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Profilo linguistico dei dialetti italiani. Sintesi, Schemi e mappe concettuali di Dialettologia

Il documento è la sintesi del libro 'Profilo linguistico dei dialetti italiani' di Michele Loporcaro, Laterza, 2009.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2020/2021

In vendita dal 11/09/2023

FrancescaS99
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Scarica Profilo linguistico dei dialetti italiani. Sintesi e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Dialettologia solo su Docsity! RIASSUNTO DI LOPORCARO E MARCATO 1. PRELIMINARI DI METODO DIALETTO STORIA DELLA PAROLA: voce greca utilizzata nella classicità per designare le diverse varietà del greco nei loro impieghi nei diversi generi letterari. L’uso della forma italiana dialetto è fatto risalire al 1546 negli scritti di Liburnio. In Italia quando parliamo di dialetti ci riferiamo a tanti sistemi ognuno con una propria storia ed una propria identità grammaticale, organizzati attorno ad una lingua guida, assieme alla quale costituiscono quella costellazione linguistica che è corretto definire italo-romanza. Così anche in Gran Bretagna e in Germania è presente una frammentazione dialettale; mentre negli Stati Uniti si tratta più di una variazione di accento e lessico. Il termine è utilizzato per designare una VARIETÀ LINGUISTICA NON STANDARDIZZATA, tendenzialmente ristretta all’uso orale entro una comunità locale. La specifica lingua storicamente data alla quale i dialetti in Italia si affiancano è l’italiano standard su base toscana (fiorentina), assurto al rango di lingua nazionale in seguito a vicende storico-politico-culturali. Questa ascesa ha relegato automaticamente a DIALETTI municipali tutte le altre parlate. Il dialetto è quindi una VARIETA’ BASSA del repertorio linguistico1 subordinata ad una VARIETA’ ALTA, dotata di prestigio, la LINGUA. N.B.: derivando indipendentemente dal latino, i dialetti sono lingue sorelle dell’italiano. Quindi è necessario usare il termine VARIETA’ per indicare qualsiasi sistema linguistico facendo astrazione da considerazioni di prestigio, uso, estensione geografica.  DIALETTI PRIMARI: si sono sviluppati in maniera parallela e indipendente da una lingua originaria (latino). Sono dialetti primari il VENETO, CAMPANO, SICILIANO, SARDO…  DIALETTI SECONDARI: quei dialetti insorti dalla differenziazione geografica di tale lingua anziché di una lingua madre comune (es. i dialetti dell’inglese americano). In Italia sono dialetti secondari gli ITALIANI REGIONALI, ovvero quelle varietà che si interpongono come varietà intermedie del repertorio fra italiano standard e dialetto locale e derivano dall’importazione nelle diverse regioni dell’italiano letterario comune che differenziandosi di luogo in luogo ha assunto diversi tratti per contatto con dialetti locali. Sono il prodotto della variazione diatopica della stessa lingua. Pellegrini nel 1960 proponeva una quadripartizione di cui un italofono ha competenza per il parlato, con il testo da lui prodotto e commentato La parabola del figliol prodigo:  ITALIANO STANDARD (o comune);  ITALIANO REGIONALE (vedi sopra);  DIALETTO REGIONALE o KOINÉ (o dialetto indebolito): è caratteristico di alcune parlate d’Italia ma non di tutte. Ad esempio il torinese è assurto al rango di koiné sovralocale o il veneziano che si è sovrapposto ai dialetti locali influenzandoli. Però Torino e Venezia furono per secoli 1 L’insieme di varietà linguistiche a disposizione di un parlante o di una comunità. Il diasistema dialetto-italiano è il repertorio linguistico più comune in Italia. A. INTERNI : cioè linguistico-strutturali (la classificazione poggia sulle somiglianze e differenze fra dialetti accertate in base alle isoglosse). B. ESTERNI : cioè di natura storico-culturale (quale lingua tetto?), storico- demografica (spostamento di popolazione che crea isole linguistiche) e geografica (dialetti separati da ostacoli naturali, come bracci di mare o catene montuose, sviluppano spesso discontinuità strutturali interne). L’ipotesi è quella che il MUTAMENTO sia REGOLARE, colpisca cioè in una data lingua in un dato momento tutte quante le parole presentanti le condizioni appropriate. Laddove si riscontrano eccezioni il metodo impone di cercarne prima una spiegazione interna e solo poi esterna, secondo la gerarchia seguente: 1. Si dovrà verificare se un altro mutamento fonetico ha interferito; 2. Se questo mutamento ha natura morfologica; 3. Se c’è stato un prestito. Il mutamento linguistico procede non solo nel tempo, ma anche secondo una:  VARIAZIONE DIASTRATICA: variazione attraverso le classi sociali.  