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PROFILO LINGUISTICO DEI DIALETTI ITALIANI - LOPORCARO, Sintesi del corso di Dialettologia

Riassunto del Profilo Linguistico dei dialetti italiani di Loporcaro

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 27/03/2020

EricaB98
EricaB98 🇮🇹

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Scarica PROFILO LINGUISTICO DEI DIALETTI ITALIANI - LOPORCARO e più Sintesi del corso in PDF di Dialettologia solo su Docsity! PROFILO LINGUISTICO DEI DIALETTI ITALIANI – LOPORCARO CAP. 1 – PRELIMINARI DI METODO DIALETTO = varietà linguistica non standardizzata, tendenzialmente ristretta all’uso orale entro una comunità locale ed esclusa dagli impieghi formali ed istituzionali, propri invece della LINGUA1 ( intesa in senso storico) Nella classicità il termine dialetto designava le diverse varietà del greco nei loro impieghi nei diversi generi letterari, nel cinquecento la parola indicava tutte quelle parlate divenute subalterne le quali, prima dell’ascesa del fiorentino, erano tutte indistintamente definite al pari di quest’ultimo VOLGARI ( in contrapposizione al latino). Lo statuto sociolinguisticamente subalterno 2ha caratterizzato e caratterizza ugualmente in Italia varietà linguistiche che stanno con l’italiano su base toscana in rapporti del tutto diversi dal punto di vista storico e genealogico > es. albanese in Molise, Sicilia e greco in Calabria > sono giunte in italia per colonizzazione e oggi costituiscono delle isole linguistiche alloglotte – sono tutelate oggi come “minoranze linguistiche storiche” dalla legge 482 del 15.12.99 La concezione popolare, dato lo statuto socio linguisticamente subalterno del dialetto, spesso vede il dialetto come una forma alterata e “corrotta” della lingua nazionale, il che ovviamente è erroneo > derivando indipendentemente dal latino, i dialetti sono lingue sorelle dell’italiano. Per designare i dialetti senza le ambiguità sedimentate in tale termine è utile usare il termine VARIETÀ = in sociolinguistica, un qualsiasi sistema linguistico; attenzione al fatto che nella bibliografia anglosassone il termine dialect corrisponde a varietà e ha quindi una accezione più ampia e generica. DIALETTI PRIMARI (dell’italiano) Varietà che con l’italiano stanno in rapporto di subordinazione sociolinguistica e condividono con esso una medesima origine ( latina) DIALETTI SECONDARI ( di una lingua) Dialetti insorti dalla differenziazione geografica di tale lingua anziché di una lingua madre comune es. i dialetti dell’inglese americano; in Italia > GLI ITALIANI REGIONALI > sono varietà intermedie fra italiano standard e dialetto locale e derivano dall’importazione nelle diverse regioni dell’italiano scritto letterario comune che differenziandosi di luogo in luogo ha assunto diversi tratti per contatto coi dialetti locali PELLEGRINI > distinzione3 tra:  Italiano standard  Italiano regionale  Dialetto regionale > caratteristico di alcune parti d’italia ma non di tutte es. Veneto > la koinè su base veneziana si è sovrapposta ai dialetti locali influenzandoli progressivamente ed in alcuni casi scalzandoli del tutto; dialetto piemontese > il torinese è assurto al rango di koinè sovra locale --- in tutti e due i casi sono parlate di città che furono per secoli capitali di stati regionali, il cui dialetto godeva di un prestigio sostenuto dall’uso letterario e a tratti di una vera e propria attività di normalizzazione sorretta istituzionalmente  Dialetto locale 1 È l’ITALIANO STANDARD SU BASE TOSCANA, assurto al rango di lingua nazionale in seguito a vicende storico-politico- culturali consumatesi fra i secoli XIV e XVI > a partire dal prevalere della linea di Bembo, nessuno ha dubitato dello status di lingua del fiorentino, divenuto dapprima strumento di espressione (prevalentemente) scritta dei soli ceti intellettuali e per i soli usi alti ( ufficiali, formali, letterari) ed infine estesosi, in fase postunitaria e soprattutto nel secondo novecento, a tutte le fasce sociali come varietà dell’uso ( anche orale) quotidiano L’ASCESA DI UNA SPECIFICA VARIETÀ AL RANGO DI LINGUA NAZIONALE HA RELEGATO AUTOMATICAMENTE AL RANGO DI DIALETTI MUNICIPALI TUTTE LE ALTRE PARLATE 2 Il fungere da varietà bassa, non prestigiosa, del repertorio linguistico ( o verbale) di ogni singola comunità, subordinata ad una varietà alta, dotata di prestigio ( la lingua) 3 Distinzione di natura sociolinguistica 1 AUTONOMIA ( della lingua) una