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Processo esecutivo diritto processuale civile, Appunti di Diritto Processuale Civile

appunti lezione sul processo esecutivo anno 2023

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 24/05/2023

andrea-onorati
andrea-onorati 🇮🇹

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Scarica Processo esecutivo diritto processuale civile e più Appunti in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! PROCESSO ESECUTIVO Tre tipi di processo esecutivo: - espropriazione per le somme di denaro; - esecuzione in forma specifica per segna o rilascio; - esecuzione di obblighi di fare e di non fare; Art 474 cpc – Titolo esecutivo: “L'esecuzione forzata non può avere luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile” il titolo esecutivo è quindi la condizione necessaria per iniziare l’esecuzione forzata; Non tutti i processi esecutivi possono essere iniziati con un qualunque titolo esecutivo; questi hanno infatti poteri diversi: - titolo giudiziario (quello più forte) è idoneo ad avviare tutti i tipi di processo esecutivo; - titolo di tipo pubblicistico consente di avviare non solo l’espropriazione, ma anche l’esecuzione in forma specifica per segno o rilascio (non esecuzione di obblighi di fare e di non fare) - titolo di tipo privatistico apre le porte alla sola espropriazione per le somme di denaro (è il titolo più debole). Il titolo esecutivo rappresenta il programma dell’esecuzione questo comporta che l’esecuzione viene costruita sull’idea che non c’è bisogno di compiere nessun’accertamento sul diritto sostanziale fatto valere dal creditore; infatti il giudice dell’esecuzione compie attività esecutive e non attività di cognizione; questo fa si che il processo sia strutturato con poca garanzia del contraddittorio (per le difese del debitore è previsto uno spazio ad hoc che non è il processo esecutivo, ma è un processo di cognizione ossia le opposizioni esecutive). Il codice prevede delle attività prodromiche all’inizio dell’esecuzione, attività che devono necessariamente essere compiute affinché l’esecuzione possa avere inizio (non sono dunque parte del processo esecutivo, ma vengono immediatamente prima). Tali attività sono state oggetto di modifica da parte della riforma Cartabia. Precedentemente il codice prevedeva che per iniziare l’esecuzione forzata per alcune categorie di titoli esecutivi (quelli giudiziari e pubblicistici) fosse necessario per il creditore ottenerne la spedizione in forma esecutiva (vecchio art 475 cpc). Solo con tale copia poteva compiersi l’attività immediatamente successiva della notificazione del titolo esecutivo al debitore. Si prevedeva inoltre come ciascun pubblico ufficiale potesse spedire al massimo una copia in forma esecutiva (in questo modo si evitava che potessero circolare più titoli esecutivi nei confronti dello stesso debitore che potessero essere messi in esecuzione). Oggi è sufficiente che il titolo venga notificato in una copia che sia attestata conforme all’originale. In seguito, il titolo potrà essere notificato al debitore ai sensi dell’art 479 cpc il titolo esecutivo deve essere notificato personalmente alla parte insieme all’atto di precetto (atto prodromico, non esecutivo) Art 480 cpc – forma del precetto: “Il precetto consiste nell'intimazione di adempiere l'obbligo risultante dal titolo esecutivo entro un termine non minore di dieci giorni, salva l'autorizzazione di cui all'articolo 482, con l'avvertimento che, in mancanza, si procederà a esecuzione forzata” ultimo momento utile nel quale il debitore può evitare di subire l’esecuzione forzata; Art 482 cpc – termine ad adempiere: “Non si può iniziare l'esecuzione forzata prima che sia decorso il termine indicato nel precetto e in ogni caso non prima che siano decorsi dieci giorni dalla notificazione di esso” il termine dilatorio di 10 giorni è, quindi, posto a favore del debitore per consentirgli di adempiere evitando così l’esecuzione forzata. Dalla notificazione del precetto decorre, inoltre, un altro termine Art 481 cpc: “Il precetto diventa inefficace, se nel termine di novanta giorni dalla sua notificazione non è iniziata l'esecuzione”. Art 480 comma 2 cpc: “Il precetto deve contenere a pena di nullità l'indicazione delle parti*, della data di notificazione del titolo esecutivo se questa è fatta separatamente, o la trascrizione integrale del titolo stesso (questo avviene per le scritture private autenticate e il titolo di credito), quando è richiesta dalla legge. In quest'ultimo caso l'ufficiale giudiziario, prima