VARIAZIONE DIACRONICA:  VARIAZIONE DIAFASICA: variazione nei contesti d’uso.  VARIAZIONE DIATOPICA: variazione attraverso lo spazio. La sotto-disciplina della LINGUISTICA che ha come oggetto di studio i dialetti è la DIALETTOLOGIA, che si consolida come disciplina scientifica moderna solo nel pieno 1800. In Italia il suo iniziatore è ASCOLI (linguista goriziano) che coi Saggi ladini (1873) forniva il modello per lo studio della struttura linguistica dei dialetti. Questo modello considerava i fatti linguistici includendo la DIMENSIONE TEMPORALE: quindi descrivere i dialetti voleva dire descrivere il loro svilupparsi a partire dal latino. Importante per Ascoli è la STORIA DEI POPOLI, in quanto è grazie alla conoscenza delle vicende storiche vissute dalle varietà linguistiche a consentire la corretta conoscenza del rapporto tra latino e lingue romanze. Uno degli aspetti centrali dell’approccio ascoliano consiste nel peso teorico che assume la valutazione del momento cronologico in cui i singoli mutamenti fonetici avvengono. Quando il dialetto si fa oggetto di analisi linguistica, a definirlo sono i modelli teorici su cui si basa l’interesse di chi lo studia. Possiamo cogliere 6 importanti filoni: 1. METODO STORICO – COMPARATIVO: vede la lingua come un organismo in continua evoluzione; così che ogni lingua conosce regolari e ben ricostruibili processi di crescita, maturazione e morte. Da questo punto di vista i dialetti altro non sono se non ramificazioni residue dell’originaria protolingua. 2. NEOGRAMMATICI: avevano l’obiettivo di ricostruire tutti i passaggi da una lingua madre X ad uno stadio Xn del mutamento di tale lingua originaria, in base a determinate leggi fonetiche regolari. Questo attraverso un PROCEDIMENTO DEDUTTIVO (si vogliono applicare le leggi fonetiche dallo stadio linguistico originario fino a raggiungere la fase Xn ipotizzando determinati passaggi intermedi “a tavolino”, sulla base del ragionamento) e INDUTTIVO (si risale dallo stadio Xn  X sempre ricostruendo fasi intermedie di cui non si aveva immediata evidenza). 3. GEOGRAFIA LINGUISTICA: considera i dialetti come un continuum in cui verificare l’alternarsi e il distribuirsi delle varianti nello spazio. 4. DIALETTOLOGIA STRUTTURALE: considera i dialetti come sistemi con delle proprie regole fonologiche. 5. GENERATIVISMO: considera il dialetto una lingua, al pari di ogni altra varietà linguistica. 6. SOCIOLINGUISTICA: considera i dialetti come varietà di un più complesso repertorio, i cui elementi sono correlati alle caratteristiche sociali della comunità linguistica, ai canali di trasmissione, ai livelli di comunicazione, alle diversificazioni di funzione e di stile. Quindi si considera una opposizione tra una VARIETA’ PRESTIGIOSA (usata in contesti formali, con una norma scritta e codificata) e una VARIETA’ INFOMALE (priva di una norma e usata in contesti di famigliarità). ANALOGIA: in dialetto veneto [dago] si rifà a DICO > digo, e non a [do]. IPERCORRETISMO: reazione eccessiva a un tratto del proprio dialetto sentito come non prestigioso. Ha l’intento di imitare la forma della varietà di prestigio ma produce così forme che quest’ultima varietà non possiede. Un esempio è [colomna] per ‘colonna’. ETIMOLOGIA POPOLARE: *fimier è corretto in [fumier] perché d’inverno i cumuli di letame fumano. RIANALISI: [redarre] non è l’evoluzione di REDIGERE ma una ricostruzione dell’infinito a partire da redatto (participio passato). PRESTITO: assunzione della parola in questione da un’altra lingua. Come bistecca < beef steak. GLI ATLANTI Il primo progetto europeo di atlante linguistico si deve al dialettologo tedesco WENKER, rimasto però inedito. Il suo progetto si fondava sulla volontà di verificare empiricamente un’ipotesi teorica, ovvero quella di suddividere i dialetti tedeschi in dialetti alto-tedeschi e