendita o dell’assegnazione del bene; - tardiva se proposta successivamente: in questa ipotesi a) se l'opposizione dà esito positivo e si conclude prima della vendita o dell'assegnazione, il terzo potrà recuperare il bene o sottrarre comunque il proprio diritto all'esecuzione. b) se l'opposizione si conclude dopo la vendita, v'è limite per le cose mobili, il diritto dell'acqui- rente diviene intangibile, per cui al terzo opponente, ancorché vincitore, non resta che fare valere i propri diritti sulla somma ricavata dell'esecuzione, purché questa non sia stata ancora distribuita ai creditori. In tal caso non resta al terzo altro che un'azione di risarcimento danni nei confronti del creditore procedente, ma solo se costui ha agito con dolo. Nella vendita forzata di cose mobili, non esiste la garanzia per evizione. Nel caso di immobili invece tale garanzia esiste ed il terzo potrà recuperare il bene anche presso l'acquirente. Legittimati attivamente all’opposizione sono i terzi che vantino proprietà o altri diritti reali sui beni. Legittimati passivamente (quali litisconsorzi necessari) sono: - il creditore pignorante o procedente; - il debitore o il terzo assoggettato all’esecuzione. L'opposizione di terzo è possibile solo da chi rivendichi sui beni la proprietà o altro diritto reale: - nel caso in cui venga rivendicata la proprietà, il terzo intenderà sottrarre integralmente il bene all'esecuzione; - nel caso di diritto reale parziario (come ad es. l'usufrutto), il terzo, accertata l'esistenza del suo diritto, otterrà che il processo esecutivo prosegua solo sulla nuda proprietà, salvaguardando il proprio diritto di usufrutto che continuerà a sussistere. Escluso è che con l'opposizione di terzo possano essere tutelati rapporti obbligatori, come ad es. la locazione Competenza territoriale spetta sempre al giudice del luogo dell'esecuzione; quella per valore è determinata con riferimento al valore dei beni controversi. per cui può spettare anche al giudice di pace se il bene coinvolto è un bene mobile di valore non superiore a quello per il quale si determina la competenza di quest'ultimo. A differenza dell'opposizione ex art. 615, che prevede uno spostamento della competenza tanto orizzontale che verticale e dell'opposizione ex art. 617, che prevede uno spostamento della competenza solo orizzontale (spettando quest'ultima sempre al tribunale), l'opposizione di terzo ha solo una competenza verticale, che può spettare al giudice di pace o al tribunale (a seconda del valore dei beni contestati) del luogo in cui è stata incardinata l'esecuzione. L’opposizione si introduce con ricorso diretto al giudice dell’esecuzione, il quale convoca le parti davanti a sé, disponendo la notifica del ricorso e del decreto alla controparte. - se all’udienza le parti raggiungono un accordo (definizione consensuale della vertenza) il processo si chiude con un ordinanza emanata dal giudice dell'esecuzione, con la quale saranno dati anche i consequenziali provvedimenti, che potranno essere inerenti alla prosecuzione del processo esecutivo se questo era stato sospeso (nel caso ad es. in cui le parti abbiano riconosciuto che il bene era stato giustamente assoggettato ad esecuzione) o ad estinguere il processo (nel caso opposto, in cui il bene risulti effettivamente essere del terzo). - se l'accordo non viene raggiunto, occorrerà decidere la questione con sentenza, ma ciò non potrà essere fatto dal giudice dell'esecuzione, bensì dal giudice competente per valore. A tal uopo il giudice dell'esecuzione dovrà disporre la riassunzione della causa di fronte al giudice di pace oppure, se la competenza spettava al tribunale adito, dovrà disporre un termine perentorio entro il quale il terzo dovrà iniziare il giudizio di fronte al tribunale con atto di citazione avente i termini di cui all'art. 163-bis ridotti a metà.   61   Qualora l’opposizione venga accolta, deve distinguersi il caso - in cui essa riguardi tutti i beni: l’effetto dell’accoglimento è l’arresto definitivo dell’esecuzione, con la caducazione di tutti gli atti esecutivi compiuti; - in cui essa riguardi solo alcuni beni: si procede alla separazione dell’oggetto (o degli oggetti) su cui è accertato il diritto del terzo, mentre l’esecuzione prosegue per gli altri beni. Limiti della prova testimoniale – art. 621 – il terzo opponente non può provare con testimoni il suo diritto sui beni mobili pignorati nella casa o nell’azienda del debitore; per tali tipi di beni, la prova della proprietà o del diritto reale del terzo non può essere data per testimoni, può essere pertanto solo scritta, fornita con atto pubblico o con scrittura privata. Tranne che l’esistenza del diritto stesso sia resa verosimile dalla professione o dal commercio esercitati dal terzo o dal debitore. OPPOSIZIONE DI TERZO NELL'ESECUZIONE IN FORMA SPECIFICA: l'opposizione di terzo di cui all'art. 619 è prevista essenzialmente per l'espropriazione forzata, non riguarda pertanto l'esecuzione in forma specifica. Per tentare di risolvere il problema occorre vedere quale tipo di pregiudizio può ricevere il terzo dal processo esecutivo. Nel caso di diritti incompatibili con quello tutelato nell'esecuzione: a) bisogna verificare se tali diritti incompatibili siano: - dipendenti dalla posizione dell'esecutato: es. il diritto del subconduttore rispetto l'esecuzione dello sfratto nei confronti del conduttore, il titolo esecutivo di rilascio vale anche nei confronti del terzo, che qui soggiace dell'efficacia riflessa del giudicato. Ne consegue che il terzo non ha tutela rispetto l'esecuzione, salva la possibilità dell'opposizione ex art. 404, 2° co. contro la sentenza, dimostrando però la collusione fra l'attore e il convenuto. Se l'opposizione è accolta, di riflesso cadrà anche l'esecuzione.   62   - autonomi rispetto la posizione dell'esecutato: es. Tizio che ha agito con successo in riven- dica contro Caio, esegue la consegna o il rilascio della cosa nei confronti di costui, ma questa risulta di proprietà di Sempronio. In questi casi è fondamentale una distinzione volta a verificare se il pregiudizio al terzo deriva dall’esecuzione o dalla sentenza. Allorché l'ufficiale giudiziario trova nell'immobile un terzo che lo possiede in virtù di un titolo validamente opponibile all'esecuzione, dovrebbe astenersi dal procedere. Se procede, l'esecuzione è illegittima in quanto diretta contro un soggetto non menzionato nel titolo esecutivo. In questo caso al terzo spetta l'opposizione ex art. 615, giacché l'esecutante era privo di azione esecutiva nei suoi confronti. Ciò vale ovviamente anche nell'ipotesi che il titolo esecutivo sia di natura stragiudiziale (ad es. atto pubblico). Può avvenire che il pregiudizio al terzo possa derivare direttamente dalla sentenza. Ciò si verifica ad esempio nel caso in cui la sentenza abbia disposto l'esecuzione di opere che inci- dano sulla proprietà di un terzo. Di conseguenza è la sentenza che va rimossa, utilizzando l'opposizione di cui all'art. 404, primo comma (la quale consente, anche la sospensione dell'esecuzione). Vi può essere l’ipotesi in cui la posizione del terzo incisa dall'esecuzione, è solo una posizione di mero fatta posta in essere molto spesso di comune accordo con l'esecutato, per aggirare il risultato dell'esecuzione: es. l'ufficiale giudiziario si reca a casa di Caio per ottenere la cosa, la quale è invece detenuta da Sempronio senza alcun titolo. Qui l'ufficiale giudiziario può procedere direttamente all'apprensione della cosa. Il titolo di rilascio avrebbe efficacia erga omnes, valendo nei confronti di ogni detentore, ancorché non menzionato nel titolo stesso: può valere nel caso del possessore senza titolo o del terzo soggetto all'efficacia riflessa del giudicato; ma non può certo valere nei confronti del terzo titolare di un diritto incompatibile a carattere autonomo, giacché non avrebbe senso dire in questi casi che il titolo di rilascio vale anche contro i terzi, quando poi questi possono farlo cadere ai sensi dell'art. 615 o 404.       65   Sospensione per opposizione all’esecuzione: se è proposta opposizione all’esecuzione a norma degli art. 615 e 619, il giudice dell’esecuzione, concorrendo gravi motivi, sospende, su istanza di parte, il processo con cauzione o senza. L'istanza di sospensione è normalmente contenuta nell'atto di opposizione (ma può essere proposta anche a parte), per cui il giudice dell'esecuzione provvederà con ordinanza all’udienza di comparizione delle parti disposta a seguito del ricorso per l'opposizione e prevista agli artt. 616, 618 e 619, secondo comma. Ma nei casi urgenti può provvedere anche con decreto inaudita altera parte, riservandosi all'udienza di comparizione delle parti di confermare o revocare la sospensione. La sospensione è sempre facoltativa (anche in caso di sospensione concordata), ad eccezione del caso previsto dall’art. 512 (nel procedimento di distribuzione della somma ricavata); è disposta con ordinanza, e la prosecuzione deve avvenire nel termine perentorio di 6 mesi dalla data di cessazione della causa di sospensione. La sospensione è possibile solo quando concorrono gravi motivi (ha quindi natura cautelare). L'udienza di comparizione delle parti in tutte e tre le ipotesi di opposizione, si svolge con le forme del rito camerale di cui agli artt. 737 ss., il che significa che il giudice ai fini della concessione del provvedimento urgente di sospensione, potrà ricorrere anche alle sommarie informazioni di cui all'art. 738, terzo comma. Poiché il provvedimento (ossia l’ordinanza di sospensione dell’esecuzione) ha natura cautelare, il novellato art. 624 prevede come rimedio contro di esso il reclamo di cui all’art. 669-terdecies, invocabile sia da parte del convenuto del giudizio di opposizione (il creditore munito di tiolo che ha dato vita all’esecuzione) sia da parte dell’opponente che si è visto rigettare la richiesta di sospensione. Contro l’ordinanza che provvede sull’istanza di sospensione è ammesso reclamo nei 15 giorni, ai sensi dell'art. 669-terdecies. Esso si estende anche alle ipotesi della sospensione disposta in sede di opposizione agli atti esecutivi, della sospensione di cui all'art. 512 (sospensione per la risoluzione delle controversie in sede di distribuzione) e anche della sospensione prevista dall'art. 615, primo comma. Il nuovo 3° co. dell’art. 624, introdotto con la riforma del 2009, ha cambiato le regole nel caso in cui il giudice disponga la sospensione del processo. In tal caso: - se l’ordinanza non viene reclamata o viene confermata