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Profilo linguistico dei dialetti italiani - Loporcaro, Appunti di Storia della lingua italiana

Riassunto delle pp. 3-91 e 171-182 del libro "Profilo linguistico dei dialetti italiani" di Michele Loporcaro (2013)

Tipologia: Appunti

2023/2024

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Scarica Profilo linguistico dei dialetti italiani - Loporcaro e più Appunti in PDF di Storia della lingua italiana solo su Docsity! 1. PRELIMINARI DI METODO Dialetti primari (dell’italiano) = lingue italo-romanze che condividono la stessa origine (latino) + sono in un rapporto di subordinazione sociolinguistica con l’italiano standard (minor prestigio rispetto all’italiano standard, sono considerati lingue basse/informali) → i “dialetti” sono dialetti primari NB: in alcune zone d’Italia sono presenti dialetti regionali cioè lingue di koinè sovralocali1, oltre ai dialetti locali. In altre zone non esistono dialetti regionali, ma solo locali! Dialetti secondari = varianti insorte dalla differenziazione geografica dell’italiano standard (derivano da esso) → le varietà di italiano regionale sono dialetti secondari autonomia vs eteronomia ● Una lingua è autonoma quando i parlanti riconoscono nella lingua stessa la sua propria norma → l’italiano standard è una lingua autonoma ● Una lingua è eteronoma quando i parlanti riconoscono in un’altra lingua, detta lingua tetto, la norma a cui essa va riferita e/o dovrebbe adeguarsi → i dialetti sono eteronomi rispetto all’italiano standard (lingua tetto) NB: autonomia/eteronomia è un fatto sociopolitico che però ha ripercussioni linguistiche: - strutturali es: standardizzazione = omologazione della lingua eteronoma allo standard già codificato della lingua tetto (maggiormente visibile nel lessico) - di classificazione → considerare un dialetto primario come dialetto italiano o meno isoglossa = linea che su una carta geografica segna i confini di un'area linguisticamente uniforme rispetto a uno o più fenomeni dati la classificazione dei dialetti si basa su una serie di criteri sia interni (linguistico-strutturali + isoglosse) che esterni (storico-culturali, storico-politici, storico-demografici, geografici) continuum dialettale = catena di intercomprensibilità che lega i dialetti → presa ogni località x, i parlanti del dialetto locale comprendono il dialetto locale della località adiacente e viceversa (effetto della dialettizzazione primaria) NB: l’Italo-Romania (continuità dei dialetti italiani) è un segmento della Romania continua Le distinzioni fra i valori di un tratto linguistico in due aree (segnate dalle isoglosse) sono il risultato di un mutamento linguistico in almeno una delle due aree. I mutamenti, soprattutto fonetici, si studiano attraverso il metodo neogrammaticale (elaborato nella seconda metà dell’800 dalla scuola dei neogrammatici) 1 i dialetti regionali si sono diffusi e sviluppati a causa del prestigio di un dialetto locale. Es: il dialetto regionale veneto è basato sul dialetto locale veneziano (Rep. di Venezia + Goldoni…) metodo neogrammaticale: 1. si basa sull’ipotesi che il mutamento sia regolare, cioè coinvolga alla stessa altezza temporale tutte le parole di una data lingua che presentano le condizioni appropriate 2. le eccezioni apparenti si spiegano con criteri interni alla lingua: interferenza di altri mutamenti + cause morfologiche 3. se l’eccezione non può essere spiegata attraverso criteri interni, si analizzano le possibili cause esterne: prestiti da altre lingue (→ ultima delle possibili spiegazioni, la meno probabile) addensamento di numerose isoglosse in un fascio → classificazione dialettale linea La Spezia - Rimini linea Roma - Ancona NB: il fascio è slabbrato in diversi punti → la categorizzazione può essere solo generale/approssimativa + zone di transizione in corrispondenza delle isoglosse! Il mutamento procede ● nel tempo/diacronia (metodo neogrammaticale) all’interno di una certa lingua ● nello spazio (cioè si diffonde da una regione/lingua all’altra) ● attraverso il lessico: inizialmente si manifesta in alcune parole per poi estendersi alle altre parole che presentano le stesse condizioni fino a generalizzarsi (NB: non tutti i mutamenti si generalizzano) ● entro la comunità di parlanti (sociolinguistica), innestandosi in specifici gruppi (variazione diastratica) e/o specifici stili e contesti d’uso (variazione diafasica) EVOLUZIONE DELLA DIALETTOLOGIA Ascoli (‘800) = iniziatore della dialettologia in Italia In generale, la linguistica nel ‘800 si concentrava sugli studi diacronici + lingue come sistemi in evoluzione lineare nel tempo → classificazione geografica dei