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PROCESSO ESECUTIVO - luiso, Sintesi del corso di Diritto Processuale Civile

riassunti terzo libro luiso, si consiglia l'utilizzo integrato del codice

Tipologia: Sintesi del corso

2013/2014

Caricato il 03/02/2014

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Scarica PROCESSO ESECUTIVO - luiso e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! VOLUME III - IL PROCESSO ESECUTIVO ESECUZIONE FORZATA NEL QUADRO DELL’ORDINAMENTO Per comprendere la funzione dell’esecuzione forzata, disciplinata al 3°libro occorre richiamare alcune nozioni generali. Sappiamo che l’ordinamento impone come doveroso un comportamento, quando sia funzionale alla realizzazione di un interesse altrui, interesse che quindi assurge a situazione sostanziale protetta, il legislatore assicura a tale soggetto, garantendo un bene della vita. Per cui alcune situazioni sostanziali protette si attuano fondendo al loro titolare poteri comportamentali in relazione a un determinato bene, imponendo a tutti gli altri soggetti dei doveri di astensione sullo stesso bene. tali situazioni si definiscono finali. Altre volte l’utilità della situazione protetta si soddisfa mediante un comportamento attivo di un altro soggetto e non mediante la tutela all’indisturbata attività del titolare. Tale situazioni sono chiamate strumentali. Affianco a tale distinzione tra le situazioni occorre indicarla un'altra intercorrente tra i doveri di comportamento, distinguendo tra i primari, ossia quelli che attuano lo svolgimento fisiologico della situazione sostanziale consistenti in tutti quei casi di diritto sostanziale ove è previsto come obbligo primario quello di tenere un certo comportamento attivo. I doveri secondari, nascono invece da un precedente illecito, ossia nascono dal fatto che esisteva un preesistente dovere che non è stato adempiuto e che quindi da luogo a un dovere avente funzione ripristinatoria. Dobbiamo chiederci cosa accade quando un soggetto non adempia al dovere di tenere un comportamento saddisfattivo altrui, sia compiuto mediante comportamenti commissivi che omissivi, e non compiendolo contravviene all’obbligo imposto dall’ordinamento. Ai fini della tutela esecutiva è sufficiente che sul piano sostanziale, non sia stato tenuto quel comportamento, che è necessario per dare al titolare del diritto l’utilità che l’ordinamento gli garantisce in funzione della situazione protetta rispetto a un bene. quando ci troviamo innanzi a un inadempimento(violazione dovere di comportamento), non risulta necessaria una tutela dichiarativa, in quanto occorre non stabilire i reciproci diritti o obblighi, ma far si che il titolare riceva quella utilità che secondo il diritto sostanziale gli dovrebbe provenire dall’adempimento dell’obbligato. A fronte di adempimenti, a volte è lo stesso avente diritto che può sostituirsi all’obbligato per compiere quella attività di diritto sostanziale non adempiuta ed avere cosi ugualmente l’utilità riconosciutagli. Tale attività puotrà essere compiuta sia prima che dopo che un eventuale processo di cognizione statuisca sul modo di essere dei rapporti tra le parti. Ma sul piano sostanziale non sempre è possibile compiere questa attività sostitutiva, non sempre cioè l’avente diritto può procurarsi autonomamente l’utilità che gli era garantita. Occorre quindi trovare uno strumento giurisdizionale che garantisca l’utilità spettante al titolare secondo il diritto sostanziale. Tale strumento è l’esecuzione forzata. Dobbiamo precisare che la tutela dichiarativa non è un prius logico e cronologico rispetto alla tutela esecutiva. In tale sede non si attua quanto previsto in sede dichiarativa, e l’oggetto non è l’atto di accertamento proveniente da tale sede. Questo è vero se per ragioni di diritto positivo, si prevede che l’esistenza di un atto di accertamento costituisce presupposto per avere accesso alla tutela esecutiva. Ma cosi non è per l’esecuzione forzata civile, il cui presupposto può essere anche un atto che non impartisca tutela dichiarativa, sicche il previo ricorso alla tutela dichiarativa si rende necessario per l’avente causa, quando non esiste già un titolo esecutivio stragiudiziale, per cui il titolare debba procurarsi un titolo esecutivo giudiziale mediante processo di cognizione. Se possiede già un titolo il titolare può ottenere immediatamente la tutela esecutiva. Il previo accertamento della esistenza del diritto da tutelare non è quindi ne un presupposto logico indispensabile della tutela esecutiva, ne un presupposto costante del diritto positivo. Cosi come nella dichiarativa è indifferente se tra le regole di comportamento determinate una o più di esse prevedano obblighi di effettuare prestazioni, in sede esecutiva, si da per scontato che sussista l’obbligo che si chiede, che se l’esecutato potrà far valere attraverso strumenti cognitivi l’eventuale insesistenza del diritto sostanziale di cui si chiede tutela. ESECUZIONE DIRETTA E INDIRETTA L’art 24 nella sua formulazione, garantisce il diritto a una tutela giurisdizionale efficace, da esplicare in tutte le forme necessarie per soddisfare i vari diritti. Cosi con la forma dell’esecuzione forzata, agisce laddove ci si trovi di fronte a obblighi di comportamento inadempiuti e che sono funzionali alla soddisfazione del titolare dell’interesse protetto. A tale inadempimento, si può reagire in sede giurisdizionale esecutiva, con l’esecuzione diretta o indiretta. Si ha la prima tutte le volte in cui l’inerzia dell’obbligato è sostituita dall’attività dell’ufficio esecutivo. Essendo tale attività sostitutiva di quella che avrebbe compiuto spontaneamente l’obbligato, il titolare non può ottenere di più o di meno di quello che avrebbe ottenuto. Il tipo di attività che deve tenere l’ufficio esecutivo è strettamente correlato al tipo di attività che era imposta all’obbligato. I due tipi devono essere omogenea, altrimenti l’avente causa riceverebbe un'altra utilità rispetto a quella che gli spetta secondo diritto sostanziale. Il limite della esecuzione diretta è costituito dal fatto che il titolare deve essere indifferente dal fatto che la prestazione provenga dall’obbligato o da terzo, l’obbligo deve quindi essere fungibile. Per cui non potrà essere utlizzata, quando per l’avente non è indifferente da chi provenga l’adempimento, l’obbligo qui sarà infungibile, e quindi non idoneamente sostituibile dal comportamento di altro soggetto. La fungibilità/infungibilità qui non è quella ricavata dal 1285cc, ma suole intendere la sostituibilità o meno da parte di un terzo della prestazione adempiuta dall’obbligato. Fanno parte degli obblighi infungibili tutti quelli in cui l’adempimento personale da parte dell’obbligato è determinante o a causa del contenuto personale della prestazione o più facilmente si tratta di obblighi di astensione, i quali sono tutti intangibili. In presenza di obblighi infungibili si rende necessaria l’esecuzione indiretta, ossia occorre indurre l’obbligato ad adempiere e ciò si ottiene precedendo che l’obbligato vada in contro a conseguenze per lui più onerose dell’adempimento. Tali conseguenze per storia sono divise in civili e penali: compimento di un comportamento da parte di altro soggetto. Ma la tutela esecutiva non è fornita a tutti i diritti aventi tale struttura, infatti la fattispecie da cui nasce il diritto alla tutela esecutiva è diversa e ulteriore rispetto alla fattispecie da cui nasce il diritto da tutelare in sede esecutiva. Bisogna perciò distinguere tra il diritto alla tutela esecutiva dal diritto oggetto della esecuzione, questo ultimo infatti consiste nel diritto sostanziale, mentre il diritto alla tutela esecutiva è il diritto processuale al fine che l’ufficio si attivi e ponga in essere le misure giurisdizionale previste. La pretesa da eseguire pil diritto sostanziale di cui si chiede tutela. La pretesa ad eseguire è il diritto processuale in presenza del quale l’ufficio è obbligato a fornire tale tutela. La sola nascita del diritto non è quindi sufficiente affinché l’ufficio si attivi, ma occorre la sussistenza di un titolo esecutivo. Il quale dovrà sorreggere tutto quanto il processo esecutivo, la sua sussistenza è necessaria per tutta la sua durata. Il titolo non potrà quindi essere inserito a processo inoltrato o decadere nel suo corso. Ai sensi del 474,1 l’esecuzione forzata non può aver luogo in virtù di un titolo esecutivo inerente un diritto certo, liquido e esegibile. Il diritto certo è inerente l’esecuzione per consegna o rilascio e l’esecuzione per obblighi di fare. La certezza consiste nella individuazione del bene oggetto dell’intervento e del fare che deve essere compiuto(questo solo x gli obblighi di fare). L’attività da compiere nella esecuzione per consegna e rilascio è invece tipizzata dal legislatore, consistente nel trasferimento del bene dall’obbligato all’avente causa. l’obbligo di fare non è invece tipizzato per cui oltre alla individuazione del bene, il titolo esecutivo dovrà indicare anche quale attività compiere. L’espressione diritto liquido si riferisce a crediti relativi a somme di denaro ed è l’equivalente della certezza riferita ai diritti su beni individuati. La somma deve quindi essere individuabile mediante il titolo esecutivo, anche mediante l’indicazione di elementi per calcolarla. Per la rivalutazione, la sua condanna è certamente calcolabile, in quanto basta moltiplicare il capitale per il tasso d’inflazione ma questo di solito non risulta contenuto nel titolo. Per diritto esigibile infine si intende un diritto non sottoposto a termini e condizione, l’esigibilità deve sussistere al momento della esecuzione forzata e non a quello della formazione del titolo. Una ipotesi di non esigibilità è prevista all’art 478, quando l’efficacia del titolo è subordinata alla prestazione di una cauzione. Il giudice può infatti emettere provvedimento esecutivo, subordinando la sua efficacia al fatto che il creditore presti una cauzione, fino al suo pagamento non può iniziare quindi l’esecuzione forzata. La cauzione non è requisito per l’emanazione del provvedimento, ma presupposto per la sua efficacia. Il secondo comma del 474 individua i vari titoli esecutivi dividendoli in tre categorie. Nella prima rientrano i titoli esecutivi giudiziari. Sono tali le sentenze di condanna, ossia dove si condanna l’obbligato a tenere una certa prestazione. In qualunque sede emesse, tutte le sentenze di condanna hanno efficacia esecutiva. Ai titoli esecutivi giudiziali possono essere ricondotti anche ordinanze, come quelle di convalida di licenza o sfratto, e decreti, come quello ingiuntivo o quello ex art 28, statuto dei lavoratori. Con la riforma del 2006 anche la conciliazione giudiziale acquisisce efficacia esecutiva. Il verbale in cui viene redatto l’accordo consensuale delle parti, con cui si chiude il processo e sottoscritto dalle stesse in udienza, costituisce quindi titolo esecutivo(185,ult). Il verbale di conciliazione rientra nei titoli esecutivi giudiziali. La seconda categoria è composta dalle scritture private autenticate e dai titoli di credito. Le prime costituiscono titolo esecutivo relativamente alle obbligazioni di somme di denaro contenute. Quindi solo tali obblighi contenuti possono dal luogo a esecuzione forzata. Per cui le scritture private autenticate sono titoli esecutivi solo per l’espropriazione e non per le altre forme di esecuzione forzata. Per cui la scrittura autenticata non sarà titolo esecutivo relativo alla consegna di un bene o ad obbligo di fare, ma solo al pagamento di somme. Oltre che ai contratti rientrano nelle scritture private anche gli atti unilaterali, come promesse di pagamento o ricognizione del debito. Per quanto riguarda i titoli di credito, la legge su cambiale e assegni