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PROGRAMMA ESAME TAVAZZI AUTOBIOGRAFIE, Sbobinature di Letteratura Italiana

ANALISI dei testi di Goldoni (Le memorie italiane e il Teatro comico), di Gozzi (Memorie inutili), di Alfieri (la Vita, la Mirra)

Tipologia: Sbobinature

2020/2021
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Scarica PROGRAMMA ESAME TAVAZZI AUTOBIOGRAFIE e più Sbobinature in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) obiettivo del programma: corso in cui dovremmo ricevere degli strumenti un po’ più consapevoli, delle armi per la lettura dei testi letterari e non → spiegare il testo quasi in modo letterale, partire dal particolare per arrivare al generale > la prof. sceglierà un passo, bisognerà spiegarlo e poi commentarlo scelta del 700: periodo sottovalutato e spesso bypassato, genere autobiografico > nasce proprio in questo periodo + fake news nel 700, nel passaggio delle informazioni esiste un condizionamento dell’informazione stessa > bisogna capire, nelle autobiografie, perché un autore dà una notizia in un certo modo, quale immagine di sé punta a offrire guardare sempre le note al testo → il testo di riferimento deve avere un’indicazione di nota al testo > ecco cosa dobbiamo guardare per comprare un’edizione che cos’é l’autobiografia? Usiamo la definizione di Lejeune uno dei primi a definire l’autobiografia come genere letterario (1971, l’autobiografia on france”) → l’autobiografia é il “ racconto retrospettivo in prosa che una persona reale fa della propria esistenza, quando mette l’accento sulla sua vita individuale, in particolare sulla storia della sua personalità ” → questa autobiografia prende piede però sono nella metà del settecento, la definizione non si adatta proprio a tutte le opere autobiografiche caratteristiche fondamentali del genere autobiografico: • stile: autobiografia in prosa, Lejeune non considera autobiografia qualsiasi testo in versi • ci deve essere identità tra autore, narratore e personaggio: deve essere la stessa persona per palare di autobiografia • raccont o retrospettivo : che riguarda gli eventi passati → questa definizione distingue l’autobiografia da opere come il diario, opere dove il narratore racconta le proprie vicende, anche in un epistolario, ma racconta fatti appena accaduti e non in modo retrospettivo • la focalizzazione maggiore del racconto deve essere sulla propria vit a individuale e in particolare sulla propria p erso nalità → passaggio che é stato più messo in dubbio perché mette in luce un aspetto che non é usato nelle autobiografie di primo settecento nel primo settecento la forma scelta per il romanzo é una forma pseudo biografica es. Chiari scrive “La commediante in fortuna” → Chiari finge di essere editore delle memorie di questa commediante, non vi é una identità tra autore narratore e personaggio > le cose non sono così come vengono raccontate, non stiamo parlando di autobiografia quello che esclude Lejeune é la memorialistica, il fatto che chi scrive le memorie mette più l’accento su una condizione collettiva che accomuna il biografo a individui facenti parte del suo stesso “mondo” mentre chi scrive una autobiografia mette in luce la sua singolarità quando il modello descritto da Lejeune diventa predominante? quando appaiono nella seconda parte del secolo le “Confessioni” di Rousseau, dopo quel testo quasi tutte le autobiografie useranno questo modello e Lejeune pensa a questo testo per poter definire l’autobiografia > l’autobiografia cambia solo la “Vita” di Alfieri corrisponde in parte alle Confessioni di Rousseau > dialoga con Rousseau anche mettendolo in dubbio + prende spunto dalla tradizione italiana “il patto autobiografico”, 1775 > Lejeune rivede la sua posizione e quando dà una definizione di autobiografia non entra così nello specifico dice che quello che conta é l’identità tra autore, narratore e personaggio come si manifesta questa identità? es. attraverso l’uso della prima persona MA possono esserci dei testi in terza persona autobiografici es. autobiografia di Vico + testi in prima persona che non possono essere definiti autobiografiche es. Marcel Proust 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) cosa mette in luce in questo secondo studio? L’autobiografia si f o nda su un patto che l’autore fa con il lettore > l’autobiografo espone chiaramente, di solito nell’introduzione, le linee che guideranno l’interpretazione della sua vita > vi é un progetto auto-analitico che lo scrittore si pone al momento della scrittura e della redazione della propria autobiografia Anglani → si intende per autobiografia un testo che rimanda a una persona reale e non a un essere che é programmaticamente un essere di finzione → questo non vuol dire che il personaggio autobiografico debba corrispondere in tutto all’autore, quella é una cosa che rientra nella scrittura e non ci riguarda genere autobiografico > di per sé é un genere moderno che viene seguito soltanto a fine seicento perché nella cultura occidentale esiste un divieto di parlare di sé radicato, trasversale, che attraversa secoli e culture, con delle costanti che possiamo individuare: prima di fine seicento come autobiografie vere e proprie ci sono la vita di Benvenuto Cellini, la vita di Girolamo Cardano, la vita di Tommaso Campanella e la vita di Gabriello Chiabrera (scritta in terza persona) e pochi altri testi > ci sono però testi precedenti a questo momento che ottengono motivi autobiografici, es. la vita nova di Dante (che é però un prosimetro e ci narra solo una porzione della vita di Dante), es. il secretum di Petrarca (dialogo tra Petrarca e sant’Agostino al cospetto della verità dove l’autore, molto intimamente, riflette anche su se stesso) ecc… perché non era possibile scrivere di sé? • Bibbia: Proverbi 27:2 → scrivere di sé può essere un atto di superbia • Aristotele, etica nicomachea → il magnanimo né parla di sé né di altri • Cicerone → “non é necessario parlare di me” • Tommaso D’Aquino, summa teologica → é riprovevole lodare sé stessi senza debiti motivi così pure é riprovevole che qualcuno parli dei propri peccati come per vantarsene oppure che ne parli senza alcuna utilità → se qualcuno parla bene di sé é superbo ma se uno mette in luce una cosa negativa che ha fatto, istiga quasi a commettere il peccato che egli stesso ha commesso (é un problema dal punto di vista cattolico) MA si dice “senza debiti motivi” p e r cui esistono dei motivi oe4r cui ci si può abbandonare al racconto au to biografico. Queste eccezioni sono codificate in un passo del convivio di dante Non si concede per li retorici alcuno di se medesimo sanza necessaria cagione parlare, e da ciò è l'uomo rimosso, perché parlare d'alcuno non si può che il parladore non lodi o non biasimi quelli di cui elli parla; le quali due cagioni rusticamente stanno, a far [dire] di sé, ne la bocca di ciascuno. E per levare un dubbio che qui surge, dico che peggio sta biasimare che lodare, avvegna che l'uno e l'altro non sia da fare. […] Veramente, al principale intendimento tornando, dico, come è toccato di sopra, per necessarie cagioni lo parlare di sé è conceduto: e intra l'altre necessarie cagioni due sono più manifeste. L'una é quando sanza ragionare di sé grande infamia o pericolo non si può cessare; e allora si concede, per la ragione che de li due sentieri prendere lo men reo é quasi prendere un buono. E questa necessitate mosse Boezio di se medesimo a parlare, acciò che sotto pretesto di consolazione escusasse la perpetuale infamia del suo essilio, mostrando quello essere ingiusto, poi che altro escusatore non si levava. L'altra é quando, per ragionare di sé, grandissima utilitade ne segue altrui per via di dottrina; e questa ragione mosse Agustino ne le sue Confessioni a parlare di sé, ché per lo processo de la sua vita, lo quale fu di [non] buono in buono, e di buono in migliore, e di migliore in ottimo, ne diede essemplo e dottrina, la quale per sì vero testimonio ricevere non si potea. Dante Alighieri, Convivio, I, cap. 2 ragioni per cui si può parlare di sé: • se qualcuno non parla di sé non mette fine a un’infamia o a un pericolo > allora si prende la via meno “rea” e ci si difende → fa l’esempio di Boezio, uno dei più stretti collaboratori di Teodorico, che diventa a fine della sua vita molto sospettoso e fa incarcerare molti dei suoi fedelissimi, allora Boezio in carcere si discolpa dalle accuse infamanti per cui è 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) • nascita, patria, gli impieg h i, le avventure … dovevano fornire questi dati perché si distinguessero gli uni dagli altri • ma non i costum i → tutto ciò che riguarda le abitudini personali, la moralità, comportamenti privati che non sono strettamente legati alla professione • tutto questo potrebbe istruire il mondo → finalità didattica/pedagogica Porcia si rivolge a chi ha già ottenuto il riconoscimento pubblico per le proprie opere, che ha un certo livello di notorietà → esorta una categoria precisa di persone che possono essere modelli, ispirazioni per i giovani > finché il letterato si limita a concentrarsi sugli aspetti pubblici della sua attività lettera a Vallisneri 1718 → Porcia dice di voler scrivere un’opera contro i gesuiti e mostra di essere impegnato in una battaglia che riguarda sia i metodi che i contenuti dell’educazione > questo é anche il principale limite del progetto di Porcia perché il progetto si carica di polemicità PROGETTO DI PORCIA Non v'ha dubbio, che nel Secolo prossimo passato, e nel presente le Lettere non abbiano ritrovati de' soccorsi ad esser apprestati, i quai non mai caddero in mente agli Uomini de' tempi più remoti. […] bisogna incoraggiare le giovani mente a studiare→ cosi gli é venuto un mente questo progetto + dice di averne già parlato con i letterati dell’epoca in cui ha trovato molto favore […] Il cuore certamente non é d’altro motivo desto, che dall’amore all’avanzamento delle lettere in Italia illustre Patria nostra, per la di cui gloria non che l’inchiostro, ma sparger il sangue ci recheremo a nostro onore, e vantaggio. E non sarà forse gloria dell’Italia i di lei pregi ai dotti Oltramontani andar divisando, obiettivo di concorrenza di far conoscere l’Italia ai dotti al di fuori della patria E ’l far riconoscere ovunque vi sia sapor di lettere il nome, e ’l merito, e il buon gusto de’ nostri Letterati, del quale par, che altrove o non s’abbia, o aver non si voglia una ragionevole, sincera, e pesata contezza. Nostra intenzione dunque si é di esporre al pubblico per mezzo delle loro stesse penne le “Notizie d’alcuni letterati viventi d’Italia e de’ loro studi.” […] i letterati non vanno disgiunti dai loro studi → non vuole far sapere solo che esistono ma a cosa sono collegati in quale materia eccellono Questa istoria dovrà, siccome testé s’é poi accennato, da essi scriversi, contezza in essa dando del tempo della lor nascita, del nome de’ loro padri, e della loro patria, e di tutte quelle avventure della loro vita, che render la ponno più ammirabile, e più curiosa, e che onestamente da essi senza carico del loro buon nome, e senza pena d’un giusto rossore puote al mondo, ed ai posteri comunicarsi. Questa storia ognuno deve scriverla da sé e dare delle informazioni di base autobiografiche e dovranno essere raccontate in modo interessante per il lettore MA viene escluso tutto ciò che può gettare discredito sulla personaggio, gli aspetti che non sono connessi alla dimensione pubblica di questi uomini illustri del sapere NON interessano, soprattutto se può farli vergognare Appresso o separatamente raccontando, o intrecciando, secondo l’occasione, o secondo lor genio, alle accennate notizie quelle de’ loro studi, una più distinta narrazione verran descrivendo di questi, stendendola con le più esatte circostanze, e minute. 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) Porcia ora non lancia solo un’esortazione ma fornisce un modello, forma un’autobiografia … sta dicendo esattamente cosa devono e non devono scrivere, tant’é che dice addirittura da dove devono partire e cosa non devono assolutamente trascurare Incomincieranno dalla Grammatica, notando come loro fu insegnata, se con particolare metodo, o coll’usato nelle scuole, e se quel metodo nuovo meriti approvazione ne addurranno il perché. Così andranno asce[n]dendo d’Arte in Arte, di Scienza in Scienza conto rendendo di quante n’hanno apparate, e gli abusi, e i pregiudicj delle scuole, e de’ loro Maestri additando, o se altrimenti sia il buon ordine loro, e la loro sana dottrina lodando, mostreranno ciò, che nell’istruire la gioventù fuggir deesi a vantaggio delle lettere, e ciò che debbe seguirsi. Né solamente porran mente a ciò che bene, o rea[l]mente nelle scuole s’insegna, quanto a ciò, che non s’insegna, e pur ragion vorrebbe, che s’insegnasse. […] • polemica molto forte: critica all’educazione che veniva impartita dai collegi gesuitici in Italia, il progetto di Porcia nasce dall’esplicita idea di contrapporsi al corso degli studi dei gesuiti e questa é anche una delle ragioni del suo fallimento (alcuni letterati non vogliono mettersi contro i gesuiti e non gli daranno il consenso a pubblicare le prioprie biografie) • bisognava soffermarsi sulla Grammatica prima di tutto e su tutte le discipline → bisognerà parlare DEGLI ABUSI E DEI PREGIUDIZI NELLE SCUOLE o al contrario elogiare i propri maestri > sta criticando, se qualcuno é eccellente in un’arte é perché ha superato l’insegnamento scolastico ◦ la cultura che viene impartita ai giovani é ormai vecchia, obsoleta ecc… • le autobiografie ci fanno capire che questi uomini illustri si sono messi contro tutto e tutti e la biografia diventa esemplare e vuole esortare le giovani menti a fare lo stesso, Porcia propone un progresso culturale Fatto dal nostro letterato questo discernimento per le accennate ed altre scienze, e bell’arti da lui imparate, e additati gli abusi delle scuole, se avenuto gli sarà d’osservarne, passerà a ragionare di quella scienza, o arte, a cui con istudio particolare s’é appigliato, l’opere notando, che ha pubblicato, o é per pubblicare, quali autori abbia seguiti, o imitati, e perché; e perché pure gli altri trattanti la stessa materia abbia schifati; se nell’opere sue di che ritrattarsi, o pentirsi ritrovi, le critiche accennando, e le Apologie, che fatte si sono, o si potrebbero fare contro, o in difesa loro. Porcia chiede qualcosa di molto impegnativo → i letterati devono assumersi la responsabilità di dire se hanno commesso degli errori e quali critiche gli sono tate mosse > richiede una grande onestà intellettuale Qui é dove ricercasi tutta la sincerità de' nostri Letterati, a quali in questo punto auguriamo un'eroica indifferenza ad ammaestramento di chi non sente molto avanti nel buon gusto, ed é questo quel punto, a cui come a bersaglio s'indirizza questa nostra fatica. Qui é dove li preghiamo a svilupparsi dalle catene dell’amor proprio, e sciolti da ogni privata passione dichiararsi per lo bene pubblico, la piccola gloria di far illustri solamente se stessi posponendo alla vera, e grande di giovare a una intera nazione. Il letterato deve scrivere la propria vita intellettuale con critica e sincerità e non per farsi grande perché quello che conta non é il bene del singolo ma il progres so dell’intera nazione → istruire i giovani é più importante che scrivere la propria apologia Aspra per vero dire, e dura cosa sembra il confessare pubblicamente i falli suoi specialmente in cose d’ingegno e di lettere, contro i quali falli come criminalmente dalle leggi non si procede, così più che tanto pregiudiziali all’umana società, e felicità non si credono da chi li commette. Ma non pertanto ell’é pure una solenne empietà, e un superbo volere, ch’altri errino col mio esempio, purché io non soggiaccia al rossore d’essere riconvenuto d’aver errato. é duro dover ammettere errori neppure perseguibili, ma facendolo si permetterà a altri di evitare di sbagliare e se non lo si facesse, si farebbe una cosa empia 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) Ell’é una specie di seducimento inciampare, e cadere, e ’l luogo del pericolo non additar a chi siegue, e ’l tirar compagni nel precipizio, se pur conforto vuol dirsi, egli é un crudele conforto. Ciò detto sia per far coraggio a’ Letterati nostri, ond’essi generosamente nell’esporre la storia de’ loro studj facciano a vantaggio universale palesi i proprj abbagliamenti, pur troppo perdonabili, perché da questi é difficile, che difendasi la mente nostra finché é vestita di carne, vale a dire finché ell’é oppressa dalle passioni, ed é dai sensi ingannata. Ma se malagevole si é che se ne difenda, molto più malagevole egli é, che li confessi. Ragionevole certamente sembra una cotal ritrosia, quando debbansi far palesi que’ nostri difetti, che annerano il nostro costume, ma non é altresì cosa di leggieri tanto escusabile come del costume il velare, e ’l difendere gli errori dell’intelletto. Sarebbe esagerato da parte sua chiedere di ammettere errori morali che possono ledere irreparabilmente la reputazione dei letterati Ponno questi farmi men letterato, ma non men valentuomo, e il carattere del valentuomo può rendermi non inutile all’umana società […]. ➔ gli errori dell’intelletto possono farmi meno letterato ma non mi fanno meno “brava persona” come invece fanno gli errori dei costumi e finché sarò un buon uomo, sarò utile alla società Ma comunque la cosa sia preghiamo di nuovo i Letterati nostri ad armarsi nel descrivere la storia di se stessi d’una generosa neutralità, e a trattare le cose loro siccome la varia costituzione delle cose stesse lo richiederà, vestiti ora del carattere di giudici, ora di censori, ed ora d’apologisti. […] emerge una richiesta di obiettività Ed ecco bella, e intera l’idea di quest’opera, la di cui utilità mescolata col piacere di chi tra le mani vorrà averla, per quello, che a noi ne paia, soverchia cosa si é minutamente descrivere. Chi non vede, ch’ella riuscirà come un trattato universale prattico tutto in volume racchiuso di quanto saper si dee in genere di letteratura, e che sarà un vasto campo di critica per esercitarvi gli ingegni? Basti questo cenno per tutto quello, che dir si potrebbe in raccomandazione d’un’Opera, i di cui compilatori non sono oziosi Contemplativi, ma de’ loro precetti sono nello stesso tempo esecutori, e maestri, e di se stessi in certa maniera guide, e seguaci. Insieme al progetto di Porcia viene pubblicata, su questo modello, la vita di Gianbattista Vico cosa succede poco tempo prima che pubblichi il suo progetto? 18 Ottobre 1721 lettera di Vallisneri a Muratori → secondo Vallisneri l’idea di Porcia é utile e bella ma satirica, si collocherà in polemica con un bersaglio specifico > Vallisneri non condivide l’impostazione di Porcia, non vuole seguirlo ed é titubante, semmai dovesse scrivere la propria autobiografia farà in modo che i gesuiti ne escano bene 26 dicembre stesso anno, lettera di Muratori → Muratori si dice “sospeso” perché vede tutti gli altri perplessi su questo progetto e vede un pericolo l’attaccare la compagnia di Gesù fanno seguito al progetto solo due autobiografie: • la vita di Gianbattista Vico, edita contemporaneamente al progetto ◦ Vico stesso in una lettera si lamenta di essere l’apripista di questo progetto, egli n on sapeva quando e dove sarebbe stato pubblicato + si lamenta che l’autobiografia, quando viene editata, é piena di errori • la seconda autobiografia di Pier Jacopo Martello (muore nel 28) e quando viene pubblicata é già morto, probabilmente la scrive già nel 1721 tutti gli altri letterati in contatto con Porcia declinano l’esortazione e ciò rende il progetto di Porcia un insuccesso ma comunque rivoluzionario perché pone al centro il parlare di sé contro un 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) • confronto con Cartesio e con il discorso sul metodo di Cartesio > mentre quello ha parlato solo della cosa in cui è diventato eccellente, Vico parla anche delle proprie ingenuità ◦ assume nei confronti della propria vita l’atteggiamento che ha lo storico nel costruire la storia: lui esce da sé e racconta con distanza quasi oggettiva le sue vicende • ischiettezza: fondamentale per qualsiasi autobiografia settecentesca • si parla sempre degli studi di Vico e non della vita • filo: termine significativo perché ci dà l’idea che nel racconto autobiografico di primo Settecento prevale una selezione che mostra come ci sia un filo, una continuità che lega tra loro le vicende (non si raccontano tutti gli aspetti della vita) → la struttura é quindi compatta e unitaria (ci dice Battistini) “Volendo generalizzare, nelle prime prove autobiografiche del Settecento la vita appare sì complessa come un labirinto, ma il resoconto che se ne fa é simile a un sicuro filo di Arianna, garante di una struttura centripeta, ordinata, “cartesiana”, con il prevalere di una logica, di un disegno, molto più selettivo dei fatti rispetto alla realtà vissuta, ma proprio per questo più unitario. Il filo, da questo punto di vista, é sinonimo di metodo, ossia di via che, per quanto tortuosa, non si interrompe, così come il filo non si spezza” Battistini lo scrivere di sé comporta uno sguardo sul passato che tende a operare una forte selezione, selezione di tutto ciò che riguarda l’essere un letterato Giannone é un altro tipo di letterato, non c’entra nulla con il progetto di Porcia pur essendone al corrente visto che in una sua lettera leggiamo che sa della vita di Vico e la definisce la cosa più sciapita e trasonica (da millantatore) che si potesse mai leggere → suo malgrado, si trova nel 1723 a pubblicare un testo di grande importanza dove denuncia gli abusi temporali del potere ecclesiastico > si fa molti nemici subisce una condanna da parte della curia romana che gli rende necessario cercare protezione: prima va a Vienna. Poi nel 1734 su trasferisce a Venezia, dopo a Ginevra ecc… finché non viene attirato in Savoia dove però viene quasi subito arrestato, viene incarcerato a Ceva e poi trasferito a Torino dove vive fino alla sua morte nel 1748 → scrive la sua autobiografia in carcere (progetto che risale fra il 1737-1741) che rientra nel modello di Boezio descritto da Dante, giustifica la scrittura di sé come un’autobiografia scritta per difesa PROEMIO Prendo a scrivere la mia vita e quanto siami accaduto nel corso della medesima, non già perché io presuma di proporla a' lettori per esempio da imitare le virtù forse da me esercitate, o da sfuggire i vizi de' quali fui contaminato; ovvero perché contenesse fatti egregi e memorandi e fuor del corso ordinario delle umane cose adoperati — poiché son persuaso che, sicome in me non furono estreme virtù od estrema dottrina da imitare, così mi lusingo che non vi saran estremi vizi oppure estrema ignoranza da fuggire. • Dice intanto cosa non farà → ha iniziato a scrivere e sue memorie non perché si debba imitare il suo esempio + non pensa che la sua autobiografia e la sua vita siano così importanti, degni di memoria (esclude i motivi topici di esemplarità e di eccezionalità) • prima autobiografia scritta in prima persona Prendo a scriverla perché, trovandomi ritenuto fra le angustie d'un castello, dove privo di ogni umano commercio traggo miseramente i miei giorni; e dubitando, per la mia età cadente, non dovessi quivi finirla; quindi, e per alleggerire in parte la noia e il tedio, e perché, avvicinandomi alla fine, rammentando con la mente tutte le mie passate gesta, possa ritrarre conforto dalle buone e pentimento delle ree. ➔ Dice di trovarsi in una condizione di cattività tale che lo spinge a scrivere innanzitutto per schivare la noia + la vicinanza con la morte, con la consapevolezza che non uscirà da lì, fa 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) in modo che guardi alla sua vita consolandosi con le cose buone che ha fatto e pentendosi dei propri errori > moderno: c’é un esigenza personale Sono ancora a ciò spinto dal riflettere che, avendomi il mio destino condannato ad esser bersaglio dell'invida maladicenza di molti miei nemici, i quali non meno presero a malmenare i miei libri che a detrarre e malignare le mie azioni, intendo che gli amatori della verità ne abbiano una sincera e fedele narrazione, e non si dia occasione a' maligni di oscurarle, o lividamente rapportarle. ➔ Giustificazioni più forti: é vero anche che é stato bersaglio di maldicenza e invidia ed é perseguito per i suoi scritti, allora é necessario che chi ama la verità abbia un sincero e fedele resoconto su come sono andate le cose E poiché, dopo il mio naufragio, vari miei scritti andarono sparsi di qua e di là, perché tutti sappiano separare i veri da' falsi, che potrebbero gli invidiosi, forse, a me ascrivere, manifesto qui fedelmente, uno per uno, quali fosser i miei propri e legittimi parti. Ha paura che il desiderio di condannarlo possa far attribuire a lui testi che in realtà non ha scritto scrittura Giannone: ✔ alto tasso metaforico es. immagine del naufragio ✔ fortemente elaborata dal punto di vista retorico ✔ termini che ricorrono spesso (es. invida maldicenza) ✔ il procedimento spesso va avanti con due termini uguali → dittologie sinonimiche Ma sopra tutto prendo a scriverla perché sia a gli altri di documento, e spezialmente a gli uomini probi ed onesti ed amanti del vero, quanto sia per essi dura e malagevole la strada che avran da calcare, per passar la loro [vita] in questo mondo liberi e sicuri, fra la turba di gente improba ed infedele e tra l'infinito numero degli sciocchi e de' malvagi, massimamente a chi avrà sortita la disgrazia di nascere sotto grave e pesante cielo, in terreno servo e soggetto e ferace di pungenti spine e d'inestricabili pruni e triboli; e molto più in questi tempi ne' quali, spento ogni raggio di virtù, sembra che l'invida maladicenza, l'ambizione, l'avidità delle ricchezze e degli onori, l'avarizia e tutte le umane scelleratezze abbiano date le ultime prove; sicché a ragione, chi attentamente vi riflette, non più dubiti il mondo esser retto e governato da spirito pravo e maligno, secondo che pure la divina Sapienza ci palesò, dicendo ch'era posseduto da Satan; che gli uomini per proprio istinto, fin dalla loro adolescenza sono portati al male, e che il mondo fosse positus in maligno. • dà una visione negativa della società retta dal male in cui chiunque sia onesto dovrà affrontare difficoltà e sarà perseguitato → siamo tutti nella stessa barca, la sua autobiografia vuole aiutare chi si troverà in situazioni affini alla sua (principio per cui Porcia diceva che l’esemplarità delle vite dei letterati sarebbero state di stimolo per gli altri) • grave e pesante cielo = un’organizzazione statale che sia poco libera • idea che la vita é un documento che mostrerà a altri le difficoltà che si troveranno a affrontare Se, adunque, in essa non vi leggeranno fatti illustri ed egregi, avrà almanco questo pregio: che altri, avendola innanzi agli occhi, prenda da sé guardia e abbiala per guida e scorta in passando un mare sì crudele e tempestoso, pieno di sirti e di perigliosi scogli, dove facilmente potrebbe urtare e sommergersi. esemplarità che insegna proprio a cavarsela in un mare crudele in cui invece c’é il rischio di potersi distruggere (vita come mare/naufragio → usa metaforicamente ancora l’immagine del mare) Forse potrà anche riuscire di loro utile, in leggendo nel corso della medesima quanto gli uomini sovente si affatichino indarno fra studi vani ed inutili, e le preziose ore del tempo inutilmente consumino fra ricerche di cose vane che niente conducono, né per regger la nostra vita nella 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) strada della virtù, de' buoni costumi e delle opere oneste e commendabili presso Dio e presso gli uomini probi, né per illuminare le nostre menti nelle cognizioni delle scienze utili e necessarie; anzi per maggiormente invilupparle tra questioni vane ed astratte, delle quali, dopo essersi lungamente affaticati, ne sapranno molto meno che prima, quando cominciarono ad investigarle. c’é un divario tra l’autobiografia e la memorialistica rimo settecentesca, questo nuovo stimolo di scrivere di sé deve avere una finalità, deve servire a dare un esempio sia positivo che negativo per i giovani + superamento di un interdetto secolare sia ancora condizionato > prospettiva orientata su un’attività pubblica per capire Goldoni dobbiamo partire da Venezia, che nel 700, era considerata la città dei teatri > aveva 15 teatri attivi che aprivano la prima settimana di ottobre fino all’avvento poi ricominciavano le rappresentazioni il 26 dicembre e si richiudeva dopo il martedì grasso → dopo gli attori facevano tournée di terraferma e molto spesso Goldoni, essendo sotto contratti pressanti, doveva seguirli teatri veneziani > erano teatri pubblici > a Venezia, longeva Repubblica, non ci sono forme di finanziamento al teatro né una corte ma un doge → i 15 teatri di Venezia per continuare a essere aperti dovevano basarsi sul prezzo che la gente pagava per vedere gli spettacoli → i teatri a Venezia costavano poco e ci andavano praticamente tutti, bastava poco per far fallire un teatro o una compagnia un autore di opere teatrali doveva: • scrivere quanti più spettacoli possibili • scrivere spettacoli che piacevano al pubblico • non introdurre novità improvvisamente, deve abituare il pubblico all’innovazione a poco a poco → Goldoni si colloca tra il dover piacere al pubblico e il voler compiere progetti ambiziosi per dialogare con grandi letterati • entrare in modo efficace in un sistema di organizzazione spettacolare che é già dato > Goldoni capisce che se vuole avere successo deve scrivere appositamente per gli attori che reciteranno i suoi testi parliamo di Metastasio (potrebbe capitare all’esame) → poeta cesareo alla corte di Vienna > scrive poche opere e una valanga di lettere Goldoni, come Metastasio, senza un soldo e borghese, scrive tantissime opere e poche lettere (situazione contraria) > scrive per i teatri pubblici → campava di scrittura, facendo però a meno del mecenatismo Goldoni capisce ben presto di dover sfruttare a suo vantaggio la gerarchia presente in ogni compagnia teatrale commedia dell’arte → compagnie dell’arte gli attori si specializzano in un ruolo per poter improvvisare su un canovaccio ruoli: due o tre coppie di innamorati → parti serie quelle per cui spesso Goldoni scrive si aggiungono una serie di maschere: • due vecchi > molto spesso genitori degli innamorati • un pantalone che si chiama Magnifico > vecchio libidinoso • dottore in legge di origine bolognese che mescola linguaggio e che usa in modo comico e ricattatorio il latino • due servi (zanni) il primo Brighella e il secondo Arlecchino → servo furbo e servo sciocco • servetta : Smeraldina o Colombina i ruoli definiti sono legati a una tipologia umana ma non é detto che gli attori che li interpretano entrino in scena con il nome che noi conosciamo e attribuiamo a un certo personaggio (es. Antonio Sacchi faceva la pare di Arlecchino ma chiamandosi Truffaldino) 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) I costumi di due nazioni, il loro gusto messo a confronto, tutto ciò che ho veduto, tutto quel che ho osservato, potrebbe divenir piacevole, e anche istruttivo per i dilettanti. memorialistica: descrive un mondo intero → attraverso la sc ri ttur a di sé si può dare uno spaccato su un’epoca piacevolezza + istruttivo → categorie consapevoli da parte di un letterato che é abituato a fare i conti con il parere del pubblico Mi propongo adunque di affaticarmi quanto io potrò, e ciò con un piacere inesprimibile, per arrivare al più presto possibile a far parola del mio caro Parigi, che mi ha sì bene accolto, tanto divertito, sì utilmente occupato. Comincio dal rimpastare e tradurre in francese tutto ciò che si trova nelle prefazioni storiche dei diciassette volumi del Pasquali. in realtà, riscrive le Memorie in francese pur dicendo che avrebbe semplicemente tradotto le prefazioni delle edizioni Pasquali Questo é il compendio della mia vita, dalla mia nascita fino al principio di ciò che dicesi in Italia Riforma del Teatro Italiano. Si vedrà come questo genio comico, che fu sempre la mia passione dominante, si é in me manifestato, e poi svolto, e quanti siano