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Programma di filosofia per il quinto anno di scuola superiore, Appunti di Filosofia

Il programma di filosofia per il quinto anno di scuola superiore, con particolare attenzione alla critica del giudizio di Kant e al rapporto tra Kant e Goethe. Viene analizzata la facoltà del giudizio, la distinzione tra giudizi dell'intelletto e del sentimento, i giudizi estetici e il sublime. Inoltre, viene descritto il rapporto tra Kant e Goethe e la loro influenza sulla scuola romantica tedesca.

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 10/05/2023

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Scarica Programma di filosofia per il quinto anno di scuola superiore e più Appunti in PDF di Filosofia solo su Docsity! PROGRAMMA FILOSOFIA 5° SUPERIORE • Kant e la cri+ca al giudizio • Roman+cismo e idealismo (Fichte, Schelling, Hegel) + rapporto Kant e Goethe • Fuerbech • Marx 
 KANT E LA “CRITICA DEL GIUDIZIO” Nella sua terza e ul+ma opera Kant analizza la facoltà del giudizio, intermedia tra intelleDo e ragione e che iden+fica con il sen+mento, aDraverso il quale l’uomo fa esperienza della finalità insita nel reale. Il sen+mento diventa dunque oggeDo di un’indagine cri+ca volta a conglierne la struDure universali e necessarie (anche nella ragion pura e pra+ca). Dis+ngue i giudizi dell’intelleDo, deL determinan+ poichè determinano l’oggeDo fenomenico, da quelli del sen+mento, deL rifleDen+ perchè rifleDono sull’oggeDo già cos+tuito, interpretandolo in base al principio della finalità. Ques+ si dividono in: • Giudizi este+ci, che riguardano il rapporto tra il soggeDo e la rappresentazione dell’oggeDo ed esprimono il sen+mento dell’accordo che sussiste tra essi • Giudizi teleologici, che colgono l’ordine finalis+co interno agli oggeL stessi I GIUDIZI ESTETICI: vengono affronta+ nella prima parte della cri+ca e assumono il significato più comune di “rela+vo all’arte e alla bellezza”, e si occupa dei conceL del bello e del sublime. Bello e piacevole: per stabilire se una cosa è bella facciamo riferimento al sen+mento posi+vo o nega+vo che si manifesta in noi. Non adoperiamo quindi la facoltà teore+ca ma il giudizio è contempla+vo, rifleLamo sugli oggeL e sui sen+men+ che ques+ scaturiscono senza avere influenze esterne. Il giudizio del gusto è quindi disinteressato: non riguarda l’oggeDo in sè ma la rappresentazione di esso e il sen+mento che suscita. Il caraDere disinteressato del bello deriva dalla concezione dell’aLvità este+ca come gioco: la poesia non mira alla conoscenza ma a smuovere l’immaginazione e l’intelleDo coglie l’oggeDo in una relazione armoniosa rispeDo alle proprie esigenze di finalità e libertà. Kant dis+ngue il piacevole dal bello: - Il piacevole viene dai sensi e dà origine ai giudizi este+ci empirici, soggeLvi a seconda del gusto personale - Il bello deriva dall’immagine e dalla forma dell’oggeDo e che sollecita giudizi este+ci puri e privi di condizionamento. Una cosa non è bella per uno ma per tuL Kant introduce un ulteriore dis+nzione tra bellezza libera e aderente: 1. La bellezza libera è quando io giudico bello qualcosa senza dover ricorrere a un ragionamento, è un piacere immediato e ciò lo rende rela+vamente ristreDo 2. La bellezza aderente fa riferimento a un arche+po di perfezione che condiziona la valutazione della cosa, rendendo il giudizio “complicato” Kant gius+fica l’universalità del bello con il conceDo di senso comune, condizione a priori presen+ in tuL noi e fa sen+re come se l’oggeDo fosse faDo apposta per noi, predisposto per essere recepito. È il soggeDo che, vivendo il sen+mento di armonia in sè, lo proieDa, conferendo all’oggeDo l’aDribuzione della bellezza. Per Kant