prevedono che questi siano titoli esecutivi solo se muniti di bollo fin dal momento della loro emissione. Se la marca manca, essi vangono come titoli di credito, ma non hanno efficacia esecutiva. La terza categoria è composta dagli atti ricevuti da notaio o da altro p.u. autorizzato dalla legge a riceverli. L’atto pubblico costituisce titolo esecutivo anche in relazione all’esecuzione per cosegna e rilascio. La legge prevede poi una miriade di altri titoli esecutivi in svariate leggi speciali. L’efficacia esecutiva deve comunque essere prevista per legge e non attribuita in via analogica. Tra le varie fattispecie che danno vita a titolo esecutivo rientra certamente la conciliazione extragiudiziale, ossia quel procedimento volto a favorire una soluzione negoziale della controversia. Proprio perche mezzo alternativo alla tutela giurisdizionale, la legge equiparando il provvedimento emesso in tale sede a una sentenza, gli attribuisce efficacia di titolo esecutivo. Il verbale di conciliazione costituisce infatti titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Anche l’art 411 gli attribuisce efficacia esecutiva in relazione alle controversie di lavoro. Altra fattispecie derivante dal D.lgt. 124/04 si ha qualora il personale delle direzioni provinciali del lavoro, riscontri la inosservanza di un datore di disposizioni da cui scaturiscano crediti a favore del lavoratore, e se dopo la diffida questi non corrisponda quanto dovuto, trascorsi 30 giorni, tale diffica acquista efficacia di titolo esecutivo per le somme indicate. Qui la peculiarità è che il provvedimento della p.a. non costituisce titolo esecutivo a suo favore, ma a quello di terzo. Il motivo per cui il legislatore attribuisce efficacia esecutiva e certi atti ed ad altri no risiede nel fatto che i primi risultino meritevoli di tutela esecutiva in relazione a una certa situazione sostanziale. Tale meritevolezza qui discernere da diversi motivi, può cosi derivare dal fatto che il diritto su cui si basa sia sufficientemente certo, o perche il diritto appartenga a ente pubblico o previdenziale, o perche appartenga a un soggetto che abbia rapida necessita di tutela esecutiva dal proprio diritto, o infine anche per ragioni inerenti il perseguimento di fini fiscali(imposta di bollo su titoli di credito). Per cui la certezza del diritto su cui si basa il titolo non è l’unico motivo come invece sostiene la dottrina prevalente. Per cui gli elementi che la legge prende in considerazione per attribuire tutela esecutiva sono disomogenei; l’attribuzione della efficacia esecutiva all’atto, si realizza quando si ritiene che il diritto in esso contenuto, sia meritevole di tutela esecutiva. Tali scelte non hanno mai avanzato dubbi di costituzionalità. Tali considerazioni chiariscono anche i rapporti tra tutela dichiarativa e tutela esecutiva. Abbiamo visto che la tutela esecutiva non è fornita a chiunque la richieda affermando di essere titolare di un diritto leso dall’inerzia di altro soggetto, occorre invece che venga all’esistenza un diritto processuale, diritto alla tutela esecutiva, diverso da quello sostanziale, diritto da tutelare. Per accedere a tale tutela occorre quindi il possesso di titolo esecutivo. Se il soggetto è sprovvisto di titolo stragiudiziale, l’unico modo con cui munirsene è rappresentanto dal processo di cognizione. In questo caso tale processo non compie la sua propria funzione, ossia quella di stabilire le regole di condotta, ma quella di consentire l’accesso alla tutela esecutiva, tramite la formazione di un titolo esecutivo. Risulta chiaro che tanto più si moltiplicano titoli esecutivi stragiudiziali, tanto più si alleggerisce il processo di cognizione, da tutte quelle domande, aventi come scopo la formazione di un titolo esecutivo. L’orientamento degli ultimi anni è proprio quello di favorire il moltiplicarsi dei titoli esecutivi, al fine di evitare la richiesta di tutela dichiarativa strumentale all’ottenimento della tutela esecutiva. TITOLO ESECUTIVO IN SENSO SOSTANZIALE E IN SENSO DOCUMENTALE Vediamo ora i rapporti intercorrenti tra titolo esecutivo e diritto che si vuole tutelare mediante l’esecuzione. Il titolo sta fuori e prima di tale esecuzione, esso non ne è l’oggetto, ma la è la fattispecie in presenza della quale si ha azione esecutiva, il diritto processuale alla tutela esecutiva del diritto sostanziale. Oggetto di tale tutela esecutiva è invece il diritto sostanziale. Per cui l’esecuzione forzata costituisce l’attuazione della situazione sostanziale protetta e non del provvedimento del giudice. Tale precisazione è necessaria perche nel processo civile l’esecuzione può prescindere dal provvedimento in quanto esistono titoli esecutivi stragiudiziali. La loro presenza ha per cui reso necessario che il termine esecuzione fosse riferito al diritto sostanziale. Mentre in sede penale e amm.va l’esecuzione risulta invece derivante dal provvedimento. Il titolo esecutivo consente quindi la esecuzione forzata, ne è un presupposto processuale specifico. La sua presenza consente la tutela esecutiva del diritto sostanziale. Per cui il rapporto intercorrente tra titolo e diritto da tutelare è quella tra la fattispecie che rende possibile lo svolgimento dell’esecuzione e l’oggetto della esecuzione stessa. sarà quindi la stessa situazione sostanziale e non l’evenutale provvedimento ad indicare cosa si possa o non si possa fare al’interno dell’esecuzione forzata. Il titolo è il presupposto non l’oggetto dell’attuazione esecutiva, quindi per stabilire come deve atteggiarsi la tutela occorre rifarsi al diritto. Cosi se cambia il presupposto(da cambiale a sentenza), ma rimane invariato il diritto da tutelare, l’esecuzione forzata rimane la stessa. al contrario se muta il diritto e rimane uguale il presupposto, l’esecuzione forzata sarà diversa. Ciò comporta che l’esistenza del titolo esecutivo è condizione sufficiente per richiedere tutela esecutiva, il cui possessore ha diritto di pretendere l’intervento giurisdizionale. L’effetto di natura processuale(diritto all’intervento, e dovere ad attivarsi dell’ufficio) scaturisce dal titolo esecutivo, tuttavia la esistenza di tale effetto non incide sulla liceità dell’esecuzione forzata sul piano del diritto sostanziale. Per cui non è sufficiente il titolo perche l’intervento, dovuto sul piano processuale, sia lecito su quello sostanziale. Affichè tale attività risulti lecita sul piano sostanziale si richiede la necessaria effettiva esistenza del diritto da tutelare. parte originaria; il 1595cc prevede che la sentenza emessa contro il conduttore sia efficace anche verso il sub conduttore. Tali norme fissano si che gli effetti della sentenza si producano anche verso questi soggetti, ma non specificano se ad essi sia estesa solo l’efficacia dichiarativa della sentenza o anche quella esecutiva. La distinzione tra efficacia di accertamento e efficacia esecutiva è sistematicamente possibile infatti l’efficacia propria della sentenza è quella dichiarativa. Per cui occorre basare l’efficacia del titolo esecutivo verso terzi su norme che la prevedano specificatamente che consentano di dare un principio generale da applicare anche a tutte le norme che non la prevedano espressamente. Esaminando il 475,2 si osserva che la spedizione del titolo in forma esecutiva è possibile anche a favori di soggetti non individuati nel titolo come creditori, che siano successori dell’avente diritto. Qui la norma pur non prevedendo l’efficacia del titolo a favore dei successori espressamente, la da per presupposta dato che dispone che il successore può farsi rilasciare titolo esecutivo in senso documentale. La successione del diritto porta alla nascità dell’avente causa, di un diritto oggettivamente e soggettivamente diverso da quello del dante causa, ma a questo connesso per rapporto pregiudizialità-dipendenza. Dal 475 si ricava quindi che da una successione di diritto sostanziale, si ha anche una successione di diritto processuale alla tutela esecutiva che spettava al dante causa. dato che gli effetti giuridici prodotti dalle rispettive entità giuridiche restano invariate, la situazione del successore acquista la tutelabilità esecutiva che aveva la situazione pregiudiziale. Inoltre dato che la successione è avvenuta dopo la formazione del titolo esecutivo, l’atto in questione mantiene tutti gli effetti preclusivi che ha verso il dante causa. per cui verso l’avente causa sono proponibili le stesse eccezioni e difese che erano proponibili verso il dante causa. L’efficacia prclusiva riguarda solo il diritto pregiudiziale non anche quello dipendente. infatti il titolo esecutivo è utilizzato per la tutela esecutiva di un diritto oggettivamente diverso da quello consacrato nello stesso titolo, diritto che pero è connesso a quello a cui il titolo esecutivo per il rapporto di connessione. Il successore non ha l’obbligo di dimostrare neppure documetalmente, al soggetto che deve spedire il titolo in forma esecutiva, la sua qualità di successore. La tutela contro falsi successori, che hanno ottenuto copia esecutiva affermando esistente una successione non verificata, è data dalla opposizone all’esecuzione, che può proporre chi si veda minacciato di esecuzione da parte di un falso successore.Tale efficacia concessa al successore, del titolo esecutivo formato in favore del dante causa ha la funzione di evitare l’instaurazione di un processo di cognizione, al solo fine di accertare la successione, in quanto ciò è superfluo se il debitore non contesta, se invece l’esecutato contesta la successione si renderà necessario. Nell’eventuale processo di opposizione spetta comunque al creditore dimostrare ciò che ha affermato al momento in cui ha richiesto la spedizione del titolo esecutivo, ossia che sia successore di colui che risulta creditore dal titolo esecutivo. Sulla base del 477, il titolo esecutivo contro il de cuius ha efficacia contro gli eredi, è quindi la situazione rovesciata da quella prevista al 475. Qui si avrà successione di obbligo per cui l’erede è titolare di un obbligo connesso per pregiudizialità dipendenza con l’obbligo del de cuius. Qui non si impone al creditore di provare che l’esecutato è effettivamente l’erede. Eventuali false dichiarazioni del creditore saranno fronteggiabili dall’esecutato con l’opposizione all’esecuzione e l’onere della prova della qualità di erede è a carico di chi procede a esecuzione. Qui si vuole evitare l’instaurazione di un processo di cognizione volto a accertare la sola qualità di erede dell’esecutato. Processo che sarebbe inutile se l’erede con contesti la sua qualità, l’eventuale accertamento preventivo risulta quindi non necessario. L’art 477 si riferisce solo alla successione a titolo universale, ma è estendibile per analogia anche a tutte le ipotesi di successione a titolo particolare negli obblighi. Infatti in entrambi i casi l’obbligo pregiudiziale è un elemento della fattispecie costitutiva dell’obbligo dipendente. in entrambi i casi l’erede succede al de cuius in relazione a quel singolo obbligo consacrato con il titolo esecutivo. Le differenze intercorrenti tra le due successioni non sono infatti rilevanti per ciò che attiene alle relazioni di natura sostanziale esistenti tra l’obbligo pregiudiziale e quello dipendente. Niente osta di estendere l’ipotesi del 477 a tutti quei casi in cui vi sia la nascita di un diritto o obbligo dipendente purché l’atto che funga da titolo esecutivo sia efficace nei confronti del titolare ti tale diritto o obbligo, ossia che abbia con riferimento alla situazione pregiudiziale, verso il titolare della situazione dipendente, gli stessi effetti che ha nei confronti del dante causa. recuperando per cui gli esempi visti prima, l’art 2909 si applica quando sia pronunciata sentenza di condanna ed il terzo, dopo