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profilo storico letterario ferroni 800-900, Sintesi del corso di Letteratura Italiana

dall'800 al 900 g. ferroni profilo storico letterario

Tipologia: Sintesi del corso

2017/2018

Caricato il 31/10/2018

patryolla
patryolla 🇮🇹

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Scarica profilo storico letterario ferroni 800-900 e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! Appunti di letteratura italiana L'Ottocento è un periodo fondamentale per la storia italiana, di transizione dalla poetica classicista e poetica romantica. Periodo del Risorgimento e delle poetiche Romantiche, anche se l'Italia è leggermente indietro rispetto alla grande esplosione del Romanticismo a livello europeo. È interessante, però, perché il tutto si lega alla storia politica fino all'unità, raggiungendo finalmente quel periodo di unità nella penisola che continuava ad auspicarsi, a cui molto si legano le questioni letterarie. Categorie essenziali della letteratura Una prima definizione di letteratura ci dice che la lingua italiana è il nostro più esteso deposito della coscienza cognitiva. Un insieme denso e ricchissimo delle forme, in cui la coscienza cognitiva collettiva si è sviluppata esaltata e contestata. Non si dice che la coscienza collettiva nasce sulla base della letteratura italiana, bensì la coscienza collettiva è una competenza di tipo culturale, una modalità di vivere e vedere il mondo. Certamente la letteratura italiana trae, filtra e raccoglie questi aspetti nel procedere lungo la sua storia, quindi la letteratura italiana si può dire che è un deposito della coscienza collettiva. Lo è perché attraverso gli autori possiamo, di volta in volta, cogliere il costituirsi di una tradizione culturale letteraria espressiva, attraverso le opere, le memorie storiche e culturali, che vanno a definirsi nei vari secoli e nei vari luoghi, infatti le due coordinate spazio/tempo sono importantissime nella storia letteraria, in particolare nella storia letteraria italiana, caratterizzata dal policentrismo (ambito politico, amministrativo, economico), a differenza di quello che succede in altre nazioni europee. La storia letteraria è anche memoria dell'immaginazione, quindi la storia letteraria raccoglie con modalità espressive molto differenti le varie possibilità immaginative. A seconda dei generi letterari, un altro aspetto centrale, molto sviluppato tra le critiche recenti, afferma che la storia letteraria è anche memoria di luoghi, ambienti e paesaggi che si possono evincere in moltissime opere (nel 300 con il Decamerone di Boccaccio, nel quale abbiamo continuamente una ritrattistica del paesaggio dell'epoca o, nel 500 Ludovico Ariosto con L'Orlando Furioso che fa riferimento ai luoghi, paesi e cittadine dell'epoca). La letteratura è quindi memoria di ambienti e paesaggi e della loro evoluzione nel tempo, come ad esempio Arquà, che si trova nei Colli Euganei, luogo nel quale muore Petrarca (dove ha scritto il Canzoniere), e città che viene rievocata anche nelle ultime lettere di Jacopo Ortis di Ugo Foscolo. Quindi letteratura non solo per quanto riguarda la morale, ma anche il rapporto con gli ambienti. La letteratura, infine, è luogo in cui la lingua si costituisce e si evolve. luogo di massima sperimentazione della lingua, che viene rielaborata, sistemata e via via articolata. Nella sperimentazione letteraria la lingua è poi fattore presente su vari livelli, infatti in Italia questo fenomeno si è avvertito maggiormente rispetto ad altri paesi, una sorta di frattura tra la lingua parlata popolare e la lingua formalizzata in letteratura, nel periodo storico tra il 1500 e la fine del 1700. Ruolo chiave gioca l’identità: può essere la radice di un sentimento comune, può essere percepita in maniera un po' bieca per discorsi di tipo classista o razzista. Oggi l'identità si forma sulla base di una memoria selettiva: per secoli letteratura e identità hanno raggiunto una relazione molto stretta, relazione che in Italia si è sviluppa con l’unità dal 1861, con il concetto di nazione, mentre nei secoli precedenti, letterati come Dante e Petrarca, alludevano ad un’italianità come identità di tipo culturale. Ecco perché dagli studi critici letterari viene ribadita l'assenza di uno stato unitario nazionale. La letteratura avrebbe in qualche modo contribuito a mantenere questa identità collettiva degli italiani, anche se le cose non sono così semplici, perché in realtà i letterati italiani concepivano la parola patria (fino al 1700 circa) come la propria cittadina, non certo patria in termini di nazione. Certamente si diffonde una lingua che supera la frammentazione in tanti piccoli stati dell'Italia, che nel 500-600 cerca di trovare delle connotazioni comuni. Ruolo importante assume il letterato Pietro Bembo, di origini veneziane, autore di una serie di opere fondamentali per la storia culturale italiana, che pubblica il dialogo che si intitola “prosa della volgar lingua” nel 1525, una data fondamentale perché si ragionava, in assenza di uno stato italiano unito, su quale fosse la lingua che si dovesse utilizzare e proporre. Infatti, prevale la posizione di Bembo, cioè propone che vi siano due modelli fondamentali da seguire, Boccaccio per la prosa, mentre per la lingua poetica Petrarca. Il prevalere di questa posizione di Bembo caratterizza una sorta di separazione tra lingua scritta alta, di livello elevato che segue modelli formali, e una lingua popolare. Nel 500 si formalizzano i grandi generi letterari italiani e le grandi rielaborazioni delle opere greche e latine, generi letterari poetici, le novelle, il poema, il romanzo cavalleresco, consolidandosi in Italia e in Europa, diventando un vero e proprio modello. L’evoluzione della letteratura rispetto al popolo viene vista con visioni differenti dai letterati dell’800/900: Gramsci si concentrava sul distacco tra letteratura alta e paese reale, nella sua prospettiva la letteratura era qualcosa che riguardava l'élite e teneva fuori il popolo e la conseguente vitalità delle istanze popolari. Così facendo la letteratura si distacca e non ha la forza per incidere sulla storia italiana. De Sanctis, con la sua opera “storia della letteratura italiana” del 1870, che resta un’opera inarrivabile nonostante non ci fossero le conoscenze di oggigiorno, concepito in forma unitaria, come una sorta di romanzo che dura secoli, sviluppato in una sorta di diagramma in cui ogni secolo ha una propria valenza, arrivando a fine 700 secondo nell’opera, si evince, un'idea e un senso nazionale forte e unito, che precedono i moti risorgimentali, con un romanticismo fortemente connotato dal punto di vista politico, che si conclude con l'unità d'Italia. Profilo storico letterario LETTERATURA E QUADRO STORICO DI FINE ‘700 Al modo neoclassico di guardare all’antico si aggiunse poi il classicismo rivoluzionario, verso la fine del ‘700, con il crollo dell’Antico regime. Oltre ai risvolti politici ottenuti dalle rivoluzioni americana e francese, iniziarono le critiche contro le idee illuministe. La rivoluzione francese rifiutò l’autorità dell’antico regime ai fini di fondare una società basata su libertà, uguaglianza e fratellanza; la rivoluzione americana diede via ad una società liberale basata sulla dignità del lavoro e la concorrenza economica. Il Libertinismo, che si diffuse maggiormente in Francia, era una corrente di pensiero secondo la quale si viveva una condizione mondana, accettando il mondo aristocratico e assolutistico e dedicando la propria vita alla ricerca del piacere materiale. In Italia non raggiunse mai elevati livelli. Pochi anni dopo la rivoluzione francese, scoppiò a Napoli la rivoluzione partenopea, ma i tentativi di rivoluzione fallirono e segnarono la caduta della Rep. Partenopea; i rivoluzionari furono impiccati pubblicamente, per insegnare al popolo a non ribellarsi (condanna di Piazza Mercato). Al termine della rivolta fu restaurata la dinastia borbonica fino all’Unità d’Italia nel 1861, quando Napoli perse il suo prestigio di capitale e divenne una città dell’Unità. MAGGIORI PERSONAGGI Lorenzo da Ponte: poeta, libertino italiano, famoso per aver realizzato libretti per le opere di Mozart, tra cui “Le nozze di Figaro”, “Così fa tutte”. Vincenzo Cuoco: scrittore ed economista napoletano, spiega la rivoluzione partenopea nel suo “Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799”. Essa fallì perché a differenza della rivoluzione francese, era troppo lontana dai bisogni concreti della gente e legati ad astratti princìpi di libertà ed uguaglianza. Cuoco