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Progredito storia dell’arte contemporanea, Sintesi del corso di Storia dell'arte contemporanea

Riassunto del libro di Alessandro del Puppo

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

Caricato il 01/07/2024

lucri.16
lucri.16 🇮🇹

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Scarica Progredito storia dell’arte contemporanea e più Sintesi del corso in PDF di Storia dell'arte contemporanea solo su Docsity! L’ARTE CONTEMPORANEA: IL SECONDO NOVECENTO Alessandro Del Puppo INTRODUZIONE PRESUPPOSTI: Le QUALITA’, i MATERIALI e la CONSISTENZA DEI MANUFATTI definibili come “opera d’arte” sono cambiati nel corso degli ultimi 50 anni più che in tutti i secoli precedenti. A pari grado la GEOGRAFIA ARTISTICA si è estesa fino a comprendere tutte le terre emerse, e non soltanto una trascurabile porzione di Occidente → questo fenomeno ha indotto un mutamento radicale di quelle che un tempo si definivano “poetiche” e che oggi coincidono nella somma dei diversi possibili modi di vedere, oltre che di produrre, l’arte L’arte si è conformata alla logica del capitalismo finanziario internazionale: non più legislatore né interprete, l’artista ha perso il senso della differenza antropologica attribuitagli dal modernismo e su cui aveva fondato la propria autenticità come critico. Ci sono comunque ancora coloro che commissionano un’Annunciazione o il proprio ritratto, o desiderano acquistare un paesaggio. Queste operazioni appaiono però avulse dal discorso critico e dal decorso economico dell’arte contemporanea. Esse sembrano essere giustificabili soltanto entro un’altra cornice, offerta dalla sociologia o dall’antropologia, quando non dalla psicologia Dinanzi ai prodotti artistici emersi dagli anni Sessanta in avanti, questa narrazione si è dimostrata drammaticamente incapace di fornire efficaci criteri di comprensione. La crisi degli ordinamenti gerarchici e della tradizione tassonomia ha coinvolto anche gli spazi deputati alla presentazione delle opere. Provati di un discorso di comprensione e di legittimazione storica, i musei hanno iniziato ad abbandonare i tradizionali criteri d’ordine, cronologico e stilistico. La tradizionale narrazione d’impronta evolutiva è stata soppiantata da allestimenti sperimentali, perlopiù di carattere tematico. Le collezioni d’arte non appaiono più radicate in uno specifico contesto storico-culturale né sembrano in grado di rappresentare simbolicamente il patrimonio correlato a un territorio o a una nazione Il PROBLEMA DELL’ARTE OGGI è che essa può ricordare molte cose, ma non assomiglia a nulla il particolare. Sappiamo che significa qualcosa, ma non siamo sicuri che cosa sia. L’arte, per definizione, non ci offre sufficienti informazioni per decidere La storia dell’arte ha raccolto e messo a disposizione PROSPETTIVE MULTIPLE, chiavi di lavoro diversificate e metodi di lavoro alternati. Questi nuovi metodi si sono affiancati a quelli della storia dell’arte tradizionale, come la filologia visiva, la critica delle fonti, l’iconologia, l’analisi delle committenze, senza tuttavia annullarli → mai la narrazione ha potuto essere così ricca: tuttavia la ricchezza degli approcci possibili rende ancor più necessaria l’adozione e la precisazione del PROPRIO punto di vista Il tema di buona parte dell’arte europea e americana dalla metà degli anni Sessanta è stato, per almeno tre decenni, lo STUDIO DEI CONFINI TRA L’ARTE E LA REALTA’. Anche l’arte che ricade al di fuori di questa ricerca, perseguendo tradizioni formaliste ed estetiche tradizionali, si deve comprendere all’interno dello scenario in tal modo costituito, che rende di fatto possibile questo pluralismo e questa libertà espressiva DESCRIVERE L’ARTE DOPO IL 1960 IN 2 PARABOLE: 1. ESTETICA MODERNISTA: resa canonica da Clement Greenberg come prosecuzione e conclusione organica di quell’arco storico che da Edouard Manet giunge fino alla New York School → si intercetta nella sua traiettoria conclusiva 2. CONDIZIONE “POSTSTORICA” DELL’ARTE: condizione che ha portato gli artisti dinanzi all’attuale trabocchevole ampiezza di possibilità e all’eclettismo di forme e materiali → limita i casi di studio fino alla generazione nata negli anni Sessanta, che ha iniziato a dire qualcosa nell’ultimo decennio del secolo scorso In più parti del mondo (Messico, Scandinavia, Russia,Sudafrica) l’arte contemporanea sta servendo oggi come agente AGENTE PER IL NEOLIBERISMO → mai come oggi l’arte è intesa come uno strumento di legittimazione e di scambio simbolico per le strategie di politica estera, epifenomeno delle relazioni internazionali e degli scambi finanziari: e anche, ben più concretamente, come uno dei più grandi bacini di riciclaggio di denaro → molti autori del mondo dell’arte interpretano le politiche globali come un’opportunità per presentare le storie e i fatti di culture meno conosciute Oggi il linguaggio dell’arte è il linguaggio del mondo. E il primo quesito è il problema su quanto resta dell’autenticità individuale Oggi sempre più l’artista deve affrontare 2 SFIDE: • deve accettare il multiculturalismo che ha infranto l’eurocentrismo, offrendo nuovi mondi al mondo • deve evitare di divenire un manipolatore cinico dei segni sintetici, sostenuto da un articolato “sistema” trasversale Può darsi che ogni generazione, giunga a un punto in cui non capisce l’arte del proprio tempo, e non potendola capire preferisce dichiararla svanita nel nulla. Questo problema non costituisce tuttavia la fine della storia dell’art, ma anzi pone con ancora maggiore urgenza un suo compito specifico Intanto, il pluralismo, la mercificazione e la parificazione alle tecniche e alla strategie del post- capitalismo globale ha consegnato l’arte a un ampio insieme di discorsi interpretativi, come la sociologia degli scambi comunicativi e l’economia delle merci culturali [6] [9] [42,48, 49] 2. SECONDO GRUPPO Teneva unito un fronte numericamente più vasto, ma frastagliato di autori “formalisti”: i “NEOCUBISTI” della Jeune tradition francaise, i pittori tedeschi, olandesi e svizzeri che DIFENDEVANO L’EREDITÀ DELLA BAUHAUS E DELLA GRANDE TRADIZIONE ASTRATTO- GEOMETRICA DEGLI ANNI TRENTA Non erano mancate fughe in avanti, come la rabbiosa rivendicazione d’un gruppo italiano per un’improbabile sintesi “formalista e marxista” Nel 1956 la diffusione del rapporto Chruscev e la sanguinosa repressione dei moti di Praga condussero una profonda disillusione del ceto intellettuale → ogni residua possibilità di realismo “socialista” svanì in fretta, contraendosi a figurazione esistenziale, affermazione individuale o a nuove forme di racconto, sensibili alle trasformazioni psicologiche nell’esperienza degli oggetti e degli ambienti → in questo panorama si situò la vicenda dell’INFORMALE EUROPEO = molti autori hanno identificato nelle vicende dell’informale la vera cesura nella storia artistica europea del Novecento: una crisi che, calata nel cuore della storia continentale, ne ha autenticamente interpretato le tensioni OLTRE L’INFORMALE L’INFORMALE EUROPEO ERA SORTO DALLA NEGAZIONE DELLA FORMA NATURALISTICA E DI UNA PRECISA DEFINIZIONE DELL’IMMAGINE, CON UN’APERTA SFIDUCIA NELL’UTOPIA SOCIALE DEL COSTRUTTIVISMO E UN PESSIMISMO VERSO LA TECNOCRAZIA DELL’ASTRAZIONE GEOMETRICA → qui si cercò un’alternativa tra gli opposti della ragione e dell’impulso inconscio (a differenza della Scuola di New York, nata con il tentativo di giungere a una sintesi tra cubismo e surrealismo) Negli autori europei si preferì rompere lo schema formale della tradizione inaugurata con l’impressionismo, inteso come segni di una condizione conflittuale con la realtà → L’armonia dell’opera d’arte contemporanea risiedeva nella coscienza esplicita di ciò che restava lacerato e inconciliato: il pathos espressivo che accetta la sfida della dissonanza e rigetta l’idea di bellezza senza tempo L’INFORMALE E LA PITTURA ASTRATTA EUROPEA INTESERO SUPERARE IL LINGUAGGIO ORMAI ESAURITO DELLA PITTURA, CONDIVIDENDO IN QUESTO ATTO L’OSSERVATORE → lettura di carattere esistenziale, e quindi genericamente di contenuto simbolico (a differenza del materialismo formalista degli americani) La pratica artistica, la scrittura critica e le varie forme di patronage istituzionale e privato diedero forma a una scena discontinua, che si vede esplorare nella polifonia delle sue molteplici voci, nella ricerca di un punto di stabilità tra materialismo e psicologia emerge una NUOVA DEFINIZIONE DI REALISMO = radicale operazione di conoscenza critica della realtà, consapevole del condizionamento individuale nell’osservazione delle cose e di una dimensione irraggiungibile del vero (esempio insegnato da Alberto Giacometti) Il caso di ALBERTO BURRI è sintomatico: fu tra i primi autori italiani del dopoguerra ad acquistare notorietà internazionale → vennero lette le cuciture dei suoi Sacchi come tracce di una ferita esistenziale (Emilio Villa) → Robert Rauschenberg (pittore americano della nuova generazione) apprezza in Burri i valori formali delle sontuose partizioni compositive, invece che la loro traslazione in simbologie riferibili alla condizione sociale del dopoguerra Grande bianco olio su tela 1952 Ii valori decorativi di forma, colore e contenuto non riuscivano ad abrogare completamente il ruolo e la funzione dei valori illustrativi → si può INQUADRARE UNA PARTE IMPORTANTE DELLA PITTURA ITALIANA ED EUROPEA DEGLI ANNI CINQUANTA IN QUESTA RICERCA DI EQUILIBRIO TRA FORMA E CONTENUTO DUE CASI ESEMPLARI: 1. Le parole con cui Burri aveva presentato il gruppo “Origine”: la rinuncia a una forma scopertamente tridimensionale, la riduzione del colore alla sua funzione espressiva più semplice, la ricerca di nuclei grafici, linee e immagini pure in funzione d’una visione “rigorosa, coerente, ricca di energia” → accanto a questi propositi si aggiungeva anche una clausola antidecorativa 2. Documento più significativo della coesistenza di opposti piani interpretativi, in un testo di Argan su Lucio Fontana: l’esistenza dell’uomo precede l’essenza dell’opera. Non esiste un concetto preesistente all’itinerario creativo che esso possa raggiungere e convalidare; esiste, invece, una condizione erratica, di gettatezza nel mondo delle cose e dei rapporti umani Questa condizione valeva anche per un’altra nozione cruciale, il SEGNO, inteso come: • affermazione autonoma dell’individuo come realtà operante • coscienza del gesto come espressione esistenziale, invece che come riflesso della realtà → in molti autori europei il “segno” sostituì le nitide campiture dell’astrazione geometriche e la forma-colore dedotta dal dato naturalistico o della sensazione Qua si gioca per intero l’eredità di PAUL KLEE (pittore svizzero scomparso nel 1940) = Teoria della forma e della figurazione, uscita nel 1924, ma è il testo migliore per capire la congiuntura europea degli anni Cinquanta → da qui la sua importanza come discrimine tra la pittura segnica europea e l’action painting americana (governata da un surrealismo senza psicologia) • L’ASTRAZIONE “CLASSICA” si presentava come il divenire della forma nello spazio, secondo una logica di razionalità e una tendenza progettuale che costituiva un’apertura al possibile • Le espressioni artistiche intorno al mondo dell’INFORMALE ambivano invece a tracciare il divenire della forma nel tempo, come condizione esistenziale e non essenziale Richiamandosi alle condizioni surgive dell’arte primitiva ed ex-tracolta, un autore come JEAN DUBUFFET poté rivendicare l’incomunicabilità artistica di un’arte brutale, unico spazio d’invenzione individuale Aveva dimostrato come poter elaborare la forma senza cadere nel naturalismo: l’arte era la sostanza di una coscienza critica che indagava il fenomeno, allontanandosi dalla natura per trovare una propria dimensione → incoraggiando sintesi tra visione esterna + contemplazione interiore = dimostrato di poter creare opere diverse dall’immagine ottica dell’oggetto, ma che non lo contraddicevano sul piano della totalità → la linea appariva quindi come un elemento in sé significante e coordinatore UNICA SOLUZIONE = “potere cosmico della metamorfosi”: una creazione irriducibile a formule e linguaggi preordinati → La difesa di una ricerca artistica che era sospinta dal desiderio di liberazione sociale, alimentava lo scatenante potere d’immagini deliberatamente incomprensibili (come prometteva dal 1949 il Gruppo Cobra) → Dubuffet invitava a rispettare gli impulsi e le spontaneità ancestrali della mano che traccia i segni, fuggendo dai modi meccanici e impersonali e da ogni possibile illusione di socialità: l’immagine doveva sgorgare dai materiali, ciascuno dei quali era dotato di un proprio linguaggio da assecondare Queste intenzioni non sembrano lontane da quelle dell’espressionismo astratto americano, tuttavia: • l’esibito valore tattile e materico di pittori ocme Dubuffet o Fautriet era indesiderato agli occhi di critici come • Greenberg, che difendeva la purezza di un’esperienza puramente ottica, fondata sull’astrazione “piatta” e antiillusionistica, contro il “basso-rilievo clandestino” degli informali • ARTE AMERICANA = • ARTE