stati gli sforzi inutilmente tentati per disgustarmene, e i sacrifici da me fatti a quest’idolo imperioso, che mi trasse dietro a sé stesso. Tutto questo formerà la prima parte delle mie Memorie. prima parte: dalla nascita fino alla riforma, parlerà della manifestazione del suo genio comico > si mostra come un predestinato alla carriera teatrale La seconda comprenderà la istoria di tutte le mie produzioni, il segreto degli accidenti che me ne hanno somministrato l’argomento, il buono o cattivo incontro delle mie commedie, la rivalità destata dalla mia buona riuscita, le cabale che ho schernite, le critiche che ho rispettate, le satire che ho sofferte in silenzio, e gl’intrighi dei commedianti che io ho superati. Si vedrà che la natura umana é l’istessa per tutto, che per tutto s’incontra la gelosia, e che per tutto l’uomo pacifico e di sangue freddo giunge a farsi amare dal pubblico, ed a stancar la perfidia de’ suoi nemici. seconda parte: parlerà delle critiche ricevute e rispettata perché costruttive contrarie alla satira che, negativamente, distrugge e mette in ridicolo + ci fa capire di averne passate di ogni avendo dei nemici La terza parte di queste Memorie conterrà la mia emigrazione in Francia. Provo tal compiacenza di poterne parlare a mio bell’agio, che fui tentato di dar principio di lì alla mia opera. Ma in tutto vuolsi metodo. Sarei stato forse in obbligo di ritoccare le due parti precedenti, ma non mi piace riandare le cose già fatte. Ecco quanto io aveva da dire a’ miei lettori. Prego i medesimi a leggermi, e far grazia di credermi: la verità fu sempre la mia virtù favorita, ed ho sempre trovato buono il seguirla. Essa mi ha risparmiato la pena di studiar la menzogna, e mi ha sottratto al dispiacere del rossore. terza parte: l’emigrazione di Goldoni in Francia + dichiarazione di verità assoluta é interessante soffermarci su quali sono le cose che lui non dice: perché Goldoni cancella la Bettinelli? A Goldoni capitano alcune cose nella vita che lo spingono alla riflessione sulla diversità del testo scritto in funzione della pubblicazione rispetto a uno scritto per essere rappresentato Goldoni vincolato per tutta la vita dai contratti, deve collaborare con una compagnia di attori i quali reciteranno i suoi testi es. quello con il capocomico, oppure con un nobile ricco possidente di teatri (es. Vendramin)… 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) quando Goldoni torna a Venezia, dopo aver lavorato per un periodo a Pisa come avvocato, ha un incontro con il capocomico Medebach, incontro stimolante, che lo spinge a scrivere per la sua compagnia e lo assume → Goldoni comincia un periodo molto fortunato per lui, i suoi testi piacciono e si afferma come autore Medebach ha molto rilievo nello stimolare Goldoni a proporsi un rinnovamento teatrale → il portavoce di Goldoni nel Teatro Comico é un capocomico (controfigura di Girolamo Medebach) in questo stesso periodo Goldoni decide di avviare la prima edizione delle sue opere, quelle che nelle Memoires “finge” di dimenticare → Bettinelli > le commedie di Goldoni escono in modo particolare, non sono una pubblicazione di cui l’autore ha tutto il controllo, l’edizione é condizionata anche da alcune richieste legate a Girolamo Medebach: • quando un capocomico assumeva un poeta di compagnia, i suoi testi erano esclusivamente di quella compagnia mentre se i testi venivano pubblicati diventavano automaticamente di tutti e tutte le compagnie potevano utilizzarli ◦ Medebach impone di pubblicare i testi una volta l’anno e bisogna pubblicare commedia già rappresentate, non testi inediti → i testi infatti dovevano rimanere solo della compagnia visto che Goldoni era pagato per scrivere per loro Pietro Chiari, avversario di Goldoni, in quegli stessi anni pubblica i propri testi teatrali uno alla volta, in prossimità della loro rappresentazione (lavorava nel teatro San Samuele) un anno prima della scadenza del contratto con Medebach, Goldoni riceve una proposta di lavoro più vantaggiosa per lui da parte dei Vendramin che hanno il teatro San Luca ➔ Goldoni firma il contratto nel 1752 (per la stagione successiva), prima che scada l’altro contratto, senza dirlo a Medebach → Goldoni quindi, a fine stagione 52-53, comunica a Medebach di aver firmato un contratto con la concorrenza e di non voler continuare la collaborazione > tutti ovviamente ci rimangono malissimo, soprattutto un’attrice, musa ispiratrice di Mirandolina, e per vendicarsi di tutti i dispetti Goldoni scrive per lei una parte di una donna tanto vendicativa → le scaramucce private influenzano il corpus di testi di un autore questo passaggio da un teatro all’altro di Goldoni é significativo dal punto di vista editoriale> sono già usciti tre volumi della Bettinelli, sarebbe dovuto uscire il prossimo tomo → l’editore comunica a Goldoni, però, che Medebach gli ha detto di non dover prendere nessun testo da lui, ormai i testi appartenevano alla compagnia che poteva farci ciò che voleva Goldoni si infuria, minaccia l’editore di andare a pubblicare i propri testi da un’altra parte → Bettinelli parla nuovamente con Medebach che decide di dargli i testi di Goldoni, continuando l’edizione > i testi che Goldoni ha scritto per la compagnia usciranno tutti insieme (fa uscire un Manifesto) ➔ Goldoni decide di fare, in un altro stato, un’edizione concorrente → in Toscana con Paperini, pubblicando anche un Manifesto denunciando il fatto che Medebach non aveva nessun diritto di pubblicare le sue opere, anche se a livello legale nel Settecento si tutelava chi pubblicava e non l’autore = Bettinelli va in causa con Goldoni e l’editore vince, quindi Goldoni é costretto anche a ripagarlo questa vicenda apre uno scenario in cui Goldoni scrive moltissimo contro Medebach e Bettinelli e cambia i suoi testi prima di ripubblicarli per far capire quanto possano cambiare gli scritti se hanno funzione rappresentativa o editoriale Egli é ben vero però, che il Mondo non aspettava il proseguimento della Edizione dal Medebach, ma da me medesimo, e sarà una mostruosità inaudita che di un Autore vivente, qualunque siasi, stampate vengano le Opere sue a suo dispetto, in quello stato, che furono nel Teatro, e Compagnia suddetta rappresentate, che vale a dire come cadute quasi dalle penna mi sono, senza che sieno da me rivedute, da me corrette (C. Goldoni, Lettera dell’avvocato Carlo Goldoni ad un amico suo di Venezia, in Id., Polemiche editoriali. Prefazioni e polemiche I, cit., p. 188) 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) • Goldoni sostiene che c’é differenza tra testo per la rappresentazione e testo per la pubblicazione → sostiene di compiere un labor limae sulle sue opere e di avere quindi il diritto di cambiarle (invece nella Prefazione Bettinelli diceva di non preoccuparsi troppo della forma dei testi e di pubblicarli così come furono rappresentati → prova che Medebach gli mette sotto il naso) si dice che l’editio princeps di un’opera teatrale é sempre difforme del testo rappresentato E il mio carissimo Medebach le stamperà nello stato che furono rappresentate? E il Bettinelli da me con tanto amore trattato, [...] egli ha coraggio di ricevere le mie Commedie dalle mani di chi mi usurpa un diritto, che a me sol si conviene, egli non ha ribrezzo a stamparle sfigurate, scorrette, ad onta mia, a mio dispetto, dopo quel sacro impegno, che preso avea di non farlo? (Ivi, pp. 189-190) Goldoni vuole prendersi il proprio diritto d’autore, sa di avere torto ma comunque fa una riflessione interessante Esse non sono nemmeno sceneggiate. Vi sono delle Scene a soggetto, che si han da scrivere del tutto [...]; dunque o si stamperanno con indegnità, con obbrobrio, o saranno dagli accurati Correttori cambiate. Ma chi saranno quegli arditi, che averanno coraggio di por mano nell’Opere mie? Quando mai si é inteso che ad un povero Autore vivente siasi mai fatta una tale ingiuria? (Ivi, p. 192) Sciugliaga propone di distinguere due diverse edizioni: • edizione d’autore semplicemente comico, da giudicare con l’orecchio, come quella di Bettinelli • edizione di autore letterato: corretta riformata ampliata e illustrata > i testi sono veicolati per essere un libro Goldoni perde la causa, che conseguenze ha dal punto di vista editoriale? Goldoni fa di tutto per cambiare i testi nell’edizione Paperini es. cambia i nomi nel Teatro Comico anni dopo quando la polemica si é spenta > Goldoni fa una nuova edizione delle sue opere e cerca di fare le cose in grande, propone di pubblicare, quella che lui definisce, un’edizione colta e magnifica che vuole essere un’edizione di lusso delle sue opere: con una stampa più curata, migliore, con un diverso formato ➢ per renderla più appetibile decide di renderla illustrata → inserisce un momento della sua vita e da qui nascono le prefazioni autobiografiche (per spiegare le illustrazioni) → il libro é una novità, vuole fare qualcosa di diverso (leggere Al Serenissimo Principe di Venezia) + a livello commerciale le illustrazioni aiuteranno a catturare l’attenzione del pubblico ➢ leggere Manifesto edizione Pasquali pag 359 → cerca di riassicurare il suo pubblico della sua continuità editoriale quando si parla di Goldoni é importante osservare la sua attività da un doppio binario: da una parte abbaimo il drammaturgo che scrive per le compagnie teatrali ma dall’altro abbiamo anche un autore che ha un’alta cognizione di sé e che si propone come colui che riporterà la dignità a un genere che quella dignità non ce l’ha più incisione: • parte allegorica: alla sommità • parte centrale: momento della vita di Goldoni • parte sottostante: citazione, spesso latina (Tomo I) A TENORE de’ manifesti, che ho fatto a questa mia edizione precedere, eccomi a dar principio alla stampa, che avrà per titolo: “Opere di Carlo Goldoni”. 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) ◦ opere di Cicognini: strutturate su un un intreccio pieno di colpi di scena, espedienti per sciogliere trame intricate, travestimenti, macchinari che creavano effetti visivi… → Goldoni impara come condurre un intrico efficace, in modo tradizionale • la libreria: si leggono dei titoli che compongono questa libreria ideale ◦ nella libreria Cicognini c’é + Gianbattista Fagioli, Gianbattista Della Porta, Carlo Maria Maggi, Girolamo Gigli … → tutti autori di teatro ◦ negli anni in cui Goldoni ha circa di otto anni non esistevano certe edizioni di questi autori es. Fagioli > i nomi che compaiono nell’incisione come antecedenti in realtà non sono una biblioteca reale sono inseriti in una biblioteca ideale di letture giovanili ◦ dobbiamo interrogarci anche su chi manca nella piccola libreria: es. manoscritto Terenzio, Moliére ecc.. > esistono loro stampe di opere illustrate, questi testi potrebbero aver influenzato Goldoni eppure non li mette (non considera come modelli i suoi modelli di struttura editoriale ma solo coloro che hanno pesato su una futura riforma teatrale) • Melpomene e Talia una ha lo stilo e l’altra la maschera, sono le Muse della Tragedia e della Commedia Nella ristampa che ora intraprendo, non mi affaticherò a tessere una più lunga o più studiata Prefazione. Vagliami quella, qualunque siasi, che ho posta in fronte alla Edizione prima del Bettinelli in Venezia, indi da me adoperata nella edizione mia Fiorentina. Io l’ho soltanto presentemente in qualche parte o cangiata, o corretta, siccome ho fatto di tutte le opere mie che ora sono per ristampare, e da ciò prendo motivo di prevenire il Pubblico con qualche notizia, che alla novella impresa appartiene. all’inizio dei tomi Pasquali → l’elemento autobiografico é funzionale esclusivamente alla spiegazione delle incisioni e non ha la preponderanza che acquisterà mano mano + Goldoni non pubblicherà le Commedie in ordine cronologico Dirò, prima di tutto, non aver io osservato nella presente impressione delle mie Commedie l’ordine de’ tempi ne’ quai furono o scritte, o rappresentate, poiché, volendo io a tenore della promessa fatta ne’ miei manifesti, che in ogni Tomo vi fosse una Commedia non più stampata, non era possibile ch’io seguitassi la loro cronologia. Seguendo però il costume che ho praticato fin ora di porre sotto il titolo di ciascheduna Commedia il luogo e il tempo della prima sua rappresentazione, ponno facilmente quei che sono di ciò curiosi, soddisfarsi anche in questo, ed osservarne ad evidenza l’ordine e la successione. Ciò forse interesserà qualcheduno, con animo di rilevare come di mano in mano coll’uso quotidiano di scrivere sia andato io migliorando le mie produzioni, ma la regola non é sicura, poiché trattandosi di operazioni di spirito, dipende l’esito il più delle volte dalla disposizione accidentale dell’animo, anziché dall’arte stabilita e provetta; quindi é, che fra le opere di qualunque Scrittore sovente le prime sono migliori dell’ultime e talvolta l’ultime delle prime, e spesso avvi quella vicenda fra esse di buone e di cattive, che é l’effetto della disposizione sopraccennata. Io forse più di tutti sarò caduto in disuguaglianza di condotta, di pensiero, di stile, a causa delle tante cose in pochi anni prodotte e della fretta con cui parecchie volte ho dovuto scrivere, e per la poca voglia che bene spesso ne avea. Goldoni dice che correggerà i testi e giustifica la propria discontinuità e qualità peggiore con il fatto che, essendo sotto contratto, dovesse sempre scrivere di fretta e sotto incombenze > orizzonte polemico → quando Goldoni scrive l’edizione Pasqua sta da un po’ in competizione con Carlo Gozzi, Goldoni viene criticato da un gruppo di letterati, con a capo Gozzi, che si raccolgono attorno all’Accademia dei Granelleschi 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) Carlo Gozzi. in primis, critica a Goldoni che sia un poeta che scrive per denaro, nonostante riconosca il suo genio → dice che ha scritto troppo e a volte male non facendo mai un’opera perfetto visto che doveva guadagnare Presentemente le mie correzioni daranno alle Opere mie un poco più di uguaglianza, rendendole a miglior coltura di stile, di lingua e di buone frasi, ma ciò non ostante saprà dire il Lettore accorto: Questa fu scritta dall’Autore, di genio: quest’altra l’ha composta di mal umore. A ciò non vi é rimedio che giovi. Quando la pianta non é felice, la macchina non può mai raddrizzarsi perfettamente. Io per altro con quella ingenuità che non ho mai saputo alterare, ho confessato in pubblico la buona e la trista sorte, ch’hanno sortito le Opere mie sul Teatro, e seguirò sempre collo stesso sistema. Mi valerò pertanto nelle Commedie altre volte stampate delle prefazioni medesime, riguardo all’interesse o all’avventure di esse, togliendo via soltanto ciò che riguardava la sola circostanza del tempo, in cui le ho scritte la prima volta, e qualche cosa aggiungendo, che abbia maggior rapporto alle congiunture presenti. la nuova edizione ha qualcosa di diverso ma Goldoni non cambierà più di tanto i paratesti per invogliare il pubblico a sottoscrivere un’edizione costosa > deve guadagnare la sua fiducia, deve assicurare il lettore sulla continuità Fra le Dediche parimenti di questa nuova edizione vi saranno le medesime, da cui onorate furono le Commedie mie anteriormente stampate, ed essendo mancato di vita alcuno de’ miei Mecenati, non lascierò di venerare la di lui memoria, imprimendo le stesse lettere in questi fogli. Ecco dunque alla luce del Mondo il primo Tomo della nuova edizione delle mie Commedie, ed eccolo a fronte di altre dieci Edizioni, che lo hanno fin or prevenuto, ed hanno, posso dir senza ostentazione, empito il Mondo delle Opere mie, onde la maggior guerra ch’io soffro, é quella che mi vien fatta da me medesimo. Cinque edizioni del Bettinelli, una del Pitteri in Venezia, la mia di Firenze, quantunque spacciata prima ancora di terminarla; le ristampe di Pesaro, di Torino, di Napoli, di Bologna; le traduzioni in Francese, in Inglese, in Tedesco dovevano certamente disanimarmi ad intraprenderne una di tutte le altre più dispendiosa, e per conseguenza più difficile ad esitarsi. Ma appunto là dove potea avvilirmi, ho preso argomento di animosità e di speranza, ragionando fra me medesimo in cotal modo: Se tanta e sì inaspettata fortuna ebbero le produzioni mie fin ad ora, in una maniera cui, modestamente parlando, chiamerò mercantile, con una economia di carta e di caratteri, che basterebbe a screditare il miglior libro del mondo, con iscorrezioni patentissime e grossolane, non potrò io sperare miglior ventura, spendendo assai più in carta, in caratteri, in rami, e lungo tempo impiegando nella riforma e nella correzione delle opere stesse? Sì, mi dirà taluno, tu dici bene e ti potresti lusingare moltissimo, se il tuo libro avesse lo stesso prezzo degli altri, e non lo volessi vendere al doppio. Caro amico, rispondo io, non siete voi di quelli che amano l’eleganza, la pulizia, gli ornamenti? Se non lo siete, vi compatisco; servitevi a tre paoli al Tomo, dove vi aggrada: io mi affatico presentemente per le persone di miglior gusto, e non é di esse sì scarso il numero, ch’io diffidi di essere delle mie attenzioni ricompensato. Era poi giusto ch’io procurassi una volta di rendere a miglior forma ed a miglior lettura le cose mie, per lasciare miglior memoria di me a’ miei posteri, e recar meno disonore alla Patria mia. Il celebre M.Voltaire, di cui avrò occasione di parlare più lungamente innanzi alla quarta commedia di questo tomo, mi scrive in una sua lettera de’ 12 giugno 1761: “Je veux que la petite fille du grand Corneille que j’ai l’honneur d’avoir chez moi, aprenne l’Italien dans vos piéces. Elle y aprendra en même temps tous les devoirs de la société, dont tous vos écrits donnent des leçons etc.” Pasquali → edizione per i posteri 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) Goldoni cita una lettera in cui Voltaire dice che la figlia di Cornelio, drammaturgo francese, che ha ospitato, impara l’italiano sulle opere i Goldoni + imparerà come ci si comporta in società visto che Goldoni ne parla; che funzione ha questa citazione? • Goldoni mette questa citazione per accreditare i suoi testi come di buona lingua → ha una funzione contro le critiche che gli sono state rivolte, ossia che scrive male • funzione di rilancio: la Pasquali é un’edizione che viene scritta per imporsi anche a livello europeo + Voltaire è usato per far capire che Goldoni detiene un carteggio con lui e che il grande intellettuale ha buon giudizio su Goldoni stesso • non è un caso che sia stato citato proprio Voltaire ◦ Albergati Capacelli: intermediario tra Voltaire e Goldoni, aveva mandato indietro una lettera di Voltaire con dei versi su Goldoni pubblicati poi sulla Gazzetta Veneta, gestita dal fratello di Carlo Gozzi su cui scrivevano molti Granelleschi ◦ questi versi di Voltaire danno un forte aiuto a Goldoni, essendo Voltaire molto autorevole in Europa → Voltaire consacra Goldoni come pittore della natura, come commediografo in grado di descrivere la realtà così com’é ◦ Goldoni per ringraziare Voltaire decide di dedicargli il testo originale che viene pubblicato all’interno del I tomo Pasquali che é il seguito della Pamela, la Pamela Maritata, tratto da Samuel Richardson Da altri moltissimi Oltramontani ho inteso dire, a mia confusione, che si valevano de’ miei Tomi per imparar la lingua Italiana. So bene che le opere mie non vengono in ciò preferite pel merito del loro stile, ma in grazia della materia, piacevole per se stessa e conosciuta per tutto. Pure io sono in debito di purgarle, per quanto posso, dai difetti di lingua, per non ingannare i stranieri che di me si fidano, e per non fare un torto alla nostra Italia medesima. Procurerò di farlo colla maggior esattezza possibile, e là dove sarò forzato di usare le parole o le frasi Veneziane o Lombarde, darò in pié di pagina la traduzione. Non prendo impegno per altro di scrivere quel Toscano, che usavasi a’ tempi del B occaccio , del Berni e d’altri simili di quella classe, ma come scrivono i Toscani de’ giorni nostri, quali si vergognerebbono di usare que’ riboboli , che sono rancidi e della plebe, e abbisognano di commento e di spiegazione per gli stranieri non solo, ma ancora per la maggior parte degl’Italiani. Rispetto questo, venero e stimo chiunque si é reso in stile eccellente. Non é malfatto, anzi é lodevolissimo, che siavi chi prenda cura di conservare una lingua, che é quasi morta, poiché dagl’Italiani medesimi inusitata; ma Dio mi guardi che io di ciò m’invaghisca; dovrei pensare a tutt’altro che a scrivere pe’l teatro e a dar piacere all’universale. Due volte mi son provato di farlo. Una volta seriosamente nella Scuola di ballo, ed ho riscosso poco meno che le fischiate; un’altra volta in caricatura nel Tasso, e ne ho riportato l’universale compiacimento. Che vuol dir ciò? Il Lettore ne tragga la conseguenza. precisa stoccata polemica → contro i Granelleschi che volevano scrivere secondo tradizione, dicendo di scrivere come Burchiello, utilizzavano uno stile comico e un tipo di scrittura che quelli come Goldoni definivano incomprensibile e non veniva più capita; la tradizione é scomparsa e non riesce più a parlare alla gente Orsù quel che ho detto fin ora potrà bastare, perché non vada nuda affatto di qualche preliminare ragionamento una nuova edizione. Ma poteasi anche ciò risparmiare. Nulla ho detto che non vaglia il Lettore a raccogliere da se medesimo, e chi volesse per avventura fare il confronto di questa mia edizione coll’altre, rileverà molto più ch’io non dico, e comprenderà se abbia io mantenuto decentemente quanto ho ne’ miei manifesti promesso, da che ne risulteranno due cose buone, una pei leggitori, l’altra per me. Per essi, m’intendo, il diletto e la compiacenza, e per me l’utile ed il decoro; due motivi che non isconvengono fra di loro, e che hanno servito di sprone a tanti altri galant’uomini di questo Mondo. (Tomo II) incisione: • sopra → cartiglio figure allegoriche (figure della Grammatica e della Retorica corrispondono all’iconografia tradizionale di Ripa) 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) incisione: scena in cui Goldoni recita, travestito da donna, ce lo dice lui stesso > allegorie non chiare secondo l’interpretazione più accreditata uno é il genio favorevole e uno l’evento felice + citazione sottostante di Orazio L’antiporta, o sia Frontispizio istoriato, che precede il presente Tomo, rappresenta un Teatro coll’orchestra fornita de’ Suonatori, ed una figura di Giovanetto in abito femminile, in atto di recitare il Prologo della Commedia. Questi é Goldoni, che in età di anni dodici, in compagnia di persone oneste e civili, in una casa di Galant’uomini, si espose per la prima volta in Perugia al prediletto esercizio delle Comiche Rappresentazioni. • A Perugia, che faceva parte dello stato della chiesa, le donne non potevano calcare il palcoscenico allora gli uomini dovevano travestirsi + é particolare perché Goldoni recita pochissime volte nonostante lavorasse a stretto contatto con le compagnie • si parte dalla descrizione del frontespizio per poi presentare al presente un evento passato + dialoga con la tradizione teatrale a lui precedente Confesso il vero, piacer più grande io non aveva di questo. Supplito al debito della Scuola e faticato bastantemente per mantenere la mia Bandiera, tutti i miei respiri erano da me sagrificati al Teatro. Continuità con tomo precedente: “bandiera” Non so s’io abbia sollecitato i compagni o se da essi sia stato graziosamente invitato, so che fu promossa una recita e ch’io fui scelto per sostenere la parte di prima Donna. Grandissimo fu il mio piacere per questo, ma si accrebbe ancor maggiormente allor ch’io seppi che a me riserbato era l’onor del Prologo. Oh, che Prologo maraviglioso, sublime, dato mi fu ad imparare! Che fior di roba! Che sforzo di fantasia secentista! • Esclamative con tono ironico → parla dopo una rivoluzione del gusto che ha bandito quel tipo di articolazione metaforica e attraverso immagini arzigogolate che volevano suscitare meraviglia Opera egli era del vecchio padron di casa, il quale fatto aveva erigere il palco, e suppliva a tutte le spese per la gloria soltanto di far gustare agli uditori l’esquisito suo stile. Me ne ricordo ancora il principio, e ne vo’ fare un presente al mio cortese Lettore. Ecco com’io parlava al popolo, per conciliarmi la stima, l’ammirazione e l’aggradimento. Benignissimo Cielo, ai rai del vostro splendidissimo sole eccoci qual farfalle, che spiegando le debol’ali de’ nostri concetti, portiamo a sì bel lume il volo. Deh, scintillando le tremule faville della grazia vostra, non permettete, che cadano incenerite le molli piume della nostra ignoranza, ma contraponendo al foco del vostro talento la pietosa mano della vostra bontà, fate sì, che possiamo vivere lietamente, per sempre mai festeggiare d’intorno alle chiare faci del vostro merito, e della luminosissima clemenza vostra. • Stile articolato e distante dalla colloquialità di tutti i giorni cosa su cui baserà la retorica della verosimiglianza e buongusto che proporrà Goldoni Peccato ch’io non me ne ricordi di più! S’udì prorompere l’uditorio in una solenne risata, che fu interpretata dall’Autore del Prologo per vero applauso, ed a me parve una sontuosa corbellatura. • Il pubblico prende il testo come una caricatura mentre lo scrittore interpreta la reazione del pubblico positivamente → possiamo notare come Goldoni proietta nel bambino se del passato la consapevolezza del futuro che già interpreta correttamente il parere del pubblico 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) Capia benissimo sin d’allora, quant’erano stucchevoli le caricature del Secolo oltrepassato; e quanto mi annojava lo stile del Prologo, altrettanto mi dilettava quello della Commedia che da noi recitavasi, ed era questa: “La sorellina di Don Pilone” del Gigli. • Gigli faceva parte della biblioteca nella prima incisione, prima di lui si propone un teatro riformato verosimile e di buon gusto che però non riesce nell’intento di rappresentare la realtà → Goldoni capisce che faccia ridere perché caricaturale ma si rende conto del valore della Commedia che sta rappresentando Grandi obbligazioni abbiam noi ai primi Scrittori del nostro Secolo, i quali hanno liberata l’Italia dalle iperboli, dalle metafore, dal sorprendente, ed hanno richiamata l’antica semplicità dello stile e la naturalezza del dire. Non può negarsi che i Secentisti non abbiano affaticato moltissimo, e non vi sieno stati fra loro de’ peregrini talenti. L’amore di novità e il desiderio di segnalarsi sopra gli antichi gli ha fatti allontanare dalla purezza del buono stile, e per disavventura de’ loro tempi prevalse l’incantesimo alla verità, finché stancato il Mondo dell’impostura, rinacque l’onor delle Lettere e della flagellata Poesia Italiana. • Descrive cosa avviene nel Seicento e nell’inizio del Settecento > i letterati riprendono la verità e abbandonando l’incantesimo Gli ultimi ad arrendersi al rinnovato miglior sistema furono i Commedianti. • I commedianti tendevano a riproporre la tradizione, era un mestiere che si tramandava di generazione in generazione e il bagaglio di competenze si imparava nelle compagnie + i testi, le scenette venivano ereditati di padre in figlio, rinnovare il repertorio non era facile Continuarono essi fino a’ dì nostri a coltivare il sorprendente, il maraviglioso, perché allattati dal pessimo nutrimento ed incapaci da per se stessi a cambiar sistema. • Tocca il rapporto tra comico e scrittura teatrale → molti attori erano stati scrittori e avevano pubblicato una raccolta delle loro opere però qui Goldoni rimarcava la distanza tra attori e un commediante, l’attore a volte é incapace di scrive cosa che fa un autore nonostante abbia comunque un buon giudizio critico Presentemente le nostre scene sono molto più regolate, e la grand’opera sarebbe perfezionata, se i buoni talenti che vi si impiegano, tendessero ad un tal fine, e non piuttosto si affaticassero per adular gl’Istrioni, invaghiti del loro primo mestiere. Io non intendo dire per ciò, che si avessero ad esiliare le nostre Maschere, e ne tampoco a privare l’Italia delle Commedie all’improvviso rappresentate, cosa onorevole e maravigliosa, che fa distinguere da tutte le altre nazioni la prontezza di spirito de’ nostri Attori. Quel ch’io vorrei l’ho già detto nel mio Teatro Comico, prima Commedia del Tomo primo, né qui lo voglio ripetere, per non abusarmi della sofferenza de’ Leggitori e per non infastidire più oltre chi non ne é persuaso. Vero egli é che tanto s’empirà il Teatro con una buona Commedia di carattere, quanto col Convitato di Pietra, il Bernardo del Carpio, Arlecchino Mago e cose simili, e i Comici che lavorano per la cassetta, non pensano più in là del guadagno, ma é da compiangere il destino de’ Teatri d’Italia, condannati tuttavia all’impossibile o al sorprendente. Equivoco troppo é l’applauso dell’uditorio, contento spesse volte di un bel Volo, di una bella Trasformazione. Ascoltisi bene quel che si dice ne’ circoli, nelle Piazze, nelle botteghe, e i buoni Talenti che conoscono il buono, non tradiscano se medesimi per assecondare il piacere del volgo. • Commedie dell’arte contro le sue opere che lui definisce di carattere 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) • Goldoni passa da una considerazione del passato e dalla critica dello stile del prologo a critiche generali sul teatro e sulla letteratura attuale → idea che le scene si siano regolate di più é collegata a una cosa che lui ha fatto, riformando il teatro italiano (andrà a buon fine perché il secolo successivo non saranno in grado di improvvisare totalmente) ◦ la letteratura sarebbe perfezionata se altri autori facessero come lui > si riferisce a Carlo Gozzi, la sua é una poetica che si propone di difendere la commedia dell’arte, afferma che la funzione del teatro é quella di divertire il pubblico anche educandolo e per divertirlo non serve altro che la buona capacità degli attori > lui collaborava con Antonio Sacchi grandissimo attore ◦ favole con cui mettono al letto i bambini → Gozzi dice di riuscire a farsi applaudire dal pubblico facendo questa scommessa, innestando su questa trama bambinesca (secondo la tradzizione dell’arte) colpendo satiricamente Chiari e Goldoni → Istrioni – Goldoni si riferisce proprio a lui, pur essendo un bravo letterato coopera contro il nuovo teatro • Goldoni non ha ostilità contro le maschere e la commedia dell’arte, il problema viene quando un attore non bravo cade in battute sconce; alcuni a quei tempi pensavano di vietare il teatro perché immorale quindi era rilevante per Goldoni che non ci fossero sconcezze sulle scene ◦ Gozzi definisce Goldoni “poeta prezzolato” + non poteva prendere come metodo di giudizio universale l’applauso del pubblico visto che al pubblico piaceva anche la commedia dell’arte → Goldoni dice che il pubblico molto spesso applaude per cose spettacolari e non per lo spettacolo in se • notiamo che Goldoni ha costellato le prefazioni di indizi premonitori di ciò che diverrà in futuro: predisposizione fuori dal comune e bravura che lo rende eccezionale e spiana la strada al suo futuro radioso da commediografo ◦ ci fa vedere anche situazioni di difficoltà ma mostrate come un momento in cui Goldoni tira fuori capacità che non sapeva di avere Tomo IV sempre del 62 incisione: • figure allegoriche: la logica e la fisica • scena: Goldoni é intento a discutere delle tesi filosofiche con altri collegiali > distanza tra ciò che gli viene insegnato a scuola e ciò che davvero a lui interessa > qua mostra i limiti del sistema dei gesuiti (ci ricorda il progetto di Porcia) • verso di Ovidio l’AZIONE rappresentata nel primo Rame di questo Tomo, ed il verso d’Ovidio sottoposto al disegno, vuol dire ch’io era costretto a studiare e a difendere la scolastica Filosofia; ma un’altra Filosofia più certa, più piacevole e meno oscura formava internamente la mia delizia. Credo che utili sieno le scuole, che ammaestrano in tal materia, credo ottimo il sistema, che vi si osserva, non ardirei di parlare in contrario, ma in quanto a me posso dir certamente, che da tali scuole e da un tale metodo ho approfittato pochissimo. Eppure senza la scorta della Filosofia non avrei potuto intraprendere l’arte delle Commedie, né