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Processo esecutivo e prescrizione - Rif: Saletti, Appunti di Diritto Civile

Riassunto e appunti fatti da me per superare brillantemente l'esame di Diritto Civile. Il manuale di riferimento è quello di Saletti

Tipologia: Appunti

2011/2012

Caricato il 16/02/2012

giomandrag
giomandrag 🇮🇹

4.4

(29)

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Scarica Processo esecutivo e prescrizione - Rif: Saletti e più Appunti in PDF di Diritto Civile solo su Docsity! Processo esecutivo e prescrizione.saletti Domanda esecutiva: Il tema della domanda giudiziale appare centrale nello studio del processo civile. Basta pensare alle concessioni tra esso ed i fondamentali problemi dell’individuazione delle azioni,del rapporto tra il chiesto e il pronunciato,e dei limiti della cosa giudicata. tuttavia se dalla cognizione si passa all’esecuzione,il quadro muta radicalmente:la domanda appare assolutamente svalutata;parte della dottrina esclude anzi che di domanda possa parlarsi. Il Satta afferma che la domanda nn ha luogo nel processo esecutivo,che è essenzialmente senza contraddittorio,e nn provoca alcun giudizio cognitivo sulla pretesa che si vuol far valere. Questa è solo una delle tesi che nn riconoscono l’esistenza di una domanda esecutiva,con la conseguenza che il processo esecutivo sarebbe retto da una serie di autonome istanze di compimento di singoli atti. In realtà,benché la domanda in sede esecutiva nn abbia quell’efficacia totalizzante che presenta in sede cognitiva,essa nn pare del tutto priva di rilevanza;basti pensare:alla regola dell’anatocismo,secondo la quale ”gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale”(art 1283 c.c.),o a quella della scelta del creditore nelle obbligazioni solidali,secondo cui,”il debitore ha la scelta di pagare all’uno o all’altro dei creditori in solido quando non è stato prevenuto da uno di essi con domanda giudiziale”(art.1296c.c.).per avvalorare la tesi dell’esistenza della domanda nel processo esecutivo,basti pensare nn solo che nessuno ipotizza un processo esecutivo il quale inizi per mera volontà del giudice,ma che il sistema del codice,prevedendo come necessaria attività preliminare all’esecuzione la notificazione del titolo in forma esecutiva e l’intimazione del precetto,tutti atti condizionati dall’impulso di parte ,postula indiscutibilmente l’iniziativa dell’interessato perché al processo esecutivo possa giungersi. A questo punto appare evidente che nn si contesta tanto che vi sia un atto di parte che metta in moto il processo esecutivo,quanto che questo atto abbia caratteristiche identiche a quelle della domanda che apre il processo di cognizione. Attesa la profonda diversità tra i due processi non è possibile per questo escludere anche nell esecuzione l esistenza di una domanda,intesa come “atto con cui la parte (attore),affermando l esistenza d’una volontà concreta della legge che le garantisce un bene,dichiara la volontà che questa sia attuata di fronte all’altra parte(convenuto)e invoca a questo scopo l’autorità dell’organo giurisdizionale”. La domanda di esecuzione coincide appunto cn la domanda di una determinata misura esecutiva ,o di un atto preparatorio di essa,inoltre,ha la stessa struttura che ha nel processo di cognizione:consta di una premessa(causa petendi)e di una conclusione(petitum),quindi, pretesa e il provvedimento che in relazione ad essa si chiede. Secondo tale dottrina,la domanda nell’esecuzione viene espressa con il precetto ,integrato dalla notificazione del titolo. Anche in sede esecutiva,come in quella cognitiva,la domanda sarebbe un atto doppiamente recettizio,infatti per avere efficacia,deve essere comunicata prima alla controparte(c.d notificazione previa)e poi all’ufficio giudiziario. Citazione e precetto,dunque,avrebbero non solo funzione,ma anche struttura analoga. Tale tesi fu accettata pressoché dalla maggior parte della dottrina fino all abrogazione del vecchio codice cn quello vigente. Nel mutato contesto normativo,con la presentazione del precetto come atto che precede l’esecuzione,buona parte della dottrina escluse che tale atto da solo valga a proporre la domanda che regge il processo esecutivo(essendo appunto preliminare all’”eventuale”esecuzione). Col nuovo codice altre tesi fioriscono:1c’è chi coglie la domanda esecutiva nella