affermava che l’Italia non era divisa solo a livello territoriale, ma anche sul piano linguistico e civile e che a Napoli era presente la plebe (stato primitivo) e non il popolo (capacità politica di decisione e reazione). Eleonora Fonseca Pimentel: scrittrice e patriota, ex membro dell’accademia dell’Arcadia, che si impegnò nella diffusione di ideali rivoluzionari e posizioni politiche giacobine. Fu mandata al patibolo da Maria Carolina. PREROMANTICISMO Contemporaneamente al Neoclassicismo prese vita il periodo del Preromanticismo, preannunciando il famoso movimento ottocentesco. Si riscontrarono nella cultura italiana anche tendenze che esteriormente appaiono opposte a quelle neoclassiche. Se il gusto neoclassico, nell’arte e nella letteratura, è caratterizzato dalla compostezza e dalla calma, dal dominio passionale e dall’armonia, dalla contemplazione di un bello oggettivo, queste altre tendenze si manifestavano come esasperazione dei modelli passionali e soggettivi, amore per il primitivo e l’esotico, per la natura selvaggia e atmosfere malinconiche dominate dalla presenza della morte. Queste tendenze si diffusero ampiamente in Europa, attraverso alcuni autori come Rousseau, ed in particolar modo Goethe. Il romanzo goethiano scaturisce da un movimento attivo in Germania verso la seconda metà del ‘700, lo Sturm und Drang (impeto e assalto) contro il razionalismo illuministico, basato su una cultura naturalistica, sugli istinti e la passionalità. MAGGIORI ESPONENTI Vincenzo Monti, Ugo Foscolo Neoclassicismo & Preromanticismo diversa, in antitesi a Jacopo Ortis, indifferente verso tutto e tutti, assumendo un atteggiamento dato dalla sfiducia nella possibilità di realizzazione di quei valori per cui Foscolo aveva lottato. Didimo era un uomo che, dopo aver conosciuto lo studio, la cultura e le città, si rese conto dell’inutilità di essi; un uomo che non volle più viaggiare né conoscere persone nuove, ritirandosi nel suo privato e vivendo secondo le sue opinioni. F 0 E 0“Le Grazie” tra le sue ultime opere, carme rimasto incompiuto. Fu ispirato dalla scultura delle Grazie di Antonio Canova. Rappresenta una sintesi totale delle tematiche fosco liane, sviluppate sull’idea della bellezza, capace di vincere le barbarie della storia e quelle insediate in ciascuno di noi, dunque capace di consolare l’uomo nel dolore dell’esistenza. Il carme si divide in 3 inni: F 0 E 0I Inno dedicato a Venere, segna il passaggio dell’uomo dallo stato primitivo alla civiltà F 0 E 0II Inno dedicato alla dea dell’ingegno, si svolge durante un rito alle grazie, alla presenza di 3 sacerdotesse che incarnano 3 donne amate dal poeta, e rappresentano: musica, speranza, poesia. F 0 E 0III Inno dedicato alla dea della virtù che prepara un velo con cui le grazie possono difendersi dall’amore violento e brutale. L’opera, che appare distaccata e frammentata, ha avuto molteplici critiche, chi considerava la frammentazione compromettente per il valore dell’insieme, che la considerava ad episodi. ROMANTICISMO Tra rivoluzioni e restaurazione di antiche istituzioni si affermò in Europa la società borghese e industriale, mentre l’Italia lottava per la sua indipendenza nazionale. Fu proprio in questo contesto storico, nella prima metà dell’Ottocento, che nacque il Romanticismo (dall’inglese romantic che si riferiva in senso spregiativo ai vecchi romanzi cavallereschi, fu coniato in francese romantique con cui si indicava le emozioni che si provavano a contatto con la natura, mentre il romantik dei tedeschi si riferiva alla sensibilità moderna degli scrittori). Fu un movimento artistico, culturale e letterario nato in Germania grazie ad alcuni intellettuali che, stanchi del dominio della ragione, sentirono il bisogno di recuperare le radici del sentimento. Alle radici di questo movimento vi fu dunque la crisi dei miti illuministici: ragione, progresso, fiducia. Le poetica romantica europee si contrapponeva alla concezione della letteratura che aveva dominato precedentemente in Europa. Rifiuta regole, modelli e generi. Secondo i romantici la poesia non è esercizio razionale od imitazione, ma libero sfogo alla fantasia, all’ispirazione ed interpretazione individuale, secondo ciò che scaturisce dall’essere, è spontanea ed originale. La poesia romantica, non essendo perfetta secondo gli schemi, può essere anche disarmonica, irregolare, frammentaria. La disarmonia deriva dal cristianesimo, come affermava il poeta tedesco Shlegel: la visione cristiana infatti, proponendo l’idea del peccato originale, ha dato all’uomo la perdita della pienezza originaria, portandolo ad una sorta di tendenza al vago e all’indefinito. I confini della poetica si allargarono a vedere ciò che è “basso”e quotidiano, sovvertendo il principio di separazione degli stili. Dal culto dello spontaneo nasce poi l’interesse per la poesia primitiva e popolare, secondo i romantici l’arte muta nel tempo e la poesia deve corrispondere ai sentimenti di un popolo in un determinato momento della storia. I romantici scelsero di tornare al sentimento perché la ragione non aveva dato agli uomini la pace e la felicità, non era riuscita ad impedire rivoluzioni e violenze, per cui fu considerata deludente. Il Romanticismo fu di espressione borghese, unica classe politicamente e culturalmente attiva del tempo. Lo scrittore romantico si rivolgeva al popolo che, escludendo snob e plebe, indicava i vari ceti della borghesia. Tema centrale del mondo romantico era l’Amore, fonte di felicità; ma i romantici amavano anche la luna, la notte, i mondi esotici e le tradizioni misteriose. Il Romanticismo sostenne anche gli ideali civili, come la libertà dei popoli dall’oppressione politica e la rivendicazione del diritto di ogni individuo ad avere una propria dignità. Coinvolse inoltre, in maniera sostanziale, la musica classica, capace di esprimere ciò che a parole non si può esprimere, di suscitare forti passioni. CARATTERI GENERALI Sfiducia nella ragione F 0 E 0Individualismo affermazione della posizione del singolo individuo nella realtà, disprezzo per ogni tipo di società. L’artista romantico si presenta come ribelle solitario, che sfida titanicamente ogni limite per affermare la propria individualità. F 0 E 0Vittimismo il poeta romantico si presenta come esule, spinto dalla malvagità altrui o dalla propria inquietudine, a vagare di luogo in luogo. F 0 E 0Affermazione dei valori nazionali si presenta con caratteristiche diverse da nazione a nazione. F 0 E 0Rapporto con la natura la realtà dell’uomo poteva ritrovarsi solo nella natura, luogo in cui può compiere esperienze spirituali, ritrovando l’infinità dell’io interiore con quella del cosmo. F 0 E 0Religione ritrovamento dei valori religiosi e disprezzo per l’ateismo illuministico. Affermazione della fantasia in opposizione alla ragione Rivalutazione della storia del medioevo rispetto a quella dell’antichità e della mitologia classica. Il Romanticismo nacque con il filosofo tedesco Fichte, famoso per il “Discorso sulla nazione tedesca”, in cui teorizzò il principio basilare della superiorità tedesca, pronta a recuperare la tradizione. Contro il razionalismo illuministico il popolo tedesco diede vita al movimento “Sturm und Drang”, basato su una cultura naturalistica, sugli istinti e la passionalità. Questo movimento ebbe stretto rapporto con il Romanticismo, le cui radici sono ne “L’Atheneum” dei fratelli Shlegel, portavoce del Romanticismo tedesco, rivista diffusa in tutta Europa, diventando punto di riferimento e suscitando la curiosità della nazione, la cui popolazione iniziava a spostarsi e viaggiare spinta dalla curiosità. ROMANTICISMO IN ITALIA Un personaggio che viaggiava molto, e che restò colpita dal Romanticismo tedesco, fu la scrittrice francese Anne-Louise Necker, figlia del direttore delle finanze francese, con lo pseudonimo di Madame de Stael. F 0 E 0Amante della cultura, da Parigi andò in Germania (voyage de civilitation viaggio di civiltà, che intraprendono le persone per rendersi conto della situazione degli altri paesi). Madame de Stael scrisse il libro “Sulla Germania”, viaggiò anche in Italia e si fermò a Milano nel 1816. Lì scrisse un articolo su una rivista milanese, “La biblioteca italiana” trattante i problemi delle traduzioni, che si riferiva al problema dell’arretratezza culturale del popolo italiano che si ostinava a tradurre gli scrittori antichi trascurando quelli contemporanei e rischiando di non conoscerli, per la scarsa conoscenza delle lingue. Quindi invitava gli italiani a diventare culturalmente più attivi partecipando alla grande intensità della