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Processo esecutivo parte 1 - procedura civile, Dispense di Diritto Processuale Civile

Utile lezione e seminario sul processo esecutivo

Tipologia: Dispense

2017/2018

Caricato il 05/02/2018

LilyBlu
LilyBlu 🇮🇹

4.3

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Scarica Processo esecutivo parte 1 - procedura civile e più Dispense in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! 1^ Seminario 22-04-2016 Il processo esecutivo Dott. Fava Il processo esecutivo è la vera e propria essenza del diritto processuale moderno perché è ciò che consente di uniformare la realtà formale alla realtà giuridica. Diceva Satta che è proprio nell’esecuzione, nella possibilità di eseguire un provvedimento giurisdizionale che si consegue appunto l’effettività dello strumento processuale, se non ci fosse il processo di esecuzione a nulla varrebbe aver conseguito un provvedimento a cognizione piena e passato in giudicato. Perché la vera funzione strumentale del processo è la tutela del diritto: uniformare la realtà ed i comportamenti umani a quanto statuito. Questo in sintesi è, come dire, la definizione; in quanto l’esecuzione è un processo strumentale alla tutela del diritto, e come realizza questa tutela, tutela che si realizza uniformando la realtà ad un diritto consacrato ad un titolo che vedremo più avanti. La prima base normativa: l’esecuzione è un processo ed essendo processo ha la sua matrice, deve affondare le sue fondamenta nei principi costituzionali (essenzialmente art 24 Cost: Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari.) come strumento di azione perché avviare l’esecuzione non è altro che l’esercizio di un’azione, anche il processo esecutivo è l’esercizio di un’azione; e questo esercizio dell’azione esecutiva si distingue in due diverse forme: • Esecuzione diretta  prestazione fungibile • Esecuzione indirettaprestazione infungibile La distinzione poggia su un dato sostanziale, ossia come è formato il diritto sostanziale che occorre tutelare. Se e soprattutto occorre guardare non tanto al lato attivo del rapporto sinallagmatico, bensì al titolare dell’obbligo, colui che deve dare la prestazione. In altri termini se la prestazione è fungibile, l’obbligato (colui che deve rendere la prestazione) è sostituibile, avremo anche la possibilità di un’esecuzione diretta. Perché, per la tutela del diritto quindi per l’avente diritto alla prestazione, è indifferente il soggetto che esegue la prestazione. Gli aspetti personali e soggettivi dell’obbligato sono indifferenti ai fini dell’esatto adempimento, è indifferente chi realizza la prestazione, ma si realizza comunque l’esatto adempimento: quell’obbligo è fungibile. L’esecuzione indiretta rappresenta un limite dell’effettività dello strumento processuale perchè esso si scontra con un dato: l’infungibilità della prestazione; dal punto di vista sostanziale non è indifferente, anzi è differente chi esegue la prestazione per l’obbligato. L’obbligato non è sostituibile, l’esatto adempimento si verifica solo e soltanto se è quell’obbligato, con quei caratteri soggettivi che esegue la prestazione. La prestazione si adempie solo se è un soggetto particolare ad eseguirla. E quindi siamo di fronte ad un obbligo infungibile. Di fronte a quest’obbligo infungibile l’ordinamento processuale si arresta di fronte alla non coercizione fisica, cioè è incoercibile. L’ordinamento di fronte alla volontà recalcitrante di un obbligato che non adempie, e soltanto lui è in grado di soddisfare quell’obbligazione, non è sostituibile, ha degli strumenti volti ad indurre l’adempimento, cioè cerca di spronare questa esecuzione della prestazione ma non si può sostituire all’obbligato (es. artista nei contratti di prestazione d’opera artistica: un noto pianista che si rifiuta di salire sul palco, gli spettatori hanno comprato un biglietto e quindi hanno stipulato un contratto ed hanno diritto ad assistere a quella prestazione. E soltanto quel pianista è colui che soddisferà quell’adempimento nei confronti del pubblico pagante. Ma l’ordinamento non può obbligare con la forza quel soggetto ad eseguire quella prestazione, può soltanto indurlo con determinati strumenti. Detto con un latinismo sostanziale si chiama Intuitus personae. Forme dell’esecuzione: • Espropriazione: è classica forma di esecuzione per la tutela del diritto di credito nel senso proprio di prestazione pecuniaria, diritto di credito non nella sua accezione più estesa cioè di diritto relativo ma proprio nella sua accezione di esecuzione di una prestazione pecuniaria. Chiamata anche esecuzione per equivalente (slide) o in forma generica perché il bene, l’oggetto della prestazione è appunto il denaro ed è finalizzata a far conseguire all’avete diritto/creditore il soddisfacimento dell’obbligazione. • Esecuzione in forma specifica: è quello strumento processuale finalizzato a far conseguire non un bene fungibile qualunque (come il denaro) ma proprio quella cosa mobile, quel bene immobile o quella determinata prestazione. Un obbligo di fare (il pianista che deve suonare), o di non fare. Lo vedremo che anche una categoria di soggetti sostanziali che hanno diritto nello scegliere la prestazione a non fare, cioè all’ astensione. Dal punto di vista generale e riprendendo il concetto