richiesta che la parte rivolge all’ufficiale giudiziario di procedere al compimento del primo atto di esecuzione;2chi la individua nell’istanza di vendita ,che costituisce una costante di ogni espropriazione e realizza il contatto tra parti e giudice. A chi coglie nell’istanza di vendita l’atto con il quale la parte fa valere la sua volontà di attuare la sanzione esecutiva ,viene spontaneo eccepire la singolarità di una domanda inserita nel bel mezzo di un processo,invece che al suo inizio;chi sostiene la tesi qui criticata,afferma che l’esercizio dell’azione esecutiva risulti dalla combinazione di due atti,il pignoramento,il quale pur esprimendo la volontà in potenza di espropriare,è soggetto alla traduzione in atto della medesima per mezzo della successiva istanza di assegnazione e di vendita. E solo questa,combinandosi col pignoramento,concreterebbe l’effettivo esercizio dell’azione esecutiva. la mancata presentazione dell’istanza di vendita(o di assegnazione)nei termini prefissati,ha come conseguenza l’estinzione del processo esecutivo. La figura in esame costituisce un caso di estinzione,per inattività,del processo esecutivo; e l’essere sanzionati con l’estinzione del processo,in caso di mancato compimento entro un termine perentorio,è caratteristica peculiare degli atti di impulso processuale:ne deriva la conferma nell’inidoneità di tale istanza ad essere configurata come l’atto che introduce il processo e lo regge:giacchè si tratta di un atto di impulso che presuppone il processo come già esistente e si inserisce in esso. Queste considerazione non permettono di far acquisire natura di domanda ad un atto d’impulso,quale l’istanza di vendita,poiché inserito in una serie procedimentale già esistente;né tantomeno al pignoramento che precede si la proposizione dell istanza,ma nn può comunque essere equiparata alla domanda,poiché questa contiene la richiesta del provvedimento che il giudice dovrà concedere,il pignoramento ha ad oggetto i beni su cui tale pretesa potrà essere soddisfatta. Se tale tesi appare inaccettabile,altrettanto bisogna dirsi con riguardo a quella che coglie la domanda nel precetto. Essendo il precetto estraneo all’esecuzione(è preliminare ad essa)non può quindi di per sé concretare la domanda che ne determina l inizio. A suffraggio della tesi del precetto quale domanda esecutiva,la dottrina formulò la distinzione tra nozione di esecuzione forzata e il soddisfacimento,dall’altro che il processo esecutivo è retto da una pretesa di cui si chiede il soddisfacimento che può discostarsi da quanto risulti dal titolo. Dunque nn esiste una pretesa esecutiva definita prima ed autonomamente dal precetto,il quale solo la concreta,fissandone i limiti. Abbiamo dimostrato come nn si possa prescindere dal precetto,atto che enuncia la pretesa che si vuol far valere ,per individuare la domanda esecutiva;ma il precetto manca pur sempre di quell’elemento essenziale e caratteristico delle domande giudiziali,rappresentato dalla richiesta al giudice di dare attuazione alla pretesa vantata(il precetto è infatti rivolto al debitore,il quale tramite qsto atto è intimato ad adempiere).questo rilievo induce ad ampliarla prospettiva,a prendere in considerazione,cioè,l ‘ipotesi che nel processo esecutivo la domanda introduttiva possa risultare nn da u unico atto,ma da un complesso di atti. Se si parte da questa premessa,si tratta di vedere se,nelle attività previste per attuare l’esecuzione,possa cogliersi la richiesta di attuazione della pretesa vantata;la risposta parrebbe negativa,poiché gli atti cn cui si chiede che si proceda all’esecuzione sembrano diretti ad ottenere nn già l’attuazione della pretesa esecutiva intesa in senso globale,ma soltanto il compimento del primo concreto atto di esecuzione. In taluni casi invece,la richiesta di attuazione del precetto esaurisce totalmente l’onere della domanda perché all’esecuzione possa giungersi. E’ quanto si verifica nell’esecuzione per consegna o per rilascio,dove la richiesta che si proceda alla riconsegna o al rilascio coattivo rivolta all’ufficiale giudiziario,nn è null’altro che la semplice richiesta di attuazione coattiva del precetto rimasto inadempiuto ed è sufficiente per mettere in condizione l’ufficio di svolgere l’attività necessaria per il soddisfacimento della pretesa. Negli altri casi la richiesta di dare esecuzione