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L'Illuminismo e Carlo Goldoni, Appunti di Italiano

L'Illuminismo come movimento culturale che si sviluppa nella seconda metà del Settecento e lotta contro pregiudizi e ignoranza attraverso la ragione. Inoltre, viene presentato Carlo Goldoni, autore teatrale veneziano del XVIII secolo, e la sua poetica. Viene descritta la sua vita e le sue opere più importanti, tra cui 'La locandiera'.

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 15/01/2024

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Scarica L'Illuminismo e Carlo Goldoni e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! ITALIANO 4^ L’ILLUMINISMO L’Illuminismo è un movimento sviluppatosi nella seconda metà del Settecento (età della ragione), che lotta contro pregiudizi e ignoranza attraverso la ragione. Gli illuministi diffondono i “lumi” (=principi razionali) per eliminare oppressione e infelicità. Il termine Illuminismo deriva dall’immagine della “luce” che caccia le tenebre. Secondo gli illuministi tutta realtà va sottoposta alla ragione (unico metro di giudizio), la quale è strumento privilegiato di conoscenza. L’Illuminismo è caratterizzato da un diffuso ottimismo e dall’idea che il progresso possa portare alla felicità (aspettative di un futuro migliore). Gli illuministi sono convinti di poter creare un mondo nuovo e migliore. Essi esaltano l’uguaglianza degli uomini, vieni rivendicato il valore di ogni singolo individuo (tutti gli uomini sono liberi e uguali, con pari dignità). Con questi principi nasce il motto dell’Illuminismo francese, “liberté, égalité, fraternité” (= libertà, uguaglianza, fratellanza). Queste idee capovolgere la concezione della vita e fecero sperare in una maggiore giustizia sociale; tuttavia non furono capite dal popolo (che aveva altre priorità), quindi solo un élite di intellettuali poteva cambiare la società. Gli illuministi guardano il passato (soprattutto il Medioevo) come un epoca buia e piena di pregiudizi, ignoranza e superstizioni. Due scienziati seicenteschi con idee illuministe furono Galileo, Newton e Copernico (contro l’oscurantismo religioso). L’Illuminismo è espressione della borghesia eh deve combattere la monarchia (premessa alla Rivoluzione francese). L’Illuminismo raggiunge il suo massimo sviluppo in Francia. Il suo simbolo e opera principale è “l’Enciclopedia”, scritta tra il 1751 e il 1781. Fu ideata da Diderot e D’Alambert ma vi collaborarono molti altri intellettuali, tra cui Rousseau, Voltaire e Montesquieu. È un testo composto da 17 volumi di voci (più di 70 mila voci) e 11 volumi di tavole. Lo scopo è la catalogazione e l’illustrazione di tutte le cose conosciute (nuove e passate), dimostra che tutta la realtà va indagata. I più importanti illuministi francesi furono: Denis Diderot, Voltaire, Jean-Jaques Rousseau e Montesquieu. L’ILLUMINISMO IN ITALIA In Italia gli ideali dell’Illuminismo non portarono a miglioramenti rilevanti. Si sviluppò principalmente a Napoli (ambito accademico e universitario) e a Milano (pubblico di non letterati). A Milano Pietro e Alessandro Verri nel 1764 fondano la rivista “Il Caffè”, dove si discute di attualità ed è un luogo aperto a scontri e confronti. Inoltre nel 1761 i fratelli Verri fondano anche “l’Accademia dei pugni”, il nome rende l’idea dell’animosità delle discussioni. In questo periodo sorgono molte Accademie. Un’altro importante illuminista fu Cesare Beccaria, il quale scrisse nel 1764 “Dei delitti e delle pene”. In quest’opera Beccaria condanna la pratica della tortura e della pena di morte, considerate