che il processo di esecuzione è l’esercizio di un’azione, dobbiamo prima completare questo ragionamento individuando subito qual è la condizione dell’azione, abbiamo visto che nelle prime lezioni l’azione processuale postula determinate condizioni. L’azione esecutiva su questo ci agevola perchè l’azione esecutiva postula soltanto un’unica condizione che è il possesso del titolo esecutivo, esso rappresenta la legittimazione del titolare di questo documento ad attivare l’ufficio giudiziario, cioè il titolo esecutivo attribuisce al suo possessore una pretesa verso gli organi della giurisdizione statale preposti all’esecuzione. È ciò che garantisce la tutela di un diritto sostanziale: in materia di crediti la norma fondamentale dell’obbligazione è l’art 2740.1 cc “Il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri.” E l’art 2910.1 cc “Il creditore, per conseguire quanto gli è dovuto, può far espropriare i beni del debitore, secondo le regole stabilite dal codice di procedura civile” in forza del quale il creditore ha un diritto all’espropriazione dei beni, (attenzione: non un diritto SUI beni del creditore) il titolo esecutivo gli attribuisce il potere di espropriare, un diritto sul bene. L’oggetto dell’espropriazione è sempre e soltanto un diritto sulla cosa, attribuito dal titolo esecutivo. Il diritto lo attribuisce l’ordinamento con una sentenza idonea al passato in giudicato. Vi è un duplice oggetto che caratterizza il processo di esecuzione, come nel processo di cognizione che ha un suo oggetto che si rifà al diritto sostanziale, questo è più ampio ma si rifà sempre al diritto sostanziale. Classificato in termini di diritto, anche nel processo di esecuzione abbiamo un duplice oggetto: il diritto alla tutela esecutiva (diritto alla pretesa, quella consacrata o meglio che attribuisce il titolo esecutivo) e poi il diritto sostanziale oggetto dell’esecuzione. Gioco di parole: • tutela esecutiva  pretesa ad eseguire (applicare l’organo giurisdizionale), • oggetto dell’esecuzione  pretesa da eseguire (sostanziale). È importante perchè entrambi i diritti sono tutelabili all’interno del procedimento, entrambi i diritti (diritto alla tutela esecutiva ed il diritto all’oggetto dell’esecuzione) sono, come dire, dal punto di vista del processo, passibili di contestazione e di accertamento. Lo vedremo col sistema delle opposizioni. Entrambi i diritti possono fondare una lite: si può verificare una lite sul diritto alla tutela esecutiva, ed un’altra sul diritto all’oggetto dell’esecuzione. L’oggetto sostanziale Nella norma di esordio del processo di esecuzione che è l’art 474 cpc, in particolare il primo comma: “L'esecuzione forzata non può avere luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile.” troviamo la disciplina il titolo esecutivo: documento ed unica condizione dell’azione, questo lo si ricava dalla formazione linguistica dell’articolo dove fare e non fare, che ai sensi dell’art 712 necessitano di una sentenza, è subordinata al conseguimento del titolo giudiziale. Spedizione in formula esecutiva Il titolo esecutivo è un documento, quindi esiste un originale, ed è quello che rappresenta il vero titolo. Per la sentenza è quella depositata in cancelleria, quando avremo un contratto di compravendita davanti al notaio, avremo un originale conservato dal notaio, pertanto per avviare l’esecuzione, cioè se il possesso con carta in mano è la condizione dell’azione per volgere una pretesa allo Stato di attivare l’esecuzione, non potrò mai avviare l’esecuzione con l’originale perché se ho una sentenza resta conservata in cancelleria e l’atto pubblico dal notaio. Infatti l’esecuzione inizia sempre con una copia del documento originale ma per far capire che è una copia esecutiva e cioè idonea ed efficace per avviare il processo di esecuzione il legislatore ha previsto quest’espediente, ovvero l’apposizione della formula esecutiva, che è l’unico elemento di originalità sulla copia. Abbiamo la spedizione del documento e apposizione della formula esecutiva come recita l’art 475 cpc, che è quella che dice che è una copia autentica formata dal notaio e dal giudice che vi consente di attivate il processo di esecuzione. Per quanto riguarda il numero 1 Ragionare con le copie ha un senso perchè l’originale è unico, il documento è unico. Chi ha l’originale per il numero 2? L’originale delle scritture private autenticato ancora meglio cambiale, chi ha l’originale? Il creditore! Il debitore infatti, una volta soddisfatto il debito, deve farsi dare indietro la cambiale dal creditore. Che comunque è astratta e potrebbe riutilizzarla all’infinito. Ovviamente in forma esecutiva, questa norma non si applica alla cambiale, perché è un unico originale che resta in mano privata e lo vedremo non dovrà mai essere notificata al debitore. Si notifica una copia autenticata dall’ufficiale giudiziario, perché è unico e resta in mano al creditore, è un documento privato e tale resta. Restando sempre nell’ambito dell’esame dei titoli esecutivi, l’efficacia del titolo esecutivo può essere efficacia anche verso terzo, per noi il terzo è essenzialmente colui che non risulta come nome sul documento ma è a tutti gli effetti un successore del diritto e dell’obbligo. Quindi l’efficacia del titolo esecutivo può essere anche a favore dell’avente