coattiva a quanto intimato con il precetto,nn è sufficiente perché l ufficio giudiziario possa procedere all’esecuzione. Così,nell’espropriazione sarà necessario precisare se si vuol procedere al pignoramento mobiliare,diretto o presso terzi,piuttosto che a quello immobiliare;mentre nell’esecuzione degli obblighi di fare e di nn fare,alla richiesta di attuazione del precetto si dovrà accompagnare il deposito del ricorso per la determinazione delle modalità dell’esecuzione. Se il precetto in un primo momento vale a stabilire quel che si chiede all’obbligato,in un momento successivo,con la richiesta di attuazione,diviene il termine di riferimento di quanto si chiede all’ufficio giudiziario. Quindi appare evidente che la domanda sia presente anche nel processo esecutivo,nella configurazione tradizionale di enunciazione di una pretesa,con conseguente richiesta di attuazione rivolta all’autorità giudiziaria,solo che al posto di essere formulata in un unico atto essa risulta da una fattispecie complessa,che consta,del precetto e della richiesta della sua attuazione,integrata se del caso,dalle ulteriori istanze necessarie per la singola procedura esecutiva. A seguito della domanda esecutiva viene in essere,infatti,l’obbligo dell’ufficio di compiere l’attività richiestagli,obbligo cui nn si può sottrarre se nn cn l’emanazione di un provvedimento negativo;tralaltro obbligo sanzionato nell’ipotesi di ritardata esecuzione o inosservanza da una responsabilità disciplinare e per danni. Le conclusioni suesposte vanno però verificate alla luce della previsione dell’art 491 cpc,il quale dispone che l’espropriazione forzata,salvo il caso particolare di cui all’art 502cpc,inizia col pignoramento. Per dare inizio all’espropriazioni quindi è necessario il compimento di un’ulteriore attività rispetto al compimento degli atti contenenti la domanda esecutiva. La realtà è che il processo esecutivo,anche nel caso di espropriazione sorge direttamente a seguito del compimento degli atti in cui è formulata la domanda di esecuzione;nozioni di esecuzione forzata e processo esecutivo sono,infatti,nettamente distinte(il processo esecutivo trae origine dalla domanda..l’esecuzione,in alcuni casi,da un’ulteriore attività-vedi pignoramento nell’espropriazione-).tutto ciò poiché,quasi sempre,nell’esecuzione la domanda,pur necessaria,non è anche sufficiente per permettere lo svolgimento delle attività richieste. Cn specifico riferimento al processo di espropriazione si è giustamente messo in luce come il suo oggetto nn sia rappresentato dal bene dovuto,quanto dal bene ce viene appreso per essere alienato;bene la cui concreta individuazione avviene col pignoramento e nn prima. Appare allora evidente che il processo venuto in essere a seguito degli atti di proposizione della domanda esecutiva è un fenomeno in itinere,e che l’individuazione di tutti i suoi elementi nn si è ancora compiuta,fin quando nn vi sarà stato il pignoramento. Se il pignoramento ha esito negativo nonostante il compimento di tale atto,il processo nn può avere corso per difetto d’oggetto. Prima di passare all’esame degli altri specifici tipi di esecuzione,è opportuno chiedersi se,precetto e richiesta della sua attuazione siano dati costanti nel processo esecutivo. La risposta è di certo affermativa per il precetto,che ha carattere necessario e generale. Sensibile è la differenza col titolo esecutivo,che,pur costituendo anch’esso una formalità a carattere generale,al pari dell’intimazione del precetto,sovente nn è necessario:mai per i titoli di credito,neppure ad esempio quando si agisce in forza del decreto ingiuntivo divenuto esecutivo per mancata opposizione,o neppure nel caso di conversione del sequestro conservativo in pignoramento. L’intimazione del precetto si presenta,invece,come imprescindibile ai fini dell’istauranda esecuzione. Queste considerazioni non sono smentite dal fatto che,allorquando si ha conversione del sequestro conservativo in pignoramento,si ritiene che n sia necessaria,nn solo la notificazione del titolo,ma neppure l’intimazione del precetto(infatti nn v’è la necessità di portare la pretesa esecutiva,mediante intimazione del precetto,all’attenzione del debitore esecutato,giacchè tale pretesa coincide con il titolo di cui questi è già a conoscenza in ragione del regresso svolgimento del processo di cognizione in cui si