della relazione di notificazione, deve certificare di avere riscontrato che la trascrizione corrisponde esattamente al titolo originale. Il precetto deve altresì contenere l'avvertimento che il debitore può, con l'ausilio di un organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice, porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento concludendo con i creditori un accordo di composizione della crisi o proponendo agli stessi un piano del consumatore”. *indicazione delle parti non è detto che le parti siano le stesse indicate nel titolo esecutivo, le parti possono anche cambiare; il titolo esecutivo può essere utilizzato, dal lato attivo, anche dai successori della persona in favore della quale è stato formato; viceversa, dal lato passivo, esso può essere messo in esecuzione anche contro tutti i successori (art 477 cpc parla di eredi, ma l’interpretazione prevalente in dottrina e in giurisprudenza tende ad affermare che il termine “eredi” di cui all’art 477 cpc si deve intendere in generale come successori sia mortis causa che inter vivos). Comma 4: “Il precetto deve essere sottoscritto a norma dell'articolo 125 e notificato alla parte personalmente a norma degli articoli 137 e seguenti”. PROCESSO PER ESPROPRIAZIONE FORZATA L'esecuzione forzata è una procedura che si svolge dinanzi ad un'autorità giudiziaria, con la quale il creditore, per recuperare le somme vantate nei confronti del debitore, aggredisce coattivamente il bene di proprietà di quest'ultimo, al fine di soddisfare il proprio credito obiettivo: fare in modo che il creditore si soddisfi sul patrimonio del debitore. - Art 2910 cc: “Il creditore, per conseguire quanto gli è dovuto, può far espropriare i beni del debitore, secondo le regole stabilite dal codice di procedura civile”. Tale norma va messa in relazione con altra norma del codice civile, ovvero l’art 2740 cc: “il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri” il patrimonio del debitore è quindi la garanzia patrimoniale generica delle obbligazioni del creditore; questo vuol dire, ex art 2910, che il creditore può far espropriare i beni del debitore. Giudice competente per l’esecuzione forzata la competenza verticale per l’esecuzione forzata è solo del tribunale; dal pdv orizzontale sorgono invece dei problemi Art 26 cpc: “Per l'esecuzione forzata su cose mobili o immobili è competente il giudice del luogo in cui le cose si trovano. Se le cose immobili soggette all'esecuzione non sono interamente comprese nella circoscrizione di un solo tribunale, si applica l'art. 21. Per l'esecuzione forzata su autoveicoli, motoveicoli e rimorchi è competente il giudice del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede. Per l'esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare è competente il giudice del luogo dove l'obbligo deve essere adempiuto.” Tale processo deve iniziare con l’atto di pignoramento (art 491 cpc) atto attraverso il quale sono individuati i beni del patrimonio del debitore che dovranno essere in un secondo momento alienati al fine di ricavare il denaro necessario per soddisfare il creditore. Sussistono tre tipi di pignoramento: - Pignoramento mobiliare - Pignoramento immobiliare  in questo modo si consente di definire l’oggetto del pignoramento. Il terzo può anche decidere di non rendere la dichiarazione ovvero può rendere dichiarazione negativa in questo caso si solleva un problema per la prosecuzione del processo in quanto si ha ancora un’indicazione generica del bene pignorato; il legislatore a questo problema dava una soluzione fino al 2012 che poi è mutata profondamente; -Fino al 2012 il creditore avrebbe dovuto instaurare un vero e proprio giudizio di cognizione (“giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo”) che aveva come scopo quello di determinare l’oggetto del pignoramento ossia di determinare il contenuto dell’obbligo del terzo. Se il processo si concludeva affermando che effettivamente il terzo era obbligato ad effettuare una certa obbligazione nei confronti del debitore non c’erano problemi (il pignoramento si perfezionava e si poteva andare avanti con la procedura esecutiva, che nel frattempo rimaneva sospesa). Se invece il processo si concludeva con esito negativo (e che quindi il terzo niente doveva) allora il pignoramento non veniva disposto e il creditore doveva ricominciare da capo. -Nel 2012 il legislatore decide di regolare diversamente questo fenomeno art 548 cpc: “Quando all'udienza il creditore dichiara di non aver ricevuto la dichiarazione, il giudice, con ordinanza, fissa un'udienza successiva. L'ordinanza è notificata al terzo almeno dieci giorni prima della nuova udienza. Se questi non compare alla nuova udienza o, comparendo, rifiuta di fare la dichiarazione, il credito pignorato o il possesso del bene di appartenenza del debitore, nei termini indicati dal creditore, si considera non contestato ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione se l'allegazione del creditore consente l'identificazione del credito o dei beni di appartenenza del debitore in possesso del terzo e il giudice provvede a norma degli articoli 552 o 553.  