in sede di reclamo, si aspetta l’introduzione del giudizio di merito sulla sospensione dell’esecuzione; - se questo avviene nel termine indicato dal giudice, il processo esecutivo, pur se sospeso, non si estinguerà; - se il processo di merito non è stato introdotto nel termine perentorio indicato dal giudice, lo stesso giudice dell’esecuzione dichiarerà, anche d’ufficio, con ordinanza, l’estinzione del processo esecutivo (reclamabile ex. art. 630) e la cancellazione della trascrizione del pignoramento mobiliare, provvedendo anche sulle spese. La disciplina degli ultimi due commi dell'art. 624 si applica solo nel caso di sospensione concessa a seguito delle opposizioni di cui agli artt. 615, 617 e 619, ma non a quella disposta ai sensi dell'art. 512, per la quale è richiamato solo il secondo comma dell'art. 624, ma non i successivi. Il che vale quanto dire che anche in questo caso il provvedimento di sospensione è sottoposto a reclamo, ma se questo non viene proposto o è respinto, l'effetto è solo quello della permanenza della sospensione, senza alcuna influenza sul processo esecutivo che rimane in piedi, sia pure in stato di arresto, fino all'esito della decisione sulle contestazioni. Riforma del 2009, oltre alla riscrittura del testo degli ultimi due commi dell’art. 624, ha provveduto anche alla modifica di alcune parti della norma che presentavano problemi: a) nel nuovo testo del 3° co. dell’art. 624, è evidenziato come la conseguenza del mancato reclamo contro l’ordinanza di sospensione o la sua reiezione determini l’ “estinzione del processo”, e non più del semplice “pignoramento”, come stava scritto nella disciplina previgente. Ciò vale ad includere nella disciplina della sospensione non solo l’espropriazione forzata ma anche l’esecuzione in forma specifica;   66   b) l’estinzione della procedura esecutiva travolge tutto e non si capisce quali atti esecutivi possono rimanere in piedi; c) l’estinzione del processo non estingue l’azione, per cui il processo può essere sempre posto in essere ex novo senza che esso debba risentire del provvedimento strumentale emesso nel processo precedente; d) il legislatore del 2009 ha perso l'occasione per correlare la disciplina della sospensione anche alle opposizioni in materia di lavoro previste dall'art. 618-bis. Il richiamo anche ad esse è comunque implicito, giacché si tratta di normali opposizioni all'esecuzione o agli atti esecutivi, nelle quali ciò che cambia è solo la forma del procedimento di opposizione. e) il primo comma dell'art.. 624 richiama la disciplina della sospensione con riferimento all'intero articolo 615. È tuttavia ovvio che il primo comma di quest'ultima norma ne è escluso, in quanto riferendosi all'opposizione proposta quando l'esecuzione «non è ancora iniziata», non può essere inciso da alcuna sospensione. SOSPENSIONE SU ISTANZA DELLE PARTI - art. 624-bis – Il giudice dell’esecuzione, su istanza di tutti i creditori muniti di titolo esecutivo (d'accordo fra tutti), può sentito il debitore, sospendere il processo fino a 24 mesi. Termine a pena di decadenza entro il quale presentare l'istanza: - nell'espropriazione mobiliare l’istanza per la sospensione può essere proposta fino alla data dell'asporto dei beni o fino a 10 giorni prima della vendita se questa deve essere effettuata nei luoghi in cui essi sono custoditi (in loco) e comunque non oltre l'effettuazione della pubblicità commerciale; nell'espropriazione presso terzi, l'istanza non può più essere proposta dopo la dichiarazione di terzo; - nell'espropriazione immobiliare essa può essere proposta fino a 20 giorni prima della scadenza del termine per il deposito delle offerte di acquisto nella vendita senza incanto o nel caso in cui la vendita senza incanto non abbia luogo, fino a 15 giorni prima della data fissata per l'incanto. La concessione è discrezionale e non è legata ad alcun particolare motivo. Va disposta con ordinanza sentito il debitore. La sospensione può essere concessa una sola volta e non può superare 24 mesi. Essa è revocabile in ogni momento anche su istanza di un solo creditore, sentito sempre il debitore. Entro 10 giorni dalla scadenza del termine la parte interessata deve presentare istanza per la fissazione dell’udienza in cui il processo deve proseguire. EFFETTI DELLA SOSPENSIONE E RIPRESA DEL PROCESSO Durante la sospensione non possono essere compiuti atti esecutivi (e se compiuti sono nulli), ma a differenza dell'art. 298 per il processo di cognizione è ammessa qui la possibilità di atti conservativi (ad es. sostituzione del custode). La sospensione non travolge gli atti preesistenti che mantengono effetti e sospende i termini in corso (analogamente all'art. 298). Riassunzione: la ripresa del processo, varia a seconda del tipo di sospensione: - nella sospensione concordata il processo va ripreso 10 giorni prima della scadenza del termine di sospensione, presentando un'istanza con cui si chiede la fissazione dell'udienza di prosecuzione. - nel caso di sospensione disposta dal giudice dell'esecuzione, il processo va riassunto nel termine fissato dal giudice dell'esecuzione e comunque non oltre 6 mesi dal passaggio in giudicato della sentenza di primo grado o dalla comunicazione della sentenza di appello che rigetta l'opposizione. Nelle altre ipotesi di sospensione, bisogna valutare le singole disposizioni di legge.       67   ESTINZIONE  DEL  PROCESSO  ESECUTIVO   IPOTESI DI ESTINZIONE: il processo esecutivo si estingue (art. 629-631): a) con il soddisfacimento del creditore; b) per la rinuncia agli atti da parte del creditore (pignorante e quelli intervenuti) nell'espropriazione: - prima dell’aggiudicazione o dell’assegnazione, il creditore pignorante e quelli intervenuti muniti di titolo esecutivo rinunciano agli atti; - dopo la vendita se rinunciano agli atti tutti i creditori concorrenti. Si applicano in quanto possibile le disposizioni dell'art. 306, come quelle sulla forma della rinunzia. L'estinzione sarà pronunciata anche qui con ordinanza. c) per inattività delle parti: quando le parti non lo proseguono o non lo riassumono nel termine perentorio stabilito dalla legge o dal giudice. L’estinzione opera di diritto, ma mentre prima, per essere efficace, doveva essere eccepita dalla parte interessata primo di ogni altra difesa, nei giudizi instaurati successivamente al 4 luglio 2009, data di entrata in vigore della l. 69/2009 che ha modificato l’art. 630, essa è dichiarata anche d’ufficio con ordinanza del giudice dell’esecuzione, non oltre la prima udienza successiva al verificarsi della causa che l’ha determinata (quindi l’inattività delle parti); se è pronunciata fuori udienza, l’ordinanza è comunicata dal cancelliere. L'estinzione va dichiarata dal giudice con ordinanza, che ha effetto retroattivo. L'ordinanza che decide sull'estinzione (sia positiva, che negativa), può essere impugnata dai creditori o dal debitore nel termine di 20 giorni dall'udienza in cui è emanata o dalla sua comunicazione, con reclamo al collegio, a cui si applicano le disposizioni dell'art. 178, terzo comma e successive. Il collegio provvede con sentenza, che può essere appellata a norma dell'art. 130 disp. att. d) per mancata comparizione all’udienza: se nel corso del processo esecutivo nessuna delle parti si presenta all’udienza, fatta eccezione per quella in cui ha luogo la vendita, il giudice dell’esecuzione fissa una udienza successiva di cui il cancelliere dà comunicazione alle parti. Se nessuna delle parti si presenta alla nuova udienza, il giudice dichiara con ordinanza l’estinzione del processo esecutivo (ipotesi della duplice deserzione dall'udienza esecutiva di tutte le parti). e) per l’esecuzione per consegna e rilascio: estinzione per rinuncia, purché fatta «prima della consegna o del rilascio», con atto notificato all'esecutato e da consegnarsi all'ufficiale giudiziario. Non è contemplata l'estinzione per inattività di parti, che è inconcepibile in questo tipo di esecuzione dato che essa una volta posto in essere si svolge integralmente per impulso d'ufficio. Nulla dice la legge per l'esecuzione di obblighi di fare e di non fare, ma riteniamo che si possa applicare per analogia la stessa normativa, con la conseguenza che potrà aversi anche qui una rinuncia unilaterale del procedente. Anche per tale tipo di esecuzione non è prospettabile un'estinzione dell'esecuzione per inattività di parti. L'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 viene meno a seguito della cessazione della materia del contendere. Si ritiene che possano proseguire le eventuali opposizioni ex artt. 615 e 619, in quanto entrambe tendono alla formazione del giudicato su una situazione sostanziale che proietta i suoi effetti fuori dal processo. Ma se ciò è sicuramente vero per l'opposizione ex art. 619, che mette a capo ad un riconoscimento del diritto di proprietà sul bene, non è sempre vero per l'opposizione di cui all'art. 615, la quale acquisisce un valore autonomo proiettabile fuori dal processo solo se concerne l'insussistenza del diritto sostanziale (ovviamente per fatti sopravvenuti alla formazione del titolo esecutivo), non tanto se concerne l'inesistenza del titolo esecutivo, giacché la questione perde di rilievo con l'estinzione stessa del processo esecutivo.   