è formato. Quanto osservato nn significa che nella conversione del sequestro conservativo in pignoramento il processo esecutivo sorga senza domanda,la domanda,infatti,esiste già,seppur a livello potenziale,nella richiesta della misura cautelare in questione. Se il precetto è elemento indefettibile dell’esecuzione,altrettanto è a dirsi quanto alla richiesta della sua attuazione. Il precetto infatti dopo esser stato notificato,è sempre portato a conoscenza dell’ufficiale giudiziario preliminarmente ad ogni attività che questo debba intraprendere. La cosa risulta inequivocabilmente per l’espropriazione mobiliare diretta,giacchè è previsto che l’ufficiale giudiziario deve essere munito del titolo esecutivo e del precetto,prima di ricercare le cose da pignorare nella casa del debitore;altrettanto vale per l’esecuzione per consegna o rilascio. Nulla è disposto per contro,con riguardo all’esecuzione di obblighi di fare o nn fare;ma si dà per scontato che precetto e titolo debbano essere depositati unitamente al ricorso al pretore per la determinazione delle modalità dell’esecuzione. Per l’espropriazione presso terzi e immobiliare,invece,è previsto che il titolo esecutivo e il precetto debbano essere depositati in cancelleria dal creditore,per la prima in occasione della costituzione di questi e,per la seconda,nei 5 giorni successivi al pignoramento. E’ opinione unanime che l’ufficiale giudiziario sia chiamato a svolgere un controllo sulla sussistenza dei presupposti per l’esercizio dell’attività richiestagli:per quanto si discuta circa l’ambito e l’intensità di qsto controllo,è normalmente ammesso che esso debba concernere l’esistenza di quelli che il codice configura come presupposti per l’esecuzione,e cioè l’esistenza di un titolo in forma esecutiva,del precetto e delle relative notificazioni. Tale controllo nn è però sempre necessario;mentre nell’espropriazione mobiliare contro il debitore e nell’esecuzione per consegna o rilascio l’ufficiale giudiziario ha l’obbligo di accertare se sussistano sia i presupposti particolari(es. competenza) dell’atto richiestogli,sia i presupposti generali dell’esecuzione,come il titolo esecutivo,la legittimazione delle parti,etc,al contrario nell’espropriazione immobiliare e nell’espropriazione mobiliare presso terzi,l accertamento dell’ufficiale involge soltanto i requisiti specifici del pignoramento;ciò argomentando dal fatto che titolo e precetto, in tali esecuzioni,vengono depositati dopo il compimento di tale atto(pignoramento).appare evidente a questo punto che la cognizione preliminare del precetto è indispensabile all’ufficiale giudiziario per poter esercitare i controlli impostigli dalla legge,ed eventualmente,per consentirgli di esprimere quel rifiuto motivato ,oggi previsto positivamente dall’art 108 dpr n1229/1959.infine nn si può dimenticare che l’art 494 consente al debitore di evitare al quale la prescrizione è interrotta .infatti le tesi esaminate appaiono fondate sulla sola lettera della legge,poiché in essa si parla di “atto con il quale si inizia il giudizio”.in primo luogo va osservato come la norma in questione sia stata dettata tenendo presente il solo processo di cognizione,e quindi nella prospettiva del codice vi fosse una perfetta identificazione tra l’atto introduttivo,la citazione,e la domanda. La formula legislativa nn è stata dettata cn riferimento all’atto che formalmente dà inizio al processo,ma a quello che enuncia la pretesa di cui si vuol ottenere il soddisfacimento. Inoltre coloro che individuano l’atto interruttivo della prescrizione nel pignoramento o nell’inizio delle operazioni per dar corso all’esecuzione per consegna o rilascio,incontrano poi gravissime difficoltà per rispettare il disposto dell’art 2943 cc il quale stabilisce che gli atti introduttivi interrompono la prescrizione dalla loro notificazione:notificazione che invece non è sempre possibile individuare con riguardo agli atti introduttivi dei vari tipi di processo esecutivo. Così,se nn sorgono problemi con l’espropriazione immobiliare o presso terzi,nelle quali effettivamente il pignoramento va notificato al debitore,altrettanto nn può dirsi con riguardo all’espropriazione mobiliare,dove il pignoramento nn richiede sia notificato,sicchè l’atto che inizia quel processo appare in assoluto inidoneo a rispettare l’art 2943cc.se,nell’esecuzione di