inutili e assurde. Le pene devono essere utili, devono regolare la coscienza sociale e devono avere uno scopo di riabilitazione; non è l’intensità ma la durata della pena a essere efficace. Il dolore non può essere un criterio per accertare la verità. CARLO GOLDONI Carlo Goldoni nasce a Venezia nel 1707 da una famiglia borghese. Il padre lo indirizza verso studi filosofici a Rimini, ma Goldoni predilige il teatro e si iscrive ad una compagnia teatrale. Nel 1721 abbandona gli studi di filosofia per iniziare quelli giuridici a Pavia; qui fu cacciato (satira), quindi si trasferì a Venezia e si laureò all’Università di Padova nel 1731 in giurisprudenza. Nel 1732 entra nell’ordine degli avvocati veneziani. Inizia a lavorare come avvocato ma affianca anche la scrittura teatrale. Dal 1734 (per 9 anni) lavorò per il teatro di San Samuele a Venezia, qui inizia la riforma del teatro comico. In questo periodo conosce e sposa Niccoletta Connio. In seguito si trasferisce a Pisa e lavora come avvocato per tre anni. Nel 1748 inizia a lavorare per il teatro Sant’Angelo a Venezia, dedicandosi completamente al teatro. Qui ha un contratto di quattro anni, dove deve produrre otto commedie all’anno. Questo fu il suo periodo più intenso e con maggior successo (“La Locandiera“). Successivamente lavorò per il teatro di San Luca, ma questi anni furono molto difficili a causa di polemiche scatenate da Carlo Gozzi. Nel 1762 si trasferì a Parigi, dove dirige la Comédie italienne. Qui avrà altre delusioni perché dovette abbandonare la sua riforma. Quindi accettò un lavoro come insegnante di italiano alla corte di Versailles, dopo la rivoluzione la pensione gli venne tolta (essendo un collaboratore del re), e morì in miseria nel 1793. La poetica di Carlo Goldoni può essere riassunta come “Mondo” (realtà) e “Teatro” (regole e modelli per portare sulla scena il mondo). La modernità di Goldoni sta nell’adattarsi ad ogni tipo di pubblico, crea una lingua è uno stile suoi. Goldoni fu un autore molto prolifico, scrisse più di 200 testi. Per lui il pubblico ha grande importanza: è il destinatario e la sua ispirazione. Le commedie più famose e importanti di Goldoni sono “La donna di garbo” (1743), “Il servitore di due padroni” (1745), “La locandiera” (1752), “I rusteghi” (1770), “Le baruffe chiozzotte” (1762). “LA LOCANDIERA” “La locandiera” è un esempio di commedia riformata (non ci sono più maschere ma caratteri), è divisa in tre atti e ambientata a Venezia. La protagonista è una versione al femminile del mercante goldoniano. La commedia illustra l’indipendenza e l’intelligenza della donna d’affari (nuovi ideali della borghesia), invece i nobili sono descritti negativamente come parassiti (dibattito sulle classi sociali del 700’). La rivalutazione della donna e il concetto di autodeterminazione dell’individuo riportano all’Illuminismo. LA RIFORMA DEL TEATRO Prima della riforma era in voga la “Commedia dell’arte”. In questo genere gli attori impersonavano le maschere tradizionali (“tipi fissi”) con gesti e comportamenti stereotipati, recitano improvvisando (seguono solo un “canovaccio”, un elenco dei personaggi e la trama), e l’arte è utilizzata come divertimento per il pubblico. La riforma del teatro invece utilizza un testo scritto come copione, cerca di eliminare l’eccesso e il grottesco, gli attori interpretano personaggi realistici umani, e l’arte ha una finalità educativa. La riforma di Goldoni fu graduale: inizialmente scrisse per intero solo la parte del protagonista e poi ampliò sempre di più fino a creare “La donna di garbo” (prima opera interamente scritta), inoltre