dialetti → Saussure: introduzione dell’aspetto sincronico vs Schuchardt: teoria delle onde (propagazione spaziale dei mutamenti) → impossibilità di delineare dei confini spaziali tra i dialetti (nega il metodo neogrammaticale) Meyer: si può osservare la diffusione spaziale solo di singoli fenomeni linguistici! → la geolinguistica si basa sui presupposti teorici avanzati da Schuchardt e Meyer → geolinguistica: realizzazione di atlanti linguistici (la geolinguistica parte dalla negazione della possibilità di classificare geograficamente i dialetti, ma gli atlanti che produce possono essere usati a tale scopo!) + dialettometria = distanza/differenza linguistica tra un dialetto e l’altro (misurata usando i dati degli atlanti, che però non riportano elementi strutturali delle lingue) Alinei prova la sua teoria attraverso il criterio dell’autodatazione lessicale, ma… - la presenza di parole antiche/preistoriche non indica necessariamente che una lingua risalga a quel periodo → la presenza di questi vocaboli può essere il risultato dell’adozione da parte di lingue neolatine di calchi di lingue prelatine - significato e significante sono indipendenti → i significati autodatano la loro presenza in una lingua (es: datazione dell’introduzione di una innovazione tecnologica…) ma non i significanti → la teoria di Alinei è ERRONEA (vedi tutte le testimonianze documentarie del latino, delle lingue volgari ecc)!!! I dialetti italiani non sono esistiti nella preistoria! Preistoria e protostoria dei dialetti italiani: fase di formazione a partire dal latino → non è ancora presente una testimonianza scritta dei vari “volgari”, ma è possibile tracciarne l’evoluzione leggendo i testi latini scritti durante i secoli di transizione Impero Romano: il latino era diversificato geograficamente (+ accenti regionali) e sociolinguisticamente, ma le fonti scritte giunteci testimoniano solo il registro alto/formale della lingua (testi letterari o giuridici) → la testimonianza delle altre “varietà” di latino è sporadica e spesso indiretta + esistenza di dialetti secondari del latino → rapporto di questi dialetti secondari con le future lingue romanze? - Löfstedt: la differenziazione regionale del latino non prelude alla futura frammentazione romanza VII - VIII secolo: si avverte la diversificazione locale dei “dialetti” latini, ma questi riflettono una diversificazione che in realtà è già romanza! (+ Herman: nel VII secolo il latino smette di esistere come varietà acquisita nativamente → nascita delle lingue romanze) - Herman: studio quantitativo delle deviazioni ortografiche rispetto al latino standard trovate nelle epigrafi presenti nelle varie regiones in cui la penisola italiana era suddivisa → prova l’esistenza di differenziazione del latino nelle varie regioni + le deviazioni riscontrate sono in continuità con i fenomeni presenti nei dialetti delle stesse regioni! Fonti per lo studio dei dialetti italiani: testimonianze scritte? - le prime tracce dei fenomeni linguistici che hanno portato all’evoluzione dei dialetti si possono scorgere nei testi scritti in latino (presentano fenomeni regionali) - IX-X sec, prime testimonianze scritte in volgare (NB: tutte non toscane) - si diffonde sempre di più l’uso del volgare nei testi scritti → grazie alle testimonianze scritte è possibile lo studio diacronico dei dialetti NB: attestazioni scritte (= testi letterari, giuridici ecc) ≠ registrazioni per iscritto dell’oralità De vulgari eloquentia = primo testo di interesse dialettologico → riporta una raccolta di frasi paradigmatiche nei volgari delle varie regioni italiane Solo dal ‘500, altri testi che riportano raccolte di esempi del parlato dialettale + da fine ‘800/inizio ‘900 si hanno raccolte di testi dialettali operate con criteri scientifici (es: trascrizione fonetica…) + ‘600, prime analisi dei dialetti → ‘700, tentativi di redarre grammatiche dialettali Medioevo: la lingua sovraregionale è il latino → situazione di parità tra i vari dialetti/volgari ‘400: crisi linguistica → il fiorentino diventa lingua sovraregionale (Bembo) → dal ‘500 il fiorentino è canonizzato come lingua letteraria → scrivere letteratura in un altro dialetto è frutto di una scelta stilistica NB: da quando nel ‘900 si è smesso gradualmente di parlare dialetto, esso ha assunto una diversa funzione stilistica in letteratura 3. LA CLASSIFICAZIONE DEI DIALETTI D’ITALIA ‘800, consolidamento di un metodo scientifico per la linguistica → Ascoli, prima moderna classificazione scientifica dei dialetti italiani: geografia + storia + linguistica (isoglosse) Nel ‘800 si studiava prevalentemente linguistica storica → studio diacronico delle isoglosse + studio