obblighi di fare o nn fare,dove l’atto introduttivo viene colto alternativamente o nel ricorso o nel decreto che dispone la comparizione delle parti,si può immaginare che la notificazione dell’atto introduttivo si abbia,tale notificazione manca indiscutibilmente nell’esecuzione per consegna o rilascio;questa esecuzione,in entrambe le sue forme,inizia cn l’accesso dell’ufficiale giudiziario per compiere le operazioni di consegna o rilascio. Ne consegue che in questi tipi di esecuzione mancherà sicuro la notificazione dell’atto iniziale del procedimento. Per tali esecuzioni nn è necessaria la presenza dell’obbligato,né è prescritta una qualche specie di informativa equipollente alla notificazione. A questo punto pare necessario il superamento della lettera della legge,in modo da ricollegare l’interruzione della prescrizione alla domanda;invece che un’interpretazione la quale pretenda di rimanere ferma alla lettera della legge(senza rispettarla compiutamente per altro),con la conseguenza di ricollegare meccanicamente l interruzione della prescrizione all’atto che inizia il processo. Se,dunque,anche nell’esecuzione bisogna guardare alla domanda,è al precetto che occorre fare capo onde individuare l’atto al quale il sistema ricollega l’interruzione della prescrizione. Il precetto rispetta appieno il disposto dell’art 2943,laddove richiede,perché si abbia interruzione della prescrizione,che si faccia riferimento alla notificazione,sempre necessaria per il nostro atto;e d’altro canto è previsto in ogni tipo di processo esecutivo,ad eccezione del solo caso di conversione del sequestro conservativo in pignoramento,nel quale,però,proprio in ragione della consecuzione automatica delle procedure,nn necessita una nuova ed autonoma interruzione della prescrizione. Quindi il fatto che il precetto nn è atto che inizia l’esecuzione,nn pare più decisivo. Chiarito come l’effetto interruttivo della prescrizione nel processo esecutivo si realizzi in concomitanza con la notificazione del precetto,si tratta ora di determinare quando si verifichi l’effetto interruttivo permanente della prescrizione. L’esigenza di rendere irrilevante la durata del processo per le parti si presenta in maniera identica nel processo cognitivo come in quello esecutivo,sicchè non avrebbe alcun senso una lettura restrittiva dell’art.2945 1comma;l’effetto in questione è ricollegato alla pendenza del processo. Si tratta,allora,di stabilire quando vengono in essere i singoli processi esecutivi,in relazione alle peculiarità strutturali di ognuno;ma ancor prima occorre valutare se sia ammissibile che effetto interruttivo istantaneo(notificazione del precetto) ed effetto interruttivo permanente o sospensivo(pendenza del procedimento) si realizzino in momenti diversi. La coincidenza,quanto al loro momento di produzione,tra effetto interruttivo istantaneo ed effetto interruttivo permanente è solo frutto della coincidenza tra la proposizione della domanda e la determinazione della litispendenza,che si ha nell’ordinario processo di cognizione;allorquando questa coincidenza non vi sia più,come avviene nel processo esecutivo,o almeno in talune figure di esso,dove la litispendenza,intesa come pendenza del processo,viene individuata,normalmente in un momento successivo,appare perfettamente naturale che anche la menzionata coincidenza tra effetto interruttivo istantaneo e permanente venga meno,perché quest’ultimo si produce solo quando viene in essere il processo esecutivo. Venendo ora al problema del momento in cui si verifica l’effetto interruttivo permanente e,quindi a tentar di individuare quando il processo esecutivo può considerarsi pendente;con riguardo all’espropriazione,si tratta di stabilire a quale dei due atti,domanda o pignoramento,occorre fare capo. L’opinione prevalente si esprime nel senso che il momento determinativo della pendenza dell’espropriazione vada colto nel pignoramento. Se anche si ammettesse che il procedimento ha inizio con la domanda (quindi col precetto e la richiesta),la circostanza che esso sia ancora indeterminato in uno dei suoi elementi-e cioè nell’oggetto-induce ad optare per la soluzione prescelta;infatti solo di fronte ad un processo compiutamente determinato in tutti i suoi elementi può parlarsi di pendenza. Ad avvalorare tali affermazioni vi è il disposto dell’art 481 cpc,secondo cui il precetto