scandagliar le passioni, né argomentare sulla condotta degli uomini, né penetrare nel cuore umano. Qual é dunque la Filosofia, di cui mi sono servito? Quella che abbiamo impressa nell’anima, quella che dalla ragione ci viene insegnata, quella che dalla lettura e dalle osservazioni si perfeziona; quella in fine che dalla vera Poesia deriva, non già dalla bassa Poesia, che chiamasi versificazione, ma dalla sublime, che consiste nell’immaginare, nell’inventare e nel vestire le favole di allegorie, di metafore e di misteri. […] • Goldoni mostra un tipo di filosofia completamente diversa da quella che gli viene insegnata, una filosofia sociale capace di interagire e comunicare con il mondo che però 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) • La causa della fuga da Rimini per tornare nella casa dei genitori (a Chiozza, Venezia) sono, in realtà, dei comici Giunse nella Città dov’io era una Compagnia di cattivi Comici a rappresentare le loro triste Commedie. Andai al Teatro la prima sera, mi parve un Zucchero, e non avea più cuore d’abbandonarli. • Il fatto di definire i comici “cattivi” e la loro commedia “triste” é qualcosa che fa il Goldoni adulto perché il Goldoni ragazzo riteneva quel teatro “zucchero” M’introdussi a poco a poco sul palco, contrassi qualche amicizia con quelle cortesi Donne, comunicai ad esse il mio genio Comico, mi chiesero dei Dialoghi, dei soliloqui; ed io ogni sera andava provveduto di Fogli scritti, che mi venivano ricompensati con gentilezze, e con libero ingresso alla Porta, nella Platea, sul Palco, e nelle loro case particolari. • Qua troviamo un Goldoni scrittore Ciò rincresceva al mio ospite, e mio custode, che non mancava di ammonirmi, e rimproverarmi; ed io con una Filosofia, che non avea imparata alle scuole, soffriva in pace i rimbrotti, e seguitava a fare a mio modo. Frattanto giunsero i Commedianti al termine delle loro recite; si disponevano alla partenza, ed io mi sentiva portar via il cuore. Si avevan eglino ad imbarcar per Venezia, sapevano, ch’io aveva la Casa in Chiozza, conobbero la mia debolezza, e mi esibirono di condurmi colà nella loro barca. Accettai il partito, mi congedai dal mio albergatore, poco di me soddisfatto, e diedi un addio per sempre alla stucchevole, scolastica Filosofia. L’amico di Rimini scrisse lettere poco a me favorevoli al mio Genitore, ma egli non era in Chiozza, e la Madre tenera, ed amorosa, mi accolse pietosamente, e mi compatì. Coll’occasione, ch’io sbarcare doveva, sbarcarono i Commedianti ancora, e veduti passeggiar colle loro Donne, fu loro fatto il progetto di trattenersi per venti recite in quel Paese. Accettarono essi il partito, ed io ebbi la bella sorte di non perdere il mio prediletto divertimento. Giunse frattanto, com’io diceva, mio Padre, e fattomi il complimento, ch’io meritava, mi allontanò da’ Comici, e diede alle fiamme tutti quegli originali preziosi, che poté ritrovare da me composti per un cattivo Teatro. • Le prime tracce scritte di un Goldoni propenso a adoperarsi per le scene vengono distrutte dal padre arrabbiato con il figlio per non aver seguito gli studi Io poi, per dire la verità, sempre mai stato sono di docile temperamento. M’arresi alle di lui insinuazioni, e gli prestai obbedienza. Comunicommi l’idea del Collegio, non mi dispiacque; mi disse, che mi volea applicato alla Medicina; vi avea della ripugnanza, ma pure non ebbi coraggio di contraddire. Finché giungesse il tempo, in cui passar doveva a Pavia, per colà studiare la medicina teorica, pensò mio Padre, per occuparmi, di farmi seco lui applicare alla pratica. Mi conduceva seco alle visite, mi faceva far delle osservazioni, e m’impratichiva dei polsi. • Solo qui ci colleghiamo all’incisione, il padre, il quale desidera la professione della Medicina per il figlio, porta Goldoni con sé a Pavia per fare pratica Avvenne un giorno, che fu chiamato ad assistere ad una Giovane assai più bella, che onesta, la quale aveva una malattia, ch’io mi dispenso di nominare. Andai io seco secondo il solito, entrai nella stanza dell’ammalata, ma poco dopo mi fece uscire, e perch’io non istessi solo in cucina, venne in mia compagnia la vecchia Madre della Fanciulla, lasciando solo il Medico colla Figliuola. • Il padre che ha già capito quanto la ragazza possa essere più bella che onesta fa uscire Goldoni dalla stanza che passa tutta l’attesa insieme alla madre della fanciulla → proprio lei lancia il là a Goldoni affinché andasse a trovare la ragazza senza il padre Oh quante cortesie mi praticò quella buona Donna! M’invitò gentilmente in sua casa; mi disse, che la giovane aveva un picciolo male, che non le impediva di stare in buona conversazione, e che poteva andarvi senza mio Padre. In fatti mi approfittai dell’esibizione. Appena mi liberai dal fianco del mio Genitore, tornai colà da me solo. M’introdusse la buona Madre, dicendo: Vedi, Figliuola mia, con qual premura torna qui il Dottorino per intendere del tuo stato: si accosti al letto: dagli da sentire il tuo polso; favorisca di sedere: veda, esamini, osservi; frattanto andrò alla spezieria a prendere il medicamento, che le ha ordinato il Signor Dottore. 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) • La madre lascia da soli i due giovani per fare in modo che la ragazza seduca il ragazzino Partì ella così dicendo. Io restai solo coll’ammalata, ch’era però seduta nel letto, coperta con un grazioso vestito color di rosa, con una cuffia in capo annodata sotto la gola, e con sì’vivi colori in viso, che faceano ammalare il Medico. Quand’ecco all’improvviso mio Padre, avvisato non so da chi di questa mia troppo sospetta visita, e pericolosa; entra con faccia burbera, e risoluta; rimprovera l’ammalata, mi prende per un braccio, seco lui mi trascina, mi guida in casa, e con una maniera la più patetica di questo mondo, mi corregge, mi rimprovera, mi ammonisce; sul gusto quasi di Pantalone nella mia Commedia intitolata: La buona Moglie allora quando il buon vecchio sorprende all’osteria Pasqualino. • Il padre in questa particolare circostanza viene ricondotto a una commedia scritta proprio da lui > assomiglia a Pantalone (vita come alimento delle scene teatrali) Di là in poi non mi condusse in pratica, che da vecchi ammalati informandosi prima, se vi era gioventù in casa pericolosa. Ciò mi rese ancor più noiosa la Medicina, e tutte le osservazioni, che io faceva, non erano, che una continua critica sull’incertezza dei mali, sulla vanità dei pronostici, e spesse volte sull’inutilità dei Medicamenti. Se mi accadeva sentir de’ consulti in luogo di riflettere alle Dottrine, agli argomenti, alle ragioni de’ consultanti, non facea, che badare alle loro varie caricature, allo studio ch’essi faceano de’ loro Grecismi, e talvolta alla manifesta impostura de’ loro vani suggerimenti. • Presta attenzione agli atteggiamenti delle persone, a quali verbi usavano ecc… > da Medico impara a fare la caricatura dei medici grazie all’osservazione e all’attenzione che possiede per il suo Genio Comico Non ho però perduto il mio tempo, poiché qualche cosa mi é restata nella fantasia impressa, ed ho avuto occasion di valermene posteriormente in alcuna delle mie Commedie. Quest’abito di osservare, e di riflettere, e di ritenere l’ho fatto senza avvedermene, ed é un effetto del genio Comico, che non si acquista coll’arte, ma proviene dalla natura. Durai circa due anni a secondar mio Padre in tale esercizio, finché giunto il tempo di passare al divisato Collegio, cambiai l’arte Medica nello studio legale, come mi riserbo a dire nella prefazione del Tomo sesto. (PROLESSI RACCONTO, GANCIO CON TOMO SEGUENTE) • é vero che il Marchese Goldoni aveva avuto un incarico a Pavia ma quando Goldoni aveva dai 5 agli 8 anni > le cose non sono andate come Goldoni esattamente racconta, questo episodio che é narrato come casuale é un modo per accentuare come la stessa vita di Goldoni sia una Commedia con un intreccio TOMO VI nel 64 incisione: • citazione da Persio ? > riferimento alla natura • figure allegoriche: l’ordine e la pratica • scena: Goldoni da uno zio a Venezia mentre trascrive pratiche legali > uno dei testi a cui Goldoni aveva affidato il racconto di sé, anche se camuffato, era l’Avventuriere onorato, testo teatrale in cui il protagonista era stato uno che aveva svolto nella sua vita diversi mestieri uno dopo l’altro Voi mi vedeste, lettor Carissimo, al principio del Tomo quinto, seguace della Medicina, sotto mio Padre; ecco, ora si cambia scena. • Di nuovo teatralizza la sua vita e si cambia contesto in cui lo troviamo Miratemi al Tavolino, sotto la dettatura di un Procuratore, che chiamasi in Venezia Interveniente, o Sollecitatore. Era questi un mio Zio, che avea per moglie una Sorella del mio Genitore, il Signor Paolo Indrich, uomo della maggiore abilità, ed onoratezza, che ha goduto in vita la più fondata riputazione, ed ha lasciato di sé onorata memoria. Vive tuttavia, e merita di vivere lungo tempo, per esempio delle Saggie Donne, delle buone Mogli, e delle perfette Madri, la degnissima Signora Antonia, fu di lui Sposa, e mia veneratissima Zia, con tre Figliuoli Maschi, e una Femmina. Il primo, il mio carissimo Cugino Giambatista, continua con merito, ed estimazione la carriera del 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) Padre, stimato nel Foro, amato, e desiderato, colla Fortuna di avere una Sposa al fianco, piena di talento, e di virtù. Il secondo é un ottimo esemplar Sacerdote; il terzo si affatica per imitarlo, e la Sorella, Monaca nel Venerabile Monistero di San Rocco, e Santa Margherita in Venezia, fa onore a se stessa, ed a’ suoi Congiunti. Mio Padre, che ad esempio degli Spartani, mi andava ponendo sotto degli occhi ora l’uno, ora l’altro mestiere, provò se a questo, piucché alla medicina inclinassi. • Tentativo del padre di provare a metterlo a lavorare con lo Zio • “miratemi” uso dell’immagine che permette a Goldoni di parlare di un passato anche remoto al presente Mi pose sotto la direzione dell’ottimo suo Cognato, e per dir vero, non mi dispiaceva un tale esercizio, tanto più, che le Copie, che si facevano delle Scritture, e le mance de’ buoni Clienti accrescevano la mesata. Ma qual uso faceva io del danaro, che guadagnava? L’abitazione del Zio era vicinissima al Teatro di San Samuele, dove in quel tempo brillava la miglior Compagnia de’ Commedianti d’Italia, ed io sacrificava ad essi il mio picciolo Tesoretto, e tutte le sere, che mi restavano in libertà, cercando mille pretesti per isfuggire dal Tavolino, e correre al mio diletto Teatro. • La ragione principale per cui Goldoni non era dispiaciuto di lavorare lì era che la casa dello zio era molto vicina al Teatro San Samuele • “la migliore compagnia dei commedianti d’Italia”: compagnia con cui lavorerà anni dopo Goldoni probabilmente(Imer) Oh quanta Carta ho io consummata al mio Principale per scarabocchiare delle Scene, delle Commedie! Oh quante volte mi hanno trovato sul fatto a formare il sommario di una commedia, in luogo di sommariare un processo! Lo sa il mio Carissimo Signor Vincenzo Duramani, in oggi accreditato, benemerito Interveniente, ed allora primo Giovine del nostro studio, il quale, amante niente meno di me del Teatro, non m’inquietava sopra di ciò al Tavolino, e veniva meco sovente al delizioso spettacolo della Commedia. Non avea per altro in allora la debolezza di andar mostrando quel, ch’io faceva; non era più il Fanciullo di nove anni, che faceva pompa di tutte le semplicità, che mi cadevano dalla penna. In età di anni quattordici, mi sentiva il prorito di comporre per il Teatro; Conosceva che quel, ch’io faceva era tutto mal fatto; Lacerava le scene, un momento dopo d’averle scritte, tenendo fisso però nell’animo di farne sempre fino a tanto, che mi riescisse di farne bene. Ecco il Signor Procuratore del Foro, Procuratore appassionato de’ Comici. Osservate le due figure sopra del quadro: L’ordine col livello: La pratica col composto, le due guide dei Causidici al Foro, le ho convertite in un altro ordine, in un’altra Pratica; le ho studiate sui miei due libri Mondo, e Teatro. Condannatemi, se vi pare. Compatitemi, se vi do piacere. Goldoni si mostra nell’atto di fare varie mestieri: la prima avviene con il padre che lo porta a fare il medico la seconda prefazione lo vede lavorare in ambito legale con lo zio. La prima professione gli piace perché può vedere il comportamento delle persone e riusarlo in ciò che scrive mentre la seconda gli lascia tanto tempo libero per i suoi interessi (+ si trova vicino al San Samuele). • l’incisione perde di centralità e la narrazione ha una descrizione sempre più articolata • si cominciano a vedere la professione goldoniana, non solo il teatro é al centro della sua vita ma la teatralità si comincia a vedere anche nella narrazione della sua vita, nel modo di scrivere > scene di vita, vita teatralizzata VII PREFAZIONE Nell’incisione: • parte superiore ◦ donna nuda → forse piaceri della vita ◦ l’uomo che ha una clessidra → dovrebbe essere il tempo • scenetta ◦ due adulti che parlano in presenza di un giovinetto (Goldoni) 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) Terenzio. Li lessi da prima con avidità, con semplice curiosità. Li rilessi coll’aiuto de’ migliori comenti, e vi feci le mie osservazioni, per quanto mi suggeriva il genio, e mi permetteva l'età. Mi pareva impossibile sul principio, che tali autori fossero così universalmente stimati; non sapeva trovar in essi quel diletto, che io mi era proposto. Trovava in loro delle cose, che mi piacevano, e ne trovava assai di più, che non valevano a persuadermi. Ma a poco a poco trasportatomi coll’immaginazione a que’ tempi, ne’ quali questi valorosi Maestri scrivevano, cominciai a gustare la verità, e ad imparare da essi a conoscere i caratteri, ed i costumi antichi, prestando fede ai loro ritratti. • Inizialmente, approcciandosi alla letteratura antica, Goldoni prova un sentimento di estraneità, si descrive un mondo che non c’é più, non é semplice immergersi in un altro tipo di società, non era abituato a farlo → con il tempo si abitua agli usi e ai costumi degli antichi ◦ il fatto che ammegtta questo suo limite iniziale é un passaggio onesto e verosimile Così, diss’io allora fra me, cosììsi dovrebbe fare presentemente da’ nostri Comici Autori. • Così come gli antichi descrivevano in modo realistico la loro società, tanto che noi possiamo farcene un’idea, allo stesso modo dovrebbero fare gli autori di oggi secondo Goldoni Non mancano originali a’ dì nostri, e meriteremmo noi da’ nostri Posteri la stessa stima, che noi accordiamo agli antichi. • Idea rapporto agonistico con antichi > dobbiamo essere superiori o almeno alla pari di questi • teatro come specchio della realtà > il teatro però non deve rappresentare a realtà così com’é ma la deve caricare Vidi poscia in un altro canto il celebre Autor Francese Moliere. Ardea di voglia di leggerlo, ma non avea sin’allora alcuna notizia di quella lingua. Mi proposi di apprenderla, tosto ch’io avessi posto il piede in Collegio, non per altro motivo, che per intender Moliere. Vennero frattanto le Dimissorie per la Tonsura. Entrai nel posto assegnatomi. Partì mio Padre; cominciai il mio studio legale; ma cogli occhi sul Codice, e col cuore al Teatro TOMO VIII > parla della lettura della Mandragola incisione: • figure: lo studio e l’emulazione • scena: tonsura di Goldoni • citazione “L’odio e l’amore mi tormenteranno fino all’insonnia” Finalmente nell’anno 1722 fui ricevuto nel Collegio Ghislieri. Questo Collegio, composto di quaranta Alunni, vien governato da un Sacerdote Secolare, che ha titolo di Prefetto, ed era in quel tempo il Reverendissimo Don Jacopo Francesco Bernerio, Dottore, Proto-Notario Apostolico, e Pubblico Lettore di Jus Civile nell’Università di Pavia, Uomo celebre non meno per la pietà, che per il sapere. Appena entrato in Collegio, mi diedi subito a studiar la legge. Questo studio, siccome quello della Medicina, e della Teologia, si fanno nella Pubblica Università, onde i Collegiati sono obbligati a sortire, e si valgono di tal pretesto per divertirsi. Io non so, se più abbia studiato, o più mi sia divertito. Credo di aver fatto l’uno, e l’altro egualmente. Poiché circa allo studio, so, ch’io non era degl’inferiori, e circa al divertimento, io non la cedeva a nessuno. Mi riuscì in poco tempo di far moltissime conoscenze. I Veneziani sono assai ben veduti per tutta la Lombardia. Io era il primo Veneziano entrato in quel Collegio, dopo la fondazione. La gioventù, l’allegria naturale portata dal mio Paese, la lingua piacevole Veneziana, un poco di estro Poetico, e sopra tutto, il genio Comico, che non poteva stare celato, mi facilitavano le amicizie, e l’ingresso. Non credo, che Collegiale al Mondo sia mai stato tanto contento, quant’io lo era. Arrivato il mese di Giugno, in cui cominciano le vacanze, e durano sino al mese di Ottobre, partii cogli altri, m’imbarcai sul Ticino, e per la via del Po giunsi a Chiozza a consolare i miei Genitori, contenti di rivedere il Sig. Abbate loro figliuolo, non male iniziato nell’Instituta di Giustiniano. Avrebbero voluto, che io avessi occupato il mio tempo nel ripassare le mie lezioni, ed avevami proveduto mio Padre di una Persona capace di mantenermi nell’esercizio legale, ma io voleva profittare delle vacanze per abbandonarmi allo studio delle Commedie. • Di nuovo contrappone lo studio alle sue passioni 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) Rilessi tutto il mio Ciccognini, e cominciai a conoscere le bellezze, e i difetti di quell’Autore, che se nato fosse nel nostro secolo, avrebbe avuto il talento di far delle cose buone. • Il problema di Ciccognini é il suo stile barocco e per questo non viene apprezzato, Goldoni apprezza di lui la trama e l’intreccio > esplicita le sue idee sugli autori che compongono la bibliotechina Lessi il Faggiuoli; vi trovai la verità, la semplicità, la natura, ma poco interesse, e pochissima arte, e i suoi riboboli Fiorentini m’incomodavano infinitamente. Mi capitò alla mano la Mandragora di Niccolò Macchiavelli. Oh quella sì, che mi piacque. La divorai la prima volta, la rilessi più volte, e non poteva saziarmi di leggerla. Non era certamente, che mi allettasse, né l’argomento lubrico, né le frasi amorose, né le licenziose parole, ma mi parea di riconoscere in quella Commedia maravigliosa quell’arte, quella critica, quel sapore, ch’io non aveva gustato nell’altre. Mio Padre mi trovò sul fatto, ch’io la leggeva, me la strappò dalle mani, volea abbruciarla, e l’avrebbe fatto, se non fosse arrivata a tempo mia Madre per impedirlo. Ella, che amava tutto quello, che mi piaceva, e che credeva ben fatto tutto quel, ch’io faceva, prese talmente a difendermi, che ne successe un Dialogo riscaldato fra Marito, e Moglie. Disse finalmente mio Padre, che il libro era scandaloso, e proibito, che trattava d’amori illeciti, e di abuso di Confessione. Mia Madre allora si mostrò un poco turbata, mi guardò bruscamente, e mi disse: Perché briccone, perché leggere di cotai libri? Poi voltandosi a suo Marito: L’avrà fatto, soggiunse, senza malizia. Mio figlio é buono, va spesso al Confessionale, ed aveva appena quattr’anni, che diceva meco l’uffizio della Madonna. La Commedia non fu abbruciata, vollero sapere da chi io l’aveva avuta, e stupirono, sentendo la persona rispettabile, che me l’aveva data. Per poco mia Madre non mi diede la permissione di leggerla. • Episodio particolarmente interessante: uso del discorso diretto !! → la scena fra marito e moglie sembra una scenetta teatrale • trama Mandragola: un uomo si innamora per sentito dire di una donna particolarmente bella e virtuosa. Dopo averla vista decide che dovrà a tutti i costi essere sua e cerca vai modi per conquistarla. Essendo Lucrezia molto pia, viene detto a Callimaco, ella non gli avrebbe mai dato retta visto che era sposato con un uomo, Nicia. Nicia, uomo parecchio scemo, potrebbe essere la chiave per avvicinarsi alla donna. Il problema é che marito e moglie provano a fare dei figli ma non riescono, probabilmente per l’età avanzata di Nicia. Così Callimaco inventa questa “pozione” di Mandragola che avrebbe messo incinta la donna… però il primo uomo a fare l’amore con lei sarebbe morto. Quindi é chiaro che il marito acconsente a mettere nel letto di Lucrezia, Callimaco, una volta scampato il pericolo avrebbe avuto dei figli con la moglie. Ma come convincere Lucrezia a andare a letto con uno sconosciuto, da sposata, sapendo che dopo questi morirà? Si coinvolge il suo confessore che in cambio di denaro convince la donna a farlo. Ella acconsente, passa la notte con Callimaco che gli racconta tutto, La donna decide, se ilo marito é stato così sciocco ad acconsentire a tutto ciò, allora lei può anche diventare l’amante del giovane. 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) • Problema: tema esplicito sessuale + abuso di confessione (si parla di aborto) • mentre nelle Memorie Italiane Goldoni parla del piacere della lettura e si sofferma su rendere comica la scaramuccia tra i genitori e la reazione del padre • invece il Goldoni più maturo dei Memoires condanna moralmente la Mandragola, attribuendo già al se stesso sedicenne la consapevolezza dell’uomo maturo che ha prodotto un cambiamento nel teatro mirato a mantenere integerrima la moralità delle commedie proposte agli spettatori Giunto il tempo di ritornare al Collegio, m’imbarcai col Corriere di Modona, e fui colà raccomandato da mio Padre ad un suo Cugino, che faceva gli affari nostri. Alloggiai nella nostra casa antica di quel Paese, ch’era affittata ad uno, che ne faceva locanda, indi mi fu provveduta una sedia fino a Pavia. Alzatomi per tempo, la mattina ch’io doveva di là partire, e passeggiando la sala per aspettare il calesso, venne la Serva di casa a tenermi un poco di compagnia. • Idea che il teatro si accosti alla vita, lui si é servito di questo accadimento nelle sue opere > lo spinge a raccontare anche l’episodio della serva nella locanda Costei era giovine, e non era brutta. Né ella era sfacciata, né io libertino, ma il demonio ci aveva presi tutti e due talmente, che la scena avrebbe finito male, se non fosse venuto il vetturino a picchiare all’uscio. La Giovane era talmente accesa, che voleva partir con me ad ogni patto. Io mi trovava nel maggior imbarazzo del Mondo. Finalmente alzatosi il Padrone di casa, per augurarmi il buon viaggio, si allontanò la Serva, piangendo. Cercai di rivederla col pretesto di volerle dare la mancia. La chiamarono, venne colle lagrime agli occhi. Le offersi mezzo Filippo, e l’amorosa Giovane, lagrimando, lo prese. Ella fece il suo mestiere in quell’atto, ed io feci il mio. Ella cedé all’interesse; io cedetti alla riflessione. La Scena mi parve comica, ne ho fatto nota, e me ne sono poscia servito. Montato in calesso, esaminai la mia borsa, e vidi, che in otto giorni l’aveva estenuata. Non ne aveva colpa la povera Serva poiché aspettò all’ultimo giorno per dichiararsi. Arrivato a Reggio all’osteria della Posta, inesperto com’era, non aveva coraggio di proseguire il mio viaggio. Mi rimproverava di non aver domandato a Modona nuovi soccorsi a chi avea l’incombenza di darmene. Volea tornare indietro, ma temendo, che in tale risoluzione vi avesse parte la buona Serva, pensai meglio di proseguire il cammino sino a Piacenza, per dove avea una lettera di mio Padre, diretta al Consigliere Barilli; Fratello di quel Barilli, che fu il Cognato di mio Avo Paterno. Giunto colà, non tardai a portarmi al suo albergo, ed a presentargli la lettera. Mi accolse assai gentilmente, m’invitò seco a pranzo, ed io accettai l’invito con gran piacere, meditando di cogliere un buon momento, per domandargli qualche danaro in prestito fino a Pavia. A tavola eravamo in sei, e non ardii di parlarne. Dopo tavola mi fece passar nel suo gabinetto, e senza ch’io facessi parola del mio bisogno, ecco qual discorso mi tenne: Figliuolo mio, diss’egli, sono assai avanzato negli anni. Poco ancor posso vivere, e vorrei morire tranquillo. Io credeva, ch’ei volesse lasciarmi erede. Ho trovato, proseguì dicendo, ho trovato ne’ fogli, ch’io aveva un debito con quel galant'uomo di vostro Avo di trecento scudi di Modona. Mi sovviene d’avergliene dati a conto, ma non mi sovviene la somma. Se voi voleste ricevere cento scudi... io dissi di sì senza dargli tempo di terminare. Aspettate, mi disse, non ho finito di dire. Può essere, che questi cento scudi sieno di più di quel, ch’io devo, e può essere, che siano di meno. Fatemi il piacere di scrivere a vostro Padre... qui cominciai un poco a turbarmi. Ma, soggiunse, facciamo così, perché in questo tempo potrei morire. Ricevete voi questi cento scudi... l’ascoltai con grande attenzione. Riceveteli, e fatemi una ricevuta per saldo di tutto quello, che io dovessi... Sì Signore, sì Signore, gridai, é giusto, ben volentieri. Voi poscia, soggiunse egli, scriverete al Sig. Giulio, e gli scriverò anch’io, e spero, che accorderà il fatto, e confermerà la quietanza, che voi mi farete. Senz’alcun dubbio, risposi, senza alcun dubbio. Ed eccolo, che mi conta in belli, e grossi Filippi, cento scudi di Modona, che sono quattrocento lire di Venezia. Mi sovviene ancora, che facendo la ricevuta mi tremava la mano, parte per l’allegrezza d’intascar il danaro, parte per la paura, ch’ei si pentisse, tenendo sempre un occhio alla carta, su cui scriveva, e l’altro ai Filippi, ch’egli contava. Finalmente i Filippi passarono nelle mie mani, feci i miei complimenti all’onoratissimo Consigliere; partii contento, scesi la scala a due gradini per volta, consumai il resto della giornata passeggiando per la Città, e la mattina dopo avviatomi per Pavia, vi giunsi felicemente la sera. 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) Una tal libertà, per dir il vero, un poco troppo eccedente, e pericolosa, fa sì, che questi Giovani s’introducono facilmente per tutto, e le case de’ Cittadini ne sono piene. Godono i Collegiali all’incirca il privilegio, e la fortuna de’ Militari. Sono più coraggiosi, e più liberi de’ Paesani, e le giovani Donne li preferiscono, ma quando sono essi obbligati ad andarsene, le Donne sono costrette a rivogliersi ai Cittadini, alcuni de’ quali profittano della Piazza vacante, e alcuni altri si vendicano col disprezzarle. • Questi collegiali giovani, liberi e intraprendenti lontani dalla famiglia iniziano a frequentare le ragazze dl posto che come i militari lasciano le Donne così come erano, facendo promesse inutili → i ragazzi del posto o approfittano di questo e sposano loro le ragazze o si vendicano e le disprezzano Ciò fa, che fra i Collegiali, e i Terrieri vi è un astio perpetuo, una inimicizia giurata; e da ciò ancora procede, che alcune giovani, rese più caute dall’esperienza, ricusano i loro favori a questi amanti volubili, e passeggieri. Io fui nel caso di questi. • Per l’inimicizia tra abitanti di Pavia e collegiali succede che alcune ragazze non si lascino andare a storie d’amore con i collegiali e lui si é ritrovato in questa situazione Lasciata nell’anno avanti una bella con cento proteste di fedeltà, e con impegno di coltivar di lontano la nostra corrispondenza, mi scordai di scriverle, e ritornato a Pavia, pretesi di riprendere il posto, che io aveva, in buona coscienza, demeritato, e che ad un Pavese era stato giustamente, e con miglior intenzione accordato41. • Prima della partenza per le vacanze Goldoni ha una relazione con una ragazza a cui promette di scrivere ma poi non lo fa, quando torna va dalla ragazza ma ella non ne vuole più sapere perché ormai legata a un pavese Piccatasi per ciò più la vanità, che l’amore, • é più colpito nella vanità che nell’interesse amoroso feci parte del mio dispetto a. miei amici, e compagni, ed essi accordarono meco, essere necessaria una vendetta per l’onore de. Collegiali. • i compagni istigano Goldoni a vendicarsi in nome di tutti i collegiali trovatisi in medesime situazioni Fra i vari eroici progetti, fu preferito un affronto al nemico, ma cedendo la prudenza al calore, fu pubblicato il disegno pria di esseguirlo, ed arrivato alle orecchie del Superiore, ebb’io il sequestro per otto giorni in Collegio. • Goldoni decide di affrontare il pavese ma, giunta la notizia ai superiori, gli viene proibito di uscire Qui é, dove la collera, il puntiglio, e la falsa meditazione mi riscaldarono la fantasia, e qui é dove in mio danno il genio comico principiò a lavorare. • Chiuso in collegio senza poter fare nulla, il genio comico di Goldoni inizia a lavorare, in questo caso, contro di lui Aveva fresca ancor la memoria di quanto avea letto ne’ buoni Autori, intorno ai tre generi di Commedia: antica, mezzana, e moderna. Mi ricordai, che la prima non era, che una cosa informe, tratta per altro da fatti veri, e con nomi veri di persone assai conosciute, che noi diremmo piuttosto presentemente: Una Satira Dialogata. Questo é il genere di Commedia, che allora io scelsi per isfogar la mia collera, e per vendicarmi. L’intitolai il Colosso. V’introdussi dodici persone coi loro nomi, e come i primi inventori di cotal genere di Commedia andavano colla faccia coperta di creta, pubblicando, e cantando le loro Satire qua e là sopra delle carrette, io aveva divisato nel carnovale una mascherata, in cui da Attori incogniti m’immaginava di poterla far pubblicare, lusingandomi, assai pazzamente, di non esserne io scoperto l’Autore. Ma la leggierezza, la vanità, l’amor proprio m’indussero a communicarla agli amici, o per meglio dire, a quelli, che io prendeva per tali, e servendosi alcuni di essi della mia dabbenaggine, me la levarono dalle mani, e la pubblicarono immediatamente. Per meglio farmi conoscere, e meglio accreditare l’opera di mia 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) mano, vi posero in fronte un Sonetto, ch’io aveva composto in altra occasione, e in cui vi era espresso, ed in rima, il mio nome, il mio cognome, e la mia Patria, onde pareva, che a bello studio lo avessi fatto per pubblicarmi sfacciatamente l’autore di quella Satira. La cosa si divulgò, senza che io lo sapessi; i maligni se ne compiacquero; gl’indifferenti mi condannarono, e gli offesi mi volevano morto. Ho camminato due giorni colla vita in pericolo senza saperlo. Fui avvertito, che m’insidiavano, e stetti in guardia per qualche tempo. Giunse frattanto a Pavia il Superiore del Collegio, chiamato espressamente da Voghera per questo. Non era più il Bernerio, ma lo Scarabelli poiché il primo era passato all’altra vita, sei mesi avanti. • Goldoni, scrivendo una satira con nomi e cognomi, diventa nemico di mezza Pavia (non per sua mano ma lo fanno i suoi “amici”, facendolo identificare come l’autore e facendo sembrare che si stia anche vantando di questo)→ ma perché é un episodio importante? Perché viene cacciato dal collegio e poi affronta il problema del modo in cui, attraverso la scrittura. si possa colpire una persona riconoscibile ◦ la satira ai tempi di Goldoni che scrive le Memorie aveva creato molti problemi, si poteva fare satira in generale ma non indirizzarla in modo palese contro qualcuno > si poteva rappresentare un vizio attraverso un personaggio di un vizioso in cui ci si poteva immedesimare MA non bisognava collegarlo apertamente a una persona → bisogna colpire il peccato e non il peccatore ▪ rimando commedia antica > idea satira dialogata (Aristofane) > non c’é travestimento della realtà: vengono fatti nomi e cognomi ▪ non si vuole far riconoscere come l’autore → già ha la consapevolezza di fare qualcosa di non lecito Aveva per me questo nuovo Prefetto tutto l’amore, e tutto l’impegno, poiché egli dipendea in qualche modo dal Senatore Goldoni. Mi chiamò, appena giunto, nella sua camera, mi rimarcò assai pateticamente il fallo, ch’io aveva commesso, mi fece ancora più arrossire, dicendomi, che fra le persone, ch’io avea maltrattate, eravi compresa una sua Nipote, e finì per dirmi, che la Città tutta era contro di me sollevata, che il Collegio era obbligato a sagrificarmi, e che per salvarmi la vita non vi era altro rimedio, che farmi partire segretamente. • Viene cacciato dal collegio perché i pavesi sono infuriati contro di lui > va da se che ha perso la protezione del Marchese Lascio considerar al Lettore, qual io restassi in quel punto, veggendomi nella dura