il suo passaggio in giudicato, diviene titolare di diritto o obbligo dipendenti da quell’oggetto della pronuncia. L’art 111 si applica quando lo stesso tipo di successione ha luogo nel corso del processo. In virtù del 1595 la sentenza pronunciata tra locatore e conduttore ha effetti anche contro il sub conduttore. Ulteriore frequente ipotesi è quella del socio illimitatamente responsabile. Abbiamo infatti visto che la sentenza che accerti l’esistenza di un obbligo sociale è vincolante anche nei confronti del socio, il titolo esecutivo formato verso la società contente di procedere ad esecuzione anche verso tale socio. L’efficacia del titolo esecutivo a favore o contro terzi, è un ulteriore ipotesi di non coincidenza tra titolo esecutivo sostanziale e documentale. Infatti quando è consentita l’efficacia a favore o verso terzi, nel titolo documentale non risulta che questo è effettivamente successore, non risulta quindi neanche il diritto che egli vuole vedere tutelato con l’esecuzione. L’efficacia del titolo esecutivo verso terzi non comporta problemi relativi al diritto di difesa e contraddittorio, come invece avviene per l’efficacia della sentenza verso terzi. Infatti nel processo esecutivo non si pone il problema del rispetto del contraddittorio al fine della formazione della sentenza. Nel titolo esecutivo la sua possibile efficacia verso un terzo non incide sul diritto di difesa. L’esecutato potrà infatti utilizzare gli idonei strumenti per contestare la pretesa ultra partes sul titolo esecutivo, con onere di chi afferma la sussistenza di tale efficacia. L’esecutato potrà richiedere l’accertamento della effettiva sussistenza delle condizioni previste agli 475 e 477 con aprtura di processo ordinario di cognizione e onere probatorio a carichi dell’istante. Il legislatore non è invece libero di vincolare i terzi al rispetto della sentenza qualora questo contrasti con il diritto di difesa ex 24 cost. mentre l’efficacia soggettiva del titolo esecutivo non è sottoposta a vincoli costituzionali. LA NOTIFICAZIONE DEL TITOLO ESECUTIVO E DEL PRECETTO Ai sensi del 479 il titolo esecutivo deve essere notificato all’esecutando prima dell’inizio dell’esecuzione forzata. Contestualmente o successivamente deve essergli notificato anche il precetto, disciplinato nel’art successivo. Il precetto è l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultate dal titolo esecutivo, in un termine non inferiore ai 10 giorni, salvo non sia autorizzata l’immediata esecuzione con esonero del termine, ex 482. Quindi con il precetto si intima all’adempimento dell’obbligo entro il termine stabilito, altrimenti si procederà a esecuzione forzata. Il precetto deve contenere l’indicazione delle parti del processo esecutivo, normalmente sono quelle derivanti dal titolo esecutivo documentale, ma nelle ipotesi previste agli artt 475 e 477 possono anche essere soggetti diversi. Per cui in questo caso le parti del precetto saranno quelle verso cui concretamente si svolgerà il processo esecutivo. Il precetto costituisce quindi la necessaria attuazione del titolo esecutivo in senso documentale, nel quale dovranno quindi essere esplicate eventuali divergenze tra titolo esecutivo documentale e sostanziale. Infatti anche da un punto di vista oggettivo il precetto costituisce l’attuazione del titolo esecutivo. L’intimazione contenuta deve riguardare l’adempimento di obblighi risultanti dal titolo esecutivo, ma può capitare che il titolo esecutivo in senso documentale debba essere integrato con elementi estranei(es adempimento parziale). Per quanto riguarda l’individuazione dei beni occorre distinguere i casi in cui il precetto segua un esecuzione per consegna o rilascio o per obblighi di fare, occorre individuare il bene oggetto dell’esecuzione, il bene è già necessariamente individuato dal titolo esecutivo, ma si può prevedere una necessaria attuazione del contenuto del titolo. Se invece al precetto segue una espropriazione occorrerà individuare il credito tutelato, ma non i beni che saranno pignorati. Il precetto deve contenere la data della notificazione del titolo esecutivo,se consegnato successivamente. Deve inoltre indicare la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio della parte istante in cui ha sede il giudice competente per l’esecuzione. Ultimo elemento deve essere la sottoscrizione, in questa prima fase basta quella del creditore, e non si necessità di quella del procuratore legale; l’obbligo di difesa legale scatta con l’inizio dell’esecuzione forzata. Eccezione all’obbligo di notificazione con conseguente modifica del contenuto del precetto sono previsti per i titolo esecutivi documentali che siano utilizzati in originale e non in copia esecutiva (scrittura privata autenticata, titoli di credito). Data che non è possibile la loro notificazione si prevede che tale attività sia effettuata mediante trascrizione del titolo esecutivo nel precetto. Anche se anteriore all’inizio dell’esecuzione, il precetto è un atto del processo esecutivo. Essendo questo opponibile ai sensi del 617 si ricava che il processo esecutivo inizia prima della esecuzione forzata. La funzione del precetto è quella della domanda giudiziale, ossia individua il diritto di cui si richiede tutela esecutiva, per cui anche questo come la citazione e il ricorso, produce effetti sostanziali; impedimento della decadenza, interruzione e sospensione della prescrizione,ecc. A differenza di citazione e ricorso il precetto non contiene pero la richiesta dell’intervento giurisdizionale, questa infatti sarà richiesta una volta decorso il termine fissato dallo stesso atto. Per cui la richiesta di intervento dell’ufficio esecutivo è separata rispetto alla proposizione della domanda. misura esecutiva. La delibazione dell’ufficio sbocca quindi o in un atto che pone in essere la misura o che la rigetta, e che può essere contestato dalle parti mediante opposizione agli atti esecutivi. Non potendo mai l’ufficio valutare l’esistenza della situazione sostanziale di cui si chiede tutela, che viene presupposta esistente, l’esecutato non potrà quindi sollevare all’interno del processo esecutivo, contestazioni circa la sua esistenza, ma dovrà farle al di fuori mediante l’opposizione all’esecuzione ex 615. Salve eccezioni previste dalla legge l’ufficio esecutivo non ha mai il potere di rilevare d’ufficio l’inensistenza del titolo esecutivo in senso sostanziale, per l’ufficio ciò che è rilevante e il titolo esecutivo documentale, non saranno quindi rilevabili d’ufficio fatti modificativi estintivi della efficacia esecutiva del titolo. L’inesistenza del titolo esecutivo sostanziale è pero uno dei motivi per cui richiedere l’opposizione dell’esecuzione, mediante l’apertura di un incidente di cognizione da parte dell’esecutato. Nel processo esecutivo, anche se parte della dottrina nega(perche in tale processo la situazione sostanziale è già presupposta), vige il principio del contraddittorio. Infatti gli artt 24 e 111 si ricollegano a tutti gli interventi giurisdizionali Qui il principio è rispettato assicurando alle parti il diritto di partecipare alla fase di ricognizione dei presupposti per stabilire se la misura richiesta può essere emessa, che contenuto debba avere e cosi via. È rispettato quando le parti hanno la possibilità di partecipare, in parità, all’attività con la quale l’organo giurisdizionale raccoglie il materiale che serve per stabilire che cosa fare, in modo da poter convincere il giudice delle proprie affermazione e di orientare nella propria direzione il contenuto del provvedimento. In concreto tale principio è rilevante quando le parti possono collaborare a raccogliere ciò che è rilevante per l’emanazione della misura giurisdizionale. E ciò che serve dipende dal tipo di intervento giurisdizionale che è stato richiesto. Nel processo esecutivo cosi, l’ufficio deve procedere a raccogliere tutto il necessario per decidere se emettere o meno e quale contenuto deve avere la misura adottata. In tale operazione quindi anche l’ufficio esecutivo compie una cognizione. Quindi seppur è irrilevante interloquire in relazione all’esistenza del diritto sostanziale, le parti possono contribuire, in situazione di parità alla raccolta di ciò che è rilevante per l’attività dell’ufficio esecutivo. In questo processo si deve stabilire quali attività sono da compiere per impartire la tutela, ed è in relazione al compimento di tali attività che bisogna garantire alle parti di interloquire su piede di parità nei confronti del giudice. Gli artt 485-487 dispongono infatti che l’ufficio esecutivo prima di emettere la misura debba sentire le parti, è ciò suole intendere l’instaurazione del contraddittorio circa le modalità con cui il processo esecutivo debba andare avanti, ciascuna parte proverà quindi a convincere il giudice a emettere o non emettere la misura, o a indicarne il contenuto. L’audizione delle parti avviene previa fissazione di udienza da parte del giudice, che ne dispone la comparizione. Se una di esse non è comparsa per motivi indipendenti dalla sua volontà il giudice fissa nuova udienza comunicando ciò alla parte non comparsa. Sono quindi rispettati tutti i requisiti derivanti dal contraddittorio(485). In udienza le parti possono fornire tutti gli elementi necessari affinché il giudice si convinca della sua tesi. L’art 486 dispone che tutte le domande delle parti si propongono con ricorso da depositare in cancelleria, o oralmente nel verbale d’udienza. Nella discussione di ciò che è rilevante quindi le parti non sono in una posizione di squilibrio Ai sensi del 487 i provvedimenti del giudice dell’esecuzione hanno forma di ordinanza, che può essere modificata o revocata fino all’inizio dell’esecuzione. Vediamo ora la composizione dell’ufficio esecutivo. Gli uffici giudiziari competenti per l’espropriazione forzata sono indicati agli artt 9 e 26. In senso verticale è competente il tribunale, in senso orizzontale è competente per l’espropriazione immobiliare o mobiliare il giudice del luogo in cui si trova il bene, per l’espropriazione presso terzi è competente il giudice del luogo ove risiede il debitore, per l’esecuzione degli obblighi di fare o non o fare è competente il giudice ove ha luogo l’obbligo che deve essere adempiuto, per l’esecuzione forzata per la consegna e rilascio ritorna competente il giudice ove si trovi il bene. tale competenza territoriale è inderogabile dalle parti ex art 28. L’incompetenza è quindi rilevabile anche dall’ufficio giudiziario oltre che dal giudice. La competenza per le cause di cognizione incidentali all’esecuzione è disciplinata dagli artt 17 (competenza per valore) e 27(territoriale). Tutti i processi incidentali all’esecuzione forzata sono decisi a composizione monocratica. L’ufficio esecutivo è composto da uno o più giudici a chi sono affidate le mansioni di giudice all’esecuzione(e non dal tribunale nel suo complesso). Anche il cancelliere fa parte dell’ufficio esecutivo. Assume un ruolo centrale l’ufficiale giudiziario, che in alcune forme di esecuzione forzata è l’unico soggetto a svolgere attività. A seconda dei vari provvedimenti al giudice dell’esecuzione e ufficiale giudiziario sono attribuite mansioni variabili. L’ESPROPRIAZIONE FORZATA Visti i profili comuni a tutte le forme di esecuzione forzata vediamo ora la tutela esecutiva per i crediti pecuniari, l’espropriazione forzata. Il fondamento di tale istituto è da ricercare all’artt 2740 e 2910cc, una inerente al debitore e l’altra al creditore dalla cui duplice letture emerge come il beni del debitore rispondano all’adempimento delle obbligazione ed il creditore ha potere di farli espropriare. La responsabilità patrimoniale ex 2740 è il fondamento di ogni forma di espropriazione forzata, la quale si fonda sul principio della prevalenza