70   PROCEDIMENTO  SOMMARIO  DI  COGNIZIONE   introdotto dalla riforma del 2009 [cognizione superficiale che a certe particolari condizioni può diventare pieno] Impiegabile per le cause di competenza del tribunale in composizione monocratica che non presentino particolare complessità. Fasi: - introduttiva del giudizio (art. 702-bis) - della trattazione e istruttoria (702-ter) - dell’appello (702-quater) Caratteristiche: - sommarietà: il giudice decide in base a una istruzione sommaria, ma nel rispetto del contraddittorio; - forma della domanda: il giudizio non si introduce con citazione, ma con ricorso, per assicurare un più rapido svolgimento della procedura; - decisione: in primo grado è presa con ordinanza e non con sentenza; - appello: si pone come una continuazione eventuale del giudizio, più che un riesame del grado di giudizio precedente. Lo schema è un ibrido fra il processo del lavoro (al quale lo assimila la parte introduttiva, inizia con ricorso) e quello cautelare (al quale il rito assomiglia nel suo svolgimento, salve le differenze). Trattasi di un rito alternativo, per cui la parte può sempre optare per il procedimento ordinario di cui all'art. 163 c.p.c., anche di fronte al tribunale in composizione monocratica. FASE INTRODUTTIVA DEL GIUDIZIO - art. 702-bis - Forma della domanda e costituzione delle parti: la domanda si propone con ricorso, che deve contenere tutti gli elementi della citazione ex. art. 163, esclusa la fissazione della data dell’udienza, ma con l’invito ex. art. 163 n. 7, al convenuto a costituirsi nel termine di 10 giorni prima dell’udienza, con l'avvertimento delle decadenze conseguenti all'eventuale costituzione tardiva, che sono le stesse del rito ordinario (decadenza dalle domande riconvenzionali, dalle eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio e dalla possibilità di effettuare la chiamata in causa di eventuali terzi). La domanda può essere presentata per cause che spettano al tribunale in composizione monocratica. differenza con il rito del lavoro è quella per cui l'onere di indicare le prove nel ricorso, non è imposto a pena di decadenza né per l’attore né per in convenuto. A seguito della presentazione del ricorso il cancelliere forma il fascicolo d’ufficio e lo presenta al presidente del tribunale, il quale designa il giudice che si occuperà del procedimento (stesso procedimento del rito del lavoro). Il giudice designato fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti, assegnando il termine per la costituzione del convenuto, che deve avvenire non oltre 10 giorni prima dell’udienza; il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, deve essere notificato al convenuto almeno 30 giorni prima della data fissata per la sua costituzione. Costituzione convenuto: il convenuto deve costituirsi mediante deposito in cancelleria della comparsa di risposta (depositata in cancelleria almeno 10 giorni prima della data dell’udienza), nella quale (similmente a quanto disposto dall'art. 167) deve proporre le sue difese e prendere posizione sui fatti posti dal ricorrente a fondamento della domanda, indicare i mezzi di prova di cui intende avvalersi e i documenti che offre in comunicazione, nonché formulare le conclusioni. A pena di decadenza deve proporre le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito che non sono rilevabili d’ufficio. Se il convenuto intende chiamare un terzo deve, a pena di decadenza, farne dichiarazione nella comparsa di costituzione e chiedere al giudice designato lo spostamento dell’udienza. Il giudice,   71   con decreto comunicato dal cancelliere alle parti costituite, provvede a fissare la data della nuova udienza assegnando un termine perentorio per la citazione del terzo (diversamente dal rito ordinario e da quello del lavoro, nel nuovo procedimento c'è il rischio della decadenza dalla chiamata, non solo ove non preannunziata nella comparsa di risposta depositata nei termini, ma anche ove la chiamata non venga effettuata nel termine assegnato dal giudice). La chiamata si fa con citazione ed è appunto alla notifica della citazione che si deve avere riguardo per il rispetto del termine fissato dal giudice, l'unico obbligo per il ricorrente è quello di notificare l'atto di chiamata in causa nel termine fissato dal giudice. Il terzo dovrà costituirsi negli stessi modi e termini del convenuto (con comparsa di risposta). Non si può negare all'attore il diritto di effettuare una propria chiamata in causa, specie quando ciò sia stato determinato dalle difese del convenuto svolte in comparsa di risposta, il che potrà avvenire alla prima udienza, secondo la previsione dell'art. 183 c.p.c., con conseguente differimento della stessa per consentire all'incombente ed al successivo svolgimento dell'istruzione. FASE DELLA TRATTAZIONE E DELLA ISTRUTTORIA (art. 702-ter): • fase preliminare: il giudice - se ritiene di essere incompetente lo dichiara con ordinanza; - se rileva che la domanda principale e/o la riconvenzionale non rientrano fra quelle la cui trattazione spetta al tribunale in composizione monocratica, con ordinanza non impugnabile dichiara inammissibile la domanda, la quale potrà essere riproposta ai sensi dell'art. 163 c.p.c. • seconda fase: superata la barriera delle questioni pregiudiziali, il giudice prende le determinazioni di merito - se ritiene che le difese svolte dalle parti richiedono un’istruzione non sommaria: il giudice con ordinanza non impugnabile, dispone la prosecuzione del giudizio secondo le normali regole del processo ordinario di cognizione, fissando la data dell’udienza ex. art. 183. - se ritiene che solo la domanda riconvenzionale richieda un’istruzione non sommaria: dispone solo per questa il rito ordinario, provvedendo prima alla separazione delle cause e alla formazione di un autonomo fascicolo. Eccezione riconvenzionale se è di lunga indagine, il giudice deve disporre la trasformazione del rito e fissare l'udienza di cui all'art. 183 c.p.c. (non può separarla). - se ritiene che la causa possa essere trattata con il rito sommario (cioè non si sia di fronte ad un caso che richiede un'istruzione non sommaria): il giudice alla prima udienza, sentite le parti ed omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede alla istruzione nel modo che ritiene più opportuno e provvederà con ordinanza all’accoglimento o al rigetto delle domande, statuendo anche in relazione alle spese del giudizio (procedura simile a prevista per i cautelari). L’ordinanza è provvisoriamente esecutiva e costituisce titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale e per la trascrizione. Passa in giudicato sostanziale ex. art. 2909 c.c. se non è impugnata in appello entro 30 giorni dalla sua notificazione o comunicazione. Trattasi di un'ordinanza che è una sentenza in senso sostanziale. Il giudice investito della domanda di cui all'art. 702-bis, deve attraversare tre momenti concet- tualmente distinti: 1) quello della decisione sulle eventuali questioni pregiudiziali (incompetenza o inammissibilità della domanda); 2) quello della decisione se il giudizio può procedere o meno nelle forme del rito speciale a seguito della valutazione della sommarietà dell'istruzione disponendo in caso contrario la trasformazione nel rito ordinario; 3) quello infine di procedere con rito speciale, se ne ricorrono i presupposti quanto all'istruzione. Tanto la decisione sulle questioni pregiudiziali, quanto la valutazione del carattere non sommario o meno dell'istruzione e quindi la decisione del rito di scegliere, vanno disposti inaudita altera parte anteriormente alla prima udienza, alla quale si dovrebbe arrivare solo dopo avere superato le questioni pregiudiziali e deciso di procedere con il rito sommario.   72   Il mancato richiamo al giudizio ordinario per ciò che non è espressamente disposto in questa sede, determina l'impossibilità di utilizzare le memorie ex art. 183 c.p.c., nonché l'inapplicabilità dei provvedimenti della rimessione anticipata in decisione ai sensi dell'art. 187, 2° e 3° comma. Per lo stesso motivo è inapplicabile l'istituto della condanna generica. Risulterà possibile l'impiego delle norme sulla contumacia, sulla sospensione, sull'interruzione e sull'estinzione del processo. FASE DELLA IMPUGNAZIONE (art. 702-quater): l’appello si propone contro l’ordinanza di primo grado entro 30 giorni dalla sua notificazione o comunicazione alla Corte di appello. L'appello segue il normale rito ordinario, sarà introdotto con citazione e la pronunzia avverrà con sentenza (a nulla rilevando che in primo grado il processo si sia chiuso con ordinanza). Qualche parziale modifica riguarda l'istruttoria, che non è necessariamente collegiale, potendo essere delegata ad uno dei membri del collegio. Sono ammessi nuovi mezzi di prova e nuovi documenti quando il collegio li ritiene rilevanti ai fini della decisione, ovvero la parte dimostra di non aver potuto proporli nel corso del procedimento sommario per causa ad essa non imputabile. Dunque, per ammettere nuovi mezzi di prova in appello basta la rilevanza del mezzo di prova; in tal modo il giudizio di appello diviene la continuazione (e non solo il riesame) del giudizio di primo grado.   75   del decreto anche al di fuori del pericolo del ritardo, a quei casi in cui la prova scritta sia di particolare intensità e cioè sia costituita da una vera e propria scrittura privata. NOTIFICAZIONE DEL DECRETO: il ricorrente deve notificare, in copia autentica, il ricorso e il decreto, all'ingiunto nei luoghi di cui all'art. 137 ss. - decreto notificato fuori termine (attraverso opposizione ex. art. 645): il decreto di ingiunzione diventa inefficacie qualora la notificazione non sia eseguita nel termine di 60 giorni dalla pro- nunzia se la notifica deve avvenire nello Stato o entro 90 giorni se la notifica deva avvenire all'estero, ma la domanda può essere riproposta; - decreto non notificato (procedimento ex. art. 188 disp. att.): la parte che abbia avuto notizia del decreto ingiuntivo, alla quale non è stato notificato il decreto di ingiunzione, può chiedere con ricorso al giudice che ha pronunciato il decreto, che ne dichiari l’inefficacia. Il giudice, sentite le parti, dichiara con ordinanza l’inefficacia del decreto. Il rigetto dell’istanza non impedisce alla parte di proporre domanda di dichiarazione d’inefficacia nei modi ordinari. La notificazione del decreto determina la pendenza della lite, solo con la notificazione si hanno tutti gli effetti processuali e sostanziali della domanda. Esecutorietà per mancata opposizione o per mancata attività dell’opponente – art. 647 - Se l'opposizione non viene proposta nel termine di 40 giorni o l'opponente (cioè l'ingiunto) non si è costituito, il giudice che ha pronunciato il decreto lo dichiara esecutivo su istanza del ricorrente. Nel primo caso il giudice deve ordinare che sia rinnovata la notificazione quando risulta o appare probabile che l’intimato non abbia avuto conoscenza del decreto. Quando il decreto è stato dichiarato esecutivo, l'opposizione non può essere più proposta o proseguita (salvo il caso dell'opposizione tardiva). OPPOSIZIONE – art. 645 - l'ingiunto può proporre opposizione al fine di rilevare qualsiasi vizio del procedimento, svoltosi inaudita altera parte. L'opposizione si propone al giudice che ha emesso il decreto, mediante atto di citazione ex art. 163, da notificare al ricorrente nei luoghi indicati nel ricorso principale (studio del procuratore del ricorrente o luogo dell'elezione di domicilio, nel caso di difesa personale: in mancanza di tali indicazioni, v'è la possibilità di notificare l'opposizione in cancelleria o a norma dell'art. 137 ss.). Contemporaneamente l’ufficiale giudiziario deve notificare avviso dell’opposizione al cancelliere affinché ne prenda nota sull’originale del