s+amo facendo un favore alla natura, in quanto le permeLamo di elevarsi al livello dell’umanità Il sublime: è uno sen+mento dell’illimitato che provoca un sen+mento di “piacevole orrore”. Si divide in: Dinamico, quando ha a che fare con la potenza della natura, come i terremo+ Matema+co, quando ha a che fare con la grandezza della natura, come il cielo o il mare Mentre il bello riguarda la forma dell’oggeDo, quindi la sua limitezza, il sublime provoca la rappresentazione dell’illimitatezza, suscitando piacere e terrore allo stesso tempo. Da una parte la grandezza della natura ci fa avver+re tuDa la nostra finitezza lasciandoci stordi+, dall’altra evoca in noi la consapevolezza della nostra superiorità spirituale. Siamo porta+ a considerare sublime lo speDacolo esteriore che lo affascina e in seguito riconosce in se stesso la sua grandezza di essere pensante depositario delle idee della ragione e della legge morale SCHEDE CLASSROOM: RAPPORTO KANT E GOETHE Uno dei traL +pici del roman+cismo tedesco è l’unione tra poesia e filosofia, arte e verità. La generazione roman+ca dura oDo anni e trae ispirazione dai suoi due pun+ di riferimento: Kant e Goethe. La migliore definizione della scuola roman+ca è, da questo punto di vista, anche la più empirica. Loro rappresentano un’an+tesi, la cui coinciliazione è avver+ta come necessaria per la nascita di uno spirito nazionale e di una cultura moderna. La riflessione di Kant appare come la personificazione stessa della filosofia ed è dominata dall’a priori, cioè un’unificazione dell’esperienza legata alla conceDualità scien+fico-intelleDualis+ca dove l’aDenzione è rivolta non alle cose ma alla scienza. Goethe dice che dell’a priori di Kant non sa cosa farsene, parte dall’espressione immediata del proprio sen+mento interiore, cercando a risalire a una visione direDa delle cose. Lui vuole essere poeta e ar+sta. Da questo si può riassumere nell’alterna+va tra conoscenza e contemplazione, discendono conseguenze importan+ nel modo di concepire i rappor+ tra mondo, io e Dio, i tre oggeL della metafisica tradizionale o dell’assoluto. La natura, la cui conoscibilità Kant arresta al limite noumeico, è una uniformità di comportamento dei fenomeni, regola+ da leggi universali che lo stesso intelleDo prescrive loro come un legislatore. Ciò non basta per proteggersi dal problema giunge con l’agnos+cismo, che Goethe sdegna, ricercando l’unificazione tra il soggeLvo e l’oggeLvo, natura e spirito all’interno dello stesso fenomeno. La natura è per lui un prodoDo immediato e la tes+monianza dell’esistenza di forze spirituali, i fenomeni originari. Se Kant aveva interpretato la frase “nessuno spirito creatore penetra all’interno della natura” di Haller come una necessaria rinuncia a scoprire le cose in se stesse, Goethe invece afferma che non esiste nessun interno alla natura perchè essa è immediata. La soluzione di Kant al problema metafisico non esce dai limi+ del pie+smo religioso tradizionale, orientato verso una trascendenza venata di dualismo. Il Panteismo di Goethe invece si esprime nell’intuizione di una iden+tà tra Dio e natura. Questo fa capire il perché dell’entusiasmo di Goethe per Spinoza, il quale non dimostra l’esistenza di Dio, perchè anche solo l’esistenza e Dio. Spinoza viene accusato di ateismo ma Goethe lo proclama chris+anissimum. Per Goethe la natura è fondalmentalmente innocente e per l’uomo la salvezza e+ca sta nel saper trovare un accordo con la natura, assecondando il proprio genio e accentando i limi+ naturali. Da ciò deriva la felicità, l’equilibrio, la normalità e salute dell’uomo. di riappropriazione della realtà da parte del soggeDo, che interiorizzando l’oggeDo, si riconosce come fonte di ogni cosa. Questo è un