del credito sulla proprietà, e che quindi i beni del debitore siano assoggettati al potere del creditore. L’art 2910 ci dice invece che il potere del creditore non è quello di impadronirsi dei beni altrui, ma quello di poter far espropriare. Per cui egli non vanterà un diritto sostanziale sul debitore, ma un diritto processuale verso lo stato, affinché questo eserciti il suo potere espropriativi nei confronti del debitore. Il processo di espropriazione forzata è il più complesso, in quanto passa necessariamente attraverso tre momenti indispensabili e insostituibili. Il primo è costituito dalla individuazione e conservazione dell’elemento attivo del patrimonio del debitore. Oggetto della espropriazione non è il mero possesso del bene, ma del diritto sorgente sullo stesso. Dalla garanzia generica si passa quindi ad una specifica, in quanto il diritto generico su tutti quanti gli elementi attivi si passa ad uno specifico e concreto diritto processuale sui singoli elementi attivi individuati del patrimonio del debitore. Individuazione e conservazione dell’elemento attivo è funzione svolta dal primo atto dell’espropriazione, che è il pignoramento. Il secondo momento è costituito dalla trasformazione del diritto pignorato. Ossia viene liquidato l’elemento attivo individuato e trasformato in una somma di danaro. Tale fase è superflua se l’elemento attivo individuato sia già una somma di danaro. Il terzo momento è costituito dalla distribuzione del ricavato: il diritto del debitore, oggetto del pignoramento è trasformato in danro e liquidato al creditore. Questa fase non risulta possibile se dalla trasformazione dell’elemento attivo non sia emersa liquidità. Se la fase di liquidità non ha prodotto somme di danaro, nulla può essere distribuito. La complessità del processo di espropriazione forzata deriva quindi dal fatto della presenza contemporanea di due situazioni sostanziali: il diritto del creditore da tutelare, e il diritto del debitore consistente in un suo elemento attivo, da individuare,conservare, trasformare, liquidare e distribuire. Alla fine se tutto va bene, il diritto del creditore è soddisfatto, e il diritto del debitore è nella titolarità di un terzo(sempre se non era un diritto di credito a sua volta). L’espropriazione opera quindi trasferendo il diritto del debitore al terzo e estinguendo il diritto del creditore con il ricavato. La differenza che intercorre tra l’espropriazione e l’esecuzione in forma specifica è proprio il fatto che in questa ultima si opera su una sola situazione sostanziale: il diritto che deve essere tutelato. A seconda di quali elementi attivi saranno individuati, la circolazione del diritto individuato sarà differente a seconda che si tratti di diritto su beni mobili, diritto su beni immobili o diritto di credito. In corrispondenza di queste tre forme di circolazione del diritto sostanziale corrispondono tre rispettive forme di espropriazione forzata. Per completezza indichiamo che l’ordinamento prevede altre due forme di espropriazione forzata, la prima si è inerente l’espropriazione di beni indivisi, ossia quando sussiste una contitolarità di un diritto sul bene oggetto della esecuzione. La seconda espropriazione è quella contro terzo proprietario che si realizza quando si ha responsabilità senza debito, ossia quanto il terzo si pone a garanzia del debito altrui, rispondendo con i propri beni. IL PIGNORAMENTO Ai sensi del 491 il pignoramento è l’atto iniziale dell’espropriazione forzata. Il pignoramento è l’atto con cui si individuano e conservano i diritti del debitore sottoposti a espropriazione. Tali elementi patrimoniali, per essere espropriabili, devono essere trasferibili sul piano sostanziale, un diritto non trasferibile non è pignorabile perche non può essere venduto ne volontariamente ne coattivamente. Quindi se il diritto pignorabile incontra limiti di circolazione sul piano sostanziale questi si estendono su quello processuale all’espropriazione forzata. Abbiamo detto che per raggiungere il proprio scopo, il pignoramento deve adattarsi ai differti modi con cui i diritti circolano. Esistono quindi tre forme di pignoramento corrispondenti alle tre forme di circolazione di diritti predisposti dall’ordinamento. Il riformulato articolo 492 dalla riforma del 2006 si pone come norma generale. Il primo comma indica come elemento comune a tutte le forme di pignoramento, consistente nella ingiunzione che l’u.g. compie all’esecutato nelle diverse forme previste per per le singole forme di pignoramento, intimandolo dall’astenersi di compiere qualsiasi atto volto a sottrarre alla garanzia del credito dei beni pignorati e degli eventuali frutti maturati. Ai sensi del secondo comma si prevede che con Qualora invece la somma ricavata non sia sufficiente, il giudice, sempre su istanza, ordina l’integrazione del pignoramento. Al pignoramento può partecipare, a sue spese, il creditore. Al fine di evitare la sottrazione, dopo la redazione del verbale il bene mobile è asportato e collocato in un deposito. Senza il reciproco consenso non possono essere nominati custodi il debitore e il creditore e i rispettivi coniugi. Infatti i beni mobili possono essere acquistati a titolo originario se il terzo acquirente in buona fede. Bisogna per cui affidarli a persona fidata. L’art 555 disciplina il pignoramento immobiliare. Anche qui l’oggetto dell’esecuzione forzata è il diritto che ha il debitore sull’immobile, anche qui deve essere trasferibile, per cui non possono essere oggetto di pignoramento, il diritto di uso e abitazione e le serivtu. La situazione di titolarità dell’immobile è di più facile accertamento: basta consultare i pubblici registri, mentre per l’appartenenza si richiede una affermazione del creditore che attesti che il debitore ha un diritto trasferibile su bene immobile. Il creditore si assume la responsabilità della sua affermazione, quindi sarà nel suo interesse compiere gli opportuni accertamenti circa la reale proprietà dell’immobile. L’individuazione del bene è effettuata dal creditore mediante la sua descrizione, indicando la tipologia del bene(fabbricato,terreno), il comune in cui si trova e gli estremi catastali. Il creditore chiede dunque con atto scritto e sottoscritto, al p.u. di effettuare il pignoramento del bene immobile cosi individuato. L’ufficiale aggiunge a tale atto la sua ingiunzione e notifica il tutto al debitore esecutato. Dopodiche si trascrive l’atto di pignoramento nel registro immobiliare. Gli effetti verso il debitore decorrono dalla notifica, l’opponibilità al pignoramento ai terzi dalla trascrizione. Se il bene immobile pignorato è nel possesso del debitore(oltre che nella proprietà) fin dalla notificazione,l’esecutato diviene ipso iure custode del bene. se quindi egli non ha la disponibilità materiale del bene, il giudice deve sostituire senza potere di discrezionalità la custodia a altro soggetto. È opportuno che la gestione del bene non occupato dall’esecutato sia tenuta da un estraneo. In ogni modo la custodia dell’esecutato cessa quando venga disposta la vendita del bene, in cui è nominato custode o il soggetto incaricato della vendita o l’istituto vendite giudiziarie. Unica eccezione è quando tale sostituzione risulti per il giudice inutile in relazione alla particolare natura dei beni, ossia quando l’esame dei beni da parte dei potenziali acquirenti può avvenire senza la collaborazione del custode. Salve le sopravvenienze, i provvedimenti di nomina e sostituzione del custode sono dati con ordinanza non impugnabile(559). Tali provvedimenti sono ovviamente controllabili, mediante l’opposizione agli atti esecutivi. l’art 560 pone il custode in una posizione di mini-curatore(ma nelle procedure concorsuali l’esecutato non perde la legittimazione processuale). Infatti egli può provvedere previa autorizzazione del giudice all’amministrazione e gestione dell’immobile pignorato, esercitando le azioni previste e occorrenti per conseguirne la disponibilità. È compito del giudice prevedere le modalità con cui far esaminare il bene ai potenziali acquirenti. Il provvedimento di assegnazione o aggiudicazione costituisce motivo di revoca dell’autorizzazione ad abitare l’immobile. Quindi il bene è consegnato libero all’acquirente dal custode. Sono salvi eventuali accordi intercorrenti tra acquirente e esecutato che conferiscano a questo titolo alla detenzione del bene. Veniamo ora al pignoramento dei crediti. Qui la legge non si accontenta della semplice affermazione del creditore, non è possibile neanche basarsi del presupposto dell’appartenenza valevole per i beni mobili. Perche si possa procedere a pignoramento di crediti o dei beni mobili del debitore in possesso di terzi , si esige un pieno accertamento circa l’effettiva esistenza in capo al debitore del credito o della proprietà del bene mobile. Se il debitore è solvibile il pignoramento di crediti è la forma più sicura e meno dispendiosa di espropriazione forzata. Sussistono pero limiti alla pignorabilità dei crediti. Il pignoramento si effettua notificando al debitore esecutato e al terzo debitore, un atto che contenga l’indicazione del credito, del titolo esecutivo e del precetto, e in caso di mobili posseduti da terzo, l’indicazione almeno generica delle somme o cose dovute da egli al debitore esecutato. Tale atto deve contenere la fissazione dell‘udienza dinanzi al tribunale del luogo di residenza del terzo debitore. Questi gli elementi comuni a tutti gli atti di pignoramento di crediti. La disciplina si diverge ora tra le ipotesi in cui il terzo sia datore di lavoro oppure un altro soggetto. Nel primo caso il terzo devitore deve essere citato a comparire nell’udienza fissata, al fine che gli renda una dichiarazione. In tutti gli altri casi il terzo rende la dichiarazione mediante raccomandata da inviare al creditore entro 10 giorni dal pignoramento. Con la notifica dell’atto di pignoramento si producono già tutti i suoi effetti propri, tale produzione è pero provvisoria e condiziona all’accertamento che il credito sia effettivamente sussistente. L’atto di pignoramento contiene l’ingiunzione a non disporre del bene. Il terzo dal momento della notificazione diviene custode, ed egli non deve più adempiere nei confronti del debiroe esecutato. L’eventuale adempimento è inopponibile al creditore, e quindi il terzo dovrà ripetere l’adempimento a colui al quale l’esecuzione forzata trasferirà il credito pignorato. Il credito dell’esecutato verso il terzo è pignorato per un massimo del 150% della somma del pignoramento. Se il credito pignorato supera tale entità per la parte eccedente non ha obblighi di custodia e potrà quindi adempiere. La fase successiva del procedimento differisce se il credito pignorato sia un credito di lavoro subordinato o credito differente. Nel primo caso all’udienza fissata il terzo debitore deve affermare che è veramente debitore di quella somma. Se il terzo effettua una dichiarazione che afferma quanto detto nell’atto di pignoramento dal creditore, questo di perfeziona e si consolidano gli effetti prodotti. Se il terzo no compare o tace o dichiara non conformemente, si deve procedere all’accertamento dell’esistenza del credito pignorato, altrimenti il pignoramento perde i suoi effetti. Nel caso di credito diverso da quello di lavoro, nella udienza deve essere invitato il debitore, il terzo deve inviare dichiarazione mediante lettera. Se questa rende una dichiarazione conforme a quanto contenuto nell’atto di pignoramento, il creditore la produce in udienza e il processo esecutivo può proseguire perche il pignoramento si è perfezionato. Se invece il creditore non riceve risposta o la ritenga insoddisfacente, in udienza dovrà proporre domanda ex 548(processo di cognizione incidentale all’esecuzione?), se non lo fa, anche