necessità di dover partire, con poco onore, e colla perdita totale di tutte le mie speranze. Lo supplicai colle lagrime agli occhi di non lasciar nulla intentato per rimediarvi, si commosse, me lo promise, operò quanto gli fu possibile di operare, ma nulla si ottenne. Spedì un espresso a Milano al Senatore Goldoni, impiegò l’autorità del Marchese Ghislieri, quella per fino del Senatore Erba Odeschalchi, in allora Potestà, o sia Governator di Pavia. Tutti si mossero in mio favore, ma tutti inutilmente. Dodici famiglie offese ne attiravano a s é un gran numero colle amicizie, e le parentele. La causa era diventata comune, ed io doveva essere sagrificato. Restai quindici giorni in Collegio, con proibizione di uscire, e non sarei uscito, potendo, perch é mi premeva salvar la pelle. Un giorno finalmente, che era caldissimo, nel mese di Maggio, mentre i Collegiali erano a pranzo nel Refettorio, venne il Prefetto nella mia camera, e m’intim ò la partenza in quel momento medesimo. • Nei Memories spiega bene che non solo la sua “ragazza” non lo accoglie ma un po’ tutte le ragazze del paese lo rifiutano e la stessa cosa succede ai suoi compagni → loro gli spiegano che i pavesi stanno cospirando contro di loro: tutte le ragazze che avrebbero accolto i collegiali non sarebbero state chieste in moglie → ecco perché nella satira sono coinvolte tutte queste famiglie ◦ Goldoni mette le mani avanti e spiega ai compagni le conseguenze che potrebbero capitare > maturità non reale infatti alla fine scrive la satira ◦ genio comico: é vero che gli rema contro ma rende la sua satira piacevole e divertente Il baule era fatto da qualche giorno, lo spedì subito avanti, al Ticino, ed io scortato dallo spenditor del Collegio, e da quattro uomini per mia difesa, giunto alla riva del fiume, m’imbarcai in un battello coperto, e in meno di due ore di tempo arrivai al Po ad una barca, che aveva scaricato 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) del sale. Mi cacciarono sotto la poppa della barcaccia, lo spenditore diede al Padrone i suoi ordini segretamente, poi ritornato a vedermi, mi pose in mano del danaro involto in una carta; mi disse, che tutto era pagato fino a Chiozza, che quel poco danaro mi avrebbe servito per qualche picciola spesa, mi augurò il buon viaggio, e se ne andò con Dio. Restai lunga pezza afflitto, dolente, mortificato; cento cose tetre, lugubri, mi venivano in mente, e non aveva forza di spirito per arrestarmi in alcuna. Pure fra tanti tristi pensieri, trovò luogo la curiosità di vedere, che danaro mi aveva dato lo spenditore. Apro il foglio, (oh sorpresa!) ritrovo dentro dell’oro, conto i zecchini, e li trovo quarantadue. Quarantadue gigliati in quell’occasione mi pareano un tesoro. Io credetti un prodigio, e siccome avea ragion di temere, che prevenuto mio Padre da qualche lettera di Pavia, mi avrebbe accolto assai bruscamente, pensai sul momento medesimo di prendere un’altra strada; mi venne in mente di andare a Roma, e mi preparava a lasciar la barca, tosto ch’io avessi potuto mettere piede a terra. • Nei Memories questa idea di andare a Roma é molto diversa → riporta in prima persona i pensieri e parla come un eroe tragico > a Roma vuole diventare allievo di Gravina, maestro d’arte drammatica Ma come, dicea fra me stesso, come mai si é consigliato il buon uomo a darmi questi zecchini? Se il viaggio é pagato, io non avea bisogno di tanto, e se dovessi ancora pagare il viaggio, mi basterebbe assai meno. Sapeva, che mio Padre aveva dato degli ordini, perché mi fosse somministrato il bisognevole, ma i suoi commissionari non erano mai stati sì generosi. Credetti per un momento, che questo potesse essere un resto di danaro inviato a Pavia da mio Padre, ma riflettei poco dopo, ch’ei non era né sì ricco, né sì prodigo, né sì diligente. Stava immerso in queste considerazioni, quando sento chiamarmi per nome. Alzo gli occhi, e vedo lo spenditore. Cominciò a battermi il cuore, e gli domandai per qual novità ritornava egli dopo due ore: Signore, la novitade é questa, (mi disse) ho sbagliato nel darvi il pacchetto. Vi ho dato quaranta due Zecchini che avea in saccoccia per pagare un debito del Collegio. Favoritemi i miei gigliati, e prendete qui questi trenta Paoli, che sono per voi destinati. In così dire, mi mette in mano l’involto, a poco presso della stessa grandezza. Io aveva i zecchini in mano, e con un sospiro li rendo. Li vuol contare, mi pare un affronto; mi dice: La non si scaldi; mi saluta, e va a rimontare nel suo barchetto. Cominciai allora nuovamente a riflettere sopra tutte le mie disgrazie. Aveva in tasca quel maledetto libretto, ch’era stato la cagion della mia rovina; era l’unica copia, che io ne aveva; lo stracciai in mille pezzi, e dopo quel tempo, non l’ho mai più riavuto, né più mi son curato di averlo. Mi é restato soltanto il rossore, ed il pentimento di averlo fatto. Compresi allora il danno, ch’io aveva recato a me stesso, e l’ingiustizia, ch’io aveva commessa verso degli altri. Questo ultimo riflesso mi si attaccò talmente al cuore, che per più, e più mesi non sapea rallegrarmi di cosa alcuna, e non passava notte, che con sogni torbidi, e spaventosi non mi sentissi inquietare. Oh orribile maldicenza. Pagherei anche in oggi una porzion del mio sangue, se si potesse scancellare del tutto dalla mia memoria un tal fatto. Voglia Dio almeno, che a Pavia non se ne ricordino ancora; se mai per avventura alcuno se ne ricordasse, se alcuno degli offesi si sovvenisse ancora di questa mia leggierezza, gli chiedo perdono, e lo prego di non negarmelo. Quella é stata la prima satira, che ho avuto l’ardir di fare, ed é stata l’ultima. Mai più mi é venuto in mente di farne, ed ho sempre aborrito di leggerne. Ne sono state fatte contro di me, che ho sofferte pazientemente per castigo di averne fatta una nell’età di diciott’anni. • Relega a una fase della vita in cui l’errore é concesso un’esperienza satira che in questo modo gli permetterà da adulto di non scrivere satire Tornando alla mia situazione d’allora, restai sì afflitto, e mortificato, ch’io non aveva coraggio di sortir di dov’era. Venuta la sera, mandò il Padron della barca ad annunziarmi la cena. Ricusai di andarvi, e domandai un materasso per coricarmi. Da lì a qualche tempo, veggio accostarsi qualcheduno alla poppa, e sento una voce, che dice pateticamente: Deo gratias. Questi era un Padre Domenicano, che dovea colla stessa barca viaggiar meco verso Venezia. Mi obbligò di uscire, mi obbligò di cenare, procurò consolarmi, e ritornai un poco più tranquillo, dopo la cena, al riposo. La mattina seguente mi trovai parecchie miglia lontano, e non vedea l’ora di prendere terra, deliberato dentro di me di voler andarmene all’avventura. A quest’effetto unii della biancheria, e qualche libro, con animo di portar meco il fardello, e rendere tutto il resto. Giunti a Piacenza, domandai di sbarcare; ma il Padrone della barca, che aveva avuto le sue istruzioni, me lo impedì, e mi obbligò di restar prigioniero fino a Chiozza, dove ei doveva consegnarmi a mio 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) se non avessi avuto timore di render pubblica la mia dabbenaggine, e di farmi ridicolo nel Paese. Per guarir d’una malattia, mi esposi ad un’altra. ◦ La seconda: una fanciulla che lo fa entrare in casa convincendolo dell’assenza della madre ma poi fa in modo da essere scoperta da quest’ultima a letto con lui. La madre dormiva per finta, le due erano d’accordo così Goldoni, una volta scoperto, avrebbe dovuto fare dei passi per forza → racconto molto teatrale Ecco la seconda avventura. Mi posi a vagheggiare la figlia di un Caffettiere, men bella, e meno prudente dell’altra. Le cose si avvanzarono a segno, ch’Ella mi dié l’accesso in Casa, in tempo di notte. Era assente suo Padre, ed un suo Fratello, e non eravi in Casa, che la Figlia, la Madre, ed una Serva, tutte tre d’accordo per attrapparmi. Ardì Ella di farmi passar all’oscuro dalla Camera di sua Madre, per entrar nella sua. Io che non era pratico della Casa, restai di sasso, quando, condotto per mano dalla figliuola, sentii la voce della Madre, ch’era nel letto, e che domandolle, o finse di domandarle, dove andava a quell’ora. Rispose Ella, ch’era andata a bere dell’acqua, e che ritornava nella sua Camera. Così dicendo, mi fece animo colla destra, perch’io la seguissi; tremante, com’era, urtai una Sedia, feci dello strepito, e la Madre credette, o finse di credere, che fosse stata la figlia. Entriamo nell’altra, dove ci aspettava la Serva, affinché la modestia non avesse a soccombere. La Madre, fingendo d’insospettirsi, si alzò, e accese il lume. Qual fu la mia sorpresa nel veder lume nella Camera della Vecchia? La giovine dal canto suo fingeva di essere intimorita, io volea discendere per la finestra; ma il salto mi parve troppo azzardoso. La Madre chiamò, picchiò all’uscio; persona non voleva rispondere. Diede la Vecchia due colpi assai leggieri alla porta, che essendo debole, e mal chiusa, si aprì. Andò di primo lancio ad assalire la Figlia. La Serva, senza dir parola, sortì. Io mi posi in difesa della Giovine, che sapeva piangere, e disperarsi. La Madre si rivolse contro di me; volea sollevare il vicinato colle sue strida, e l’unico modo per acquietarla fu il farle credere, ch’io volessi sposare la sua Figliuola. Allora cambiò di tuono, poiché tutte le smanie non tendevano, che a questo fine. L’ora era tarda per ritornarmene a Casa, la buona Vecchia mi offrì il suo letto, ed io l’accettai. La mattina mi diede da colazione, e mi ricordò la promessa. E come io aveva impiegata la notte in ben riflettere sul mio caso, e sul carattere di tai persone, delusi l’arte con l’arte. Andai il giorno dopo a ritrovar mio Padre a Gorizia; gli confidai il mio caso, e trovò egli il modo di liberarmene. Gorizia é Città del Friuli Austriaco, distante da Udine, se ben mi ricordo, dodici, o quattordici miglia. Fu chiamato colà mio Padre per ordine di Sua Eccellenza il Signor Conte Francesco Lantier, una delle più Illustri Famiglie di quel paese, e della Germania, il quale sosteneva l’importante Carico di Capitano, cioé di Governatore dell’armi di quella Provincia, non meno che della Carnia, e d’altre ancora adiacenti. Soffriva questo degno, ed amabile Cavaliere una cronica malattia d’Urina, ed informato, che mio Padre avea particolare esperienza, e cognizione per questi mali, volle essere medicato da Lui, e lo condusse al suo Castello di Vipacco, dove ebbi anch’io la fortuna di seguitarlo, e dove si godette per lo spazio di cinque mesi la più amena, la più deliziosa Villeggiatura. Caccie, Pesche, Giardini, conversazioni, cavalcate, feste, giochi, tripudi, niente mancava alla sontuosità del soggiorno. Cercai anch’io di contribuire al divertimento col genio comico che m’inspirava. Eravi un Teatrino di bambocci. Io era il Capo di questi Attori di Legno, e si recitarono delle Commedie. Terminata la cura con soddisfazione dell’ammalato, ed avuta mio Padre una generosa ricompensa, lasciammo il Friuli, e si ritornò alla residenza di Chiozza, dove era rimasta mia Madre, e dove aspettavaci Ella con ansietà. Dopo qualche tempo, mio Padre mi mand ò a Modona a terminare i miei studi con animo di addottorarmi. Colà mi riprese fieramente la Malattia de’ Vapori effetti Ipocondriaci crudeli, onde abbandonai lo studio, e credendo ad ogni momento dover morire, mi diedi alla divozione. Mio Padre lo seppe; egli era uomo dabbene, ma non bacchettone, e mi volea Cristiano, ma non Santocchio. Mi richiamò Egli a Chiozza, vi andiedi per obbedienza, e in aria penitente, e col collo torto, gli dissi, che io mi sentiva inspirato di farmi Frate. Conobbe egli meglio di me, che i miei Vapori erano la mia inspirazione. Ne fece anche la prova, cercando di divertirmi; e un mese dopo, non si parlò più né di Chiostro, né di Cappuccio. • Si nota da questo passaggio: Goldoni raffigura se stesso con un carattere imperturbabile, gioviale e tranquillo. Invece, sottace alla sua propensione caratteriale, durante lo stress, agli attacchi di panico e depressione Era in quel tempo Podestà, cioé Governatore di Chiozza, Sua Eccellenza il Signor Francesco Bonfadini di gloriosa ricordanza, degnissimo Cavaliere, Patrizio Veneto, che morì poi 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) prestantissimo Senatore, alla di cui nobilissima, e gentilissima Dama Sposa dedicata é la Donna di garbo che é la prima Commedia di questo stesso Volume . Era il suo Cancellier Criminale il Sig. Egidio Zabottini di Castelfranco, uomo integerrimo, e di gran concetto in tal professione, ed era suo Coadiutore il Sig. Stefano Porta, della Città di Feltre, Giovane di abilità, e d’illibati costumi. Mio Padre, che aveva la maniera di farsi amare, ebbe la fortuna di acquistarsi la protezione del Cavaliere, e l’amicizia del Ministro, onde accordarono fra di loro, ch’io entrassi in quella Cancelleria, sotto la direzione del Zabottini, ed associato al Porta. • Fa l’aiutante dell’aiutante → rimando all’incisione ◦ questi legami che creerà in questo periodo saranno importanti nella sua carriera teatrale Vi entrai senza saper un principio di tal mestiere, ed in tre o quattro mesi di tempo me ne impossessai intieramente, dimodoché il Coadiutor principale facea lavorar me volentieri, per sollevarsi dal peso, il Cancelliere era di me contento, e il Podestà mi prese a proteggere con particolar affezione. La facilità, ch’io trovai in una Professione che par difficile, derivò dal piacere, ch’io sentia nell’esercitarla. Pareva, ch’io fossi nato per questa sola. Proposi di mai più abbandonarla, ma si vedrà in appresso, per qual ragione l’abbandonai. • Proiezione futura → questa carriera gli piace ma già sa che non sarà la sua strada Non potendo io in tal impiego esercitar il mio genio comico, parevami di essere soddisfatto con un esercizio, che insegna pi ù di ogni altro a conoscere il cuore umano, ed a scoprire la malizia, e l’accortezza degli uomini. L’esame de’ Testimoni, per lo più maliziosi, o interessati, e ancora più l’esame de’ Rei mette in necessità di assottigliare lo spirito per isviluppare la verità. • Assistere agli interrogatori mostra le passioni dell’uomo, che sono utili a acuire l’attenzione di Goldoni proprio nel momento in cui dovrà rappresentare la malizia dell’uomo Faceami specie ne’ primi tempi vedere un uomo attaccato alla corda, e doverlo esaminare tranquillamente, come vedesi nel Frontispizio di questo tomo; ma si fa l’abito a tutto, e malgrado l’umanità, non si ascolta, che la giustizia, e il dover dell’impiego. Quello che mi recava ancor più diletto, e metteva in impegno il mio spirito, era l’epilogo de’ Processi, con cui dovevasi informare il Giudice, che dovea pronunziar la Sentenza. L’operazion non é facile, poiché conviene esattamente pesare i termini per non aggravare le colpe in pregiudizio del Reo, e non isminuirle in detrimento della Giustizia. • Quando si fa il riassunto del processo: bisogna scegliere le parole giuste e equilibrate (esercizio importante per Goldoni) Quest’era la parte, in cui io riusciva il meglio, e tanto il mio Cancelliere fu di me contento, che terminato il Reggimento di Chiozza, passò egli a quello di Feltre, e mi volle seco per primo suo Coadiutore, col titolo di Vice Cancelliere. Era il nostro Podestà, o sia Governatore in detta Città 1’Eccellentissimo Signor Paolo Spinelli, Patrizio Veneto, Cavaliere umanissimo, ottimo Giudice, e di angelici esemplari costumi. Feltre é Città piccola, montuosa, situata nella Marca Trivigiana, Provincia dello Stato Veneto. Ella é antichissima, conosciuta sino ai tempi di Giulio Cesare, di cui dicesi sia quel verso: Feltria perpetuo Nivium damnata rigori. In questa Città non vi sono ricchezze, ma non vi é miseria; il terreno é fertile, la gente laboriosa, ma non ha alcun commercio, a cagion della sua situazione lontana da ogni navigazione. Vi é molta nobiltà, antica, e colta. Vi si fanno delle bellissime Villeggiature. La Caccia é abbondante, e i frutti sono squisiti, fra quali sono ricercatissime le Noci Feltrine, come fra le biade riesce colà perfettamente il Grano di Turchia, che ridotto in farina gialla, e di farina gialla in Polenta, serve di nutrimento ai poveri, e di piacere ai ricchi. Io non mi scorderò mai di un Paese, dove sono stato sì bene accolto, e dove ho soggiornato sedici mesi col maggior piacere del Mondo. Due cose contribuirono alla mia intiera soddisfazione. La buona Compagnia, che ho sempre amata, e desiderata, ed un Teatro nel palazzo medesimo del Podest à , di cui mi pareva poter disporre. In fatti non tardai ad usarne. Legata amicizia con quei principali Signori, divisai di unire una Compagnia di giovani dilettanti, per recitarvi, e mi riusc ì l’intento. Si recitarono due Drammi di Metastasio, la Didone, e l’Artaserse, e vi recitai io medesimo. Come io era il distributor delle parti, ed il direttore dello 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) spettacolo, scelsi per me le ultime parti, e mi riservai di comparire un po’ meglio negl’intermezzi, che composi io medesimo; e questa é la prima volta, ch’io esposi qualche cosa del mio sul Teatro, e là principiai a gustare il piacer dell’applauso, e del pubblico aggradimento. • Intermezzi = scene comiche rappresentate tra un momento e l’altro dell’opera seria → con la riforma metastasiana le parti comiche vengono tolte dall’opera seria e si trasformano negli intermezzi, mini scenette Due furono gl’intermezzi in allora da me composti, uno comico, e l’altro critico. Il primo era intitolato Il Buon Vecchio, e consisteva in tre Personaggi: Un Pantalone, Padre semplice, una Figlia accorta, ed un Amante intraprendente. Io faceva quest’ultimo Personaggio, mascherato con diversi abiti, e coll’uso di più linguaggi, tutti però Italiani. • Il travestimento era un espediente tipico + tipico anche l’uso di più linguaggi Il secondo avea per titolo La Cantatrice. Conoscea sin d’allora l’arte, e il costume della maggior parte di queste Sirene Armoniche, e delle loro Mamme, e ne feci un ritratto passabile, capace d’instruire, e di divertire. • Intermezzo che riguarda una cantante che viene accompagnata dalla mamma, figura topica Perduto ho poscia intieramente il primo Intermezzo per la poca cura, ch’io avea delle cose mie; • “poca cura” espressione topica, sottolineare l’umiltà ed avrei perduto anche il secondo, ma é stato esso da qualchedun conservato, e l’ho veduto, qualch’anno dopo, rappresentare in Venezia col titolo della Pelarina, che significa in veneziano una Donna, che pela, cioé, che pilucca gli amanti: e come l’intermezzo riuscì in Venezia felicemente, e altri se ne avea fatto merito, e ne avea ricavato non poco utile, dissi anch’io col poeta: Sic vos non vobis, ecc. • “così voi e non per voi” parole di Virgilio che stanno a indicare il plagio, qualcuno si é appropriato del testo di Goldoni e ne ha tratto un vantaggio economico ◦ il plagio all’epoca era la norma > questo crea oggi un problema di autorialità In questo [...] Né a caso ho parlato di questo viaggio piacevole, poiché per me é stato di conseguenza. Tra le persone, che componevano sì deliziosa truppa, ve ne era una, che meritava assai, e mi piaceva moltissimo. Acquistai in tal occasione la sua buona grazia, e a tal segno, che parlossi poco dopo di Matrimonio, e sarebbe stata mia Moglie, se avessi potuto farlo senza il consentimento di mio Padre, dal quale ho sempre voluto dipendere. Trovavasi egli in allora non più a Chiozza, ma a Bagnacavallo, Terra grossa dello Stato della Chiesa, situata nella Legazione di Ferrara, dove aveva Egli ottenuto l’onorevole, e lucrativo impiego di Medico Condotto, cioé da quel Pubblico stipendiato. Gli scrissi anche la mia intenzione, e mi rispose da Padre, e da Amico, facendomi toccar con mano, ch’io non era in istato di maritarmi, non avendo ancora terminato il corso delle Cancellerie, per divenir Principale, e divenir decorosamente Marito, e Padre. Feci vedere la lettera alla giovane non solo, ma ai Parenti suoi, e conclusero tutti, che avrebbero aspettato il tempo, e ch’io doveva sposarla. Mi cade ora a proposito di rammemorare un fatto, che fece a me dell’onore, e aumentò l’attaccamento, e la speranza della Figliuola, e de’ suoi Congiunti. Un Giovane dipendente di quella Casa ebbe che dire con un garzon bottegaio, e diedegli una ferita. Arrivommi nel medesimo tempo la querela del ferito, e la raccomandazione della Persona, ch’io amava. Non potea servire all’amore, ed alla Giustizia, onde per non mancare né all’uno, né all’altra, pregai il mio Cancelliere di voler egli formare questo Processo, ed intrapresi io di essere l’Avvocato difendente del Reo. La cosa riuscì sì bene, che provando io la necessaria difesa, lo feci assolvere liberamente; e fu allora, che il Cancelliere suddetto, ed il Signor Alessandro Novello di Castelfranco, degnissimo Vicario in quella Curia, e il Potestà medesimo e gli Avvocati della Città mi presagirono, che sarei ben riuscito nell’avvocatura Criminale, come in fatti male non mi riuscì, quando in appresso mi trovai in grado di esercitarla. Terminati i sedici mesi di quel Reggimento, mi convenne partire. Fu quella la prima volta, ch’io conobbi la forza del vero Amore, e la pena d’un violente distaccamento; ma fu forza di superarla, e partii con animo di ritornare a legarmi colla mia Bella. Passai a Venezia, mi trattenni colà 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) • Non si aspetta di subire un esame e invece viene interrogato su tutto • nel racconto dell’esame usa degli esp e dienti tipici di tutti i suoi racconti che ci fanno dubitare della veridi cità della narrazione ◦ Goldoni non coglie il suggerimento dell’Abbate di non fare l’esame, anzi, si iscrive all’esame e lo supera brillantemente senza ripetere tutto in modo pedissequo e a memoria, si dimostra pieno di esperienza Confesso, che una tale sorpresa m’imbarazzò non poco, e le mie risposte non lo contentarono intieramente, dimodocché ebbe la bontà di dirmi, che mi consigliava a meglio riflettere, pria d’espormi al cimento. Pensai un momento; poi gli risposi con arditezza, ch’io era andato a Padova per questo, che la mia riputazione non mi permetteva di ritornarmene così vilmente, che la sorpresa mi aveva intimidito per quel momento, ma che mi sentiva bastante coraggio per azzardarmi. Parve un poco piccato della mia franchezza. Mi disse: domani ci rivedremo, e mi congedò. Arrabbiato, piucché avvilito, tornai all’albergo, comunicai all’amico Radi la conversazione avuta col suddetto Lettor Primario. Stupì egli di una tal novità: disse, che se tal rigore avesse avuto lunga durata l’Università avrebbe molto perduto, e in fatti l’anno dopo fur rimesse le cose al primiero sistema. Intanto toccò a me a resistere a questo fuoco. [...] Si arriva al Collegio, mi destinano una Stanza per ritirarmi; richiamo tutti i spiriti sconcertati; li riunisco al solo punto d’onore. Viene il momento fatale; entro nell’assemblea de’ Dottori, non guardo in faccia a nessuno. Salgo alla cattedra col Promotore, faccio la recita de’ miei punti, e la memoria mi serve felicemente. Eccoci agli argomenti. Ascolto il primo; lo riassumo, e sbaglio una citazione. Il mio Promotore vuol suggerirmi. Si oppone il zelantissimo Signor Dottore Arrighi. Io mi ricordo del domani ci rivedremo, riprendo forza, e rispondo, al primo argomento, ed agli altri in seguito, non come un difendente risponde, ma come fatto avrebbe un assistente, facendo tante dissertazioni quanti erano gli argomenti, senza il metodo ordinario Scolastico, senza faticar la memoria colla materiale inutile ripetizione delle parole, e delle citazioni dei Testi, ma facendo conoscere, ch'io possedeva la materia, ch’era informato delle questioni, e che la Scienza del Jus comune non consisteva nella ripetizione degli argomenti, ma nella cognizione del Codice, e dei Digesti. Non so se male, o bene parlassi, ma so, che l’audacia, e tuono di voce, e la velocità del discorso ha prodotto un movimento estraordinario in tutto quel venerabile consesso, con delle dimostrazioni d’applauso, seguite da una pienissima ballottazione favorevole, pubblicata poi dal Bidello col nemine penitus, penitusque discrepante. (VEDI NOTA → non fu promosso a pieni voti) Aperte allora le porte, entrava entro molta gente. Vidi l’amico Radi, che si asciugava gli occhi, piangendo per tenerezza, e vidi i Scolari, che mi avevano trattenuto la notte, e che ridevano, non so, se per piacere di vedermi contento, o per quello di avermi vinto il danaro. • Ci ricorda il suo esame di latino, parzialmente vero → esalta sempre le sue doti per le quali riesce a tirarsi fuori dall’impaccio + in questo esame sembra fare una performance teatrale [...] Dovevasi pagar il viaggio di ritorno in Venezia. Mia Madre mi aspettava, mi aspettavan gli amici, e non volea far sapere la mia condotta. Qual partito si avea a prendere in tale occasione? Io avea un diamante in dito di qualche prezzo, confidatomi dalla mia Bella. L’impegnai, e mene prevalsi. Lo ricuperai qualche mese dopo, ma quante invenzioni mi costò il nascondere la verità! Siccome il gioco era stato la Causa di tal disordine, me ne son ricordato nella mia Commedia del Giocatore, allora quando Florindo impegna il gioiello di Rosaura. Ritornato in Venezia, e consolata sopra tutti mia Madre, ricorse ella a mio Zio Indrich, di cui altrove ho parlato, acciò mi mettesse nello Studio di qualche buon’ Avvocato, affine ch’io facessi la pratica necessaria per esercitare tal professione, e necessaria per ottenere il Mandato, cioé la permissione di esercitarla in Venezia. • Inizia la sua attività di avvocato con lo Zio → ha tanto tempo libro che userà per il teatro […] Osserva, Lettore mio gentilissimo, osserva il tuo Goldoni nel Frontispizio di questo Tomo, e vedilo colla Toga Forense, all’uso degli Avvocati del suo Paese. • Racconta nel dettaglio il vestivo della sua professione → usa ancora questa professione come vanto Eccomi dunque vestito di un abito rispettabile, e decoroso, ed adornato di un titolo, che ho sempre apprezzato, e conservato con gelosia, ponendolo in fronte alle opere mie, malgrado l’abbandono dell’esercizio, né mai per qualunque evento lascierò di gloriarmene, sperando di non 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) avermene reso indegno, e che non ostante la distanza, in cui sono, sarà conservato il mio nome al Magistrato Eccellentissimo de’ Censori fra il ruolo degli Avvocati, poiché, come disse Marziale in altra occasione, e come trovasi inciso sotto il frontispizio suddetto, Casibus hic nullis, nullis delebilis annis Vivet. Astrea, che mi ha adottato per figlio, e 1’Adria mia clementissima Madre, e Protetrice, e Sovrana furono da me a questo fine collocate al dissopra del Quadro, ed il mio nome fra le loro mani é in sicuro. Torniamo a noi; torniamo a riprendere il filo del ragionamento interrotto. Contento io era per una parte del novello mio impiego, ma per l'altra rincrescevami in quei primi tempi vedermi disoccupato. Il mestiere dell'Avvocato é il più utile, e il più decoroso del mondo, ma convien fare un lunghissimo noviziato, prima di essere conosciuti; pochi arrivano ad essere di quelli del primo rango, che sono i soli felici, e tutti gli altri restano nella turba de' malcontenti. Non so a qual grado foss'io arrivato, se continuato avessi per lungo tempo in un tale esercizio. So bene, che i miei principi sono stati assai fortunati, e che tutti mi presagivano buona sorte. Non ho portata la Toga, che otto mesi soli38, e in otto mesi ho trattato due cause, fra le quali una di grandissima conseguenza, cosa assai rara nel nostro Paese, dove un giovane Avvocato dura fatica, dopo un più lungo tempo, ad esporsi, poiché non é facile a ritrovar la persona, che voglia confidar la sua causa alle mani di un principiante. Io aveva dato qualche saggio di me nell'Accademia del Dottore Ortolani, famoso per gli allievi da lui fatti nello Studio legale, e famoso altresì, perché essendo egli divenuto cieco del tutto, non voleva esserlo, e non lo pareva. Vi sono in Venezia varie di queste Accademie, nelle quali si esercita la gioventù, che vuole incamminarsi per la via dell'Avvocatura. Si figura una Causa fra due, o più persone. Due Accademici prendono a difendere una parte, e due l'altra. Si disputa alla maniera del Veneto foro. Gli astanti sono i Giudici, si presenta una pallottola a ciascheduno di loro, e ponendola essi nell'urna, o per il sì, o per il no, i difensori dell'una parte, o dell'altra vincono l'opinione, e gli altri la perdono. Mi ricordo aver io proposto in detta Accademia il caso, che ho poi disteso nella mia Commedia dell'Avvocato, e mi sovviene che cedendo io la miglior Causa ai miei avversari, mi ha toccato difender la Giovane, e sostenere la donazione. Ho perduto, egli é vero, ma so, che la mia disputa non mi fe disonore. Nell'ozio, in cui io era obbligato di vivere, il dopo pranzo, dovendo restare in casa, nel mio Mezà per aspettare, se la fortuna volea mandarmi de' litiganti, o almeno per acquistare concetto di giovane attento, ed attaccato al mestiere, mi si risvegliavano in mente di quando in quando le idee Teatrali; ma siccome la Toga Forense mi aveva inspirata la serietà, invece di pensare a Commedie, rivolsi l'animo alle opere Musicali, e composi un dramma per musica, intitolato Amalasunta , Opera di mia testa, di mia invenzione, ma per la quale avea spogliato bastantemente la Didone, e l'Issipile di Metastasio. • Si sta giustificando per aver scelto il melodramma e non il teatro comico dicendo che, data la sua professione, aveva voglia di rivolgersi a qualcosa di alto ◦ ci fa capire che comunque vede il librettista e il teatro serio come una possibile carriera • si erano già date delle regole stilistiche e linguistiche nuove rispetto alle opere musicali precedenti, infatti lui ci parla di Metastasio Ciò non ostante, mi pareva di aver fatto moltissimo, ed era assai contento della mia produzione. Ho trovato de' lodatori, che mi hanno un po' insuperbito, ed ho tenuto quest'opera presso di me con grandissima gelosia, finché, trovandomi poi a Milano, ne rimasi disingannato; come avrò occasione di dire, allorché parlerò del mio viaggio nella Città suddetta. Un'altra opera ho fatto, in que' tempi d'ozio, e vuò parlarne (ben ché sia cosa, che non lo meriti), per una ragione che si vedrà parimenti nel mio viaggio di Bergamo. Quando un uomo pensa, e medita, e non ha faccende, dicesi, ch'ei fa de' lunari. • Lunari = almanacchi, calendario con delle poesie → ne scrive uno Chi avesse detto così di me, non l'avrebbe sbagliata, poiché effettivamente composi un lunario. Qualchedun, che lo vide, trovollo degno del Pubblico, ne parlò ad uno Stampatore, io non voleva darlo, ma offrendomi dodici zecchini in regalo, e diverse copie, non potei resistere, e glielo diedi, con condizione però, che non si pubblicasse il mio nome. Era intitolato: L'esperienza del passato fatta astrologa del futuro. Il discorso generale, e quelli delle stagioni erano tante critici, che poteano passar per buoni, trattandosi di un lunario; e certamente erano veri, ed avevano l'aria di novità. Di più non solamente ogni lunazione, ma ogni giorno eravi un quartetto, che conteneva un prognostico, cioé una Critica del costume; e come io aveva naturalmente lo spirito Comico, ogni pensiere potea servir di Soggetto per una Commedia, ed io medesimo mene sono qualche volta servito. In fine il mio Lunario fece strepito, fu ristampato, ed ecco la prima volta, ch'io ho avuto il piacere di dar qualche cosa alle Stampe, é vero senza il mio nome, ma non ho mai negato di 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) esserne io l'autore. So, che dopo la medesima idea é stata copiata, e contraffatta da altri, onore, che mi é stato fatto in tutti i tempi, e che io non credeva di meritare. • Parallelo con un testo di Gozzi, l’idea secondo Goldoni, è stata copiata da lui [...] Questa Causa, che fu la prima, che mi fece del credito, fu l'ultima, ch'io trattai in Venezia, da dove non istetti molto ad allontanarmi. Il cambiamento totale della mia situazione, quel cambiamento, che mi ha portato in seguito a consacrarmi al Teatro, merita bene, Lettor gentilissimo, ch'io ti narri distesamente i motivi, che l'han prodotto. Vorrei, che tu avessi tanto piacere nel leggerli, quanto io mi diverto nel raccontarli. • Ne combina un’altra delle sue, deve scappare da Venezia per una proposta di matrimonio che ha fatto > immagina come sarebbe stata la sua vita se avesse continuato a fare l’avvocato Un amore, o per meglio dire, un impegno ha originato questa Catastrofe, non so s'io dica per me sfortunata, o felice. S'io mi fondo sulle speranze d'allora, e su i prognostici favorevoli degli amici, ho perduto uno stato comodo, e decoroso, ho perduto, può essere, dodici, quindici, o venti mila ducati l'anno, frutto delle onorate fatiche dei primari Avvocati del mio Paese; ma siccome non era io inclinato al risparmio, avrei fatto anch'io probabilmente, come fanno tant'altri, che profondono con magnificenza i loro profitti, e in capo all'anno si trovano, come io mi trovo presentemente, e forse peggio di me, poiché io non ho danari, ma non ho debiti, o almeno pochi. […] Tutta questa digressione a che serve? Serve per comprovare, che un disordine qualche volta produce un bene, e, come dice il proverbio, tutto il male non vien per nuocere: onde non dirò, né infelice, né fortunata la catastrofe, di cui ho principiato a parlare, e di cui proseguisco il racconto. • Le vicende sfortunate che gli tolgono soldi e rispettabilità sociale alla fine lo portano a avere una carriera nel Teatro • Goldoni conosce una donna più grande che inizia a corteggiare Un amore dunque ne fu la causa, ma siccome nella mia giovanezza era io soggetto facilmente ad innamorarmi, e con altrettanta facilità mi disnamorava; ne attribuisco dunque il motivo, piucché all'amore, all'impegno. Fin quando vivea mio Padre, ebbi occasione, col mezzo suo di conoscere una Signora, che avea una quindicina di anni più di me, per lo meno, ma che non era stata mai maritata, quantunque da lungo tempo desiderasse di esserlo. Non le mancava, né merito personale, né beni di fortuna per collocarsi. In età di trentacinqu'anni, incirca, era fresca, come di quindici, e malgrado la pingue corporatura, ed una fisionomia più virile, che feminina, sapea sì ben usare le grazie, e i vezzi della gioventù, che avrebbe potuto nasconder gli anni, se qualche ruga non li avesse manifestati. Bianca come la neve, colorita senza artifizio, occhi neri, e vivaci, labbro rubicondo e ridente; il naso solo, un poco troppo elevato nella sommità, sconciavala un pocolino, ma davale altresì un'aria di maestà, allora quando si componeva in attitudine grave, e seriosa. Padrona di se medesima, teneva ella una casa, in cui nulla mancava al comodo, e alla proprietà. Avea dello spirito, dell'educazione, del sentimento. Sapea la musica perfettamente. Facea dei versi, che non erano intieramente cattivi; amava la conversazione, parlava assai volontieri, e parlava molto di se medesima, amando quelli, che sapevano meglio lodarla, ed affettavano di più attentamente servirla. Savia però, ed onestissima, sapeva unire il contegno alle buone grazie, e l'esemplarità dei costumi alla vita lieta, e civile: eppure con tutto questo, e con ventimila ducati di dote, malgrado la volontà decisa di collocarsi, non avea trovato ancora il partito. La difficoltà proveniva dal suo carattere. Estremamente sensibile, e delicata, trovava dei difetti in tutti quelli, che le potean convenire, e non sapeva determinarsi alla scelta. Io era fra il numero di quelli, che meno le dispiacevano. L'estro poetico, ch'io possedeva, lusingava la sua inclinazione, e i versi ch'io componeva in sua lode me la rendevano affezionata. Molti difetti avrà ella scoperti in me; ma quello, che più dovea disgustarla, si era lo stato mio di fortuna. Calcolando essa però, ch'io potea un giorno divenir qualche cosa, e che una dote passabile potea farmi arrivar più presto a migliorar condizione, so, che non era lontana dal preferirmi; dissemi cose tali da potermene lusingare; parlò a mia Madre in maniera, ch'ella ne era più di me lusingata, e si sollecitò il mio Dottorato per questo; ma allora quando io mi credea più sicuro di possederla, un'avventura mi fece perdere la speranza. S'introdusse in casa della Signora un personaggio di nascita assai superiore alla mia, di fortune poco p iù avvantaggiose. Dandole il rango maggior franchezza, e maggior libertà di parlare, si dichiar ò spasimato, e si esib ì di sposarla. [...] 