basso-tedeschi, sulla base di precise regolarità fonetiche. Il questionario da lui inviato consisteva in una lista di frasi scritte in tedesco standard da tradurre in dialetto italiano. L’atlante doveva chiamarsi ATLANTE LINGUISTICO DELL’IMPERO TEDESCO. È importante il suo lavoro soprattutto per il VENTAGLIO RENANO, secondo il quale si riteneva di poter suddividere l’alto tedesco dal basso tedesco tramite un fascio di isoglosse. Ma i risultati raccolti mostrano come sia impossibile fare questo tipo di distinzioni. Per trovare il primo atlante redatto in base a inchieste dialettali sul campo dobbiamo spostarci in ambito romanzo dove il francese GILLIÉRON progettò e diresse l’ALF (L’atlante linguistico della Francia) ALF (Atlante linguistico della Francia) Il questionario comprendeva 1900 domande, per 700 informatori. L’ipotesi su cui si fondava il progetto di Gilliéron era l’idea che solo dalla sincronia potessero venire delle indicazioni corrette. La NOVITA’ assoluta del suo approccio fu quella di lavorare su materiale linguistico raccolto dalla viva voce dei parlanti. Inoltre dimostrò l’impossibilità di suddividere i dialetti in gruppi e sottogruppi sulla base dell’andamento delle isoglosse (in contrasto con l’approccio ascoliano). Inoltre la ricerca che sta alla base dell’atlante vuole provare come le lingue si modifichino continuamente, senza che fasi successive siano separabili più nettamente di quanto lo siano le varietà locali. AIS (Atlante italo – svizzero)  UNICO ATLANTE DIALETTALE ITALIANO COMPLETO Ideato e progettato da due allievi svizzeri di Gilliéron, JABERG e JUD, fu pubblicato a partire dal 1928 fino al 1940. L’atlante comprende 8 VOLUMI con 1705 CARTE ILLUSTRATE (200 circa per volume) che rappresentano su una cartina d’Italia le risposte fornite dagli informatori a ciascuna domanda, accompagnati da un volume di indici alfabetici e preceduti da una monografia illustrativa. Non includeva i dialetti italiani parla in Corsica perché si conformava al criterio della LINGUA TETTO.  Scelta dei punti da indagare La scelta tenne conto della necessità di rappresentare un territorio che aveva caratteristiche anche linguisticamente diverse: le località investigate furono 406, comprese le grandi città (non presenti nell’ALF). In un volumetto a sé stante troviamo i verbali d’inchiesta redatti dai tre raccoglitori in cui troviamo le indicazioni necessarie ad individuare il punto: a) COMUNE: in corsivo b) ORDINE CRONOLOGICO DELLE INCHIESTE: (numero) c) DURATA (da … a) d) REPERTORIO FOTOGRAFICO e) Informazioni sull’INFORMATORE SCELTO  Scelta degli informatori Furono prevalentemente uomini di età compresa tra i 40 e i 60 anni, contadini con basso livello di istruzione, nati e cresciuti nel posto, di famiglia di più generazioni del luogo.  Il questionario (circa 2000 voci) Si scelse di porre le domande in modo diretto, così da evitare il più possibile il contagio con l’italiano e la spontaneità delle risposte. I campi semantici fatti oggetti di interesse furono: AMORE, NASCITA, MORTE, CASA, CIBI, PARENTELA, ALLEVAMENTO, PIANTE, ANIMALI, COMMERCIO, MALATTIE …  I raccoglitori TRE furono i raccoglitori che andarono di paese in paese per compilare, attingendo le forme dalla viva voce dei parlanti, il questionario; 1) Scheuermeier  Svizzera meridionale, Italia settentrionale e centrale; 2) Rohlfs  Italia meridionale; 3) Wagner  Sardegna. ALI (L’atlante linguistico italiano) Atlante in corso di realizzazione, è stato ideato da BARTOLI, ma a causa della sua morte fu continuato da altri studiosi. È un atlante che si conformava al  FERNOW : la sua classificazione si basa sull’Appennino come spartiacque;  BIONDELLI (1853): propone una classificazione secondo un criterio storico-etnografico, stabilendo un collegamento tra le famiglie dialettali italiane e le etnie che abitarono un tempo il territorio prima dell’espansione romana. Ciò lo porta ad includere i dialetti lombardi, piemontesi ed emiliani nel gruppo gallo-italico, sulla base del fatto che si tratta di varietà localizzate in un territorio che risultava abitato dai Galli. Trova 7 FAMIGLIE (+1): carnica, veneta, gallo-italica, ligure, tosco- latina, sannitico-iapigia, bruzio-sicula e sarda. Ma la NOVITA’ di Ascoli sta nel tener conto non solo