perde efficacia qualora,entro 90giorni dalla sua notificazione nn sia iniziata l’esecuzione;la norma in questione,infatti,nn prevede un caso di estinzione del processo,cioè il venir meno di un processo già esistente,bensì un fenomeno diverso,di perdita di idoneità del precetto a fondare il processo esecutivo;non trattandosi di estinzione è evidente che,prima dell’inizio dell’esecuzione,il processo nn può considerarsi pendente,anche se vi è stata domanda. Sicchè,di fronte alla disposizione dell’art 491cpc che individua espressamente ed inequivocabilmente nel pignoramento l’inizio dell’esecuzione,con riguardo alla species dell’espropriazione,bisogna concludere che essa è pendente solo a seguito del compimento di tale atto. Dunque,nell’espropriazione:alla domanda- o meglio a quella fattispecie complessa da cui risulta la domanda(precetto e richiesta di attuazione)-va ricondotto l’effetto interruttivo istantaneo della prescrizione,mentre l’effetto interruttivo permanente,in quanto collegato alla pendenza, va ricondotto al pignoramento. Qualora invece manca il pignoramento,ad es. qualora si tratti di beni assoggetati a pegno,o ad ipoteca mobiliare,occorre,per aversi l’effetto interruttivo permanente,fare riferimento alla richiesta di attuazione del precetto,in quanto è con questa che si ha litispendenza. Tali eccezioni confermano la regola generale,infatti tramite queste abbiamo la conferma che è la mancanza dell’individuazione dell’oggetto del processo a giustificare il fatto che alla domanda non segua direttamente la litispendenza;quando al contrario l’oggetto è già individuato al momento della domanda ed è vincolato alla soddisfazione del credito,proprio dalla domanda decorre la pendenza della lite. Si tratta ora di verificare se,nelle esecuzioni in forma specifica,si riproponga quella dualità di momenti,appena vista come regola generale nell’espropriazione,per cui la semplice domanda non basta ancora a realizzare la pendenza del processo. L’assenza di una norma come l’art 491cpc,da un lato,e la diversa struttura del processo,in cui l’oggetto è già individuato dal titolo,dall’altro,hanno indotto taluno a ritenere che le esecuzioni in forma specifica iniziano con il precetto con la sua richiesta di attuazione(cioè cn la domanda);ma l’opinione predominante è nel senso che si debba individuare un altro atto,omologo al pignoramento,che ne costituisca l’inizio. Nell’esecuzione degli obblighi di fare o di nn fare,si dovrebbe far capo,secondo alcuni,al ricordo per la determinazione delle modalità dell’esecuzione,secondo altri,al provvedimento del pretore che dispone la comparizione delle parti. Nell’esecuzione per consegna o rilascio,invece,bisogna distinguere tra l’una e l’altra procedura:con riguardo all’esecuzione per consegna,l’opinione è che essa inizi con l’accesso sul luogo dell’ufficiale giudiziario;rispetto all’esecuzione per rilascio l’atto iniziale è colto dalla giurisprudenza nell’accesso(come nell esecuzione per consegna),mentre dalla dottrina nell’avviso di cui all’art 608cpc. Un’altra tesi,facendo capo al pignoramento come atto di attuazione della sanzione esecutiva,conclude che bisognerebbe escludere che le esecuzioni in forma specifica inizino con l’accesso in luogo dell’ufficiale giudiziario,per la consegna o il rilascio,né con il decreto che dispone la comparizione delle parti,negli obblighi di fare o nn fare;in quanto simili attività nn realizzano un quid equivalente all’attuazione della sanzione esecutiva che si ha col pignoramento,le attività suesposte nn valgono a modificare in alcun modo la situazione del possessore del bene,né ad incidere limitativamente nella sua sfera. L’equivalente del pignoramento,dopo tali Nella prima,l’omologo della sentenza,con riguardo all’art 2945cc,viene correttamente individuato nel provvedimento di attribuzione(se il creditore è unico)o di distribuzione(quando sono più)della somma ricavata. In effetti,le ordinanze di cui agli artt. 510,541,542 e 598 cpc pongono termine al processo esecutivo;gli anzidetti provvedimenti di distribuzione del ricavato dispongono in via finale sulla domanda per il cui soddisfacimento è stata promossa l’espropriazione:sicchè appare lecito cogliere in essi il corrispondente della sentenza ai fini della cessazione dell’interruzione della sospensione della prescrizione. Il provvedimento di attribuzione