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) Commedia; gli promisi, che mi vi sarei applicato col tempo, ma intanto l'Amalassunta mi lusingava. • L’idea che la strada di Goldoni sia il teatro comico → l’Amalassunta ha qualcosa che non va Preso congedo dall'ospite generoso passai a Verona con animo di presentarmi al Marchese Maffei, e di fargli leggere, ed esaminare il mio Dramma. Tre giorni prima il dottissimo Cavaliere era di là partito. • Non è vero: Maffei era partito da un anno ma Goldoni lo fa sembrare un caso Mi trattenni due giorni per vedere quella deliziosa Città, ch'io non avea più veduta, indi proseguii il mio viaggio per Brescia. Giunto a Desenzano, ed alloggiato, in quella stessa Osteria, dove mi arrivòl'avventura raccontata nel Tomo Ottavo, seppi, che il disgraziato, che volea assassinar me, e la donna, che mi ha salvato, era stato per altri delitti impiccato a Brescia. Passando colà la notte, mi venne in mente, che a Salò, dodici miglia di là lontano, io possedeva una Casa, di cui da molto tempo non ne aveva novella alcuna. Questo picciolo interesse, e il desiderio di vedere la Riviera amenissima del Lago di Garda, mi fe' risolvere di allungare la strada, e di condurmi a Salò. Le due intenzioni mi riuscirono fortunate. Mi divertì estremamente la deliziosa Riviera, e trovai qualche danaro ammassato degli affitti della mia Casa, che servì ad accrescere un poco le mie scarse finanze. Partito di là per Brescia, trovai in quella ricca, e popolosa Città il Sig. Alessandro Novello di Castel Franco, ch'io aveva conosciuto Vicario a Feltre, ed era allora Assessore del Pubblico Rappresentante di Brescia. Mi accolse con generosa amicizia, mi alloggiò seco lui nel Palazzo Pretorio, e mi fece passare parecchi giorni felici. Sovvenendosi egli del mio genio poetico, per qualche cosa, ch'io fatta avea, quand'eravamo impiegati a Feltre, mi chiese, s'io aveva niente del mio da fargli sentire. Gli parlai del mio Dramma; si mostrò desideroso di udirlo; si appuntòla sera per leggerlo, ed invitò un buon numero di letterati per ascoltarlo. Qual consolazion fu la mia nel sentir lodare il mio Dramma da cinque, o sei persone erudite? Brescia abbonda di eccellenti Poeti, e quei, che mi favorivano, erano de' più scelti. Trovarono, che il carattere di Amalassunta era bene immaginato, e ben sostenuto, e che poteva servire d'istruzione, e di esempio alle Regine incaricate della tutela, e dell'educazione dei Reali figliuoli. Piacque loro infinitamente il contrasto de' Cortigiani, due Saggi, e due discoli, e la catastrofe infelice del figlio Atalarico abbandonato ai Consiglieri cattivi, ed il trionfo di Amalassunta secondata dai Buoni. Parve loro il mio stile meno poetico di quello, che si accostuma nei Drammi per Musica, ed avrebbero voluto, ch'io levassi le Arie, e le Rime, per farne (dicevan eglino) una buona Tragedia. Fui contento del loro applauso, li ringraziai del loro consiglio, ma mi guardai bene dal seguitarlo. Qual profitto ne avrei ricavato? Qual utile mi avrebbe recato una Tragedia, quand'anche stata fosse di merito superiore? E levate le Arie, e le rime, che sono il più forte della Drammatica Poesia, quanti maggiori difetti non si sarieno scoperti? Finalmente io aveva fondate le mie speranze sopra un Dramma per Musica, che poteva fare la mia fortuna, e mi pareva di averla fatta; onde il giorno dopo mi congedai dall'amico, e m'incamminai novamente per la via di Milano. • I letterati bresciani riconoscono il talento ma lo stile è meno poetico, gli suggeriscono di togliere la musica cioè le arie • dramma per musica ha il recitato quando si sviluppa l’azione, i personaggi conversano cantando + le arie momenti in cui si dispiega la musica e il cantante segue linee melodiche articolate (esprime i suoi sentimenti) Pria però di condurmi a questa Magnifica Capitale della Lombardia Austriaca volli passar a Bergamo per vedere anche quella Città dello Stato Veneto, e per aver l'onore di presentarmi al Pubblico Rappresentante, l'Eccellentissimo Sig. Francesco Bonfadini, oggi di gloriosa memoria, Cavalier Magnanimo, e Generoso, che morì Senatore, e alla cui Sposa illustre, e virtuosa Dama dedicata ho La Donna di Garbo. Non so esprimere bastantemente, con quai dimostrazioni di giubbilo, e di bontà fui ricevuto a Bergamo dal Cavaliere umanissimo, e dalla benignissima Dama. Le prime parole, che pronunciarono nel vedermi, furono queste: Ecco l'Astrologo; viva l'Astrologo; ben venuto l'Astrologo. Confesso il vero, restai alquanto sospeso, e mortificato, non sapendo a che attribuire un titolo, con cui mi pareva di esser posto in ridicolo. Voltatosi il Cavaliere alle persone, ch'erano con esso lui, e colla Dama, sedute al foco: Vi sovvenite (diss'egli loro) che la Contessa C..., per causa della sua eterna Toeletta, il giorno di Santo Stefano, perdé la Messa? 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) Goldoni, che qui vedete, l'ha predetto in un bizzarro Almanacco da lui composto. Tutti risero, e mi applaudirono. Io mi rasserenai un poco, ma diedi a conoscere, che non mi piaceva moltissimo il dover passare per fabbricator di Lunari. Il Cavalier se ne accorse, e disse di me delle cose, che mi fecero, non so s'io dica arrossire, o insuperbire. Mi chiese in seguito, dov'io era alloggiato; dissi alle due Ganasse: mi rimproverò gentilmente di esser disceso all'albergo, mandò a prendere il mio Baule, mi onorò di una Camera nel suo Palazzo, mi tenne seco quindici giorni, e non contento di quanto aveva fatto per me, avendogli io raccontate le mie avventure, mi esibì protezione, e danaro; due cose, delle quali nella mia situazione d'allora aveva estremo bisogno. Lo ringraziai, pregandolo della prima, senza rifiutar la seconda, ed il Cavaliere amabile, e generoso mi diede alquanti Zecchini, ed una Lettera della Dama sua per sua Eccellenza il Sig. Orazio Bartolini, Residente Veneto allora in Milano, e morto poscia nell'insigne carica di Cancellier Grande in Venezia. • La carriera diplomatica, che intraprenderà anche Goldoni, hanno un’influenza sulla letteratura Partito da Bergamo colmo di onori, e di grazie arrivai a Milano; presi alloggio all'Osteria del Pozzo, portai la Lettera al Residente, che m'accolse con estrema bontà. Gli confidai la cagione della partenza mia di Venezia, ma niente gli domandai alla prima visita, poiché tutte le mie speranze erano fondate nella mia Amalassunta. Era precisamente allora di Carnovale, e rappresentavasi in quel Teatro il Demofoonte del Metastasio e sosteneva la parte principale del Dramma il celebre Caffariello, ch'io conosciuto aveva in Venezia. Era il Direttore, e compositore de' Balli il Sig. Gaetan Grossa-Testa di Modena, passato poscia all'onorevole impiego di Maestro di Ballo del Re di Napoli. Conosceva io questo degnissimo galantuomo, e la gentilissima Signora Maria sua consorte; onde col mezzo di queste tre conoscenze, e col merito del mio Dramma sperai, che gl'Impresari l'avrebbero ricevuto, e me lo avrebbero ben pagato. Fatta dunque una visita alla bravissima danzatrice, e scelto il giorno di Venerdì, in cui non vi é rappresentazione in Teatro, trovai da essa, oltre il Marito suo, il Caffariello, ed altre persone di sua conoscenza, fra le quali eravi il Conte Prata Cavalier Milanese, gran conoscitor del Teatro, e dilettante di Musica, e di Poesia Teatrale. Comunicato il mio desiderio, tutti si offrirono per favorirmi, ma giudicarono prudentemente, che prima di esporre il Dramma al giudizio degl'Impresari, era bene di esporlo a quello de' miei amici. Io, che niente più desiderava, che leggere il mio Componimento, lo tirai di tasca, e li pregai di attenzione. • Lui vuole vedere la sua opera, gli artisti ne sono contenti ma vogliono prima sentirlo → si annoiano Questi uditori non erano, né sì dotti, né sì eruditi, come quelli di Brescia, ma resi dalla pratica più istruiti, non trovando il mio Dramma uniforme alle regole, cominciarono ad annoiarsi. Sbadigliavano alcuni, altri parlavan pian piano fra loro, e un Musico, che faceva l'ultima parte nel Demofoonte, prese una Carta di Musica, e si mise a cantar sotto voce. Acceso d'entusiasmo, e di collera cominciai a declamare più forte per obbligarli ad ascoltarmi con più attenzione, ma ciò non servì, che a far ridere alcuni, e impazientar gli altri, e ad inquietare la Padrona di Casa, che invano li eccitava al silenzio. Alfine facendomi Ella le scuse le più gentili, e polite, mi pregòdi rimettere il resto ad un'altra volta. La ringraziai della sua cortese maniera, ma piccato principalmente contro dei Musici voleva andarmene immediatamente. Il Conte Prata mi pregò gentilmente di passar seco lui in un'altra Camera, e mi obbligò a terminargli la mia lettura. • La sua opera non era conforme alle regole → troppi interpreti, il protagonista entra per primo e per le regole non andava bene visto che il pubblico ancora non è pronto Lo feci con tanto maggior piacere, quant'io sperava, che il suo suffragio mi avrebbe resa quella giustizia, che gli altri mi avevano indiscretamente negata. Ascoltò egli tutta l'opera pazientemente, ed ecco all'incirca quel, ch'ei mi disse alla fine: ´La vostra Opera, se fosse scritta diversamente, potrebbe essere una buona Tragedia; ma il Dramma per Musica, ch'é per se stesso un Componimento imperfetto, é stato suggettato dall'uso a delle regole, contrarie, egli é vero, a quelle di Aristotile, di Orazio, e di tutti quelli, che hanno scritto della Poetica, ma necessarie per servire alla Musica, agli Attori, e ai Compositori. 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) • Il conte Prata espone l’idea di tutti i letterati del 700, il Dramma per Musica era un Componimento imperfetto → condanna letteraria del libretto, questi componimenti, secondo loro non reggevano il confronto con la Tragedia Il profondo Apostolo Zeno, il melifluo, elegante, e dottissimo Metastasio si sono a queste regole conformati, e quel, che parrebbe difetto in una regolata Tragedia, diviene una bellezza in un Dramma per Musica. • Metastasio → testi perfetti per innalzare la formalità del Dramma per musica ma non va contro le regole Leggete con attenzione i due Autori suddetti, comprenderete a poco presso, che cosa é il Dramma, di cui parliamo, e ne rimarcherete le regole. Io ve ne additerò alcune delle più materiali, la mancanza delle quali ha disgustato i Musici, che vi ascoltavano. Il primo Soprano, la prima Donna, e il Tenore, che sono i tre principali Attori del Dramma, devono cantare cinque arie per ciascheduno, una Patetica, una di bravura, una parlante, una di mezzo carattere, ed una brillante. . Il secondo Uomo, e la seconda Donna devono averne quattro per uno, e l'ultima parte tre, ed altrettante un settimo personaggio, se l'opera lo richiede; poiché (per parentesi) i personaggi non devono essere più di sei, o sette, e voi ne avete nove nel vostro Dramma. Le seconde parti pretendono anch'esse le arie patetiche, ma le prime non lo permettono, e se la Scena é patetica, l'aria non può essere, che al più al più di mezzo carattere. Le quindici arie dei primi attori devono essere distribuite in maniera, che due non si succedano dello stesso colore, e le arie degli altri attori servono per formare il chiaro scuro. Voi fate cantare un personaggio, che resta in Scena, e questo é contro le regole. Voi all'incontro fate partire un attor principale senz'aria, dopo una Scena di forza, e questo ancora é contro le regole. Voi non avete nel vostro Dramma che tre cambiamenti di Scena, e ve ne vogliono sei, o sette. Il Terzo Atto del vostro Dramma é il migliore dell'Opera, ma questo ancora é contro le regole... • Prata dice a Goldoni che esiste una gerarchi dei ruoli all’interno della compagnia, una necessaria distribuzione delle arie tra i personaggi (non dovevano superare il numero sei e ognuno avrà circa 5 arie, altrimenti l’opera durerebbe troppo) + diversi tipi di arie per variare le scene Non potei più contenermi, mi levai con un movimento involontario, violento, gli chiesi scusa, lo ringraziai de' suoi amichevoli avvertimenti, e conclusi, dicendo, che scandalizzato dalle regole del Dramma facea proponimento di non comporne mai più. Mi congedai dal Cavaliere, lo pregai, che come pratico della Casa, mi facesse sortire senza ripassar per la Camera della Conversazione. Così fu fatto; me ne ritornai al mio albergo, feci accendere il foco, ed avendo ancora la bile in moto, bruciai a poco a poco la mia Amalassunta, l'unica copia, che mi restava. Fatto il gran Sagrifizio, rimasi stupido qualche tempo. Venne a scuotermi il Camerier colla Cena. Lo rimandai bruscamente, chiusi la porta della mia Camera, e mi abbandonai intieramente alla riflessione delle speranze perdute, e della situazione, nella quale mi ritrovava. Ripensando di quando in quando al mio Dramma mi sovvenne del giudizio favorevole dei Bresciani ben diverso da quello, ch'io avea sofferto in Milano, e compresi allora, che un'opera riesce sovente buona, o cattiva, secondo le circostanze, e rapporto al gusto, o all'intelligenza, e alla disposizione dell'animo delle persone, che la leggono, o che la vedono rappresentare. Ho avuto occasione coll'andar del tempo di ciò esperimentare ancor davantaggio, poiché varie Commedie mie, che piacquero in un Paese, dispiacquero in un altro, e talvolta nello stesso Paese furono aggradite da molti, e da altrettanti disapprovate. • Goldoni è offeso e si propone di non scrivere più drammi per musica → ha perduto le speranze per la sua carriera Non poteva saziarmi di maledire, e di detestare le regole stravaganti del Dramma per Musica. Pensai, che della mia Amalassunta avrei potuto fare una buona Tragedia, e riportarne se non dell'utile, almen dell'onore; ma l'Opera era sagrificata allo sdegno, e mi pentii troppo tardi del mio trasporto. Mi sovvenne del Conte Trissino, che consigliato mi aveva ad applicarmi al Teatro Comico, ch'é stata la prima mia inclinazione. Pensai, che l'Italia avea più bisogno di Autori Comici, che di Tragici, e di Drammatici; e mi determinai a tentar questa strada, ed occuparmi in qualche comico componimento, fintanto che gli affari miei di Venezia si accomodassero, e ch'io potessi riprendere l'abbandonata carriera. 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) • Regola principale: rigido rispetto delle gerarchie (se il primo ruolo apparteneva a una ragazzina e la primadonna era anziana, pur essendo la seconda donna più giovane, la prima donna avrebbe fatto la ragazzina) → Goldoni dice di scrivere “sull’attore” un determinato personaggio ◦ viene istituito un poeta di compagnia, stabile, che conosce gli attori a fondo (prima Imer-Casali, poi Medebac, poi Vendramin) Bisognerebbe dunque (ripresi a dire) comporre un'Opera precisamente addattata ai Caratteri personali di quei, che devono rappresentarla. Oh! sì (rispose), sì certamente, se un Autore volesse a ciò suggettarsi, sarebbe quasi certo della riuscita. In fatti il Casali avea gran ragion di così parlarmi. L'ho provato in seguito per esperienza. Sono i Comici tutti, e buoni, e cattivi, e Italiani, e Francesi inflessibili su questo punto, e tutte le opere Teatrali, che ho poi composte, le ho scritte per quelle persone, ch'io conosceva, col carattere sotto gli occhi di quegli attori, che dovevano rappresentarle, e ciò, cred'io, ha molto contribuito alla buona riuscita de' miei componimenti, e tanto mi sono in questa regola abituato, che trovato l'argomento di una Commedia non disegnava da prima i Personaggi, per poi cercare gli attori, ma cominciava ad esaminare gli attori per poscia immaginare i Caratteri degl'Interlocutori. Questo é uno de' miei secreti. A poco a poco svelerò a' miei leggitori tutti i misteri dell'arte. Contento della sincerità del Casali andava sovente a passar la sera nel suo Camerino, dove i suoi Compagni, e le sue Compagne si ragunavano qualche volta, e divenni in poco tempo sì familiar sulla Scena, ch'io ne faceva le mie delizie. Ah non sapeva allora, quanta fatica, e quanti dispiaceri mi doveva costar la Scena! Informati i Comici, e le donne principalmente, ch'io avea desiderio di far qualche cosa per il Teatro, mi caricarono di commissioni per impinguare il loro generico ed empiei in pochissimo tempo una quantità di fogli di soliloqui, di rimproveri, di disperazioni, di dialoghi, di dichiarazioni, e di concetti amorosi, cose, che furono estremamente aggradite, e che facevano augurare ai Comici ch'io sarei divenuto un bravo Poeta alla loro foggia, e che avrei composto un giorno i più bei Soggetti del Mondo. Eranvi nella Compagnia dell'Anonimo due, o tre persone, che cantuzzavano passabilmente, ed eravi un Suonator di Violino Veneziano, che montava in banco cogli altri, e sapeva compor di Musica. Mi pregarono di comporre un Intermezzo a due voci. Lo feci; il Suonator di Violino vi fece la Musica. Lo cantarono nel Teatro, e fu applaudito. Il Barcarolo veneziano era il titolo dell'Intermezzo. Lo troverete stampato nel quarto Tomo delle operette mie Musicali, e questo é il primo componimento, ch'io ho lavorato pe' Comici, ed il primo, che ho esposto al pubblico, pria sulle Scene, e poi colle stampe. Picciola cosa, é vero, ma come da un picciolo ruscelletto scaturisce talvolta... scusatemi, leggitori carissimi, ho la testa calda, mi pareva di essere ancora a Milano, mi pareva di scriver Concetti. Rimettiamoci in carreggiata. Intesi una sera invitare, cioé annunziare dai Comici il Bellisario, e l'annunziarono sei giorni prima, come cosa eccellente, che meritava il concorso, e l'attenzione del più fiorito Uditorio. Attesi anch'io con impazienza la prima Recita; v'andiedi pieno di curiosità, e di prevenzione; ma fui sì annoiato, e sì stomacato, che non potei restarvi sino alla fine. Cosa più scellerata non avea mai veduta; e non fui solo a crederla tale, ma tutti gli spettatori invitati sprezzavano l'opera, e si lamentavano degli Attori. Il giorno dopo mi portai dal Casali. Appena mi vide, si mise a ridere, e dissemi con un'aria scherzevole: che cosa dice del bellissimo Bellisario? M'accorsi allora, ch'egli pure lo condannava, e dissi con tuono patetico: Perché annunziarlo con tanta pompa, se sapevate, ch'egli é cattivo? Voi non sapete le regole, ei mi rispose; questa chiamasi un'arrostita "che vuol dire arrostita? Vuol dire, che quando si vuol far una piena, s'invita il popolo sei giorni prima; noi facciamo il possibile, perché piaccia, e se non piace, non é colpa nostra. Ma il danaro (risposi) non torna indietro "Non signore" Ora capisco, che cos'é l'arrostita. Mi dispiace, soggiunsi, che avete arrostito anche me, e che avete abbrustolito, e ridotto in cenere il povero Bellisario.» vero, disse il Casali, é verissimo, io amo moltissimo le Tragedie, ho la mia passione per le parti Eroiche, sostenute, imperiose, mi piace il carattere di Bellisario, e mi duole il Cuore di vederlo sì maltrattato. • Casali propone a Goldoni di scrivere il Bellisario ma egli non riesce a finirlo per diverse distrazioni, es. conosce una giovane veneziana che va in prigione, e rimasta senza soldi, lui decide di aiutarla Voi, soggiunse, Signore, voi dovreste render l'onore a questo gran Capitano, e cominciar da quest'Opera la carriera, che desiderate intraprendere. Ma questa, dissi, non é Commedia. Non importa, rispose, vi sarà più facile cominciare da una Tragedia... Credete voi, ripresi, la Tragedia 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) più facile della Commedia? Non lo so, dic'egli, ma vorrei vedere rifatto il mio Bellisario. Fino, soggiunsi, fino una Tragicommedia... vorrei provarmi. Animo, esclamò il bravo Comico, fate una bella Tragicommedia, e accomodatemi il mio Bellisario. Presi l'impegno di farlo; mi si posi dietro con estremo piacere. Il mio Signor Residente era passato a Venezia con permissione del Pubblico per suoi affari particolari; aveva tutto il tempo di scrivere, l'Opera era bene avanzata, ma non ebbi tempo di terminarla in Milano per due accidenti, coi quali finirò il mio presente ragionamento. Andando un giorno al passeggio fuor delle porte della Città in compagnia di un amico, giugnemmo ad un'osteria, detta della Cazzola, mezzo miglio in circa distante. In Milano non dassi divertimento alcuno senza mangiare. Feste, Teatro, conversazioni, passeggi, si mangia per tutto, e non é senza ragione che i Fiorentini, economi, chiamano i Milanesi Lupi Lombardi; Lupi però generosi, ed umani, che non mangiano quello d'altrui, ma danno volentieri a mangiar del proprio, e non vi é Paese, dove il forestiere sia meglio accolto, e meglio trattato. Arrivati dunque a quell'osteria, l'amico propose subito la Merenda, e fu bentosto ordinata. In tanto che ci preparavan la Tavola in un Giardinetto, passeggiando per il Cortile, vidi alla finestra dell'osteria una giovane, che mi parve bella. M'informai chi era, mi dissero, che non la conoscevano, ch'eran tre giorni, ch'era stata colà condotta da un forestiere, che poi non avean più veduto; che al discorso la credevano Veneziana, e che la povera giovane pareva afflitta. Giovane, Veneziana, ed afflitta? Andiamo, dissi all'amico, andiamola a consolare. Montiamo le scale, picchiamo all'uscio, non vuole aprire, ma annunziandomi per Veneziano, spalanca le porte, e piangendo si raccomanda. Che bello spettacolo é una bella donna piangente! Mi offersi a servirla, e le domandai, per quale avventura colà si trovava. La sua narrativa fu un po' lunghetta; l'amico mio, più interessato per la Merenda, che per l'incognita, fece portar nella stessa Camera le polpettine, i miulsini, i gamberi, ed il vino bianco, e a tavola ci terminò la giovane il suo racconto. In ristretto: Ella era, a quel che diceva, una Cittadina, fanciulla, e chiamavasi Margherita Biondi (seppi poi, ch'Ella non era, né Cittadina, né fanciulla, né Margherita, né Biondi), che un suo zio, che si chiamava Leopoldo l'avea condotta a Crema per una lite; che questi per una rissa era stato posto colà in prigione, e che un suo parente l'aveva condotta a Milano per presentarla al Conte Tadini di Crema per implorare la protezione di quest'autorevole, ed illustre Cavaliere in favore dello Zio carcerato. Finì, dicendo, che il suo parente l'avea colà abbandonata, che non l'avea più veduto, e che era disperatissima. Io l'ascoltava con attenzione; l'amico mio mangiava, e rideva. Compresi anch'io, ch'Ella non diceva la verità; ma una compatriotta, bella, giovane, ed afflitta meritava di essere assistita, e non di essere mortificata. Mi esibii di servirla, le offersi di parlar per lei al Conte Tadini: mi ringraziò colla maggior tenerezza, ma mi fece comprendere, che una giovane, com'ella era, non poteva restar lungo tempo in un'osteria di Campagna. Trovai, ch'Ella avea gran ragione; dissi, che le avrei procurato un alloggio in Milano, s'ella si degnava riceverlo; lo accettò gentilmente; ci congedammo da lei, e ce ne ritornammo in Città. L'amico ebbe buon dirmi, ch'io badassi bene pria d'impegnarmi; mi premeva troppo l'onor della patria per abbandonare una bella compatriotta. La mattina dopo cercai un alloggio, e lo trovai sulla Piazza del Castello in Casa di una Vedova onesta, che non ebbe difficoltà di ricevere una forestiera per la buona opinione, ch'Ella aveva di me. Andai subito con una Carrozza a prendere la Veneziana, pagai l'oste per lei, la condussi al suo nuovo albergo, e andando sera, e mattina a vederla per il corso di quindici giorni incirca, la trovai sì saggia, ed onesta, che a poco a poco cominciava ad accendermi. Cercai in questo tempo di vedere il Conte Tadini, ma egli era alla Campagna, ed io aspettava il di lui ritorno. Feci scrivere intanto con altro mezzo per la liberazione dello Zio carcerato, e feci cercar per tutto Milano il Parente, che l'avea abbandonata, e che mi pareva le stesse a cuore più dello Zio medesimo, ma non fu possibile di rinvenirlo. Dormiva in questo mentre il mio Bellisario, e i Comici, che più non mi vedevano comparire al Teatro, erano inquieti. Venne il Casali a vedermi; gli dissi qualche cosa della mia avventura; voleva anch'egli cercare d'aprirmi gli occhi, ma io non ascoltava ragioni. • Altra ragione che non gli permette di terminare la scrittura è una ragione bellica → lui era un vicesegretario di un uomo diplomatico Una mattina entra prima del solito il Servitore nella mia Camera, e narrami una novità strepitosa: ecco il secondo accidente, che ho accennato qui sopra. Quindici mila Savoiardi, parte a piedi, parte a Cavallo, erano entrati in Milano, ed erano squadronati sulla piazza del Duomo. Una tale sorpresa, inaspettata, non penetrata da chi che sia, fece stordir tutto il Mondo, e fu quello il cominciamento della guerra de' Gallo-Sardi contro degli Alemanni nell'anno 1732. Scrissi immediatamente, e spedii una staffetta al mio Residente in Venezia, che prese le poste, e 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) arrivòdue giorni dopo a Milano. Cresciuto il numero de' Gallo-Sardi in Milano, si disposero all'attacco di quel Castello. Fecero sloggiare immediatamente tutti quei, che abitavano il luogo di quella Piazza, e la mia Compatriotta fu obbligata sortire. Accorsi alla notizia, ch'ella mi fece avere di ciò, ed obbligato a ripiegar nel momento, la collocai con estrema fatica in Casa di un Genovese venditor di Limoni, dove non mi era permesso vederla, che in mezzo ad una numerosa, e fastidiosa famiglia. Tre giorni dopo arrivò un Corriero estraordinario della Repubblica Serenissima con un dispaccio al Veneto Residente, in cui gli ordinava di partir subito di Milano, e di condursi, e di stabilirsi a Crema, Citt à del Dominio Veneto, quaranta miglia di là distante. Si dispose il Signor Residente a partir bentosto. Io era in dubbio di seguitarlo, ma essendosi egli disfatto con tal occasione del suo Segretario, offr ì a me un tal posto, e in una tal congiuntura, in cui mi poteva far dell'onore, non ebbi cuore di ricusarlo. Raccomandai la giovane al Genovese, dissi addio ai Comici, impacchettai il mio Bellisario, e lo portai meco a Crema. Appena colà arrivato cercai del Zio della Veneziana, ma in virtù delle mie raccomandazioni era sortito di Carcere, ed era andato a Milano ad unirsi con sua nipote. Sentirete nel Tomo seguente chi era questo Zio, chi era questa Nipote. Vedrete il mio Bellisario finito, e mi vedrete fra le armi, e fra le disgrazie giungere al desiderato impiego di Compositor di Commedie. • Anticipazione sulla prefazione successiva XII TOMO • la fortuna e la necessità • citazione Lucrezio Ho intrapreso a scrivere la mia Vita, niente per altro, che per fare la Storia del mio Teatro, ma il preliminare é sì lungo, e la mia vita sì poco interessante, ch'io mi vergogno d'aver impiegato le Prefazioni di dieci Tomi per raccontarne gli aneddoti. Non é l'amor proprio, che mi ha condotto a far ciò, poiché non ho raccontato le mie virtù, ma piuttosto le mie debolezze, e qualche volta le mie pazzie, ed è unicamente l'amore della verità, che mi ha fatto dir per minuto tutto quello, che la memoria mi ha suggerito. • Dichiarazione che ribadisce la funzionalità della sua vita come spiegazione del suo teatro → dice di non essere guidato dall’amor proprio (al contrario di Alfieri) infatti si è soffermato sulle sue debolezze e pazzie, per amore della verità (sempre raccontate per giustificarsi o per mostrare il suo cambiamento o elogiare determinate doti) Questo è l'anno finalmente, in cui ho cominciato a scrivere per il Teatro (l'anno 1733). Ma pria di arrestarmi a questo cominciamento, mi sia permesso di continuare il racconto di quegli accidenti, che mi hanno condotto, quasi per necessità indispensabile, ad intraprendere questa carriera, ed a soddisfare la mia inclinazione. • Ricollega gli eventi con il tomo precedente Giunto a Crema col Veneto Residente, presi colà il possesso della mia carica di Segretario. Ciò accadde in un'occasione laboriosa, ma nello stesso tempo per me piacevole, ed interessante, poiché la guerra viva, e vicina somministrava tutti i giorni materia per occuparmi con frutto, per instruirmi, e per rendermi utile al mio Superiore. Egli aveva