cultura europea, viaggiando per sprovincializzarsi, mobilitandosi in modo a aprire la mente a nuovi orizzonti. La scrittrice accusò gli intellettuali di essere provinciali e attaccati al passato senza curarsi di una nuova cultura che stava fiorendo. Questo scatenò dapprima una reazione violenta nella popolazione poi la nascita della “questione romantica”, che proclamò la divisione in due fronti: 1. i sostenitori di Madame de Stael, il cui documento può essere riconosciuto nella “Lettera semiseria al figlio Grisostomo” dello scrittore italiano Giovanni Berchet, in cui finge di scrivere al figlio dispensando consigli letterari (svecchiamento della letteratura italiana) F 0 E 02. oppositori di Madame i classicisti, da cui nacque la “questione classico-romantica”, sostenitori della teoria in base alla quale il popolo italiano possedeva una tradizione molto ricca ed antica (classici greci e latini) e che tale patrimonio non poteva essere confuso con altre tradizioni. La soluzione a tale polemica fu trovata dal maggior esponente del Romanticismo italiano: Alessandro Manzoni, che voleva una cultura unitaria e definì i caratteri del Romanticismo italiano. Nelle sue opere “Lettera al marchese Cesare d’Azeglio” e a “Monsieur Chavet”, Manzoni giunse ad una sorta di compromesso storico-letterario: la civiltà italiana è autosufficiente, avendo prodotto nel corso della storia opere incomparabili da prendere in considerazione nel resto d’Europa, gli italiani posseggono una grande tradizione che non ha bisogno di appoggiarsi alle altre. Non si può oerò neanche trascurare la nuova cultura, bisogna quindi viaggiare, imparare le lingue e tradurre. MAGGIORI ESPONENTI Alessandro Manzoni, Giacomo Leopardi IL ROMANZO Nell’età romantica si affermarono il Europa forme di romanzo innovative rispetto a quelle apparse nel ‘700: il romanzo storico, inaugurato nel 1814 da Walter Scott, e quello realistico, diffusosi negli anni ’30 da Balzac e Stendhal. Il romanzo storico riflette tipicamente l’interesse del romanzo nei confronti della storia, proponendosi di ricostruire una determinata epoca del passato attraverso la mescolanza di realtà e invenzione. Il romanzo realistico ha invece per oggetto la realtà contemporanea. Il romanzo si affermò tardivamente in Italia, sia per la persistenza di una tradizione letteraria che guardava con disprezzo ai generi non consacrati dalla tradizione, sia per la lentezza con cui la borghesia si imponeva come soggetto sociale e culturale. Difeso dai romantici, il romanzo storico si diffuse a partire dal 1827, l’anno di pubblicazione della prima edizione dei “Promessi Sposi”. Nei decenni successivi il romanzo storico invase il mercato, assumendo la caratteristica propria di genere letterario. Il pubblico, composto non più da soli letterati ma anche da lettori comuni, leggeva con interesse i nuovi romanzi immedesimandosi nei personaggi. Stentavano invece ad imporsi altre forme di romanzo, come quello sociale di Antonio Ranieri (problemi reali della realtà che ci circonda). F 0 E 0Solo dopo la seconda metà dell’Ottocento si affermarono i romanzi realistico (Realismo movimento della metà dell’Ottocento diffusosi principalmente in Francia, mediante il quale si prediligeva la rappresentazione oggettiva della realtà) e contemporaneo, con Ippolito Nievo. F 0 E 0La categoria che Manzoni scopre nel romanzo è il verosimile qualcosa che somigli al vero, perché il vero in letteratura non esiste (ogni scrittore inventa il proprio vero scrivendo). Interpreta dunque le sue opere in modo simile al vero ma non rappresenta mai la realtà così com’è. Per Manzoni il romanzo deve avere: F 0 E 01. come oggetto il vero F 0 E 02. come mezzo l’interessante F 0 E 03. come fine l’utile ALESSANDRO MANZONI (1785 – 1873) Poeta e scrittore. Nacque a Milano dal conte Pietro e da Giulia Beccaria, figlia di Cesare. La vita di Manzoni può essere divisa in 3 fasi: 1. Vita giovanile e libertina F 0 E 02. maturità conversione 3. grande maturità. Separatisi i genitori, trascorse la fanciullezza e la giovinezza presso i collegi dei padri barnabiti, dove ricevette la tradizionale educazione classica. In seguito si inserì nell’ambiente culturale milanese, frequentando poeti come Foscolo e Monti. Dopo la morte di Carlo Imbonati, con cui la mamma viveva, si trasferì da lei a Parigi, dove visse a contatto con intellettuali di pensiero illuminista che influenzarono le sue idee politiche, morali e filosofiche e si accostò agli ideali patriottici e rivoluzionari. A Parigi, il contatto con ecclesiastici giansenisti (religione che contrappone il bene al male, senza intermedi né comunicazione tra i due). Il suo ritorno alla fede cattolica è quasi un mistero, inquanto Manzoni fu sempre riservato in merito a questo argomento. Grande influsso ebbe sicuramente sua moglie Enrichetta Blondel, che a Parigi si convertì dal calvinismo al cattolicesimo. Quando lasciò Parigi, tornando definitivamente a Milano, un profondo rinnovamento si era compiuto nella sua visione della realtà, ispirata al cattolicesimo. Il rinnovamento coinvolse anche l’attività intellettuale e letteraria: abbandonò la poesia classica, e si dedicò alla stesura degli “Inni Sacri”. Al suo ritorno in Italia, condusse una vita appartata dedicandosi agli studi, le pratiche religiose, alla famiglia. Si avvicinò al movimento romantico milanese. Questo il periodo della sua maggiore fase creativa. Con la pubblicazione dei “Promessi Sposi” nel 1827 si concluse il periodo creativo di Manzoni. Dopodiché lo scrittore assunse un atteggiamento di distacco verso il romanzo storico e la poesia. Approfondì gli interessi storici e filosofici. Gli anni della maturità furono segnati da una serie di interminabili lutti (moglie, padre, parecchi figli) e da dissapori familiari. Dopo la pubblicazione del romanzo divenne un autore molto ammirato. Durante le cinque giornate di Milano seguì gli eventi politici ma senza parteciparvi, fece stampare l’ode patriottica “Marzo 1821”, tenuta per anni nascosta. Costituitosi il Regno d’Italia, fu nominato senatore. Pur essendo cattolico era contrario al potere temporale della Chiesa e favorevole a Roma come capitale e accettandone la cittadinanza onoraria. Negli anni della vecchiaia era ormai venerato dalla borghesia che lo considerava modello da imitare, maestro, guida spirituale ed intellettuale. Morì a Milano nel 1873. PENSIERO E POETICA Fondamentale, nel pensiero e nella poetica di Manzoni, fu la conversione al cattolicesimo. Dapprima la sua poesia era di tipo classico e aulico, esprimeva una concezione atea e uno spirito libertario e democratico. Il trasferimento a Parigi segna il distacco dal classicismo, avvenuto con la conversione religiosa: contro l’esaltazione dell’età classica rivaluta il medioevo cristiano, come vera matrice della civiltà moderna; alla concezione eroica ed aristocratica della storia contrappose l’interesse per gli umili e la folla. Rifiuta lo scopo F 0 E 0del puro piacere estetico e i contenuti classici e mitologici, preferendo come oggetto il vero, come mezzo F 0 E 0 F 0 E 0 l’interessante, come fine l’ utile. Nel corso del tempo Manzoni scopre “il sorriso di Dio”, solo la religione cattolica riesce tra il bene e il male ad inserire l’intervento intermedio della Provvidenza. Elemento preromantico a cui era legato Manzoni, era la caratteristica di descrivere determinati argomenti in F 0 E 0modo oscuro e cupo, definito “gotico” (es. Notte dell’Innominato attraversa il buio della sua vita, si salva al sorgere del sole). in lui il bisogno di “evadere”. Tentò così invano di fuggire, ma fu scoperto. Lo stato d’animo conseguente, alimentato da un’infermità agli occhi, lo resero profondamente triste e malinconico e lo portarono a raggiungere la percezione della nullità di tutte le cose (nucleo del suo pessimismo). Questa crisi lo avvicinò anche alla filosofia (resta comunque un poeta), e iniziò la sua grande produzione di poesie, idilli, e di uno “Zibaldone”, sorta di diario intellettuale. A 24 anni ottenne il permesso dal padre per andare a Roma, dove ricevette una cocente delusione per gli ambienti letterari vuoti e il fastidio delle grandezze monumentali. Tornò così a Recanati e scrisse le “Operette morali”, espressione del suo pensiero pessimistico, e iniziò per Leopardi un periodo di inattività poetica. Ben presto gli fu offerto lavoro presso la casa editrice Stella, che lo portò a soggiornare a Milano, Bologna, Firenze e Pisa, dove ebbe il suo “risorgimento poetico” e scrisse “A Silvia” (grandi idilli). A causa delle necessità economiche e della cagionevole condizione di salute, tornò