o di distribuzione per far cessare l’interruzione della prescrizione devono acquisire definitività. L’art2945 2comma,infatti,chiede che la sentenza passi in giudicato;e poiché in sede esecutiva non può farsi diretto riferimento a quelle che sono le regole sul giudicato formale,dettate per le sentenze,non resta che fare capo ad un analogo stato di definitività del provvedimento esecutivo. Contro il provvedimento di attribuzione o di distribuzione è comunemente ammessa la proponibilità dell’opposizione agli atti esecutivi:bisognerà dunque che sia decorso il termine per la proposizione di tale opposizione,o se proposta,che sia passata in giudicato la sentenza pronunciata in sede di opposizione agli atti. Piuttosto v’è da domandarsi se decorsi i termini per l opposizione,l’ordinanza di attribuzione o distribuzione si trovi ancora in una situazione precaria,in quanto modificabile o revocabile ex art 487 cpc,fino a che nn abbia avuto esecuzione .le opinioni in proposito sono difformi,ma è da ritenere più soddisfacente la tesi di chi ritenga tali ordinanze irrevocabili;in quanto l’ordinanza in questione opera il trasferimento in capo al creditore della proprietà della somma distribuita, quindi ha già in sé quell’esecuzione che impedisce la modificabilità e la revocabilità;a questo argomento se ne aggiunge uno ancora più pregnante,con l’ordinanza di distribuzione il processo termina ,e la possibilità di modificazione o di revoca non può trovare applicazione che nel corso del procedimento,sicchè viene correlativamente meno quando il giudice ha terminato il suo compito. Bisogna dunque concludere che effetto interruttivo permanente della prescrizione perdura fino al momento in cui l’ordinanza di distribuzione o attribuzione nn è più soggetta all’opposizione agli atti esecutivi o sino a quando detta opposizione sia stata decisa cn sentenza passata in giudicato,ma non oltre. Le ordinanze appena menzionate,però,non costituiscono l’unico possibile omologo della sentenza:l’espropriazione infatti,non postula necessariamente l’attribuzione o la distribuzione di denaro per concludersi;mi riferisco al caso di assegnazione,infatti,questo provvedimento vale,in numerosi casi,a chiudere il processo esecutivo. Ciò avviene con riguardo all’assegnazione di crediti,dove l’ordinanza si assegnazione realizza la sanzione esecutiva e conclude,per pacifica opinione,il procedimento espropriativo. Naturalmente le ordinanze in questione dovranno aver acquisito la necessaria definitività richiesta dall’art 2945 2comma cc,perché si concluda l’interruzione permanente della prescrizione. Contro di esse si ammette l’opposizione agli atti esecutivi,con l’ovvia conseguenza che il corso della prescrizione sarà impedito fino a che non siano decorsi i relativi termini o l’opposizione non sia decisa con sentenza passata in giudicato. Queste conclusioni sono state autorevolmente poste in discussione. Il Satta,osservando che esclusivamente il pagamento estingue il debito e che se l’assegnato no paga risorge il credito verso il debitore,ritiene che solo da questo momento ricomincia a decorrere la prescrizione tra l’assegnatario e il debitore. Infatti se si ritenesse che l prescrizione contro il debitore principale ricominci a decorrere dal momento in cui l’ordinanza di assegnazione nn sia più impugnabile con opposizione agli atti esecutivi,si verificherebbe,secondo l’illustre studioso,che la prescrizione decorrerebbe prima ancora che il creditore assegnatario possa esercitare di nuovo il suo diritto nei confronti del debitore principale:l’azione contro qst’ultimo infatti è proponibile solo se l’espropriazione del terzo assegnato è stata infruttuosa. Si è replicato che tale interpretazione non è accettabile perché il processo esecutivo contro il debitore originario è terminato con l’assegnazione per cui ogni effetto interruttivo viene a cadere. Con riguardo alle esecuzioni in forma specifica,il discorso circa i limiti di operatività dell’interruzione sospensione della prescrizione è assai più semplice. Tale effetto viene normalmente fatto permanere fino all’esaurimento delle operazioni previste nelle singole procedure per il soddisfacimento dell’istante. Nel caso di estinzione del processo,l’art 2945 3comma cc,dispone che l’effetto interruttivo permanente della prescrizione viene meno,sicchè dall’atto interruttivo prende a