procsso che non può arrivare a conclusione, poichè bloccherebbe lo sforzo che permeDe l’aLvità creatrice. L’uomo ha la missione di forgiare se stesso, essendo un Io finito e dipendente dalle cose e passioni, e per farlo c’è la cultura (col+vare), che permeDe il trionfo dello spirito sulla natura. È ovviamente impossibile (Streben). L’Io non può raggiungere la perfezione e l’infinito, ma è sublime il suo impegno nel provare a diventarlo, grazie ai con+nui ostacoli. La missione del do8o: il doDo è una figura colta che ha il compito di sorvegliare dall’alto il progresso umano, progredendo sempre di più se stesso, poichè da questo dipende il progresso della società. Lui non deve essere superbo ma modesto, sapendo che è des+nato a un obbieLvo il cui raggiungimento rimarrà sempre lontano. Il doDo studia filosofia (arte suprema) e la storia, che permeDe di studiare gli stadi di perfezionamento morale. La storia coglie i faL e filosofia li interpreta e penetra l’essenza della cosa. Con il suo pensiero Fichte espande la cultura a tuDe le classi sociali, così come aveva faDo anche pesalozzi in campo pra+co SCHELLING In Schelling la natura riprende la piena dignità e non viene più considerata come funzione dell’Io fich+ano. La natura è uno spirito solidificato e addormentato e la spiritualità che con+ene può essere colta dall’uomo aDraverso l’esperienza este+ca. Questa, dal più semplice del minerale all’uomo è intrisa di infinito ed è un miracolo vivente. Il principio di assoluto è cos+tuito dall’unità indifferenziata di spirito e natura, Io e non-Io, soggeDo e oggeDo… (riprende il pensiero di Bruno e Spinoza che ponevano la natura e Dio come originari e infini+. Schelling si concentra sull’iden+tà tra natura e spirito: la natura è lo spirito nella sua forma inconscia e “pietrificata”, mentre lo spirito è la natura pietrificata. La natura ha in se stessa la tensione tra soggeDo e oggeDo che in Fichte si traduce con quella tra Io e non-Io. L’assoluto, principio infinito creatore della realtà, non si iden+fica in soggeDo o oggeDo, è anzi la loro comune radice, per questo la realtà si rivela indifferentemente nella natura e nello spirito. Per questo la filosofia come scienza dell’assoluto può coglierne l’unità insindibile in due modi complementari: Filosofia della natura che, partendo dalla natura giunge allo spirito e riconosce la natura come spirito visibile. La natura manifesta a tuL i livelli la spiritualità, anche se in gradi differen+, partendo dai suoi livelli di espressione più elementari fino a giungere a quelli più complessi, dove la polarità spirito-materia è più evidente. La natura è dunque un graduale processo aDraverso cui lo spirito si sviluppa e rivela progressivamente fino alla piena realizzazione nell’uomo. Schelling ah quindi una visone organica e finalis+ca, in cui ogni cosa è manifestazione di una medesima realtà spirituale, l’assoluto, che già agisce nella natura in modo inconscio. Filosofia dello spirito che, partendo dallo spirito giunge alla natura e riconosce lo spirito come natura invisibile. Indaga il processo secondo il quale il soggeDo, aDraverso i diversi gradi della conoscenza si copre come fonte della realtà (immaginazione produLva di Fichte). Riassumendo: la natura rivela e fa emergere il suo intrinseco spirito mentre lo spirito, aDraverso i diversi livelli del conoscere, si riconosce come natura, origine di tuDa la realtà. La natura va verso lo spirito , il quale riascende dalla natura ricomprendendola in se stesso. In questa teoria possiamo riscontrare una forte valenza religiosa, in cui Dio è un principio imminente e permanente che si autorealizza e manifesta a tuL i livelli della realtà, applicando quindi una visione panteis+ca. Solo