decreto. Il giudizio di opposizione si svolge nelle forme del giudizio ordinario di cui all'art. 163 ss., ma i termini di comparizione sono ridotti a metà (il che comporta la riduzione a metà anche dei termini di costituzione ex art. 165 c.p.c.). - il debitore che propone opposizione è attore solo formalmente, ma non dal punto di vista sostanziale, perché sotto tale profilo attore resta il ricorrente. Ciò significa che quest'ultimo, sarà però pur sempre attore riguardo alla domanda, con riferimento soprattutto all'onere della prova che incomberà su di lui. - l'opposizione a decreto ingiuntivo non è un'impugnazione (come è dimostrato dal fatto che la sentenza è appellabile), ma è solo un atto destinato ad aprire il contraddittorio nell'ambito di un giudizio di primo grado svoltosi fino a quel momento inaudita altera parte. Esecuzione provvisoria in pendenza di opposizione: nell'ipotesi in cui il decreto ingiuntivo non sia stato dichiarato provvisoriamente esecutivo ab origine, l’esecuzione provvisoria può essere concessa in corso di opposizione: a) quando l'opposizione non è fondata su prova scritta o non è di pronta soluzione; b) quando la parte che l'ha chiesta offre cauzione; c) con riferimento ad eventuali somme non contestate, salvo che l'opposizione non sia stata proposta per vizi procedurali. Sospensione dell’esecuzione provvisoria: il giudice istruttore, su istanza dell’opponente, quando ricorrono gravi motivi, può, con ordinanza non impugnabile, sospendere l’esecuzione provvisoria   76   del decreto ingiuntivo dichiarato provvisoriamente esecutivo. Trattasi di sospensione non di revoca del decreto, per cui restano fermi gli atti esecutivi eventualmente compiuti. Esito del giudizio di opposizione: - conciliazione: se nel giudizio di opposizione le parti si conciliano, il giudice, con ordinanza non impugnabile, dichiara o conferma (se v'è rinuncia all'opposizione) l’esecutorietà del decreto, oppure riduce la somma o la quantità a quella stabilita dalle parti. - rigetto o accoglimento parziale dell’opposizione: se non v'è conciliazione, l'opposizione è decisa con sentenza, che è provvisoriamente esecutiva come tutte le sentenze di primo grado ed è impugnabile con l'appello. a) se l'opposizione è respinta con sentenza passata in giudicato o provvisoriamente esecutiva per motivi di rito o per motivi di merito, oppure è dichiarata con ordinanza l’estinzione del giudizio di opposizione, il decreto che non ne sia già munito acquista efficacia esecutiva. Il titolo esecutivo è costituito solo dal decreto ingiuntivo. b) se l'opposizione è accolta solo in parte, il titolo esecutivo è costituito esclusivamente dalla sentenza, ma gli atti di esecuzione già compiuti in base al decreto conservano i loro effetti nei limiti della somma o della quantità ridotta. Nel caso di accoglimento dell'opposizione, il decreto ingiuntivo viene sempre tolto di mezzo e ciò anche se l'accoglimento dell'opposizione è solo parziale. Per cui, se il decreto non fosse stato dichiarato esecutivo o comunque sulla base di esso il ricorrente non avesse iniziato l'esecuzione, l'esecuzione sarà possibile adesso solo sulla base della sentenza, che si è sostituita al decreto. Sentenza si sostituisce al decreto, se v'è stata esecuzione questa cadrà e se essa non v'è stata, nessuna esecuzione potrà ormai essere posta in essere sulla base di un decreto che più non esiste. La sentenza è titolo che si sostituisce al decreto quando l'opposizione è accolta (anche se solo parzialmente), ma non se l'opposizione è respinta. Con la sentenza che rigetta totalmente o in parte l’opposizione, il giudice liquida anche le spese e gli onorari del decreto ingiuntivo. ESECUTIVITÀ DEFINITIVA DEL DECRETO: nel caso in cui il decreto non venga opposto nei termini o l'opponente non si sia costituito o il giudizio di opposizione si estingua o infine l'opposizione venga rigettata, il decreto diviene esecutivo. Il decreto diviene esecutivo, tale esecutività non consegue automaticamente al verificarsi dell'evento (ad es. allo scadere del termine per l'opposizione), ma presuppone un'espressa declaratoria di esecutività che potrà essere concessa da parte del giudice che ha emesso l'ingiunzione con un ulteriore decreto; oppure dal giudice dell'opposizione con la sentenza con cui l'opposizione è rigettata o con l'ordinanza che dichiara l'estinzione del processo. Quando il decreto è stato dichiarato esecutivo in tutti i quattro casi che precedono, ai fini dell'esecuzione non occorre una nuova notificazione del decreto esecutivo, ma è sufficiente che nel precetto venga fatta menzione del provvedimento che ha disposto l'esecutorietà e dell'apposizione della relativa formula. Conseguenza dell'esecutività concessa in via definitiva al decreto è che l'opposizione ex art. 645 non può essere più proposta né proseguita. Il decreto diviene immutabile, salvo ovviamente (come per le sentenze) la possibilità di rimedi straordinari: 1) opposizione tardiva - art. 650 – L’intimato può fare opposizione anche dopo scaduto il termine fissato nel decreto (dopo che il decreto è stato dichiarato esecutivo), se prova di non averne avuta tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore. In questo caso l’esecutorietà può essere sospesa e l’opposizione non è più ammessa decorsi 10 giorni dal primo atto di esecuzione.   77   2) il decreto d’ingiunzione, divenuto esecutivo, può impugnarsi per revocazione per i motivi di cui ai nn. 1, 2, 5 e 6 dell'art. 395 e con l’opposizione di terzo di cui all'art. 404, 2° co. (ammissibilità della sola opposizione di terzo revocatoria). DECRETO INGIUNTIVO E COSA GIUDICATA: equiparazione degli effetti della sentenza e quelli del decreto ingiuntivo divenuto definitivo. Consentita la revocazione del decreto ingiuntivo per il n. 5 dell'art. 395 e cioè per contrarietà a precedente sentenza avente fra le parti autorità di cosa giudicata. Dal che risulta che l'equiparazione degli effetti del decreto con quelli dell'art. 2909 c.c. dovrebbe ritenersi piena. Ciò anche in considerazione del fatto che se contro il decreto non è proposta revocazione nei termini, esso prevarrebbe sulla sentenza antecedente. Dal che emerge che la forza di accertamento dei due provvedimenti è identica. PROCEDIMENTO INGIUNTIVO EUROPEO (IPE) REG. C.E. N. 1896 DEL 2006: processo speciale per il recupero dei crediti relativamente a controversie «transfrontaliere», tali essendo quelle in cui una delle parti abbia domicilio o residenza in uno Stato membro diverso da quello del giudice adito. - oggetto dell'IPE può essere solo il pagamento di una somma di denaro liquida ed esigibile; - mezzo di prova utilizzabile a fondamento della domanda non deve essere necessariamente scritto, ma dipenderà dalla disciplina interna dello Stato membro; - competenza, salvo casi specifici, è determinata secondo le norme del diritto comunitario applicabili in materia. L'ingiunzione è notificata al convenuto, che può proporre opposizione entro 30 giorni dinanzi al giudice d'origine. L'opposizione apre un processo a cognizione piena, disciplinato dalla legge dello Stato d'origine. Nel caso di mancata opposizione, il giudice che ha emesso l'IPE, lo dichiara esecutivo, tale efficacia esecutiva opera automaticamente negli altri Stati membri, senza bisogno di alcuna procedura di riconoscimento o di dichiarazione di esecutività. Per quanto riguarda l'autorità dell'ingiunzione non opposta, occorrerà fare un rinvio alle norme nazionali. L'efficacia del decreto ingiuntivo non opposto, pari a quella della cosa giudicata.   80   Il procedimento di cui all'art. 657, può essere sostituito dal procedimento generale in materia di locazioni di cui all'art. 447- bis, ma solo per ciò che riguarda lo sfratto per finita locazione, non invece per quel che riguarda la licenza. • convalida (intimazione) di sfratto per morosità (art. 658): il locatore può intimare al conduttore lo sfratto in caso di mancato pagamento del canone di affitto alle scadenze, e chiedere nello stesso atto l’ingiunzione di pagamento per i canoni scaduti. Diritto del locatore ad ottenere lo sfratto del conduttore moroso per il mancato pagamento del canone d’affitto alle scadenze. Lo sfratto può essere intimato con le modalità dell’art. 657, cioè si intimerà lo sfratto del conduttore per morosità e contestualmente lo si citerà per la convalida. Consente la risoluzione del contratto di locazione durante il corso del rapporto, per intervenuta morosità del conduttore. La procedura in oggetto presuppone il raccordo con la legge dell'equo canone: per le locazioni abitative, permette di agire, oltreché per il mancato pagamento di una rata del canone (l'azione non può comunque essere proposta prima del decorso di 20 giorni della scadenza), anche per il mancato pagamento degli oneri accessori (purché in questo caso il loro importo superi quello di 2 mensilità del canone). Possibilità di una sanatoria in favore del conduttore, consentendo a quest'ultimo la possibilità di sanare la morosità (compreso il pagamento delle spese legali) all'udienza; o nel caso di sue «comprovate condizioni di difficoltà» anche in un termine di «grazia» concessogli dal giudice. La sanatoria esclude la risoluzione del contratto, il procedimento giudiziario si chiude. La possibilità di sanatoria non può essere esperita più di 3 volte nel corso del contratto. • convalida di licenza o sfratto per cessazione di prestazione d'opera (art. 659): se il godimento di un immobile è il corrispettivo anche parziale di una prestazione d’opera, l’intimazione di licenza o di sfratto con la contestuale citazione per la convalida, può essere fatta quando il contratto viene a cessare per qualsiasi causa. Diritto di chi ha concesso in godimento un immobile come corrispettivo, anche parziale, di una prestazione d’opera. Si riferisce a quei casi dove la retribuzione per il lavoro compiuto consiste nel godimento di un immobile. In tal caso allorché il rapporto di prestazione d'opera cessa, il concedente può esperire procedimento di convalida di licenza o sfratto, a seconda se la cessazione del rapporto locativo è solo preannunciata o è stata tradotta in atto. INTRODUZIONE DEL PROCEDIMENTO: la domanda, che va diretta al tribunale in composizione monocratica del luogo in cui si trova la cosa locata (competenza per materia inderogabile), consistente in una intimazione, rivolta dal locatore, di lasciar libero l’immobile, con contestuale citazione per la convalida a comparire in un termine non inferiore a 20 giorni (che può anche essere ridotto a metà dal