della distanza dei vari dialetti dal latino NB: il Toscano è più vicino al latino → lo studio della distanza diacronica degli altri dialetti e dal latino, porta a considerare la distanza sincronica da quello Toscano = criterio della classificazione di Ascoli → ASCOLI, CLASSIFICAZIONE CENTRIPETA (Toscana = centro): 1. dialetti che dipendono da sistemi neo-latini non peculiari all’Italia (provenzale, franco-provenzale, ladino) 2. dialetti che si distinguono dal sistema italiano vero e proprio, ma non fanno parte di un sistema neo-latino estraneo all’Italia (gallo-italico, sardo) 3. dialetti che possono formare col Toscano un sistema di dialetti neo-latini (veneziano, dialetti centro-meridionali, corso) 4. Toscano Le classificazioni successive mantengono il fondamento linguistico e la centralità del Toscano, ma divergono in quasi tutti gli altri aspetti (collocazione dei dialetti nella classificazione; il sardo è un ramo autonomo?; quali dialetti sono alloglotti?...) Parlate alloglotte in Italia Riconducibili ad una lingua standard diversa dall’italiano 1. non romanze ● dialetti tedeschi (Südtirol) = dialetti tirolesi + tedesco standard come lingua tetto + enclavi di dialetti tedeschi in Trentino, Valle d’Aosta, Piemonte… ● dialetti sloveni (Friuli - Venezia Giulia) ● dialetti croati (migrazione in Molise nel ‘400/’500) ● dialetti greci (Salento + Calabria, qui stanno scomparendo i parlanti nativi) ● isole alloglotte albanesi nel sud Italia 2. romanze ● varietà gallo-romanze: franco-provenzali, provenzali, occitane (confine nord-occidentale, in continuità territoriale con il territorio francese e svizzero) ● dialetto catalano: ad Alghero (conquista catalana nel ‘300 → coloni catalofoni) ● varietà gallo-italiche nel sud Italia (migrazioni in età normanna) caso particolare di isola alloglotta: LADINO (difficile da classificare) - Ascoli: un’unità ladina articolata in 3 aree geografiche discontinue 1. friulano 2. ladino dolomitico 3. romancio - Pellegrini: romancio + ladino dolomitico sono orientati culturalmente verso il tedesco vs friulano è orientato culturalmente verso l’italiano → per motivi extralinguistici nega l’unità ladina + classifica il friulano fra i sistemi italo-romanzi Argomentazioni strutturali (isoglosse condivise) che sostengono la tesi dell’unità ladina: - mantenimento dei nessi latini di consonante + -L- (es: /kl/ /fl/ /dl/…) - mantenimento della -S finale nella flessione nominale e verbale - mantenimento della forma nominativale dei pronomi di I e II persona EGO e TU → chi accetta queste argomentazioni, categorizza il ladino come area alloglotta controargomentazioni: questi tratti linguistici non sono innovazioni comuni all’area ladina e indipendenti dagli altri dialetti italiani, ma di tratti linguistici che erano presenti anche negli altri dialetti settentrionali in età medievale e che sono stati conservati nel ladino, poichè questo si trova in posizione periferica NB: palatalizzazione in ladino di CA e GA → innovazione gallo-romanza diffusasi dal francese alla zona alpina e conservata in ladino → anche questo è un esempio di concordanza di conservazione e non di innovazione! La classificazione dei dialetti italiani oggi fa riferimento a quella proposta negli anni ‘70 da PELLEGRINI con la CARTA DEI DIALETTI ITALIANI. Per la classificazione di una determinata varietà nel gruppo italo-romanzo si adotta, nei casi discordi, il criterio della lingua tetto (Pellegrini la chiama lingua guida) → il corso è escluso da questa classificazione + scissione dell’unità ladina: il friulano e ladino centrale (dolomitico) vengono considerati dialetti italiani, mentre il romancio viene escluso! + inclusione del sardo Sistema vocalico “marginale” Fascia intermedia tra Brindisi e Taranto (Salento settentrionale) + si estende nella Lucania Frutto di assestamenti recenti (le spiegazioni divergono) latino i: i e: e a o o: u u: i ɛ a ɔ u processo simile: Sistema vocalico corso sud occidentale inversione nell’altezza delle vocali medie latino i: i e: e a o o: u u: i ɛ e a o ɔ u NB: in quasi tutti i dialetti - allungamento di sillaba aperta accentata - metafonia = alterazione di una vocale tonica per effetto di una vocale successiva (solitamente finale) entrambi i fenomeni emergono inizialmente come allofoni → in alcuni dialetti si morfologizza VOCALI ATONE FINALI Costituiscono isoglosse cruciali! - Il tipo più conservativo è quello dell’area mediana + sardo → conservano tutti i 5 timbri vocalici originari - Dialetti sett: per la magg parte cancellano le vocali finali non basse (eccezione: ligure, veneto centrale) → si conserva la -a - alto Meridione: generale neutralizzazione di tutti i timbri