successivamente il filosofo arriverà ad inden+ficare l’assoluto con il Dio della creazione. L’arte come supremo organo conosci7vo: lo strumento conosci+vo in grado di aLngere le profondità originarie della vita della natura è l’arte, un’aLvità in cui l’infinito viene colto nella sua unione con il finito. L’arte è intuizione este+ca, ossia la capacità di penetrare l’infinito aDraverso le sue espressioni concrete, ad esempio la bellezza. Questa intuizione può essere l’organo di rivelazione dell’assoluto in quanto l’oggeDo e il soggeDo si trovano compenetra+: da un lato l’ar+sta opera in base a competenze e abilità tecniche, ovvero scelte consapevoli; dall’altro è soDoposto all’influsso dell’ispirazione. Ciò che fa sì che la sua opera contenga significa+ che lui stesso non prevede è il conceDo che l’infinito trova espressione nel finito. Tale divina aspirazione rende l’ar+sta diverso dagli altri uomini, caraDerizzando il genio, e allo stesso tempo sancisce la superiorità dell’arte sulla filosofia. Mentre la filosofia genera separazione, analizzando e classificando le cose senza mai vedere una visione d’intero, che invece è salvaguardata nell’arte. Questa consente di aLngere il significato più profondo del reale e permeDe dunque all’uomo di perseguire l’equilibrio di forze in cui risiede la libertà. La filosofia ha dunque bisogno dell’arte, poiché è quest’ul+ma che apre al filosofo la strada. L’arte a un divino compito e viene ad assumere per la prima volta un significato conosci+vo universale. Il filosofo non pone infaL l’accento sul prodoDo ar+s+co, ma sulla sua aLvità creatrice. HEGEL La vita: la sua figura sarà molto influente in Germania. Inizia i suoi studi in un ambiente ecclesias+co, che abbandona ben presto, la la sua filosofia rimane fortemente influenzata dal cris+anesimo, intesa come la religione più compiuta, poichè rappresenta la riconciliazione tra Dio e mondo aDraverso l’amore. Nel 1800 si trasferisce a Jena, centro del roman+cismo tedesco, e pubblica il suo primo scriDo filosofico Differenza tra il pensiero di Fichte e di Schelling, dove difende l’amico Schelling perchè, a differenza di Fitche, lui individua nell’Assoluto il superamento della separazione tra soggeDo e oggeDo. Poco dopo avviene però una roDura con Schelling, fino a definire il suo Assoluto come unità indifferenziata dove le opposizioni vengono superate perchè si annullano. Inoltre è colto aDraverso l’intuizione, che ne appiaLsce ogni dis+nzione e ar+colazione interna e per Hegel la complessità del reale può essere compresa solo con la ragione. Con l’invasione francese del 1807 Hegel è costreDo a trasferirsi a Bamberga, por poi ritrasferirsi a Norimberga, dove oLene l’incarico di reDore e professore del ginnasio. Influenzò molto il sistema scolas+co e per primo intende la filosofia come oggeLva e scien+fica. I cardini del sistema hegeliano: La filosofia hegeliana analizza la realtà appresa con il pensiero, tenendo conto sia dei momen+ parziali della conoscenza della verità, quindi le conceDualizzazioni dell’intelleDo, ma sopraDuDo deve tenere conto della complessità e concretezza delle cose. La filosofa hegeliana è sistema+ca e circolare seguendo i momen+ della tesi, an+tesi e sintesi, e la conclusione rappresenta il nuovo punto di partenza di un percorso ancora più elevato. I tre conceL cardine del sistema hegeliano sono: La convinzione della razonalità del reale: Hegel disse “Ciò che è razionale è reale, ciò che è reale è razionale”. Dicendo ciò intende che la realtà da noi percepita è la realizzazione del con+nuo processo del dispiegamento dello Spirito, o Assoluto, idea, infinito, Dio. Se la realtà è un mostrarsi dell’Assoluto, essa è per forza ragione e viceversa, la razionalità