diritto, quindi successore; ma l’efficacia del titolo esecutivo può essere anche contro obbligati subentrati nell’obbligo del loro dante causa. (spiegato meglio nella slide) nozioni di terzo acquisite nel corso:  art 2909 cc. Terzo avente causa, acquista il diritto o l’obbligo dopo il passaggio in giudicato  art 111 cpc, terzo acquista durante, il comma 4 dice che la sentenza è efficace contro l’acquirente del diritto in oggetto  art 1595 cc subconduttore, è colui che sta in una posizione di pregiudizialità dipendenza, è un soggetto terzo che subisce gli effetti del giudicato in via riflessa dal punto di vista dell’esecuzione l’efficacia del titolo esecutivo del 2909 è quindi a favore di chi acquista il diritto dopo il passaggio in giudicato e contro chi acquista l’obbligo dopo il passaggio in giudicato. Ovviamente vale ai sensi del 111 contro chi ha acquistato il diritto in corso di giudizio anche se il suo nominativo non risulta sulla sentenza. Ovviamente vale anche nei confronti di chi è la posizione di pregiudizialità dipendenza, ma qui sappiamo benissimo che non è per ragioni processuali ma bensì per ragioni sostanziali. Come si tutela il terzo estraneo che non è sussumibile in nessuna delle tre ipotesi? Se fosse una sentenza punteremmo sull’art 24 cost, nel caso in cui fosse leso diciamo il diritto di difesa, tant’è che in una sentenza abbiamo visto che non ha mai efficacia diretta contro un terzo, tutte le ipotesi che abbiamo visto sono delle eccezioni riconducibili al medesimo principio costituzionale. Ma contro un titolo esecutivo, un soggetto viene contro di me ed io sono terzo estraneo non sussumibile in nessuna delle tre categorie indicate in precedenza, come mi tutelo? Con lo strumento dell’opposizione, opposizione di terzo appunto che incontreremo nell’art 619 cpc, cioè colui che è terzo ma a tutti gli effetti ovvero non è né successore né subentra in alcun diritto. È l’estraneo al processo. È terzo rispetto all’esecuzione, non rispetto alle parti. L’inizio dell‘espropriazione. L’espropriazione è la prima tipologia di esecuzione. L’espropriazione del diritto sulla cosa, l’espropriazione deve essere preceduta da una serie di adempimenti puramente formali che però non possono essere trascurati, perché fanno parte di quel diritto alla tutela esecutiva, meglio detto sono i fatti costitutivi del diritto alla tutela. Il diritto alla tutela è un diritto processuale, ovvero il diritto ad espropriare. E se è un diritto processuale, i fatti costitutivi di questo diritto hanno la loro genesi nel processo, e quali sono? Essenzialmente la notificazione del titolo esecutivo alla parte e la notificazione del precetto. Il precetto, l’articolo di riferimento il 480.1 cpc “Il precetto consiste nell'intimazione di adempiere l'obbligo risultante dal titolo esecutivo entro un termine non minore di dieci giorni, salva l'autorizzazione di cui all'articolo 482, con l'avvertimento che, in mancanza, si procederà a esecuzione forzata.”, è un atto di parte che contiene in sé una intimazione, è l’esercizio ultimo del diritto in forma sostanziale, è il creditore che intima al debitore per l’ultima volta di adempiere. Nell’art 482 cpc c’è un termine di 10 giorni: “non si può iniziare l’esecuzione forzata prima che sia decorso il termine indicato nel precetto e in ogni caso non prima che siano decorsi dieci giorni dalla notificazione di esso….” Nel redigere quest’atto la parte deve intimidire all’adempimento dell’obbligo di pagamento della somma, che può essere consacrata con una sentenza, in un titolo di credito ecc.. Domanda: è come la diffida? Risposta: dal punto di vista sostanziale si, come interruzione di prescrizione, ma rispetto alla diffida ad adempiere, ha un effetto anche processuale che proprio quello di rappresentare un effetto ipodromico all’esecuzione dell’azione processuale, la diffida ha un effetto che ha già il potere interrompe la prescrizione ma non dà diritto all’espropriazione. Il precetto è un atto della parte rivolto al debitore, che è soggetto alle regole processuali, l’ordinamento prevede la nullità e richiamando sempre le norme sulla nullità in particolare il principio secondo il quale la nullità non può essere pronunciata se non quando è stabilita dalla legge, ecco che il 480 è un’espressione di questo principio, perché stabilisce che il precetto è nullo se non contiene: o indicazione parti o la data di notificazione o trascrizione integrale del titolo esecutivo quindi il precetto che a prima vista può sembrare una diffida, un atto sostanziale, è in realtà un atto a cui l’ordinamento appresta un regime tipicamente processuale, è un atto del processo perché subisce effetti di nullità per mancanza dei requisiti necessari al raggiungimento dello scopo (elencati dall’art 480). Se mancasse un requisito essenziale come ad esempio il nominativo della parte o la trascrizione della cambiale avremmo un vizio, che andrebbe ad inificiare quale dei due diritti di cui abbiamo finora parlato? Il processo di esecuzione contempla due oggetti. Avremmo viziato l’oggetto alla tutela esecutiva, non ho diritto perchè non ho integrato tutti i fatti costitutivi. Per questo il processo non è soltanto una diffida, perché è il primo atto che mi dà la possibilità di accedere ed attivare la tutela esecutiva. E può quindi sorgere una