decorrere un nuovo periodo di prescrizione. La norma in questione trova applicazione anche nel processo esecutivo,con la conseguenza che ,nel caso di estinzione di questo processo,rimarrà fermo solo l’effetto interruttivo istantaneo conseguente al precetto,atto dal quale comincerà a decorrere un nuovo termine di prescrizione. è facile osservare non solo che l’istituto dell’estinzione trova la propria caratterizzazione unitaria proprio sul piano degli effetti,ma anche,più specificamente,che l’art 2945 ult comma cc,nn distingue tra le fattispecie che abbiano provocato l’estinzione,assoggettandole tutte al medesimo trattamento. I problemi posti dall’estinzione del processo con riguardo all’incidenza della prescrizione sono,in materia esecutiva,assai meno complessi che in quella cognitiva;non si può però dimenticare,che nella materia esecutiva è assai discussa l’esatta delimitazione delle figure di estinzione. Non mi riferisco tanto al problema se si abbia estinzione del processo nei casi di rinuncia al precetto intimato -ma nn ancora seguito da altre attività-,o di mancato pignoramento nel termine posto dall’art 481cpc.a mio avviso nn si può,infatti,dubitare della risposta negativa,per varie ragioni,prima fra tutte quella che il processo nn è ancora compiutamente venuto in essere,e di conseguenza non è mai intervenuta l’interruzione permanente della prescrizione,che è ricollegata alla litispendenza appunto. mi riferisco piuttosto a quegli orientamenti che tendono ad ampliare l’ambito di applicazione dell’istituto dell’estinzione,ben oltre alle figure espressamente indicate dal codice. Così,una causa di estinzione nn prevista dalla legge,ma piuttosto facilmente deducibile dai suoi principi,è dovuta all’accertamento negativo del diritto all’esecuzione,ottenuto mediante l’impugnazione del titolo o l’opposizione all’esecuzione;non potendosi dopo tale accertamento proseguire il procedimento esecutivo,l’estinzione ne è la naturale conseguenza. è da negare che si inseriscano nel quadro dell’estinzione le ipotesi di opposizione che travolgono tutto il procedimento (il codice le considera come casi di nullità o di annullamento,piuttosto che di estinzione),ma bisogna ammettere che si abbia estinzione quando per accidenti sopravvenuti il procedimento venga a cessare ed a cadere per via,prima cioè di esser giunto al suo esaurimento,o ancora,qualora sopravvenga il pagamento volontario di tutti i creditori e delle spese,caso in cui il debitore che documenti il pagamento o i pagamenti avvenuti,può ottenere che sia dichiarato estinto per riflesso il processo,che ha perduta la sua ragion d’essere. Infine vi è chi amplia ulteriormente l’ambito di applicazione dell’istituto in questione,così da concludere che il processo esecutivo si estingue ogni volta che nn può proseguire in via definitiva,a prescindere dalla particolare natura della causa che ne impedisce la prosecuzione. La confisca del titolo esecutivo o dell’oggetto dell’esecuzione,la sottrazione,la soppressione,la distruzione,la dispersione di questo oggetto,o il secondo incanto mobiliare andato deserto;sono ad esempio altrettante cause le quali impedendo definitivamente la prosecuzione del processo,danno luogo all’estinzione del medesimo. A questi casi e a quelli conseguenti all’accoglimento delle opposizioni andrebbero poi aggiunti il sopravvenuto fallimento del debitore o la sua sottoposizione alla liquidazione coatta amministrativa o all’amministrazione straordinaria:e ciò sempre perché il processo esecutivo non può proseguire in senso definitivo. Tale interpretazione estensiva,che ha indotto ad ampliare enormemente i casi di estinzione del processo esecutivo,non può essere condivisa,per molteplici ragioni:non solo perché così argomentando si addiverrebbe al risultato di dover ammettere la possibilità di prescrizione del diritto in ragione del sopravvenire di eventi assolutamente indipendenti dalla volontà o dalla diligenza della parte;anzitutto i casi di estinzione devono essere considerati come tassativi ,con conseguente impossibilità di far rientrare in questa categoria figure diverse da quelle espressamente previste. L’art.630 cpc afferma che il processo si estingue,oltre che nei casi espressamente previsti dalla legge,quando le parti non lo proseguono o non lo riassumono nei
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