qui il pignoramento perde i suoi effetti. Il contraddittorio nei confronti del terzo sana instaurato nelle stesse modalità in cui debba comparire in udienza e rendere la propria dichiarazione, e non compare. Il pignoramento dei crediti costituisce quindi fattispecie a formazione progressiva. Gli effetti si producono provvisoriamente con la notificazione, ma sono condizionati al perfezionamento della fattispecie. Se ciò non avviene gli effetti sono eliminati retroattivamente. Mancanza delle dichiarazione occorrerà quindi procedere all’accertamento del diritto di credito del debitore esecutato verso il terzo, se tale accertamento non è raggiunto, il processo esecutivo si estingue e si perfono gli effetti provvisori. Se invece è proposta l’istanza il processo esecutivo si sospende e sarà ripreso all’esito del processo di accertamento per cui è competente sempre il tribunale. I’espropriazione di crediti si colloca al vertice rispetto alle altre due forme per certezza della effettiva esistenza del diritto del debitore, oggetto dell’espropriazione. In quello immobiliare infatti basta la semplice affermazione del creditore circa il fatto che il debitore sia titolare di bene immobile, se ciò non corrisponde a verità ne risponderà con opposizione di terzo(619), da parte del vero proprietario, o con evizione se la vendita a già avuto luogo. In quella mobiliare per individuare l’oggetto del processo, è necessario che il bene si trovi in un certo luogo, ciò assicura un certo grado di attendibilità circa la titolarità del bene, ma sarà sempre possibile l’opposizione di terzo. Nella espropriazione dei crediti si richiede un grado di certezza maggiore. Il perfezionamento del pignoramento avviene mediante dichiarazione del terzo che ha natura confessoria e che accerta in modo definitivo l’esistenza del diritto del debitore. In mancanza di tale dichiarazione bisogna provvedere a accertamento giudiziale dell’effettiva esistenza del diritto pignorato. Risulta sempre possibile l’opposizione di terzo che si affermi titolare del credito. Tuttavia nei pignoramenti di crediti non di lavoro, venendo resa dichiarazione mediante raccomandata, vi è la possibilità che il terzo disconosca la propria scrittura, ciò non inficia sulla sua natura, ma sulla sua genuina provenienza. Il giudice procede ad accertamento su istanza di parte. La domanda ha per oggetto il diritto de credito del debitore verso il terzo, o la proprietà in capo al debitore, del bene mobile in possesso del terzo. L’istanza è proposta dal creditore o eventuali creditori intervenuti e legittimati a portare avanti il processo, quindi muniti di titolo esecutivo. Il debitore che si vede contestata la sua titolarità sul diritto da parte del terzo, potrà proporre domanda in autonomo processo, questo perche egli non ha interesse ha portare aventi il processo esecutivo e perche in sede dichiarativa riceverebbe maggiore tutela. Il pignoramento individua e conversva il diritto pignorato per adibirlo alla tutela del creditore procedente. Il diritto di credito diviene autonomo quando viene notificato l’atto. Se quindi l’oggetto di accertamento è l’esistenza del diritto di credito con riferimento alla data di pignoramento, viene in primis meno l’impostazione giurisprudenziale per cui sussiste un litisconsorzio necessario tra creditore, debitore esecutato e terzo debitore, infatti questo è estraneo rispetto all’oggetto del processo ed agli effetti della sentenza. In secondo luogo spetta al creditore dimostrare l’esistenza di fatti costitutivi del credito, e al terzo debitore dimostrare l’esistenza di fatti impeditivi, modificativi, o estintivi del proprio credito. Se questi dipendono da atti di disposizione o pagamenti, questi Quindi il pignoramento produce effetti a vantaggio dei creditori anche se questi intervengano dopo che ha avuto luogo l’alienazione. Nel 111 invece gli effetti della domanda giudiziale sulla res litigiosa si producono solo a favore di colui che la propone e non anche verso gli intervenuti. Questi non saranno protetti dalla domanda originaria, mentre i creditori intervenuti nell’esecuzione sono protetti dal pignoramento originario. Ciò perche l’oggetto del processo di espropriazione è dato dal diritto sul bene pignorato, l’intervenuto non potra ampliare l’oggetto e potrà quindi beneficiare dagli effetti prodotti dall’unico oggetto. Chi interviene in via innovativa,amplia l’oggetto del processo per cui gli effetti prodotti in relazione all’altro oggetto non si trasferiscono al diverso oggetto. Ai sensi del 2913 si deve conservare al creditore i diritti che sul bene spettavano al debitore. Per cui l’oggetto dell’espropriazione rimane il diritto del debitore e non quello dell’acquirente del bene pignorato. L’art 2914 individua i criteri per risolvere il conflitto tra l’esecuzione e gli aventi cauda del debitore, ossia coloro che avviano acquistato diritti sul bene pignorato. Per cui se è prioritario l’atto di alienazione si determina l’inefficacia prevista all’art precedente, se invece è prioritario l’atto di alienazione, sarà questo ad essere efficace per cui l’acquirente prevale sul creditore, salvo poi da parte di questo, l’esperimento in altra sede delle azioni di tutela del creditore(revocatoria, simulazione, nullità) Le 4 fattispecie previste a tale articolo risolvono il conflitto con gli stessi criteri stabiliti per i casi di unico dante causa e due avenri causa. la prima fattispecie fa riferimento ai beni immobili stabilendo che tra creditore pignorante e acquirente prevale chi abbia precedentemente trascritto l’atto rispettivamente di pignoramento o acquisto. Il n2 stabilisce che nelle ipotesi in cui oggetto di pignoramento è un credito che sia stato ceduto dal esecutato a un terzo, tra il creditore pignorante e il cessionario si risolve sulla base della priorità fra pignoramento e notificazione della cessione al debitore ceduto o l’accettazione della cessione da parte del debitore ceduto con atto di data certa. Il pignoramento essendo atto pubblico ha invece data certa. Per cui se la notifica o la accettazione della cessione è anteriore alla data di pignoramento, la cessione prevale. Per la alienazione di beni mobili, occorre invece che l’alienazione universale sia avvenuta e attestata con atto di data certa prima dal pignoramento, qui quindi non si applica la regola della notificazione o trascrizione. Nella quarta e ultima ipotesi, vi è conflitto tra creditore pignorante e acquirente di un bene mobile dal debitore esecutato. Per risolvere il problema della doppia alienazione mobiliare occorre soffermarci su due criteri derivanti dal 1155: se una parte ha acquistato in buona fede allora è preferita all’altra, se invece nessuna delle due acquisisce in buona fede allora vale il principio dell’atto di data certa anteriore. Per cui il terzo acquirente prevale sul creditore se ha conseguito in buona fede, oppure se il suo acquisto risulta anteriore con atto di tata certa al pignoramento. Il bene in questo secondo caso non è stato trasmesso all’acquirente per cui trovandosi negli luoghi immobili del debitore è stato pignorato. L’acquirente del bene mobile propone opposizione di terzo e dimostra che il bene è stato venduto con atto di data certa anteriore alla opposizione e vince l’opposizione. Con il pignoramento infatti il creditore non può acquisire il possesso del bene in quanto durante il pignoramento il possesso rimane congelato. L’art 2915,1 dispone che se il vincolo di indisponibilità è trascritto prima della trascrizione del’latto di acquisto, il vincolo prevale sull’atto di acquisto, se invece è trascritto prima l’atto di aceuisto allora prevarrà questo. Per beni mobili o universalità di mobili, prevale invece l’atto di data certa anteriore. Il comma seguente riguarda invece il più complesso caso inerente le domande giudiziali. La trascrizione delle domanda giudiziale produce il duplice effetto, il primo di natura processuale, per cui rispetto ai terzi, la litispendenza si produce in merito al momento della trascrzione. Ove la trascrizione della domanda contro il convenuto sia anteriore alla trascrizione dell’acquisto del terzo contro il convenuto, la posizione dell’avente causa è quella disciplinata al 111. Per cui la sentenza emessa è efficace e vincolante anche verso l’avente causa, il quale non potrà controstarne il contenuto(ovviamente passato in giudcato). Se invece la trascrizione dell’atto di acquisto è anteriore a quella della domanda egli non sarà toccato dagli effetti della sentenza. Ma tale vantaggio è puramente processuale, ma non sostanziale in quanto il suo dante causa non era comunque titolare del diritto alienatogli. L’attore dovrà quindi solamente proporre ex novo la sua domanda verso l’avente causa. nel caso in cui al posto dell’avente causa ci fosse il creditore pignorante, se la domanda giudiziale è trascritta anteriormente al pignoramento, la sentenza che accerta il diritto dell’attore sarà efficace anche verso il creditore, il quale è quindi equiparato a un successore nel diritto controverso, se poi infine del processo esecutivo, sia dia luogo a vendita forzata la sentenza sarà efficace anche verso l’aggiudicatario. Qualora invece il pignoramento fosse trascritto prima della domanda, la sentenza non sarà efficace nei confronti del creditore ne dell’aggiudicatario. In tale caso si pone un problema specifico connesso al processo esecutivo. Se l’attore vuole ottenere sentenza efficace anche contro il creditore procedente, deve instaurare nei suoi confronti il contraddittorio, quindi o chiamandolo in causa o mediante litisconsorzio facoltativo passivo, ma verso il creditore procedente non è possibile proporre la domanda nei modi ordinari, in quanto non è possibile instaurare un processo di cognizione contro l’esecuzione forzata, l’attore dovrà necessariamente proporre la domanda all’interno del processo esecutivo, mediante opposizione di terzo. Ciò conente l’instaurazione del contraddittorio nei confronti dell’esecuzione. La domanda cosi proposta dall’attore è identica a quella che avrebbe avanzato in un processo ordinario. Nelle ipotesi previste al 2652, la domanda giudiziale produce anche effetti sostanziali. Infatti la trascrizione anteriore del’atto di acquisto dell’avente causa sulla domanda giudiziale, da sola o con altri elementi contenuti in questo articolo, produce oltre alla inefficacia processuale della emananda sentenza. Anche un titolo di preferenza sul piano sostanziale dell’avente causa verso l’attore. Sostituendo il creditore pignorante all’avente causa, anche egli risulta prevalente quando abbia acquistato una situazione prevalente su quella dell’attore, se ha trascritto con la trascrizione del pignoramento, da sola o con altri elementi previsti al 2652, acquista una posizione inattaccabile da parte dell’opponente. L’attore opponente in virtù della salvezza acquistata dal creditore pignorate con la trascrizione, vedrà la sua opposizione rigettata. Se sono necessari ai fini della prevalenza del pignoramento della domanda gli altri elementi (buona fede, titolo oneroso, decorso del tempo), la sussistenza di tali elementi deve essere valutata con riferimento al creditore. Il pignoramento ai sensi del 2916 congela le ragioni di prelazione dei vari creditori. Si terrà quindi conto solo delle prelazioni preesistenti al pignoramento e quelle sorte dopo non sono opponibili alla massa dei creditori. Il pignoramento non produce il blocco dei crediti, i quali potranno essere fatti valere all’interno del processo di espropriazione anche se sorti dopo il pignoramento. Il credito sorto dopo il pignoramento legittima l’intervento del suo titolare all’espropriazione . questa è una delle principali differenze tra espropriazione singolare e espropriazione concorsuale, in questa ultima