di geografia e storia, ma anche di fenomeni linguistici. È con Ascoli che le isoglosse diventano l’architrave della classificazione. Alla VARIAZIONE DIACRONICA (sviluppi rispetto alla matrice latina) si aggiunge la VARIAZIONE SINCRONICA. CLASSIFICAZIONE SU BASE LINGUISTICA  ASCOLI Questa classificazione si basa sul criterio DIACRONICO (distanza dal latino) e SINCRONICO (distanza dal toscano). Individuata nel toscano la varietà che conserva con maggior purezza la base comune, definisce i raggruppamenti dialettali: a) Dialetti che dipendono, in maggiore o minore misura, da sistemi neo- latini fuori dall’Italia (PROVENZALE, FRANCO-PROVENZALE, LADINO); b) Dialetti che si distinguono dal sistema italiano vero e proprio, ma pur non entrando a far parte di alcun sistema neo-latino estraneo all’Italia (GALLO-ITALICO, SARDO); c) Dialetti che possono entrare a formare col toscano uno speciale sistema di dialetti neo-latini (VENEZIANO, DIALETTI CENTRO-MERIDIONALI, CORSO); d) TOSCANO. Le classificazioni successive mantengono tutte la centralità del toscano, ma divergono per il resto. CLASSIFICAZIONE DETERMINISTICA  CLEMENTE MERLO La sua classificazione si basa sulla rilevanza del sostrato, per l’identificazione di macro aree dialettali, sul cui sfondo si riconosce una differenziazione etnica:  DIALETTI SETTENTRIONALI (sostrato celtico)  DIALETTI CENTRO-MERIDIONALI (sostrato italico)  DIALETTI TOSCANI (sostrato etrusco) CLASSIFICAZIONE SU BASE GEO-LINGUISTICA  ROHLFS In posizione intermedia si colloca la classica grammatica storica di ROHLFS il cui principio ordinatore è fornito da tratti strutturali ma che procede nella descrizione raggruppando i fenomeni per aree geografiche. Si fonda sull’individuazione di fasci di isoglosse che separano aree aventi peculiarità linguistiche diverse:  TIPO SETTENTRIONALE: a nord della linea La Spezia – Rimini;  TIPO MERIDIONALE: a sud della linea Roma – Ancona;  TIPO TOSCANO: tra le due linee. QUESTIONE LADINA Al LADINO viene attribuito uno statuto diverso nelle varie classificazioni. ASCOLI definisce una UNITA’ LADINA articolata in 3 AREE GEOGRAFICHE:  Friulano;  Ladino dolomitico;  Romancio (Canton dei Grigioni). Due di queste aree sono italiane in senso politico-amministrativo, ma solo il friulano ha un rapporto univoco con l’italiano come lingua tetto. Infatti il ladino dolomitico e il romancio sono orientati culturalmente verso il tedesco, motivo per cui Pellegrini non riconosce una unità ladina. I sostenitori dell’unità ladina fanno riferimento ad alcuni tratti strutturali:  Mantenimento di -s finale nella flessione nominale e verbale;  Mantenimento dei nessi latini di consonante + -L;  Mantenimento della forma nominale dei pronomi di I e II persona. Chi accetta questo, come Merlo, colloca il ladino tra le aree alloglotte. La CARTA DEI DIALETTI D’ITALIA (1976) di G. B. Pellegrini La classificazione dei dialetti italiani oggi di riferimento è quella proposta da Pellegrini. Il progetto nacque nel 1963 e riguarda lo “stato” dei dialetti italo- romanzi tra le due guerre. La carta rispecchia una suddivisione dei dialetti italiani in 5 gruppi principali, basata su 33 ISOGLOSSE necessaria per delimitare le diverse subaree. Per l’attribuzione all’italo-romanzo o la sua esclusione si adotta il criterio della lingua tetto (o lingua guida). Quindi il CORSO, pur essendo una varietà molto vicina ai dialetti dell’Italia centrale, ha come lingua tetto il francese (dal secondo Settecento). La penisola può essere quindi suddivisa nelle seguenti aree dialettali: 1. DIALETTI SETTENTRIONALI, suddivisi in: DIALETTI GALLO – ITALICI (piemontese, lombardo, emiliano, ligure); DIALETTI VENETI (anche ladino centrale del Comelico e del Cadore). 2. DIALETTI FRIULANI; 3. DIALETTI TOSCANI; 4. DIALETTI CENTRO – MERIDIONALI, suddivisi in: Dialetti dell’AREA MEDIANA; Dialetti dell’ALTO MERIDIONE; Dialetti MERIDIONALI ESTREMI. 5. DIALETTI SARDI. Si parlano dialetti italo-romanzi anche in territori non inclusi nei confini della Repubblica italiana, come nella Repubblica di San Marino, nel Canton Ticino, in alcune località dell’Istria, in Corsica e nel principato di Monaco. L’italiano è stato lingua di cultura a Malta fino al 1933
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