lite solo su questo oggetto, non mette in discussione che sono un debitore, devo pagare sicuramente però mi hai notificato un precetto nullo perché non hai trascritto la cambiale, lo oppongo con opposizione preventiva (art 615.1 cpc - Quando si contesta il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata e questa non è ancora iniziata, si può proporre opposizione al precetto con citazione davanti al giudice competente per materia o valore e per territorio a norma dell'articolo 27) ma si discute solo dell’errore che hai commesso, ovvero la dimenticanza di trascrivere la cambiale. Quindi sorge un diritto, una lite sul diritto alla tutela esecutiva. Con un precetto viziato nullo non hai diritto alla tutela esecutiva. ------PAUSA------ Breve ricapitolo: il precetto rappresenta l’atto prodromico all’inizio dell’esecuzione. E’ un atto processuale con determinati requisiti di forma. La nullità deve essere tempestivamente fatta valere altrimenti si sana: quindi anche qui vale il principio generale che essendo una nullità relativa deve essere eccepita nella prima difesa utile successiva, quindi prima dell’inizio dell’esecuzione (che inizia col pignoramento che è l’inizio dell’espropriazione). Prima vediamo in linea generale quali sono le norme che si applicano a tutte le forme di espropriazione. Sicuramente per tutte le forme di espropriazione vige il principio sancito dall’art. 483 : il principio della cumulabilità dei mezzi di espropriazione. Significa che il creditore, colui che vanta il diritto all’obbligazione pecuniaria può scegliere di avvalersi di tutti gli strumenti e tutte le forme, anche congiuntamente, per tutelare il suo credito. Cioè può scegliere di espropriare ogni tipologia di diritto di cui è titolare il suo debitore: quindi il diritto alla proprietà su una cosa immobile, il diritto alla proprietà su una cosa mobile registrata, il diritto alla proprietà su una cosa mobile non registrata, il diritto di credito. Per tutte queste distinte forme di diritti, l’ordinamento prevede distinte forme di espropriazione. Per lo stesso credito, il titolare, il possessore di un titolo esecutivo può scegliere indistintamente la forma che ritiene più satisfattiva ( =più idonea a soddisfarlo) e le può anche esercitare congiuntamente. Questo perché la funzione dell’espropriazione è rintracciabile da: 2740 è la resp. Patrimoniale (rispondi di tutti i tuoi beni) e 2910 (diritto di espropriare tutti i tuoi diritti). L’espropriazione, a prescindere dal mezzo che viene scelto, si articola in 3 distinte fasi: 1) Fase di individuazione e conservazione del diritto del debitore da espropriare. Cosa è espropriato? Il diritto sulla cosa, non la cosa in sé, ad es. espropriazione del diritto di proprietà sul bene immobile, non si dice “gli stanno portando via casa”. Quindi il primo effetto dell’esecuzione dell’atto di espropriazione, cioè il pignoramento, è quello di individuare il diritto e di conservarlo (vedremo come si realizza l’effetto conservativo); 2) Trasformazione di questo diritto della sua realità: il diritto di proprietà è su una res (una cosa) e questa realità viene trasformata in un’altra res, cioè l’equivalente in denaro: ecco perché si parla di espropriazione per equivalente: quel diritto sulla cosa viene liquidato: la trasformazione avviene col procedimento di vendita: il bene viene venduto coattivamente, cioè viene venduto il diritto e chi intende comprare quel diritto deve corrispondere l’equivalente in denaro; 3) Come avviene la soddisfazione del creditore che ha avviato l’esecuzione? Con la distribuzione del ricavato: cioè il riparto. Queste 3 fasi fondamentali dell’espropriazione, a prescindere dal mezzo che viene utilizzato e dal diritto che viene espropriato, sono Individuazione, Trasformazione(liquidazione) e Distribuzione. Le forme dell’espropriazione, abbiamo detto sono diverse a seconda del diritto da espropriare, perché può essere espropriato il diritto: • su un bene mobile, che potrebbe essere registrato e allora dovremmo ottemperare a quei principi di pubblicità: es. automobile: dovremo impossessarci materialmente delle T cede il suo credito a S e C è il debitore. C dovrà pagare a quello che per primo gli notifica: o la cessione, e allora sarà salva la cessione, o il pignoramento perché se riceve prima la notifica del pignoramento, ma paga al nuovo cessionario, quel pagamento è inefficace e il creditore pignorante gli potrà richiedere nuovamente il pagamento del prezzo (C paga due volte!). Num. 3) e 4) del 2914: così vale anche per le alienazioni di universalità di mobili (biblioteche), vale anche qui il principio che se c’è un’anteriorità della vendita con data certa o anche qui le alienazioni di beni mobili in cui non sia stato trasmesso il possesso. Il bene mobile circola con la trasmissione del possesso. Es. Se io porto il mio orologio al compro oro, il lascio in conto vendita al compro oro senza formalizzare nulla e il compro oro riceve un pignoramento da equitalia perché non ha pagato l’iva: ancora l’orologio è mio, ma non c’è niente che lo provi e quindi equitalia è legittimato a presumere (1153) che l’orologio sia del compro oro perché vale la regola possesso vale titolo. Sarebbe andata diversamente se avessi formalizzato questo conto vendita al compro oro e magari con un atto avente data