giudice). L'intimazione serve ad impedire la tacita riconduzione del contratto, mentre la citazione è una sorta di provocatio ad opponendum, diretta cioè a spingere l'intimato, ove lo crede, a fare opposizione alla convalida all'udienza fissata. Opposizione senza la quale, il giudice deve convalidare la licenza o lo sfratto attribuendo esecutività e definitività al provvedimento (la citazione, in luogo del requisito di cui al n. 7 dell'art. 163, deve recare l'invito all'intimato a comparire, precisando che «se non comparisce, o comparendo, non si oppone, il giudice convalida la licenza o lo sfratto»). L'atto di intimazione-citazione, va notificato ai sensi dell'art. 137 ss. (esclusa ogni notificazione nel domicilio eletto) ed ove la notificazione non sia effettuata in mani proprie, l'ufficiale giudiziario deve spedire avviso all'intimato con lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Il locatore deve dichiarare nell’atto la propria residenza o eleggere domicilio nel comune dove ha sede il giudice adito, altrimenti l’opposizione e qualsiasi altro atto del giudizio possono essergli notificati presso la cancelleria. E richiesto rigore minimo per ciò che riguarda la costituzione delle parti, che non occorre sia fatta nei termini di cui agli artt. 165 e 166, potendo avvenire in ogni momento in cancelleria o anche alla stessa udienza. Le parti si costituiscono depositando in cancelleria l’intimazione con la relazione di   81   notifica o la comparsa di risposta, oppure presentando tali atti al giudice in udienza. La difesa dell'intimato nell'eventuale fase di opposizione può avvenire personalmente, tale deroga vale comunque solo per la prima udienza fissata nell'atto introduttivo e per proporvi l'eventuale opposizione, divenendo invece obbligatorio il patrocinio legale, sia nell'eventuale giudizio di merito che si sviluppa a seguito dell'opposizione, sia per la proposizione dell'opposizione tardiva. PROVVEDIMENTI DEL GIUDICE Mancata comparizione del locatore: notificato l'atto introduttivo, se il locatore non comparisce all'udienza fissata nell'atto di citazione, gli effetti dell'intimazione cessano. Conseguenza della mancata comparizione è unicamente quella di determinare la trasformazione del processo speciale in un normale processo ordinario (che si svolgerà nelle forme dell'art. 441-bis), nel quale, non solo non saranno più possibile la convalida dello sfratto in caso di mancata opposizione o assenza dell'intimato, ma dovrà anche se si tratta di convalida di sfratto provarsi la gravità dell'inadempimento. La possibilità della risoluzione viene ora legata alle regole generali dell'inadempimento contrattuale, il che significa che essa potrà essere disposta solo ove si accerti che il tenore della morosità integri un inadempimento grave. Dal punto di vista dell'intimato il procedimento può invece evolversi in due modi: a) mancata comparizione o mancata opposizione dell’intimato (ordinanza di convalida di sfratto) – art. 663 – Se l’intimato non compare all'udienza o comparendo non si oppone, il giudice convalida la licenza o lo sfratto, con ordinanza immediatamente esecutiva (ove lo sfratto sia intimato per morosità, occorre anche l'attestazione del locatore o del suo procuratore che la morosità persiste). La convalida dello sfratto determina la possibilità di ricorrere immediatamente all'esecuzione forzata tranne nel caso in cui la convalida sia derivata dal fatto che l'intimato non era comparso (non quindi dal fatto che egli comparendo, non si era opposto), nel qual caso la formula esecutiva non ha effetto prima del decorso di 30 giorni dalla data della sua apposizione (il giudice deve ordinare che sia rinnovata la citazione se risulta o appare probabile che l’intimato non abbia avuto conoscenza della citazione stessa o non sia potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore). Il provvedimento di convalida dello sfratto, pur essendo costituito da un'ordinanza, è in realtà considerato dalla dottrina come una sentenza in senso sostanziale, in quanto trattasi di un provvedimento che definisce in contraddittorio un giudizio in materia di diritti soggettivi: - pur ammettendo il codice contro di essa il solo rimedio straordinario dell'opposizione tardiva, la dottrina e la giurisprudenza la ritengono anche appellabile ove sia stata emessa in difetto dei requisiti di legge. - l'ordinanza è suscettibile di passare in giudicato. b) intimato propone opposizione all'udienza: in tal caso il processo speciale si trasforma in un normale processo a cognizione piena che segue il rito del processo locatizio. L'opposizione può attuarsi in due forme: 1) contestazione sull'an debeatur (cioè sull'inesistenza del diritto al rilascio): se l’intimato compare e oppone eccezioni non fondate su prova scritta, il giudice, su istanza del locatore, se non sussistono gravi motivi in contrario, pronuncia ordinanza non impugnabile di rilascio, con riserva delle eccezioni del convenuto. L’ordinanza è immediatamente esecutiva, ma può essere subordinata alla prestazione di una cauzione per i danni e le spese. Negli altri casi la decisione sarà necessariamente resa con sentenza. L'ordinanza in oggetto non è idonea a passare in giudicato, ma costituisce solo un'ipotesi di condanna con riserva, essa è condizionata al risultato del processo di merito e a ciò che sarà deciso in sentenza, che in ogni caso la sostituisce. Se la sentenza dichiara l'inesistenza del diritto del locatore, l'ordinanza è travolta, mentre se la sentenza riconosce il diritto allo sfratto, l'ordinanza è assorbita dalla sentenza che costituirà l'unico titolo valido per effettuare l'esecuzione. Se l'esecuzione per rilascio fosse stata iniziata sulla base dell'ordinanza e non   82   ancora portata a termine, dovrebbero ritenersi salvi gli atti esecutivi compiuti sulla base dell'ordinanza, salvo proseguire l'esecuzione sulla base della sentenza. Essa sopravvive all'eventuale estinzione del processo, se il processo di merito si estingue, l'ordinanza mantiene i suoi effetti. 2) contestazione sul quantum debeatur, si può avere solo nello sfratto per morosità, quando l'intimato si limiti a contestare l'ammontare della somma pretesa (ad es. affermando che è in mora solo per alcuni dei canoni indicati dal locatore). Contestazione sull’ammontare dei canoni: se è intimato lo sfratto per mancato pagamento del canone, e il convenuto nega la propria morosità contestando l’ammontare della somma pretesa, il giudice può disporre con ordinanza il pagamento della somma non controversa e concedere all’uopo al convenuto un termine non superiore a 20 giorni: - se il conduttore non ottempera all’ordine di pagamento, il giudice convalida l’intimazione di sfratto e, pronuncia decreto ingiuntivo per il pagamento dei canoni. - se invece il pagamento avviene, il procedimento prosegue nelle forme del rito ordinario del processo locatizio al fine di valutare la fondatezza della richiesta attrice per la somma residua. In materia di morosità il meccanismo sopra descritto va integrato con il disposto dalla legge sull’equo canone, se l'intimato sana la morosità all'udienza o nel termine di grazia concesso, il procedimento speciale si chiude, ancorché il soggetto non abbia fatto opposizione. La sanatoria determina la chiusura del processo. Esito del procedimento di convalida: 1) l'intimato non compare e non si oppone: convalida dello sfratto. 2) l'intimato fa opposizione: il processo continuerà nelle forme della cognizione piena, con possibilità che vengano emanati i provvedimenti nel caso di contestazione sull’an o sul quantum. 3) nel solo sfratto per morosità, l'intimato si avvale della sanatoria di cui alla legge sull’equo canone, ed allora il procedimento speciale di convalida si chiude definitivamente. DECRETO INGIUNTIVO PER IL PAGAMENTO DEI CANONI: nel caso di sfratto per morosità (art. 658), nell'intimazione-citazione, può essere inserita anche la domanda di ingiunzione per il pagamento dei canoni scaduti. Si richiede la contestualità delle richieste, per cui la domanda di ingiunzione non   85   La dimostrazione dell’esistenza di queste condizioni porterà all’emissione di un provvedimento che avrà normalmente lo scopo, non di risolvere il contenzioso tra le parti, ma di congelare la situazione giuridica e di fatto in attesa della decisione finale. Nella tutela cautelare, di norma, il provvedimento preso non è in grado di regolare da solo in maniera definitiva i rapporti tra le parti e segue inevitabilmente le sorti del procedimento a cognizione piena. Domanda cautelare si propone con ricorso (art. 669-bis), che dovrà avere il contenuto degli atti di parte (art. 125 indicazione del giudice, generalità, indicazione udienza), e che va depositato in cancelleria, tanto se il cautelare è richiesto anteriormente alla causa quanto in corso di causa. Competenza spetta sempre al tribunale in composizione monocratica, essendo inibito al giudice di pace di concedere cautelari, così come ciò è inibito anche agli arbitri. 1) competenza anteriore alla causa (art. 669-ter): nel caso che il giudizio di merito non sia ancora iniziato, la domanda cautelare si propone al tribunale competente a conoscere del merito, secondo le ordinarie regole di competenza territoriale. - se competente a conoscere del merito è il giudice di pace, la domanda si propone inderogabilmente di fronte al tribunale. - se competente a conoscere della causa è il giudice straniero, la domanda va proposta al tribunale del luogo in cui deve essere eseguito il provvedimento cautelare. - se la causa è compromessa in arbitri, la competenza a concedere la cautela spetta al tribunale che sarebbe stato competente a conoscere del merito secondo le regole della competenza territoriale. 