se quindi il terzo non compare o comparendo non dichiara il bene come indicato nell’atto di pignoramento si considera non contestato; quindi, il giudice ne può disporre l’assegnazione o la vendita. Nei casi in cui il terzo fa in udienza una contestazione di tipo negativo ovvero il terzo non ha reso nessuna dichiarazione ma la non contestazione non può funzionare perché il bene del pignoramento è individuato in modo generico l’art 549 cpp dispone che il giudice dell’esecuzione, su istanza di parte, provvede con ordinanza, compiuti i necessari accertamenti nel contraddittorio tra le parti e con il terzo. L'ordinanza produce effetti ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione. il processo di cognizione che prevedeva la precedente disciplina oggi è sostituito o dal meccanismo della non contestazione (nel caso in cui il terzo non dichiara ed è assente all’udienza) oppure nel caso in cui il terzo abbia effettuato una dichiarazione contestata di contenuto negativo ovvero la non contestazione non può operare è necessario un accertamento che però è compiuto dal giudice dell’esecuzione. L’accertamento dell’obbligo del terzo non avverrà con sentenza (come avveniva prima) ma con un’ordinanza del giudice dell’esecuzione che è opponibile ai sensi dell’art 617 cpc (opposizione agli atti). Affidando questi accertamenti al giudice dell’esecuzione si tiene di ridurre la durata del processo e allo stesso tempo gli si assegna un potere del tutto nuovo. INTERVENTO DEI CREDITORI realizza il principio della “par condicio creditorum” secondo cui il patrimonio del debitore è la garanzia per tutte le obbligazioni di quel debitore. Il processo esecutivo deva prevedere un istituto che consenta agli altri creditori che non hanno già iniziato l’esecuzione di potersi soddisfare su quel bene; disciplinato in via generale dagli artt. 498 ss. cpc (norme specifiche sono previste in tutti i tipi di espropriazione). La disciplina dell’intervento fino al 2005/2006 consentiva l’intervento di tutti i creditori a prescindere che avessero o meno un titolo esecutivo nei confronti di quel debitore; dal 2005/6 questa disciplina è stata rivoluzionata nel senso che è consentito l’intervento solo ed esclusivamente ai creditori titolati e a poche altre categorie di creditori descritte dall’art 499 cpc. Art 499 cpc – Intervento: “Possono intervenire nell'esecuzione i creditori che nei confronti del debitore hanno un credito fondato su titolo esecutivo, nonché i creditori che, al momento del pignoramento, avevano eseguito un sequestro sui beni pignorati ovvero avevano un diritto di pegno o un diritto di prelazione risultante da pubblici registri ovvero erano titolari di un credito di somma di denaro risultante dalle scritture contabili di cui all'articolo 2214 del codice civile”  le prime due fattispecie non sollevano grandi criticità; l’ultima ipotesi è stata aggiunta in un ultimo momento (sempre nel biennio 2005/2006); questa non ha una logica chiara se non quella di voler favorire un certo tipo di creditori ossia i creditori contabili (tale norma è stata tacciata di incoerenza nella parte in cui ammette l’intervento di questi creditori, ma anche di incostituzionalità). La differenza tra creditori titolati e non titolati rimane ed ha anche un forte rilievo solo i creditori titolati possono promuovere gli atti dell’esecuzione (non anche quelli privi di titoli esecutivi). La differenza tra creditori titolati e non titolati si nota anche dalla disciplina dell’intervento stesso per chi interviene con titolo esecutivo non sorge alcun problema; art 499 cpc comma 2 prevede che l’atto di intervento deve contenere tra l’altro la domanda per partecipare alla distribuzione della somma ricavata. Comma 3: “Il creditore privo di titolo esecutivo che interviene nell'esecuzione deve notificare al debitore, entro i dieci giorni successivi al deposito, copia del ricorso, nonché copia dell'estratto autentico notarile attestante il credito se l'intervento nell'esecuzione ha