inizialmente mantenne alcune maschere che successivamente trasformò in personaggi. La produzione teatrale di Goldoni viene divini tre fasi: Nel 1808 gli viene affidata la cattedra di Eloquenza nell’Università di Pavia, che però durò solo alcuni mesi, a causa delle sue posizioni ferocemente contrarie a Napoleone. Dopo la sconfitta di Napoleone l’Italia torna sotto i Borbone (spagnoli) nel Meridione e gli Asburgo (austriaci) nel Settentrione. Foscolo non accetta di vivere sotto il dominio austriaco e nel 1815 va in esilio in Svizzera e a Londra, dove vive quasi in miseria (a causa di debiti viene anche imprigionato tre settimane). Muore nel 1827 a soli 49 anni, assistito dalla figlia. Il tema dell’esilio è centrale in molte opere di Foscolo ed ha una duplice valenza: reale (esilio volontario) e metaforica (rispecchia disagio e insoddisfazione). L’impossibilità del ritorno diventa quindi una condizione esistenziale che non avrà mai fine. La formazione letteraria di Foscolo è costituita da quattro componenti fondamentali: tradizione classica (principali autori greci e latini), tradizione italiana (Dante e Petrarca), preromantici (Wolfgang Goethe e i poeti cimiteriali inglesi) e illuministi (Rousseau). Foscolo si muove tra Neoclassicismo e Preromanticismo. OPERE - “A Zacinto” (1802-1803) Foscolo si rivolge a Zacinto, e fa una profezia: “non tornerò mai più nella mia terra, dove passai la giovinezza, perso che morirò in esilio.” Foscolo considera la sua terra speciale, sia perché vi nacque la dea Venere, sia perché venne cantata da Omero. La citazione di Omero permette al poeta di fare un parallelismo tra la condizione dell’eroe omerico, Ulisse e se stesso. Entrambi hanno dovuto lasciare la loro patria. La sorte di Ulisse nonostante tutto è più fortunata perché potrà tornare ad Itaca. Foscolo a Zacinto non tornerà più. Questa è una poesia che racconta la situazione difficile ed inquieta del poeta, attraverso un dialogo immaginario con la sua terra. Foscolo dice che di lui Zacinto non potrà avere nient’altro che questa poesia, perché egli morirà lontano dalla patria, e nessuno piangerà per lui. - “Alla Sera” (1802-1803) La sera è cara al poeta perché gli infonde un senso di tranquillità. Questi versi però vanno letti in senso più ampio, la sera simboleggia la morte vissuta positivamente. Dopo la vita di affanni la morte porta finalmente riposo. - “In morte del fratello Giovanni” (1802-1803) “In morte al fratello Giovanni” narra di una visita immaginaria di Ugo Foscolo alla bara del fratello. Foscolo promette al fratello che un giorno quel suo vagabondare avrà fine e che riuscirà ad andare sulla sua lapide per piangerlo. Foscolo riflette sul fatto che è lontano e gli è impossibile rivedere la sua casa o parlare con i suoi affetti. - “Ultime lettere di Jacopo Ortis” (1798-1817) Le “Ultime lettere di Jacopo Ortis” è un romanzo epistolare (lettere tra Jacopo, l’amico Lorenzo e Teresa), ed è considerato il primo romanzo della letteratura italiana. Foscolo per questo romanzo prende esempio da “I dolori del giovane Werther” (1774) di Wolfgang Goethe. La vicenda va dall’11 ottobre 1797 alla notte tra il 25 e il 26 marzo 1799; ed è divisa in due parti: I. Jacopo Ortis, giovane patriota, in coincidenza col trattato di Campoformio, deve abbandonare Venezia e si rifugia sui Colli Euganei. Sui Colli Euganei conosce Teresa, di cui s’innamora. Ella, però, per volontà paterna, è promessa sposa di Odoardo, un uomo in apparenza perfetto, ma arido. Jacopo e Teresa si frequentano: scoprono di piacersi, le loro anime sono affini. In un momento di