varietà linguistica si dice autonoma quando i parlanti riconoscono in essa stessa la sua propria norma ETERONOMIA (del dialetto) Una varietà linguistica si dice eteronoma rispetto ad un’altra varietà A quella varietà B i cui parlanti riconoscono in A la norma cui B va riferita e/o si dovrebbe adeguare Varietà A ( lingua storica, sovraordinata al dialetto) = LINGUA TETTO  Conseguenze strutturali dell’eteronomia: progressivo avvicinamento del dialetto (eteronomo) alla lingua tetto, per standardizzazione ( cioè omologazione ad uno standard già codificato) > tutti i dialetti assumono prestiti dall’italiano 4  Importante anche per la classificazione dialettale ISOGLOSSA = termine coniato sul modello dei termini meteorologici isoterma e isobara; è una linea che divide due aree in cui il medesimo tratto abbia valori distinti; definita anche come linea che unisce i punti estremi di un’area geografica caratterizzata dalla presenza di uno stesso fenomeno linguistico; Chambers e Trudgill > eteroglossa ≠ isoglossa La classificazione dialettale si fonda su un misto di criteri…. …interni ( linguistico strutturali) > somiglianze e differenze fra dialetti accertate in base al metodo dell’individuazione delle isoglosse  Esistenza di un continuum dialettale > territorio sul quale i dialetti evolutisi in loco a partire dal latino sono legati fra loro da una “catena di intercomprensibilità”: presa ogni località z, i parlanti del dialetto locale capiscono quelli delle località immediatamente adiacenti, e viceversa5 > tale continuum è insorto per dialettalizzazione primaria, ossia per il graduale sviluppo divergente del latino sull’intero territorio in questione …esterni > possono essere di natura socioculturale ( lingua tetto), storico politica o storico demografica ( spostamenti di confini o spostamenti di popolazione tali da creare isole linguistiche) o geografica ( dialetti separati da ostacoli naturali sviluppano spesso discontinuità strutturali nette, che ne facilitano la distinzione in sede classificatoria) Mutamento linguistico > metodi per studiarlo:  Metodo neogrammaticale > il mutamento è regolare6 cioè colpisce un in una data lingua ( o dialetto) in un dato momento tutte quante le parole presentanti le condizioni appropriate > ineccepibilità delle leggi fonetiche; se ci sono eccezioni si dovranno prima cercare delle spiegazioni interne, solo successivamente esterne – interferenze; se non si spiega con l’interferenza si verifica se ci sono cause di natura morfologica – es. analogia o altrimenti, ultima spiaggia, il prestito7 Confine linguistico > corrisponde ad un fascio di isoglosse : 4 Es. caso della Sardegna > fino al primo settecento avevano avuto il ruolo di lingua tetto per i dialetti sardi dapprima il catalano ( con la conquista aragonese tra tre e quattrocento) e poi lo spagnolo ( con l’unificazione delle corone di Aragona e Castiglia; in Piemonte Emanuele Filiberto di Savoia impose l’uso dell’italiano al posto del latino negli usi istituzionali > italiano come lingua tetto per le varietà dialettali 5 Es. torinese e siciliano sono entrambi dialetti italo romanzi 6 Un’altra corrente ha invece insistito sull’esistenza di continua dialettali e sull’impossibilità di stabilire confini dialettali netti 7 Assunzione della parola in questione da altra lingua 2 Preistoria dei dialetti italiani Se non possiamo parlare di dialetti nella preistoria, possiamo però parlare di una preistoria dei dialetti italiani, leggibile in filigrana entro la documentazione latina molto prima delle primissime attestazioni del volgare. Rigettata la prospettiva discussa criticamente nel punto precedente torniamo al quadro tradizionale che vuole i dialetti italo-romanzi insorti per differenziazione diatopica progressiva del latino. In tale prospettiva ci siamo concentrati sugli estremi di questa vicenda guardando agli afflussi di sostrato e superstrato, da connettere dal punto di vista cronologico rispettivamente ad una fase pre- e protostorica da un lato e alle vicende medievali dall’altro. Volgiamoci ora alla Roma antica e alla dinamica interna al latino > anche il latino era differenziato geograficamente e socio linguisticamente > le fonti latine scritte, letterarie e formali informano solo in maniera indiretta ed episodica su alcuni dettagli riguardanti i tratti evolutivi del latino popolare in direzione delle varietà romanze, ma non ci dice nulla circa una possibile differenziazione geografica