EUROPEA = → le culture dell’espressionismo astratto e dell’informale europeo mantennerò però un TRATTO COMUNE: se l’arte era un flusso che intercettava le condizioni di volta in volta mutevoli della materia, vi era una prima conseguenza di rilievo = LA MANCANZA DI OPERE CHIAVE CHE POTESSERO INDICARE LE TAPPE DELLO SVILUPPO CREATIVO LA FINE DELL’ESPRESSIONISMO ASTRATTO In Europa e in America, alla fine degli anni Cinquanta, gli stili dell’espressionismo e dell’informale: • apparivano sempre più come metafisici, autobiografici, simbolici • non aderivano ad una realtà in prodigioso mutamento, isolandosi in un dialogo chiuso con l’autore e la sua opera → La mancanza di una struttura pittorico definita non appariva più come un segno di autenticità, verità e freschezza, ma come un espediente formale Il mito dell’autografia come emblema di spontaneità si svalutò a un gesto che, troppo facilmente, diveniva logotipo riconoscibile: una sigla espressiva tipica dell’artista ampiamente replicabile in serie sempre più sospette di complicità mercantile 1. ESASPERAZIONE DEL FORMALISMO PITTORICO VERSO UN’ASTRAZIONE SEMPRE PIU’ RADICALE: negli Stati Uniti passò attraverso il riscatto di due figure rimaste estranee alla pittura d’azione, Barnett Newman e Ad Reinhardt → Barnett Newman: dimostrò l’efficacia dell’immersione in un campo visivo di puri valori cromatici, sempre più estensi ed estesi, fino all’assorbimento dello spettatore in una dimensione sublime Questa posizione inoltre confermava la persistenza di una componente “umanistica” nella pittura europea, più legata alle radici sociali e letterarie delle avanguardie storiche del primitivismo e del surrealismo - fondata sull’inseparabilità della biografia - sistema estetico autonomo, depotenziato di ogni carica di sovvenzione sociale - fondata sull’inseparabilità della politica - fragoroso conflitto con la storia e la cronaca Al netto delle presunzioni sulla qualità è piuttosto difficile indicare un dipinto decisivo di Pollock o di Rothko, di Vedova o di Tàpies → Ogni opera era il tassello che andava a comporre un mosaico più ampio, senza il beneficio di un disegno preventivo. Più che singole opere, l’arte era destinata a diventare una storia di ricapitolazioni, offerte da esposizioni sempre più mirate, meglio progettate, e pronte a scalzare il primato dell’oggetto con il loro stesso discorso critico Percorrere questa strada significava produrre solo un abbellimento dei temi principali sin li seguiti → la reazione prese inizialmente in 3 VIE: NON era ancora disponibile l’etichetta POP ART, ma i suoi presupposti a quel punto erano gettati → Le 3 VIE grazie a cui la CULTURA FIGURATIVA USCI’ DAGLI ANNI CINQUANTA condussero a DIVERSI NUOVI TERRITORI: • MURALISMO e ARTE CONCETTUALE • PERFORMANCE, ANTIFORM e EARTHWORKS • POP ART e NUOVE FORME DI FIGURAZIONE CAPITOLO 2 IL LUNGO PERIODO ANTICHI E NUOVI MAESTRI Se si vuole capire qualcosa in più sul passaggio da Pollock a Johns è bene tenere a mente anche gli ultimi anni di Picasso o Duchamp • PICASSO: insieme a Georges Braque formalizzò il linguaggio del cubismo + autore di Guernica → ma è stato anche il pittore che ha affrontato la più intensa ed estesa analisi della tradizione pittorica = ammettendo che la pittura era più forte di lui stesso Picasso rovesciò i termini del rapporto tra artefice e opera, al punto di accettare di essere totalmente assorbito dalla pittura stessa, e dalla sua storia La sua opera continuava ad essere un punto di riferimento ineludibile per tutti i giovani artisti → figure come Pollock e De Koonig poterono diventare i pittori che conosciamo grazie al drammatico e sofferto copro a corpo con i modelli offerti dallo spagnolo - Ancora nel 1980 la retrospettiva su Picasso riuscì ad intercettare il grande ritorno alla pittura figurativa di una grande generazione - Per tutti coloro che tra gli anni Cinquanta e Sessanta ambivano a percorrere l’astrazione geometrica nelle sue declinazioni più attuali, continuò a risuonare intatta la lezione di PIET MONDRIAN → La mostra retrospettiva (1956) offrì a molti artisti una concreta possibilità d’uscita dalle pastoie dell’informale, grazie all’economia dello stile e al rigore compositivo + anche gli insegnamenti di HENRI MATISSE sopravvissero intatti = crescita pittorica dei più giovani artisti - Altri recuperi appaiono ancora più sorprendenti nella loro disinvoltura: fine anni Sessanta, KANDINSKIJ e MALEVIC suscitarono l’interesse dei pittori che poterono trarre dalle loro opere interi vocabolari di forme decorative (accantonandone i temi spiritualistici) IL LAVORO DI PICASSO ERA INTERAMENTE ORIENTATO A PORRE L’ARTE A CONFRONTO CON L’ARTE STESSA, E LA PITTURA ALLO SPECCHIO DELLA STORIA DELLA PITTURA • DUCHAMP: aveva segnato l’ANNULLAMENTO DELLA PITTURA COME “ARTE RETINICA” CERCANDO, TRAMITE IL READY MADE E UN NUOVO RAPPORTO CON L’OSSERVATORE, UN PIU’ AMPIO NESSO TRA L’ARTE E LA VITA → il ruolo di Duchamp fu centrale per lo sviluppo dell’arte nella seconda metà del Novecento - Decisiva anche la presenza di autori il cui nome suona meno fragoroso: la retrospettiva di PIERRE BONNARD (1948) e la mostra (1955) contribuirono a una vera riscoperta del colore e [1] [12, 26] [2] delle tessiture decorative, che non fu senza conseguenze per la pittura di Sam Francis, Jules Olitski o Morris Louis → l’esperienza d’arte del secondo Novecento ha confermato l’assunto di T. S. Eliot, secondo cui ogni importante opera d’arte obbliga a una rivalutazione di tutte le opere precedenti - Ci furono poi legami meno confessabili: SALVADOR DALI’ • insegnò a mantenere un rapporto sfrontato con i media, usandoli e facendoli usare → perseguì la celebrazione promozionale dell’artista come personaggio popolare (amicizie di Hollywood e jet set) • comprese sino in fondo l’importanza di cogliere con disinvoltura i segni più vistosi della cultura consumistica rendendoli partecipi al gioco, a pari grado mercantile, della produzione artistica • stabilì la parificazione tra arte commerciale e arte di élite e, anzi, l’annullamento di una nell’altra • la sua OPERA ha costituito il punto di partenza per il lavoro di Andy Warhol • con il suo LAVORO ha contribuito alla RIDEFINIZIONE SOCIOLOGICA E IDEOLOGICA DELL’ARTISTA CONTEMPORANEO MA le narrazioni sull’arte del secondo Novecento hanno voluto accantonare questo suo ruolo: si è preferito rimuovere i compromessi più deplorevoli e i cedimenti più spettacolari → questo discorso vale anche per altri pittori della generazione successiva - La fama di JASPER JOHNS alla fine degli anni Cinquanta non equivalse ad una reale comprensione del suo lavoro, che si apprezza invece nella continuità di ricerca che giunse sino ai giorni nostri → L’entusiasmante accoglienza dei primi object-paintings riservò a Johns il ruolo meschino di “PRECURSORE” DEL POP - ROY LICHTENSTEIN: Robert Rosenblum (storico dell’arte tradizionale) riconosce per primo: • il radicamento culturale, il padroneggiamento della tecnica, la sottigliezza delle analisi • aveva capito inoltre che l’opera d’arte contemporanea veniva creata in una situazione di riproduzioni multiple, disponibili al pubblico di massa, e che quindi un’immagine deriva da un’immagine già stampata → era un intuizione che anticipò di almeno 25 anni le pratiche “appropriazioniste” di Richard Prince o Sherrie Levine - 1970: PHILIP GUSTON: aveva avuto un’ottima carriera da pittore astratto, stupì tutti presentando quadri figurativi che, pur essendo condotti con le stesse delicatissime nuances tonali dei dipinti precedenti, non nascondevano analogie con una volgare figurazione fumettistica - Nell’arco di pochi anni ROBERT MORRIS passò dall’uso di strutture minimaliste alla teorizzazione dell’antiform come incoerente accumulo di materiali organici, per poi approdare a una pittura “neobarocca” negli anni Ottanta → dopo aver dato vita ad una delle più rigorose esemplificazioni dell’arte concettuale, SOL LEWITT si è spinto verso la grande decorazione murale [6] [3] La centralità del “giusto momento” nel modernismo, cioè l’intervento decisivo con il quale un artista scopre come risolvere un problema posto in precedenza, va mitigata con il consapevole anacronismo del lungo periodo Quando tutti stavano avviandosi a una pittura semplice di oggetti famigliari, lui non si accontentò di un facile successo o dello smercio seriale: cambiò stile e repertorio, avviando un processo di revisione della sua stessa pittura [8] - Artista giapponese ON KAWARA: divenne noto negli anni Settanta con il ciclo Date Paintings (monocromo neri con l’indicazione della data di esecuzione come unico elemento dipinto) = tener conto che la sua ossessione per il tempo della vita è legata all’esperienza traumatica del dopo Hiroshima → soltanto con la conoscenza del suo pregresso lavoro si riesce ad evitare l’errore di considerarlo un semplice, austero e magari anche un po' noioso artista “concettuale” - Nel corso degli anni Sessanta FRANK STELLA prese a citare gli austeri modi stilistici che egli stesso aveva contribuito a stabilire, giungendo a frammentarli e fonderli con i più esuberanti codici della pittura e della scultura tradizionalista Molti altri slittamenti fra tecniche, stili e soggetti ci pongono dinanzi a una ricchezza e a una pluralità che deve farci diffidare d’ogni semplificazione teorica, e accantonandone le tradizionali distinzioni - RICHARD ARTSCHWAGER sfidò le distinzioni canoniche realizzando sculture policrome, veri e propri surrogati di arredi, che combinavano elementi di pop art e di minimalismo - LARRY RIVERS o PHILIP PEARLSTEIN furono al tempo stesso precursori dell’iconografia pop e difensori della continuità storica del modernismo e di tutti i tradizionali problemi della pittura - GERHARD RICHTER è passato di continuo dalla figurazione all’astrazione, e viceversa, per provare a capire qualcosa del rapporto tra la pittura e la fotografia - VITO ACCONCI: dopo essere stato uno dei protagonisti della stagione più radicale della body art e dell’arte comportamentale, ha fondato uno studio di architettura che ora si sta occupando di progettazione di spazi sociali e arte pubblica - BRUCE NAUMAN: per quasi 30 non si capiva se fosse scultore, performer o videomaker = è stata la giovane arte degli anni Novanta a riconoscerlo come uno degli autori ancora oggi più influenti Il problema della fortuna dei singoli artisti modifica, e non di poco, la costruzione di un quadro attendibile - MORRIS LOUIS ebbe solo 3 anni di successo, dal 1960 al 1962 (morte) → grazie alla decisiva mediazione di Greenberg la sua pittura ebbe però un posto di rilievo nello sviluppo del formalismo astratto degli anni Sessanta, e anche per la cosiddetta pittura analitica del decennio successivo - CASO PIU’ ECLATANTE: LOUISE BOURGEOIS: restò ai margini della scena artistica americana → il rilanciò inizio solo con la grande mostra retrospettiva nel 1982, che permise poi di agganciare la Bourgeois al recupero di figure storiche del surrealismo femminile come Hannah Höch, Claude Cahun e Maya Deren, svolto negli anni Novanta Un destino non dissimile fu quello di ALICE NEEL emergendo soltanto nel corso degli anni Sessanta, quando i suoi ritratti di donne vennero riscoperti grazie alla nascente cultura del femminismo Il grande gallerista Leo Castelli fu il primo ad ammettere che la generazione di Rauschenberg (grazie anche alla sua abilità di mercante) era giunta al successo molto più rapidamente di quella che l’aveva preceduta [25] [43] All’iscrizione della Bourgeois tra le “madri fondatrici” del Novecento contribuì anche il successo nel frattempo arriso ad autrici come Cindy Sherman e Nan Goldin e alla crescente attualità dei temi d’identità e di genere [6] [33, 37] Questa ricerca sfociò nelle attività di terziario avanzato, all’interno d’un neocapitalismo che usciva da questa fase rafforzato (e non riformato) dalle intenzioni degli artisti 1965: mostra, The Responsive Eye, che documentò le più recenti ricerche d’arte optical, cinetica e di astrazione geometrica = accorpando tutte queste esperienze si smarrirono irrimediabilmente tutti i tratti distintivi d’ogni singola vicenda nazionale L’altro grande momento di diffusione internazionale d’una poetica artistica fu quello della POP ART, sorta indipendentemente in Inghilterra e negli Stati Uniti, per poi irradiarsi in tempi rapidissimi e differenziarsi nelle diverse situazioni culturali → considerata sotto il punto di vista del “realismo capitalista”, la pop art fu un’espressione della cultura dei consumi e della società affluente → comprese un insieme molto variegato di possibilità espressive - ALEX KATZ: arricchì la banale piattezza delle immagini commerciali con i sofisticati tagli compositivi delle stampe giapponesi, generando uno stile inconfondibile e fruttuoso, ampiamente recuperato dalle esperienze neofigurative di fine Novecento - JULIAN OPIE o BRIAN CALVIN: ne apprezzarono l’asciutta risoluzione, che agli occhi di una giovane generazione sembrava percorrere le sintetiche risorse formali dei software grafici - RED GROOMS: • PRIMA: uno dei protagonisti degli happening newyorkesi e delle prime istallazioni