non possono farsi valere crediti sorti dopo la dichiarazione di insolvenza. Gli effetti del pignoramento di credito sono l’inopponibilità all’esecuzione forzata degli atti di disposizione compiuti dall’esecutato. Il pignoramento rende indisponibile il credito in capi al debitore esecutato e gli atti di disposizione che esso compie dopo la notifica sono processualmente inefficaci. Gli effetti del pignoramento sono quindi analoghi a quelli prodotti dal pignoramento di beni diversi dai crediti. il terzo debitore, con la notifica diventa custode, quando oggetto del pignoramento è un bene del debitore che si trovi in suo possesso. Qui il creditore dovrà ricorrere a l’espropriazione presso terzi. Il terzo divenuto custode assume gli obblighi di tale incarico: non potrà perciò consegnare il bene a altri soggetti. Quando invece oggetto del pignoramento è un credito, il terzo debitore è obbligato a non adempiere nei confronti del debitore esecutato. Se egli adempie tale prestazione non è opponibile al creditore procedente, e sul piano processuale rimane comunque obbligato a corrispondere la somma una seconda volta all’esecuzione forzata. Il pignoramento congela il credito, eventuali vicende intercorrenti tra debitore e terzo non sono processualmente opponibili al creditore procedente e ai creditori intervenuti se derivino da atti di disposizione del debitore esecutato o comportamenti volontari del terzo debitore. Se invece i fatti estintivi del credito siano prodotti anteriormente al pignoramento, o non dipendano ne da atti di disposizione dell’esecutato o da comportamenti volontari del terzo, sono allora opponibili al creditore. VICENDE ANOMALE RELATIVE AL PIGNORAMENTO Vediamo ora una serie di istituti collocati tra il pignoramento e la vendita forzata, la cui analisi ci ribadisce come nel processo esecutivo risulti rispettato il contraddittorio e che le parti abbiano quindi parità di poteri per ciò che attiene la determinazione del quantum (l’an come detto risulta irrilevante in tale pro L’art 493, afferma che è possibile presentare unica istanza di pignoramento contenuta in unico atto a tutela di più creditori, anche sulla base di più titoli esecutivi. È questo il fenomeno del pignoramento congiunto. L’unicità dell’atto di pignoramento determina che eventuali nullità inerenti la prima fase, si produrranno in capo a tutti i creditori, mentre non sarà cosi se le nullità riguardano i singoli titoli esecutivi e i rispettivi crediti. L’art 523 disciplina invece il caso in cui più ufficiali giudiziari separatamente richiesti si trovino congiuntamente ad eddettuare un pignoramento mobiliare. È questo il caso della unione di pignoramenti, che si differenzia dalla ipotesi precedente in quanto in questa non vi è unica istanza di pignoramento. Il secondo comma del 493 disciplina invece il pignoramento successivo, tale istituto è poi ripreso singolarmente per ogni forma di espropriazione 524(mobiliare) 550(crediti) Con il pagamento al primo comma, c’è il pericolo che il creditore prenda il denaro eppoi risulti insolvibile nel successivo processo che accerti l’inesistenza del credito e quindi la ripetizione dell’indebito. Se invece ritenga che non potrà dimostrare l’opposizione gli conviene pagare ai sensi del 494,1. Lo stesso fenomeno del 3° comm è previsto anche dal 495 denominandolo conservsione del pignoramento. Qui abbiamo un pignoramento originario di beni mobili che poi viene sostituto dal debitore con corrispettiva somma di denaro, si realizza ex post ciò che nel 494,3 si realizza fin dall’inizio. Se pero sono intervenuti altri creditori, la somma da versare sarà calcolata sulla base di tutti i crediti. La conversione può essere fatta da qualunque soggetto, anche dal terzo che abbia acquistato i beni pignorati. Il procedimento di conversione si divide in due fasi: nella prima vi è la istanza di conversione(con deposito del 1/5 del credito), seguita da una ordinanza del giudice che indica la somma definitiva da versare e fissandone un termine. Se il versamento è effettuato, con seconda ordinanza il giudice dispone la liberazione del pignoramento dei beni, altrimenti il processo esecutivo prosegue e la somma provvisoriamente versata rimane acquisita all’esecuzione. Vediamo ora la riduzione del pignoramento. Il 496 stabilisce che su istanza del debitore, o d’ufficio, quando il valore dei beni pignorati è superiore all’importo delle spese e dei crediti, il giudice sentiti il creditore pignorante e i creditori intervenuti, può disporre la riduzione del pignoramento. La riduzione è possibile solo se pignorati più beni, altrimenti la riduzione è impossibile. Con la riduzione alcuni beni pignorati vengono liberati e ritornano nella disponibilità dell’esecutato. Caso analogo prevede il 546 per il pignoramento di pluralità di crediti nei confronti di più terzi debitori, il debitore può chiedere la riduzione dei pignoranti o la dichiarazione di inefficacia per taluno qualora la somma dei crediti pignorati ecceda l’entità del credito precettato, aumentata del 50%. Ultimo istituto è la cessazione dell’efficacia del pignoramento. Cosi come il precetto deve avere un termine minimo di 10 e massimo di 90gg cosi il l’avvenuto pignoramento deve seguire un termine minimo di 10 e massimo di 90 le richiesta di liquidazione del bene. ossia la richiesta di passare alla fase successiva della espropriazione. Tale fase successiva non è necessaria qualora il bene pignorato sia una somma di danaro, qui si passa direttamente alla fase di distribuzione del ricavato. Per i pignoramenti immobiliari, se tale fase perde efficacia deve essere disposta la cancellazione della trascrizione del pignoramento dai registri immobiliari. La cancellazione è effettuata mediante ulteriore trascrizione che dichiari inefficace il pignoramento(contenuta nella ordinanza del giudice). Dato che l’efficacia della trascrizione dura 20 anni(per la domanda giudiziale) anche quella per il pignoramento ha medesima durata. Se quindi l’esecuzione si prolunga la trascrizione deve essere rinnovata. Se non è rinnovata il processo esecutivo si estingue senza che vi sia una provvedimento formale. Se quindi su un immobile vi sia una trascrizione pluriventiannale di pignoramento, questa non produce più effetti sul bene. Il debitore sulla luce di tali istituti ha quindi il potere di influenzare il corso del processo esecutivo. Se invece il debitore voglia contestare l’an dell’esecuzione deve ricorrere a processo di cognizione, incidentale all’esecuzione, nel quale accertare la sussistenza o meno del diritto di procedere a esecuzione forzata. Dentro il processo esecutivo si parte invece dal presupposto che il diritto da tutelare esista, e che la tutela sia il più possibile efficace alla soddisfazione del diritto, senza eccedere nella espropriazione. In ultimo abbiamo visto che il pignoramento è valido anche quando è eccessivo, gli strumenti (interni) a disposizione del debitore conducono alla liberazione dei beni, ma mai alla dichiaraizone di nullità del pignoramento e quindi alla caducazione dell’esecuzione, per cui le sue contestazioni circa l’entità del debito non possono portare alla caducazione del processo esecutivo. Il diritto di procedere alla esecuzione forzata necessita infatti della presenza del credito e non riguarda la sua entità, per cui le contestazioni circa l’entità del credito non sono fatte valere con l’opposizione all’esecuzione, ma con altri strumenti (riduzione,cumulo, conversione). INTERVENTO DEI CREDITORI L’intervento dei creditori nell’espropriazione trova il fondamento degli artt 2740 e 2741cc. La lettura congiunta esplica che il debitore risponde dell’adempimento delle proprie obbligazioni con tutti i suoi beni, e i creditori hanno uguale diritto di essere soddisfatti sui beni salve cause legittime di prelazione: privilegi, pegno e ipoteca. I privilegi sono previsti da legge in ragione della natura del credito. Questi non hanno pero diritto di sequela, per cui se il bene esce dal patrimonio del debitore, l’effetto si estingue. Il pegno e ipoteca hanno normalmente natura convenzionale o comunque nascono da atto o provvedimenti specifici. Anche le forme di ipoteca legale devono essere oggetto di iscrizione nei pubblici registri. Il nostro ordinamento non conosce quindi ipoteche generali o occulte, proprio perche questa deve risultare da pubblico registro. Ipoteca e pegni essendo diritti reali di garanzia, hanno sequela nei confronti del patrimonio di soggetti diversi dal debitore. Per cui se il debitore vende il bene gravato, il gravo passa in capo all’acquirente. Il creditore potrà quindi perseguire il bene anche quando è di proprietà di soggetti diversi dal debitore. A tal fine è previsto l’istituto dell’espropriazione contro il terzo proprietario. Le ragioni di prelazione quindi a lettura dei due articoli è l’unico meccanismo che incide nella par condicio creditorum. Nascendo queste dal diritto sostanziale, le cause di prelazione devono essere rispettate nel processo, il processo esecutivo deve quindi rispettare la condizione che i creditori hanno sul piano sostanziale. La portata della par condicio va invece ricercata sul piano processuale. In virtù del all’art 3 cost, quindi la tutela giurisdizionale non può prevedere prelazioni che non trovino radici sul piano sostanziale, e che siano legititme. Fino al 2006 tutti i creditori avevano la possibilità di intervenire nell’esecuzione aperta da uno di essi per chiedere la soddisfazione del proprio diritto sulla base previste dal diritto sostanziale. La nuova disciplina, infelice presenta sotto tale punto profili di incostituzionalità. La nuova previsione limita l’intervento: a chi ha titolo esecutivo, a chi al momento del pignoramento ha un credito garantito da pegno, prelazione iscritta o da sequestro, a chi sempre al momento del pignoramento sia titolare di credito risultante dalle scritture contabili. Per intervenire, il creditore deve depositare, nella cancelleria del giudice dell’esecuzione, un ricorso contenente l’indicazione del credito e del titolo di esso, nonché la domanda per partecipare alla distribuzione della somma ricavata. Se l’intervento è basato su scritture contabili, queste devono essere allegate in copia autentica. Anche se sembrerebbe escluso l’intervento tardivo, sono rimaste le norme inerenti e quindi è proponibile. Il creditore che intervenga in virtù delle scritture contabili e quindi non essendo munito di titolo esecutivo, deve notificare al debitore, l’atto di intervento e copia autentica delle scritture. L’art 499 prevede un procedimento finalizzato allla verifica del credito per i soli creditori intervenuti che non abbiano titolo esecutivo. Con l’ordinanza con la quale è fissata la vendita e l’assegnazione, il giudice fissa anche l’udienza per la comparizione del dibotre e dei creditori non muniti di titolo. L’ordinanza è notificata alle parti, se il debitore non ha presentato dichiarazione di residenza o domicilio, oppure risulti irreperibile la notificazione sarà fatta in cancelleria. All’udienza fissata se egli riconosce, anche in parte i crediti , questi acquisiscono il diritto a essere soddisfatti. Se invece il debitore non li riconosce il creditore intervenuto dovrà nei 30 giorni seguenti, presentare istanza per acquisire titolo esecutivo(processo di cognizione incidentale all’esecuzione), e in questo caso avrà diritto a l’accantonamento delle somme. Se invece abbia già presentato tale domanda, tale onere non sussisterà. La riforma permette quindi l’intervento ai soli creditori muniti di titolo esecutivo, o a chi al momento del pignoramento sia titolare di credito garantito da pegno, prelazione iscritta, sequestro o risultante da scritture contabili. I creditori non rientranti in queste ipotesi vedono come unica possibilità