luogo in forza di essa”. Comma 5: “Con l'ordinanza con cui è disposta la vendita o l'assegnazione ai sensi degli articoli 530, 552 e 569 il giudice fissa, altresì, udienza di comparizione davanti a se' del debitore e dei creditori intervenuti privi di titolo esecutivo, disponendone la notifica a cura di una delle parti. Tra la data dell'ordinanza e la data fissata per l'udienza non possono decorrere più di sessanta giorni. Comma 6: “All'udienza di comparizione il debitore deve dichiarare quali dei crediti per i quali hanno avuto luogo gli interventi egli intenda riconoscere in tutto o in parte, specificando in quest'ultimo caso la relativa misura. Se il debitore non compare, si intendono riconosciuti tutti i crediti per i quali hanno avuto luogo interventi in assenza di titolo esecutivo. In tutti i casi il riconoscimento rileva comunque ai soli effetti dell'esecuzione. I creditori intervenuti i cui crediti siano stati riconosciuti da parte del debitore partecipano alla distribuzione della somma ricavata per l'intero ovvero limitatamente alla parte del credito per la quale vi sia stato riconoscimento parziale. I creditori intervenuti i cui crediti siano stati viceversa disconosciuti dal debitore hanno diritto, ai sensi dell'articolo 510, terzo comma, all'accantonamento delle somme che ad essi spetterebbero, sempre che ne facciano istanza e dimostrino di avere proposto, nei trenta giorni successivi all'udienza di cui al presente comma, l'azione necessaria affinché essi possano munirsi del titolo esecutivo. In quest’udienza il debitore è chiamato a rendere una dichiarazione che vale come riconoscimento (gli si chiede di riconoscere quei debiti che sono privi di titoli esecutivi); anche in questo caso interviene il meccanismo della non contestazione se il debitore non compare, si intendono riconosciuti tutti i crediti per i quali hanno avuto luogo interventi in assenza di titolo esecutivo. Se invece i crediti sono disconosciuti, il creditore non titolato ha diritto solo all’accantonamento delle somme e nel frattempo deve dimostrare di aver proposto un giudizio per ottenere il titolo esecutivo (solo dopo aver ottenuto il titolo esecutivo si può sciogliere tale riserva e può ricevere le somme). Accantonamento che ex art 510 cpc può durare massimo tre anni. Il creditore munito di titolo esecutivo può proporre “pignoramento successivo” atto di pignoramento fatto dal secondo creditore sul medesimo bene che è oggetto di pignoramento da parte di un precedente creditore. Dal punto di vista processuale questo si comporta come un intervento ai sensi dell’art 499 cpc. Fare un pignoramento successivo salva il creditore che lo propone dall’eventuale caducazione del primo pignoramento. Tale pignoramento però opererà come intervento e non darò luogo a un nuovo processo di esecuzione perché il bene è lo stesso e non può essere venduto più volte. Sent.61/2014 Sezioni Unite la giurisprudenza ha detto che in realtà qualunque intervento di un creditore titolato ha una forza particolare tale per cui oggi l’istituto del pignoramento successivo sembra aver perso una parte della sua ragion d’essere; è sufficiente che sussista almeno un titolo esecutivo per tutta la durata del processo; se quando il pignoramento è stato effettuato il titolo esecutivo del creditore che lo ha effettuato era valido ed efficace ma viene successivamente caducato, la procedura esecutiva rimane in piedi se vi è almeno un altro interventore titolato (il titolo esecutivo si oggettivizza, basta che vi sia un titolo esecutivo affinché la procedura possa andare avanti, purché il titolo non sia affetto da vizi al momento in cui il pignoramento è compiuto). Altra distinzione intervento tardivo e intervento tempestivo L’intervento è tempestivo se viene realizzato prima dell’udienza che dispone la vendita o l’assegnazione; dopo questo termine, l’intervento è tardivo; questa distinzione si ripercuote nel momento in cui si deve distribuire la somma ricavata il creditore tardivo è ammesso alla distribuzione, ma dopo i creditori tempestivi (prima si fa la graduazione tra i creditori tempestivi prima i creditori che sono assistiti da un diritto di garanzia (ipoteca, pegno o privilegio), dopo i creditori tempestivi chirografari, ossia non assistiti da tali diritti di garanzia; in ultimo i creditori tardivi). VENDITA FORZATA art 2919 cc – Effetto traslativo della vendita forzata: “La vendita forzata trasferisce all'acquirente i diritti che sulla cosa spettavano a colui che ha subìto l'espropriazione, salvi gli effetti del possesso di buona fede.” si