site- specific • DOPO: divenne noto a un più vasto pubblico grazie ai vivacissimi bassorilievi colorati, che ritraevano le frenetiche scene di vita quotidiana nella metropoli E’ esistita una SPECIFICA IRRADIAZIONE POP EUROPEA: si incontra: • nella Figuration narrative francese • nella Scuola di Piazza del Popolo a Roma • nel pop britannico scaturito da Hamilton, Peter Blake e Allen Jones, fino ad autori isolati La pop art si spinse fino a lambire territori ancora marginali al modernismo, come Australia o Sudamerica: i singoli autori integrarono un IDIOMA DI BASE CON TEMI E ICONOGRAFIE LOCALI Il linguaggio indifferenziato e neutrale del pop statunitense si poteva dunque rovesciare in una ben più radicale critica sociale, o arricchire di correlazioni storiche → questo fenomeno d’estensione, reso definitivo dalla diffusione su scala mondiale delle pratiche concettuali, ha preso spazio fino a configurare l’attuale sistema globale dell’arte contemporanea IL FATTORE DUCHAMP Mostra a Parigi (1960): Duchamp venne documentato sollo con i quadri del periodo cubista → L’orinatoio presentato al rovescio come se fosse una scultura è ormai una delle opere più famose del Novecento, ma nel 1917, quando venne esposto per la prima e unica volta, non lo vide quasi nessuno LA RISCOPERTA DI DUCHAMP E’ STATA CRUCIALE PER LA COMPRENSIONE DEL LAVORO DI JOHNS E RAUSCHENBERG → ma è comunque facile incontrare dei nessi tra Duchamp e la produzione artistica contemporanea [9, 11, 12] ESEMPIO: mostra londinese Sensation (1997) che lanciò la nuova generazione dei cosiddetti Young British Artists, definendoli “i discendenti britannici di Marcel Duchamp e Bruce Nauman” Questa facilità nello stabilire le più disparate connessioni costituisce la fortuna “globale” di Duchamp e ha alimentato la natura emblematica di certe sue opere, come veri e propri feticci del Novecento Con autori come Duchamp si rischia di incappare in quelle che Quentin Skinner definì le “mitologie delle dottrine”: trovare cioè troppo facilmente nel passato le teorie che noi stessi desideriamo per accreditare un punto di vista soggettivo → se si valuta l’intero arco delle neoavanguardie nel quarantennio 1960-1990 è evidente che ogni generazione ha avuto un suo Duchamp Nel 1955 Duchamp rilasciò un’intervista a James Johnson Sweeney dove, per la prima volta, spiegò bene cos’erano e come andavano intesi i suoi oggetti “trovati” (quelli che ormai tutti chiamano come lui stesso aveva insegnato, “ready made”) → Duchamp confermò: • un’attitudine d’olimpica indifferenza • un’eleganza iconoclasta (= anticonformista) • un ironico distacco da ogni esibita traccia di individualità Dimostrando che i suoi ready made erano oggetti artistici senza essere belli, fece capire che LA BELLEZZA NON AVEVA PIU’ SPAZIO TRA GLI ATTRIBUTI SOSTANZIALI DELL’ARTE IL SUO PIU’ GRANDE INSEGNAMENTO: = AVER INDICATO LA NATURA PROBLEMATICA DELLA RAPPRESENTAZIONE → Duchamp fece capire quanto la NEGAZIONE fosse in grado di aprire NUOVE POSSIBILITÀ VISIVE Il READY MADE riconduceva al mondo reale e integrava in più disparati processi di ridefinizione semantica l’esperienza puramente ottica della pittura → da questo punto di vista, il decorso più spettacolare fu quello offerto dalla cultura della performance promossa da KAPROW e dalle rivisitazioni in gusto neodada di movimenti europei come il Noveau réalisme e Fluxus Si soffermò sulla sua ESTETICA DELL’INDIFFERENZA e chiarì gli aspetti più controversi del suo lavoro, come l’USO DELLE REPLICHE che, nel confermare la dissociazione tra pensiero dell’autore e realtà materiale dell’opera, abrogavano ogni valore sacro degli originali Nell’America del dopo Pollock, Duchamp poteva dimostrare la FECONDITA’ DI UN RAPPORTO TRA L’ARTE E LA VITA: una forma di “GENERAL ART”, contrapposta a quella “specific art” cui erano orientati tutti gli sforzi del modernismo di Greenberg GEORGE MACIUNAS (uno dei fondatori del movimento) fece sue le raccomandazioni di Cage e invitò a riconoscere come artistico l’intero mondo della realtà concreta, invece che inseguire consolatorie forme illusionistiche - indeterminatezza - improvvisazione - pura oggettualità delle forme e dei suoni desunti dai materiali grezzi → definirono le forme di un’ “anti-arte” dal sapore nichilistico, antintellettuale e antiborghese Queste posizioni rischiavano la caduta in una pura, indifferenziata naturalità: solo la coltre ideologica tratteneva dal collasso nell’indistinto reale, o nel dissolvimento dell’azione artistica nell’azione sociale [8] [13] CAPITOLO 3 ARTE E CULTURA POPOLARE GLI ANNI POP LA MIGLIORE DEFINIZIONE DI “POP ART” SI TROVA IN UNA LETTERA DI RICHARD HAMILTON del 1957: POPOLARE (progettata per un pubblico di massa); TRANSITORIA (soluzione a breve termine); ESPANDIBILE (e facile da dimenticare); A BASSO COSTO; PRODOTTA IN MASSA; GIOVANE (e orientata ai giovani); SPIRITOSA; SEXY; INGANNEVOLE; AFFASCINANTE; UN GRANDE AFFARE In queste righe appare tutto ciò che c’è da sapere almeno sulla natura dei prodotti e sulle ragioni del loro successo → è però necessario distinguere 3 PIANI: 1. i PRESUPPOSTI SOCIALI 2. la VICENDA STORICA (che si esaurisce intorno alla metà degli anni Sessanta) 3. la sua EREDITA’ (che giunge fino ai giorni nostri) I PRESUPPOSTI SOCIALI che inquadrano la nascita e lo sviluppo della pop art coincisero con l’apogeo del neocapitalismo → il decennio concluso nel 1964 aveva segnato un’accelerazione generale del rinnovamento tecnologico, unito ad un incremento del volume delle esportazioni mondiali • sviluppo dell’automazione • pieno impiego • alto potenziale di crescita • presenza di consumatori non produttivi Il successo individuale era una forma di adeguamento a un comportamento socializzato e convalidato all’approvazione dei propri simili → se le immagini di ANDY WARHOL sono ancora oggi così intensamente significative, è anche per il loro inconsapevole e trasparente simbolismo di questa nuova sociologia IN TERMINI GENERALI: • L’estetica della pop art ha rappresentato una forma d’adesione incondizionata alla realtà tecnologica e alla società dei consumi • La cultura dell’informale e dell’espressionismo astratto considerava il quadro come un mondo intero da esplorare • Questa nuova generazione di artisti, tra Europa e Stati Uniti, considerò invece l’intero mondo come un quadro al quale strappare frammenti dotati di significato universale Il repertorio visivo tratto dalla civiltà urbana e suburbana, con la sua rassicurante iconografia delle merci di consumo quotidiane, rappresentava un conformismo privo di radici storiche ed esteso a tutto il mondo progredito → la sola immagine del passato era quella, residuale, programmata dall’industria Da qui: - lo sviluppo delle moderne tecniche di marketing - una programmazione delle produzione sulla base di una domanda in tal modo amplificata Portarono a quella che DAVID RIESMAN definì come “PSICOLOGIA DELL’ABBONDANZA” Estraendo, amplificando e riposizionando le convenzioni dell’arte commerciale, questi autori rivelarono la psicologia del loro tempo: un’affermazione del piacere che di vedere che rendeva istantanea la nostalgia [5] Tutti gli artisti pop ebbero la cura di adottare delle strategie per differenziarsi dalle immagini commerciali del momento stesso in cui le emulavano → nuovi pigmenti come la pittura acrilica o tecniche recenti come la serigrafia o l’aerosol coesistevano con l’uso di materiali non pittorici, come il collage o gli oggetti “trovati” Per WARHOL, LICHTENSTEIN, ROBERT INDIANA e OLDENBURG valeva l’insegnamento di JASPER JOHNS, ossia la RICERCA DEL PUNTO DI EQUILIBRIO TRA: • IL SEGNO INDESSICALE DELL’action painting: cioè la dichiarazione evidente e palpabile del lavoro manuale • IL SEGNO ICONICO DI SOMIGLIANZA CON GLI OGGETTI REALI → dietro l’apparenza banale, NELLA PITTURA POP E’ EVIDENTE UN’ESIGENZA DI OGGETTIVITA’ DI CONCRETEZZA E DI NITORE VISIVO: una ricerca di UNIFICAZIONE FORMALE, INTENSITA’ E CHIAREZZA, che la resero molto affine alle tendenze promosse da pittori modernisti astratti come ELLSWORTH KELLY o BARNETT NEWMAN, e tutt’altro che incompatibile con il minimalismo Nel 1962 era chiaro il fenomeno, ma non il modo per definirlo, negli Stati Uniti → “Pop art” è una definizione peggiorativa che testimonia il forte impatto che il movimento ebbe, stimolando reazioni estreme di totale rigetto o d’entusiastica accettazione, dopo un periodo in cui le affermazioni dell’arte astratta della New York School non erano andate molto oltre una ristretta cerchia di ammiratori o di detrattori Quando si presentò la situazione con il nome di pop art si volle sottolineare anche la contiguità con il problema che aveva guidato la precedente generazione della New York School: quello di avere un’arte americana distinta da quella europea Nel loro insieme le SCELTE ICONOGRAFICHE e le STRATEGIE VISIVE DELLA POP ART portarono ad alcune CONSEGUENZE: • PERDITA DEL VALORE “AURATICO” DELL’OPERA D’ARTE E LA SUA DICHIARATA REIFICAZIONE: l’apertura (1961) del “negozio” di Lower Manhattan dove CLAES OLDENBURG mise in vendita a vile prezzo le sue repliche in gesso dipinto di oggetti comuni, sembrò poter confermare l’assunto secondo cui l’avanguardia, abbandonata ogni intenzione di critica sociale, poteva solo assimilarsi all’industria delle merci Eredi di una tradizione d’avanguardia critica, gruppi come il Noveau réalisme, Fluxus o il situazionismo muovevano delle radici storiche del dada, con la speranza di poter sfuggire alla weberiana “gabbia d’acciaio” degli ordinamenti impersonali del capitalismo Immune dalla radicalità delle avanguardie come dal pregiudizio filisteo, questa produzione artistica si installò in una zona intermedia, proponendo forme più raffinate della cultura di massa → la rimozione di quella critica sociale che aveva caratterizzato le avanguardie storiche come il La tradizionale composizione pittorica venne infatti sostituita da una sempre più decisa iconicità dell’immagine: un processo di selezione e ingrandimento di oggetti unici, come si vede in Lichtenstein, Warhol e Oldenburg → la tradizionale struttura narrativa fu sovvertita grazie al: - recupero del fotomontaggio - uso di piani trasparenti e fluttuanti - sovrapposizione di forme, figure e colori [10] Ciò che alimentò ancora di più queste polemiche era il fatto che tali opere vennero presentate in ASSENZA DI PROGRAMMI, DOTTRINE, INTENZIONI → la laconicità di Warhol è divenuta leggendaria: esposti senza delibere, dipinti e sculture confidavano sulla nuda oggettività delle immagini per adescare le richieste e le aspettative di un nuovo pubblico medio e piccolo borghese [13] dada e il surrealismo, e la perdita dell’autonomia estetica difesa dal modernismo condusse all’assimilazione dell’industria delle merci, portando a quel fenomeno che è stato definito come “ripetizione vuota” QUESTI ANNI HANNO FATTO SMARRIRE: • il senso di prosaicità • la noncuranza per la qualità dell’immagine • il compiacimento per il caotico accumulo polimaterico La scommessa si è rivelata fruttuosa = il PROCESSO DI EROSIONE delle: • grammatiche visive • retoriche compositive • interpretazione “poetica” di forme e colori LE IMMAGINI DI CONSUMO IMPLICAVANO IL CONSUMO DELLE IMMAGINI, TUTTE: chi ha dimostrato questo, e qualcosa altro ancora, fu ANDY WARHOL ARTE COMMERCIALE E ARTE DI GALLERIA WARHOL compì un gesto molto semplice, PASSANDO DA ARTISTA COMMERCIALE AD ARTISTA DI GALLERIA SENZA MODIFICARE SOSTANZIALMENTE LO STILE E LE TECNICHE GIA’ ADOTTATE → conosceva e amava le stesse cose del suo pubblico, e imparò a rivolgersi ad esso con una ruvida estetica affermativa, che annullava ogni differenza tra un’immagine e un’opera d’arte Nell’arco di pochi anni, tra 1962 e 1964, WARHOL realizzò un formidabile corpus d’immagini: sono TUTTI RITRATTI = ritratti di • scatole di zuppa (cibo caldo e economico) • di bottiglie di Coca-Cola (bevanda zuccherata e dissetante) • del volto di Marilyn Monroe o di Jacky Kennedy • di incidenti stradali Basterebbe chiamare queste immagini per quello che sono: non ripetizioni, griglie o sequenze, ma MOLTIPLICAZIONI, come i pani e i pesci 1965: WARHOL condivise la realizzazione dei suoi quadri con una chiassosa e pittoresca troupe che aveva riunito nel suo atelier, ribattezzato The Factory → i PROVENTI vennero REINVESTITI IN: • produzioni cinematografiche sperimentali • formats televisivi di dubbio gusto • nel finanziamento di una rock band divenuta leggendaria (Velvet Underground) • nell’uso sistematico del nome dell’artista alla stregua di un marchio commerciale Al lavoro di WARHOL si devono alcuni fatti che hanno RIPOSIZIONATO IL PRODOTTO ARTISTICO COME MERCE • l’ESTENSIONE e il PLURALISMO delle pratiche artistiche non escludevano nulla, nemmeno la pittura, cui Warhol tornò negli anni Settanta • la PARIFICAZIONE TRA VALORE ARTISTICO E VALORE DI SCAMBIO era rivendicata dal cinismo → questi aspetti però riguardano solo la parte più superficiale del problema Gli artisti pop scommisero sulle possibilità di tenuta e di successo delle immagini nella loro qualità infima (serigrafia sbavata, contorno delineato, oggetto deperibile), quando ancora