certa (un contratto registrato che sia opponibile ai sensi 2704 ? , quindi ci vuole una data certa anteriore che prevalga sulla regola sostanziale “possesso vale titolo”). Lo stesso principio dell’inefficacia relativa non vale soltanto per la cessione dei crediti, vale anche per l’acquisizione delle prelazioni. Non c’è soltanto la fase della trasformazione del diritto in moneta (liquidazione), ma vi è anche la fase importante della distribuzione del ricavato (rendita) e se vi è un ricavato da ripartire tra più creditori: 2741, norma sostanziale per cui tutti i creditori hanno diritto di concorrere in egual modo sui beni del debitore, salvo le cause legittime di prelazione: cioè salvo che ci sia un creditore ipotecario, salvo che ci sia un creditore che ha un pegno, salvo che ci sia un privilegiato che ha un credito assistito per la causa per come è nato da un privilegio (es. un artigiano, una cooperativa che per essere tali hanno un loro credito assistito a privilegio). Anche qui non è possibile acquisire ipoteche o privilegi dopo l’avvenuta notifica del pignorante. 2916: “Nella distribuzione della somma ricavata non si tiene conto: 1) delle ipoteche, anche se giudiziali, iscritte dopo il pignoramento; 2) dei privilegi per la cui efficacia è necessaria l’iscrizione, se questa ha luogo dopo il pignoramento; […]” . Tradotto l’effetto pubblicistico dell’ingiunzione è quello di produrre uno schermo tale da rendere sul piano processuale una situazione di cristallizzazione della situazione quo ante al verificarsi dell’atto dell’ufficiale giudiziario, per cui il creditore è tutelato da ogni successiva cessione o da ogni successiva iscrizione per lui pregiudizievole (es. è pregiudizievole se un nuovo creditore iscrive ipoteca sull’immobile e io non la iscrivo: quindi se io decido di pignorare un bene immobile non gravato da ipoteche o la certezza giuridica che quell’immobile resterà libero da ogni ipoteca da qui a tutta l’esecuzione. Non se l’altro trascrive prima per il p. prior in tempore potior in iure: se io trascrivo prima l’ipoteca e poi arriva il pignoramento, sarò si un creditore pignorante, ma dovrò riconoscere l’ipoteca altrui; se invece l’ipoteca è scritta dopo il mio pignoramento, l’ipoteca per me è inefficace: quel bene verrà liquidato e ripartito in un concorso tra creditori paritari). [domanda studente non udibile, risposta]Il principio generale è: l’atto dell’ufficiale giudiziario deve essere conforme al diritto che debbo andare ad inibirne la cessione: se il diritto è su una cosa mobile, il diritto si trasferisce con il possesso quindi deve essere un atto idoneo ad evitare il trasferirsi del possesso (verbale e custodia); se invece il diritto è su un bene immobile devo impedirne l’acquisto in buona fede da parte di un terzo (mediante la trascrizione: il verbale di ingiunzione dovrà essere trascritto nei registri immobiliari per gli immobili e sul PRA per auto e natanti); se si tratta di un credito lo dovrò notificare. Il pignoramento o meglio il processo esecutivo ha, come il processo di cognizione, vicende anomale. Anche nel processo d’esecuzione sono conosciute ipotesi di estinzione, conversione o riduzione del pignoramento. Sono vicende anomale perché si ha una modifica dell’intera struttura o dell’oggetto. 494: pagamento nelle mani dell’ufficiale giudiziario. Ad una lettura superficiale sembrerebbe che il primo e il terzo comma disciplinino la stessa identica situazione. In realtà non è così, cambia l’effetto giuridico. La condotta materiale è sempre quella: il debitore mette nelle mani dell’ufficiale giudiziario la somma di denaro. Cambia l’effetto giuridico a seconda della volontà del debitore. Dice il 494 co.1: “ Il debitore può evitare il pignoramento versando nelle mani dell’ufficiale giudiziario la somma per cui si procede e l’imprto delle spese, con l’incarico di consegnarli al creditore.” Qui il debitore sta pagando. 494 co.3: “Può altresì evitare il pignoramento di cose, depositando nelle mani dell’ufficiale giudiziario, in luogo di esse, come oggetto di pignoramento, una somma di denaro uguale all’importo del credito[…]”. Qui il debitore non sta pagando, sta sostituendo. Non vuole adempiere all’obbligazione e soddisfare il creditore, ma sta soltanto sostituendo il bene, o meglio il diritto sul quale grava il vincolo. Toglie il vincolo di indisponibilità da un diritto e lo fa apporre su un altro diritto (in questo caso sul diritto di proprietà della moneta: nel momento in cui possiedo le banconote sono mie –possesso vale titolo-; ma se io consegno le banconote all’U.G. (ufficiale giudiziario) e gli dico “metti il vincolo su queste monete” sto conservando la proprietà di quelle monete, ma sto anche dicendo che non voglio disporre del mio diritto di proprietà su quelle monete perché voglio liberare la cosa il cui diritto è stato pregiudicato dal pignoramento. Es. mi hanno pignorato l’auto: è l’unica che ho e non ci posso girare, ha anche valore modico, allora per evitare di non poter girare con la macchina, consegno all’U.G. l’equivalente in denaro del valore. In tal modo viene tolto il vincolo sul diritto di proprietà della macchina e quindi verrà cancellata la trascrizione al PRA, ma l’U.G. custodirà le mie monete (questo è il nuovo vincolo) sulle quali ancora conservo il diritto di proprietà). E’ una mera conversione del diritto gravato dal pignoramento. Lo stesso effetto si può verificare anche successivamente, in corso di procedimento: art. 495. [conversione del pignoramento]. Più rapido è il discorso della riduzione, perché in tale ipotesi abbiamo soltanto una espulsione di alcuni diritti dal rischio di espropriazione. Il presupposto è che devono essere stati pignorati più beni, quindi più diritti e il valore di questi beni è superiore al credito per il quale si procede. In questo caso il pregiudizio che sta subendo il debitore è eccessivo, ingiustificato e può pertanto avanzare questa istanza di riduzione del vincolo. Vicenda anomala per eccellenza è l’estinzione, che oggi si verifica se, notificato o trascritto il pignoramento, non segue poi un atto di impulso processuale, c.d. istanza di vendita (termine di 45 giorni, è una novità, fino ad agosto 2015 erano 90 giorni). L’atto di impulso per conservare l’efficacia del pignoramento deve essere depositato entro 45 giorni. L’INTERVENTO DEI CREDITORI. E’ uno degli aspetti da sempre più problematici del processo di esecuzione, ma anche più interessanti perché torna la dialettica col processo di cognizione: problema è: chi è e se c’è effettivamente un creditore. La norma è il 499: cambia ottica da parte del legislatore rispetto alla versione originale. Prima del 2006, l’art. 499 era espressione di un principio che era la ricaduta processuale di un principio sostanziale. Il principio sostanziale era il 2741: tutti i creditori possono concorrere sui beni del debitore. Il processo quale strumento aveva per tutelare questo diritto di concorrere? Col 499, sancendo la legittimazione ad intervenire di tutti i creditori. La norma era così formulata: “tutti i creditori possono intervenire, dove tutti possono concorrere possono intervenire”. Nel 2006 abbiamo invece una restrizione di questa legittimazione, delle condizioni di legittimazione (n.b. dopo il 2006 diverso dal fallimento dove tutti i creditori possono partecipare e vige un principio paritario del concorso tra i creditori erga omnes, mentre qui nell’esecuzione individuale c’è una par condicio creditorum relativa, cioè relativa soltanto a quelli che possono vantare una legittimazione ai sensi del 499. Cioè possono intervenire al processo di esecuzione e per loro vale il principio della par condicio creditorum quei creditori che hanno un titolo esecutivo (quindi hanno un documento ai sensi dell’art. 474) ; oppure creditori non titolati (non hanno un documento ai sensi del 474, ma hanno altre condizioni: hanno eseguito un sequestro sui beni pignorati; hanno un diritto di pegno; hanno un diritto di prelazione; o hanno un diritto di credito risultante dalle scritture contabili –scrittura privata autenticata). Sono queste categorie che possono intervenire. Perché questa restrizione? Fu giustificata così: si rischiava di ingolfare eccessivamente il processo di esecuzione da continui incidenti di cognizione: se tutti potevano intervenire nell’esecuzione ed era sufficiente affermarsi creditori, tutti, anche senza il benché minimo grado di certezza del credito potevano affermarsi ed intervenire, sulla base anche di documenti che probabilmente, in un processo di cognizione non avrebbero consentito l’accertamento del credito (es. normale promessa di pagamento 1988: non è una prova idonea a fondare il credito perché consente soltanto un’inversione dell’onere probatorio, ma non prova il fatto costitutivo del contratto). Prima del 2006 con una promessa di pagamento o un riconoscimento di debito potevi intervenire, ma questo documento facilmente innescava una lite e quindi si apriva il processo di cognizione. Il vero motivo era anche che, spesso il debitore poteva accordarsi fraudolentemente con un prestanome per farlo intervenire al fine di assicurarsi e di pilotare il processo di esecuzione: avere un creditore compiacente all’interno del processo di esecuzione consente al debitore di ritardare o di farsi assegnare determinate somme a danno degli altri. Pertanto il legislatore del 2006 ha ristretto la categoria di imprenditori che possono intervenire, limitandola a quei creditori che hanno un certo grado di certezza: e sono quelli titolati o quelli che hanno un sequestro e quindi c’è un accertamento sommario del giudice alla base (perché il sequestro è un provv. cautelare), oppure un pegno che è un contratto e come tale può essere rilasciato soltanto col consenso del debitore, oppure c’è un diritto di prelazione risultante da pubblici registri (l’ipoteca ad es. che è essenzialmente volontaria). Poniamo l’attenzione sull’ultima categoria che dice: “avere un credito risultante da scritture contabili”. Ce l’ha l’imprenditore. Ma non è certo tale credito! Nel 2212 c.c. le scritture contabili hanno efficacia contro l’imprenditore e forse possono avere efficacia a favore se “tra imprenditori”. Se il fine ultimo era quello di attribuire un grado di incertezza a chi interviene, il riferimento a questa categoria di legittimati, cioè gli imprenditori è palesemente irragionevole; perché mentre il creditore non imprenditore deve munirsi del tit. esecutivo o avviare un processo cautelare col processo, chi è qualificato come imprenditore gli è sufficiente esibire le scritture contabili autenticate. La giustificazione è stata che