di soddisfarsi nella espropriazione in corso, mediante la tutela di urgenza ex 700, allegando il pregiudizio imminente e irreparabile, concretizzata nella dissoluzione della garanzia patrimoniale del loro creditore. Tale norma quindi lede il principio costituzionale della par condicio creditorum, non rispettando la concreta attuazione del diritto sostanziale (nel sostanziale bisogna priveligare i crediti da lavoro, nel processo sono privilegiati i crediti degli imprenditori commerciali). Per cui l’eliminazione del libero intervento dei creditori, stabilito dalla riforma risulta fondamentalmente incostituzionale perche viola un canone fondamentale dei rapporti tra diritto sostanziale e processuale. Nelle procedure concorsuali tale rapporto è invece rimasto attuato. Basterebbe applicare la procedura ex 499 a tutti i creditori e non solo a quelli indicati, oppure adottare lo stesso sistema previsto per il processo concorsuale generalizzato. Con l’intervento si realizzano i due effetti contenuti nel 500. L’intervenuto acquista il diritto alla distribuzione del ricavato e il diritto a partecipare attivamente al processo esecutivo. Tale disposizione di applica solo agli intervenuti con titolo, mentre per gli altri ai fini della distribuzione si richiede l’esisto positivo della verifica ex 499, e non acquisendo in ogni caso il potere di compiere gli atti necessari per portare il processo alla liquidazione del bene pignorato. L’intervenuto con titolo esecutivo può invece scegliere se intervenire semplicemente per ricorso da depositare in cancelleria, o compiere la più gravosa attività di pignoramento successivo. Se opta per l’intervento potrà anche adottare i singoli atti di espropriazione, sostituendosi al procedente, atti Ciò perche con l’intervento i beni pignorati potrebbero essere insufficienti rispetto al credito compessivo. Se il debitore è risultato dopo il primo esproprio incapiente, si seguono le norme sostanziali, andrà perciò redatta la lista di creditori da soddisfare. Se invece il debitore ha altri elementi attivi il meccanismo per soddisfazione proporzionale non trova ragion d’essere. Se questi non rispondono all’invito del creditore procedente divengono prostegati dello stesso, dando cosi vita a una seconda ipotesi di prelazione processuale. LA VENDITA E L’ASSEGNAZIONE IN GENERALE Nella seconda fase espropriatoria, il diritto pignorato viene liquidato, ossia trasformato in denaro per soddisfare il credito del procedente e eventuali intervenuti. La liquidazione non è necessaria se il bene pignorato è già una somma di denaro, o quanto il debitore la abbia consegnata come oggetto del pignoramento o infine se è avvenuta conversione del pignoramento. L’art 501 pone il termine minimo di 10 giorni tra il passaggio dalla fase di pignoramento a quella di liquidazione, ossia alla domanda di assegnazione o vendita. Decorsi 90 giorni senza che tale richiesta venga presentata, il pignoramento perde efficacia, ergo ci sono 80 giorni per presentare istanza di vendita. I 10 giorni minimi di termine è previsto per consentire sia al debitore di reagire, magari richiedendo conversione, sia a eventuali creditori di intervenire. Tale termine non si applica invece a cose deteriorabili, la cui liquidazione può essere immediata. Decorsi i 10 giorni il procedente e gli intervenuti muniti di titolo possono richiedere la distribuzione del denaro e la vendita di tutti gli altri beni pignorati. I modi per procedere alla liquidazione sono la vendita e l’assegnazione. Sul piano sostanziale non esiste differenza tra i due istituti, in quanto entrambi prevedono trasferimento a un altro soggetto del diritto pignorato. La differenza invece si pone sul piano processuale, in quanto per la vendita può divenire titolare qualunque soggetto, tranne l’esecutato stesso. Per l’assegnazione invece il diritto è trasferito a uno dei creditori. L’assegnazione si caratterizza per essere un trasferimento tra le parti processuali. Questa può avvenire in due differenti configurazione. Nella prima il creditore si rende assegnatario saddisfattivo in tutto o in parte del proprio credito mediante l’attribuzione del diritto pignorato. È questa la assegnazione saddisfattiva che con unico atto con cui si realizza un duplice effetto, quello traslativo del diritto pignorato e quello estintivo, totale o parziale, del credito. Tale ipotesi rappresenta quindi il corrispondente processuale della datio in solutium che si realizza sul piano sostanziale. Con l’assegnazione-vendita invece il creditore assegnatario paga una somma di danaro, quindi non soddisfa il suo credito, in quanto il corrispettivo non è da lui trattenuto e non si avrà di conseguenza l’estinzione del suo credito, ma è da lui versato e sarà poi oggetto di distribuzione come se il bene pignorato fosse stato venduto a terzo. Il creditore può trarre vantaggio da ciò se ad es il bene ha avuto una vendita fallita e quindi decide di comprarlo egli stesso a un prezzo inferiore del valore reale. I possibili raporti tra vendita e assegnazione sono i seguenti: vi sono beni che debbono essere assegnati, senza previo tentativo di vendita(crediti pignorati scaduti o in scadenza entro 90 giorni), vi sono beni che possono essere assegnati senza previo tentativo di vendita(titoli di credito e altre cose il cui valore risulta da listino di borsa o mercato), qui il tentativo di vendita non è necessario perche il valore è già predeterminato e non si otterrebbe somma maggiore. Vi sono poi beni che debbono essere assegnati dopo un tentativo di vendita fallito(oro e argento non posseono essere venduti a un valore inferiore al nominale, se restano invenduti sono assegnati per tale valore ai creditori). Tutti gli altri beni possono essere assegnati previo tentativo di vendita fallito(ossia quando non si è raggiunto il prezzo di stima) se quindi un creditore ne chiede l’assegnazione per il valore di stima ciò non comporta pregiudizio. Con tali norme si evita ogni possibile pregiudizio all’esecutato e ai creditori. La prima e la terza assegnazione è coattiva, ossia prescinde dalla domanda dei creditori. La seconda e terza è volontaria, in quanto ha luogo su istanza di parte. Tuttavia onde evitare collusione tra i creditori per i beni rientranti nella ultima ipotesi è previsto un valore minimo di assegnazione( calcolato sul valore di stima più le spese di esecuzione e dei crediti con diritto di prelazione collocati anteriormente al creditore offerente. Negli ottanta giorni disponibili deve essere presentata istanza di vendita o assegnazione. Per la vendita di beni mobili(presso il debitore) e immobili, il giudice dopo l’istanza presentata, deve fissare un udienza per l’audizione delle parti(rispetto contraddittorio) nella quale si discuterà di come procedere alla esecuzione. Nella udienza le parti possono fare osservazioni in merito alla assegnazione e tempi e modalità di vendita. Per i beni immobili è necessario sempre un previo tentativo di vendita. In tale udienza le parti devono proporre a pena di decadenza le opposizioni agli atti esecutivi compiuti fino a quel momento(sempre che la parte non abbia perso tale diritto ad es per rinuncia), le quali aprono a un processo di cognizione incidentale quello esecutivo idoneo per decidere per le controversie riguardanti il rispetto delle regole del processo esecutivo. L’udienza di vendita o assegnazione è quindi lo sparti acque per proporre opposizione a eventuali nullità processuali verificatesi fino a tale momento, altrimenti, salvo per le nullità extraformali rilevabili in ogni stato e grado, divengono irrilevanti. Le parti possono giungere a un accordo circa la controversia relativa all’atto viziato, e se questo lo consente il giudice può procedere alla vendita. Se invece le parti non trovano un accordo, il giudice deve decidere delle opposizioni agli atti esecutivi prima di disporre la vendita o assegnazione. Il provvedimento che le dispone è quindi successivo al quello con cui si decide sulla opposizione. Questa è una peculiarità che differenzia il processo esecutivo da quello di cognizione e questo deriva dalla stessa strutturazione del processo esecutivo. Come detto il processo esecutivo non ha natura decisoria, per cui l’ambiente idoneo per decidere è individuato nello strumento dell’opposizione agli atti esecutivi. Riguardo invece al fatto che non è possibile procedere alla vendita o assegnazione senza prima aver deciso delle controversie relative alla nullità degli atti del processo esecutivo,questo è dipeso dal fatto che non vi è un unico atto finale che produce effetti extraprocessuali, ma bensi due: vendita forzata e distribuzione degli utili. Non è quindi possibile l’accantonamento della questione di rito in attesa del provvedimento finale, in quanto qui ha effetti di merito anche un atto intermedio(vendita forzata). Se non fosse risolta la eccezione sollevata e si procedesse a vendita e distribuzione, eppoi nel processo cognitivo risultasse la questione fondata, ci sarebbe ex post un travolgimento di tutti gli effetti sostanziali prodotti dal processo, con ovvi inconvenienti, anche sulla stessa vendita, che diverrebbe incerta, dato che incerto è l’esito stesso del processo. Per cui la previsione degli art 530(espropriazione mobiliare) e 569(espropriazione immobiliare) attuano la necessaria pregiudizialità tra rito e merito, secondo cui prima di emettere decisioni di merito deve essere pacifico il corretto svolgimento del processo. I due articoli prevedono quindi la preventiva sentenza relativa alla opposizione degli atti esecutivi e successivamente l’ordinanza in merito relativo alla vendita. Se ovviamente la sentenza dichiara nullo l’atto, questo dovrà essere rinnovato se possibile, altrimenti non è possibile procedere. La sentenza che decide dell’opposizione agli atti esecutivi ai sensi del 111cost è impugnabile in cassazione. Se quindi la sentenza rigetta la domanda di opposizione , occorrerà aspettare il giudicato(decorrenza dei termini o decisione della cassazione. Vi è quindi la preventiva decisione di rito rispetto a procedere alla vendita, la quale non può essere effettuata nella pendenza del giudizio sulla nullità di un atto antecedente alla udienza di vendita o assegnazione. Si evita cosi una vendita condizionata. Decisa della questione relativa agli atti esecutivi, si procedere con ordinanza alla vendita forzata, ma al fine è necessaria una valutazione che è solo provvisoria per i beni mobili (effettuata in loco da l’ufficiale giudiziario) e totalmente assente per l’espropriazione di crediti, verso terzi e per quella immobiliare. La valutazione è compiuta da un soggetto competente, l’estimatore. Occorre vedere per ogni forma di espropriazione le specifiche modalità di liquidazione. SINGOLE FORME DI VENDITA FORZATA Per l’espropriazione mobiliare la disciplina è identica per l’espropriazione diretta e quella dei beni mobili che il debitore ha presso terzi. I modi di liquidazione sono due: la vendita a mezzo commissionatorio e la vendita all’incanto. La prima, disciplinata agli artt 532-533, consiste nell’affidare il bene, preventivamente stimato da esperto, a un prezzo minimo deciso dal giudice, a un soggetto che lo vende a trattativa privata, mediante un contratto stipulato con l’acquirente. L’incarico è in genere affidato all’istituto vendite giudiziarie, ma se il bene ha caratteristiche peculiari può essere incaricato anche a uno specializzato del settore. La liquidazione avviene mediante un atto negoziale di compravendita di bene mobile. La traslazione non avviene entro il processo, il quale recepirà solo gli effetti di tale atto compiuto tra commissionario e acquirente. Il commissionario ha diritto a compenso deciso dal giudice è deve documentare la vendita e versare il ricavato nelle casse