in [ə] (NB: ci sono delle eccezioni, aree più conservative) - Meridione estremo: innalzamento di -O in [u] e di -E in [i] + sviluppi secondari. es: armonia vocalica (la vocale finale si uniforma a quella tonica o comunque ad una vocale precedente) DIALETTI SETTENTRIONALI linea La Spezia - Rimini → divide i dialetti italiani settentrionali da quelli centro-meridionali + divide la Romania occidentale da quella orientale! latino i: i e: e a o o: u u: siciliano i ɛ a ɔ ʊ Isoglosse definitorie: - sonorizzazione delle occlusive sorde intervocaliche - mantenimento della -s latina nella declinazione verbale e nominale (poi scomparso gradualmente anche nei d. sett) - degeminizazione delle consonanti geminate (→ è un mutamento a catena) - apocope della vocale finale, tranne -A - assibilazione delle affricate palatali → [s] < [ts] < [tʃ], [z] < [dz] < [dʒ] - palatizzazione di CL- in [tʃ] e di GL- in [dʒ] NB: ci sono aree che presentano delle eccezioni + non tutte le innovazioni si sono diffuse fino alle aree periferiche + grande diffusione della metafonia Morfologia: ● non ci sono le forme forti (uscenti in vocale)2 dell’articolo determinativo masch. sing. ma solo le forme innovative deboli (uscenti in consonante)3 ● perdita del pronome personale di I e II pers sing (EGO e TU) + sostituzione con le forme oblique (“me” e “te”) ● sistema delle particelle proclitiche soggettive che accompagnano obbligatoriamente il verbo finito → innovazione medievale che caratterizza i d. sett! ● forme pronominali atone a destra del verbo finito per formare l’interrogativa ● costrutto impersonale es: “l è mort do galen” (vs costrutto personale: “due galline sono morte”) - l’argomento che corrisponde al soggetto del costr pers è posizionato dopo il verbo - assenza del clitico soggetto o selezione di una forma che non corrisponderebbe a quella del costrutto pers - la pers dei verbi finiti e il num e gen dei participi passati non coincide con quello che sarebbe il soggetto ● nei costrutti modali il clitico pronominale oggetto ricorre sull’infinito e non sul verbo reggente (es: no ghemo posudo vedarli) Sintassi: ● presenza dell’articolo partitivo (c’è in toscano, ma non nei dialetti centro-meridionali NB: i dialetti del Veneto si distinguono per diversi tratti dagli altri d. sett + il ligure è più autonomo rispetto agli altri dialetti dell’area nord-occ NOTE DI LESSICO - presenza di molte isoglosse lessicali dovute a diverse dominazioni straniere - Sud: tessuto lessicale comune - sardo: diverso sostrato… → lessico fortemente deviante rispetto al resto dei dialetti! NB: italianizzazione lessicale dei dialetti, ma anche penetrazione di lessico dialettale nell’italiano standard! 3 in italiano: “il” 2 in italiano: “lo” 5. IL DIALETTO NELLA SOCIETÀ ITALIANA: PASSATO, PRESENTE, FUTURO Dall’età postunitaria in poi: omologazione regionale dei dialetti + avvicinamento all’italiano standard → difficile valutare fino a che punto si tratta di un mutamento linguistico interno alla struttura del dialetto e non di un vero e proprio cambio di lingua! NB: cambio di lingua = processo sociale (sociolinguistica + sociologia del linguaggio), quindi esterno alla struttura della linguistica, di abbandono di un codice linguistico e sostituzione con uno nuovo. Il cambio di lingua è successivo ad un periodo di bilinguismo → in alcune realtà italiane oggi è impossibile operare una netta separazione tra il codice dialettale e quello italiano nel parlato! NB: a Roma questo processo è accaduto già durante il Rinascimento (Stato della Chiesa nel ‘400/’500: classe dirigente proveniente da tutta Italia + Toscana → uso parlato dell’italiano!) Nel resto d’Italia nei secoli precedenti c’era la massimo diglossia senza bilinguismo + magg parte delle persone era esclusivamente dialettofona ‘900: diglossia con bilinguismo → bilinguismo senza diglossia (non c’è più una netta distinzione dei domini d’uso del dialetto e dell’italiano) + commutazione referenziale = commutazione di codice in base al contesto (es: argomento/interlocutore…) nel tempo sta avvenendo uno svincolamento del codice dialettale dal contesto di comunicazione → la commutazione è metaforica = ha valore/motivazione semplicemente stilistico NB: in sociolinguistica, commutazione di codice = nel parlato, entro un medesimo enunciato, avviene il passaggio da un codice all’altro → questa transizione conforme con il cambio di lingua dati ISTAT: drastica diminuzione di chi usa solo il dialetto + notevole aumento di giovani che usano solo l’italiano → sdialettizzazione dell’Italia (negli altri paesi europei è avvenuta molto prima per ragioni storiche)
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