dell’Assoluto è dimostrata nella realtà. Il filosofo quindi non ha più in compito di modificare la realtà cao+ca come nell’ illuminismo, ha il compito descriLvo, di “speDatore” della realtà quando questa conclude il processo, allo stesso modo della noDola di Minerva che spicca il volo solo dopo il tramonto. In compito ha quindi il compito di descrivere la realtà razionale che lui vede, e quindi la filosofia è sempre rela+va al proprio tempo. Per Hegel tuL gli avvenimen+ della storia avvengono perchè era razionale che accadesse per la realizzazione di un disegno superiore e viceversa, i piani che non si sono realizza+ erano privi di razionalità. Inoltre lui intende la realtà in senso forte, cioè ciò che influenza la storia. Il suo pensiero si può definire gius+ficazionismo, perchè prova a gius+ficare e comprendere ogni evento. La coincidenza della verità con l’intero: per Hegel la verità non può consistere in una considerazione parziale delle cose, bensì in una visione completa e globale di esse. Il pensiero che non permeDe di cogliere il globale di un avvenimento è definito astrazione, +pica del’intelleDo umano, che separa e divide i conceL per poi fissarli nella mente. Dopo aver dis+nto, occorre riunificare le diverse par+ dell’oggeDo nella sintesi, capace di res+tuirci la complessa e globale realtà. La filosofia è scienza poichè è capace di elaborare un conceDo della realtà nel modo più completo e ricco possibile. La diale=ca della realtà e del pensiero: l’Assoluto, come deDo prima, è sempre in movimento per manifestarsi e la legge che regola questo movimento è la dialeLca, che coincide con realtà e ragione. La dialeLca avviene in tre momen+: Tesi (intelleDuale o astraDo) ragione in sè. coincide con la determinazione delle cose. La realtà appare con oggeL separa+ e contrappos+ e il pensiero intelleDuale è rigido, riconosce le dis+nzioni e opposizioni ma non riesce a ricollegare il tuDo An+tesi (dialeLco o negazione) ragione vs ragione.Si comprende che ogni determinazione è limitata e ha un nesso inscindibile con la determinazione opposta. Il pensiero razionale comprende che ogni cosa ha senso solo messa nella relazione con tuDe le altre. Sintesi (specula+vo) ragione ritorna a se dopo essersi smarrita. È il movimento posi+vo che rappresenta la negazione della negazione, afferma la presenza delle unità di determinazioni opposte come momen+ parziali di una realtà superiore. A riassumere il movimento dialeLco c’è il termine tedesco Autebung, che significa allo stesso tempo superamento e conservazione. Questo perchè la sintesi conserva le affermazione dei momen+ preceden+, ma le eleva, diventando una nuova tesi per un nuovo processo dialeLco. I tre momen+ inoltre riportano alla formazione religiosa del filosofo e alla trinità, dove il Padre come spirito puro è la tesi, Cristo come Verbo faDo carne è l’an+tesi e lo Spirito santo che rappresenta la loro unità come sintesi. Anche nell’amore ci sono i momen+: colui che ama si riconosce come oggeDo (tesi), poi si estrania rinunciando a se stesso e perdendosi nell’altro (an+tesi), per poi scoprire il se più profondo (sintesi) La dialeLca è caraDerizzata da traL che la caraDeris+ca e che rimangono invaria+ a tuL i livelli di ar+colazione della storia, cos+tuendo la regola interna dlel’ordine naturale e la legge che struDura il divenire della storia. In momento nega+vo è indispensabile per la procedura, perchè permeDe il passaggio da una visione unilaterale a una completa della realtà: la contraddizione è la legge universale della filosofia. Questa può risultare tragica nella storia in alcuni casi (fascismo, Cristo…), ma ha comunque portato a un miglioramento (democrazia, redenzione dell’uomo…). La dialeLca delle civiltà