questi stessi elementi erano considerati, da tutti gli osservatori, i SINTOMI DELLA SVALUTAZIONE DEL LINGUAGGIO PITTORICO “ALTO” si è dimostrato inarrestabile e irreversibile [9] La grandezza dell’America si rispecchiava nelle sue miserie e nell’impulso di morte → l’entusiasmo e l’ottimismo erano solo la reazione a un trauma A noi interessa invece il POSTO DI WARHOL NELLA STORIA DELL’ARTE: ha ripreso il quesito posto dal ready made di Duchamp e lo ha spinto alle conseguenze ultime Dalle prime serigrafie del 1962 alle scatole di Brillo, 3 anni dopo, si compì il DIVORZIO tra IDEAZIONE e REALIZZAZIONE = per risultare originale un’opera NON DOVEVA PIU’ ESSERE NECESSARIAMENTE CREATA DA UN’ARTISTA IN GRADO DI POTERNE RIVENDICARE LA PATERNITA’ → tale disgiunzione tra idea e realizzazione, d’altra parte, era stata avviata in quegli stessi anni dall’arte programmata europea e dall’arte minimalista statunitense: le conseguenze si possono seguire fino alle pratiche dell’arte concettuale ARTE E REALTA’ WARHOL presentò le sue Brillo Boxes nell’aprile del 1964 alla Stable Gallery di New York (fitto allestimento di scatole impilate l’una sull’altra) L’aspetto più interessante delle Brillo Box era la loro somiglianza pressoché totale con le vere scatole Brillo: nulla distingueva una Brillo Box di WARHOL da una scatola Brillo del supermercato In tutti i casi, non erano certo le differenze visive percettibili a distinguere l’opera d’arte dall’oggetto: l’esempio di WARHOL insegnava che non si poteva dire che qualcosa era un’opera d’arte, distinguendola dalla classe degli oggetti comuni, semplicemente osservandola → NON ERA PIU’ POSSIBILE DISTINGUERE LE OPERE D’ARTE DALLE COSE REALI E’ la teoria che collocava l’oggetto all’interno del “mondo dell’arte”, e che lo difendeva dal rischio di ritornare all’oggetto reale che è → per riconoscerlo come tale era necessario avere una buona conoscenza degli accadimenti e delle posizioni teoriche espresse dal mondo dell’arte negli ultimi decenni La DISTINZIONE tra ARTE e NON ARTE non era più di ordine visivo, ma DI ORDINE CONCETTUALE: una somma di pratiche discorsive, una filosofia → secondo DANTO lo sviluppo dell’arte contemporanea avviato con le Brillo Boxes (e proseguito con il minimalismo, l’arte concettuale e il pluralismo degli anni 70-80) ebbe una CONSEGUENZA CRUCIALE Se non della bellezza, di che cosa aveva bisogno l’arte? WARHOL dimostrò intanto di cosa l’arte NON avesse più bisogno = NON ERA PIU’ STRETTAMENTE NECESSARIO L’INTERVENTO MANUALE DELL’ARTISTA E se un problema di questo tipo (originalità, autorialità e diritto d’autore) viene sollevato la questione è risolta dal giudizio dei tribunali, non più dal giudizio estetico LA POP ART STAVA RIAVVICINANDO L’AVANGUARDIA ALLA SOCIETÀ, RIPROPONENDO COME ARTE OGGETTI CHE TUTTI CONOSCEVANO: era in atto una “trasfigurazione del banale”, ottenuta dall’estetizzazione dei mondi reali e degli stili di vita quotidiani da VICINO le scatole di legno serigrafate potevano presentare grumi di colore o sbavature, erano leggermente più grandi delle originali e il lato su cui erano poggiate non era dipinto Ma allora, IN BASE A COSA SI DISTINGUEVANO LE OPERE D’ARTE? Quello che alla fine faceva differenza tra una scatola Brillo e un’opera d’arte che consiste in una scatola Brillo era, secondo il filosofo ARTHUR DANTO, la PRESENZA DI UNA TEORIA DELL’ARTE Coscienti che non vi erano più modelli o esempi visivi (stile, iconografia) sulla base dei quali discernere un’opera d’arte, GLI ARTISTI AVEVANO DI FATTO CONSEGNATO IL PROBLEMA DELLA NATURA DELL’ARTE ALLA FILOSOFIA → in questo modo guadagnarono un’insperata libertà, all’infuori delle concatenazioni degli stili, dei rapporti iconografici, della circolazione dei modelli Serigrafia su compensato Brillo Box 1964 Lo “stile” del pop si esaurì nell’estetica camp di cui fu, negli anni Sessanta, pressoché un sinonimo → alimentando: • un’arte senza artisti • un genere sessuale senza genitali • una forma di storicismo istrionico Alcuni CARATTERI FORMALI IMPLICITI DELLA FIGURAZIONE POP, come: • l’unificazione visiva • l’insistenza sul grande formato • la semplicità • l’organizzazione freddamente ripetitiva dell’immagine CAPITOLO 4 FORMALISMO E REALTA’ INTEGRALE PRESENZA E TEATRALITA’ Un TRATTO CARATTERISTICO DELL’ESPERIENZA ARTISTICA DEGLI ANNI SESSANTA fu la TENSIONE FRA LA DIFESA DELL’AUTONOMIA FORMALE DELL’ARTE (da parte dei teorici del modernismo) e la SUA DISPERSIONE NELLA PIU’ VASTA AREA DELLA REALTA’ SOCIALE • POP • MINIMALISMO GREENBERG restò fedele al suo disegno critico e nei primi anni Sessanta coniò l’etichetta di “POST-PAINTERLY ABSTRACTION” per definire il lavoro di un gruppo di pittori come MORRIS LOUIS, KENNETH NOLAND, JULES OLITSKI → L’aggettivo “POST-PITTORICO” significava che questi autori ricusavano lo stile apertamente pittorico di Pollock e di De Kooning Nel pensiero di GREENBERG la qualità dell’opera d’arte era provata dal test empirico dell’osservazione, che si presupponeva disinteressata (non turbata da elementi non strettamente formali) → il modernismo dunque tendeva a rimuovere ogni giudizio: • derivato dall’inserimento dell’opera nel contesto sociale • dalle intenzioni dell’autore • dal ruolo dello spettatore (che non fosse quello di mero recettore di un’esperienza puramente visiva) Insomma una seconda infanzia furono condivisi dall’altro grande movimento degli anni Sessanta, il MINIMALISMO, che si incaricò di esaurire il problema dello stile nella forma oggettiva Queste 2 tendenze sfociarono nei movimenti del: Queste condividevano un APPROCCIO DIRETTO E PRAGMATICO, che si contrapponeva alla retorica del gusto e del bello, così come alla “qualità” della pittura del tardo modernismo - il dissidio tra il disegno e il colore fu tradotto in un opposizione tra valori tattili e ottici , con chiara prevalenza dei secondi - questo spazio ottico veniva realizzato grazie al contrasto dei colori adiacenti - le forme tracciate erano in diretto rapporto con la sagoma della tela, secondo un criterio di composizione deduttiva - il pigmento era interamente incorporato nella materia del supporto - grazie all’uso della pittura acrilica (= ampia diluizione del colore) si poteva giungere a un’identità tra figura e sfondo, annullando ogni residuo di spazio illusionistico Questo metodo incoraggiava quindi le proprietà formali a discapito di quelle illustrative e di contenuto [6] L’arte che non riconosceva questa priorità era semplicemente incapace di raggiungere il più alto standard qualitativo → un discepolo di Greenberg, MICHAEL FRIED, si spinse ad affermare che la critica che avesse indugiato sul contenuto oggettuale, anziché concentrarsi solo sugli aspetti formali sarebbe stata incapace di discriminare il valore tra le opere di un’artista Questa sfida presupponeva un vero e proprio ASSORBIMENTO VISIVO DELLO SPETTATORE NELL’OPERA e, di conseguenza, la RIMOZIONI DI OGNI ESPERIENZA DI TEMPORALITA’ → secondo FRIED esisteva un momento in cui l’immagine si offriva allo spettatore nella sua istantaneità e, in tal modo, nella sua piena e più intensa presenza La valutazione di pittori come LOUIS o di scultori come ANTHONY CARO era consentita, per FRIED, proprio dalla sospensione di ogni teatralità, in modo da favorire l’apprezzamento delle risonanze formali e dell’intima coerenza visiva dell’opera + Criticò l’arte minimalista proprio per la sua teatralità delle relazioni che essa istituiva con lo spettatore, “presentness is grace”. Grazia La maggior parte degli artista stava però percorrendo strade diverse: proprio la TEMPORALITA’, insieme all’ESPLORAZIONE DELLE QUALITA’ TATTILI ED EXTRAPITTORICHE divenne il CAMPO PRIVILEGIATO DI RICERCA nella seconda metà degli anni Sessanta → SE C’È UNA COSA CHE L’ARTE CONTEMPORANEA INSEGNA: • (oltre) all’impraticabilità delle distinzioni formali • (e oltre) alla cautela nei raffronti stilistici • è il RISPETTO DELLE SINGOLE PARTICOLARITÀ D’ESECUZIONE: per apprezzare queste qualità è necessaria più umiltà di quella che ci consente di affastellare (= accumulare) similitudini diverse Un pittore come RYMAN decise nel 1959 di limitare il suo lavoro ad alcuni elementi essenziali: • superficie piana • colore BIANCO: questo uso esclusivo evitava associazioni emotive e si avvicinava il più possibile alle condizioni della tela non dipinta → si poteva così mettere in risalto la qualità di tessitura del supporto ed evitare ogni possibile relazione con gli altri colori • le condizioni del loro incontro Ebbe così modo di esplorare tutte le possibili combinazioni nell’uso: • del MEDIUM: tela di canapa, cotone, lino • del PIGMENTO: olio, tempera, acrilico • della STESURA: uniforme, a tratti, sovrapposta, incrociata… NELLE OPERE MODERNISTE DUNQUE IL VALORE ERA DETERMINATO DAI TIPI STORICAMENTE SPECIFICI DI RELAZIONE TRA PITTORE E OSSERVATORE: VALE A DIRE, DALLA SFIDA INDOTTA DALL’AUTORE ALLO SPETTATORE Questa modalità di osservazione escludeva ogni altra possibilità di relazione tra l’opera e lo spettatore, ovvero tutto ciò che fuoriusciva dalla cornice del quadro o dal limite della scultura, in quelle forme di aperta partecipazione che Fried definì, negativamente, “TEATRALITA’” [6, 41] Mise così in luce il processo della pittura nelle sue componenti empiriche, DIMOSTRANDO COME IL MONOCROMO ERA UNA CONDIZIONE SURGIVA, E NON RIDUTTIVA, DELLA PITTURA FRANK STELLA esplorò sin dal 1958 questa stessa possibilità sul piano della FORMA, anziché del colore → il SIGNIFICATO DELLA SUA OPERA non era legato all’illusione pittorica, ma ERA IL PRODOTTO SEMPLICE E DIRETTO DELLE CONVENZIONI VISIVE TRATTE DA CONDIZIONI REALI 1960: CARL ANDRE: “L’arte è l’esclusione del superfluo. Frank Stella ha ritenuto necessario dipingere strisce. Non è interessato alla sensibilità sua o del suo pubblico. È interessato alla necessità della pittura. Le sue strisce sono il percorso del pennello sulla tela. Questi percorsi conducono esclusivamente alla pittura” Le Stripe paintings di STELLA: • da un lato di rifacevano a POLLOCK: per l’estensione su tutta la tela, la composizione all over, l’immediatezza, l’uso degli smalti industriali neri o alluminio • dall’altro richiamava il lavoro di JOHNS Operando come scultore, ANDRE rifiutò a pari grado: • l’antropomorfismo • la concezione pittorica (= visione frontale) della scultura • le tipiche composizioni di Picasso e David Smith → prese spunto da Brancusi per eliminare il piedistallo e sperimentare ogni tipo di simmetria + accettazione della forza gravitazionale POSTI DIRETTAMENTE A TERRA, i materiali presero ad organizzarsi orizzontalmente, perdendo ogni residuo di verticalità antropomorfica e attivando lo spazio reale = ANDRE stava TRADUCENDO ALCUNI PRINCIPI PITTORICI DI POLLOCK IN VALORI SCULTOREI FORME MINIME E OGGETTI SPECIFICI Commentando il lavoro di STELLA nel 1965, DONALD JUDD riconobbe che l’unità e la compattezza raggiunte omologando la forma pittorica interna alla forma del supporto avevano infranto solo parzialmente l’illusionismo pittorico Per STELLA la FORMA non era data da un oggetto esterno alla pittura, ma DALLA GEOMETRIA DELLA SUA STESSA SUPERFICIE: - la POSIZIONE d’ogni striscia colorata era determinata dalla sagoma della tela - ogni PENNELLATA veniva distinta da una sottile porzione di tela non dipinta - ogni RESIDUO DI COMPOSIZIONE SPAZIALE E DI BILANCIAMENTO erano annullati grazie alla simmetria e la regolare ripetizione → evitato l’illusionismo e la finzione della profondità pittorica, l’autore poteva concludere che “CIO’ CHE VEDI E’ CIO’ CHE VEDI” The Marriage of Reason and Squallor Smalto su tela 1959 Siamo già nel cuore di quello che verrà definito minimalismo Si giungeva così ad una inaudita apertura: - il QUADRO come OGGETTO - la VISIONE come AZIONE PRAGMATICA, PRIVA DI SCHERMATURE STILISTICHE E DI ALLUSIONI METAFORICHE Cedar Piece Legno 1959 Recupererò invece la lezione dei maestri del costruttivismo sovietico IMPIEGANDO I MATERIALI STANDARD DELL’EDILIZIA PER INDAGARE LE POSSIBILITA’ DATE DALLE FORME MODULARI E RIPETUTE LA PITTURA RIMANEVA UNA SUPERFICIE PIANA CONTRO UNA PARETE PIANA: RESTAVA COSÌ IN VITA UNA RELAZIONE DI PROFONDITÀ TRA DUE PIANI → tutti i dipinti in un modo o nell’altro mantenevano l’illusione spaziale RAZIONALISMO EUROPEO EMPIRISMO AMERICANO I patterns visivi di autori come VASARELY o MORELLET confidavano nella natura invariabile, “democratica”, poiché assoluta, della risposta fisiologica dell’occhio e del sistema nervoso davanti agli enigmi visivi Opere che ebbero una scala più ampia, un più intenso impatto visivo, una fisicità immediata: erano il risultato di un dato o di un “fatto” visivo diretto e immediato → vi era un robusto senso di realtà La fede o la speranza idealista in un linguaggio universale Insistenza pragmatica su esperienze visive individuali Nell’arte astratta e optical la struttura geometrica derivata dal costruttivismo e dalla maestosa tradizione del Bauhaus confermava la natura dell’arte come una missione sociale e collettiva Queste stesse forme geometriche vennero utilizzate dai giovani non per dichiarare significati alla forma, ma per ribadire il lavoro empirico dell’artista