a Recanati, dove restò un anno e mezzo isolato da tutti ed immerso nella sua malinconia. Accettò un mantenimento mensile da amici fiorentini, così tornò a Firenze ed entrò in contatto con la vita sociale, culturale e politica, partecipandovi attivamente. A Firenze ricevette anche una delusione d’amore e strinse grande amicizia con Antonio Ranieri, con cui si stabilisce a Napoli, dove morì. PENSIERO E POETICA Leopardi, solitario e amante della cultura, passava tantissimo tempo a studiare, in particolar modo gli antichi, in particolar modo Virgilio. Leopardi si rende conto che Virgilio ha un modo di poetare diverso rispetto ai tradizionali, mentre Omero è sempre chiaro, Virgilio più che descrivere suggerisce attraverso delle parole che apparentemente sono semplici ma che dentro di sé riescono a racchiudere un trande significato. Leopardi prova a tradurre Virgilio e si accorge che la sua traduzione è sempre insufficiente, come se non avesse un senso compiuto perché Virgilio elaborò un sistema letterario polivalente (le sue parole possono produrre significati diversi). E’ proprio da Virgilio che Leopardi impara che la poesia non deve essere fine a sé stessa, ma deve suggestionare. Il complesso poetico leopardiano è legato ad un complesso filosofico, Leopardi trasforma il pensiero filosofico in poesia, eredita questa facoltà da Vico. Tutto il pensiero e l’opera di Leopardi si può seguire attraverso lo “Zibaldone”, il suo diario dei pensieri. Al centro del pensiero di Leopardi si pone il principale motivo pessimistico: l’infelicità dell’uomo. Egli è infelice perché aspira ad un piacere infinito, continuo; siccome nessun piacere può soddisfare tale esigenza, nasce nell’uomo un senso di insoddisfazione perpetua. Per Leopardi l’uomo è dunque continuamente infelice. Ma la natura, da sempre attenta al bene delle sue creature, ha voluto offrire all’uomo una sorta di rimedio: le illusioni e l’immaginazione, grazie alle quali vengono nascoste alle creature le loro effettive misere condizioni. F 0 E 01° fase Pessimismo storico La prima fase del pessimismo leopardiano si basa sul conflitto tra natura e ragione, tra antichi e moderni. Gli antichi, più forti fisicamente, erano capaci di azioni eroiche e magnanime. Il progresso ha spento le illusioni e ha generato corruzione ed egoismo. La colpa dell’infelicità è dunque attribuita all’uomo. Leopardi attacca la società assumendo un atteggiamento titanico, considerandosi unico sostenitore delle virtù F 0 E 0antiche, in lotta contro l’abbietta società. Questa fase è definita Pessimismo storico la condizione negativa del presente viene vista come conseguenza di un decadente processo storico. F 0 E 02° fase Sfiducia nella natura La sua concezione di natura benigna e provvidenziale entra però in crisi, Leopardi si rende conto che la natura mira, più che al benessere singolo, a conservare le specie sacrificando anche il bene del singolo. Ne deduce che il male è piano della natura che ha spinto l’uomo ad un desiderio continuo di felicità. E concepisce la natura non più in senso buono, ma come meccanismo crudele il cui scopo è far soffrire l’uomo, che è solo vittima della sua stessa crudeltà. F 0 E 03° fase Pessimismo cosmico Dal momento in cui Leopardi arriva a pensare che la causa dell’infelicità dell’uomo sia la natura, allora F 0 E 0anche gli antichi erano vittime di essa. Ne deriva così un Pessimismo cosmico l’infelicità è una condizione assoluta. Se nella realtà il piacere infinito non esiste, l’uomo può procurarselo con l’immaginazione, in grado di guardare oltre gli ostacoli; immaginazione stimolata a livello poetico da immagini e suoni vaghi, indefiniti, capaci di evocare sensazioni che ci hanno affascinato da fanciulli. La poesia è dunque il recupero della visione immaginaria della fanciullezza attraverso la “rimembranza”. Maestri in questo campo sono gli antichi, mentre ai moderni infelici è possibile solo una poesia sentimentale che nasce dalla consapevolezza della miseria umana e dal rimpianto di un’armonia perduta. Nella lotta tra classicisti e romantici, Leopardi si schiera a favore dei primi, rimproverando ai romantici italiani l’aderenza al “vero”. Leopardi è romantico perché come i romantici ammira ciò che è spontaneo e originario, e per la tensione all’infinito, l’esaltazione dell’io, il titanismo, il conflitto illusione-realtà, il culto della fanciullezza (Leopardi ha inventato il vero fanciullino, affermando che l’unica età felice è la fanciullezza. La differenza con quello di Pascoli è che il fanciullino di Leopardi è vero, amante della vita, quello di Pascoli esprime il senso di una malattia decadente che inizia sin dalla fanciullezza). Ma è anche classico perché predilige la lirica ed esalta le opere degli antichi. OPERE F 0 E 0Le Canzoni componimenti in stile classico dal linguaggio aulico. Le prime 5 sono chiamate “civili” proprio perché affrontano tematiche in questo campo, si basano sul pessimismo storico attaccando, in prima persona, l’età presente corrotta ed incapace. La più significativa tra le canzoni civili è “Ad Angelo mai”, che oltre a raccogliere le tematiche leopardiane di quel periodo, attacca il noioso “vero” che dissolve ogni immaginazione. Diverse sono “Il Bruto Minore” e “L’ultimo canto di Saffo”, dove Leopardi delega il discorso a Bruto, uccisore di Cesare, e la poetessa greca Saffo. In queste canzoni si parla del pessimismo cosmico di Leopardi, a cui si contrappone il singolo eroe che combatte titanicamente contro la forza che l’opprime. “Alla Primavera” è un ritorno alla fanciullezza; “L’Inno ai Patriarchi” rievoca invece l’umanità primitiva ed ingenua; “Alla sua donna” infine è dedicata al suo ideale di donna. F 0 E 0Gli Idilli insieme di alcuni componimenti raccolti poi nei “Canti”(comprendono anche le Canzoni). Rappresentano l’espressione di sentimenti e dei momenti essenziali del suo animo, della sua vita interiore. F 0 E 01. “L’ Infinito” capolavoro del Leopardi. Rappresenta l’immersione dell’io nella sensazione dell’infinito, supremo piacere dell’immaginazione, creata dal rapporto tra un luogo preciso e un’attenta misura del tempo e dello spazio. Il paesaggio naturale (ovvero “la siepe”) rappresenta un limite esterno, da cui si può sfuggire rifugiandosi nell’immaginazione di spazi e profondità inimmaginabili, che regalano la sensazione di infinito nell’anima. F 0 E 02. “Alla Luna” affronta il tema della ricordanza. Il poeta, rivolgendosi all’astro, torna indietro nel tempo e ricorda la sua fanciullezza, perché solo il ricordo sembra lenire le sue sofferenze. F 0 E 03. “La sera del dì di festa” evoca la consapevolezza della vanità di ogni cosa, dalle realtà più limitate fino ai grandi eventi della storia: il tempo tutto cambia e tutto alla fine cancella nell'universale silenzio. In questa riflessione, il poeta forse trova il modo per placare la sua disperazione. F 0 E 04. “La vita solitaria” si incentra sul tema della solitudine. F 0 E 05. “Il sogno” è un colloquio con una fanciulla morta, e affronta il motivo della giovinezza spezzata e delle illusioni non realizzate. F 0 E 0Le “Operette Morali” chiusa la stagione delle canzoni e degli idilli, inizia per Leopardi un periodo di inattività poetica, lamentando la fine delle illusioni giovanili e sprofondando in uno stato di angoscia ed aridità. Si dedica così alla prosa filosofica, che si compendia nelle “Operette Morali”, fase di passaggio al pessimismo cosmico. Ne deriva un abbandono degli atteggiamenti titanici e un atteggiamento distaccato ed ironico nei confronti della realtà. Per lo più scritte sotto forma di dialoghi tra personaggi reali o immaginari, le Operette sono la descrizione concreta della vita e la dimostrazione che essa è ignobile e misera . La condizione umana, la morte, il destino, la vana ricerca della felicità sono alcuni dei temi che ricorrono nell'opera. F 0 E 0“Il Risorgimento” La poesia esprime nella prima metà la sensazione di inaridimento di ogni capacità di sentire e di immaginare, provata ormai da anni da Leopardi. Poi con stupore, il poeta si accorge che quanto pareva perso per sempre sta ritornando, e si riapre un mondo. Questo non significa una rinnovata felicità; è impossibile, una volta raggiunta la conoscenza del vero, credere ancora alle illusioni giovanili; ma al poeta è di conforto sentirsi ancora capace di emozionarsi. F 0 E 0I “Grandi Idilli” un risvolto, chiamato “risorgimento poetico”, avvenne con il soggiorno di Leopardi a Pisa, dando vita ai 6 “Grandi Idilli”, così chiamati come continuazione dei primi, ma anche per differenziarli da questi. F 0 E 01. “A Silvia” poesia