tenerezza, arrivano a baciarsi. II. Jacopo abbandona i Colli Euganei per non turbare l’amata; gira ramingo per l’Italia: tocca Padova, Bologna, Firenze, Milano, Rovigo, Ravenna, Ventimiglia. Informato del matrimonio tra Odoardo e Teresa, capisce che la sua vita non ha più speranze e medita il suicidio. Pianifica con cura il suicidio: saluta la madre, poi torna sui Colli Euganei: vuole salutare Teresa. Scrive due ultime lettere, una per l’amata e una per l’amico Lorenzo. Predisposta ogni cosa, si toglie la vita piantandosi un pugnale nel cuore. La lettera da Ventimiglia: è una delle lettere più famose del romanzo, poichè contiene i temi fondamentali della riflessione di foscoliana. Jacopo Ortis esprime una rappresentazione sconsolata e pessimistica della storia, e della condizione esistenziale dell’uomo. Il tema centrale è quello politico, l’Italia è oppressa dal dominio straniero, e gli italiani non riescono a ribellarsi. La storia è dominata dalla legge del più forte, gli uomini sono portati a lottare tra loro e sopraffarsi vicenda. - “Dei sepolcri” (1806) È un poemetto in endecasillabi sciolti scritto sotto forma di epistola poetica indirizzata all’amico Ippolito Pindemonte. Il poemetto riguarda una discussione tra Isabella Teotochi, Foscolo e Pindemonte avvenuta a Venezia sull’editto di Saint-Cloud. Questo editto imponeva che le sepolture avvenissero al di fuori delle mura della città, e le tombe dovevano essere anonime e tutte uguali per motivi democratici. Pindemonte è contrario a tale editto. Foscolo inizialmente non è contrario perché nega l’importanza delle tombe (posizioni materialistiche); in seguito cambia la sua posizione trovando risposta nella possibile sopravvivenza dopo la morte attraverso il culto dei sepolcri e la memoria. Il risultato può essere diviso in quattro parti: • Prima parte: esaltazione del sepolcro come legame (mantenere vivo il ricordo dei morti presso i vivi). • Seconda parte: esaltazione del sepolcro come simbolo di civiltà. • Terza parte: esaltazione del sepolcro come ispiratore di nobili azioni (tramanda le gesta dei grandi uomini, spingendo alla loro imitazione). • Quarta parte: esaltazione del sepolcro come ispiratore di poesia eternatrice (la poesia è eterna). La struttura del testo è molto complessa, perché basata sull’ellissi (omissione di uno o più termini che è possibile sottintendere), tanto che alcuni critici lo definirono “fumoso enigma”. IL ROMANTICISMO Dal XVIII al 1815 erano presenti vari movimenti letterari come Illuminismo, Neoclassicismo e Preromanticismo. A partire dal 1815 fino alla seconda metà dell’Ottocento si diffuse il Romanticismo (o Romanticismi), nacque in Germania e poi si diffuse in Inghilterra, Francia, Italia e Russia. Il primo ad utilizzare il termine “romantico” fu Friederich Schlegel; viene usato per definire la letteratura moderna, soggettiva e priva di perfezione formale (al contrario della classica, oggettiva e armonica). I motivi dominanti del Romanticismo sono: inquietudine (ricerca di un bene indefinito e irraggiungibile), irrazionale (sogno e soprannaturale), interesse per la storia, indagine dei sentimenti, desiderio di infinito, esaltazione della libertà, fuga, titanismo e vittimismo. L’eroe romantico (ribelle e insofferente alle regole, con grandi ideali e passioni) ha un atteggiamento di lotta contro forze superiori prevaricanti votate al fallimento, che prende il nome di titanismo (dal titano Prometeo). L’impossibilità di realizzare i propri sogni lo porta al suicidio. L’eroe romantico può essere anche una vittima (vittimismo); le sue capacità non vengono comprese