dell’esecuzione. nella vendita all’incanto (534-537), la vendita può essere affidata al cancelliere, all’ufficiale giudiziario o all’istituto di vendite giudiziare. Viene fissato prezzo minimo, data dell’incanto, e nei giorni precedenti a questo l’incaricato ritira il bene dal custode in quanto questo deve essere presente al momento della vendita. L’aggiudicazione va al maggior offerente, il quale paga e preleva il bene venduto. L’incaricato versa il ricavato trattenendosi quanto dovuto ai sensi di legge. Nella vendita all’incanto il trasferimento avviene al momento del pagamento, non attuandosi il principio consuensalitstico valido per i contratti. Ciascun creditore può chiedere l’assegnazione per una somma maggiore del valore del bene, più le spese più i crediti di prelazione anteriori all’offerente. L’offerta deve essere avanzata almeno 10 giorni prima della data per l’incanto e per la sola ipotesi che questo vada fallito. Se non si provvede a assegnazione, il giudice può o disporre l’amministrazione giudiziaria o disporre nuova vendita per un prezzo inferiore del 25% al precedente, ripercorrendo tutto l’iter e quindi ripartendo dalla vendita senza incanto. L’amministrazione giudiziaria risulta utile quando il bene produce frutti con cui soddisfare i creditori(anticresi processuale) e quando il mercato immobiliare e fermo, il bene è gestito dal custode e se i frutti coprono tutti i crediti, il bene viene restituito al debitore, se ciò non avviene in 3 anni si deve procedere a ulteriore vendita. La vendita di beni mobili registrati e immobili può essere delegata a professionisti, il quale svolgerà le attività contenute al 591, bis e ter. Il professionista opera tutto in delega(anche decreto di trasferimento), nel dubbio si rivolge al giudice che provvede con decreto. Le parti possono proporre reclamo all’esecuzione, il quale è deciso con ordinanza nei confronti della quale può essere proposta opposizione agli atti esecutivi. EFFETTI SOSTANZIALI DELLA VENDITA E DELLA ASSEGNAZIONE Attualmente si ritiene la vendita forzata come fenomeno processuale, per cui anche gli atti compiuti dall’acquirente e il decreto di trasferimento, sono atti del processo sostanziale. La vendita è si un provvedimento giurisdizionale, ma muovendosi in ottica sostanziale, i suoi effetti sono di diritto sostanziale. Degli effetti prodotti della vendita si occupano gli artt 2919 e 2929cc. Il 2919 afferma che la vendita forzata trasferisce all’acquirente i diritti che sulla cosa spettano a colui che ha subito l’espropriazione(perche l’espropriazione può riguardare anche terzi e non solo il debitore). Tranne che per alcune eccezioni gli effetti della assegnazione sono identici a quelli della vendita. La vendita da luogo a acquisto a titolo derivativo, indicando con tale termine che la situazione in capo al dante causa e uguale o maggiore di quella acquistata. Quindi il diritto acquistato è dipendente sul piano sostanziale da diritto di colui che ha subito l’esporpriazione, che ne è quindi pregiudiziale. L’acquisto a titolo originario postula invece che il diritto acquistato è autonomo dal diritto sussistente in capo a colui che ha subito l’espropriazione. Essendo la vendita a titolo derivativo, se colui che ha subito l’espropriazione non è effettivamente titolare del diritto pignorato, l’acquirente in vendita forzata non acquista niente in pregiudizio al terzo estraneo titolare del diritto sul bene pignorato. Proprio perche a titolo derivativo, la vendita forzata non pregiudica il terzo titolare. L’ultima parte del 2919 stabilisce che l’acquisto in vendita forzata è si acquisto a titolo derivativo, pero ciò che l’aggiudicatario acquista quello che l’esecutato aveva al momento del pignoramento e non al momento in cui si crea il titolo di trasferimento(momento della vendita). Sappiamo infatti che gli effetti del pignoramento sono quelli di conservare la situazione di diritto sostanziale in capo all’esecutato nel momento in cui viene effettuato il pignoramento. Tali effetti hanno funzione di conservare il diritto in vista della vendita forzata, ossia rendono in opponibili gli atti di disposizione compiuti dopo il pignoramento, e se tali atti non sono opponibili al creditore procedente, non lo sono neanche all’acquirente. L’inopponibilità dei diritti dei terzi al creditore pignorante, sempre secondo l’ultimo comma, devono essere estesi anche ai creditori intervenuti nell’esecuzione, i quali beneficiano degli effetti utili del pignoramento. L’esplicito menziona mento vuole pero intendere che verso alcuni intervenuti sono in opponibili alcuni diritti di terzi, che invece sono opponibili al creditore pignorante. Tale meccanismo di protezione è previsto a favore del creditore ipotecario, dall’art 2812 che distingue due categorie di terzi acquirenti di diritti sulla cosa ipotecata: i titolari di servitù, usufrutto, uso abitazione da un lato, e i titolari di superficie enfiteusi, nuda o piena proprietà. Cosi se dopo l’iscrizione del’ipoteca su bene il terzo è investito di un diritto appartenente alla seconda categoria, è stabilito che si seguano le norme relative ai terzi acquirenti, cosi il creditore ipotecario ha il potere di espropriare il bene non solo nei confronti chi gli ha concesso la ipoteca, ma anche contro di chi ha acquistato sul bene un diritto appartenente alla seconda categoria. L’ipoteca è appunto diritto reale di garanzia perche il bene può essere perseguito dal creditore presso qualunque successivo acquirente, da in pratica diritto di sequela. Ovviamente quando sul bene ipotecato esiste la superficie enfiteusi, nuda o piena proprietà di un terzo, il processo esecutivo da luogo a espropriazione contro terzo proprietario. I diritti appartenenti alla prima categoria non sono invece opponibili al creditore ipotecario, i titolari di qeusti non divengono soggetti espropriati e non assumono la qualità di esecutato. Se quindi dopo l’iscrizione ipotecaria , il proprietario ha costituito sul bene uno dei diritti della seconda categoria a favore di terzi, il creditore ipotecario può espropriare il bene, ma dovrà notificare titolo esecutivo e precetto al terzo acquirente, che diverrà esecutato, la vendita forzata sarà fatta contro di lui, e l’aggiudicatario acquista un titolo contro il terzo acquirente. È contro egli che si forma il titolo dell’aggiudicazione. Il creditore ipotecario può quindi agire contro l’ultimo acquirente, contro questi sarà emesso titolo di trasferimento e l’aggiudicatario, cui è emesso a suo favore, sarà l’ultimo avente causa dei vari trasferimenti. Per i diritti minori appartenenti alla prima categoria il meccanismo è diverso. Al creditore ipotecario non sono opponibili i diritti minori il cui titolo sia stato tracritto dopo l’iscrizione dell’ipoteca, il creditore ipotecario potrà far valere il bene come libero. Gli effetti della vendita forzata per tali diritti retroagiscono quindi al momento dell’iscrizione dell’ipoteca e non solo al momento del pignoramento. Il creditore ipotecario conserva il diritto di far valere come libero il vene anche quando interviene nel processo iniziato da altri. Se egli interviene i diritti minori non sono opponibili neanche all’aggiudicatario. Se invece egli non interviene i diritti minori che sono opponibili(perche trascritti anteriormente al pignoramento) al creditore pignoratario lo sono anche all’aggiudicatario/acquirente, ed egli acquisterà il bene con i diritti minori gravanti. Si ricordi che ai sensi del 498 i creditori ipotecari devono essere obbligatoriamente avvertiti. Il fatto che non è possibile procedere a espropriazione contro il titolare di diritti minori dipende dal fatto che essi non sono trasferibili sul piano sostanziale, non è quindi possibile formare il titolo di trasferimento tra acquirente della vendita forzata e titolare di questi diritti. Assoggettati ad esecuzione possono quindi diventare solo i titolari di diritti trasferibili, perche solo contro questi può ottenersi trasferimento forzato. (apparte l’usufrutto che invece è trasferibile). I titolari di uso abitazione servitù e usufrutto non divengono esecutati perche il loro diritto non essendo suscettibile di trasferimento, con la vendita forzata si estingue per incompatibilità, e si trasforma in una somma di denaro equivalente al diritto estinto. Tale credito può essere fatto valere nell’erpropriazione, con preferenza rispetto alle ipoteche iscritte successive alla sua data di trascrizione dell’atto costitutivo del diritto e quindi anche rispetto al creditore pignorante che non sia ipotecario. I titolari di diritti che si estinguono con l’espropriazione divengono quindi creditori privilegiati iscritti. Essendo titolari di posizione destinata a trasformarsi in diritto di credito con ragione di prelazione, risultante da pubblici registri devono essere avvertiti della pendenza ex 498. Essi potranno quindi far valere le loro ragioni sul ricavato, seppoi ritengono non fondato subire l’effetto estintivo, potranno far valere le loro ragioni mediante opposizione di terzo ex 619. Se l’ipoteca è valida il loro diritto si trasforma invece in credito. L’aggiudicatario ai sensi del 2919 può acquisire il bene mobile non registrato a titolo originario se in buona fede acquista il bene dalla vendita forzata, che credeva essere del esecutato e invece è di proprietà(elemento carante qui, nel 2913 è invece limite al potere dispositivo) di terzo. Dato che pero di regola la vendita forzata da acquisto a titolo derivativo, ne risulta prevalente il terzo proprietario. Può pero succedere che vendita(2920) o assegnazione (2926) siano a titolo originario, per cui qui il terzo risulta soccombente. Nel caso di vendita il terzo proprietario può soddisfarsi sulla somma ricavata dalla vendita finche questa non sia stata distribuita, finche cioè è ancora nelle casse dell’esecuzione. Se il terzo non ha fatto valere le sue ragioni sulla somma, chiedendone la ripetizione ai creditori cui è stata distribuita. Non può ovviamente neanche fa valere le sue ragioni sul terzo, in quanto la sua buona fede ne legittima l’acquisto ex 1153. Se il terzo ha prove indiziarie che dimostrino che l’acquirente ha acquistato in maladefe, può non far valere il suo diritto sul ricavato, ma agire in rivendicazione nei confronti dell’acquirente in vendita forzata. Deve dimostrare di essere l’effettivo proprietario e che l’aggiudicatario sapeva che il bene non era del’esecutato. Se dimostra questo non si realizza la fattispecie del 1153(titolo idoneo:vendita forzata, consegna del bene e giusta fede), la vendita forzata torna cosi a titolo derivativo, e si riapplica il 2919 per cui l’acquirente acquista solo i diritti che sulla cosa spettavano a colui che ha subito l’espropriazione. Il terzo potra quindi ottenere la restituzione del bene. risulta comunque difficile dimostrare ciò. Il terzo sempre ex 2920 può comunque anche cercare di dimostrare la mala fede del creditore procedente che ha proseguito il pignoramento pur sapendo che il bene non apparteneva al suo debitore. Anche qui prova difficile, ma se il terzo ex proprietario riesce può ottenere risarcimento dei danni. Il creditore tiene qui un comportamento lecito sul piano processuale ex 513, ma illecito su quello sostanziale. Il terzo può infine proporre anche causa per indebito arricchimento ai danni del debitore esecutato, l’arricchimento senza causa si fonda sul fatto che questi ha pagato debiti suoi con beni di altri. Anche nella ipotesi in cui il bene è assegnato invece che venduto la situazione non muta. In quanto anche questa costituisce un titolo astrattamente idoneo al trasferimento della proprietà. Secondo il 2926, i terzi proprietari, possono entro 60 giorni dalla assegnazione rivolgersi all’assegnatario che
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