dedicata alla figlia del cocchiere di casa Leopardi, che morì giovanissima di tisi. A lei si suole far riferimento come possibile fonte d'ispirazione di due delle più alte liriche leopardiane: A Silvia e Le ricordanze. Nelle due vicende così diverse del poeta e di Silvia si riflette la sorte universale dell'uomo sottoposto al duro inganno della Natura, che prima illude i suoi figli con le promesse vaghe dell'avvenire, poi li condanna all'infelicità con l'apparire del vero. F 0 E 02. “Le Ricordanze” poesia dedicata ai ricordi. Tornato nella casa paterna, il poeta ritrova ovunque immagini e suoni che lo riportano al passato, ossia alla fanciullezza e alla prima giovinezza, intessute di illusioni dolci, che poi dovettero cadere di fronte al "vero". F 0 E 03. “Il Passero solitario” La poesia si apre con la contemplazione serena di un paesaggio primaverile, allietato da luci, colori, voli d'uccelli. Poi, il poeta si paragona al passero solitario che non si unisce alla gioia di tutti: anch'egli isolato, distante, incapace di godere dell'unica occasione di felicità concessa agli uomini, cioè la giovinezza. F 0 E 04. “La quiete dopo la tempesta” La poesia parla del sollievo alla fine di una tempesta, quando tutta la natura, gli animali, gli uomini tornano sereni. Ma per Leopardi questa quiete consiste semplicemente nella sospensione di ciò che ha causato paura o sofferenza, ogni interruzione del dolore è effimera, ci si può salvare solo con la morte. F 0 E 05. “Il sabato del villaggio” Molto simile a “La quiete dopo la tempesta”. Descrive la gioia delle persone il sabato, giorno prefestivo, ma riferisce alla società che la natura arriva presto a stroncare ogni forma di piacere e di illusione. E invita a godere dei possibili piaceri della fanciullezza, prima che arrivi la giovinezza che darà dolori e a cui seguirà la terribile vecchiaia. F 0 E 06. “Canto notturno di un pastore errante dall’Asia” il poeta, sotto le spoglie di un solitario pastore che vaga nelle steppe asiatiche, di fronte alla luce della luna che lo segue in tutti i suoi spostamenti, si abbandona ad un canto quasi implorante per chiedere aiuto alla natura. Il poeta si rivolge proprio alla luna, che presente nel cielo da sempre, conosce il perché del succedersi del tempo e delle stagioni della vita, il perché del dolore umano e dell’interrogarsi senso della vita. F 0 E 0Il “Ciclo di Aspasia” scritto a seguito di una delusione d’amore a Firenze. Lì conobbe una giovane donna sposata, frequentò la sua casa e se ne innamorò, ma non le rivelò mai il suo amore, anche perché lei era innamorata di Antonio Ranieri, grande amico del poeta. Comprende 5 poesie: F 0 E 01. “Il pensiero dominante” Dopo un anno di questa passione travolgente, ma tutta interiore e silenziosa, il Leopardi nell'ambiente fiorentino maturò e scrisse la prima poesia ispirata dalla passione amorosa per la bella signora. F 0 E 02. “Amore e morte” ripropone Amore e Morte come fratelli che si identificano con le cose più belle dell'universo. Il primo dona il maggior piacere che l'uomo possa provare; la seconda libera da ogni male. In tanti momenti l'innamorato, tormentato dalle pene amorose, è spinto ad invidiare chi è morto. F 0 E 03. “Consalvo” diversa dalle altre, appare più severa e priva di sensibilità, distaccata dalle tematiche dell’amore. F 0 E 04. “Aspasia” la donna ritorna con immagine superba nella mente del poeta. F 0 E 05. “A sé stesso” la conclusione del "Ciclo di Aspasia", ovvero come l'affermazione drammatica che ormai al mondo non vi è più nulla per cui il cuore del poeta possa palpitare. L'esperienza dell'amore si è conclusa con una delusione amarissima. F 0 E 0Leopardi ha scritto anche alcune Satire visto lo scempio della vita sociale, il poeta si serve della risata, che tra tanti mali e sofferenze, appare una forza capace di opporsi alle menzogne con cui l’uomo maschera la F 0 E 0cruda realtà dei fatti. Ricordiamo “La Palinodia” parodia ad un marchese, che, dopo aver letto l’opera scrisse in una lettera a Leopardi che condivideva in parte le sue idee e lo ringraziava, ma in realtà poi lo denigrava e lo offendeva. F 0 E 0“La ginestra” Scritta in una villa presso Torre del Greco, alle falde del Vesuvio, La Ginestra conclude dei Canti leopardiani. Il tema centrale è quello della lotta dell'uomo contro la natura e il paesaggio stesso del Vesuvio assume il simbolo della condizione umana. Il motivo primario è quello della natura intesa come "matrigna" ma con la differenza che il poeta sembra superare la sua solitudine soggettiva e trovare un nuovo concetto, quello di fraternità. La ginestra diviene l'immagine dell'anima nobile e grande, aperta all'amore degli uomini, e, insieme, il simbolo della poesia. F 0 E 0“Il tramonto della Luna” Raccolta di pensieri ricca di affermazioni poetiche e filosofiche. Diversamente dallo Zibaldone, che restò sempre un quaderno privato, la raccolta nacque per essere pubblicata. Negli ultimi anni di vita, con l'aiuto dell'amico Antonio Ranieri compose questa scelta di aforismi di varia estensione, ma complessivamente brevi, in cui si manifesta una sintesi delle convinzioni dell'autore sull'uomo e sulla società. LA SCAPIGLIATURA F 0 E 0“Odi barbare” tre libri dove il poeta sperimenta una metrica “barbara”, non più classica, cercando invero di conciliare il ritmo poetico italiano con quello del modo classico e usando il verso libero, diverso dalle leggi della metrica. Presentano gli stessi motivi e rievocazioni delle “Rime Nuove”, accentuando le tendenze evasive e il rifugio nel passato, Paradiso perduto di bellezza e forza. F 0 E 0“Rime e Ritmi” ultima raccolta del poeta, contenente odi celebrative che consacrano Carducci come poeta vate dell’Italia umbertina. Da questa raccolta l’animo del poeta appare lievemente inquieto e smarrito, accostandosi così alla letteratura decadente. F 0 E 0Saggi critici All’attività di poeta Carducci affiancò quella di studioso e critico. Fu influenzato da clima positivistico e appartenne alla corrente della critica storica, che puntava alla ricostruzione dei fatti più che all’interpretazione dei testi. F 0 E 0Epistolario 22 volumi di lettere. NATURALISMO – POSITIVISMO Il Verismo, nasce in Italia dal movimento letterario del Naturalismo francese, diffusosi a partire dal 1870, con l’obiettivo di trasformare il romanzo in uno strumento di analisi scientifica della realtà. Il presupposto ideologico di tale atteggiamento è dato dal Positivismo, espressione ideologica della nuova società borghese che porta al rifiuto di ogni visione di tipo religioso e idealistico e alla convinzione che la realtà sia fatta di componenti materiali, fisiche, chimiche e biologiche regolate da leggi meccaniche spiegate scientificamente. Lo scrittore deve per cui assumersi il compito di indagare la natura umana a livello scientifico, rinnegando i fenomeni spirituali, dando così vita al romanzo sperimentale. Precursori del Naturalismo furono Balzac, Flaubert e Zola, principale teorico del naturalismo. Secondo Zola lo scrittore non doveva scrivere stando seduto al tavolo di lavoro, ma sarebbe dovuto uscire in mezzo alla gente, per sperimentare le situazioni e frequentare i luoghi dove avrebbe dovuto inserire i personaggi del romanzo: avrebbe dovuto studiare gli ambienti, le reazioni della gente, limitandosi poi a scrivere quello che aveva appreso, proprio come uno scienziato che riferisce il suo sperimento appena terminato. I modi del Naturalismo dominarono la produzione narrativa e teatrale italiana del tardo Ottocento, con un insieme di autori e opere che rappresentano le più diverse realtà regionali. MAGGIORI ESPONENTI Carlo Collodi F 0 E 0 scrittore de “Le avventure di Pinocchio”, il più celebre della letteratura italiana ottocentesca. Edmondo de Amicis F 0 E 0 F 0 E 0 scrittore di “Cuore” si configura come un diario tenuto da un ragazzo di famiglia borghese che frequenta le elementari, al diario si intrecciano alcuni episodi dei genitori e 9 racconti dettati dal maestro. Gli eventi del diario hanno come protagonisti i compagni di classe di questo ragazzo e le loro famiglie. Matilde Serao F 0 E 0 Amorosa interprete delle sofferenze e delle speranze del popolo napoletano. Salvatore di Giacomo F 0 E 0 Fu autore di molte notissime poesie in lingua napoletana che costituiscono una parte importante della cultura popolare partenopea. Antonio Fogazzaro, Grazia Deledda VERISMO Il movimento francese del Naturalismo si afferma in Italia, verso gli anni 70 dell’Ottocento, con il nome di Verismo (termine sostituito al Realismo, manifestatosi già nella metà dell’Ottocento). Si affermò