del latino, che certamente doveva esistere. Una diversificazione in dialetti locali si avverte in latino, secondo Lofstedt, solo a partire dal VII-VIII secolo > è il periodo in cui il latino cessa di esistere come varietà acquisita nativamente, acquisita cioè anche dai ceti illetterati. Le varietà linguistiche native di questi ultimi possono a questo punto qualificarsi come pienamente romanze. Lofstedt > le differenziazioni locali nei testi latini del VII sec. riflettono differenziazioni già romanze Herman > differenziazioni sistematiche nel parlato delle diverse regioni esistevano – confronta i risultati degli spogli di attestazioni epigrafiche latine relative alle undici Regiones in cui augusto suddivise la penisola --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Breve storia dell’uso e della documentazione dei dialetti Scrivere in volgare, scrivere in dialetto In tutta l’Europa si continua per secoli a scrivere in latino. Le prime testimonianze volgari di qualche estensione appaiono gradualmente, in Francia dal IX secolo, nelle altre aree romanze poco più tardi. In Italia la differenziazione dialettale ci appare visibile sin dai primissimi documenti volgari che, fino a tutto il IX sec., sono esclusivamente di provenienza non toscana. Vedi: indovinello veronese, iscrizione nella catacomba romana di Commodilla, glossario di Monza, placiti campani. Per quanto riguarda le registrazioni per iscritto dell’oralità dialettale, prima dell’inizio della dialettologia scientifica, abbiamo poco. Prima fra le testimonianze d’interesse dialettologico avant la lettre è la raccolta di frasi paradigmatiche nei volgari delle singole regioni presentata da Dante nel De vulgari eloquentia ecc. --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Dal parlato senza scritto allo scritto senza parlato Coll’apparire poco prima del Mille dei primissimi testi italo romanzi si inaugura un regime di convivenza, nella penisola, tra diverse varietà volgari scarsamente in comunicazione fra loro ( la lingua sovra regionale è ancora il latino) e quindi – mancando l’occasione per una gerarchizzazione – su di un piede di parità. In questa fase si può parlare di volgari locali o, con Benedetto Croce, quanto all’uso letterario, di “letteratura dialettale spontanea”, situazione che s’incrina quando il toscano inizia a emergere come varietà alta d’impiego sovra regionale > ciò nel 400, con la canonizzazione del modello fiorentino operata da Bembo nelle Prose della Volgar Lingua. Dopo il 500 quella di scrivere in dialetto è una scelta di “letteratura dialettale riflessa” > il dialetto in letteratura è utilizzato ad esempio nella commedia, per caratterizzare popolani di fronte ai ceti più alti, rappresentati come italofoni, oppure per opere novellistiche quali ad es. Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile. Non mancano fra sette e ottocento capolavori in dialetto che s’iscrivono a pieno titolo fra i massimi della letteratura italiana, quali le commedie veneziane di Carlo Goldoni. Nel corso del Novecento s’inaugura una fase nuova, in cui l’uso letterario del dialetto ha spesso il valore aggiunto di una ormai diffusa ( anche localmente) difficoltà di decodifica, eventualmente in connessione con un intenzionale ermetismo. CAP.3 – LA CLASSIFICAZIONE DEI DIALETTI D’ITALIA Cenni di storia sulla questione La moderna classificazione scientifica dei dialetti italiani inizia con l’articolo L’italia dialettale di G.I. Ascoli 5 In precedenza Dante, nel De vulgari eloquentia aveva diviso la penisola in dodici aree “dialettali”, sei a destra e sei a sinistra degli Appennini > suddivisione puramente geografica, non fondata sui tratti linguistici Lo spartiacque appenninico resta l’asse portante della classificazione di Fernow; alla dimensione geografica si aggiunge quella storica ( o preistorica) con Biondelli, che suddivide i dialetti italiani in sei famiglie ispirate ai popoli dell’Italia antica  Ascoli > fissa un modello per cui la classificazione tiene conto non solo di geografia e storia ma anche di fenomeni linguistici, poggiando anzi crucialmente su questi ultimi > prospettiva diacronica ( sviluppi di questo o quel dialetto rispetto alla matrice latina) a cui se ne sovrappone una sincronica ( del tipo toscano si proclama la maggior vicinanza al latino, da cui invece le altre varietà son venute a divergere per effetto del sostrato – distanza dal latino = ( in sincronia) distanza dal toscano); raggruppamenti