comprende quindi che la vendita forzata è una vendita che comporti un acquisto a titolo derivativo; se, invece, il bene pignorato è un bene mobile e il terzo acquirente in vendita forzata lo acquista (in buona fede), questi lo acquista a titolo originario. La vendita degli immobili è sempre una vendita che comporta acquisto a titolo derivativo. Comma 2: “Non sono però opponibili all'acquirente i diritti acquistati da terzi sulla cosa, se i diritti stessi non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori intervenuti nell'esecuzione” il debitore può anche alienare il bene dopo che è stato pignorato; ma questa alienazione, per effetto dell’art 2913 cc, è inefficace nei confronti del creditore procedente; mentre ex art 2919 il diritto acquistato dal terzo non è opponibile all’acquirente se i diritti stessi non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori intervenuti. Se l’acquisto del bene pignorato che ha fatto il terzo non è opponibile al creditore procedente, non lo sarà nemmeno a chi lo acquista in vendita forzata. DISTRIBUZIONE DEL RICAVATO Tale fase presuppone una pluralità di creditori; quando il creditore è uno solo, il giudice si limita ad assegnare al creditore le somme derivanti dalla vendita forzata Se vi è una pluralità di creditori, si pone il problema di capire in che ordine questi devono essere soddisfatti. Questo comporta la necessità di redigere un piano di riparto delle somme (su tale materia vi sono alcune norme generali e norme specifiche per l’espropriazione mobiliare e quella immobiliare). Art 510 cpc – distribuzione della somma ricavata: “Se vi è un solo creditore pignorante senza intervento di altri creditori, il giudice dell'esecuzione, sentito il debitore, dispone a favore del creditore pignorante il pagamento di quanto gli spetta per capitale, interessi e spese. In caso diverso la somma ricavata è dal giudice distribuita tra i creditori a norma delle disposizioni contenute nei capi seguenti, con riguardo cause legittime di prelazione e previo accantonamento delle somme che spetterebbero ai creditori intervenuti privi di titolo esecutivo i cui crediti non siano stati in tutto o in parte riconosciuti dal debitore”.  criterio per redigere il riparto fra i più creditori in concorso è quello delle ragioni di prelazione. Se vi sono dei creditori che intervengono senza titolo esecutivo e il cui credito non venga riconosciuto dal debitore competente.) Il giudice dell’esecuzione dichiara, anche d’ufficio, con ordinanza, l’estinzione del processo e ordina la cancellazione della trascrizione del pignoramento, provvedendo anche sulle spese” ciò dipende dall’interesse del creditore. L’ordinanza che dispone la sospensione può essere impugnata con il reclamo cautelare. Nel 2016 il legislatore ha introdotto un limite temporale per proporre l’opposizione all’esecuzione, ultimo comma art. 615 cpc “Nell’esecuzione per espropriazione l’opposizione è inammissibile se è proposta dopo che è stata disposta la vendita o l’assegnazione” 2) Opposizione agli atti L’opposizione agli atti esiste perché il processo esecutivo non è fatto in modo da potersi incaricare da solo di stabilire sulla nullità degli atti che lo riguardano, questo accertamento deve avvenire in una sede di cognizione che è appunto il processo di opposizione agli atti esecutivi. Si tratta di un’opposizione avente particolari caratteristiche - Secondo la giurisprudenza non è proponibile solo dal debitore ma da tutti coloro che sono parte del processo di esecuzione; - Ha un termine di proposizione molto breve, 20 giorni; - La sentenza che decide sull’opposizione agli atti, a differenza delle sentenze che decidono sull’opposizione all’esecuzione e sull’opposizione di terzo, non è soggetta ad appello ma ripercorribile per cassazione ai sensi del comma 7 art. 111 Cost. Art. 617 cpc – forma dell’opposizione Comma 1:“Le opposizioni relative alla regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto si propongono, prima che sia iniziata l’esecuzione, davanti al giudice indicato nell’articolo 480 terzo comma, con atto di citazione da notificarsi nel termine perentorio di venti giorni dalla notificazione del titolo esecutivo o del precetto”(opposizione precedente all’inizio dell’esecuzione) - Irregolarità: qualcosa di meno della nullità – con l’opposizione agli atti si deducono oggi sia motivi di irregolarità formale, sia motivi di opportunità degli atti, atti che non contemperano al meglio gli interessi delle parti. Comma 2: “Le opposizioni di cui al comma precedente che sia stato impossibile proporre