appena dopo l’Unità d’Italia, periodo in cui vi erano numerosi problemi, soprattutto a livello sociale: 1. Le differenze tra Nord e Sud (questione meridionale) 2. la scarsa partecipazione dei contadini al Risorgimento e rifiuto per la nuova struttura politico–sociale 3. l’accumulazione di capitali, da parte delle classi egemoni a spese dei contadini, per fondare l'industria italiana. Il Verismo nacque a Milano, ma solo due scrittori siciliani, Capuana e Verga, riuscirono a riprendere la lezione del Naturalismo in modo originale. Richiamandosi al Naturalismo francese delle opere di Emile Zola, ma anche ad Alessandro Manzoni e alla Scapigliatura, il movimento tendeva a descrivere la vita della gente umile, dei reietti dalla società che si affannano nella lotta per la sopravvivenza, contro la fatalità del destino. Lo scrittore verista si occupava di situazioni reali e quotidiane (emigrazione, plebe meridionale) cercava il vero attraverso l'analisi delle classi subalterne e prediligeva gli ambienti delle plebi rurali perché non ancora contaminate dai pregiudizi della convenzione sociale; prediligeva gli ambienti regionali e gli strati sociali della piccola borghesia. Il Verismo italiano ebbe una forte caratterizzazione regionale e, poiché le realtà regionali italiane erano profondamente diverse, diversi furono pure i temi e gli ambienti rappresentati dai veristi, a causa delle diversità regionali rappresentate dagli scrittori anche il modo di scrivere cambiò nel verismo dando spazio ai dialetti. Al nord, con l'affermarsi accanto ai ceti elitari, di una media e piccola borghesia, vi fu l’ampliamento del numero degli autori e dei lettori e quindi varietà letterarie, dal romanzo di consumo al romanzo di appendice. La nuova cultura positivista, i nuovi usi e modelli di comportamento legati alla rivoluzione tecnologica, spostarono l'attenzione su nuovi tipi umani e su nuovi problemi: protagonista dei romanzi e del teatro, accanto al contadino e al pescatore, era l'impiegato; nuovi eroi erano lo scienziato, il medico e il maestro. I nuovi temi quelli della famiglia, dell'adulterio. Al sud, il verismo si interessò all'umile vita dei contadini e dei pastori con le loro passioni elementari. CARATTERI GENERALI F 0 E 0Accettazione delle leggi scientifiche che regolano la vita lo scrittore cerca di scoprire le leggi che regolano la società umana, muovendo dalle forme sociali più basse verso quelle più alte, come fa lo scienziato in laboratorio. F 0 E 0Attenzione alla realtà quotidiana lo scrittore predilige una narrazione realistica e scientifica degli ambienti e dei soggetti della narrazione, piuttosto che raccontare emozioni. L'artista deve ispirarsi unicamente a fatti realmente accaduti e preferibilmente contemporanei. F 0 E 0Necessità di una riproduzione obbiettiva ed integrale della realtà secondo il principio dell’impersonalità lo scrittore, pur immedesimandosi nei personaggi, non deve intervenire personalmente, ma riportare la realtà così com’è. F 0 E 0Semplicità del linguaggio Il narratore, nel far parlare i suoi personaggi, usa un linguaggio semplice e continuamente intercalato da espressioni popolaresche e proverbiali. La lingua e lo stile devono essere aderenti ai personaggi. MAGGIORI ESPONENTI Luigi Capuana, Giovanni Verga LUIGI CAPUANA (1839 – 1915) Scrittore, critico letterario e giornalista. Principale teorico del Verismo. Nacque a Catania da famiglia agiata. Collaborò come critico letterario e teatrale per numerose riviste, a Firenze, Milano e Roma. Fu proprio negli anni milanesi che, insieme a Verga, divulgò i princìpi nel Naturalismo ed elaborò la poetica del Verismo. Parallelamente all’attività critica si dedicò alla narrativa. Verso la fine del secolo Capuana si allontana dal legame arte – scienza, esaltando l’autonomia della prima, perché suggestionato dalle correnti antipositiviste di fine secolo. Negli ultimi anni insegnò all’Università di Catania, dove morì. OPERE F 0 E 0“Studi sulla letteratura contemporanea” 2 volumi sull’elaborazione della poesia verista. F 0 E 0“Gli Ismi contemporanei” saggio con cui ha gettato le basi del Verismo. F 0 E 0“Giacinta” romanzo che segue le vicende di una donna che, a causa di problemi familiari pregiudizi sociali, viene affetta da un’alterazione psichica che la porta al suicidio. Rappresenta il malessere della donna che lotta contro la chiusa e mediocre società. Capuana ha scritto circa 300 novelle organizzate in raccolte, tra cui: “Le Paesane” e “Per l’Arte”. Quasi tutte le sue novelle interessano singoli casi psicologici, con riferimenti anche a casi fantastici e parapsicologici, dà molta importanza inoltre al folclore locale. F 0 E 0Capuana ha scritto anche alcune fiabe di sua invenzione, ricche di ritornelli, cadenze e cantilene. Rimangono forse l'opera più felice di Capuana. F 0 E 0“Il marchese di Roccaverdina” suo ultimo romanzo, ambientato nel mondo contadino siciliano. Il romanzo intreccia motivi di carattere sociologico a psico-patologico. La storia narrata è quella del marchese di Roccaverdina che, per ragioni di convenienza sociale, dà in sposa la giovane contadina che tiene in casa a un suo sottoposto che si impegna a rispettarla come una sorella ma che in seguito uccide, lasciando che venga incolpato un altro contadino. GIOVANNI VERGA (1840 – 1922) Scrittore. Nacque a Catania da agiati proprietari terrieri. Compì i primi studi con maestri privati, da alcuni assorbì patriottismo e gusto romantico. Abbandonò gli studi di legge per dedicarsi al giornalismo. Durante gli anni giovanili si interessa alla letteratura moderna, in particolar modo ai romanzi francesi. Da giovane si recò per la prima volta a Firenze, dove vi fece ritorno anni dopo per liberarsi dai limiti della sua cultura provinciale e venire a contatto con la vera società letteraria italiana. Si trasferì poi a Milano, centro culturale più attivo d’Italia ed entrò a contatto con la Scapigliatura. Fu a Milano che avvenne la svolta verso il Verismo ed iniziò un’intensa attività di produzione letteraria; Verga capì che il vero artista deve star tra la gente e i paesaggi. Dopo periodi alternati tra Milano e Catania, fa ritorno definitivamente in Sicilia per mettere a fuoco le esperienze dei suoi viaggi. Si dedicò poi alla cura delle sue proprietà e fu ossessionato dalle preoccupazioni economiche. Le sue posizioni politiche si fecero sempre più chiuse e conservatrici, partecipò alla prima guerra mondiale e al dopoguerra, pur restando distaccato dagli interessi politici. Morì nel 1922, anno della salita al potere del fascismo. PENSIERO E POETICA Verga, in quanto massimo esponente del Verismo, descrive la realtà così com'è quotidianamente, come ci appare e appare a lui tutti i giorni, senza veli, senza maschere, senza bugie, tanto che mostra anche l'aspetto più crudo e duro della stessa, perché anche quello fa parte della realtà. Alla base del pensiero di Verga c'è la concezione secondo la quale gli uomini sono sottoposti ad un destino crudele, che li condanna non solo all'infelicità e al dolore ma anche ad una condizione di immobilismo nell'ambiente familiare, sociale ed economico in cui sono trovati nascendo. Chi cerca di uscire dalla condizione in cui il destino lo ha posto, non trova la felicità sognata, anzi va incontro a sofferenze maggiori. La produzione letteraria di Verga inizia con alcuni romanzi influenzati dalla Scapigliatura, in quanto i temi trattati sono la passione, la polemica antiborghese e la protesta per l’emarginazione degli artisti nella società. Con la pubblicazione di “Rosso Malpelo” inizia la “conversione”, segnata dall’insoddisfazione per gli ambienti mondani e per il sentimentalismo romanzesco, a cui preferisce il naturalismo e una nuova maniera narrativa, ispirata ad una rigorosa impersonalità nella raffigurazione del vero. Secondo Verga, l’autore deve eclissarsi, rinunciando ad esprimere giudizi ed immedesimandosi nel personaggio, entrando nell’ambiente e condividendo linguaggio e mentalità rappresentati. Secondo Verga, l’autore non deve intervenire perché non ha il diritto di giudicare e di criticare gli eventi: chi scrive deve quindi usare la tecnica dell’impersonalità, che si configura come il modo più adatto per esprimere una realtà di fatto, ovvero la presenza incontrastata del male nel mondo. La vita è infatti una dura lotta per la sopravvivenza e quindi per la sopraffazione, un meccanismo crudele che schiaccia i deboli e permette ai forti di vincere: è questa la legge della natura, la legge del più forte, che nessuno può modificare perché non ci sono alternative. OPERE Una formazione romantica