2) competenza in corso di causa (art. 669-quater): se la causa è in corso, la competenza spetta al giudice della stessa. In pendenza dei termini per proporre l’impugnazione la domanda si propone al giudice che ha pronunciato la sentenza. Se la causa pende in tribunale la competenza spetta all’istruttore a meno che questo non sia stato ancora designato o il processo sia sospeso o interrotto: nel qual caso la domanda si propone al presidente del tribunale. Se la causa pende di fronte al giudice superiore, ad es., alla corte d'appello, la domanda si proporrà alla corte che deciderà in sede collegiale. Per la Cassazione, se l'impugnazione non è ancora proposta e sono in corso i termini per impugnare, la domanda si propone al giudice che ha pronunziato la sentenza. - se la causa pende di fronte al giudice di pace, la domanda si propone al tribunale. - se la causa pende di fronte agli arbitri, la competenza spetta al tribunale che sarebbe competente a conoscere del merito. - se la causa pende di fronte al giudice straniero ed il giudice italiano non è competente a conoscere la causa di merito la domanda si propone di fronte al tribunale del luogo in cui deve essere eseguito il provvedimento cautelare. Se, nonostante la pendenza della lite straniera, questa avrebbe potuto essere proposta anche di fronte al giudice italiano, la domanda cautelare va proposta secondo le regole generali al giudice che sarebbe competente a decidere del merito. Procedimento - art. 669-sexies - due possibili strade: - 1° co.: contraddittorio anticipato: è la regola, il giudice, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione indispensabili in relazione ai presupposti e ai fini del provvedimento richiesto, e provvede con ordinanza all’accoglimento o al rigetto della domanda. Si tratta dunque dei normali atti istruttori, depennati di ogni formalità prevista dalla legge purché non ne risulti pregiudicato il contraddittorio (è richiesta la comparizione delle parti).   86   - 2° co.: contraddittorio posticipato: riservata ai casi di eccezionale urgenza, cioè quando la convocazione della controparte potrebbe pregiudicare l'attuazione del provvedimento, il giudice, provvede immediatamente sul cautelare inaudita altera parte con decreto motivato, salva la successiva conferma, modifica o revoca del provvedimento, che avviene con ordinanza in un'udienza successiva fissata nello stesso decreto, ad una distanza non superiore a 15 giorni. Qui l'istruttoria che il giudice affronta ai fini di provvedere con decreto avviene in assenza delle parti e quindi al di fuori delle garanzie del contraddittorio, essa si esplica sulla base di eventuali «sommarie informazioni», che il giudice può raccogliere. Tali sommarie informazioni, a diffe- renza degli atti istruttori di cui al 1° co. della norma che, pur essendo deformalizzati, richiamano le normali figure probatorie del codice (ad es. testimonianza, ecc.), sono invece essenzialmente atipiche e possono espletarsi in attività neppure previste dalla legge. Oltreché atipico, il potere di chiedere sommarie informazioni è anche un potere officioso svincolato da ogni richiesta di parte. Anche se il cautelare è concesso con decreto e l'ordinanza (ove non lo revochi o lo modifichi) si limita a confermarlo, per tutti gli effetti giuridici, è all'ordinanza di conferma che occorre fare riferimento. Provvedimento: procedimento cautelare termina con ordinanza, sia che essa disponga sulla domanda in prima battuta in sede di comparizione delle parti, sia che essa confermi, modifichi o revochi, il cautelare emesso inaudita altera parte. È pertanto all'ordinanza che bisogna fare riferimento per tutti gli effetti che seguono: • nel caso di accoglimento del provvedimento cautelare prima dell’inizio della causa di merito, l’ordinanza di accoglimento deve deve fissare un termine perentorio, non superiore a 60 giorni, per l’inizio del giudizio di merito. Il mancato inizio della causa di merito nel termine fissato dal giudice o, comunque, nei 60 giorni dalla pronuncia dell’ordinanza o dalla sua comunicazione, se avvenuta fuori udienza, porta all’inefficacia del provvedimento cautelare Per le controversie sul pubblico impiego devolute al giudice ordinario (escluse quindi quelle che continuano a spettare alla giurisdizione amministrativa), bisogna tenere conto del tentativo di conciliazione, il termine decorre dal momento in cui la domanda giudiziale è divenuta procedibile o, in caso di mancata formulazione della richiesta del tentativo di conciliazione, decorsi 30 giorni. Se dopo la pronunzia dell'ordinanza cautelare è proposto il tentativo di conciliazione, il termine per l'inizio del giudizio di merito decorre dalla scadenza dall'espletamento del tentativo di conciliazione e comunque non oltre la scadenza di 60 giorni dalla formulazione della richiesta di conciliazione senza che questo abbia avuto luogo; se invece il tentativo di conciliazione non è proposto, il termine per l'inizio del giudizio di merito, comincia a decorrere 30 giorni dopo l'emanazione del cautelare. Pronunciato che sia il cautelare, la parte interessata ha 30 giorni di tempo per proporre il tentativo di conciliazione: se non lo propone, alla scadenza dei 30 giorni inizia a decorrere il termine per l'inizio del giudizio di merito. Al cautelare deve necessariamente seguire l'instaurazione del giudizio di merito, ove ovviamente esso non fosse già in corso. Per alcuni tipi di provvedimenti non è necessario che il ricorrente che il provvedimento ha ottenuto, inizi il giudizio di merito: - provvedimenti d'urgenza ex art. 700; - altri provvedimenti «cautelari» idonei ad anticipare gli effetti della sentenza di merito; - provvedimenti di denunzia di nuova opera e di danno tenuto ex art. 688. Provvedimenti cautelari che conservano la loro efficacia anche senza il giudizio di merito, mantengono la loro efficacia anche se il giudizio di merito non è iniziato nel termine perentorio fissato e anche se si è verificata l’estinzione del giudizio di merito. Tuttavia, poiché il cautelare resta pur sempre un provvedimento emesso a cognizione non piena, in coerenza con il principio della difesa e del contraddittorio è previsto che ove il ricorrente non inizi il giudizio di merito, questo può essere iniziato da ciascuna altra parte del processo.   87   L'unico modo per toglierli di mezzo, resta pertanto quello di dimostrare con un giudizio a cognizione piena che può essere iniziato dall'avversario (o da qualsiasi altra parte del processo), che il diritto cautelato non sussiste. Ne consegue che pur potendo essere il cautelare dotato di vita autonoma, esso non assume mai il carattere di provvedimento definitivo (l’autorità del provvedimento cautelare non è invocabile in un diverso processo). • nel caso di provvedimento negativo (art. 669-septies): il rigetto della richiesta del provvedimento cautelare può essere determinato da: - incompetenza territoriale del giudice adito: competenza territoriale in materia di provvedimenti cautelari è inderogabile. - mancanza dei presupposti necessari per ottenere il provvedimento: il rigetto può essere causato dalla insussistenza del fumus o del periculum in mora. L'ordinanza di incompetenza non preclude la riproposizione della domanda mentre quella di rigetto la preclude, a meno che la nuova istanza non sia giustificata da mutamenti delle circostanze o non sia fondata su nuove ragioni dì fatto o di diritto. Il provvedimento cautelare negativo prima dell’inizio della causa di merito, comporta la pronun- cia sulle spese del procedimento cautelare (mentre quelle del cautelare in corso di causa, sono liquidate con la sentenza finale). La condanna alle spese è immediatamente esecutiva e per effetto della riforma del 2009. Reclamo contro i provvedimenti cautelari - art. 669-terdecies - Contro l’ordinanza con la quale è stato concesso o negato il provvedimento cautelare è ammesso reclamo nel termine perentorio di 15 giorni dalla pronuncia in udienza ovvero dalla comunicazione o dalla notificazione se anteriore. È una sorta d’impugnazione del provvedimento cautelare, proponibile sia contro l'ordinanza (non già contro l'eventuale decreto emesso inaudita altera parte) di accoglimento, che contro quella di rigetto per errori di diritto, di fatto, per circostanze e motivi sopravvenuti al momento della proposizione del reclamo, purché siano trattati nel rispetto del principio del contraddittorio: ciò significa che le circostanze e i motivi sopravvenuti dopo la proposizione del reclamo, da un lato debbono essere fatti valere in quella sede, perché altrimenti cessano di essere proponibili; dall'altro, vanno inseriti nel giudizio di reclamo con un atto successivo a quello introduttivo, ma su tale atto deve essere consentito alla controparte di replicare e controdedurre. Il reclamo si propone al collegio (del quale non può far parte il giudice che ha emanato il provvedimento reclamato). Quando il provvedimento cautelare è stato emesso dalla corte d’appello, il reclamo si propone ad altra sezione della stessa corte o, in mancanza, alla corte d’appello più vicina. Il procedimento è disciplinato dalle norme del rito camerale (del quale artt. 737 e 738). Il collegio deve provvedere, sentite le parti, non oltre 20 giorni dal deposito del ricorso, con ordinanza con la quale conferma, modifica o revoca il provvedimento cautelare. Nel caso in cui sono state dedotte nuove circostanze o motivi posteriori alla proposizione del reclamo, è consentito al collegio di assumere informazioni e acquisire nuovi documenti. Fuori da tale caso, il reclamo va deciso sulla base delle prove già dedotte nel procedimento cautelare, con esclusione quindi di ogni nuova istruttoria.. Il reclamo non sospende l’esecuzione del provvedimento (non ha effetto sospensivo dell'efficacia del cautelare), tuttavia il presidente del tribunale o della corte investiti del reclamo, quando per motivi sopravvenuti il provvedimento arrechi grave danno, può disporre con ordinanza non impugnabile la sospensione dell’esecuzione o subordinarla alla prestazione di congrua cauzione. Revoca e modifica, si differenziano dal reclamo, sia perché proposte al giudice che ha concesso il cautelare (salvo le eccezioni) e non ad un giudice superiore, sia per la diversità di motivi. Non si contesta il provvedimento cosi come concesso all’origine, ma s’intende far valere nuove circostanze che possono portare ad un riesame del provvedimento.   