delle numerose ed utili corrispondenze. Ricevevansi tutti i giorni dieci, dodici, o venti lettere colle novità concernenti ai progressi, o ai dissegni degli eserciti belligeranti. Tutte queste lettere non meritavano intiera fede. I corrispondenti si poteano ingannare, ed erano qualche volta ingannati. Io ne faceva lo spoglio; calcolava più, o meno il valore delle notizie, secondo la qualità, ed il talento dello scrivente, e confrontando le relazioni, e le circostanze, sceglieva il più sicuro, o almeno il più probabile, e presentava al Ministro la materia del suo dispaccio. Non contento il mio Residente delle notizie, che riceveva da' suoi corrispondenti, mi ha spedito due volte a Milano, in tempo, che da' Gallosardi si battea quel Castello, ed in tempo, che si rendé quella Piazza. Passarono poscia le stesse truppe ad assediare Pizzighettone, ancor più vicino alla Città, dove noi eravamo, e domandata dagli assediati capitolazione, dopo dodici giorni di assedio ed apertura di brecia, andai sopraluogo, in occasione dell'armistizio, che duròtre giorni, e ne successe la resa. Non credo si dia spettacolo al Mondo più bello, più vivo, più dilettevole di un armistizio. Il campo parea una cuccagna. Danze, giochi, gozzoviglie, tripudi. Un infinito concorso di Popolo, che vi accorrea da tutti i luoghi circonvicini. Un ponte gettato sopra la breccia, per dove comunicavano gli inimici, divenuti amici per il momento. Tutt'era in festa, tutt'era in gioia. Io ho dato una picciola idea di questo ameno spettacolo nella Commedia intitolata La Guerra. Ceduta finalmente 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) Crema, e l'aria libertina, che aveva acquistata a Milano la giovane, in occasion della Guerra, m'indicavano presso a poco, che cos'erano l'uno, e l'altra; ma tanto fece, e disse, che mi lasciai condurre alla di lui casa. Giunti colà m'annonzia alla Nipote, come un miracolo; quante feste! quanti accoglimenti dalla giovane di buon cuore! Presto, una camera; ecco un letto per voi. Cenerete qui. Tutte cose, di cui aveva bisogno, ma che non potea ricevere, senza rimorso. Finalmente l'ora era molto avvanzata. Non era sicuro di trovare il pubblico Rappresentante, avea del rossore a presentarmi, e a chiedere, e qui mi offerivano, e mi pregavano, ho deliberato di accettare, e di restare. Si parla, si discorre; mi sovviene dell'uomo, che mi ha accompagnato; accenno la volontà, che avrei, che fosse riconosciuto. Il Zoppo mi domanda in qual Osteria si é fermato, glie lo dico, ei parte subito per dargli mezzo ducato. Voleva scrivere al buon Religioso per ringraziarlo, ma in quella Casa non eravi né carta né calamaio. Restato solo colla Giovane: e desideroso di sapere la verità, cercai tirarla in ragionamenti, e finalmente, veggendo ella, ch'io m'era accorto del suo mestiere, non osò di negarmelo, e mi confessò, che chiamavasi M... R... ed il supposto suo Zio, non era, che un vagabondo, che l'aveva sedotta, e viveva alle di lei spalle. Volea partir di là sul momento; ma ella colle lagrime agli occhi mi pregò di restare. Ritorna in questo tempo Vulcano, mi assicura, che l'Uomo di Casalpasturlengo è rimasto contento, si spoglia, si mette un berrettino in capo, si smanica la camicia fino alle spalle, e va in cucina a prepararci la cena. Ci siamo; bisogna starci. Frattanto, ch'egli lavora, la giovane mi racconta le sue Avventure. Ha guadagnato molto a Milano. In casa sua frequentavano i Generali; teneva gioco, aveva ammassati molti denari, ma tutto era nelle mani del Zoppo. Avrebbe voluto liberarsene; ma come fare? Mi domandava consiglio. Io non avea cuore di darglielo. Ecco l'ora di Cena. Per fortuna, in quella sera, non capitò nessuno. Si cenò in santa pace; e dopo cena si parlò della mia partenza. Mi disse il Zoppo, ch'io era padron di restare con essi loro, quanto io voleva, ma che veggendo bene, ch'io non mi sarei accomodato a restarvi più lungo tempo, mi pregava di dirgli dove io aveva destinato d'andare e che somma di danaro mi abbisognava esibendosi egli di prestarmi tutto quello, che mi occorreva. Restai attonito ad una tale proposizione. L'avrei accettata da ogni altro, senza difficoltà, ma da lui non aveva cuore. Si accorse della cagione della mia renitenza; e senza nascondersi, mi disse, ch'egli era mosso a farmi l'esibizione per debito di gratitudine, ch'io l'aveva fatto sortir di prigione a Crema, e ch'io aveva custodita a Milano quella persona, col mezzo della quale aveva fatto molto guadagno; che nessuno sapeva, ch'io fossi in quella casa, che nessuno saprebbe, ch'io fossi stato da lui. Soggiunse, che mi dava tutto il tempo, ch'io voleva a restituirgli il danaro, che non volea ricevuta, e cent'altre cose obbliganti. Al fine, per abbreviarla, ho accettato, ho preso sei Zecchini in imprestito, son partito, sono andato a Verona, e di là dopo qualche giorno, glieli ho rimandati. Eccomi dunque a Verona , eccomi in quel Paese, dove ho cominciato a contrattare gl'impegni miei col Teatro. Trovavasi allora in quella Città, a far la Piazza d'Estate la Compagnia de' Comici del Teatro detto di San Samuele, in Venezia, appartenente alla nobile famiglia Grimani. Io non conosceva particolarmente alcun di que' Comici, ma andiedi per curiosità ad una delle loro Rappresentazioni in Rena. La Rena di Verona è un vasto antichissimo Anfiteatro, opera certamente di un Imperatore Romano, quantunque malgrado le ricerche degli eruditi Scrittori, e particolarmente del Sapientissimo Signor Marchese Maffei, non abbiasi mai potuto rilevarne l'Autore. Nel piano di quell'ampio recinto formasi, nella più calda stagione un Teatro, sul quale si rappresentan, di giorno, dalle migliori Compagnie d'Italia, Commedie, e Tragedie. Chiudesi con uno steccato il resto del pian Terreno, dal Palco, sino ai giardini, e colà si tengono gli spettatori sopra de' seggiolini di paglia, e il popolo minuto, e tutti quelli, che vogliono spender meno, siedono su i gradini, che son di faccia al Teatro. L'ora comoda, l'aria aperta, e la vastità del luogo facilitano molto l'ingresso, ed il piacere ad un'infinità di persone, e si moltiplica l'utile de' Commedianti. Entrato dunque e preso posto in Arena, vidi, che si rappresentava in quel giorno una Commedia dell'Arte, nella quale aveva molto a faticar l'Arlecchino. Osservai, che l'uditorio rideva, ma alcuni, che mi erano più vicini, e che rideano più sgangheratamente degli altri, diceano nel tempo stesso ai Commedianti: Baroni. Rideano, e lor diceano Baroni. Pensai allora al mio antico proggetto, e dicea fra me stesso: Oh s'io potessi arrivare a tanto di far ridere gli spettatori, senza che dicesser Baroni! • Antico progetto: la riforma del teatro italiano> era difficile che avesse un progetto così giovane e inesperto, ma lui proietta questa sua idea nel Goldoni del tempo Era in questo pensier concentrato, quando la voce di un Attore, che mi parea di conoscere, mi risvegliò. Qual fu la mia sorpresa, quando vidi su quel Teatro il mio Gaetano Casali, ch'io avea lasciato in Milano colla Compagnia dell'Anonimo, e per il quale composto aveva il mio Belisario! 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) Abbandono immediatamente il mio posto; monto sul Palco; attendo, ch'ei finisca la Scena; entra, mi vede, mi abbraccia, e mi domanda nuove di Belisario. Con qual contento apres'egli, ch'io l'aveva finito! Mi prende per mano, e mi presenta all'Imer, suo Camerata, e Direttor della Compagnia, e mi annonzia per un Autore, da cui si potea sperar delle cose buone, e specialmente un Bellisario novello. Sarebbe egli in grado di comporre degl'intermezzi, disse subito il Direttore? Sì, rispose il Casali, ne ha composto per noi a Milano, e la Cantatrice, ed il Gondoliere sono le prime prove del suo talento. Bravo, soggiunse l'Imer, bravissimo; Se vorrà impiegarsi per noi... A quest'annunzio mi si accostano due giovani donne, si consolano meco degl'intermezzi, che conoscevano, e che avean recitati, e si raccomandano, perché io ne faccia degli altri. Questa non era la mia vocazione, ma tutto promisi, e mi resi in un subito oggetto della loro curiosità, e delle loro speranze. Essi pure lo erano delle mie. Finì la Commedia, si resero i Comici alle loro case. Il Casali restò con me; mi accompagnò al mio Albergo e mi narrò per la strada com'era passato dalla picciola Compagnia dell'Anonimo, alla grande, alla famosa, alla decorosa Compagnia di S. Samuele. • Idea che le giovani donne della compagnia abbiano già cantato i suoi intermezzi + idea che Goldoni già specifichi che questa non era la sua vocazione → comunque viene accolto dalla compagnia dopo aver letto il suo Belisario Giunti all'Osteria, dov'io dimorava avrebbe voluto leggere il Bellisario; ei ne moriva di voglia, ed io moriva di sonno. Rimisi ciò all'indomani, promisi di andar da lui, e ci andiedi. Dimorava egli nella stessa Casa dell'Imer, onde portatomi colà la mattina seguente, fui accolto con estrema pulizzia, e compitezza. Eransi colà vari comici ragunati, non so, se per affari del loro mestiere, o per curiosità di vedermi. Propostasi dal Casali la lettura del mio Belisario, si mostrarono tutti desiderosi d'intenderlo, ed io lo lessi, ed essi lo ascoltarono con silenzio, e di quando, in quando con segni di compiacimento, e di ammirazione. Finita la lettura proruppero concordemente in esclamazioni di giubilo. L'Imer con gravità mi strinse la mano, assicurandomi della sua approvazione, ed il Casali intenerito non poteva parlare. Mi domandarono alcuni, se sarebbero stati assai fortunati per recitare eglino i primi la mia Tragedia. Il Casali rispose con un poco di vanità: Il Signor Goldoni l'ha scritta per me. Accordai, ch'era vero, ed ei la prese, e la portò seco, e si ritirò nella sua Camera per copiarla. Partiti gli altri, restai solo coll'Imer. Questi era un uomo colto, e polito, il quale non contento della sua sorte in Genova, dov'era nato, si diede all'Arte del Comico, nella quale potea far spiccare il suo talento, e soddisfare il suo genio, portato ad una vita più comoda, e più brillante. Riuscì passabilmente nella parte degli Amorosi ma come era grasso, e picciolo, e di collo corto, la sua figura non gli dava alcun vantaggio. Sarebbe stato eccellente per i Caratteri, ma in quel tempo non erano in credito le Commedie di cotal genere, e come gl'intermezzi erano stati abbandonati dagl'Impresari delle Opere in Musica, per sostituirvi i gran Balli, pensò l'Imer d'introdurli nelle Tragedie, rappresentate dai Comici. Ciò gli riuscì a maraviglia; ed egli unito a due Donne da lui instruite, facevano la principale fortuna di quel Teatro, e gli riuscì col suo merito, e colla sua condotta di guadagnar l'animo, e la confidenza del Cavalier Proprietario, il quale gli conservò, non solo gli onori, e gli utili di primo Amoroso, ma lo fece Direttore, e quasi dispotico della Compagnia. • Descrive Imer dal punto di vista anche fisico la quale verrà sfruttata da Goldoni per cucirgli sopra alcuni personaggi → Imer sfruttava le sue doti canore negli intermezzi nelle Tragedie recitate da comici anche se non sono professionisti La passione dunque, che aveva l'Imer per gl'intermezzi, ne' quali unicamente brillava, lo fece perorare in favore di cotal genere di Componimenti, e le prove, che di me aveva vedute ne' due intermezzi accennati l'indussero a pregarmi a volerne per lui comporre degli altri, esibendomi con buona grazia, ed assicurandomi, che mi avrebbe fatto ringraziare, e ricompensare dal Cavalier suo Padrone, l'Eccellentissimo Signor Michele Grimani. La mia situazione d'allora, e la naturale mia inclinazione al Teatro mi fecero internamente aggradir la proposizione. Egli è vero, ch'io avrei più volentieri composte delle Commedie di Carattere, ma pensai, che quantunque gl'intermezzi non sieno, che Commedie abbozzate, sono però suscettibili di tutti i Caratteri più Comici, e più Originali, e che ciò potea servirmi di prova, e di esercizio, per trattarli un giorno più distesamente, e più a fondo nelle grandi Commedie. • Le commedie dell’arte erano fatte dagli stessi attori, impiegano Goldoni per gli Intermezzi comunque una grossa occasione per lui che accetta → idea di un Goldoni che ha ben chiara la sua strada seppure non abbia esperienza nell’ambito della Commedia idee future 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) proiettate su un Goldoni alle prime armi) > rilegge tutte le sue esperienze riconducendole, col senno di poi, alla carriera da commediografo Mi parve l'Imer un Galant'uomo, né m'ingannai. Gli apersi dunque il mio cuore, gli narrai le mie circostanze; aggradì egli la mia confidenza, e brevemente mi disse, che s'io voleva determinarmi a scrivere per la sua Compagnia mi avrebbe fatto accordare un trattamento annuale sufficiente, e onorevole. Presi tempo a rispondere; ed egli obbligato ad accudire agli affari della sua direzione, mi pregò, ch'io restassi a pranzo con esso lui, e mi chiese licenza di ritirarsi. Accettai l'invito, lo ringraziai, e passai nella camera del Casali, il quale contento del suo Belisario mi pregò di accettare alquanti Zecchini, ch'io non ebbi cuore di rifiutare (tanto più, che doveva rendere i sei al Zoppo di Brescia), e restai a Verona, fin che la compagnia ci restò. Nel tempo, ch'io colà mi trattenni non istetti in ozio. Lavorai un nuovo, intermezzo in tre Personaggi, e in tre parti, intitolato la Pupilla. Seppi, e m'accorsi io stesso, che l'Imer vedea volentieri, e con qualche passione una bella Vedova, giovane, che era la seconda Donna della Compagnia, e chiamavasi Giovanna Casanova, detta Zanetta, o la Buranella, perché era nativa dell'Isola di Burano. Seppi, e m'accorsi altresì, che il galant'uomo, di età molto maggiore alla giovane, era di lei geloso, onde accomodai l'intermezzo sul fatto istorico di questi due Personaggi. L'Imer il Tutore Geloso; Zanetta la Pupilla insidiata. Eravi nella Compagnia la brava Agnese Veneziana, Moglie di Pietro Amurat, Armeno, conosciuta col nome di Agnese delle Serenate, quella stessa, che cantò la fatale mia Canzonetta in Venezia in quella Serenata di cui ho parlato nel Tomo Decimo. Mi servii di questa cantante di Serenate, divenuta attrice, per rappresentare in abito d'Uomo, in questo intermezzo l'Amante insidiatore della Pupilla, ed il persecutore del Tutore. S'accorse il bravo Comico della burla, ma l'approvò, perché l'intermezzo gli piacque, e non dispiacevagli di far all'amor sulla Scena con quella persona, con cui facevalo in casa, e di cui non aveva sempre a lodarsi. Finalmente arrivato il tempo, che i Comici dovean passare a Venezia, per riaprire il loro Teatro, al tempo solito, ch'è ordinariamente nella prima settimana di Ottobre. L'Imer mi offerse un posto nel suo Calesso, e andiedi anch'io a Venezia, provveduto intanto del Bellisario, e della Pupilla. Si vedrà nel Tomo seguente il mio ingresso e la mia riuscita, e parlerò di quella persona per la quale aveva io abbandonato la Patria, e la Professione dell'Avvocato XI II TOMO Giunto a Venezia coll’Imer mi condusse egli alla di lui casa, situata nella Parrocchia di S. Samuele, poco distante dal Teatro, in luogo detto alla Cà del Duca: mi offerse una Camera assai propria sul gran Canale, ed io l’accettai, fin tanto che, ritornando mia Madre di Modona, fossi in grado di ristabilirmi di nuovo. Non posso bastantemente spiegare, Lettor mio caro, qual fu il mio piacere nel ritrovarmi un’altra volta in Venezia. Io ho sempre amato la mia Patria, sempre mi parve bella, e più bella ancora dopo il confronto d’altri Paesi, e sempre è cresciuto in me quest’amore, e quest’ammirazione qualunque volta, dopo una lunga assenza, ho ritornato a vederla. Era un’ora di notte, quando colà arrivammo: sortii di casa immediatamente; e andai a fare una corsa per la Città. Volli subito rivedere il mio Ponte di Rialto, la mia Merceria, la mia Piazza San Marco, la mia Riva degli Schiavoni. Che bel piacere in tempo di notte trovare le strade illuminate, e le botteghe aperte, e un’affluenza di Popolo, come di giorno, e un’abbondanza di Viveri dappertutto, sino, e dopo la mezza notte, come trovasi in altre Città la mattina al Mercato? Che allegria; che vivacità in quel minuto Popolo! Cantano i Venditori spacciando le merci, o le frutta loro: cantano i Garzoni ritornando dalle botteghe alle loro case: cantano i Gondolieri, aspettando i Padroni: cantasi per terra, e per acqua, e cantasi, non per vanità, ma per gioia. Andai subito a visitare la Signora Maria Salvioni, Sorella di mia Madre, la quale dopo la mia partenza ita era a dimorare co’ s uoi e miei Parenti Bertani. Mi accolse la buona Zia con amore. Non approvò da principio la mia nuova intrapresa; ma finalmente persuasa dalle mie ragioni si lusingò di vedermi riuscire, e siccome amava molto il Teatro, si consolò, che col mezzo mio avrebbe avuto qualche Palchetto, e la porta franca. Dopo tali ragionamenti mi chiese ella, che cosa io pensava rispetto alla giovane, a cui io aveva data parola di Matrimonio. Prima di risponderle della mia intenzione, chiesi a lei, se ne aveva novelle; poiché dopo la mia partenza io non ne avea più inteso parlare. Mi disse, che la Madre, e la figlia, piccatesi del mio abbandono, se n’erano chiamate offese, e non le avea più vedute. Buon per me, dissi allora, se i loro sdegni mi mettono in libertà. Ringrazio il Cielo di avermene liberato, e credo utile, per un tal fine, ogni mio sacrificio. Mi lodò la Zia, che non le poteva soffrire; mi consigliò a resistere in caso di qualche loro 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) Pasticci, come fatto avevano della Sorella del Porta, dei Menaechmi di Plauto, del Convitato di Pietra, e di molte altre, che non conoscevano de’ loro Autori, che il titolo. Correvano altresì su quelle scene d’allora alcune Commedie, dette di carattere, come il Conte Pasticcio, il Don Chisciotte, la Maestra di Scuola, lo Smemorato, il Paroncino, il Prepotente, il Servo sciocco, ed altre in buon numero; ma i caratteri erano falsi, fuor di natura, e sagrificati al ridicolo grossolano, senza condotta, senza verità, e senza ragione. Io moriva di voglia di metter mano ai caratteri veri, e di tentar la riforma, ch’io divisava; ma non era ancora venuto il tempo, e ho dovuto contentarmi di lavorare passabilmente negl’intermezzi, e di fare alcuna di quelle Opere sceniche, ch’io lasciava dai Comici chiamar Tragedie; ma sapeva in coscienza, che non poteano passar per tali. • Imer presenta Grimani, possessore di due teatri importantissimi (San Samuele e Crisostomo) a Goldoni Fui presentato dall’Imer a sua Eccellenza il Signor Michele Grimani il secondo de cinque fratelli Padroni del Teatro di S. Samuele; e il Cavaliere di cuor nobile, e generoso, e di maniere dolci, e soavi mi accolse con estrema bontà; e all’insinuazione dell’Imer mi stabilì per Compositore, con un Onorario non molto considerabile, ma che poteva bastarmi per il mio bisogno d’allora. Il signor Gori accennato, mio collega nella professione dell’Avvocato, ed in quella di Poeta comico, Autore di Mestre, e Malghera, e che avea lavorato l’intermezzo della Pellarina, sul piano, della mia Cantatrice non fu contento della mia associazione; e quantunque l’Imer gli protestasse, che le opere sue sarebbero state ben ricevute, e ricompensate, si sdegnò, privò i Comici de’ suoi lavori, e me della sua amicizia: l’invidia ha preso a perseguitarmi prima ancora, ch’io cominciassi. Non aveano ancora dato niente del mio. Studiavano le parti serie il mio Bellisario, ed attendevano il ritorno de’ Villeggianti per porlo in iscena. • Rappresentazione e successo del Belisario La mia Pupilla era fra le mani del Signor Maestro Maccari Romano compositore di Musica, il di cui stile facile, e chiaro era bene addattato al bisogno di quelli, che doveano rappresentarla. Finalmente andò sul Teatro il mio Bellisario. Fu sì grande, fu sì strepitoso l’incontro, ch’io ne rimasi stordito, e fu quella la sola notte, che senza malattia di corpo non mi fu possibile di prender sonno. La mia consolazione era estrema: non ne era avvezzo, e mi pareva un sogno. Tutti i Commedianti mi si affollarono intorno; mi accompagnarono, o mi portarono a casa, e l’Imer piangeva di tenerezza, e la sua famiglia esultava, e la vezzosa Marianna mi rendea piacevole il mio trionfo. Io avea composta quell’Opera con piacere, e con attenzione; ma non mi lusingava di tal riuscita. Sapeva benissimo, che a fronte delle buone Tragedie Italiane, e delle eccellenti Tragedie Francesi la mia non poteva meritare gran lodi. Io non sono mai stato, né prima, né dopo, elegante versificatore, specialmente nello stile eroico: ho avuto della facilità, della naturalezza, e nel Tragico vi vuol dell’elevazione; eppure malgrado i miei versi, più famigliari, che sostenuti, la Tragedia è andata alle stelle. Piacque in essa l’interesse, la verità, e la condotta. Io faceva parlare l’Imperatore, ed il Capitano, come parlano gli Uomini, e non col linguaggio degli eroi favolosi, al quale siamo avvezzati dalle penne sublimi de’ valorosi Poeti. Volendo io esprimere un sentimento, non ho mai cercato il termine più scelto, più elegante, o sublime; ma il più vero, ed il più esprimente. Veduto ho per esperienza, che la semplicità non può mancar di piacere. Non intendo, quando dico semplicità , di far parlare un Imperatore, come parlerebbe un Pastore; ma intendo di non far parlare i Sovrani, uomini come noi, con un linguaggio incognito alla Natura. Per dire la verità gli Attori contribuirono infinitamente alla riuscita dell’Opera, e le parti erano bene distribuite. Il mio Casali era fatto apposta per il carattere di Giustiniano, e sostenea egregiamente quel Personaggio, grave, intelligente, ed umano. Teodora Imperatrice, vana, superba, e feroce non potea esser meglio rappresentata: la Bastona la sostenea a maraviglia, e s’investiva sì bene di quel carattere odioso, che più, e più volte i Gondolieri, ch’erano nel Parterre, la caricavan d’ingiurie, ch’erano insulti alla parte rappresentata, ed applausi alla brava Attrice. La Romana faceva piangere nella parte tenera, ed interessante di Antonia; ed il Vitalba, malgrado qualche licenza comica, ch’egli si prendeva di quando in quando, sosteneva talvolta con forza, ed arte maestra la dignità di un Capitano valoroso, intrepido, e perseguitato. • Scrive su misura per gli attori che si adattano perfettamente al personaggio risultando veri Non so, s’io potrò determinarmi a mettere un giorno quest’Opera nella mia edizione: essa è stata stampata a Bologna pessimamente, in dodici, sopra un originale rubato, e scorretto. So, ch’è divenuta rarissima, e ne ho piacere; poiché in oggi, che il Teatro si è infinitamente purgato, non sarebbe con quel favor ricevuta, col quale in que’ tempi di cecità fu generalmente applaudita. Ciò 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) nonostante ho posto nel frontispizio di questo Tomo il Bellisario in trionfo, perché sendo la prima Opera, ch’io ho dato al Pubblico, la sua buona riuscita ha prodotto in me il Contento ed il buon Augurio, spiegati nelle due figure, che sostengono il Cartello del frontispizio medesimo. Durarono lungo tempo le recite fortunate di questa Tragedia, e intanto gli Attori degl’intermezzi studiavano la Pupilla, la quale posta in iscena verso la fin dell’Autunno, fu ben ricevuta e applaudita; e scorgendovi il Pubblico uno stile nuovo, cercarono di sapere, chi n’era l’Autore, e sapendo, che la medesima mano aveva composto la Pupilla, ed il Bellisario, fu allora, che cominciai a vedermi onorato di Partigiani, di Protettori, ed Amici. Fra gli altri preziosi acquisti di tal natura conto a mia gloria, e con mio estremo piacere la Protezione accordatami da Sua Eccellenza il Signor Niccolò Balbi, in oggi Senator Prestantissimo, al quale ho dedicato la mia Commedia della Vedova scaltra, e di cui avrò frequenti, ed onorevoli occasion di parlare. La buona riputazione acquistatami per queste due rappresentazioni giunse all’orecchio, e può essere agli occhi di quella Signora, che volea farmi l’onore della sua mano. Venne qualcheduno a parlarmi, e si esibì di rimettermi nella sua grazia; ma sentendo, che la sua fortuna non erasi migliorata, lo ringraziai, anzi mi determinai a cercar i modi di sciogliermi da lei per sempre, e rimettermi nella prima mia libertà, lo che non mi fu difficile ad ottenere. Durante le recite dell’Autunno avea preparato qualche cosa pe’l Carnovale: un’altra Tragedia, ed un altro intermezzo; la prima intito lata Rosmonda ed il secondo la Birba. La Tragedia, quantunque a mio credere, meglio scritta, e meglio condotta, non ebbe la fortuna del Bellisario; ma l’intermezzo sorpassò di molto l’incontro della Pupilla, e si terminò il Carnovale con esso. Trattenendomi di quando in quando nella Piazza San Marco, in quella parte, che dicesi la Piazzetta, e veggendo, ed attentamente osservando quella prodigiosa quantità di vagabondi, che cantando, suonando, o elemosinando, vivono del soave mestier della Birba, mi venne in mente di trar da coloro il soggetto di un intermezzo giocoso; e mi riuscì a maraviglia. Ho promesso nelle mie prefazioni di svelare i motivi, che mi hanno indotto ad intraprendere ad uno ad uno i miei drammatici Componimenti, e spero di mantener la parola. Alla Rosmonda suddetta mi ha dato eccitamento la Rosimonda del Mutti, cattivo Romanzo del secolo oltrepassato, e l’ho composta per contentar la Bastona, la quale sostenuto avendo il carattere odioso di Teodora, pretendeva di farsi onore con una parte virtuosa, ed eroica; ma tutti e due c’ingannammo: ella non era fatta per queste parti, ed io non era ancora assai pratico per iscegliere gli argomenti. Queste mie compiacenze mi hanno qualche volta giovato; ma moltissime volte mi hanno pregiudicato. Giunto il tempo della Quaresima l’Imer mi ha procurato un altro avvantaggio. Soleva Sua Eccellenza Grimani per la Fiera dell’Ascensione far rappresentare nello stesso Teatro un’Opera seria per Musica. Si serviva ordinariamente di Drammi vecchi; e questi avevan sempre bisogno, o di essere accorciati per addattarli alla calda stagione, o di essere in parte cangiati secondo il bisogno del Compositor della Musica, o secondo il capriccio de’ Virtuosi. Per questo dunque, ed anche per la direzione, e per l’istruzion degli Attori, vi voleva un Poeta, che sapesse far delle Arie nuove, ed avesse qualche cognizion di Teatro. Era da molti anni in possesso di tale esercizio, tanto per il Teatro di San Samuele, che per quello di San Giovanni Crisostomo appartenente alla stessa famiglia Grimani, il Signor Sebastiano Biancardi Napolitano, uomo di estrazione molto civile, il quale lasciata la Patria erasi (non so per qual causa) cambiato il nome, e chiamavasi Domenico Lalli. Aveva egli del genio per la Poesia; e dalle Opere sue stampate si può giudicare del suo talento. Le dediche in quel tempo erano decadute di quella fortuna, di cui godevano ne’ tempi addietro; ma pure si sostenevano ancora in qualche riputazione; e il Lalli dedicando i libretti de’ Drammi vecchi, quando ricomparivano vestiti di nuovo sopra la scena, ne ricavava qualche profitto. Io fui proposto per succedergli in quest’impiego; ma non curandomi di un guadagno, che mi pareva assai stravagante, fu detto, che l’utile delle dediche resterebbe al Lalli, ed a me la direzion del Teatro, rimettendo alla generosità del Cavalier Padrone la ricognizion delle mie fatiche. Ciò piacque al Lalli medesimo, e fummo sempre in buona armonia, ed amicizia. Era il Compositor della Musica di quell’anno per l’Opera dell’Ascensione il Signor Abbate Vivaldi , detto il Prete Rosso, per il colore de’ suoi capegli, e malamente da alcuni chiamato il Rossi, credendolo il nome della sua Famiglia. Questo famosissimo Suonator di Violino, quest’uomo celebre per le sue suonate, specialmente per quelle intitolate le quattro stagioni, componeva altresì delle Opere in Musica; e quantunque dicessero i buoni Conoscitori, ch’egli mancava nel contrappunto, e che non metteva i Bassi a dovere, faceva cantar bene le parti, e il più delle volte le Opere sue hanno avuto fortuna. Dovea recitare in quell’anno per prima Donna la Sig. Annina 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) Giro, o Girand, figlia di un Parrucchiere originario Francese, la quale sendo scolara di esso Vivaldi chiamavasi comunemente l’Annina del Prete Rosso. Non avea bella voce, non era gran virtuosa di Musica, ma era bella, e graziosa: gestiva bene (cosa rara in que’ tempi) ed aveva de’ Protettori: non ci vuole di più per meritar il posto di prima Donna. Premeva estremamente al Vivaldi un Poeta per accomodare, o impasticciare il Dramma a suo gusto, per mettervi bene, o male le Arie, che aveva altre volte cantate la sua scolara; ed io, ch’era destinato a tale incombenza mi presentai al Compositore d’ordine del Cavaliere Padrone. Mi ricevette egli assai freddamente. Mi prese per un novizio, e non s’ingannò, e non trovandomi bene al fatto nella scienza degli Stroppiatori de’ Drammi, si vedea, ch’egli avea gran voglia di rimandarmi. Sapeva egli l’applauso, che avea riportato il mio Bellisario, sapeva la riuscita de’ miei intermezzi; ma l’impasticciare un dramma era cosa calcolata da lui per difficile, e che meritava un talento particolare. Mi sovvenne allora di quelle Regole, che mi fecero delirare a Milano, quando lessi la mia Amalasunta, e aveva anch’io volontà d’andarmene; ma la mia situazione, e il dubbio di scomparire in faccia di Sua Eccellenza Grimani, e la speranza di aver la direzione del grandioso Teatro di San Giovanni Crisostomo mi fece dissimulare, e pregar quasi il Prete Rosso a provarmi. • Goldoni parla di come Vivaldi avesse saputo della sua bravura tramite gli Intermezzi del suo Belisario, ma Vivaldi gli chiede ora qualcosa di diverso: adattare un’opera per musica a un nuovo allestimento • collegamento tomi precedenti quando a Milano aveva appreso delle regole del teatro musicale che non aveva rispettato scrivendo l’Amalasunta → nonostante Goldoni non si senta in grado di soddisfare la richiesta di Vivaldi rimane lì con la speranza di avere la direzione del Crisostomo (teatro d’opera) + di non deludere Grimani Mi guardò egli con un sorriso compassionevole, e preso in mano un libretto: Ecco, dice, ecco il Dramma che si dee accomodare: la Griselda di Apostolo Zeno. L’Opera, soggiunse, è bellissima: la parte della prima Donna non può essere migliore; ma ci vorrebbero certi cambiamenti… Se Vossignoria sapesse le Regole... Basta; non le può sapere. Ecco qui, per esempio, dopo questa scena tenera vi è un’aria cantabile; ma come la Signora Annina non... non... non ama questa sorta di Arie (cioè non le sapeva cantare) qui vorrebbe un’aria d’azione... che spiegasse la passione, ma che non fosse patetica, che non fosse cantabile. Ho capito, risposi, ho capito; procurerò di servirla: mi favorisca il libretto. Ma io, riprende il Vivaldi, ne ho di bisogno: non ho finito i recitativi; quando me lo renderà? Subito, dico, mi favorisca un pezzo di carta, ed un calamaio... Che? Vossignoria si persuade, che un’aria di un’opera sia, come quelle degl’intermezzi! Mi venne un poco di collera, e gli replicai con faccia tosta: mi dia il calamaio, e tirai di tasca una lettera, stracciando da quella un pezzo di carta bianca. Non vada in collera, mi disse modestamente, favorisca, si accomodi qui a questo tavolino: ecco la carta, il calamaio, e il libretto; faccia a suo comodo; e torna allo scrittoio, e si mette a recitar il breviario. Leggo allora attentamente la scena; raccolgo il sentimento dell’aria cantabile, e ne faccio una d’azione, di passione, di movimento. Gliela porto, gliela faccio vedere, tiene colla dritta il breviario, colla sinistra il mio foglio, legge piano; e finito di leggere, getta il breviario in un canto, si leva, mi abbraccia, corre alla porta, chiama la Signora Annina. Viene la Signora Annina, e la Signora Paolina Sorella: legge loro l’arietta, gridando forte: l’ha fatta qui, qui l’ha fatta, l’ha fatta qui; e nuovamente mi abbraccia, e mi dice bravo, e sono diventato il suo Caro, il suo Poeta, il suo Confidente, e non mi ha più abbandonato. • Sembra una scenetta teatrale + Vivaldi si aspettava di trovare Lalli e non Goldoni quindi il suo atteggiamento dipende dal fatto che Goldoni sia alle prime armi e non conosca le regole Ho poi assassinato il Dramma del Zeno quanto, e