questi sono i crediti più diffusi, ma è poco convincente; in realtà questa tipologia di creditori in possesso delle scritture contabili ha un’influenza tale sul legislatore da conservarsi questa prerogativa. E’ del tutto incostituzionale: immaginiamo un imprenditore in crisi che non paga gli stipendi ai dipendenti. Il dipendente, se vuole intervenire nell’espropriazione deve almeno munirsi di un titolo esecutivo, deve almeno fare un sequestro. Il fornitore dell’impresa invece, non è dipendente e non è neanche privilegiato, gli è sufficiente esibire l’estratto autentico della scrittura contabile ove lui stesso dichiara che ha avuto ordine dall’impresa debitrice. Se ho la qualifica di imprenditore ho diritto all’ingresso nell’esecuzione senza ulteriori costi perché il documento lo fornisco e lo produco io (la mia scrittura contabile autenticata); se sono invece dipendente dell’impresa che non mi ha pagato gli stipendi ed è anche soggetta ad espropriazione, io prima di intervenire nell’esecuzione devo sopportare i costi almeno per ottenere un titolo esecutivo giudiziale o per ottenere il sequestro del bene del mio datore di lavoro. Palesemente incostituzionale, ma ancora resta! In questa distinzione tra creditori titolati e non titolati, può essere distinta a sua volta la categoria dei creditori non titolati: il creditore che interviene nell’esecuzione può essere un creditore che è riconosciuto o disconosciuto. Se il creditore interviene con un titolo esecutivo ha il diritto a partecipare alla distribuzione del ricavato e non gli può essere contestato provocarne i singoli atti”. Cosa significa “a provocarne i singoli atti”? Essenzialmente dal 500 ricaviamo due distinti diritti processuali: • il diritto a prendere parte alla distribuzione del ricavato su cui soddisfarsi; • il diritto a partecipare attivamente, a farsi parte attiva, cioè a provocare singoli atti. Da una lettura superficiale della norma, sembrano attribuiti entrambi agli intervenuti tutti (“L’intervento” art.500). In realtà però questa estensione non è tollerabile né giustificabile, sarebbe irragionevole per un p. di uguaglianza. Un conto è intervenire sulla base di un titolo esecutivo, magari giudiziale (sentenza), un conto è intervenire sulla base dell’ipoteca (banca o imprenditore che produce l’estratto autentico delle sue scritture contabili): c’è un grado di certezza sul fatto giuridico completamente diverso. Questo diverso grado di certezza ci impone una diversa lettura della norma: a seconda del grado di certezza del titolo esecutivo, io ho diversi poteri processuali (474 più è certa la fattispecie costitutiva e più ho poteri processuali nell’esecuzione). Anche qui, l’art. 500 parla sempre del grado di certezza: a quel grado di certezza devo calibrare i diversi poteri processuali. Questo perché se noi andiamo a prendere una norma che è stata modificata (l’art.500 è del 2006) e una norma non modificata dal 1942 (es. art. 629 in materia di estinzione: “Il processo si estingue, se prima dell’aggiudicazione dell’assegnazione [quindi prima che si compia il trasferimento del diritto] il creditore pignorante e quelli intervenuti muniti di titolo esecutivo rinunciano agli atti. Dopo la vendita[e quindi dopo che si è ricavato il denaro], il processo si estingue se rinunciano agli atti tutti i concorrenti”). Che differenza c’è? Entrambe le fattispecie codificano una estinzione del processo esecutivo, però si collocano in due frangenti temporali diversi: dopo la vendita o prima della vendita. Dopo la vendita, l’estinzione del processo esecutivo è subordinata al consenso di tutti i creditori indistintamente intervenuti. Prima della vendita, legittimato a dare il consenso all’estinzione è soltanto il creditore procedente e l’interventore munito di titolo esecutivo. Allora è proprio il 629 che ci impone una diversa lettura del 500 perché ci fa capire che solo chi è dotato del tit. esecutivo ha il potere di andare in giudizio prima della vendita ed è colui che ai sensi del 500 è legittimato a provocare gli atti. Pertanto il 500 va letto in questi termini: può provocare gli atti di impulso solo il creditore intervenuto munito di titolo esecutivo, perché è l’unico che ai sensi del 629 che può dare il consenso all’estinzione. Non è attribuito il diritto di provocare gli atti del processo esecutivo al creditore intervenuto e non munito di titolo esecutivo. Il 500 va letto in questi termini: hanno diritto di partecipare alla distribuzione della somma ricavata tutti i creditori titolati e non titolati perché il 629 attribuisce il diritto a tutti i creditori, anche quelli non titolati di esprimere il consenso sulla rinuncia agli atti quando c’è la somma da distribuire, perché l’interventore senza tit. esecutivo ha proprio questo diritto: partecipare alla distribuzione della somma ricavata, questa c’è allora il suo diritto si concretizza e quindi è legittimato ad esprimere il consenso all’estinzione, ma solo quello è il suo diritto: partecipare alla distribuzione del ricavato. Prima della distribuzione del ricavato ha diritti processuali? NO, perché appunto l’estinzione del processo esecutivo è limitata o meglio condizionata al consenso dei titolari. Allora l’art. 500 va letto in questi termini: i poteri a) e b) (slide n.29) si riferiscono soltanto ai creditori muniti