90   SINGOLI CAUTELARI SEQUESTRI: • sequestro giudiziario - art. 670 - il giudice può autorizzare il sequestro giudiziario: 1. di beni: mobili o immobili, aziende o altre universalità di beni, quando ne è controversa la proprietà o il possesso, ed è opportuno provvedere alla loro custodia, o alla loro gestione temporanea. Il giudice può autorizzare la sottrazione materiale del bene da chi lo possiede per evitare che, durante il tempo necessario a giungere ad una decisione sul merito, il bene possa essere danneggiato o distrutto, salvaguardando così la fruttuosità di una futura esecuzione per consegna o rilascio. È predisposto per la tutela di un diritto reale (o del possesso), allorché sia necessario provve- dere in via d'urgenza (trattandosi di un cautelare è sempre richiesto il periculum in mora) alla sua custodia o alla sua gestione. Condizioni: - esistenza di una controversia sulla proprietà o sul possesso; - opportunità di provvedere alla custodia o gestione dei beni. 2. di prove: quando è controverso il diritto alla esibizione o alla comunicazione, ed è opportuno provvedere alla loro custodia temporanea. Scopo è di evitare che siano sottratti o alterati documenti che potrebbero essere utilizzati come mezzi di prova in un processo di cognizione. Nel disporre il sequestro giudiziario il giudice nomina il custode, stabilisce i criteri e i limiti dell’amministrazione delle cose sequestrate e le particolari cautele idonee a render più sicura la custodia e a impedire la divulgazione dei segreti. • sequestro conservativo - art. 671 – il giudice, su istanza del creditore che ha fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito, può autorizzare il sequestro conservativo di beni mobili o immobili del debitore o delle somme e cose a lui dovute, nei limiti in cui la legge ne permette il pignoramento. Misura cautelare preventiva, a tutela del diritto di credito, che il creditore può chiedere quando ha fondato motivo di temere la perdita delle garanzie per il proprio credito. Lo scopo è quello di impedire che il debitore disponga del bene, assicurando così l’utilità di una futura espropriazione forzata. A differenza del sequestro giudiziario che va richiesto ed eseguito su beni determinati, il sequestro conservativo a causa della sua analogia con il pignoramento, può essere eseguito su qualsiasi bene del debitore, fino alla concorrenza del credito tutelato.   91   Ai entrambi i tipi di sequestri si applica la procedura cautelare uniforme, parzialmente derogata dalle specifiche norme previste per le singole figure di sequestro. La fase di concessione (o di autorizzazione) dei sequestri (identica nei due casi sopra menzionati) è regolata dalle disposizioni generali, ivi compresa la fase del reclamo, mentre per la revoca del sequestro conservativo abbiamo la specifica norma dell'art. 684, che la consente (sempre però subordinatamente al potere discrezionale del giudice) nell'ipotesi che il debitore presti idonea cauzione per l'ammontare del credito e delle spese, in ragione del valore delle cose sequestrate. Disciplina totalmente specifica, non riscontrabile per gli altri cautelari, sussiste per ciò che riguarda l’esecuzione dei sequestri, non solo perché questa va posta in essere nel termine perentorio di 30 giorni dalla pronunzia, ma anche perché la fase di esecuzione rimandano alle forme dell'esecuzione forzata: a quelle dell'esecuzione per consegna o rilascio per ciò che riguarda il sequestro giudiziario e a quelle del pignoramento per ciò che riguarda il sequestro conservativo. - esecuzione del sequestro giudiziario: avviene nelle forme dell’esecuzione forzata per consegna e rilascio con esclusione della notifica del titolo esecutivo, del precetto e dell’avviso. Non è prevista la trascrizione del sequestro giudiziario sui beni immobili. Il giudice nomina un custode, che può essere anche uno dei contendenti. Diviene inefficacie nel caso in cui non si esegua nel termine di 30 giorni dalla pronuncia del provvedimento di sequestro. - esecuzione del sequestro conservativo: a) di beni mobili o crediti: si attua nelle stesse forme del pignoramento presso il debitore o presso terzi. Il giudizio sulle controversie relative all’accertamento dell’obbligo del terzo è sospeso fino all’esito di quello sul merito, a meno che il terzo non chieda l’immediato accertamento dei propri obblighi; b) di beni immobili: si attua attraverso la trascrizione del provvedimento nei registri immobiliari. Può essere revocato se il debitore presta idonea cauzione per l’ammontare del credito e per le spese. Diviene inefficacie se non si esegue nel termine di 30 giorni dalla concessione del provvedimento. Nel caso di sequestro di crediti, è ammissibile il sequestro presso se stesso, allorché il creditore è a sua volta debitore del debitore (cioè in pratica vi sono crediti in posizioni contrapposte) e intende eseguire il sequestro a tutela del proprio credito, sul credito che il suo debitore ha nei suoi confronti. Conversione del sequestro conservativo in pignoramento: il sequestro conservativo si converte in pignoramento al momento in cui il creditore sequestrante ottiene sentenza di condanna esecutiva. Ottenuto il sequestro, al momento in cui si forma il titolo esecutivo (cioè la sentenza di condanna esecutiva), il creditore non occorre che ponga in essere il conseguente atto di pignoramento per dare avvio alla procedura esecutiva, ma è il sequestro stesso che si trasforma automaticamente in pignoramento, aprendo così le porte direttamente all'istanza di vendita di cui all'art. 501. La conversione non è automatica, ma suppone che il sequestrante depositi la, copia della sentenza di condanna entro 60 giorni (termine perentorio) nella cancelleria del giudice dell'esecuzione e, se si tratta di sequestro immobiliare, nello stesso termine deve richiedere anche «l'annotazione» della sentenza di condanna «in margine alla trascrizione» del sequestro. L'interessato deve proporre «domanda di esecutorietà» della sentenza straniera o del lodo arbitrale entro 60 giorni decorrenti dal momento in cui la domanda di esecutorietà è possibile (cioè dalla pubblicazione della sentenza straniera o dal deposito del lodo). La «dichiarazione di esecutorietà» pronunziata dalla corte d'appello o dal tribunale, produce la conversione del seque- stro in pignoramento. Garanzia che il sequestro conservativo offre al creditore prima della conversione in pignoramento consiste nel rendere inefficaci «in pregiudizio del creditore sequestrante» gli atti di disposizione dei beni sottoposti a sequestro. Trattasi anche qui dunque di un inefficacia relativa   92   degli atti di disposizione dei beni, che però a differenza di quella che ha luogo nel pignoramento, non opera a favore di tutti i creditori (come dispone invece l'art. 2913 c.c.), ma solo a favore del creditore sequestrante. Ciò significa che di tale inefficacia, gli eventuali creditori intervenuti nel processo esecutivo dopo la conversione in pignoramento, non possono profittare. Per cui il bene resta definitivamente escluso dall'esecuzione e gli altri creditori rimarranno a mani vuote. A differenza del pignoramento, che è un vincolo a porta aperta (che permette a tutti i creditori la possibilità di profittarne), il sequestro è un vincolo a porta chiusa (in quanto di esso può avvalersi solo il creditore sequestrante). Se i beni sequestrati sono stati oggetto di esecuzione da parte di altri creditori, il sequestrante partecipa con essi alla distribuzione della somma ricavata. Revoca del sequestro: il debitore può ottenere dal giudice istruttore, con ordinanza non impugnabile, la revoca del sequestro conservativo, prestando idonea cauzione per l’ammontare del credito che ha dato causa al sequestro e per le spese, in ragione del valore delle cose sequestrate. Casi particolari di sequestro: - sequestro convenzionale - art. 1798 ss. c.c. –contratto col quale due o più persone affidano a un terzo una cosa o una pluralità di cose, rispetto alla quale sia nata tra esse controversia, perché la custodisca e la restituisca a quella a cui spetterà quando la controversia sarà definita. Adempie ad una funzione analoga a quella del sequestro giudiziario e cioè l'affidamento ad un terzo della custodia e dell'amministrazione di una singola cosa o di una pluralità di cose, la cui appartenenza a Tizio o a Caio è oggetto di controversia, con l'impegno di restituirla a chi risulterà esserne il vincitore. La differenza con il sequestro giudiziario sta nel fatto che il sequestro convenzionale non è frutto di un provvedimento autoritativo del giudice, ma esclusivamente di un accordo concluso fra le parti stesse. - sequestro speciale o sequestro liberatorio - art. 687 c.p.c. – Il giudice può ordinare il sequestro delle somme o delle cose che il debitore ha offerto o messo comunque a disposizione del creditore per la sua liberazione, quando è controverso l’obbligo o il modo del pagamento o della consegna, o l’idoneità della cosa offerta. Tale tipo di sequestro presuppone l'esistenza di una controversia avente per oggetto il pagamento di una somma di denaro o la consegna di una o più cose.. Trattasi quindi di un sequestro che è chiesto dallo stesso debitore e che ha l'effetto di liberarlo dalle conseguenze della mora debendi, ove egli sia soccombente nella controversia. A entrambi i casi particolari di sequestro non si applica la normativa di cui agli artt. 669-bis ss. DENUNCE DI NUOVA OPERA E DI DANNO TEMUTO: tipici strumenti di tutela anticipata del diritto, tendenti a tutelare la proprietà (o il possesso) da una situazione di pericolo attuale o futuro e da un eventuale danno. La procedura è quella prevista per i procedimenti cautelari in generale (art. 669- bis ss.). Denuncia di nuove opera – art. 1171 c.c – azione concessa a chi abbia ragione di temere che da una nuova opera da altri intrapresa sul proprio o sul fondo vicino stia per derivare una danno al bene oggetto del suo diritto o possesso, per ottenere dal giudice un provvedimento che sospenda l’esecuzione dell’opera, stabilendo le opportune cautele. Non può essere esperita se l’opera è terminata o se è trascorso un anno dal suo inizio. L'autorità giudiziaria sulla base della denuncia, non può assumere provvedimenti definitivi (quali ad es. l'abbattimento dell'opera), che saranno riservati all'eventuale giudice del merito, ma solo provvedimenti provvisori (cautelari appunto), consistenti: a) o nell'ordine di sospensione dell'opera; b) o nell'autorizzazione alla sua continuazione. In ogni caso il giudice deve però disporre sempre le opportune cautele a carico del richiedente nel primo caso, per il risarcimento del danno nell'ipotesi che la costruzione dell'opera risulti legittima; a   95   Caratteristiche: - atipicità: il loro contenuto non è determinato in modo fisso dalla legge, come per gli altri cautelari ma viene modellato caso per caso, in relazione al tipo di situazione cautelanda; - strumentalità e sussidiarietà (perdono efficacia quando sono sostituiti ed assorbiti dalla sentenza sul merito passata in giudicato); - temporaneità. Presupposti per ricorrere alla tutela di cui all'art. 700 : - inesistenza di un altro provvedimento cautelare tipico, idoneo ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito; - approssimativa verosimiglianza circa l’esistenza del diritto che si intende far valere (fumus boni iuris); - esistenza di un pregiudizio imminente ed irreparabile al quale il ritardo