e patriottica portò Verga alla stesura di 3 romanzi storico-patriottici, mai pubblicati. I primi romanzi mondani, rappresentano la pericolosità del fascino femminile sull’uomo: F 0 E 0“Una peccatrice” dove la passione per una contessa, riduce al fallimento e alla miseria un commediografo catanese. F 0 E 0“Storia di una capinera” storia di un amore impossibile di una donna costretta a farsi monaca. F 0 E 0“Eva”, “Tigre reale” ed “Eros” narrano degli effetti deleteri che può avere una donna su un uomo. F 0 E 0 “Nedda” Verga tenta per la prima volta di rappresentare il mondo bucolico siciliano, narrando le disgrazie di una contadina. F 0 E 0“Vita dei campi” raccolta di novelle rappresentanti la difficile situazione dei ceti disagiati in Sicilia, Verga si schiera dalla parte degli umili; egli, nato a Catania, conosce i problemi della sua terra e condivide la condizione di coloro che lottano ogni giorno per sopravvivere. Le novelle sono: F 0 E 0“Rosso malpelo” storia di un minatore emarginato dai compagni e dalla famigli. Prova rancore per la morte del padre, avvenuta in miniera e rifà la sua stessa esperienza di vita, preparando lentamente la sua morte, che avverrà in circostanze simili. Il suo carattere è scontroso, violento: "malpelo" è appunto un appellativo popolare che indica un cattivo carattere. Rappresenta lo sfruttamento delle classi disagiate. “Fantasticheria” – “Pentolaccia” – “Guerra dei Santi” – “La lupa” – “Jeli il pastore” – “L’amante di Gramigna” – “Cavalleria rusticana”( Molto famosa anche per la sua riduzione in opera teatrale da parte dello stesso Verga e per il melodramma di Mascagni). F 0 E 0 “Ciclo dei Vinti” contemporaneamente a “Vita dei campi”, Verga progetta un ciclo di 5 romanzi con lo scopo di delineare un quadro generale della società italiana moderna, dai ceti popolari alla borghesia, all’aristocrazia. L’intento è quello di mostrare le leggi di sopraffazione che vigono nella società, incentrando la narrazione sui “vinti”. Ne pubblicherà solo due: F 0 E 01. “I Malavoglia” il romanzo più conosciuto di Verga. In esso lo scrittore vuole rappresentare i desideri che spingono gli uomini a cambiare stato sociale, a migliorare le proprie condizioni di vita e dunque in L'arte è l'organo di conoscenza per eccellenza, per non dire l'unico; ammessa l'impossibilità di conoscere la realtà più profonda mediante l'esperienza, la ragione, la scienza, il decadente pensa che soltanto la poesia, per il suo carattere di immediata intuizione, possa attingere al mistero della vita, esprimere le rivelazioni dell'ignoto. Tra gli eroi decadenti troviamo la figura dell’inetto, uomo senza volontà afflitto da una malattia interiore che lo rende incapace di vivere. Davanti a lui si aprono quindi due strade: il suicidio e il sogno. Alla tendenza a considerare la malattia e la morte come condizioni di privilegio e di distinzione dalla massa, si contrappone spesso uno sfrenato vitalismo; qui emerge la figura del superuomo (teorizzato dal filosofo tedesco Nietzsche) l’individuo votato a imprese eccezionali che s’impegna a realizzare se stesso. Un’altra figura molto importante tra gli eroi decadenti è la figura del dandy, individuo vestito in modo stravagante. I dandies erano gli esponenti della cultura dell’apparenza, dell’estetismo decadente. CORRENTI DECADENTI Il Decadentismo diede origine a diverse correnti o poetiche particolari. Fra le tante sono presenti: F 0 E 0Simbolismo movimento artistico sviluppatosi in Francia nel XIX secolo, tende ad una descrizione soggettiva piuttosto che ad una oggettiva, come accadeva nel realismo, predilige il lato misterioso e onirico piuttosto che quello scientifico e reale. Ha come riferimento la compostezza classica e l’imitazione di modelli antichi. Per questi poeti l’arte deve essere incontaminata dalle problematiche sociali. Il poeta non deve descrivere la realtà, ma cogliere e trasmettere le impressioni più vaghe e indefinite, suggerire emozioni e stati d’animo, penetrare l’intima essenza delle cose. Bisogna utilizzare accordi musicali lievi, immagini sfumate, parole non descrittive ma evocatrici. L’intuizione fondamentale del Simbolismo è che sotto la realtà apparente, quella percepibile con i sensi, si nasconde una realtà più profonda e misteriosa, a cui si può giungere solo per mezzo della poesia. La nuova generazione di poeti manifesta la propria sfiducia nella scienza che non è capace di penetrare nelle oscure profondità dell’animo umano, né di spiegare i desideri dell’inconscio, i sogni, ecc. Per questo il poeta può penetrare queste realtà attraverso l’intuizione. Per questi nuovi contenuti della poesia i simbolisti elaborarono un linguaggio nuovo, non più logico, che permetteva di portare alla luce i misteriosi legami esistenti tra le cose più diverse; questo perché la parola deve avere la capacità di comunicare le molteplici emozioni. A tale scopo i poeti simbolisti ricorsero spesso a figure retoriche quali la metafora, l’analogia e la sinestesia. In Italia, Giovanni Pascoli fu il simbolista per eccellenza. F 0 E 0Estetismo Viene spesso considerata la più frivola delle correnti affini al Decadentismo, in quanto il solo scopo è quello di esaltare il gusto del bello e dell'arte, tanto da mettere i valori sociali e familiari in secondo piano. Il Decadentismo ereditò dal movimento la ricerca del bello, inteso non solo come ciò che rispetta particolari caratteri di armonia, proporzione e misura, ma anche ciò che è meraviglioso, eccentrico, stravagante. L'Esteta è colui che vive ricercando la bellezza, e che giudica la realtà che lo circonda mediante parametri puramente estetici, disprezzando ciò che è brutto o non originale. Vi è inoltre una predilezione per l'esotico, per il lontano, per le culture orientali, per le stravaganze e soprattutto per l'immaginazione, fomentata dall'uso di droghe, che, a differenza della realtà, è perfetta. D’annunzio fu il maggior esteta. F 0 E 0Superomismo teorizzato dal filosofo Nietzsche. Sia esteta che superuomo di distaccano dalla massa, il primo per isolarsi mostrando sdegno verso la realtà, il secondo per dominarla in nome di una superiorità fondata comunque sul culto del bello. F 0 E 0Panismo tendenza del confondersi e mescolarsi con il Tutto e con l'assoluto, due concetti chiave del decadentismo. In riferimento al dio greco Pan, divinità dei boschi e tutte quelle che hanno a che fare con la natura. Decadentismo & Romanticismo Il Decadentismo è considerato un proseguimento in forma più estrema di alcuni temi trattati dal Romanticismo come: il sogno, l’immaginazione e la fantasia. Con i romantici, inoltre condividevano tutto ciò legato alla dimensione irrazionale. Il decadente come il romantico vive il contrasto tra ciò che è reale e l’irreale. Questa continua tensione si traduce poi in stati d’animo malinconici, tendenti al vittimismo quindi all’autodistruzione. Il Decadentismo, a differenza del Romanticismo che si entusiasma e lotta per la fuga verso la realtà, è contrassegnato da un senso di stanchezza e smarrimento. MAGGIORI ESPONENTI Antonio Fogazzaro, Gabriele d’Annunzio, Giovanni Pascoli ANTONIO FOGAZZARO (1842 – 1911) Poeta e scrittore. Maggior teorico del Decadentismo. Nacque a Vicenza da una ricca famiglia. Fu educato dai religiosi. Durante le vacanze si recava spesso dai nonni al Lago di Lucano, immerso nella natura e la quiete. Studiò legge e si laureò a Torino, dove si trasferì con la famiglia. Iniziò ad esercitare avvocatura ma fu sempre più attratto dalla letteratura. Una volta sposato con una contessa, e avendo avuto tre figli, di cui uno morto molto giovane, tornò a Vicenza dove si stabilì definitivamente. Dopo un periodo di crisi religiosa tornò alla fede impegnandosi sul problema della conciliazione tra cattolicesimo e scienza, tenendo anche numerosi dibattiti in merito. Aderì al modernismo, movimento riformatore di tipo cattolico, che mirava a conciliare il cristianesimo con gli sviluppi della modernità. Fu nominato senatore ma non svolse mai attività politica. PENSIERO E POETICA Fogazzaro, cattolico moderato, mantenne una viva sensibilità romantica e fedeltà agli ideali risorgimentali; e nella sua in quieta ricerca di un rapporto tra tradizione cattolica e cultura moderna si accostò alle tendenze riformatrici del cattolicesimo. Per queste contraddizioni anche la sua poetica, di stampo naturalistico, appare indefinita, piena di personaggi problematici. Fogazzaro cerca di ritrarre la realtà e di definire stati d’animo, misteri, casi intellettuali e morali che lo avvicinano al Decadentismo. OPERE F 0 E 0“Malombra” suo primo successo. Il libro