come ha voluto. L’Opera è andata in iscena, ha incontrato; ed io terminata la Fiera dell’Ascensione mi sono portato a Padova, dov’era l’Imer e la Compagnia, a passar magramente in quell’anno la stagion della Primavera. XIV TOMO Finalmente sono arrivato a que’ tempi, ne’ quali le mie prefazioni non saranno inutili, trattandosi ora di quell’ordine, e di quei progressi, con cui si è formato a poco a poco il mio Teatro. Continuando dunque l’ordine incominciato, dirò, che andato a Padova a raggiungere la 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) voleva; cambiai discorso, e col pretesto d’affari volea congedarmi. Ella insisté, che avea qualche cosa da confidarmi; che per farlo con maggior libertà avea fatto venir una Gondola, che potevamo andar a prendere il fresco, e mi avrebbe svelato il segreto. Io non ho avuto cuor di negarglielo. Scendiamo, montiamo in Gondola, ritorniamo a un’ora di notte. Troviamo al ritorno la tavola preparata, si cena, si discorre; suona la mezza notte; l’Imer mi aspetta: addio, addio... a domani. Parto, e l’assicuro della mia buona grazia. Non racconto per vanità questo nuovo acquisto, ma è necessario, ch’io ne parli; poiché ciò mi ha servito di fondo per comporre il mio Don Giovanni Tenorio, ch’è la terza Commedia in questo Tomo compresa. Continuando l’amicizia con questa Donna, la quale bella non era, ma avea tutte le grazie possibili per incantare, l’Imer mi ha imbarazzato non poco. Premevagli la Sposina del Martinelli, e avrebbe voluto, ch’io dato le avessi qualche istruzione; ma il vecchio Marito non mi vedea volentieri, ed io me n’esentai con politica. La povera giovine, che imparava la Musica col Violino, si sfiatò a segno, che le venne la schiranzia: era gravida; i Medici non lo sapevano; non lo poteva credere il Martinelli medesimo; le cavarono sangue, abortì, e morì in poco tempo. Eccoci alla prima recita dell’Autunno dell’anno 1735. Si aprì il Teatro coll’Accademia. Avvezzo il Popolo a veder sempre sortire la prima Donna a recitare quel Complimento, che sapevano tutti a memoria, riuscì una sorpresa piacevole il vedere tutta la Compagnia in semicircolo, e sentir cose nuove, e in vari metri, e con varie invenzioni sentir gli elogi della Città, del Governo, e degli ordini vari delle persone. L’ho detto, e replicato più volte: non sono stato mai buon Poeta, e molto meno nel serio; ma i miei Componimenti hanno spesso avuto fortuna a causa dell’argomento, e dell’occasione. Ebbe la mia Accademia perciò tutto l’applauso, che poteva desiderare, e l’onore, ch’ella mi ha fatto, mi ha indotto a prenderla per soggetto del Frontispizio di questo Tomo, esprimendo nelle due figure al di sopra, la Verità, e la Gratitudine, che m’hanno indotto a farla. • Goldoni spiega che il nuovo rapporto con la donna sarà per lui fonte di ispirazione per l'opera "Zannetta Casanova". L'attrice ottene un ottimo ruolo e comincia una relazione con un nuovo attore della compagnia, che era solito provare e riuscire ad entrare nelle grazie delle sue compagne di palcoscenico. Venuto a conoscenza del nuovo intreccio, Goldoni se ne assicurò e decise, ritenendo di non doversi abbassare a competere con un comico, di ritirarsi e di interrompere del tutto la relazione con la donna contesa. Piacque mediocremente la Commedia in un Atto, e molto più l’Operetta per Musica; e principiato bene quest’anno si seguitò ancora meglio. Il Bellisario continuò con egual fortuna, e la Griselda fu sì bene applaudita, che gli andò quasi del pari, e gl’Intermezzi nuovi, ed i vecchi si sostennero sempre, e la Passalacqua piaceva. Godetti anch’io qualche tempo della di lei felice riuscita, veggendo prosperare quelle attenzioni, ch’io le usava nel comporre le parti, e nell’istruirla del modo di rappresentarle; ma, sia per naturale incostanza, o per debolezza di spirito, mi diede ella ben tosto motivo di pentimento. Il Comico Vitalba, Damerino di professione, avvezzo a dominare sul cuore principalmente delle sue Compagne di Scena, attaccò quello della Passalacqua, e non tardò ad impossessarsene. Me ne accorsi, me ne assicurai, e non volendo disputar con un Comico, non feci, che ritirarmi da quell’ingrata. Ciò le spiacque per l’interesse, mi scrisse un Viglietto tenero, mi pregò, ch’io andassi da lei. Vi andai con animo di rimproverarla, e lasciarla per sempre. Mi lasciò dire; soffrì tutto, fino le ingiurie, senza giustificarsi, e senza parlare. Finalmente sazio di dire, ed annoiato di non sentirmi rispondere m’incamminai per partire. Allora sciogliendo ella la voce, ed accompagnandola con qualche lacrima, di cui usar sapeva a sua voglia: andate, dissemi, andate: il mio destino è deciso, lo saprete pria di scender le scale. Tenea, così parlando, una mano nella saccoccia. Queste parole mi colpirono la fantasia. Arrivato alla porta mi rivoltai per guardarla. S’accorse della mia debolezza, tirò uno stiletto, finse di volersi ferire, ed io fui sì sciocco, che corsi ad arrestarla, e pacificarla, disceso sino alla viltà di domandarle perdono, e contento con buona fede di aver ricuperato quel cuore partii più acceso, che mai, e la lasciai gloriosa del suo trionfo. Quale fu il mio stupore, il mio pentimento, quando seppi, sei giorni dopo, che il Vitalba, e la Passalacqua erano stati insieme a merenda in un Casino della Zuecca? Allora aprii gli occhi un po’ meglio, e cominciai a conoscere il carattere di quella sorta di Donne. • La donna, in seguito ad un acceso litigio con l'autore, finge un suicidio, ingannando Goldoni, il quale impietosito decide di rimanere con lei; per poi scoprire giorni dopo che essa si prendeva gioco di lui alle sue spalle con Vitalba Ella presentemente non vive più; non ha parenti, che se ne possano offendere; posso parlare con libertà, sicuro, che i leggitori non sapranno formalizzarsi di me; poiché un uomo libero con Donna 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) libera può concepire delle passioni senza malizia. Dissimulai il mio torto, e il mio sdegno agli occhi del Pubblico; ma ella si accorse, ch’io l’aveva scoperta, e non tentò una seconda volta riguadagnarmi. Piccato però della corbellatura, e immaginandomi, che il Vitalba avrebbe riso di me, pensai al modo di vendicarmi senza far male a nessuno, e in una maniera, che facesse valere la mia indifferenza. Era gran tempo, ch’io aveva voglia di riformare il Convitato di Pietra, Commedia tratta dallo Spagnuolo, fortunatissima per tanti anni sopra la Scena; ma piena zeppa d’improprietà, e stolidezze. Mi ho soddisfatto in quest’anno, e mettendola in questo medesimo Tomo, vedrà il Lettore dall’Opera, e dalla prefazione l’Idea, che ho avuto nel farla, e la ragione dello stile, con cui l’ho scritta. Aggiungerò qui solamente, che questa Commedia ha servito alla mia vendetta; vendetta ingegnosa, e bizzarra. Scrissi per il Vitalba la parte di Don Giovanni, e per la Passalacqua quella di Elisa, e feci rappresentare a questi due Personaggi i loro veri caratteri. Mi posi io stesso in Commedia col nome di Carino (Carlo è il mio nome, e mi diceano graziosamente Carlino. Elisa era una comoda abbreviazione di Elisabetta). Elisa nella Commedia tratta Carino, come la Passalacqua avea trattato il Goldoni; gli dice le cose medesime, fa la medesima azione dello Stiletto, e Don Giovanni Tenorio rappresenta perfettamente in quest’istoriella il Vitalba. Distribuite le Parti della Commedia, non si accorse la Passalacqua della burletta; ma unita la Compagnia per far leggere a ciascheduno la parte, che dovea rappresentare, tutti compresero l’allegoria. • Goldoni decide di vendicarsi durante una messa in scena, dando all'attrice (il cui vero nome era Elisabetta) il ruolo di una donna di nome Elisa, e a Vitalba quello del Don Giovanni; inserisce poi un terzo personaggio identificato con la parola Carino (riferimento a Carlo), dietro al quale si nascondeva la figura dell'autore, preso in giro esattamente allo stesso modo con cui i due avevano deriso Goldoni. Presentato il libretto agli attori, tutti si accorgono dell'allegoria I Commedianti ne risero, Vitalba sostenne con intrepidezza il suo personaggio; ma la Passalacqua arros sì, mi slanciava delle occhiate di fuoco, e terminata la lettura andò a lamentarsene da sua Eccellenza Grimani, ed a protestare, che non volea recitare in quella Commedia. Il buon Cavaliere, desideroso di compiacer tutto il Mondo, volea soddisfarla, me ne parlò; ma io tenni forte; protestai di rinunziare al Teatro, se la Commedia non si faceva, come io l’aveva distribuita. • L'attrice chiede a Grimani di non essere inserita nella commedia, ma Goldoni minaccia di lasciare il teatro se l'opera non verrà messa in scena come da lui pensato e con i ruoli da lui assegnati. Con la prefazione la vendetta viene resa pubblica. L’Imer sostenne le mie ragioni, e le ragioni del Teatro; fece l’elogio della Commedia, persuase il Padrone. La Passalacqua fu obbligata, o a recitare la parte di Elisa, o a sortire dalla Compagnia. Pres’ella il miglior partito; la recitò francamente con dello spirito, con della bravura, riuscì meglio, che in ogni altra Commedia; e il Pubblico senz’essere istrutto di questa burla, e di tali beghe, trovò la Commedia buona, l’aggradì, l’applaudì, ed io ebbi il piacere di veder riuscire il mio Don Giovanni, e l’altro di vedere mortificata la Passalacqua. Fu in questa Commedia, che il Campagnani riuscì mirabilmente nel carattere di Carino, ed io gli ebbi grandissima obbligazione d’aver reso onore al mio personaggio. I Comici la chiamarono in appresso il Convitato Nuovo, e l’hanno con fortuna dappertutto rappresentata. Venuta la novella Quaresima, la Compagnia doveva condursi a Genova per passarvi la Primavera. L’Imer mi propose, e mi pregò di andarvi con lui; ma per più motivi ho resistito alle prime istanze. Premevami in primo luogo di riunirmi a mia Madre, e di provvedere la Casa. Premevami secondariamente assicurarmi la direzione del Teatro di S. Giovanni Crisostomo, per cui qualche cosa avea fatto nel Carnoval precedente. Per obbligarmi a seguitare la Compagnia sollecitò il mio affare presso Sua Eccellenza Grimani. Il Cavaliere mi accordò la direzione de’ suoi Teatri, e mi pregò di portarmi a Genova. Chi poteva negarglielo? • Finita questa rappresentazione, Goldoni segue la Compagnia, Grimani e Imer a Genova (probabilmente costretto da un contratto a seguire gli attori). Qui conoscerà una donna che poi diventerà sua moglie. Rimisi al mio ritorno la ricerca della mia abitazione, e mi disposi partire. Successero anche in quell’anno de’ cambiamenti nella Comica Compagnia, ed anche per questo credevano necessaria la mia persona. Il Monti Dottore, ed il Monti figlio, terzo Amoroso andarono a Napoli: al secondo fu sostituito Gasparo Zorni non superiore al Monti in abilità; ed al Primo il bravo, eccellente Dottore Rodrigo Lombardi Bolognese, egregio Comico, e degnissimo galantuomo. Anche il Campagnani Arlecchino fu licenziato, e preso uno in suo luogo, il quale in grazia della figura era conosciuto 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) nell’arte Comica col nome di figurina. Non aveva altro di buono, che questa sua decantata figura: restò egli nella Compagnia la Primavera, e l’Estate; e per Venezia sostituirono un altro. Fortificarono altresì gl’Intermezzi. Presero la Rosina Costa, giovane, non bella, ma spiritosa, che sapeva un poco di Musica, ed aveva una voce angelica, ed un’abilità sorprendente; ma il cambiamento più rimarcabile fu quello della Bastona Madre nella Bastona Figlia, Moglie di Girolamo Foccheri, Comica eccellente, quanto sua Madre; ma che, oltre l’avvantaggio dell’età aveva quello di una maniera più nobile di recitare. Ella fu presa per prima Donna a vicenda colla Romana, com’era sua Madre; e la Passalacqua, sollevata dal peso degl’Intermezzi recitava da Serva, e da seconda Donna, quando occorreva. Con questa riforma nella Compagnia ci portammo a Genova. Dirò nel Tomo seguente, qual buona fortuna colà mi attendeva. XV PREFAZIONE • incisione matrimonio Goldoni • allegorie: la Concordia e la pace • citazione di Terenzio • quando gli attori sono impegnati nella tournee, alloggiano in una casa vicino al teatro → si trovano a Genova Due sono i principali Teatri di Genova: Sant’Agostino e il Falcone, i quali per una convenzione fra i proprietari, non si aprono mai nel medesimo tempo, ma due anni l’uno, e due anni l’altro, e in questo modo il concorso é più numeroso, e si evitano quelle gare, che rovinano gl’Impressari. Toccava in quest’anno (1736) al Falcone della Nobilissima famiglia Durazzo. Il Signor Francesco Bardella, uomo di spirito, di condotta, ed intelligenza, era, ed é tuttavia il Direttore di que’Teatri: contratta egli colle Compagnie de’ Commedianti, e procura di scegliere le migliori, ed é alla testa dell’Impresa, quando si tratta d’Opera in Musica. Niuno meglio di lui conosce questo difficile impegno; tratta con politezza, e generosità gli Attori dell’uno, e dell’altro genere; ma sa farli star a dovere, e nella mia Commedia Intitolata l’Impressario delle Smirne, é egli quel bravo Direttore, di cui si lagna a torto l’impertinente Carluccio. In questo Teatro, e sotto la direzione del bravo, ed onorato Bardella recitò a Genova, durante la Primavera, la Compagnia di S. Samuele, e come i Comici in quel Paese, sono quasi tutti alloggiati in una Casa, contigua, ed appartenente a’respettivi Teatri, io pure, che viveva coll’Imer, allogiai al Falcone. Sulla medesima Corte, e dirimpetto alla porta della mia stanza, ch’era situata sopra una Loggia, abitava il Signor Agostino Connio, in una casa separata da quella de’ Comici. La prossimità dell’abitazione mi fece contrarre amicizia con questo degnissimo galantuomo, Notaro Pubblico Collegiato di Genova, e Scrivano principale ai Banchi, detti di Cartulario in S. Giorgio. • Presenta il suocero come uomo rispettabile Leggete la Lettera dedicatoria della Commedia, intitolata: La Donna sola; vedrete la giustizia, ch’io rendo alle qualità amabili di questo degno soggetto, buon Amico, buon Padre di Famiglia, e buon Cittadino, divenuto nell’anno stesso mio Suocero. • Dedica → legame tra commediografo e personalità influenti da cui si aspettava un elargizione/ protettori La Signora Nicolina sua figlia, e mia dilettissima Consorte, mi pare fatta secondo il mio cuore, e mi accesi per lei di un amore il più tenero, e il più rispettoso. Dopo l’avventura mia della Serenata non aveva più pensato a maritarmi, e mi pareva la libertà il migliore stato del Mondo. Questa saggia fanciulla mi risvegliò nell’animo un nuovo pensiere. La vita, ch’io menava fra Comici, mi parve pericolosa. Quel, che mi era accaduto, mi facea temere di peggio, e giudicai, che per sottrarmi da un Matrimonio cattivo, non vi era niente di meglio, che il contrattarne uno onorevole. La vista comoda e giornaliera delle finestre aumentava di giorno in giorno il mio fuoco, e mi confermava nel mio progetto, dimodoché, assicurato della disposizione della Fanciulla, non tardai a parlarne io medesimo all’onorato suo Genitore, il quale aggradì civilmente la proposizione, ma prese tempo a rispondere. Io era colà Forestiere, arrivato a Genova con una Compagnia de’ Comici; capivasi, ch’io non era della loro estrazione; i miei componimenti mi distinguevano da quei, che li recitavano; ma ciò non bastava per determinare un Padre prudente ad accordare la figlia ad un uomo incognito. Compresi la sua intenzione; gli accordai tutto il tempo, e gli diedi i mezzi per prendere le necessarie informazioni del mio carattere, e de’ miei costumi. Scrisse, e 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) Cappella Baltassare Galuppi detto il Buranello, ne compose la Musica; il bravo Jolli Modonese fece lo Scenario, e Giovanni Gallo fu il Compositore de' balli. L'Opera piacque mediocremente. Il Libro non poteva aver gran Fortuna a fronte di quelli di Metastasio. Dopo l'Amalassunta, non volea più comporre Drammi per Musica. Ma perché comporne? Troppa obbligazione aveva io coll'Imer. Non poteva rifiutargli il piacere di servire la sua figliuola. L'ho io servita bene? Ho fatto quel che ho potuto. Ha ella incontrato? Così, e così. • In questo testo ci sono allusioni alla politica/diplomazia dell’epoca (Federico di Sassonia) Meglio per lei, e per la sorella, che fossero restate nell'Arte Comica. Il Padre si è disfatto, si è rovinato per le sue figliuole: la prima non ha avuto fortuna, e la seconda non ha avuto condotta. Ritornata l'autunno seguente in Venezia la Compagnia di San Samuele, seppi, ch'ella aveva cambiato due Personaggi: il Vitalba, ed il Pantalone Cortini . Al primo aveva sostituito Giuseppe Simonetti Luchese, ed al secondo Francesco Bruna, detto Golinetti. Il Simonetti, giovane di bella figura, e di ottima aspettativa si presentòal Pubblico la prima volta col Personaggio di Enrico nella Tragedia mia di tal nome, e piacque universalmente, non essendo egli sì brillante nelle commedie, come il Vitalba, ma più composto, e più nobile nelle Tragedie. Passabile era il Golinetti colla maschera di Pantalone, ma riusciva mirabilmente senza la maschera nel personaggio di Veneziano, giovane, brillante, giocoso, e specialmente nella Commedia dell'Arte, che chiamavasi il Paroncin. Il Paroncin Veneziano è quasi lo stesso, che il petit-MaÓtre Francese: il nome almeno significa la stessa cosa; ma il Paroncin imita il petit-MaÓtre imbecille, ed evvi il Cortesan Veneziano, che imita il petit-MaÓtre di spirito. Il Golinetti era più fatto per questo secondo carattere, che per il primo. L'osservai attentamente sopra la Scena, l'esaminai ancora meglio alla Tavola, alla conversazione, al passeggio, e mi parve uno di quegli Attori, che io andava cercando. Composi dunque una Commedia a lui principalmente appoggiata col titolo di Momolo Cortesan . Ecco la prima Commedia di carattere, ch'io ho composto; ma siccome non poteva ancor compromettermi delle altre Maschere, non abituate a recitar lo studiato, scrissi solo la parte di Momolo, e qualche dialogo fra lui, e le parti serie, lasciando gli altri, e l'Arlecchino principalmente, in libertà di supplire all'improvviso alle parti loro. • Golinetti ispira Goldoni a scrivere una commedia dove definisce bene il carattere di un personaggio (lascia a soggetto Sacchi) → MA bisogna fare un cambiamento in modo graduale per il pubblico Malgrado la volontà, ch'io aveva di riformare questo improvviso, che producea delle dissonanze notabili, e rovinose nella Commedia, non osai di mettermi tutto ad un tratto a navigar contro la corrente, sperando a poco a poco condurre i Comici, e gli Uditori al mio intento, come mi è riuscito qualche anno dopo felicemente. La Commedia riuscì a perfezione. Il Golinetti la sostenne con tutta la desiderabile Verità, ed il bravo Sacchi Arlecchino lo secondò sì bene, ch'io ne fui estremamente contento. Se tutte le maschere avessero il talento del Sacchi, le Commedie all'improvviso sarebbero deliziose; onde ripeterò quel, che ho detto altre volte: io non sono inimico delle commedie a Soggetto, ma di que' Comici, che non hanno abilità sufficiente di sostenerle. • Goldoni vuole controllare la commedia e per farlo deve essere scritta, in particolare si devono controllare: verosimiglianza, linguaggio e moralità Quando ho fatto la mia edizione Fiorentina, ho scritto intieramente il Momolo Cortesan; e come questo titolo non può essere ben inteso da tutti, ho intitolato la Commedia l'Uomo di mondo, ch'è la vera significazione del Cortesan Veneziano, cioè un Uomo onorato, accorto, vivo, frizzante, e gioviale. Ecco dunque, Lettore amatissimo, l’epoca fortunata del mio Teatro. L’applauso di questa Commedia mi ha incoraggiato a seguitare l’Impresa, e mi ha condotto alla gloria di pubblicar le mie opere con approvazione degl’Italiani, e senza arrossire in faccia degli Stranieri. TOMO XVI (1777/79) testo incompiuto → ultime due prefazioni importanti perché Goldoni ci parlerà della commedia, la strada principale del suo teatro • incisione : Goldoni a tavolino con alcune persone • citazione dall’Eneide: perché ho scelto una strada diversa? • cartiglio : giustizia con bilancia in mano; e ?? 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) Contento, contentissimo di aver principiato a metter mano ai caratteri, e assicurato dalla Compagnia, ch'era in Terraferma, a passar la Primavera, e l'Estate, che il Momolo Cortesan avea piaciuto fuori, come in Venezia, stava già preparandone una seconda, quando venne a distrarmi un affar totalmente diverso. Il Signor Cristoforo Pizzioli, degnissimo Cittadino, buon amico, e buon galantuomo, venne a ritrovarmi in Casa, e con giubbilo, e cordiale amicizia mi disse, che i Nobil'Uomini Fratelli Lion Cavazza Patrizi Veneti, e Feudatari di Sanguinetto avevano avuto molte lamentazioni di quegli abitanti contro il loro Vicario: che lo credevano onesto, e lo desideravano innocente; ma che per render giustizia alla verità, e sottisfare que' Popolani volevano andar sopra luogo, formar una spezie d'inquisizione, processare il Ministro accusato, assolverlo, o condannarlo; e che avendo bisogno d'un Assessore pratico non solo del Criminale, ma conoscitore del Mondo, capace di scoprire la verità, senza passare per tutte le tediose, e cavillose difficoltà del Foro, avevano posti gli occhi sopra di me, e mi pregavano di accettare. (INCISIONE) Frattanto, che l'amico Pizzioli mi narrava il fatto, e mi dipingeva il carattere amabile, e generoso di que' due Cavalieri, ed esaltava l'importanza, ed i privilegi di quel feudo antico, ed insigne, pensava fra me medesimo, come mai in una Città sì abbondante di persone di merito in tal mestiere avessero prescelto me, che dopo la Cancelleria di Feltre non avea più veduto una carta di Criminale; e riflettendo che voleasi un uomo Conoscitore del Mondo, affé, dicea fra me stesso, la mia Commedia mi fa passar per politico. Accettai l'onorevole offerta, andai a ringraziar l'Eccellenze loro; stabilirono il giorno della partenza, e si andò ad eseguire l'inquisizione. Qual fu l'esito di questa missione? L'inquisito assolto, e corretto; i malcontenti mortificati, i Padroni contenti, e l'Assessor ben pagato. Ritornato a Venezia ripresi il lavoro della Commedia divisata; ma fui una seconda volta interrotto. L'esito passabile del mio Gustavo al Teatro di San Samuele fece sperare a S. E. Grimani, ch'io farei qualche cosa di meglio per quello di San Giovanni Crisostomo, e mi ordinò un Dramma nuovo pe'l Carnovale seguente. • Seconda opera seria che ha un discreto successo → la sua opera viene rappresentata nel più importante teatro lirico ◦ testo con dedica per un accordo economico, spera di ricevere un regalo dal mecenate ◦ lui non insiste su questa linea e non esalta i suoi successi nell’opera seria Era la prima Donna la signora Francesca Bagnoli Romana, che alla bravura del canto accoppiava la bellezza del volto, e la vivacità dello spirito. Ella riusciva singolarmente in abito d'Uomo; ma come voleva anche far pompa della sua leggiadria cogli abbigliamenti di Donna, desiderava un Dramma, nel quale comparire potesse nell'una, e nell'altra figura. Io l'ho servita. Il mio talento particolare è stato sempre di uniformarmi al desiderio, ed al carattere delle persone; e quanto più ci ho trovato delle difficoltà nell'esecuzione, tanto più mi ci sono impegnato. […] Ritorniamo alla mia Commedia, che m'interessa assai più. Veggendo la buona riuscita del Momolo dell'anno passato... (Saprete, che Momolo vuol dir Girolamo) ho pensato di fare un altro Momolo ancor quest'anno per il medesimo Golinetti, ed ho intitolato la nuova Commedia: Momolo sulla Brenta, o sia il Prodigo, ch'è il titolo, con cui è stampata. • Testi pubblicati nella Paperini per contrapporsi nella guerra di edizioni contro il vecchio editore La Commedia era sì bene presa dalla Natura, che molti si persuadevano d'indovinarne l'originale; ma s'ingannavano. • Gli autori rischiano di essere additati come satirici → si può riconoscere qualcuno che ha ispirato un determinato personaggio Ho preso la mia Commedia dall'Universale, e non dal particolare, • Goldoni specifica di essersi ispirato da un comportamento generale e non da una persona specifica anzi mi hanno determinato a farla i ragionamenti di quei, che condannano un tal costume, piuttosto che gli esempi da me stesso veduti, temendo sempre di abusare della confidenza di quelli, che quasi per forza mi hanno voluto partecipe delle loro prodigalità in campagna. Parlo de' prodighi, non parlo de' Generosi: parlo di quelli, che fanno per ambizione più di quello, che 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) possono; e rispetto, e lodo que' tali, che facendo buon uso delle loro ricchezze fanno onore a se medesimi, ed alla Patria loro. • A fronte di altre parti che rimanevano a soggetto, questi primi testi sono interamente scritte (al contrario di Gozzi e Chiari) Circa all'incontro di questa Commedia, è necessario, che prima di parlarne racconti una burletta, una bizzarria, che mi è caduta in capo in quel tempo. Il bravo Golinetti (il protagonista) non contento dell'applauso, che meritava la buona esecuzione della parte, che io gli aveva data nel Momolo Cortesan, ha voluto ancora arrogarsi il merito dell'invenzion delle Scene, e del dialogo, che piaceva. • Golinetti, che aveva imparato a memoria e recitato con maestria la parte scritta da Goldoni, fa credere a tutti che anche la sua parte fosse a soggetto come alcune altre pur non essendo vero Siccome una gran parte di quella Commedia era a soggetto, ha fatto credere agli Amici suoi, che anche la parte sua era opera del suo talento, e che tutto quel, che diceva, lo dicea all'improvviso. Tutti non pensano, che chi parla all'improvviso non dice sempre le stesse cose, e molti non badavano, che il suo discorso era sempre il medesimo, e gli credevano. • La gente non notava che diceva le stesse parole • Goldoni lo vuole umiliare perché offeso da questo suo comportamento > da il Momolo sul Brenta agli attori in forma di canovaccio, gli da delle indicazioni MA Golinetti va in crisi perché non sapeva cosa improvvisare Piccato anch'io, non so, se dall'amor proprio, o se dall'amor della verità, ho immaginato di trovar la via di umiliarlo, e di farlo in pubblico. Ho scritto dunque intieramente il Prodigo sulla Brenta, e poi ho ricavato dalla Commedia lo scheletro, o sia il Soggetto, e l'ho dato ai Comici, tenendo nascosta la Commedia scritta. Trovarono il Soggetto buono; accennai qualche cosa per istruire gli Attori sopra quel, che dovevan dire; la Commedia andò in iscena, e non dispiacque; ma il Golinetti andò in terra, perdette affatto il suo spirito, la sua facondia, e non riconoscevan più quel bravo Momolo, che li aveva incantati. Ritirai la Commedia tre giorni dopo, ed il medesimo giorno diedi ai Comici l'altra, ch'io aveva scritto; e copiate le parti, e provata, e rappresentata comparve un'altra, e riuscì sì bene, che niente più si poteva desiderare. Il Golinetti confessò il suo torto, riacquistò il suo credito di buon Attore, senza usurparsi quello di Autore, e tutti i Comici cominciarono allora a conoscere la differenza, che vi è dal Dialogo studiato a quello, che sorte a caso da varie teste, da vari umori non sempre felici, e quasi sempre fra loro discordi. Nell'anno seguente non seguì cambiamenti notabili nella Compagnia. Fu aggregato in quella soltanto Francesco Maiani Bolognese in qualità di primo amoroso, unitamente al Casali, e tutti due sotto la direzione dell'Imer. Seguì bensì un notabile cambiamento nella mia persona, e negli interessi della mia Casa. Morì in quell'anno a Venezia il Conte Tuo della riviera di Genova, il quale aveva servito per più, e più anni in qualità di Console quella Repubblica Serenissima. Avendo io Moglie Genovese, e de' buoni Parenti in Genova, scrissi colà, che mi procurassero l'onore di un tale impiego, e fra le mie protezioni, e le loro l'ottenni. • Attraverso il suocero, ottenne l’incarico diplomatico di Console di Genova Eccomi in una nuova carriera con un titolo onorevole, e in un impiego piacevole; poiché essendo il Console di Genova il solo Ministro in Venezia di quella Repubblica, supplisce, oltre al mercantile, al Politico; ond'io mettendo in pratica in tale occasione quello, ch'i'aveva appreso a Milano, e a Crema sotto gli ordini, e la direzione del Veneto Residente, faceva tutti i Sabbati il mio dispaccio, ed ebbi l'onor di piacere a quel Pubblico Serenissimo. La Casa, ch'io abitava a San Lio, non era sufficiente per tale impiego. • Dal punto di vista sociale, come nell’impiego, deve cambiare ruolo > ecco perché cambia casa, deve avere un certo prestigio→ si crea anche una rete di contatti ◦ pensa che diventare console gli dia un risvolto economico ma non è così Ne presi una ad affitto molto più comoda, e più decente in Calle della Testa, appartenente all'Illustrissimo signor Lorenzo Marchesini Segretario di Senato. L'ingrandimento della casa mi obbligò ad aumentare i Mobili, e la Servitù; e l'occasione di trattare frequentemente co' Ministri Stranieri mi pose in necessità di alterare il mio sistema di vivere, e di sconcertare un'altra volta le 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) guadagnarmi. Io era allora Ammogliato, e il dover d'Uomo onesto, e di buon Marito mi obbligava a pensare, e a condurmi diversamente; ma ciò non m'impediva, che ne' Comici miei lavori non distinguessi quella persona, che più mi piaceva; e divisai di formar questa Donna secondo il sistema, ch'io aveva in capo, e che non aveva ancora potuto a modo mio soddisfare. Tutte le Servette de' Comici erano in una specie di obbligazione di rappresentare La Serva Maga, Lo Spirito Folletto, ed altre simili Commedie dell'Arte, nelle quali la Servetta cambiando d'abito, e di linguaggio sostiene vari differenti Personaggi, e caratteri; ma vi vorrebbe realmente quell'arte Magica, che si finge, in tali Commedie per sostenerli con verità, e ragione; e ordinariamente non riescono, che azioni sconcie, e forzate, cattive Scene di Commedie peggiori. Non si potrebbe, dicea fra me stesso, far sostenere ad un Personaggio diversi caratteri senza il sognato soccorso della Magia? A che serve il cangiamento degli abiti? A che serve la varietà de' linguaggi? Difficilmente riescono bene; e se fossero anche a perfezione eseguiti, mancando il verisimile manca il miglior merito della Commedia. • Vuole dare verisimiglianza al personaggio della Servetta che solitamente si serve dell’elemento sovrannaturale → La donna di Garbo > si può dare a uno stesso personaggio tante anime diverse Ma come far sostenere ad un Personaggio più, e diversi caratteri in una stessa Commedia salvando la verisimiglianza, la ragione, e la buona condotta? Pensando, e ripensando, fu allora, che mi cade in mente La Donna di Garbo; una Donna, che bisognosa di amicizie, e di protezioni cerca d'insinuarsi nell'animo delle persone, secondando le passioni, ed i caratteri di ciascheduno, e trasformandosi quasi in tante differenti figure, quanti sono coloro, coi quali deve trattare. Tutto ciò può eseguire una Donna di spirito, la quale servendosi dell'artificio, non sarà una Donna di garbo, secondo il vero genio di questa frase; ma sarà tale nell'opinione dei Personaggi. Fissato in questa immagine, ho composto quella Commedia, che i Lettori conoscono sotto un tal titolo. Avrei fatto meglio a intitolarla La Donna di Spirito; ma riflettendo più all'apparente sua abilità, che al fondo del suo carattere, e più all'asserzione de' Personaggi, che alla sua intenzione, l'ho detta Donna di Garbo, e la lascio correre con quel titolo, con cui ha piaciuto, e con cui è stata dieci altre volte stampata. La prima volta, ch'io l'ho pubblicata in Venezia nell'edizione del Bettinelli, le ho dato il merito di Primogenita delle mie Commedie; ed ora pare, ch'ella sia posteriore al Momolo Cortesan, al Prodigo, ed alla Bancarotta. Ciò è vero in un senso; ma come la prima di queste tre Commedie era per la maggior parte a soggetto, e nelle altre due le Maschere lo erano ancora, alla riserva del Momolo, e del Pantalone; e come altresì tutte tre le dette Commedie contenevano qualche carattere, ma non erano del genere di quelle della riforma, merita questa il grado di prima, perché da essa ho cominciato il nuovo genere di Commedie intrapreso. Tutti i Personaggi, che la compongono, hanno un