dice che la fine di una civiltà è il fiorire dell’altra. Esempio del bulbo: il bulbo è (tesi), lo si soDerra e “muore”(an+tesi) e rinasce come fiore (sintesi) Hegel afferma che la verità coincide con l’intero e quindi per scoprirla usa due vie differen+, ma con l’ossigeno tesso obbieLvo di conoscenza della totalità: • La fenomenologia dello spirito che rappresenta una prospeLva storica di come la coscienza, grazie all’esperienza, passa da una conoscenza parziale a una assoluta La fenomenologia dello spirito: è un romanzo che racconta il manifestarsi della coscienza umana nella storia. In un primo momento, Hegel condivideva l’idea roman+ca che l’uomo moderno (post an+ca Grecia) avesse perduto la connessione con la natura, con il divino, condividendo anche l’idea di Hodingen e Shelling che l’uomo si è separato dalla comunità diventando individuo. Inizia poi a considerare quella separazione come una an+tesi che porta alla sintesi , che valorizza il singolo individuo. La Fenomenologia è il racconto del fa+coso processo di formazione del sapere nella storia, che coincide con lo sviluppo della civiltà umana, a par+re dal livello più basso, ossia da ciò che appare privo di spiritualità (coscienza sensibile), fino a quello più elevato della ragione, che raggiunge il pieno dispiegamento nel presente. Si traDa di ripercorrere le tappe della cultura e della storia della civiltà, lavoro ben più semplice rispeDo a quello che lo Spirito ha dovuto compiere per scoprirsi come spirito assoluto. Hegel denomina figure le forme le tappe dello sviluppo dello spirito, come esso si è dispiegato ed espresso aDraverso i secoli: - la coscienza: la certezza sensibile è il sapere nell’immediato, in quanto pone la verità nelle cose esterne isolandola (in sè). Inizialmente sembra di conoscere la verità, ma si rivela subito insufficiente, perchè la singola cosa non è riferita ad altro. Il primo rapporto con l’oggeDo è la senzazione che, seppur in modo minimo, viene messa in relazione con altre senzazioni. Alla domanda cosa è questo? anche con la prima senzazione troviamo un doppio aspeDo: l’ora, sia giorno che noDe, e il qui, sia un luogo determinato che un altro (nozioni universali spazio temporali). Anche al livello della sensibilità, si aDua un’essenziale. funzione produLva, perchè le cose esistono come tali sono in relazione all’altro La certezza sensibile non si accontenta del qui ed ora, tende alla percezione delle cose: le varie determinazioni vengono colte come una unità, grazie un soggeDo che le comprende come tali. L’In sè assume un senso unitario solo in riferimento al per sè. Nel piano intelleDuale le cose vengono inserite all’interno di una rete di rappor+ regola+ da leggi: il soggeDo struDura e organizza un universo ordinato di fenomeni di cui si riconosce artefice. È il regno della scienza moderna, che resta limitata perchè conosce solo spezzeDoni della realtà, non la sua unità. - l’autocoscienza: dopo aver analizzato lo “studio”della coscienza dell’oggeDo, essa orienta l’immagine sul soggeDo: il riconoscimento di sè stesso aDraverso l’altro, perchè solo nel rapporto con l’altro l’autocoscienza (coscienza di sè), conferma la sua iden+tà. L’inidvidualizzazione implica quindi un confliDo con l’autocoscienza dell’altro, ed è necessario il rischio della morte, perchè solo un movimento nega+vo così estremo permeDe l’autonomia. Una delle due autocoscienze in confliDo per paura della morte, abbandona e si soDomeDe all’altra. A spiegare meglio “lo scontro” tra autocoscienze Hegel u+lizza tre figure: Figura servo-padrone: dopo lo scontro tra le due autocoscienze, quella del padrone ha vinto, diventando indipendente, mentre quella dello schivo ha perso, diventando “cosa” (tesi). La