fu ignorato dalla maggior parte delle riviste letterarie ma lodato da Verga, che lo definì una delle più belle concezioni romantiche mai apparse in Italia. In uno spettrale castello sulle rive di un lago lombardo vive, segregata dallo zio, la marchesa Marina di Malombra. Per caso Marina viene in possesso di una lettera scritta da sua nonna, anch’ella segregata dal marito, come punizione per essersi innamorata di un giovane ufficiale. Marina finisce per identificarsi con la nonna e rivive la tragedia della sua morte. In uno stato di allucinazione, la marchesina comincia a credere di essere la reincarnazione della nonna. In preda alla follia ucciderà lo zio e lo scrittore Corrado Silla, che di lei si era innamorato, credendolo la reincarnazione dell’ufficiale. F 0 E 0“Piccolo mondo antico” si svolge nel periodo del Risorgimento, il protagonista è un giovane di idee liberali, Franco Maironi, che vive con la nonna. Franco sposa una ragazza di modeste condizioni, Luisa, malgrado la contrarietà della nonna che minaccia di diseredare il nipote. Dopo il matrimonio i due hanno una figlia e vanno ad abitare sul lago di Lugano, con uno zio. Tra Franco e Luisa vi sono profonde differenze caratteriali: entrambi hanno aspirazioni liberali, ma lui si affida alla fede, lei è per la severa giustizia. Il contrasto si evidenzia in merito alla sorte di un testamento che toglieva le proprietà alla nonna di lui. Franco preferisce non farne niente, Luisa invece vuole affrontare la marchesa. Ma proprio in quel giorno la bambina affoga nel lago, e questa tragedia allontana ancor di più i due coniugi. Luisa rinfaccia al marito il suo idealismo e le sue credenze religiose che lo portano al perdono e alla rassegnazione; Franco preferisce staccarsene completamente per consacrarsi interamente alla causa patriottica. Ma dopo tre anni di lontananza Franco, alla vigilia della sua partenza per la guerra, chiede a Luisa un ultimo incontro. I due si incontrano all’Isola Bella, alla presenza del vecchio zio morente. Luisa e Franco avranno un altro figlio. F 0 E 0“Piccolo mondo moderno” protagonista è il figlio di Franco uomo contraddittorio, combattuto tra un ostentato amore dei sensi e una missione da svolgere per il bene della Chiesa. F 0 E 0“Il Santo” protagonista è nuovamente il figlio di Franco a contatto con religiosi e cattolici al fine di riformare la Chiesa. F 0 E 0“Leila” sorta di testamento spirituale, estremo tentativo di conciliare il cattolicesimo moderno con il rispetto per la cristianità antica. GABRIELE D’ANNUNZIO (1863 – 1938) Scrittore e politico. Maggiore esponente dell’Estetismo. Tutta la vita di d’Annunzio può considerarsi il suo primo capolavoro. Nacque a Pescara da famiglia borghese. Studiò al collegio Cicognini di Prato. Ad appena 16 anni pubblicò la sua prima raccolta di poesie, “Primo vere”. Trasferitosi a Roma per frequentare l’università, abbandonò presto gli studi per dedicarsi alla vita mondana. Acquistò subito notorietà per le sue opere scandalose e per la sua vita altrettanto libertina ed avventurosa. In questi anni d’Annunzio si creò la maschera dell’esteta, dell’individuo superiore, sensibile, che rifiuta la mediocrità e si rifugia in un mondo di pura arte. Negli anni ’90 però questa fase attraversò una crisi, d’Annunzio cercò nuovi miti, come quello del superuomo, un mito di bellezza ed eroismo, ispirandosi alle teorie di Nietzsche. D’Annunzio voleva creare l’immagine di una vita eccezionale, principesca, circondato da lusso e oggetti preziosi, e tanti amori, come quello con l’attrice Eleonora Duse. In realtà questo suo egocentrismo ed atteggiamenti scandalosi avevano un preciso obiettivo, quello di essere al centro della scena per guadagnare, viste le difficoltà economiche. D’annunzio non si accontentò più dell’estetica, volle anche darsi alla politica. Per questo divenne deputato di destra, esponendo il suo disprezzo per i princìpi democratici e il sogno del dominio di una nuova aristocrazia. Passo però, molto presto, allo schieramento di sinistra. Desideroso a tutti i costi di imporsi come vate sulla folla, ricorse alla rappresentazione teatrale, mettendo in scena “Città morta”. Proprio mentre si affermava e si diffondeva il suo personaggio, fu costretto a fuggire in Francia a causa dei creditori. Allo scoppio della prima guerra mondiale d’Annunzio tornò in Italia, organizzando una campagna interventista per spingere l’Italia in guerra. Attirò l’attenzione su di sé con il volo su Vienna: dall'aereo lanciò tanti volantini tricolori in forma di protesta, l'Italia era sotto il domino dell'Austria e con questo gesto volle esprimere il suo dissenso. Nel dopoguerra capeggiò una marcia di volontari su Fiume, sfidando lo Stato Italiano, ma fu cacciato. Tentò di imporsi come duce, ma vi sottrasse il posto Benito Mussolini. Il fascismo lo esaltò come padre della patria, ma lo guardò anche con sospetto, per questo fu confinato in una villa di Gardone, che d’Annunzio trasformò in una sorta di museo a sé stesso, il Vittoriale degli Italiani. Qui trascorse il resto della sua vita. PENSIERO E POETICA D’Annunzio esordì molto giovane, attraversando un cinquantennio di cultura italiana ed influenzandola profondamente tanto da dar vita al dannunzianesimo, fenomeno che riprendeva tutti gli aspetti dello stile dannunziano. Il poeta cerca una fusione dei sensi e dell'animo con le forze della vita, accogliendo in sé e rivivendo l'esistenza molteplice della natura, con piena adesione fisica, prima ancora che spirituale. E' questo il "panismo dannunziano", quel sentimento di unione con il tutto, presente in molte sue poesie, in cui riesce ad aderire con tutti i sensi e con tutta la sua vitalità alla natura, s'immerge in essa e si confonde con questa stessa. L'estetismo è in definitiva il culto del bello, in pratica vivere la propria vita come se fosse un'opera d'arte, o al contrario vivere l'arte come fosse vita. Quest'atteggiamento, preso dal Decadentismo francese, è corrispondente cioè alla personalità del poeta, che deve distinguersi dalla normalità, dalle masse. La sua vocazione poetica si muta poi in esibizionismo: abbiamo allora l'esaltazione del falso primitivo, dell'erotismo o quella sfrenata del proprio io, indicata nei due aspetti dell'estetismo e del superomismo, scoperto dalla lettura di Nietzsche. Il superuomo assomiglia all'esteta, ma non deve essere legato a princìpi sociali e morali. Per questo motivo si vuole elevare al di sopra della massa, assume la funzione di “vate” per strappare la nazione alla mediocrità ed avviarla verso un futuro imperialista. Lo stile con cui scrive le sue opere è aulico e ricercato. OPERE F 0 E 0“Primo vere” (primavera) sua opera prima, scritta a 16 anni, negli anni della “primavera” della sua vita. Si ispirò a Carducci. Opere di d’Annunzio esteta: F 0 E 0“Canto novo” decide di non imitare altri poeti e di creare una sua poesia, un nuovo stile letterario. E’ una poesia in cui d’Annunzio comincia a sperimentare tecniche nuove, cercando di prendere dalle parole suoni e significati e di suscitare nel lettore un rapporto di tipo sensoriale. F 0 E 0“Intermezzo di rime”, “Isotteo” e “Chimera” raccolte ispirate alla lussuria e all’amore dei sensi. F 0 E 0 “Terra vergine” e “Le novelle della Pescara” raccolte in cui disprezza la vita contadina, considerata selvaggia e primitiva. F 0 E 0“Il Piacere” suo primo romanzo. Ambientato nella Roma bene, protagonista è il conte Andrea Sperelli, grande esteta come d’Annunzio. Poeta, pittore, musicista, ma soprattutto raffinato artefice di piacere, egli ha stabilito la sua dimora nel palazzo Zuccari a Trinità de' Monti: passa le sue giornate tra occupazioni mondane, si circonda di persone eleganti e di oggetti preziosi. Andrea è tormentato dal ricordo di una relazione complicata e sensuale con Elena Muti, troncata dall'improvvisa partenza della donna da Roma. Dopo un breve periodo di isolamento, si tuffa in una nuova serie di avventure, finché un rivale geloso lo sfida a duello e lo ferisce. Resta in convalescenza nella villa di una ricca cugina. Qui conosce una donna casta e sensibile, Maria Ferres, moglie di un ministro. Per lei si illude di avere un amore spirituale, ma presto il loro rapporto sarà come quello che aveva con Elena. Durante una relazione, Andrea si lascia sfuggire il nome dell'antica amante: Maria fugge inorridita. D’Annunzio mira a creare un romanzo psicologico, che più che gli eventi esteriori dell’intreccio, risalta i complessi processi interiori del personaggio. Del periodo della bontà (crisi dell’Estetismo):
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