e la prassi di osservazione dell’opera I minimalisti americani NON avevano nulla a che vedere con l’idealizzazione delle forme geometriche che riconosciamo in Mondrian o con le implicite possibilità metaforiche di certe figurazioni formali → L’unione di una linea orizzontale con una verticale era per loro la presentazione di due linee diversamente orientate: non diceva qualcosa di particolare sulla natura dell’universo o di noi stessi = LA GEOMETRIA VALEVA PER IL SUO IMPATTO VISIVO, PER LA CAPACITA’ CHE POSSIEDE DI CONDENSARE IL GESTO CREATIVO ENTRO CHIARI LIMITI FISICI DEL LAVORO CONCLUSIONE = alla fine degli anni Sessanta si erano consolidate 3 DIVERSE POSSIBILITA’: 1. Il lessico della nuova figurazione pittorica promulgata dalla pop art 2. Il lessico dell’astrazione in termini di forma, composizione, valori pittorici di luce e di colore, rinnovato dal minimalismo 3. L’analisi e la critica delle strutture di rappresentazione prodotte dall’arte concettuale Il MIGLIOR DOCUMENTO DI QUESTO PROCESSO resta l’Expanded Art Diagram di GEORGE MACIUNAS (1966): un complesso schema che assomma tutti i progenitori storici delle avanguardie fino alle più recenti pratiche di radicale sperimentazione, in uno spettacolare e caotico intreccio tra musica, teatro, pittura, poesia e cinema “espanso” La SCULTURA sembrò sopravanzare la ricerca pittorica, data la sua natura più flessibile e la capacità di incorporare immediatamente nuovi materiali e di accettare più efficacemente la sfida con lo spazio → da qui in poi la “scultura” potrà significare un lavoro tridimensionale, ma anche come nei lavori di BRUCE NAUMAN, la fotografia, il video, la performance, l’installazione Nel loro insieme, queste 3 risorse generarono un’ESTENSIONE DEL MODERNISMO, attraverso l’analisi dei suoi fattori costruttivi → divennero una formidabile forza d’espansione, che rese possibile il pluralismo del decennio seguente [43] Tutte le forme attraverso cui si presero a negoziare le condizione per un’attivazione e un’invasione dello spazio reale ed empirico che un tempo separava l’opera dal suo spettatore → LA DISTANZA TRA OSSERVATORE E DIPINTO O SCULTURA ERA UNO SPAZIO ENTRO CUI SI RIMETTEVA IN GIOCO LA NOZIONE STESSA DI ARTE E’ dentro questo spazio che si trovarono ad agire, nel corso degli anni successivi: • NUOVI ORIENTAMENTI: recrudescente critica politica, rivendicazioni di genere e identità • NUOVE TECNICHE OPERATIVE: videotape, teatro di strada, comunicazione sociale • UN NUOVO PUBBLICO: più giovane, più ideologizzato, meno abbiente • NUOVI CRITICI: più compagni di strada degli artisti che “intellettuali organici” o chierici La situazione dopo il 1960 si tratta di un processo in cui vennero riformulate alcune idee su come l’arte funziona davvero → da questo punto di vista, i pregi del discorso di Greenberg furono anche i suoi difetti La sconfitta della resistenza del mezzo pittorico giunse all’industrializzazione tra il quadro dipinto e la parete dipinta → quello che era apparso come una vittoria dell’arte astratta diventava una sconfitta, dinnanzi all’afasia (= difficoltà) prospettata dal monocromo assoluto e alla marea crescente delle pratiche espressive alternative GREENBERG non volle capire la pop art né il minimalismo, che ai suoi occhi rappresentavano la negazione di tutti i suoi presupposti critici MATERIALI ORGANICI ED ENERGIE DELLA NATURA Verso la fine degli anni Sessanta, oltre che i MATERIALI INDUSTRIALI, si iniziarono ad usare MATERIALI ORGANICI (feltro, tessuto, terra, carbone) → la diretta CONSEGUENZA, sul piano della FORMA, fu l’ACCANTONAMENTO DELLA LOGICA DELLE SEQUENZE ELEMENTARI A FAVORE DI UN’ORGANIZZAZIONE PIÙ LIBERA E INFORMALE Accettando come FORZA CREATIVA i PRINCIPALI PROCESSI CHIMICO-FISICI DELLA TRASFORMAZIONE NATURALE (ossidazione, carbonizzazione, idratazione) avviò quella sperimentazione che condurrà allo Spiral Jetty, capolavoro della Land Art Tra il 1967 e 1968 alcuni eventi motivarono un più deciso orientamento verso quella che si definì ANTIFORM, che sembrava rovesciare il lessico minimalista, quando invece non era che una delle sue possibili conseguenze → insieme a SMITHSON, WALTER DE MARIA e altri autori, MORRIS presentò alla mostra Earthworks le concrete possibilità di un’arte ambientale - Tutta la critica di SCUOLA STATUNITENSE dovette a quel punto misurare l’incolmabile distanza tra sé e il modernismo - In EUROPA la dialettica tra ordine ed eversione, tra purezza estatica e sua infrazione vitalistica era invece semplicemente inscritta nella pluridecennale, contraddittoria storia della sue stesse avanguardie La razionalità lasciava sempre più spazio al CAOS e all’ENTROPIA, come teorizzò ROBERT SMITHSON → fu uno dei primi a studiare le possibilità d’estensione del lavoro scultoreo all’ambiente naturale e di erosione delle forme chiuse e assolute del minimalismo: come lui sintetizzò: “un percorso dall’acciaio alla ruggine” ROBERT MORRIS, che in questi anni era uno dei più accaniti sperimentatori, mise da parte le sculture minimaliste del biennio precedente ed esplorò la FORMA COME PRODOTTO D’ACCUMULO CASUALE ED ETEROGENEO DI UN GRANDE ASSORTIMENTO DI MATERIALI: alluminio, asfalto, rame, feltro, vetro, piombo, gomma, acciaio, zinco [20] Nei nuovi spazi della Castelli Warehouse MORRIS organizzò infine (1968) una mostra collettiva che tra gli altri comprese, oltre agli italiani GIOVANNI ANSELMO e GILBERTO ZORIO, lo scultore RICHARD SERRA Nel loro insieme, tutte le possibilità espressive rapidamente scaturite da queste esperienze trovarono una prima ampia documentazione nella mostra curata dal critico svizzero HARALD SZEEMANN (1969) → la mostra, Live in Your Head: When Attitudes Become Form + sottotitolo Works, Concepts, Process, Situations, Informations Quello che stava avanzando, osservò TOMMASO TRINI nel testo di presentazione per la mostra di Berna, era un “NUOVO ALFABETO PER CORPO E MATERIA” Quella che si registrò intorno al 1968 fu una formidabile e densissima CONGIURA, che COMPATTÒ rapidamente le RICERCHE TRA STATI UNITI ED EUROPA → l’ordine industriale delle geometrie minimal era ormai rovesciato nel caos di un rapporto conflittuale tra natura e cultura → l’impersonalità apolitica fu stravolta da forme di politicizzazione sempre più radicate e radicalmente ingenue L’ARTE POVERA durò solo una manciata di anni, portando i suoi artisti a notorietà internazionale → dal PUNTO DI VISTA ODIERNO gli aspetti che restarono specifici della situazione italiana appaiono più interessanti di quelli che invece furono i tratti condivisi con le altre esperienze internazionali In ITALIA si era parlato di FORME “PRIMARIE” per il RECUPERO DI ELEMENTI FISICI PRIMORDIALI → l’occasione in cui si riconobbe questa tendenza s’intitolava Fuoco Immagine Acqua Terra: Acqua, fuoco, terra, aria erano i principi della materia vivente, in sostanza componevano un’allegoria della vita. E certo qui è chiara la CONVERGENZA ARTE-VITA. C’è un rapporto d’attrazione dialettica. IL DIALOGO PRINCIPALE E’ TRA IMMAGINE E REALTA’, SPAZIO E AMBIENTE, MATERIA E FORMA Agli occhi di un’intera generazione di critici un NESSO appariva evidente: • POLLOCK quando sdraia la tela e vi fa sgocciolare sopra il colore • BURRI quando impiega il fuoco per segnare • FAUTRIER e DUBUFFET quando imitano con i loro impasti la carne o la terra Il suo lavoro consistette nello scagliare piombo fuso sul pavimento, a ridosso di una parete, per ricavare così, nell’incontro con la superficie d’angolo, dei rudimentali calchi → SERRA accoglieva il gesto performativo di Pollock da un punto di vista “operaio”, industriale, rudemente laborioso[50] JACK BURNHAM parlò di “unobjects” riconoscendo la mancanza, per questi , di uno specifico vocabolario critico Per loro tattica, artisti e opere non si fecero più trovare là dove il pubblico, il mercato, i galleristi credevano, come sempre, di poterli trovare → lo notò prima e meglio di tutti GERMANO CELANT, quando alla fine del 1967 chiamò alla raccolta, sotto l’etichetta “ARTE POVERA”, un gruppo di artisti in nome dell’“insurrezione” dei materiali naturali: animali, vegetali e minerali [19, 30] Le pozzanghere d’acqua e gli intrecci di cordame di PINO PASCALI, oppure il fuoco e i cumuli di carbone di JANNIS KOUNELLIS segnavano il RIFIUTO DELLE FORME RAZIONALI DEL MONDO INDUSTRIALE, e sembravano poter riscattare la potenza generativa del mito, in un rapporto più diretto e basilare con l’azione e con la vita ECCO IL TIPICO APPROCCIO INDIRETTO DELL’INFORMALE ALLE STRUTTURE DEL PRIMARIO • CRITICA ISTITUZIONALE: analisi del campo sociale ed economico in cui l’opera si pone • BODY ART: analisi della percezione e dell’identità corporea • “APPROPRIAZIONE”: analisi dei sistemi simbolici di mediazione visiva • VISUAL PRACTISES: analisi della logica dello sguardo e delle condizioni dello spettatore nella finzione Ciò che veniva meno: • manufatto tradizionale di pittura e scultura • possibilità stessa di uno stile, ovvero un protocollo di procedure comuni atte a omologare visivamente una serie di opere → rispetto a espressionismo astratto, pop art e minimalismo, avevano cambiato le componenti artistiche, ma non le avevano negate → portando il più intenso e motivato attacco allo status dell’opera d’arte, L’ARTE CONCETTUALE AMBI’ A MODIFICARNE LE FORME STESSE DI PRODUZIONE E PRESENTAZIONE SE L’ARTE POTEVA ESSERE DICHIARATA, PERCHE’ MAI PORTARLA A CONCRETEZZA? In mancanza di denaro per incorniciare o fotografare tutti i lavori ricevuti in occasione di una mostra di disegni, MEL BOCHNER decise (1966) di realizzare copie xerox dei progetti inserendole in raccoglitori posti su basi di legno → - l’originale era sostituito dalla riproduzione - la consultazione prendeva il posto della contemplazione - si accettò la possibilità di far resistere l’opera attraverso la sua stessa documentazione Per qualche tempo si riconosce il mito della “DEMATERIALIZZAZIONE DELL’ARTE” → LUCY LIPPARD la definì come una tendenza a enfatizzare in maniera pressoché assoluta il processo di pensiero, riducendo l’oggetto a mero prodotto finale = lo spazio fisico dell’atelier (fin lì privilegiato alla prestazione artistica) era sostituito dallo spazio mentale dell’analisi L’arte concettuale ereditò e ridefinì, portando al loro naturale esaurimento, i due grandi momenti stilistici degli anni Sessanta: la pop art e il minimalismo: • POP ART: aveva insegnato a difendere le referenzialità dell’immagine (= valenza di contenuto) contro il divieto “storico” pronunciato dall’astrazione • MINIMALISMO: aveva insegnato a svolgere una lettura più lenta e concentrata, intesa a estrapolare dalla forma le costitutive strutture primarie [39, 43, 33, 44] Dietro ciascuno di questi risultati si riconosce l’eredità dei lavori di DUCHAMP, dalla semplice designazione del ready made alla complessa interazione tra spettatore e immagine in Etant donnés [2] - L’azione creativa si svincolò dalla confezione dell’opera come merce-oggetto - Perseguì l’estinzione di ogni stile e annullò la sua stessa apparenza visiva → raggiunse così quella “INDIFFERENZA ESTETICA” proclamata anni prima da Duchamp - RIFIUTANDO UN MEDIUM SPECIFICO, L’ARTE CONCETTUALE FECE PROPRIE TUTTE LE TECNICHE DISPONIBILI: ready made, azione, documentazione, parola scritta o recitata - Si prestò dunque attenzione alle modalità comunicative e documentative date dai vecchi e nuovi media: video, telefono, telex, comunicazione postale - Si comprese e si sfruttarono al meglio le possibilità di sonorizzazione dello spazio - Venne accettata l’elusione o la letterale sparizione dell’opera d’arte - L’arte concettuale giunse così a riconoscere in tutta la sua importanza la temporalità della struttura visiva, favorendo un’analisi delle sue regole - Introducendo il tema della SPAZIALITA’ DEL LINGUAGGIO si incoraggiò un’esplorazione delle modalità di restituzione verbale - I codici poetici già sovvertiti dalla avanguardie di inizio secolo divennero oggetto di sperimentazioni ancor più radicali Queste analisi presero 2 OPPOSTE DIREZIONI = 2 GRANDI “VIE DI FUGA” DALL’ESTETICA TRADIZIONALE emerse negli anni Sessanta: 1. la RICOGNIZIONE TESTUALE 2. l’USO DELL’IMMAGINE FOTOGRAFICA RICOGNIZIONI TESTUALI (1) Il passaggio dalla visibilità dell’opera d’arte “retinica” all’estetica dell’oggetto reale era stato reso possibile grazie alla logica designativa del ready made di DUCHAMP → quella logica infrangeva il monopolio di pittura e scultura ma restava vincolata ad un oggetto “già pronto”, investito di un’attribuzione nominalistica Le pratiche testuali (= la sempre più forte necessità di sostituire all’immagine una scrittura succedanea) agevolarono un processo di rigorosa definizione → - se con JUDD l’opera d’arte era giunta alla propria autoreferenzialità di “oggetto specifico” - la definizione testuale tipica di questa linea dell’arte concettuale giunse in breve alla pura tautologia: un “oggetto specifico” senza l’oggetto KOSUTH (1969): “quel particolare lavoro dell’arte è arte, e questo significa che è una definizione dell’arte” L’ARTE È INSOMMA UN COMMENTO SULL’ARTE E L’ESTETICA ERA CONCETTUALMENTE IRRILEVANTE PER ESSA → esempio illustre: One and Three Chairs (1965) di KOSUTH che prevedeva una sedia appoggiata al muro, accanto alla sua stessa riproduzione fotografica e a una tavola con la sua definizione tratta dal dizionario Il gruppo Art-Language chiarì la distinzione tra: • art object: da valutare secondo categorie percettive e morfologiche e qualità visive • artwork: oggetti dinnanzi ai quali non ci si poteva più chiedere se fossero belli oppure no, ma come, e in quale misura, essi partecipassero alla classe delle opere d’arte → il linguaggio stesso era una condizione del “vedere” sottratta alla percezione estetica e una possibilità di creare l’arte attraverso una dichiarazione Agli osservatori più avvertiti, tuttavia, il particolare esito testuale che si osserva nelle opere di Kosuth, Weiner o Baldessari, poteva apparire troppo dissimile dal contestato formalismo di GREENBERG → l’arte diventa infatti una forma di ricerca metodica sulla natura dell’arte stessa chiudendosi nella propria insularità di disciplina → inoltre si mantenevano in vita gli stigmi della riconoscibilità individuale e un proprio distintivo trademark Nei primi lavori di KOSUTH l’arte concettuale appariva dichiaratamente come un caso specifico, non pittorico ma testuale, di tautologia modernista → in quanto “proposizione analitica” l’opera, in questo caso, respingeva l’aperto gioco della Nella sua teorizzazione dell’arte concettuale KOSUTH si concentrò su questo particolare dispositivo di designazione, applicandolo non agli oggetti reali, ma alle forme prodotte da riduzionismo modernista Questo fenomeno si osserva bene nella formulazione data da KOSUTH con la sua serie di quadri Art as Idea (1967) con il titolo Titled, per sottolineare la loro funzione referenziale → questi quadri riportarono la riproduzione fotografica, stampata all’inverso con testo bianco su fondo nero, della pagina di un vocabolario con una lemma riferibile a connotazioni dell’opera stessa = potremmo definire questi quadri EPONIMI DELL’ARTE CONCETTUALE, come dei monocromi modernisti cui è stata applicata una descrizione verbale referenzialità In anni in cui lo spessore artistico si misurava anche con l’engagement politico, alcuni non ebbero difficoltà a contestare lavori come One and Three Chairs di KOSUTH, o Brillo Box di WARHOL, ravvisandovi i tratti di un’art pour l’art di diverso conio: una mera “estetica dell’amministrazione” che rispecchiando la logica operativa del tardo capitalismo, rinunciava a intervenire nelle decisioni politiche I LIMITI DELL’APPROCCIO TESTUALE sono senz’altro quelli di una LETTURA DI DUCHAMP LIMITATA AL PROCESSO DI DESIGNAZIONE → ma da più parti nel corso degli anni Sessanta si riconobbe la diversa portata di lavori come la Boite verte e i contributi di DUCHAMP all’installazione espositiva o al libro d’arte - Avere insegnato che il tradizionale ruolo dell’artista era soltanto una delle 4 componenti costituì non l’ultimo dei meriti di DUCHAMP - Aver capito inoltre che insieme al processo di DESIGNAZIONE vi era anche quello di CONTESTUALIZZAZIONE fu una delle GRANDI SCOPERTE degli anni Sessanta A partire dal ready made, l’opera d’arte diveniva oggetto d’una definizione legale e d’una validazione istituzionale → la comprensione di un’opera d’arte era dunque una questione di convenzioni linguistiche, e al tempo stesso, un più ampio discorso sulle istituzioni che la ratificavano come tale PARADIGMI FOTOGRAFICI (2) Un altro percorso intrapreso dall’arte concettuale si fondò sulle potenzialità della fotografia → la fotografia era più importante come DENOTAZIONE DI SIGNIFICATO che come forma d’espressione artistica: i suoi usi furono molteplici: • ED RUSCHA la sfruttò per i suoi libri illustrati → fotografie = una raccolta di fatti • DOUGLAS HUEBLER: i Variable Pieces (1970-1997) • BERND e HILLA BECHER: le Typologies • RICHARD LONG: A Line Made by Walking → la fotografia rese possibile la documentazione di azioni effimere (1967) • HAMIS FULTON: itinerari percorsi a piedi • CHRISTO: spettacolari installazioni → L’evento temporaneo era così sostanziato in un artefatto inseribile nel circuito di mercato La documentazione fotografica, insieme alla ripresa video divenne parte sostanziale dell’opera e della sue modalità di lettura e comprensione Restava però aperto il PROBLEMA della PRESENTAZIONE VISIVA DEL LAVORO, che non poteva interferire troppo sul piano estetico con la necessità di comunicazione e documentazione Questo fenomeno costituì il secondo, cruciale snodo della sua ricezione → ci sono 4 CONDIZIONI CONCOMITANTI NEL READY MADE: - un REFERENTE: “questo” - un ENUNCIATORE: “l’artista” - un DESTINATARIO: il pubblico - un’ISTITUZIONE: un “contesto” entro cui questo incontro accade Quando tutto questo venne compreso si sviluppò una linea di elaborazione testuale che non solo accettò la referenzialità, ma la impugnò come strumento di critica sociale strumento per tutelare l’oggettività e l’impersonalità delle informazioni, la fotografia consentì memorabili lavori come[27] [28] [40] Questo era avvertito ancora di più nei casi in cui fotografia e video registravano azioni appositamente eseguite dinanzi la fotocamera: era molto difficile distinguere un originale dalla sua riproduzione, e non era mai certo se l’opera d’arte consistesse nell’azione o nella sua ripresa QUESTO FENOMENO VENNE FAVORITO ANCHE DALLA SITUAZIONE POLITICA ED ECONOMICA INTERNAZIONALE • tra 1970 e 1972: apogeo del mercato d’arte • a seguito della crisi petrolifera del 1973: crollo del mercato d’arte → il mercato americano dovette reagire alla dispersione delle forze artistiche che tendeva a sfuggire al suo controllo In ITALIA si pervenne a soluzioni di rifiuto dell’arte come “sistema” • PISTOLETTO dal 1968 sostanziò il proprio ideale comunitario dando vita a un gruppo di teatro di strada, lo Zoo • Per tutti gli anni Sessanta PIERO GILARDI convertì il proprio lavoro in una pratica di volontariato e di animazione sociale • CARLA LONZI abbracciò la causa della militanza femminista e smise di occuparsi d’arte • L’artista FRANCESCO MATARRESE teorizzò il rifiuto dell’attività artistica come caso particolare di “lavoro generale” → il prodotto artistico, assimilato a quello dell’industria fordista, era oggetto di una negazione analoga alla strategia del “rifiuto operaio” L’artista poteva cedere un vantaggioso spazio espositivo a favore di un altro autore escluso → l’opera (un’intera esposizione) poteva essere disseminata nello spazio urbano → non sempre però queste azioni mantennero una rassicurante giocosità: un progetto di VITO ACCONCI prevedeva l’inseguimento di una persona, scelta a caso lungo la strada, fino al momento in cui questa entrava in uno spazio privato Pochi casi restarono esemplari, come quello messo in scena dal californiano CHRIS BURDEN con Shoot (1971) = in una galleria di Santa Ana fronteggiò un uomo armato di fucile, invitato a colpirlo al braccio sinistro → rovesciando lo stereotipo della violenza artificiale dei film, si lanciava una sfida all’inerzia del pubblico che assisteva passivo La VERA ALTERNATIVA provenne dall’ARTE FEMMINISTA, che ebbe il merito di sostituire i vecchi concetti marxisti di lotta di classe con la RIVENDICAZIONE D’IDENTITA’ E DI GENERE → L’arte concettuale, nella sua accezione più estesa, divenne la chiave d’accesso delle donne a un mondo artistico che, ancora alla fine degli anni Sessanta, era composto pressoché esclusivamente da uomini 1971: le maggiori gallerie di New York abbandonano i quartieri dell’alta borghesia, trasferendosi nell’ex area industriale di Soho, dove proliferarono i loft degli artisti più sperimentali → la concentrazione logistica, il controllo e la gestione diretta dell’attività degli artisti favorì il consolidamento di un oligopolio commerciale, radicato intorno a un blocco, ormai “storico” di artisti pop e minimal → per sfuggire a questo controllo gli artisti più radicali dovettero prendere altre strade DEPONENDO IL RUOLO SUSSIEGOSO D’ARTEFICE, gli autori intendevano negoziare un RAPPORTO CON LO SPETTATORE DIVERSO, MENO PASSIVO, POTENZIALMENTE DEMOCRATICO ACCONCI registrò la PURA PRESENZA FISICA, dimostrando che l’elusiva arte concettuale si poteva rovesciare in ben più viscerali forme Queste artiste affrontarono i TEMI della DIFFERENZA SESSUALE: - criticando gli stereotipi sociali - denunciando violenze - squarciando silenzi - svelando omissioni [24] Un regesto di queste operazioni non è più possibile, ma si può menzionare • Rape Scene (1973), quando ANA MENDIETA posò come vittima di uno stupro • il video Semiotic for the Kitchen di MARTHA ROSLER (1975): un’analisi di quella divisione dei ruoli che riduceva la donna a “system of food production” • sul piano di documentario Postpartum Document (1973-1979): un’accurata analisi dei mutamenti psicologici, sociali ed economici della maternità • Dinner Party (1974-1979): progetto curato da JUDY CHICAGO insieme ad un collettivo di donne, trionfo delle pratiche collettive artigianali in un sontuoso Gesamtkunstwerk TUTTI QUESTI LAVORI SI POTERONO CONDENSARE: • nel MUTAMENTO DEI QUESITI che ci obbligano a porre: NON più “che cosa è?” MA “chi sono io?” • Si RIABILITARONO LE ATTIVITÀ ARTIGIANALI e si RECUPERÒ UNA PRODUTTIVITÀ DAL BASSO • Si DEMISTIFICAVA LA FIGURA PROMETEICA O EROICA DEL PITTORE (maschio), RISCATTANDO LE ARTI DECORATIVE e le QUALITÀ DI MANIFATTURA, come accadde nel movimento Pattern and Decoration di JOYCE KOZLOFF e MIRIAM SCHAPIRO DECENTRAMENTO GEOGRAFICO e MILITANZA POLITICA furono altri due IMPORTANTI CORRELATI DELL’ARTE CONCETTUALE → il movimento guadagnò infatti spazio in Canada, Argentina, Australia, Jugoslavia, dimostrandosi linguaggio malleabile, in grado di affrontare temi e indagini locali Nata dentro le strette maglie di un’investigazione linguistica, L’ARTE CONCETTUALE DETERMINÒ UN PIÙ VASTO E DIVERSIFICATO INSIEME DI PRATICHE → L’OGGETTO ARTISTICO POTEVA: • estinguersi o contrarsi in un esasperato formalismo • esaltare le scelte individuali o favorire una libera creatività attraverso azioni sociali e rituali di massa - L’artista accettò forme di masochismo o di esibizionismo attraverso la body art - Ripristinando nell’arte un sistema di segni referenziali, si ambì a una trasgressione liberatoria dei codici espressivi Nel loro insieme, il lavoro di queste e molte altre autrici ebbero un IMPORTANZA INNEGABILE: il loro lascito consentì lo sviluppo di quello che è stato il concetto fondamentale dell’arte degli anni Novanta = LE FIGURE DELLA DIFFERENZA SOCIALE, SESSUALE, RAZZIALE, RELIGIOSA ROVESCIAMENTO DELLA PROSPETTIVA, che non riguardava soltanto la RIVENDICAZIONE DI GENERE, ma che implicava anche un MUTAMENTO DELLE PRATICHE ARTISTICHE The Square Root of Paradise Olio e collage su tela 1980 Emerse una più esplicita connotazione ideologica → la diffusione di pratiche performative e concettuali offrì il modello per forme di dissidenza culturale[38] Denunciato da MICHEL FOUCAULT come pratica “autoritaria”, il linguaggio divenne oggetto d’uso destrutturato, frammentario e discontinuo → questa manipolazione eversiva non fu più appannaggio delle élite culturali, e poté innestarsi nella pratica quotidiana IL MOVIMENTO DEL ‘77 DICHIARO’ ESAURITA L’AVANGUARDIA COME RESIDUO DI CULTURA BORGHESE, negandola attraverso un atto di consumo e uno spontaneismo liberatorio Le 2 EDIZIONI DI DOCUMENTA (anni Settanta) racchiudevano un epoca: 1. EDIZIONE DEL 1972: normalizzando le spinte rivoluzionarie, il critico SZEEMANN intraprese la strada delle “mitologie individuali”, proponendo l’immagine di un artista non come militante impegnato nel sociale, ma proveniente da un mondo “altro” e separato 2. DIZIONE DEL 1977: ebbe invece come motto “Arte nel mondo dei media. Media nell’arte” → nuova soggettività quindi, e nuove tecnologie LE NEOAVANGUARDIE DEGLI ANNI SESSANTA E SETTANTA CERCARONO, E TROVARONO, UNA SPONDA CON I MASS MEDIA nel frattempo cresciuti e consolidati: si raggiunse un effettivo CONTATTO → ma spesso questo contatto avvenne sul piano di una spettacolarizzazione della ricerca artistica, che al tempo stesso era figura della raggiunta convergenza della società e, per tale ragione, del suo esaurimento in essa 1. La rivendicazione nichilista e distruttiva della violenza cieca o del gesto gratuito 2. L’escalation dei desideri fino al primato del “personale”, nella parabola del riflusso I miti dell’immaterialità e del “politico” presto si dimostrarono tali = È SEMPRE ESISTITO UN OGGETTO FISICO CHE INCARNA L’IDEA (scultura, dipinto, foglio scritto, fotografia) → molti riconobbero che il movimento si era svalutato a un nuovo tipo di formalismo, accettando di farsi leggere come “stile” = non poche delle energie spese tra il 1965 e 1975 cercarono di sfuggire a questo destino Man mano si presentarono altri scenari: si provò allora a rinegoziare la pratica artistica entro la sfera pubblica LA SCOMPARSA DEI CRITERI VINCOLANTI ALL’ASSENZA DELL’ARTE AVEVA AVVIATO L’ERA DEL PLURALISMO → questo però non implicava la scomparsa del problema della qualità del lavoro Questa convergenza era stata riconosciuta, nelle forme della danza collettiva, da Global Groove, un video di NAM