situazione si ribalta quando il padrone diventa dipendente dallo schiavo, diventando schiavo del suo schiavo, e lo schiavo diventa indipendente imparando a dominare i suoi is+n+ e a trasformare le cose, soDraendole allo stato di natura (an+tesi). Lo schiavo diventa consapevole della propria indipendenza (sintesi) e la libertà diventa valore universale. Descrive la progressiva conquista dell’indipendenza dell’autocoscienza. Stoicismo e sceLcismo: Hegel cri+ca entrambi le corren+: quella dello stoicismo perchè, affermando la libertà dell’autocoscienza rispeDo alle cose, si chiude con superbia in se stessa, disprezzando le passioni, emozioni… ma rimanendo vincolato dagli altri e dalla realtà esterna circostante. Lo sceLcismo invece nega in mondo esterno, si deve dubitare di tuDo e non c’è nulla di vero. Affermando ciò però, affermano una certezza, cioè il faDo che nulla sia certo. In entrambi le corren+ Hegel evidenzia la figura della scissione: hanno dichiarato guerra al mondo e agli altri. La coscienza infelice: l’autocoscienza cris+ana, pur consapevole della mutevolezza della realtà, aspira all’immutabile Dio. La coscienza infelice è la condizione della coscienza che si riconosce come qualcosa di limitato e inadeguato al rapporto con Dio. L’apice della coscienza infelice si raggiunge nel mis+cismo medievale, dove la coscienza annulla se stessa per ritrovarsi in Dio. - La ragione: l’annullamento di sè nel mis+cismo medievale porta al superamento della scissione: il vano tenta+vo di raggiungere Dio ha faDo comprendere che è la coscienza stessa Dio o soggeDo assoluto. Ora l’autocoscinenza si eleva a ragione e assume in sè ogni realtà, a par+re dal Rinascimento, quando si smeDe di annullarsi in prospeLva dell’aldilà, bensì inizia a cercare il divino nel mondo e in sè. La ricerca avviene in diversi pun+: all’inizio la ragione ricerca nella natura, privilegiando un approccio scien+fico basato sulla logica sperimentale. Nel cercare nella natura però la ragione si disperde e registra la sua crisi, comprendendo che nulla di esterno la appagerà. Inizia quindi la ricerca in sè stesso, in un processo in cui si afferma la razionalità soggeLva cartesiana, per poi giungere alla piena consapevolezza dell’aLvità creatrice del soggeDo con la filosofia kan+ana e l’idealismo. All’inizio la coscienza si buDa nel piacere, ma comprende presto che è illusorio e che rende dipendente dai beni esteriori Poi si dirige verso la legge del cuore (Rousseau) grazie alla quale pretende di guarire il mondo da tuL i mali. Essendo soggeLva però si scontra con gli altri, e quindi non si può aspirare di costruire nulla di universale e la riforma è utopica. Bisogna andare quindi oltre il sen+mento universale e conquistare la virtù, che aspira alla dimensione dell’universalità valida per tuL: l’impera+vo categorico di Kant, che però è ancora insufficiente perchè insiste sul “dover essere”, non sull’ “essere”, rendendo la coscienza avvilita perchè non riesce a raggiungere ciò che ambisce (sommo bene nell’aldilà). Hegel osserva anche che l’estraDo formalismo kan+ano non può offrire una prospeLva universale dell’e+ca perchè le diverse categorie dell’individuo non possono essere assunte a fondamento di una legislazione valida per tuDo. Il punto di vista universale è dunque raggiungibile soltanto nella dimensione dell’e+cità, cioè quando si assume la prospeLva dello spirito, che si incarna nelle is+tuzioni storico-poli+che e sopraDuDo nello Stato. Le massime della morale infaL, come non uccidere o rubare, risultano astraDe se non calate all’interno della vita concreta di un popolo, che ne precisa il contenuto e lo adaDa al contesto (si uccide in guerra)
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