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Processo romano di Istituzioni di Diritto Romano, Dispense di Diritto Romano

Dispensa scritta, non completa, circa i vari sistemi processuali in base alle pagine del Guarino

Tipologia: Dispense

2018/2019

Caricato il 24/11/2019

martina-mattino
martina-mattino 🇮🇹

4.9

(8)

10 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Processo romano di Istituzioni di Diritto Romano e più Dispense in PDF di Diritto Romano solo su Docsity! IL PROCESSO ROMANO La realizzazione coattiva dei diritti privati o, in altri termini, l’esercizio del potere dell’actio, fu caratterizzata, all’interno dell’ordinamento giuridico romano, da un particolare fenomeno che vide il graduale passaggio dall’autotutela alla tutela statale, ovvero dalla difesa dei diritti soggettivi operata personalmente dal soggetto che ne fosse titolare contro chiunque gli resistesse e andasse, dunque, ad instaurare una lis, alla difesa dei diritti soggettivi operata sempre dal soggetto che ne fosse titolare ma, questa volta, con l’ausilio degli organi statali giudiziali. Pertanto possiamo dire che tale fenomeno si diffuse a Roma molto lentamente tant’è che, per tutto il corso del periodo classico, non si poté mai definitivamente dichiarare che il sistema dell’autotutela fosse scomparso. Ovviamente i cittadini iniziarono ad utilizzarlo sempre meno perché, sia per motiva di sicurezza che di comodità, risultava molto più utile ricorrere alla tutela statale. Nonostante ciò, a Roma, per molto tempo non vi fu una legge volta ad eliminare il sistema dell’autotutela. Dunque, all’interno di questo quadro, possiamo dire che di fondamentale importanza fu il Decretum Divi Marci, una delle più famose decisioni giurisdizionali dell’epoca. Si trattava di un decreto emanato dall’imperatore Marco Aurelio che stabiliva che tutti i creditori che, non essendo stati soddisfatti da una prestazione da parte di un loro obligatus, e che avessero quindi deciso di rifarsi direttamente sui beni di quest’ultimo, non avrebbero più potuto godere dell’ausilio statale giudiziale e sarebbero stati, poi, sanzionati con la perdita del proprio credito. Tale decreto non fu un risultato definitivo ma rappresentò comunque un primo e importante passo per quanto riguarda il processo di evoluzione della prassi giudiziaria, processo che vediamo poi terminare con il risultato finale dell’abolizione del sistema dell’autotutela con l’inizio del periodo postclassico caratterizzato dall’instaurarsi dell’impero assoluto a Roma. Grande ausilio nel passaggio dall’autotutela alla tutela statale, inoltre, fu dato dalla stilizzazione degli atti difensivi ad opera dei pontefici. Tale aspetto fu di grande importanza perché, in tal modo, il soggetto agente da un lato, per le credenze dell’epoca, poteva ottenere il favore degli dei e, dall’altro, aveva maggiori probabilità di raggiungere il suo obiettivo a discapito del soggetto passivo. Da chiarire è il fatto che i pontefici non avevano alcun tipo di potere giurisdizionale ma il loro compito era quello di indicare le modalità rituali attraverso cui effettuare l’actio così da scaturire una duplice conseguenza: in primo luogo andare ad aumentare la fiducia del soggetto agente nei confronti del buon fondamento del proprio diritto, in secondo luogo sfiduciare la controparte, portandola in uno stato di timore tale da convincerlo a non sostenere più la propria tesi, perché ciò non gli avrebbe portato nient’altro che lo sfavore degli dei. Ad ogni modo possiamo dire che l’intervento degli organi statali nei processi di difesa dei diritti, fu richiesto in modo sempre più ampio per poter evitare eventuali ingiustificate resistenze nei confronti del potere dell’actio. C’è da dire, inoltre, che gli organi statali intervenivano solo nel caso in cui ricevevano una domanda di giustizia, ovvero una pretesa avanzata da un soggetto giuridico attivo che deve essere ancora verificata circa la sua fondatezza. Ricevuta tale domanda, gli organi giudiziali passavano a decidere se tale pretesa fosse da rifiutare perché chiaramente infondata o se fosse da verificare perché fondata. A tal proposito possiamo approfondire riguardo quelle che sono le diverse accezioni che può assumere l’actio in quanto questa può essere intesa in senso sostanziale per ciò che effettivamente rappresenta all’interno di un rapporto giuridico: L’azione è un potere di cui gode un soggettivo nei confronti del dovere giuridico, ovvero del soggetto passivo, in quanto titolare di una pretesa, quindi di un diritto tutelato dall’ordinamento giuridico. Ma l’azione può essere anche considerata in senso processuale andando, cioè, a corrispondere alla domanda di giustizia, ovvero alla pretesa avanzata da un soggetto agente che deve ancora essere verificata circa la sua fondatezza e che, in caso positivo, è quella che dà impulso al processo. Volendo dare una definizione di processo possiamo dire che esso è un complesso di atti che si instaura tra privati, sempre in presenza di un’autorità pubblica, e che sfocia in un provvedimento che può definire la controversia o può definirne una singola tappa. Approssimativamente possiamo dire che il processo giuridico era costituito da 3 fasi quali: alla sua vocatio. La manus iniectio pertanto, permetteva all’attore di trascinare a viva forza il convenuto davanti al tribunale del magistrato. L’unico modo che aveva il convenuto per sfuggire alla manus iniectio era presentare in ure un vindex, ossia un uomo di sua fiducia che garantisse per lui. Quest’ultimo poteva decidere di procedere in due modi differenti: quello di pagare l’importo del controvalore del danno arrecato dal convenuto o, scelta più rischiosa, addossare su di se un processo di accertamento volto a dimostrare l’infondatezza della tesi attrice. Tale scelta era, come dicevo, più rischiosa in quanto qualora si verificasse il buon fondamento della pretesa dell’attore il vindex era condannato al pagamento del doppio del valore della somma iniziale. Ad ogni modo, ponendo l’ipotesi che entrambe le parti si fosse presentate davanti al magistrato, se l’azione dell’attore era di tipo esecutivo allora il convenuto non poteva far altro che subire mentre, se l’azione era dichiarativa il convenuto, ritenendo di non essere colpevole, poteva controbattere e avanzare i motivi per cui la tesi attrice fosse infondata. Si veniva ad instaurare così la litis contestatio, momento fondamentale del processo, che era accompagnata dall’attore di nomina delle parti, dei loro testes ovvero dei loro testimoni. Da parte sua il compito del magistrato giusdicente era quello di prendere atto delle tesi avanzate delle parti e, nella maggior parte di casi, non riuscendo ad emanare un provvedimento definitivo in ordine alla controversia, affidava la questione ad uno iudex privato. Lo IUDEX PRIVATO, era un giudice o un arbitro privato che veniva nominato dal magistrato giusicente da una lista generale che presentava i nomi di tutti colori atti e disposti alla funzione giudicante. In lui erano richieste principalemente qualità come l’equilibrio e il buon senso. Il suo compito era quello di pervenire ad una sententia in ordine alla questione la quale, però, essendo comunque un atto emanato da un privato, necessitava l’uso di un’azione esecutiva per ricorrere nuovamente all’autorità del magistrato così da mettere in pratica a 360 gradi, la sentenza del giudice. Passiamo dunque ad analizzare nello specifico i vari tipi di legis actiones: Le procedure per formulas, ovvero con ricorso alle formule edittali, dette anche per concepta verba, ovvero con ricorso alle regole di giudizio concepite caso per caso, furono procedure di cognizione e non di esecuzione, che si diffusero a Roma durante il periodo preclassico. Come sappiamo fino a quel momento a Roma vigeva il sistema processuale delle legis actiones le quali, però, iniziarono progressivamente a rivelarsi obsolete dato l’intensificarsi delle relazioni commerciali tra romani e stranieri, relazioni alle quali le legis actiones non potevano essere applicate perché non prevedevano alcun tipo di tutela. In tal modo, si sentì il bisogno di avere a Roma strutture processuali diverse e nuove e iniziò, dunque, ad affermarsi il processo formulare che, in un primo momento, fu utilizzato dal pretore peregrino in ordine alle controversie tra uno straniero e un cittadino romano, dopodiché, in un secondo momento, esso fu applicato anche a tutte le controversie che si instauravano tra i cittadini romani. Ad ogni modo, il riconoscimento ufficiale del processo formulare avvenne con l’emanazione di una legge, la Lex Aebutia de formulis, la quale, però, non andò ad eliminare il sistema delle legis actiones ma andò a precisare che nel caso in cui dei cittadini AVESSERO DECISO di scontrarsi per mezzo del sistema formulare: • In primo luogo non era ammesso pentirsene; • In secondo luogo non era possibile applicare alcun tipo di legis actio in ordine alla stessa questione. C’è da dire, dunque, che le legis actiones continuarono a sopravvivere ma ovviamente furono utilizzate sempre meno fino a quando non furono eliminate dalla Legge Giulia del 17 a.C. (Lex Iulia ordorum iudiciorum) che tra l’altro lasciò salve le legis actiones per sacramentum riservate al giudizio dei centumviri. LO SVOLGIMENTO DEL PROCESSO FORMULARE Innanzitutto possiamo iniziare col dire che il processo formulare fu sempre caratterizzato dalla divisione in due fasi: la fase in iure e la fase apud iudicem. A cambiare notevolmente, però, fu la fase in iure in quanto assistiamo ad un grande cambiamento della funzione del magistrato giusdicente il quale, non ha più, come prima, la semplice funzione limitata alla presa di conoscenza delle tesi delle parti ma, diviene parte integrante e attiva di questa prima fase del procedimento andando letteralmente a cooperare con l’attore e il convenuto per la formulazione del iudicium ovvero della formula. Ad ogni modo il processo formulare aveva inizio con la vocatio in ius ovvero con la citazione in giudizio da parte dell’attore nei confronti del convenuto il quale era obbligato a seguire l’attore davanti al tribunale. L’attore, inoltre, accompagnava la sua vocatio con un edictio actionis ovvero con una indicazione sommaria della sua pretesa affinché quest’ultima non fosse accusata di temerarietà. Da parte sua, il convenuto, poteva cercare di prendere tempo presentando
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