JUNE PAIK del 1974 → ma con tutto questo si giungeva al fatale esito di mercificare per sempre l’avanguardia dentro le forme dello spettacolo, proprio come aveva profetizzato GUY DEBORD LA PULSIONE INDIVIDUALE LIBERATORIA di FREUD e L’ISTANZA RIVOLUZIONARIA di MARX potevano a quel punto convergere, assimilando la sfera politica e quella privata e annullando entrambe in una ESASPERATA SOGGETTIVITÀ, che davanti a sé aveva 2 STRADE: - Fino a quando esiste un oggetto non si può sfuggire al destino della mercificazione: non esiste una forma d’arte che non possa essere assorbita, presto o tardi, dal mercato - Se la differenza tra arte ed evento reale stava solo nella sua motivazione, l’arte concettuale rischiava di affondare nella retorica dei concetti astratti L’AMBIENTE ESPOSITIVO NEUTRO della GALLERIA era funzionale all’apprezzamento delle qualità puramente formali della pittura → questa “ideologia del cubo bianco” garantiva: • la legittimazione dell’opera nel suo valore autonomo • consentiva una delle più importanti azioni collettive in seno al sistema dell’arte La DIALETTICA tra: • l’esclusione di ogni connotazione non accessoria all’opera • l’inclusione grazie agli stakeholders IL MONUMENTO HA UNA DOPPIA NATURA RELAZIONALE: • in quanto RAPPRESENTAZIONE DI UNA MEMORIA DA CONDIVIDERE: è in funzione di un pubblico potenziale e in relazione a un sito storico preciso • in quanto OGGETTO PLASTICO: è in rapporto con le regole della scultura L’esperienza degli earthworks dimostrò come poter giungere a una NUOVA NOZIONE DI MONUMENTALITA’ → la scultura poteva accedere a più vaste proporzioni in modo da accattare la sfida che esso poneva alla forma Dissolta la tradizionale nozione di forma scultorea, il concetto di monumentalità si emancipava definitivamente da quello di “scultura monumentale” → IL RAPPORTO CON IL SITO DIVENTAVA PIU’ IMPORTANTE DELLA FORMA STESSA, al punto che per esprimere questo “campo allargato” si iniziarono a usare mezzi come il disegno, la fotografia, l’architettura, il video, la performance COMMITTENZA E PUBBLICO 1. 1° CASO: LES DEUX PLATEAUX Luglio 1985: commissionata a DANIEL BUREN un’opera per la Cour d’Honneur del Palais-Royal di Parigi → Buren si ispirò a 2 CRITERI FONDAMENTALI: • non erigere una sculture al centro della corte • inscrivere il progetto nell’architettura complessiva del Palais-Royal veniva meno nel momento in cui le opere si trovavano ad agire nello spazio pubblico Bastava insomma una semplice mossa per scavalcare il mondo dell’arte e farlo implodere: veniva meno un sistema di legittimità, un pubblico istruito e selezionato, un intero apparato di valori auratici conferiti dall’artefatto da quel parallelogramma di forze che ha descritto il sociologo francese PIERRE BOURDIEU ne La distinzione → veniva soprattutto meno il controllo di queste procedure = inserita nell’ingovernabile spazio pubblico, l’opera modernista di trovava dinnanzi alla sua vera sfida [20, 29, 28] La CONSEGUENZA è importante: intervenendo nel rapporto tra monumento e sito, si rendeva questa relazione stessa come oggetto in sé della ricerca plastica, liberandola sia dalla tradizionale nozione di monumentalità, che da quella di scultura, come oggetto unico, definito, da cogliere nella sua interezza visiva → il monumento esiste in modo negativo, nella maniera in cui rovescia in pieno ciò che prima lo costituiva: l’integrità della proporzione scultorea e un rapporto diretto e trasparente con il sito Queste considerazioni teoriche non tengono però ancora conto del ruolo del pubblico e delle committenze, e per questo si prendono in considerazione 4 CASI (tra Parigi, New York e Washington): - 2 MONUMENTI PUBBLICI - 2 INTERVENTI NELLO SPAZIO PUBBLICO - Furono scavate 3 trincee sotterranee di diversa pendenza - Di tracciò una griglia sul suolo, generata dall’interasse delle colonne - Al centro di ogni quadrato della griglia si eresse una colonna di diametro pari a quello delle colonne del palazzo Questo complesso sistema generava 2 PIANI VISIVI, creati dall’allineamento delle colonne che “rivelano” il sottosuolo e di quelle che invece sono allineate allo zoccolo su cui poggiano le colonne originarie del palazzo Una scultura poteva librarsi sopra e sotto il suolo e stabilire una relazione visiva con l’architettura circostante - Colonne e griglie riportavano fedelmente il modulo adottato da Buren, con bande verticali alternate bianche e nere a larghezza fissa → i MATERIALI impiegati: • granito bianco • marmo di Carrara e marmo nero dei Pirenei • cemento per le trincee e asfalto per la piattaforma L’incarico rientrava nel programma di grandi lavori promossi dalla presidenza del socialista FRANCOIS MITTERRAND, che comprendevano l’estensione del vicino Museo del Louvre → il progetto fu oggetto di una nutrita serie d’attacchi, provenienti perlopiù da testate del gruppo editoriale del quotidiano conservatore “Le Figaro” → uno dei TEMI PIU’ IMPUGNATI fu il fatto che la scelta di Buren NON ERA FRUTTO DI UN CONCORSO PUBBLICO, ma di una “COMMANDE OFFICIELLE”, ossia un incarico diretto da parte di Mitterrand e Lang La situazione fu sbloccata dal nuovo governo conservatore che riconobbe il giudizio del tribunale, circa l’obbligo di portare a compimento un’opera in ragione del diritto morale dell’artista Il conferimento del premio per la scultura alla Biennale del 1986 sembrò costituire un effettivo riconoscimento politico Queste COLONNE erano di diverse altezze: - NULLE: incise al suolo - ERETTE SULLA PIATTAFORMA: ad altezza variabile - DI ALTEZZA FISSA: pari all’interasse delle colonne, entro le trincee, da cui emergono assecondando la pendenza interna COLORI: tradizionali e durevoli + con piena integrazione visiva con l’edificio storico - Ottobre 1985:la commissione dei Monuments Historiques bocciò il progetto invocando il rispetto delle architetture preesistenti → cittadini e associazioni ricorsero al tribunale amministrativo contro Buren e il ministero della Cultura - Gennaio 1986: il sindaco di Parigi JACQUES CHIRAC fece bloccare i lavori = gli ARGOMENTI A SFAVORE DI BUREN andavano: > alla dissonanza estetica verso il luogo > al rovesciamento delle gerarchie (architettura del palazzo che diventava una funzione dell’opera, e non il contrario) > spreco di denaro pubblico - Ci fu chi fece allusione alle origini ebraiche del ministro e dell’artista - I DIFENSORI DEL PROGETTO invece rivendicarono i caratteri di austerità e di rigore, sottolineando le percorribilità dello spazio aperto e sollecitando l’orgoglio nazionale, nel rispetto della grande tradition degli artisti francesi Les deux plateaux Cemento, asfalto, granito, marmo, metallo, acqua 1985 2. 2° CASO: HOMMAGE A’ ARAGO Si tratta di un MONUMENTO: in uno dei passaggi di accesso al Palais-Royal può capitare di calpestare inconsapevolmente un MEDAGLIONE DI BRONZO INCASTONATO NEL MARCIAPIEDE Il progetto nacque da una richiesta dei membri dell’Osservatorio di Parigi e della École Polytechnique, PER RENDERE OMAGGIO A FRANCOIS ARAGO (1786-1853) • Scienziato e geografo, aveva CALCOLATO E TRACCIATO IL MERIDIANO DI PARIGI • Direttore dell’Osservatorio, fervente repubblicano • Ministro del Governo del 1848, firmò il decreto di abolizione della schiavitù nella colonie Una statua commemorativa era già stata eretta in occasione del centenario della nascita di Argo → nel 1944 fu però fusa dai tedeschi durante l’occupazione Il progetto di Dibbets consiste in: • 135 MEDAGLIONI DI BRONZO CON L’ISCRIZIONE “ARAGO” e l’indicazione dell’asse nord-sud • Si trovano fissati al suolo lungo i 9km del meridiano di Parigi, tra la porta di Montmartre e la Cité Universitaire • Si possono incontrare sui marciapiedi, negli androni dell’ingresso, nei giardini pubblici, anche all’interno del Louvre → Ciò che Dibbets ha così istituito è un’ASSE PURAMENTE MENTALE L’Omaggio di Dibbets è la PIU’ GRANDE e al tempo stesso la PIU’ ELUSIVA OPERA oggi visibile nelle strade di Parigi → Arago viene CELEBRATO NEL PRESENTE GRAZIE ALL’OSSERVAZIONE DEI PASSANTI = la funzione celebrativa si intuisce proprio nella condizione, casuale e sempre parziale, dell’incontro con l’osservatore - ECOLOGICA e NON INVASIVA, l’opera ha anche un INTRINSECO VALORE DEMOCRATICO: nella sua distribuzione, è PRESENTE IN QUARTIERI PARIGINI CON ENORMI DIFFERENZE SOCIALI → DEFINISCE UNO SPAZIO PUBBLICO FATTO DI: • ABITANTI, prima ancora che di luoghi simbolici • MOVIMENTO, e non solo di spazi, ricollegandosi così alla tradizione delle flaneries di Baudelaire e di Aragon Inaugurato nel 1994, l’Hommage à Arago di JAN DIBBETS rappresenta uno dei migliori esempi di come la riforma delle committenze promossa da Lang abbia rivalutato il genere della scultura pubblica che, per il suo carattere commemorativo, era rimasta sostanzialmente separata, nella prima metà del Novecento, dalle spinte delle avanguardie Hommage à Arago Medaglione di bronzo 1994 Si doveva dunque trovare una SOLUZIONE CELEBRATIVA e al tempo stesso ARTISTICAMENTE VALIDA E ORIGINALE, accordando gli auspici dei proponenti con il dispositivo della committenza pubblica → l’associazione Arago, il Comune di Parigi e lo Stato francese proposero una rosa di 4 nomi: vinse il progetto più radicale Per un paio di anni il progetto di Maya Lin fu noto solo attraverso il modellino → una volta completato, iniziarono a diffondersi le immagini del pubblico davanti al monumento: giovani e anziani davanti al nome inciso del loro caro, amico, con il volto che si rispecchiava sulla pietra lucida In questo caso le “difficoltà” del minimalismo erano travalicate dall’ampia e commossa partecipazione e della disparate forma di riappropriazione simbolica → era proprio la mancanza di retorica visiva, unita alla concezione aperta e dinamica del monumento, a consentire questa funzione così intensa BUREN e LIN = inconciliabili nelle funzioni rappresentative e memoriali CAPITOLO 7 L’ERA DEL PLURALISMO APPROPRIAZIONE, CITAZIONE, SIMULAZIONE La fine delle avanguardie stava offrendo uno sterminato repertorio storico di forme, stili e immagini Più che produttore di oggetti, L’ARTISTA STAVA DIVENTANDO UN MANIPOLATORE DI SEGNI ATMOSFERA OTTIMISTICA DEGLI ANNI SETTANTA e MORALISTICA DEL DECENNIO SUCCESSIVO ORA Gli artisti erano ancora desiderosi di realizzare opere originali ed erano convinti che quello che stavano facendo fosse nuovo Agli artisti NON IMPORTAVA PIU’ ESSERE I PRIMI AD AVER FATTO QUALCOSA → l’originalità e la novità non erano più un dogma = questa era una forma diversa ed esaltante di novità → freddezza e disinvoltura di questa generazione, che fece apparire i propri predecessori come inguaribilmente romantici Più che una nuova forma di pratica artistica, il POSTMODERNISMO appare come un REINDIRIZZO CRITICO DELLA TRADIZIONE → le TECNICHE ATTRAVERSO CUI PRESERO FORMA QUESTI RECUPERI POSTMODERNISTI erano diverse, così come erano diverse le esperienze storiche cui si riallacciavano - Si improvvisarono altari con fiori e bigliettini - Divenne consuetudine chiedere a uno dei rangers di guardia un cartoncino con il fottage del nome ritrovato MA I LORO LAVORI PERMETTONO DI TRARRE UNA CONSIDERAZIONE DI CARATTERE PIU’ GENERALE: le aporie del formalismo modernista possono essere compensate, nella sfera pubblica, da forme di ritualità legate alle funzioni sociali o commemorative del sito → il “mondo dell’arte” insomma non è il solo mondo dove l’arte esiste Le 3 PRINCIPALI tecniche attraverso cui presero forma questi recuperi postmodernisti sono: APPROPRIAZIONE, CITAZIONE, SIMULAZIONE 1. APPROPRIAZIONE COSCIENTE PRATICA DI ASSIMILAZIONE CRITICA DEI CODICI VISIVI, PER SVELARNE IL FOUCAULTIANO “DISCORSO D’AUTORITA’” → questo “postmodernismo critico” si fa nascere con la mostra Pictures (1977) che battezzò la generazione degli artisti attivi nella rielaborazione di immagini tratte dai mass media Autori come CINDY SHERMAN, SHERRIE LEVINE, BARBARA KRUGER, RICHARD PRINCE proposero un’analisi del linguaggio come legame sociale, forma di potere e persuasione Si volle dimostrare come, nei processi culturali, gli individui divenivano “soggetti” attraverso una codificazione dei generi e delle convenzioni rappresentative Accostandosi all’estetica designativa del ready made e alla pratica situazionista del détournement, il PROCESSO DI APPROPRIAZIONE divenne UNA DELLE STRATEGIE CRITICHE DI MAGGIOR SUCCESSO → Si indagava la natura del manufatto artistico, del museo e del collezionismo privato, disvelando i sistemi autoritari di classificazione e tassonomia NEL LORO INSIEME SUL PIANO TEORICO Queste operazioni erano orientate a negare o rovesciare le correlazioni “forti” del sistema originario Si rifacevano alla tradizione marxista e a quella freudiana, aggiornate rispettivamente dagli apporti dell’anticolonialismo e del femminismo • DELLE FORME DI EGEMONIA CULTURALE DEL MODERNISMO • DEL CANONE ESTETICO “OCCIDENTALE” • DELLE CONVENZIONI PERCETTIVE FONDATE SUL DISCORSO DI AUTORITA’ 2. CITAZIONE Il “pensare per azione” tipico degli anni Settanta diventò così un “PENSARE PER IMMAGINI” • il processo di analisi ideologica e linguistica promosso dall’arte concettuale si rovesciò in forme di espressione individuale