dalla società e viene emarginato (perpetuo esilio); il senso di sconfitta e solitudine può portare al suicidio. GIACOMO LEOPARDI (1798-1837) Leopardi è il primo di dieci figli e nasce a Recanati, all’epoca parte dello Stato della Chiesa; un paese bigotto e retrogrado. La sua famiglia era nobile ma decaduta. La madre Adelaide Antici (bigotta e severa) impone una rigida economia domestica; il padre, il conte Monaldo, impartisce al figlio un educazione molto rigida (sotto la sua guida è quella di due sacerdoti). A solo 11 anni, Leopardi prosegue gli studi come autodidatta utilizzando l’immensa biblioteca paterna (20 mila volumi). Impara perfettamente greco, latino, il francese e l’ebraico. Dal 1809 al 1816 si svolgono i “sette anni di studio matto e disperatissimo”. Il 1816 è l’anno della prima “conversione letteraria”: “dall’erudito (traduzioni) al bello (testi poetici)”. L’anno seguente inizia un intenso scambio epistolare con il letterato Pietro Giordani. Nel 1819 avviene la fuga dalla casa paterna, ma il tentativo fallisce. Successivamente avviene la “conversione filosofica”: “dal bello (poesia) al vero (filosofia)”. Nel 1822 finalmente lascia Recanati e si reca a Roma presso lo zio (delusione a causa dell’ambiente corrotto e meschino). Non trovando lavoro ritorna a Recanati, dove matura un cupo pessimismo e abbandona la poesia (silenzio poetico). Nel 1825 ha la possibilità di lasciare la famiglia e mantenersi con il proprio lavoro di intellettuale (editore milanese “Stella”). Soggiorna poi a Milano, Bologna, Firenze e Pisa, questo favorisce una rinascita della sua “facoltà di sentire e immaginare” (canti pisano-recanatesi). A causa dell’aggravarsi della sua malattia agli occhi deve rinunciare al lavoro e torna a Recanati (disperazione). Solo nel 1830 grazie ad un assegno mensile di alcuni amici riesce ad alloggiare a Firenze, dove conosce Antonio Ranieri e Fanny Targioni Tozzetti. Nel 1833 segue Ranieri a Napoli; qui morì nel 1837 all’età di 39 anni. “LO ZIBALDONE” (1817-1832) Leopardi è anche un filosofo, e i suoi pensieri hanno un evoluzione nel tempo, la quale si può seguire nelle sue poesie e nello “Zibaldone di pensieri”. Lo “Zibaldone” consiste in annotazioni di vario genere (riflessione su letture, pensieri vari, dialoghi) in più di 4.500 pagine. La prima edizione (oggi nella biblioteca di Napoli) risale al 1909 e venne curata da Giosuè Carducci. La caratteristica di questo testo è il non finito. POETICA E PENSIERO Il pensiero di Leopardi viene solitamente diviso in tre fasi: - Pessimismo storico: Leopardi, nella fase del "Pessimismo storico", identifica la felicità con il piacere e sostiene che l'insoddisfazione dell'uomo nasce dalla tensione verso un piacere illimitato. La natura è vista come una madre benevola che ha creato l'uomo e gli ha dato la possibilità di essere felice attraverso le "illusioni". La capacità di illudersi è presente nei bambini e negli antichi, ma viene persa con la crescita e l'evoluzione. Tale fase del pensiero viene chiamata "pessimismo storico" perché l'uomo ha perso la felicità originaria a causa del progresso. - Pessimismo cosmico: secondo Leopardi, l'essere umano nasce felice ma poi deve affrontare la dura realtà della vita, dove la natura appare come una forza creatrice ma anche distruttrice che inganna gli uomini. L'infelicità dell'uomo è dovuta all'immuatabile legge di natura e alla sua condizione di vittima. Questa prospettiva viene definita come "pessimismo cosmico". Inoltre, l'infelicità umana non è solo dovuta all'impossibilità di
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