carattere originale; e la Colombina, che cercava d'imitarli, e di uniformarsi... Ma perché dico io la Colombina, se nella commedia stampata la Donna di Garbo è Rosaura? Eccone la ragione. Terminata di scrivere la mia Commedia in Venezia, la lessi ai Comici, e tutti ne furono incantati. La Servetta, che recitava col nome di Colombina, era gloriosa della sua parte; ma le altre Donne la riguardavano con gelosia, e specialmente la Prima; sosteneva, che non era parte per una Serva; che dovevasi darla alla prima Donna; ch'io avea mancato alle regole; e che solamente per compiacermi avrebbe sofferto, che la Baccherini la recitasse; ma tirarono tanto innanzi, che arrivò la fine del Carnovale senza rappresentarla. Andò a Genova la Compagnia per la Primavera seguente; quindici giorni dopo la Baccherini morì; la Bastona s'impossessò della Donna di garbo, ed ebbe la soddisfazione di recitarla, e di riscuoterne infiniti applausi. Io però non la vidi rappresentare, poiché partii l'anno stesso, come dirò fra poco; e la prima volta, che mi accadde, vederla fu a Livorno, quattro anni dopo, dalla brava eccellente Rosaura, moglie del Medebac, di cui avrò lunga occasion di parlare, essendo lui quegli, che mi ha fatto riprendere il gusto delle Commedie, e col di cui mezzo sono ritornato alla Patria. • Descrizione compagnia Medebac con cui poi comincerà a lavorare • Primogenita : COMPLETAMENTE scritta, non c’è improvvisazione anche se non è realmente la prima scritta Prima ch'io passi a discorrere di quelle triste ragioni, che mi hanno obbligato in quell'anno ad abbandonare Venezia, l'occasione di nominare quest'onorato Comico, con cui ho vissuto parecchi anni mi eccita a dire, come l'ho conosciuto in Venezia in quei medesimi tempi, de' quali ora 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) ragiono. Erano già tre anni, che portavasi in Venezia regolarmente in tempo di Carnovale Gasparo Raffi Romano, Capo de' Ballerini di corda colla sua Compagnia, ch'era una delle più famose in tal genere. Eravi la bravissima Rosalia sua Cognata, Moglie in allora di un Saltatore Tedesco, e passata ad esserlo in secondi voti di Cesare Darbes, celebre Pantalone, di cui molto avrò ancor da parlare. La Teodora, figliuola del Raffi, Moglie in appresso del Medebac, ballava sulla corda passabilmente, ma danzava a terra con somma grazia; la Maddalena, che fu Moglie in seguito di Giuseppe Marliani, era una copia fedele della Teodora, e il Marliani suddetto, che faceva il Pagliaccio, era un Saltatore, e Danzatore di corda, il più bravo, il più Comico, il più delizioso del Mondo. Questa Compagnia di quasi tutti Congiunti era amata, ed apprezzata in Venezia, non solo per la bravura, ed abilità in tal mestiere; ma per l'onesta, e saggia maniera di vivere sotto la buona direzione dell'onestissimo Raffi, e l'ottima condotta della prudente, divota, e caritatevole Signora Lucia sua Consorte. Il Marliani, non so, se stanco di quel pericoloso mestiere, o eccitato dal genio Comico, avea gran voglia di recitare delle Commedie. Capitò il secondo anno in Venezia il Medebac accennato; e unitosi co' Ballatori suddetti, avendo egli cognizione bastante dell'arte Comica, gl'instruì, fornì loro i soggetti, e preso il picciolo Teatro di San Moisè, colà, terminato il Casotto recitavano delle Commedie, le quali sostenute principalmente dalle apparenze, dai giochi, e dalle grazie del Marliani, che facea l'Arlecchino, non lasciarono di attirare buon numero di Spettatori. La Teodora faceva la prima Donna, e la Maddalena facea la Servetta; il Medebac era il primo Amoroso, e qualche altro Personaggio avean preso per eseguir le loro Commedie. Così principiò quella Compagnia, che poi si è resa famosa, e che trovai ben formata, ed in credito quattr'anni dopo a Livorno. Parlerò a suo tempo di queste brave persone; passiamo ora a parlar di me, niente per altro, che per narrar ai Lettori la causa, che mi ha impedito, dopo la Donna di garbo, a seguitare il corso sì bene incominciato delle Commedie; e per quale avventura l'ho poi nuovamente intrapreso. Ardeva allora la guerra fra Galli-Ispani, e Tedeschi per la successione di Don Filippo Infante di Spagna agli stati di Parma e Piacenza; ed il Duca di Modona dichiaratosi del partito de' primi, era anch'egli al Campo colle sue Truppe col titolo di Generale in capite di quell'Armata. Mio Fratello, ch'era Tenente in Modona nelle milizie Nazionali di quel Paese con poca paga e poco esercizio, avrebbe voluto passare nelle Truppe, che diconsi regolate, e seguire il Principe all'Armata, non so se per onore, o per migliorare gli appuntamenti. Il fatto si è, che non avendo potuto ottenere quel che desiderava, domandò il suo congedo; l'ottenne, e venne a ritrovarmi in Venezia. • Il fratello di Goldoni è stato la sua causa dell’allontanamento da Bartolini, non è molto furbo Mi spiacque una tale risoluzione sconsigliata, e pregiudiziale, poiché col tempo avrebbe sicuramente avanzato; ma ciò non ostante l'accolsi collo stesso amore, e lo feci padrone della mia casa, e della mia Tavola. Da lì a qualche giorno mi si presenta tutto gioioso, mi abbraccia, mi accarezza, e mi dice: Fratello, ho fatto una bella scoperta, e spero di aver trovato la mia fortuna. Narrami, che contratto avea conoscenza con un degnissimo Uffizial forestiere, il quale incaricato da una Potenza d'Europa di formare un Reggimento novello doveva egli esserne il Colonnello; e come aveva la facoltà di nominare, e creare gli Uffiziali, gli avea promesso un posto di Capitano. Mi posi a ridere, e gli dissi: Fratello, non gli credete. Come! (risposemi). Perché non dovrò credere a un Uffizial d'onore? Ho veduto le lettere, gli ordini, e le patenti... Non è stato possibile il persuaderlo, che così presto un forestiere non poteva aver concepito tanta amicizia per lui; e due giorni dopo me lo conduce in casa, mi prega d'invitarlo a pranzo, e mi obbliga di ascoltarlo. Non l'avessi ascoltato! Non l'avessi mai conosciuto! Fece a me pure la medesima confidenza; mi mostrò varie lettere scritte in Italiano, e provenienti da quella Corte, dalla quale dicevasi incaricato di quest'affare. Mi mostrò una patente amplissima, che lo dichiarava Colonnello di quel Reggimento, che dovea egli formare, colla facoltà di crear gli Uffiziali; e mostrommi in seguito le Credenziali per reclutare quei tali Soldati, che diceva di dovere scegliere. Mio Fratello mi guardava sott'occhio, e si rideva di me, credendomi da tali prove convinto. Io non lo era ancora perfettamente; però trattai civilmente il Signor Uffiziale per non disgustar mio Fratello, con animo di meglio assicurarmi della verità. • Alla fine dà retta al truffatore che sta raggirando anche suo fratello, potrebbe essere la ragione del suo allontanamento da Venezia > esercito straniero su suolo veneziano sarebbe stato non adatto per un console ◦ da questo episodio, fa un intreccio comico su cui basa una commedia 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) Lo feci padrone della mia Tavola; ed egli concepì tanto amore per me, che non ha mancato un giorno di favorirmi. Tutte le settimane aveva egli lettere da mostrare, provenienti da quel tal Principe, sottoscritte da que' tali Ministri, che sempre sul proposito ragionavano, mettendo in vista quelle somme grandiose di danaro, che dovevano di giorno in giorno arrivare. Mostrava l'altro carteggio co' suoi emissari sparsi qua, e là per que' paesi, dove si dovevano ingaggiare i Soldati, e tutti ad un tratto dovevano unirsi uomini, armi, munizioni, e danari. Mio Fratello aveva già avanzato di posto, doveva essere il primo Capitano, ed era per me riserbato l'utile ed onorevole impiego di Auditore del Reggimento. La mia situazione d'allora mi faceva desiderare, che tutto ciò si verificasse. L'impegno, nel quale mi metteva il mio Consolato, e l'impossibilità di sussistere senza gli appuntamenti mi faceano prestar orecchio alle belle lusinghe; ma pure non cessava di dubitare, e credere il Colonnello un Impostore, e continuava a trattarlo unicamente per vivere in pace con mio Fratello. Ma allor che vidi de' Soggetti assai riguardevoli per nascita, e per fortuna, de' Mercatanti di credito, de' Ministri ancora, credere alle sue parole, alle sue lettere, alle sue patenti; riconoscere per vere le sottoscrizioni, e i Sigilli, ed accettare gl'impieghi, ch'egli distribuiva, e somministrargli, e trattar secolui del Vestiario quando vidi delle munizioni, e delle condotte, il Medico, il Cappellano, i Vivandieri, i Provvigionieri tutti stabiliti, accordati, ed in buona fede, cedetti anch'io alla credenza comune, e mi lasciai cavar di mano qualche somma considerabile di danaro: cosa che mi sconcertò all'estremo, e mi gettò in un mare di confusioni. Durò per qualche mese la favola; e quando, stanchi tutti di attendere l'ultima risoluzione, dovea questa verificarsi, sparì il Colonnello, e tutti restarono nella stessa maniera impiegati. Era una bella consolazione per me vedermi accompagnato da sì bel numero di gente di buona fede; ed era un bel conforto per tutti noi il rammentarci l'un l'altro i Sigilli, le sottoscrizioni, le firme, accordando per gloria dell'Impostore, ch'egli era espertissimo nell'imitazione dei caratteri, e delle impronte per giustificare in qualche maniera la dabbenaggine, con cui ci lasciammo ingannare. Ecco l'Argomento della mia Commedia, che ha per titolo l'Impostore, e che sarà la seconda di questo Tomo, nella quale ci ho fatto entrare il Tenente mio Fratello, e me medesimo col titolo di Dottore e futuro Auditore del Reggimento. Tutta questa Leggenda era per anche stampata in termini somiglianti nella Prefazione di detta Commedia sino dalla sua prima Edizione; ma non ho creduto poterlo omettere a questo passo della mia vita, perché interessante colla continuazione di essa; e perché n'è da ciò derivato non indifferente cambiamento del mio stato, e della mia fortuna. Il bravo Signor Colonnello colle sue lettere, colle sue patenti, e co' suoi Sigilli occupa il Frontispizio di questo Tomo. La Fraude e l'Ingratitudine, che sostengono il Cartello, lo accompagnano degnamente; ed il motto latino: Cum relego, scripsisse pudet ecc. spiega la vergogna, ch'io provo anche al giorno d'oggi rileggendo la confession della mia stolidezza. • Contemporaneamente il teatro di San Giovanni Crisostomo cambia gestione, va in mani a dei nobili → questo contribuisce alla perdita di denaro di Goldoni Un Poeta Comico lasciarsi gabbare da un Impostore! Cent'altri sono caduti nella medesima rete; ma io doveva cadervi meno degli altri. Io, che avea dipinto un Ladro Imbroglione nel Momolo Cortesan, un Trappola nel Prodigo, un Marcone Scroccone di Piazza nella Bancarotta, mi sono lasciato gabbare, soverchiare, scroccare da un Frappatore! Meriterebbe costui, ch'io pubblicassi il nome, e la Patria sua per eternare la sua vergogna; ma non l'ho fatto, e non voglio farlo per rispetto de' suoi onorati Concittadini. Venne costui a rovinarmi in tempo, ch'io avea contratto de' debiti per la mia sussistenza; e me li fece considerabilmente aumentare. Mi mancò nello stesso tempo la miglior parte delle mie entrate di Modona, consistenti in luoghi di monte, i quali per cagion della guerra non pagavano i frutti. Perdetti sino il picciolo emolumento del Teatro di San Giovanni Crisostomo; poiché S. E. Grimani l'avea ceduto per qualche tempo a quattro Nobili, Patrizi Veneti, uno de' quali per naturale temperamento trattommi sì grossamente, che fui in necessità di rinunziare la direzione per non compromettere la mia Carica, e la mia persona. Di più, un Signor Genovese venne a rifugiarsi in casa mia sotto l'arme del suo Paese per sottrarsi da' Creditori e mi fece alterare l'economia dell'ordinario mio trattamento, ed aiutò a sconcertarmi. Disperato in fine di poter ottenere gli appuntamenti, ch'io domandava, presi il partito di allontanarmi per qualche tempo dalla mia Patria, con idea di passare per Modona, provvedermi colà de' modi di continuar il mio viaggio, e portarmi a Genova per tentare personalmente di ottenere grazia, o Giustizia. Scrissi ai Collegi Serenissimi, ch'io era in necessità d'intraprendere un viaggio, li pregai di accordarmi di mettere alla mia Carica il Sostituto, che ho nominato; me l'accordarono, e mi disposi a partire in compagnia della mia diletta Consorte, indissolubile 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) ◦ perché qui viene rappresentata una piccola farsa? perché mancano due attori, coloro che fanno il poeta e la cantatrici (nella commedia vengono reclutati dalla compagnia) e questo si discosta dalla compagnia reale • la prima donna qui si scaglia contro le “Commedie dell’Arte”, una delle prime attestazioni tra l’altro di questo termine (prima venivano chiamate Commedie a Soggetto) invece le commedie scritte si chiamano “di carattere” → quando noi pensiamo all’improvvisazione pensiamo a qualcosa che sia diverso ogni sera, in realtà nella pratica, quando l’attore non era molto bravo … tendeva a ripetere le stesse cose e il pubblico già si immagina le battute annoiandosi, come illustra Placida scena quarta → arriva Tonino, tremante di paura > Collalto recitava per la prima volta nella compagnia, era giovane e sostituiva una delle colonne della compagnia (per mostrarlo in buona luce gli fa recitare il Tasso + canta) ➔ presentarlo tremante è per ottenere indulgenza da parte del pubblico → mascherato dal fatto che si dice spaventato di dover imparare a memoria invece di improvvisare, per la prima volta (espone l’idea del vecchio commediante che vede sconvolto il sistema teatrale) attraverso i vari personaggi, Goldoni ci presenta i punti di vista differenti del tempo scena quinta → viene introdotta Vittoria, che visto che ha una piccola parte, ne sta studiando anche un’altra + si ritorna al tema della moralità e al fatto di “ripulire” gli attori e le attrici scena sesta → entra Anselmo (Brighella nella commedia) che dice di aver conosciuto il poeta Lelio, vuole presentarsi alla Compagnia e, alla fine, Orazio acconsente a starlo a sentire (ribadisce che non è compito del commediante scrivere le commedie, come invece si faceva nelle Commedie dell’Arte) scena ottava → entra Gianni (Arlecchino), Orazio non capisce se a volte reciti o proprio nella realtà parli come il Zanni e in questa scena si dimostra l’estrema libertà che ha questo personaggio e le caratteristiche della maschera scena nona → Placida e Petronio (cicisbeo = colui che accompagnava la dama per compagnia → uomini e donne avevano, ipocritamente, un servo/serva da compagnia nonostante fossero sposati) commedia meta teatrale (gli attori stanno preparando una pièce) in cui Goldoni esprime i precetti della sua poetica, come sta cercando di cambiare il teatro comico in Italia → ogni attore in questa compagnia interpreta se stesso, solo due figure non rappresentano la realtà es. Lelio (undicesima scena) > il poeta, che scrive per la compagnia, viene interpretato come un poeta barocco del seicento che non va ben per il tempo MA Lelio è meglio definirlo un poeta pattumiera, Goldoni mostra in lui tante tendenze diverse tutte radicalmente rifiutate da lui Lelio > galante, predilige le donne a cui fa tante complimenti → questo aspetto lo accomuna a Pietro Chiari, anche Carlo Gozzi scrive una commedia meta teatrale in cui descrive due controfigure di Chiari e Goldoni, Girandola e Pasticcio e proprio Girandola ha un debole per il bel sesso come Lelio (testo ritrovato poco tempo fa) ➢ Lelio vuole sapere chi è Orazio, quest’ultimo definisce il poeta cerimonioso per tutte le attenzioni che dà alle donne ➢ Lelio propone varie commedie e punzecchia Petronio chiamandolo ignorante, questo a sua volta definisce Lelio matto ➢ le immagini che Lelio utilizza, barocche, connotano già Lelio come un poeta che non va più bene per gli attori che lavorano con Goldoni ◦ Orazio → precetti su come si deve fare teatro > unità di azione aristotelica ◦ Lelio dà la definizione del momento, del luogo, dei personaggi e del tipo di scena che improvviseranno (“atto primo… scena di amicizia”) → Eugenio, sulla base del 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) canovaccio di Lelio già prevede cosa succede, finendo la frase di Lelio (“e Pantalone gliela promette”) come fa anche Orazio ◦ Orazio > capocomico e non autore > sono battute che rimandano a Goldoni ma anche a Medebach ▪ lazzo= scenetta ➢ Lelio allora propone un dialogo → a uno a uno i personaggi escono di scena e lasciano il poeta solo che promette di vendicarsi e deride il rinnovo del teatro da parte di questi attori ATTO SECONDO prima scena→ sempre Lelio protagonista che si lamenta dei trattamenti ricevuti con Anselmo che rimprovera di aver presentato quel soggetto ➢ Anselmo dice che il merito delle polemiche teatrali é quello che persone di bassa origine riflettano su come si faccia una buona commedia, educano il pubblico che ricercava qualcosa di più sofisticato rispetto alla commedia dell’arte → quando gli antichi proponevano uno specchio della società tutto il popolo decideva, perché ci si poteva immedesimare nella scena … ma quando le commedie sono diventate ridicole (commedie arte) la commedia perde ogni finalità morale, ci sono delle cose inverosimili sul palco (es. come diceva Orazio nella scena precedente il servo che picchia il padrone) ➢ I comici devono conoscere il proprio mestiere secondo Goldoni, non devono per forza essere bravi come un autore ma devono saper giudicare il teatro scena seconda Lelio mette su una scenetta con Placida sempre antica e barocca > Placida dice che nella sua compagnia si recita un testo precedentemente scritto e imparato a memoria ma quando si deve improvvisare, si parla con naturalezza per essere verosimili → in questa scena si vede lo stile di Lelio che Placida rifiuta scena terza Lelio colloqui con Orazio > seconda proposta drammaturgica > Orazio rifiuta la commedia perché é tradotta, soprattutto dal francese ➢ non c’é bisogno di attingere dalla Francia secondo Orazio, é l’Italia che deve dimostrare il proprio valore facendo dei passi avanti > Goldoni ristabilisce il primato italiano, ribadendo che il teatro sia stato riscoperto dall’Italia, seppure nel 600/700 sia di qualità inferiore a quello francese ◦ Goldoni mette i puntini sulle i tramite queste scene, su tante tendenze di quegli anni > es. Verri a quel tempo era un autore che si ispirava e traduceva dal francese ➢ Lelio fa una terza proposta > con scena stabile cioé non cambia dicendo di ispirarsi ad Aristotele ◦ secondo Orazio, Aristotele va interpretato perché quando ha scritto non c’era facilità di cambiare le scene come nel presente … però non si può andare da Napoli in Castiglia (come nel Don Giovanni), cioé l’unità di tempo determina quella di luogo, bisogna essere verosimili + divide le commedie in semplici e d’intreccio → quelle semplici potevano essere fatte in scene stabili e in quelle d’intreccio no > dipende dalla linearità della trama, l’intreccio é basato su peripezie ed é inverosimile che accadano tutte nello stesso luogo ◦ Orazio si esprime sul “padre mezzano” che ha abitudini morali di cattivo costume > nella commedia dovrebbe cambiare carattere poiché scandaloso ma per i precetti della commedia sarebbe inverosimile cambiare in così poco tempo OPPURE la commedia sarà immorale, da non presentare al pubblico → i cattivi caratteri si mettono in scena per educare il pubblico ma non quelli scandalosi e poi il carattere negativo deve essere messo in rapporto con un carattere positivo da esaltare 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) scena quarta stanno per iniziare le prove > arrivano il Suggeritore, Placida ed Eugenio scena quinta e sesta ➢ (in corsivo Rosaura =Placida, Florindo =Eugenio) > scena dei due innamorati ma il padre di Florindo, Pantalone, ha un debole per la fanciulla e vuole chiederla in sposa, quindi i due credono che questo possa rompere il loro amore ➢ Pantalone corteggia Rosaura chiedendola in moglie, le suggerisce le cose che vorrebbe sentirsi dire → Florindo, nascosto, si mostra dicendo che anche lui é innamorato di Rosaura… Pantalone é sconvolto che il figlio ora sappia delle sue debolezze ➢ Rasaura scena di disperazione ma non sa la parte e si arrabbia con il suggeritore scena settima e ottava ➢ siamo nelle prove del terzo atto della piccola farsa che la compagnia sta preparando, abbiamo visto la trama principale, padre e figlio corteggiano la stessa ragazza ➢ ora vediamo la trama secondaria: triangolo amoroso della servitù: Vittoria (Colombina) é chiesta in sposa e corteggiata dai due zanni, Brighella e Arlecchino, e tra i due lei é indecisa, uno é troppo furbo e l’altro troppo sciocco > i due cercano ognuno di portarla al suo mulino scena nona ➢ Brighella rimasto solo fa un suo soliloquio caratterizzato da un un linguaggio metaforico che non sta bene con l’intera opera in cui tutti parlano in modo comprensibile ◦ prima battuta > come un nocchiero trovandosi in alto mare con la nave, osservando con la bussola un cambio repentino di venti, ordina ai marinai di girare le vole così farà anche Brighella con i suoi pensieri ➢ Orazio lo interrompe dicendo che queste metafore sono tipiche delle commedie dell’arte e non vanno più usate, sono parole dell’attore e non dell’autore scena decima ➢ secondo Orazio/Goldoni i commedianti si devono attenere a un testo scritto perché improvvisando diventano inverosimili; Orazio dice che il problema non é l’improvvisazione in sé… anzi solo gli italiani facevano una commedia dell’arte che li rese famosissimi in Europa → questa abilità, propria degli italiani, può produrre risultati eccellenti che dipende dal livello dei comici, un comico virtuoso che improvvisa in modo efficace senza cadere nel volgare ha un’abilità superiore a un poeta che scrive ◦ l’improvvisazione fatta da un cattivo attore può cadere nell’inverosimiglianza ma anche nell’immoralità, infatti si usavano linguaggi e gesti volgari → il poeta non sceglie di scrivere solo per un fatto letterario ma perché deve controllare ciò che succede in scena ◦ é il poeta che si deve adattare al personaggio + le maschere non devono essere tolte del tutto, si deve abituare il pubblico al cambiamento, anche auspicabile, in modo graduale ➢ mano a mano si vogliono togliere i modi di far ridere nella commedia, cioé quelli più scurrili > si evolverà poi nel dramma borghese ➢ “i più fertili ingegni” > riferimento allo stesso Goldoni scena undici → pausa pranzo scena dodici → Anselmo presenta Lelio questa volta come candidato attore, Orazio gli ripropone di tornare dopo pranzo ma alla fine Eugenio acconsente a farlo pranzare con loro e può fare un provino 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) Gozzi propone un suo tipo di teatro in cui viene ripresa e valorizzata la tradizione dell’arte, pubblica della sua opera, un’analisi riflessiva… sappiamo la trama e vengono spiegati i passaggi polemici ma non abbiamo il canovaccio (ci sono elementi fantastici e scenici) elemento fiabesco > prima fase di Gozzi che poi si dedicherà ai drammi spagnoleschi Gozzi si é formato sui classici della letteratura e su una tradizione comica, critica Goldoni e Chiari che secondo lui scrivono male, non sanno la lingua italiana, lui propone una lingua più alta (scene in versi) Testi poetici di Carlo Gozzi tratti dalla raccolta di Opere del Conte Carlo Gozzi , Venezia, Colombani, VIII, 1774 Se alcun saper volesse per ispasso del Fegejo, e di me coll'intelletto qualcosa per formare un suo concetto, e dare opinion, tirare il sasso. Sappia, ch'egli é un'omaccio grasso, grasso, → mette in confronto fisicamente se stesso e Goldoni e ch'io son magheretto, magheretto, a petto lui, sottil come un aghetto, poich'e' rassembra de' danari l'asso. Send'io leggero, lo fo disperare, gli entro nel capo, e dà nella pazzia, non dorme, sbuffa, e non mi può cacciare. → atteggiamento di Gozzi diverso da quello di Goldoni che non Ei non mi cape nella fantasia, parla dei suoi avversari, Gozzi é critico e polemico ch'é goffo, e grosso, e non ci si può stare, dond'io l'ho altrove, e gli fo cortesia. Poiché il Dottor non vuol lasciarmi in pace, e punzecchiarmi colle scene tenta, io n'ho dissimulate più di trenta, ma convien dire, il mio tacer gli spiace… → un aspetto di Goldoni che non conosceremmo solo dalla sua […] autobiografia Goldoni, quando entra in polemica, fa sembrare che non sia fatto a posta … camuffa tutti i riferimenti polemici che in realtà c’erano (qui Gozzi si sente preso in causa dai testi di Goldoni) Gozzi in questo caso scrive per l’Accademia dei Granelleschi, un’associazione goliardica, quindi ironia, prese in giro sono concesse; invece, nei suoi testi teatrali prende in giro i suoi avversari, talmente alla larga, da non andare contro il veto → un suo testo sarà accusato di aver schernito apertamente una persona ma Gozzi ci terrà a specificare di non averlo fatto a posta Dottor, se incontra qualche tua Commedia, → si rivolge a Goldoni, non deve dire che una sua commedia è buona non dir per questo, ella sia buona mai, se è piaciuta al pubblico PERCHÉ ... perché, se incontra una all'abate assai, → abate = Chiari tu dì, ch'ella è cattiva, e ch'ella tedia. … questo criterio cambia quando il pubblico E se s qualch'altra il popol non t'assedia, apprezza le commedie di Chiari stolto, e ignorante non lo chiamerai, o s'una all'altro casca, non dirai: quest'è perch'ella è una fola, un'inedia. O tu vuoi che il concorso sia buon segno, 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) o l'abbandono un tristo segno sia, o il popolo a decider non sia degno. Perdio, Dottor, di qua non fuggi via; rispondi, e aguzza, quanto vuoi, l'ingegno; o tu, o l'abate, o il popolo è in follia. Se astratto, e in balordia Rispondi: è sempre buon segno il concorso; viva il Dottor, l'abate, il Sacchi, e l'orso. → orso: intrattenimento popolare e circense sin dall’inizio della sua carriera capiamo che Gozzi ha una forte impronta polemica MEMORIE INUTILI pubblicato prima volta nel 1797 da Palese (poche edizioni moderne) quando Gozzi é già molto vecchio ma viene iniziato a scrivere probabilmente nel 1780/81 (+ trattato dell’apologia) problema dell’edizione critica moderna che è stata fatta di Gozzi: pretesa di mettere insieme il manoscritto del 80/84 e del 97 → edizione di difficile leggibilità manoscritto “memorie per servire alla vita di Carlo Gozzi scritte da lui medesimo” • ancora c’è un’idea di utilità della autobiografia, contrapposta invece all’inutilità presente nel titolo definitivo, inutilità che va contro l’ideale di Porcia e di come dovesse essere scritta un’autobiografia • per servire alla vita > titolo simile a quello di Goldoni titolo originale: “Memorie inutili della vita di Carlo Gozzi, scritte da lui medesimo, e da lui pubblicate per umiltà” • inutili → memorie che Gozzi dice di aver scritto dopo le accuse rivoltagli da Gratarol > seguono il modello di Boezio illustrato da Dante (modello di autodifesa) ◦ finta modestia: lui dice che non sarà celebre per i posteri ◦ perché non saranno utili per i posteri, le cose accadute a Gozzi sono troppo particolari ◦ inutili perché ormai Gratarol è morto, lui non potrà mai cambiare idea paratesti: libertà ed eguaglianza → siamo nelle repubbliche Giacobine > paratesto editoriale per far capire la struttura dell’opera “cotesto libro da me cominciato a scrivere nell’ultimo giorno d’aprile dell’anno 1780” “fu costretto dalla violenza a rimanere inedito e imprigionato, sino al tempo presente” • ci dice l’anno preciso + ci fa sapere che non volessero che lui pubblicasse questo libro (per questo non fa un testo solo sulla vicenda di Grataol ma un racconto memoriale sulla sua vita) “lo dirò soltanto per farli ridere, come fecero rider me, per quell’istinto che Dio m’ha voluto donare, imperturbabile, indifferente e sempre risibile sugli eventi” → improbabile per il suo carattere fumino + definisce le sue memorie oltre che inutili anche “frivole” “il mio libro è una candida verità” → dichiarazione di veridicità tipica prefazione di un patto con il lettore parte a descrivere il centro dell’opera + ci dice dell’aggiunta del tomo finale • si rivolge al libro di Gratarol (Stockholm, 1779) → nel 1780 viene diffuso in Italia, i potenti veneziani che sono stati accusati insieme a Gozzi nella narrazione apologetica, hanno fatto in modo che non se ne dovesse parlare e per questo Gozzi non può rispondere > “si volle a ff ogato nella dimenticanza” ◦ egli si presenta vittima al pari di Gratarol, dei nemici dello stesso • “i miei concittadini rileveranno la violenta costrizione” → gli hanno imposto di tacere, il suo testo non riceve la licenza di stampa, viene pubblicato nel 97 perché cade la Repubblica di Venezia dedica ai concittadini > troviamo ancora più dettagli sulla vicenda che ha condotta alla scrittura • parte non da se stesso ma dalla fuga di Gratarol > scrive un libro contro i potenti e c’è chi lo giudica male e chi lo giudica bene → Gozzi finge quasi di essere lusingato per essere 122 Letteratura Italiana (corso II semestre 2022) stato attaccato quanto un potente “quasi lo ringraziava che' egli m ‘avesse posto nel ruolo di tante gran signore di tanti gran signori.” • Gozzi contrappone l’animosità di Gratarol anche solo per una PRESUNTA satira contro il suo animo imperturbabile e la sua capacità di accettazione “Io ricusai per alcuni mesi tale lettura” • a stimolare Gozzi non sono le accuse che gli muove Gratarol ma il fatto che si basassero su delle menzogne, questo lo induce a voler ristabilire la verità > ne va della sua onorevolezza → quello che gli viene detto è di non dover pubblicare nulla ◦ esce l’Imparziale che viene attribuito a lui ,Gozzi nega, dice di essere scritto male e prova ripubblicare la sua versione dei fatti ma viene di nuovo bloccato ALLORA Gozzi decide di mettere questa vicenda in una narrazione autobiografica → caduta la repubblica, anche per andare contro questa, i librari ora fanno a gara per pubblicare il suo libro ▪ secondo volume → vicenda Gratarol/Gozzi e Ricci, l’attrice amante dei due RECAP: Le Memorie inutili quindi nascono come risposta di Gozzi a un’accusa di aver messo alla berlina Gratarol, portando a conseguenze gravissime per il Segretario Veneziano che deve fuggire + è condannato a morte in contumacia (in esilio scrive la sua apologia) + esiste probabilmente un nucleo autobiografico che precede la risposta a Gratarol, la prima parte del testo che riguarda la formazione di Gozzi potrebbe essere stata composta in precedente e poi inclusa nel manoscritto della Marciana → si inserisce nel modello Boeziano PROEMIO • abbiamo un elenco delle categorie per cui era ritenuto lecito (prima di Rousseau e l’amor di sé) scrivere la propria autobiografia → Gozzi si rifà, però, al modello pre-Rousseau/di Porcia • comincia a dire quello che lui non è (un soldato, un letterato, un filosofo…) • se credesse di essere un “grande” qualcun altro al posto suo scriverebbe la sua vita, lascerebbe questo compito ai romanzieri o a zelanti che abbelliscono la verità → ribalta il topos secondo cui un uomo di rilievo debba scrivere la propria vita per evitare che i posteri dicano cose errate sul suo conto • mette in guardia sulle autobiografie di fine secolo dettate dall’amor proprio, accecate dalla superbia > descrive chi, a suo dire, non riesce a essere obiettivo parlando dei suoi affari • lente accennata > lente del nostro intelletto che ci fa vedere le cose dal nostro pov e ci condiziona → la sua lente è incline al riso, coglie facilmente gli aspetti ridicoli dell’esistenza ◦ giustifica il suo operato comico satirico > gli avversari che ha vengono attaccati secondo alcuni principi: es. non attacca mai per primo ma risponde agli attacchi ◦ ha molti nemici perché ha preso di mira l’ipocrisia e la falsità > secondo Gozzi i suoi attacchi non sono ferocissimi (non è vero) e per questo i nemici sono ingiusti PARTE PRIMA • descrive la famiglia Gozzi a partire dalle sue origine, lo fa attraverso una serie di pretesti → mostra di non curare determinate cose che però esibisce mentre parla > egli è un nobile decaduto e proprio per questo Gozzi giudica le scelte del padre che non ha gestito nel modo corretto i suoi beni + si è sposato troppo giovani facendo troppi figli
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