dialettali:  Dialetti che dipendono, in maggiore o minore misura, da sistemi neo-latini non peculiari all’Italia ( provenzale, franco-provenzale e ladino)  Dialetti che si distinguono dal sistema italiano vero e proprio, ma pur non entrano a far parte dia alcun sistema neo-latino estraneo all’Italia ( gallo italico e sardo)  Dialetti che possono entrare a formare col toscano uno speciale sistema di dialetti neo-latini ( veneziano, dialetti centro-meridionali, corso)  Toscano Veneto e gallo italico sono oggi riuniti entro un raggruppamento italiano settentrionale; attenzione poi al ladino > varietà alloglotta – vedi appunti sotto Le varietà alloglotte > colonie linguistiche insorte per migrazione ovvero propaggini su suolo italiano di altri sistemi – si classificano in dialetti romanzi e non – fra questi ultimi:  Dialetti tedeschi parlati in alto adige adige/sudtirol, propaggini dei dialetti tiralesi, in rapporto con il tedesco standard come lingua tetto; di provenienza bavarese le enclaves tedesche del Treentino e del Veneto; d’origine alemanna le colonie walser, la colonia di Bosco Gurin ( Canton Ticino); dialetti carinziani  Dialetti sloveni > lungo il confine delle province di Udine, Trieste, Gorizia  Dialetti croati in Molise + elementi lessicali slavi n alcuni dialetti del Gargano  Dialetti greci > grecia salentina e calabrese  Dialetti albanesi > sull’intera area centro- meridionale dall’Abruzzo e alla Sicilia; presenza albanese anche in Molise e a cavallo fra Lucania e Calabria + Piana degli albanesi e Contessa Entellina in provincia di Palermo  Varietà alloglotte gallo-romanze, franco- provenzali e provenzali si parlano al confine nord-occidentale, in continuità territoriale con le aree corrispondenti in territorio francese e svizzero; Guardia piemontese è colonia provenzale in Italia meridionale  Colonia romanza è Alghero, dove si parla dialetto catalano come prodotto della conquista aragonese dell’isola  Colonie gallo italiche in Italia meridionale, frutto di migrazioni in età normanna, la cui origine si può localizzare in area ligure- piemontese-alessandrina  Dialetti gallo italici d’impronta emiliana in Lucchesia ( Toscana)  Colonie liguri in Corsica e all’estremo sud- ovest della Sardegna – a Calasetta e Carloforte si parla il tabarchino, un dialetto così denominato perché importatovi da una colonia di pescatori pegliesi stabilitisi nel Cinquecento sull’isola tunisina di Tabarca e di lì trasferitisi in Sardegna nel 1738 6 La questione ladina Ascoli > unità ladina > 3 aree geografiche:  Est: friulano  Centro: ladino dolomitico  Ovest: romancio Solo il friulano ha un rapporto univoco con l’italiano come lingua tetto > Pellegrini non riconosce l’unità ladina e isola il friulano come uno dei “cinque sistemi dell’italoromanzo” da lui definiti e distinguendolo dal ladino centrale e dal romancio grigionese Sostenitori dell’unità ladina > argomentazioni:  Mantenimento dei nessi latini di consonante + L  Mantenimento di S finale nella flessione nominale e verbale  Mantenimento della forma nominativale dei pronomi di I e II persona EGO e TU  Il ladino unitario sarebbe quindi fra le aree alloglotte, al pari di occitano e franco-provenzale  Gli oppositori invece sostengono che siamo di fronte alla conservazione in aree periferiche di tratti che in fase medievale erano comuni anche ai dialetti italiani settentrionali La CARTA DEI DIALETTI D’ITALIA di G.B Pellegrini14 Suddivisione dei dialetti in 5 gruppi principali: Dialetti settentrionali – a loro volta si suddividono in  Dialetti gallo-italici (emiliano, lombardo, piemontese, ligure)  Dialetti veneti Dialetti friulani Dialetti toscani Dialetti centro- meridionali a loro volta si suddividono in  Dialetti dell’area mediana  Dialetti alto- meridionali ( o meridionali intermedi)  Dialetti meridionali estremi Italo-romanzo costituito dai dialetti sardi di cui altre classificazioni fanno un ramo a parte della famiglia romanza CAP. 4 L’ITALIA DIALETTALE – vedi libro CAP. 5 IL DIALETTO NELLA SOCIETÀ ITALIANA: PASSATO, PRESENTE, FUTURO 14 Per l’attribuzione all’italo-romanzo di una determinata varietà si adotta, nei casi discordi, il criterio della lingua tetto – o di lingua guida ( per dirla come Pellegrini), motivo per cui il corso non figura nella carta originale e motivo per cui il friulano e il ladino centrale vengono fatti rientrare nei dialetti italo-romanzi 7
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