può esporre tale diritto (periculum in mora). Timore che durante il tempo necessario per fare valere il proprio diritto in via ordinaria (cioè con il normale processo di cui all'art. 163 ss.), questo sia minacciato da «un pregiudizio imminente e irreparabile». Condizioni per la concessione - art. 700 - fuori dai casi regolati nelle precedenti sezioni, chi ha fondato motivo di temere che durante il tempo occorrente per far valere il suo diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile, può chiedere con ricorso al giudice i provvedimenti d’urgenza, che appaiono, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito. Esempi: - in tema di conflitti familiari: i provvedimenti in ordine alla custodia delle prove, in attesa della separazione dei coniugi; - in tema di assegno alimentare: la provvisoria determinazione del suo importo; - in materia di concorrenza commerciale: il divieto di usare marchi simili per evitare il pericolo di sviamento della clientela. Tecnicamente, il pregiudizio è irreparabile quando «non si può riparare» con il tradizionale rimedio del risarcimento del danno, campo di impiego dei provvedimenti d'urgenza, con riferimento: - ai diritti personali, quelli cioè che non hanno ad oggetto un contenuto prettamente economico, ma fanno riferimento ai beni essenziali della persona umana, come ad es. il diritto all'integrità fisica, il diritto al nome, il diritto all'immagine, ecc. - nel settore dei diritti derivanti dai beni immateriali (es. tutela del marchio, che è in sostanza la fondamentale manifestazione esterna dell'imprenditore. Appare legittimo anticipare con l'art. 700 gli effetti finali della sentenza e cioè l'inibitoria ed il sequestro, onde evitare il prodursi di un pregiudizio che potrebbe essere non più riparabile). Quanto al procedimento, si seguono per filo e per segno le regole generali dell'art. 669-bis ss. senza alcuna particolare deroga, evidenziando che ai provvedimenti ex art. 700, si applica il disposto dell'art. 669-octies, sesto comma, per cui dopo l'emanazione del provvedimento non è necessario che il ricorrente inizi il giudizio di merito.       96   PROCEDIMENTI  POSSESSORI   Scopo è quello di tutelare il possesso (come situazione di fatto) di un bene da ogni turbativa, indipendentemente dall’accertamento del diritto che lo legittima (che si fa valere con il giudizio petitorio). Tale tutela immediata è, però provvisoria in quanto condizionata dall’esito del giudizio di merito, nel quale dovrà accertarsi la legittimità del provvedimento concesso in via d’urgenza. Si applicano le norme previste per il procedimento cautelare (669-bis e ss.); tuttavia, in questo caso, la seconda fase del procedimento non è necessaria, ma eventuale, perché il giudice fissa la data per il prosieguo della procedura solo se richiesto da una delle parti, mentre nell’ipotesi ordinaria il giudice dà il termine per l’instaurazione del giudizio di merito, senza che sia necessaria alcuna richiesta delle parti. La difesa del possesso è dal codice civile attribuita ad un triplice ordine di azioni, indicate negli artt. 1168 e 1170 c.c., si tratta di vere e proprie azioni, a differenza di quanto per i provvedimenti cau- telari, che sono solo strumenti volti a garantire la migliore funzionalità di un'azione cognitiva o di un'azione esecutiva. Non possono essere inquadrate fra i provvedimenti cautelari e non si può cumulare l'azione possessoria con la difesa petitoria (comunemente detto divieto di cumulo del giudizio petitorio con il giudizio possessorio) di cui all'art. 705, in quanto consentire ciò significherebbe, sovrapporre due azioni con diverso contenuto. • azioni di reintegrazione o di spoglio (art. 1168 c.c.): azione con cui il possessore o detentore, spogliato in modo violento o clandestino, può chiedere, entro un anno dallo spoglio o dalla scoperta dello stesso, di essere reintegrato in esso. È attribuita al possessore o al detentore della cosa (tranne che l'abbia per ragioni di servizio o di ospitalità), quando: a) ha subito uno spoglio violento o clandestino b) non è trascorso un anno dal sofferto spoglio. • azione di manutenzione (art. 1170 c.c.): azione diretta a tutelare chi possiede beni immobili o universalità di mobili da almeno un anno contro le molestie o le turbative di fatto o di diritto. Può essere esercitata entro un anno dalla molestia. Le condizioni per l'esperibilità dell'azione sono: a) che l'azione sia proposta entro l’anno dalla turbativa, b) che il possesso del ricorrente duri da oltre un anno, sia continuo e non interrotto e non sia stato acquistato violentemente o clandestinamente (in quest'ultimo caso, l'azione è comunque data dopo il decorso di un anno dalla cessazione della violenza o della clandestinità). • azione di manutenzione reintegratoria (art. 1170, terzo comma, c.c.): azione di reintegrazione, consentita allorché lo spoglio non sia stato violento o clandestino. La reintegrazione nel possesso è ammessa, se ricorrono le condizioni per esperire l'azione di manutenzione previste dall'art. 1170, secondo comma, c.c. (possesso che dura da oltre un anno, continuo e non interrotto, che non sia stato acquistato in modo violento o clandestino, ecc.). PROCEDIMENTO Domanda di reintegrazione e di manutenzione nel possesso – art. 703 – le domande di reintegrazione e di manutenzione nel possesso si propongono con ricorso al giudice competente a norma dell’art. 21 (competente il giudice del luogo nel quale è avvenuta la turbativa). Il giudice provvede ai sensi degli artt. 669-bis e ss. in quanto compatibili, la domanda introduce essa stessa il giudizio possessorio, per cui non è mai possibile proporla nel corso di una causa possessoria, che senza la domanda neppure esiste. L'ordinanza possessoria che accoglie o respinge la domanda è reclamabile ai sensi dell'art. 669-terdecies. Se richiesto da una delle parti, entro il termine perentorio di 60 giorni decorrente dalla comunicazione del provvedimento che ha deciso sul reclamo, ovvero, in difetto, del provvedimento che accoglio o respinge la domanda, il giudice fissa dinnanzi a sé l’udienza per la prosecuzione del giudizio di merito.   97   Il procedimento si svolge ai sensi dell'art. 669-sexies, nella forma alternativa del contraddittorio anticipato (primo comma) o della pronuncia inaudita altera parte (secondo comma). L'ordinanza emanata nella fase urgente o quella pronunciata in sede di reclamo (qualora questo sia stato proposto) sono idonee a mantenere effetti in modo autonomo, anche senza il successivo giudizio a cognizione piena. Tuttavia, se una delle parti lo chiede, il giudice entro il termine di 60 giorni dall'ordinanza emessa nella fase urgente o da quella pronunciata in fase di reclamo, fissa dinanzi a sé l'udienza per la prosecuzione del giudizio di merito. Dal che si evince nuovamente che il giudizio possessorio è unico sia che sia definito con la semplice ordinanza, sia che prosegua (su richiesta di parte) per l'accertamento pieno. L’attuazione dei provvedimenti possessori avviene ai sensi dell'art. 669-duodecies sotto il controllo del giudice che ha emesso il provvedimento (come se si trattasse di cautelari). DIVIETO DI CUMULO DEL GIUDIZIO PETITORIO CON IL GIUDIZIO POSSESSORIO Divieto di proporre giudizio petitorio - art. 705 – Il convenuto nel giudizio possessorio non può proporre giudizio petitorio, finché il primo giudizio non sia definito e la decisione non sia stata eseguita. La ratio della norma deriva dal fatto che il possesso è una situazione giuridica che ha una tutela autonoma, facente capo a specifiche azioni (le azioni possessorie, appunto) che non tollerano che la tutela possessoria possa essere vanificata da azioni o eccezioni che con il possesso non hanno nulla a che vedere, anche se riguardano la proprietà sullo stesso bene. Il diritto non tollera cioè la commistione fra la situazione possessoria autonomamente tutelabile con le azioni di cui agli artt. 1168 e 1170 c.c. e la situazione petitoria riguardante la proprietà o eventuali diritti reali parziari, anch'essa autonomamente tutelabile (il possesso ha una tutela di per sé stesso, che va realizzata autonomamente, indipendentemente da ogni eccezione di natura diversa). Al convenuto nel giudizio possessorio è precluso, sia di proporre una contemporanea azione in un giudizio incrociato contro l'attore con il quale viene rivendicata una situazione petitoria volta ad eli- dere il possesso di costui; sia di proporre contro il ricorrente in possessorio un'eccezione di tipo petitorio (ad es. eccepire che il predetto non aveva alcuna servitù di passo). Due eccezioni al divieto dell'allegazione di difese petitorie nell'ambito del giudizio possessorio: a) il convenuto può proporre il giudizio petitorio quando dimostra che l’esecuzione del provvedimento possessorio non può compiersi per fatto dell’attore. In tal caso, il convenuto in possessorio che ha magari dei diritti da fare valere in sede petitoria, non può rimanere senza tutela all'infinito, b) Corte cost. consente il superamento del divieto di cumulo, quando l'attesa della definizione del giudizio possessorio e l'esecuzione della decisione, potrebbero determinare un pregiudizio irreparabile per il convenuto. Domande di provvedimento possessorio nel corso di giudizio petitorio – art. 704 – la preclusione alla connessione fra possessorio e petitorio, non opera però in senso inverso: se pende giudizio petitorio fra due soggetti, eventuali domande possessorie per fatti verificatesi durante la pendenza del giudizio petitorio, vanno proposte al giudice di questo (ogni domanda relativa al possesso, per fatti che avvengono durante la pendenza del giudizio petitorio, deve essere proposta davanti al giudice di quest’ultimo). Trattasi di una competenza funzionale che deroga a quella generale dell'art. 21, richiamata dall'art. 703 (competente il giudice della causa pendente). Nel solo caso però dell'azione di spoglio ex art. 1168 c.c. (non in quella di manutenzione ex art. 1170 c.c.), la reintegrazione del possesso può essere domandata al giudice competente a norma dell’art. 703 (giudice del processo possessorio), il quale da i provvedimenti temporanei indispensabili. La situazione è pertanto equiparata al caso della normale azione possessoria proposta senza che vi sia pendente un giudizio petitorio. Resta salva anche qui la possibilità per ciascuna delle parti di fare proseguire il giudizio con accertamento pieno, che però dovrà svolgersi, dinanzi al giudice del petitorio.
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