e di radicamento nell’esperienza quotidiana [33, 34] Poiché il capitalismo aveva dimostrato di poter assorbire tutto, era preferibile condurre una lotta al suo interno, provando a perturbare e reindirizzare i flussi di significato L’attività degli “appropriazionisti” recuperò i modelli storici del collage e del fotomontaggio dada e surrealista, aggiornandoli alla luce delle pratiche critiche dell’arte concettuale → - la teoria dell’arte giungeva così a coincidere con una serie di teorie della rappresentazione - mentre la pratica artistica si identificava nella critica dei modi e dei significati simbolici delle rappresentazioni sociali Questa strategia prevedeva il PRELIEVO di un manufatto, di un’immagine o di un più complesso sistema di rappresentazione, CARATTERIZZATI DA UNA CONNOTAZIONE IDEOLOGICA FORTE E STORICIZZATA → questi elementi erano quindi oggetto di azioni, manipolazioni o spostamenti semantici atti a stabilire una contro-narrazione Tali pratiche artistiche divennero uno STRUMENTO DI DENUNCIA • il documento oggettivo lasciò spazio all’imponderabilità nuovamente “poetica” della pittura, dei medium tradizionali, perfino dei sentimenti individuali • accettando la legge del desiderio e del piacere, si accolse il raffioramento di archetipi, miti, figure del sacro e segni della storia → questo orientamento prese le forme di una revanche viscerale, in nome di una rinnovata vigoria del “mestiere”, riallacciandosi alle disparate forme della tradizione figurativa → ABBANDONANDO IL SENSO DI CONTINUITÀ E DELLA MEMORIA STORICA, TUTTO ORMAI POTEVA ESSERE ASSORBITO NEL PRESENTE Spesso la tolleranza agli stili divenne una vera e propria indifferenza • Da una parte: si giunse così a una esibizione simultanea di abilità e ricettività acritica, sospinta alla carnevalizzazione dell’avanguardia • In altri casi: furono preferite forme più fredde e controllate, attraverso il recupero del classicismo accademico in un anacronismo ipercolto e non meno esibito In ogni caso queste citazioni non furono mai il prodotto di una tradizionale trasmissione stilistica o iconografica, ma il RISULTATO DI UNA MEDIAZIONE GOVERNATA DALLA SENSIBILITA’ E DALLE TECNICHE PIU’ ATTUALI → La pittura insomma riaffiorava attraverso gli strumenti di produzione e i modi di vedere tutte le immagini APPROPRIAZIONE CITAZIONE L’idea di appropriare, fare “proprio” si riferiva a un elemento allogeno, contestato e decontestualizzato Continuità e congruenza all’interno di una stessa cultura: qualcosa che era sempre stato proprio di una cultura ASPETTI CONTROVERSI: era un implicito atto di contestazione → la sua tattica tuttavia poté essere assorbita dal mercato globale degli anni Novanta, che ne ricavò un sostanzioso alibi culturale ASPETTI CONTROVERSI: operava attraverso il recupero della figura, ma il suo uso poteva prendere una forma consolatoria, ornamentale, non di rado regressiva, orientata al riscatto della “felicità privata” 3. SIMULAZIONE RIPRESE LE 2 PRATICHE POSTMODERNISTE D’APPROPRIAZIONE E CITAZIONE, MA LE ROVESCIO’ DI SENSO → il fenomeno si collocò nel cuore degli anni Ottanta: ne rispecchiò a pari grado i tratti di mercificazione e mistificazione Questi autori si appoggiarono ad un impasto assai eterogeneo di TEORIE: • il processo di equivalenza senza limiti dei segni • l’infinito processo di significazione • concetto di “simulacro” Sul PIANO FORMALE si trattò di una COMBINAZIONE di MINIMALISMO, POP ART e ARTE CONCETTUALE + tornò in voga la nozione di ready made I materiali trovati furono impegnati per dichiarare la natura di pura apparenza entro il gioco dello scambio simbolico → queste operazioni miravano a CONVALIDARE LO STATUTO DELL’OPERA COME MERCE, PER INVALIDARE LA PRESUNTA PUREZZA DEL MODERNISMO GENERAZIONE DI RAUSCHENBERG QUESTA GENERAZIONE La prima a ottenere rapidamente notorietà internazionale La prima generazione di artisti che riuscì ad arricchirsi in fretta Anche la MICRO GEOGRAFIA ARTISTICA subì un MUTAMENTO: • le gallerie di Soho (parte dell’establishment culturale finanziario) iniziarono a subire la concorrenza dei nuovi spazi aperti nell’East Village • nella parte più degradata e fatiscente di Downtown si installarono rapidamente gallerie caratterizzate dal chiassoso wild style della street art e dei graffiti e da una disinvolta mescolanza (di impronta neo-pop) di pittura, scultura e cartoon, rese ancora più insolente dall’uso di spray e vernici fluo GLI INTERESSI COMMERCIALI inoltre spinsero a RISTABILIRE I RAPPORTI TRA LE GALLERIE AMERICANE ED EUROPEE → la PRIMA e PIÙ IMPORTANTE FIGURA DI MEDIAZIONE fu ILENA SONNABEND, che contribuì a presentare al pubblico americano i più sofisticati e difficili autori europei La RINASCITA DELLA PITTURA si può considerare sotto VARI ASPETTI: • un epifenomeno della ristrutturazione neoliberista • un momento di disimpegno critico • un episodio del gusto → in ogni caso non fu il prodotto di un’evoluzione Il MUTAMENTO, tuttavia, NON FU DI SOLA TECNICA: la ripristinata esperienza della pittura sembrò voler rimuovere tutti i tratti del modernismo, tranne uno, quello che SEGNÒ DAVVERO LA CESURA RISPETTO AGLI ANNI SETTANTA = il MUSEO e la GALLERIA furono nuovamente RIVISTI COME UN TEMPIO • L’artista si presentava come un PROFETA • La sua opera ostentata come una RELIQUIA: intatto il loro culto e la simulazione modernista del “capolavoro”, entro nuove condizioni sociali “VECCHIA” PITTURA E NUOVE IMMAGINI All’interno del quadro generale, il RINNOVATO INTERESSE PER LA PITTURA FIGURATIVA SI SVILUPPO’ ALMENO SU 4 PIANI DISTINTI: 1. La continuità di lavoro delle generazione degli anni Trenta (da RAUSCHENBERG a BASELITZ) 2. La “svolta” pittorica di minimalisti come SOL LEWITT, ROBERT MORRIS e FRANK STELLA 3. Il recupero dei maestri, attraverso le grandi retrospettive 4. L’emergere di una nuova generazione, associata al recupero delle identità nazionali Sorti come un’ALTERNATIVA ALLO SPAZIO COMMERCIALE DELLA GALELRIA, questi fenomeni furono poi rapidamente assimilati nelle gallerie di Soho → accerchiamento di una nuova generazione di abili e spregiudicati mercanti Nell’arco di alcuni anni, le principali gallerie europee che sin lì avevano seguito l’arte minimalista, concettuale e “povera”, affiancarono un intenso programma di pittura figurativa, intercettando gli artisti di maggior successo Questo aspetto è degno della massima attenzione: consentì di RIABILITARE LE POSSIBILITÀ DI IMPIEGO DI LESSICI LOCALI, dopo anni di circolazione di modelli sovranazionali o d’annullamento repressivo di ogni riconoscibile codice identitario → tema che accomuna molto esperienze diverse tra di loro • NELLA GERMANIA OCCIDENTALE Si impose il NEOESPRESSIONISMO VISCERALE → adusi a uno scandaglio drammaticamente sofferto nelle pieghe della storia e dell’arte tedesca, trovarono conferma, nella tradizione dell’espressionismo di KIRCHNER e nel primitivismo di NOLDE, a una RAFFIGURAZIONE NON PACIFICATA CON LA REALTÀ • ITALIA Invece che interrogarsi sui drammi della propria storia, iniziava a percorrere la disinvolta via del riflusso, i pittori della “transavanguardia italiana” ebbero una certa fortuna grazie alla sfacciata manipolazione stilistica di padri nobili e di nomi sino a poco tempo prima impronunciabili • STATI UNITI I pittori di maggiore successo RIVENDICARONO CON ESUBERANZA LA TRADIZIONE PITTORICA VERNACOLARE, CONTAMINANDOLA CON REMINISCENZE COLTE → con le sue plate paintings SCHNABEL si propose come continuatore della tradizione pittorica della New York School - un approccio diretto, corporeo, con il quadro - un’espressività libera e una retorica eroica della creazione visiva che reagiva ai campioni del minimalismo e del concettuale attraverso ciò che essi non volevano più fare → recuperare le Vache peintures di MAGRITTE o i dipinti dell’ultimo PICABIA era la dimostrazione che la cattiva pittura, a questo punto, poteva essere utile e istruttiva almeno quanto quella buona • ALTRI CASI Al contrario LE SCELTE ICONOGRAFICHE DOCUMENTAVANO IL RIAFFIORARE DI MITI E SIMBOLI e UN’OSSESSIONE CORPORALE, che cercava una conferma alle esperienze estreme della body art nei prototipi della figurazione più tormentata • La superficie dipinta raramente si presentava come uniforme e singolare • I supporti erano composti e disparati, organizzati in configurazioni aperte, con sovrapposizioni più o meno congrue, trasparenze, frammentazioni e cesure visive → La PITTURA si confermava un MEDIUM capace di FORNIRE UNO SPAZIO VISIVO ALLE ENERGIE DELLA PERFORMANCE, DELL’INSTALLAZIONE E DELLA FOTOGRAFIA L’ESEMPIO MASSIMO di questa tendenza: è ravvisabile nell’opera di un pittore isolato e irriducibile a schieramenti, come ANSELM KIEFER → 1981: Innenraum, un enorme dipinto che raffigura il salone della Cancelleria di Hitler costruita da Albert Speer, apparve come il traumatico riaffioramento dai pauroso miti fondativi del nazismo Innenraum Olio, carte e paglia su tela 1981 Le teorie discutibili, ma di prensile intelligenza, dell’estroso critico partenopeo ACHILLE BONITO OLIVA si soffermarono sul “piacere di un’arte che non si reprime davanti a niente, nemmeno davanti alla storia” → intendendo la PITTURA come “PRATICA DI OPULENZA” e OSTENTAZIONE di un genius loci, si era così in grado di scavalcare i “moralismi” del decennio appena concluso, arte povera compresa Sul PIANO STILISTICO l’ostentazione dell’autografia si accompagnò a espliciti barbarismi e a forme di citazione degradata → lo svilimento tecnico, la parodia, le esibite figure della regressione infantile abbassarono il linguaggio pittorico parificandolo alla “divina ignoranza” del fanciullo Con il passare degli anni la topografia dell’arte figurativa si estese ancora di più, misurandosi con il cinema, con i videoclip, con la grafica, con la scena musicale underground e con le immagini digitali Il MODERNISMO aveva giudicato e valutato un’opera all’interno della tradizione codificata da un medium specifico, che forniva tutte le possibili risorse di sperimentazione e di giudizio La crisi divenne irreversibile con lo SVILUPPO DELLE IMMAGINI TECNOLOGICHE, avviando un’ERA “POSTMEDIALE” → Quella degli ultimi decenni del Novecento è pittura dopo la pittura: DIETRO OGNI IMMAGINE, C’E’ SEMPRE UN’ALTRA IMMAGINE = poteva derivare dalle fonti della tradizione pittorica, oppure dal fumetto, dal réclame, dal cinema La serie di 15 dipinti 18. Oktober 1977 di GERHARD RICHTER (1988) dedicati all’omicidio-suicidio in carcere della banda Baader Meinhof è di importanza storica proprio per il fatto di costituire una RIAFFERMAZIONE DELLA RILEVANZA ESTETICA E POLITICA DELLA PITTURA, oltre che un INVITO A INTERROGARSI SULLA “VERITA’” DELLA RAPPRESENTAZIONE FOTOGRAFICA Il VERO TRATTO DISTINTIVO resta dunque quello della POSIZIONE DELL’AUTORE NEI CONFRONTI DELLA STORIA → Si conferma la DISTINZIONE tra il PRAGMATISMO AMERICANO e L’IDEALISMO EUROPEO PRAGMATISMO AMERICANO IDEALISMO EUROPEO - L’uso del passato è nostalgico - Lo scatto che le immagini provocano appartiene all’accidentale (no al logico) - Le immagini nei dipinti non sono il punto focale: immagini primarie, mai critiche - Il significato della cosa nel dipinto è altro dal significato della cosa nel mondo - Il linguaggio protocollare dei media è visto come un fatto di dimenticanza Per conoscere dall’interno l’idea della forma occorre una disciplina morale, spirituale antica e lunga, occorre penetrare all’interno delle relazioni spaziali tra gli eventi formali dell’opera, perché gli artisti possano ripetere l’atto I critici americani, stipati di teorie “poststrutturaliste”, ebbero una certa difficoltà a comprendere → Gli americani preferirono ravvisare nei vituperati (= insolenti/insultati) pittori del vecchio continente i tratti residui di un dominio ideologico e di una aggressività prevaricatrice Si tratta di uno storicismo che appariva come uno stigma del dramma europeo Nacque allora quel fantasioso paradigma interpretativo che diede la struttura, negli anni Novanta, alle derive più discutibili di gender studies pronti a cedere il ricatto emotivo della political correctness Eccellenti dipinti di DAVID SALLE come Gèricault’s Arms (1985) oppure Priapea di FRANCESCO CLEMENTE (1980) vennero criticati per il fatto di presentare nudi femminili o per il tema narcisistico e “impolitico” dell’autoritratto → la sola idea di volersi interrogare sulle forme di un’identità nazionale appariva un insulto LA FOTOGRAFIA E IL READY MADE MISERO IN CRISI QUESTO MODELLO: i vari medium non sembravano consentire più criteri di valutazione interna NESSUNO PIU’ DIPINGEVA DAL VERO = OGNI IMMAGINE ERA MEDIATA DALLA RIPRODUZIONE → ciò che contava era la coscienza di questo fatto e di come poterlo assumere e sfidare anche nella pittura Non aver saputo cogliere nelle opere la sofisticata stratificazione di fonti, la riscrittura allegorica delle iconografie classiche e il senso più profondo di tali recuperi frammentari fu un oggettivo impoverimento del discorso critico → IL RECUPERO DELLA TRADIZIONE FIGURATIVA IMPLICAVA UN SENSO DI LUTTO PER LA PERDITA IRRIMEDIABILE DELLA CONTINUITA’ DELLA STORIA
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