di tit. esecutivo; il potere b) partecipare attivamente, compiere gli atti dell’esecuzione (dare l’impulso, richiedere la vendita, richiedere l’atto di assegnazione del diritto) è limitato soltanto a colui che ha un tit. esecutivo. Oltre ai privilegi (creditore ipotecario, creditore che ha un pegno) che trovano la loro fonte in diritto sostanziale (diritto ad essere preferito, alla prelazione di fonte sostanziale, art. 2741), vi sono anche delle PRELAZIONI PROCESSUALI, cioè il diritto ad essere preferito che trova la sua fonte nella legge processuale. Quindi anche il creditore non munito di una prelazione sostanziale (ipoteca, pegno, privilegio o il normale chirografario cioè i creditori non muniti di prelazione) potrebbe avere una preferenza rispetto ad altri. Questa preferenza si può verificare in conseguenza di determinate scadenze processuali: la prelazione processuale è l’effetto del tardivo intervento di altri creditori o dell’inottemperanza a determinati inviti. Slide 31: a) per effetto del tardivo intervento, l’intervento per ogni tipologia di esecuzione di espropriazione, è soggetto a limiti temporali; l’intervento che coincide con la vendita; l’intervento di un creditore che non la fa entro quella barriera temporale, produce una prelazione processuale per tutti gli altri. Se intervieni tardivamente, non sei in par condicio, sei postergato, questa è la regola processuale; b) la postergazione si verifica anche quando sei intervenuto, ma non hai accolto un invito che può essere fatto dall’U.G. di anticipare le spese. Es. io ho un credito di 100, faccio un pignoramento e pignoro un bene che vale 100. Poi arriva un altro creditore che ha a sua volta. Siamo 200 come massa passiva a concorrere su un bene che vale 100. Per garantire la soddisfazione a entrambi, il creditore primo pignorante potrebbe indurre il creditore intervenuto a estendere il pignoramento (=ulteriore pignoramento su altri beni) o ad anticipare delle spese. Se a questo invito l’intervenuto non risponde, subisce la posergazione per non aver voluto estendere il pignoramento/anticipare le spese, sarà postergato nella liquidazione di quel bene. In caso di estensione del pignoramento sul primo pignoramento ha diritto di soddisfarsi in preferenza. LA LIQUIDAZIONE (indicazione solo generale sulla fase di trasformazione per i frequentanti) può avvenire tanto per i beni mobili che immobili. Solo per beni mobili si può procedere alla vendita con commissionario, cioè ad una trattativa privata. Mentre per i beni immobili è obbligatoria la vendita a pubblico incanto. Il pubblico incanto si distingue a sua volta in due fattispecie: la vendita con incanto e la vendita senza incanto, dove per incanto si intende potere o meno di revoca dell’offerta. Per cui la vendita senza incanto, non significa che è una vendita non pubblica, ma che è una vendita in cui non è data la possibilità di ritrattare l’offerta proposta (senza incanto = senza poteri di revoca). Significa che nel momento in cui si deposita l’offerta in busta chiusa, quell’offerta non la posso andare a riprendere (non posso avere ripensamenti). Con incanto invece significa con potere di ripensamento perché posso depositare in busta chiusa l’offerta, ma il giorno dell’apertura posso non confermarla e non partecipare alla successiva gara. La liquidazione può avvenire non solo tramite vendita dei beni pignorati, ma anche tramite assegnazione: è l’assegnazione del diritto, cioè il creditore chiede che a lui sia intestato quel diritto. Solitamente accade che il creditore ha espropriato un diritto su un bene, solitamente un immobile; a seguito dei ribassi d’asta quel bene immobile si è completamente svalutato; se quel bene venisse liquidato a quel prezzo il creditore conseguirebbe un ricavato che è molto inferiore al valore di mercato; chiede che gli sia assegnato per quel valore l’immobile. Lo fanno solitamente le banche che hanno società di leasing: la banca, di fronte al rischio che quell’immobile vada all’asta per un valore che non è conforme al prezzo di mercato si intesta l’immobile, ne diviene proprietario e poi lo rimette sul mercato tramite le sue controllate (società di leasing, società immobiliare) e quindi spera di realizzare quello che non ha realizzato con la vendita mediante una vendita, a questo punto privata, che condurrà lei stessa. L’assegnazione, proprio perché a seconda del valore d’asta che ha raggiunto il bene, può essere satisfattiva o vendita: se la banca chiede l’assegnazione di un bene il cui valore è inferiore al credito proprio, è un’assegnazione satisfattiva, io mi soddisfo sul valore attuale; mi viene assegnato un bene con prezzo di mercato 100, valutato a 50, vengo soddisfatto per 50 (si ritiene che all’interno di quell’esecuzione, il credito viene adempiuto per 50 e quindi conserva il credito residuo per 50). L’assegnazione vendita è quando il valore dell’immobile è superiore al credito per il quale si procede: ho un credito di 50 e il bene vale 100; lo voglio quel bene perché penso che se lo rivendo ci guadagno 100, allora per assegnarmi quell’immobile che ha valore superiore al mio credito, devo pagare la differenza di 50 (quei 50 vanno al debitore: avviene raramente). L’assegnazione vendita è una satisfazione integrale.
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