prima dell’inizio dell’esecuzione e quelle relative alla notificazione del titolo esecutivo e del precetto e ai singoli atti di esecuzione si propongono con ricorso al giudice della esecuzione nel termine perentorio di venti giorni dal primo atto di esecuzione, se riguardano il titolo esecutivo o il precetto, oppure dal giorno in cui i singoli atti furono compiuti (opposizione successiva all’inizio dell’esecuzione)” Cosa succede quando si verifica la nullità di un atto nel processo di cognizione, esiste qualcosa che assomiglia all’apposizione agli atti esecutivi, la nullità deve essere rilevata nella medesima sede del processo o in una sede separata? È lo stesso giudice della cognizione che può dichiarare la nullità dell’atto (cosa che invece non può avvenire nell’esecuzione). Solo da qualche anno il legislatore ha previsto che per l’opposizione agli atti proposta dopo l’inizio dell’esecuzione si possa adottare un provvedimento di sospensione. Questa previsione mancava nell’originaria versione del codice in quanto il presupposto del legislatore era che l’atto una volta dichiarato irregolare o nulla dal giudice dell’opposizione potesse sempre essere rinnovato dal giudice stesso e che quindi non si poneva mai un problema di sospensione dell’esecuzione in quanto questa sarebbe proseguita dopo che l’atto fosse stato compiuto nel modo corretto. L’opposizione agli atti però nel corso degli anni è mutata, ha iniziato a ricomprendere una serie di casi in grado di far naufragare il processo esecutivo, come il difetto di giurisdizione. In questi casi vi è la necessità che il processo venga sospeso e non si proceda alla vendita del bene cd. sospensione per ragioni di pendenza di un’opposizione. Oltre a questa vi sono altre sospensioni: - Sospensione disposta dal giudice davanti al quale è impugnato il titolo esecutivo - Sospensione nei casi di impugnazioni straordinarie: opposizione di terzo – revocazione - Sospensione prevista dalla legge (SOLO IN QUESTO CASO LA SOSPENSIONE È NECESSARIA), il bene pignorato appartiene a più soggetti non tutti debitori del creditore procedente, in questo caso è necessario procedere alla divisione dello stesso 3) Opposizione di terzo all’esecuzione art. 619 Art. 619 cpc – forma dell’opposizione: “Il terzo che pretende avere la proprietà o altro diritto reale sui beni pignorati può proporre opposizione con ricorso al giudice dell’esecuzione, prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione dei beni” Può capitare che venga pignorato un bene appartenente ad un terzo anziché al debitore perché il pignoramento non presuppone sempre un accertamento pieno sulla titolarità del diritto sul bene pignorato in capo all’esecutato. A differenza di quanto avviene nelle altre opposizioni il terzo non può proporre opposizione prima dell’inizio dell’esecuzione proprio perché l’esecuzione inizia con il pignoramento e dunque se non vi è esecuzione nessun terzo potrà lamentare il pignoramento di un proprio bene. Art. 620 cpc – opposizione tardiva: “Se in seguito all’opposizione il giudice non sospende la vendita dei beni mobili o se l’opposizione è proposta dopo la vendita stessa, i diritti del terzo si fanno valere sulla somma ricavata” il coordinamento tra l’opposizione proposta e il processo esecutivo avviene per mezzo di un provvedimento eventuale di sospensione. Se il giudice non lo adotta l’esecuzione prosegue con la conseguenza che il bene potrebbe essere venduto. Tale articolo esclude la possibilità che il terzo possa acquisire, se la vendita non è stata sospesa o addirittura se l’opposizione è proposta a vendita già avvenuta, il bene che assume essere suo. Questo processo conosce una serie di limitazioni alla prova testimoniale ex art. 621 cpc, il rischio che il legislatore vuole evitare con questa disposizione è che il terzo che si oppone sia in realtà colui che è debitore. “Il terzo opponente non può provare con testimoni il suo diritto sui beni mobili pignorati nella casa o nell’azienda del debitore, tranne che l’esistenza del diritto stesso sia resa verosimile dalla professione o dal commercio esercitati dal terzo o dal debitore (es. se il debitore ha una galleria d’arte e viene pignorata una tela è verosimile che la tela non sia del gallerista)” è necessaria una prova documentale. L’opposizione di terzo all’esecuzione differisce dalla semplice opposizione di terzo, quest’ultima è il mezzo di impugnazione delle sentenze. _______________________________________________________________________________________
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